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Indagini sulle popolazioni di roditori arvicolidi che ... - InfoKeeper

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<strong>Indagini</strong> <strong>sulle</strong> <strong>popolazioni</strong> <strong>di</strong> ro<strong>di</strong>tori arvicoli<strong>di</strong> <strong>che</strong> provocano danni agli<br />

impianti <strong>di</strong> melo ed actini<strong>di</strong>a e sullo stato <strong>di</strong> utilizzo della strategia <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa<br />

consigliata agli operatori<br />

Daniele Demaria 1 , Fabrizio Vittone 1 , Daniela Dutto 1 , Graziano Vittone 1 , Luciano Santini 2<br />

1 CReSO – Consorzio <strong>di</strong> Ricerca e Sperimentazione per l’Ortofrutticoltura piemontese.<br />

2<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Coltivazione e Difesa delle Specie Legnose "G. Scaramuzzi", Sez. Entomologia agraria, Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Pisa.<br />

_________________________________________________________________________<br />

Riassunto breve<br />

Nel comprensorio frutticolo del sud Piemonte si registrano danni agli apparati ra<strong>di</strong>cali <strong>di</strong> melo<br />

provocati da ro<strong>di</strong>tori Arvicoli<strong>di</strong>. Le indagini condotte negli anni avevano in<strong>di</strong>viduato come<br />

responsabile l’arvicola del Savi (Microtus savii de Sèl. Longchamps). Dalle osservazioni condotte<br />

dalla rete <strong>di</strong> assistenza tecnica sembravano non più efficaci come un tempo le applicazioni con<br />

cariossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano tenero imbevute <strong>di</strong> una soluzione oleosa a base del rodenticida anticoagulante<br />

Chlorophacinone. Inoltre, a causa del rinvenimento <strong>di</strong> fori <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni, vi era il sospetto<br />

della presenza <strong>di</strong> una specie <strong>di</strong>versa da quella nota per la quale si ipotizzava una mancata efficacia<br />

del metodo.<br />

A partire dalla fine del 2005 sono pertanto state avviate delle sperimentazioni <strong>che</strong> hanno consentito<br />

<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare la presenza <strong>di</strong> una seconda specie <strong>di</strong> arvicolide, l’Arvicola s<strong>che</strong>rman, della quale era<br />

ignota in precedenza la presenza nei frutteti del comprensorio cuneese. È importante tuttavia<br />

ricordare <strong>che</strong> M. savii resta la specie alla quale imputare la maggior parte dei danni agli impianti.<br />

Dagli approfon<strong>di</strong>menti condotti risulta <strong>che</strong> la <strong>di</strong>fesa consigliata per M. savii è altrettanto valida per<br />

A. s<strong>che</strong>rman. È stata poi effettuata un’indagine presso gli operatori dalla quale sono emerse<br />

modalità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa pericolose e illegali oltre <strong>che</strong> inappropriate. È stata pertanto pre<strong>di</strong>sposta e<br />

<strong>di</strong>stribuita una nota informativa con i risultati dell’indagine, con l’obiettivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sincentivare tali<br />

prati<strong>che</strong> e promuovere la tecnica a base <strong>di</strong> cariossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano imbevute <strong>di</strong> Chlorophacinone. Infine è<br />

stata messa a punto una macchina <strong>di</strong>stributrice <strong>che</strong> dovrebbe migliorare la <strong>di</strong>stribuzione e rendere<br />

più facile l’adozione del metodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa basato su cariossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano imbevute <strong>di</strong><br />

Chlorophacinone, l’unico efficace oltre <strong>che</strong> il solo ad essere legalmente impiegabile in pieno campo.<br />

__________________________________________________________________________<br />

Introduzione<br />

A metà degli anni ’90 in molte aziende del comprensorio frutticolo del sud Piemonte erano stati<br />

rilevati danni economicamente significativi provocati da arvicoli<strong>di</strong> a carico degli apparati ra<strong>di</strong>cali <strong>di</strong><br />

giovani impianti <strong>di</strong> melo messi a <strong>di</strong>mora su portainnesti nanificanti. Le indagini condotte in campo<br />

avevano consentito <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare l’arvicola del Savi (Microtus savii de Sèl. Longchamps) quale<br />

agente responsabile dei danni all’apparato ra<strong>di</strong>cale e con conseguente morte delle piante. Su soggetti<br />

<strong>di</strong> altre specie (actini<strong>di</strong>a e pesco) non erano stati evidenziati danni an<strong>che</strong> se nell’interfila erano<br />

evidenti i fori provocati dall’attività dell’arvicola.<br />

Le prove <strong>di</strong> lotta effettuate all’epoca, <strong>di</strong>stribuendo nei fori es<strong>che</strong> trattate secondo la tecnica messa a<br />

punto dal Coor<strong>di</strong>natore scientifico, avevano dato buoni risultati. La popolazione in campo delle<br />

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arvicole era sensibilmente <strong>di</strong>minuita e <strong>di</strong> conseguenza i danni si limitavano ai soggetti posti su file<br />

perimetrali <strong>di</strong>sposte lungo canali <strong>di</strong> irrigazione, fossi ecc.<br />

A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> circa 10 anni il fenomeno si è riproposto in molte aziende con danni economicamente<br />

significativi sia a carico della specie melo <strong>che</strong> in impianti <strong>di</strong> actini<strong>di</strong>a. Questo ha indotto il CReSO a<br />

riprendere la sperimentazione relativa al contenimento <strong>di</strong> questi animali, già condotta a metà degli<br />

anni ’90. Prima <strong>di</strong> esaminare i risultati emersi nell’ultimo triennio 2005-2007, è necessario ricordare<br />

quelle <strong>che</strong> sono le più importanti con<strong>di</strong>zioni favorenti la <strong>di</strong>ffusione del fenomeno. Esse sono le<br />

seguenti:<br />

- l’inerbimento permanente su tutta la superficie del frutteto, fatto <strong>che</strong> costituisce una fondamentale<br />

fonte <strong>di</strong> approvvigionamento <strong>di</strong> cibo vegetale per le arvicole.<br />

- altre prati<strong>che</strong> agronomi<strong>che</strong> <strong>che</strong>, pur nella loro corretta applicazione, possono al tempo stesso<br />

favorire la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> questi ro<strong>di</strong>tori. Fra tutte queste il ricorso esclusivo all’irrigazione<br />

localizzata <strong>che</strong>, seppur vali<strong>di</strong>ssima nell’ottimizzare le risorse irrigue, non concorre al<br />

contenimento del proliferare delle arvicole <strong>che</strong> vivono nel suolo.<br />

- la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> agire nell’ambito dei frutteti da parte dei predatori alati, <strong>di</strong>urni e notturni. Le<br />

arvicole hanno in effetti molti nemici naturali fra gli animali vertebrati. Fra questi alcuni<br />

mammiferi quali la Volpe, il Tasso e la Donnola, solo per citare i più attivi nell’area in oggetto e,<br />

fra gli uccelli rapaci <strong>di</strong>urni, la Poiana e, fra quelli notturni, il Barbagianni, l’Allocco e il Gufo<br />

comune. Per quanto riguarda in particolare gli uccelli rapaci citati, nonostante una loro presenza<br />

relativamente sod<strong>di</strong>sfacente, in certi perio<strong>di</strong> dell’anno essi trovano <strong>di</strong>fficoltà ad esercitare la loro<br />

azione predatoria nel frutteto in quanto fortemente ostacolati dalle coperture antigran<strong>di</strong>ne.<br />

Dalle osservazioni condotte dalla rete <strong>di</strong> assistenza tecnica sembravano non più efficaci come un<br />

tempo le applicazioni con cariossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano tenero imbevute <strong>di</strong> una soluzione oleosa a base del<br />

rodenticida anticoagulante Chlorophacinone secondo il protocollo a suo tempo definito. Inoltre, a<br />

causa del rinvenimento <strong>di</strong> fori <strong>di</strong> maggiori <strong>di</strong>mensioni, vi era il sospetto della presenza <strong>di</strong> una specie<br />

<strong>di</strong>versa da quella nota per la quale si ipotizzava una mancata efficacia del metodo. Lo scorso anno è<br />

stato avviato un progetto col quale è stato possibile:<br />

- verificare, sebbene sulla base <strong>di</strong> due soli esemplari, la presenza <strong>di</strong> una specie, l’Arvicola<br />

s<strong>che</strong>rman, <strong>di</strong> cui non era nota la <strong>di</strong>ffusione nel nostro areale;<br />

- Verificare <strong>che</strong> la tecnica <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa a base <strong>di</strong> cariossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano imbevute <strong>di</strong><br />

Chlorophacinone è ancora efficace;<br />

- Migliorare una macchina per la <strong>di</strong>stribuzione meccanica dell’esca. Questa operazione<br />

infatti pare essere l’unico limite alla <strong>di</strong>ffusione del metodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa appropriato <strong>che</strong> viene<br />

visto come eccessivamente oneroso dagli operatori.<br />

Quest’anno il progetto è proseguito per:<br />

- Confermare la presenza della nuova specie me<strong>di</strong>ante il reperimento <strong>di</strong> altri esemplari;<br />

- Migliorare ulteriormente la macchina <strong>di</strong>stributrice <strong>di</strong> esca <strong>che</strong> aveva presentato problemi<br />

nel meccanismo <strong>di</strong> rilascio dell’esca;<br />

- Condurre un’indagine tra le aziende <strong>che</strong> presentano problemi da arvicoli<strong>di</strong> per registrare le<br />

modalità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa comunemente messe in opera e soprattutto verificare se vi sono criticità<br />

imputabili al metodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa basato <strong>sulle</strong> cariossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano imbevute <strong>di</strong><br />

Chlorophacinone.<br />

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__________________________________________________________________________<br />

Materiali e meto<strong>di</strong><br />

Ricer<strong>che</strong> della nuova specie<br />

Per confermare la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> una specie <strong>di</strong> cui non era nota la presenza negli impianti del nostro<br />

areale è stata innanzitutto allertata la rete dei tecnici operanti sul territorio affinché venissero<br />

segnalate presenze <strong>di</strong> arvicole apparentemente <strong>di</strong>fferenti da Microtus savii. Inoltre sono state<br />

acquistate 20 trappole modello “Sherman” per la cattura un campi infestati. Le trappole posizionate<br />

in prossimità dei fori e con un pezzo <strong>di</strong> mela all’interno (come esca) erano controllate per la<br />

presenza <strong>di</strong> arvicole quoti<strong>di</strong>anamente nel periodo da fine ottobre a metà <strong>di</strong>cembre. Il monitoraggio<br />

prosegue inoltre nei primi mesi del 2008.<br />

Macchina <strong>di</strong>stributrice<br />

Il prototipo <strong>di</strong> macchina spalleggiata per la <strong>di</strong>stribuzione meccanica dell’esca è stata messa a punto<br />

in stretta collaborazione con l’officina meccanica Gerbaudo <strong>di</strong> Villafalletto (CN). In particolare è<br />

stata simulata in campo l’operazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione nei fori e sono state suggerite le migliorie<br />

all’artigiano <strong>che</strong> ha provveduto ad ideare e realizzare le soluzioni tecnologi<strong>che</strong> necessarie.<br />

Indagine nelle aziende<br />

L’indagine è stata effettuata in una ventina <strong>di</strong> aziende del comprensorio frutticolo del sud Piemonte<br />

con particolare riferimento all’area saluzzese dove più frequente è la segnalazione dei danni a carico<br />

dei giovani impianti <strong>di</strong> melo. È stato indagato me<strong>di</strong>ante un modulo appositamente pre<strong>di</strong>sposto:<br />

- Il livello <strong>di</strong> infestazione dell’anno in corso e degli anni precedenti chiedendo la presenza <strong>di</strong><br />

fori, il danno registrato e la <strong>di</strong>fesa messa in campo<br />

- Il tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa impiegato e, nel caso fosse impiegato il metodo basato <strong>sulle</strong> cariossi<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

grano imbevute <strong>di</strong> Chlorophacinone, <strong>che</strong> tipo <strong>di</strong> grano, quale principio attivo, quale dose, <strong>che</strong><br />

tipo <strong>di</strong> miscelamento, quante ore <strong>di</strong> impregnazione, come viene conservata l’esca, come è<br />

<strong>di</strong>stribuita e se vengono chiusi i fori dopo l’intervento e quando.<br />

__________________________________________________________________________<br />

Risultati<br />

Ricer<strong>che</strong> della nuova specie<br />

Come accertato nelle precedenti sperimentazioni i responsabili del deperimento e della morte delle<br />

piante da frutto (principalmente melo ed actini<strong>di</strong>a) sono le arvicole, un gruppo morfologicamente ed<br />

etologicamente ben <strong>di</strong>stinto dai normali topi (Topo domestico, Fig. 1, e Topo selvatico), più<br />

facilmente osservabili in tali contesti. La loro presenza infatti può essere rilevata solo notando la<br />

presenza <strong>di</strong> più o meno numerosi fori <strong>di</strong> sbocco in superficie delle gallerie sotterranee (Fig. 2) da<br />

esse scavate in continuazione e, nei casi più gravi, constatando il deperimento (fino al<br />

<strong>di</strong>sseccamento) delle piante da frutto (Fig. 3) <strong>che</strong>, una volta estratte dal suolo, presentano l’apparato<br />

ra<strong>di</strong>cale più o meno completamente decorticato. Infatti, a <strong>di</strong>fferenza dei comuni topi anzi ricordati,<br />

le arvicole vivono e si spostano prevalentemente entro complesse gallerie sotterranee da esse stesse<br />

scavate e frequentano il soprasuolo per brevi tratti, solo quando è presente una abbondante coltre <strong>di</strong><br />

piante erbacee, della parte verde delle quali esse si nutrono prevalentemente e la cui assunzione è<br />

fondamentale per consentire la loro riproduzione. Allorché l’erba viene improvvisamente a<br />

mancare, soprattutto per le gelate invernali, sono le ra<strong>di</strong>ci delle piante da frutto ad essere attaccate e<br />

decorticate, spesso fino ad esserne condotte a morte. Va infine detto <strong>che</strong> per le arvicole,<br />

contrariamente a quanto accade per i topi e per i ratti (generalmente onnivori e <strong>che</strong> non attaccano<br />

mai gli apparati ra<strong>di</strong>cali delle piante legnose), non risultano appetibili es<strong>che</strong> tossi<strong>che</strong> <strong>che</strong> non siano a<br />

base <strong>di</strong> prodotti vegetali freschi (inclusi i semi <strong>di</strong> Graminacee).<br />

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La specie più importante, perché più <strong>di</strong>ffusa e responsabile dei danni maggiori nel contesto<br />

considerato, è l’Arvicola del Savi (Microtus savii, Fig. 4), un ro<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> piccola taglia (circa 20 gr.<br />

<strong>di</strong> peso e 4-5 cm <strong>di</strong> lunghezza del corpo, esclusa la coda <strong>che</strong> è molto breve) presente in tutti i<br />

comprensori frutticoli peninsulari italiani. Ogni femmina è in grado <strong>di</strong> portare a termine 3-4 parti<br />

all’anno (<strong>di</strong> norma nell’arco della buona stagione), con ni<strong>di</strong>ate <strong>di</strong> 2, eccezionalmente 3, in<strong>di</strong>vidui<br />

ciascuna.<br />

Nel corso dell’anno è stato possibile catturare 5 esemplari determinati <strong>di</strong> volta in volta dal<br />

coor<strong>di</strong>natore scientifico come Arvicola s<strong>che</strong>rman (Shaw, 1801 – Fig. 5). Si tratta della stessa<br />

arvicola definita lo scorso anno Arvicola terrestris sottospecie s<strong>che</strong>rman <strong>che</strong> in seguito a recenti<br />

stu<strong>di</strong> molecolari, è stata <strong>di</strong>stinta da Arvicola terrestris e attribuita alla nuova specie A. s<strong>che</strong>rman.<br />

L’esatta identità <strong>di</strong> 2 esemplari è stata an<strong>che</strong> accertata me<strong>di</strong>ate tecnica molecolare grazie alla<br />

collaborazione con il dott. Giovanni Amori del CNR <strong>di</strong> Roma. Questa specie è presente nei<br />

medesimi contesti (ma apparentemente in modo molto localizzato) ed è <strong>di</strong> taglia più grande<br />

dell’altra (me<strong>di</strong>amente <strong>di</strong> 70-100 gr. <strong>di</strong> peso, <strong>di</strong> circa 14-16 cm <strong>di</strong> lunghezza, esclusa la coda <strong>che</strong> è<br />

lunga da 5 a 7 cm), ma è anch’essa in grado <strong>di</strong> procurare alle piante da frutto danni identici a quelli<br />

derivanti dall’Arvicola del Savi avendo anch’essa costumi fossori e le stesse abitu<strong>di</strong>ni alimentari.<br />

Essa è una specie <strong>di</strong>ffusa largamente al <strong>di</strong> là delle Alpi, in particolare nelle praterie montane<br />

dell’Alta Savoia. Tale specie è più prolifica dell’altra, giungendo a compiere fino a 4-5 parti<br />

all’anno, <strong>di</strong> 3-7 piccoli ciascuno.<br />

Il comportamento delle due specie è simile: entrambe vivono prevalentemente in gallerie nel suolo<br />

cui fanno capo sbocchi verso l’esterno <strong>che</strong> vengono aperti e richiusi <strong>di</strong> frequente. Gallerie lungo il<br />

decorso delle quali sono sistemati i ni<strong>di</strong> dove le femmine si sgravano e dove tutti gli in<strong>di</strong>vidui si<br />

trattengono nelle fasi <strong>di</strong> inattività. È da notare <strong>che</strong>, in occasione <strong>di</strong> inverni miti, quando l’erba non<br />

viene mai a mancare, le femmine più anziane <strong>di</strong> entrambe le specie possono continuare a riprodursi.<br />

Macchina <strong>di</strong>stributrice<br />

La macchina è stata mo<strong>di</strong>ficata a fine anno secondo le in<strong>di</strong>cazioni da noi fornite ed è in prova presso<br />

un agricoltore. In particolare è stato migliorata l’espulsione dell’esca me<strong>di</strong>ante una spinta a<br />

pressione. Per questo la macchina deve essere collegata ad un compressore, ad esempio quello<br />

comunemente impiegato per l’utilizzo delle cesoie da potatura meccani<strong>che</strong>.<br />

Indagine nelle aziende<br />

Siccome la lotta contro le arvicole condotta impiegando grano trattato con Chlorophacinone da<br />

<strong>di</strong>stribuire nei singoli accessi alle tane <strong>di</strong> fronte a forti infestazioni può apparire in prima<br />

applicazione gravosa, soprattutto per un eccessivo impiego <strong>di</strong> manodopera, sono state e sono spesso<br />

accettate proposte <strong>di</strong> applicare meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa alternativi fatte da operatori commerciali<br />

evidentemente non bene informati della reale natura del problema. Tali metodologie talvolta<br />

pericolose e in ogni caso da evitare, non si sono rivelate efficaci o, quantomeno, non hanno ridotto il<br />

problema in misura sod<strong>di</strong>sfacente a detta degli stessi agricoltori. Sono qui <strong>di</strong> seguito ricordate.<br />

- Innanzitutto la pratica <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuire <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> esca, compreso grano con Chlorophacinone,<br />

sotto tegole poggiate al suolo, è da sconsigliare in quanto, pur offrendo un’apparente<br />

“sod<strong>di</strong>sfazione” all’operatore per l’eliminazione soprattutto <strong>di</strong> topi domestici e selvatici,<br />

proteggendo al tempo stesso l’esca dal consumo <strong>di</strong> altri animali da salvaguardare, in realtà non<br />

risulta utile per risolvere il problema delle arvicole <strong>che</strong>, come è stato detto, si muovono<br />

prevalentemente per mezzo <strong>di</strong> gallerie e visitano la superficie solo per brevi tratti e per<br />

approvvigionarsi d’erba.<br />

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- Inoltre, benché in effetti tutti gli anticoagulanti alternativi al Chlorophacinone (quali ad esempio<br />

Warfarin, Broma<strong>di</strong>olone, Difenacoum, Flocoumafen, Bro<strong>di</strong>facoum, Difetialone) siano<br />

potenzialmente efficaci an<strong>che</strong> contro le arvicole, ciascuno <strong>di</strong> essi non è autorizzato per un impiego<br />

in pieno campo e quin<strong>di</strong> il suo uso è da considerarsi illegale. A ciò va aggiunto <strong>che</strong> an<strong>che</strong> se per<br />

molte es<strong>che</strong> tossi<strong>che</strong> pronte in commercio sia <strong>di</strong>chiarato in eti<strong>che</strong>tta la loro efficacia an<strong>che</strong> contro<br />

le arvicole, ciò non corrisponde a verità e sono comunque tutte classificate come presi<strong>di</strong> me<strong>di</strong>cochirurgici,<br />

cioè materiali legalmente utilizzabili solo contro ratti e topi in ambienti confinati (cioè<br />

all’interno o in stretta a<strong>di</strong>acenza <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici).<br />

- È soprattutto importante sapere <strong>che</strong> le formulazioni rodenticide dei principi attivi <strong>di</strong> cui sopra,<br />

confezionate in bustine, in pellets o in bloc<strong>che</strong>tti paraffinati, sono concepite e stu<strong>di</strong>ate per<br />

combattere topi e ratti e sono poco o nulla appetibili per le arvicole. Queste ultime infatti,<br />

contrariamente a topi e ratti, non sono attratte dalle varie sostanze e aromi <strong>che</strong> in tali prodotti<br />

vengono aggiunti al principio attivo, ma preferiscono supporti alimentari il più possibile simili a<br />

quelli <strong>che</strong> possono reperire in natura (quali ra<strong>di</strong>ci, frutta a polpa soda, granaglie intere, ecc) e<br />

rifiutano qualsiasi sostanza troppo elaborata.<br />

- Risulta an<strong>che</strong> <strong>che</strong> venga proposto l’uso <strong>di</strong> un prodotto (Magtaupe della Degesch) a base <strong>di</strong> fosfuro<br />

<strong>di</strong> magnesio, utilizzato in Francia per la lotta alle talpe (<strong>che</strong> non sono arvicole e neppure ro<strong>di</strong>tori).<br />

Questo prodotto, <strong>che</strong> gassifica a contatto con l’umi<strong>di</strong>tà, oltre ad essere altamente tossico per tutti i<br />

mammiferi (uomo compreso), non può essere <strong>di</strong> alcuna utilità per combattere le arvicole, in<br />

quanto per essere efficace deve saturare l’ambiente dove è presente l’organismo da uccidere. In<br />

realtà è impossibile saturare in campo aperto tutte le gallerie delle arvicole, non solo per il loro<br />

ragguardevole sviluppo, ma soprattutto per l’impossibilità <strong>che</strong> queste si identifichino con un<br />

ambiente confinato.<br />

- Risulta altresì abbastanza <strong>di</strong>ffuso l’impiego <strong>di</strong> Calciocianamide <strong>di</strong>stribuita alla base delle piante<br />

quale repellente per le arvicole. In realtà non esiste evidenza sulla veri<strong>di</strong>cità <strong>di</strong> tale effetto<br />

repulsivo e, a dosi elevate tale sostanza rischia <strong>di</strong> rappresentare un pericolo per l’integrità delle<br />

piante da <strong>di</strong>fendere. Infatti, se sovra-dosata, la Calciocianamide, per il suo alto contenuto in azoto<br />

e fosforo, può risultare fortemente caustica per le piante stesse.<br />

Va poi detto <strong>che</strong> sono stati messi in atto an<strong>che</strong> tentativi <strong>di</strong> meccanizzare le operazioni <strong>di</strong><br />

applicazione della granella avvelenata al <strong>di</strong> sotto della superficie del suolo, ma ognuno <strong>di</strong> essi<br />

presenta aspetti negativi o, quantomeno, peggiorativi nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> questa operazione.<br />

- Anzitutto lo spargimento della granella imbevuta <strong>di</strong> olio al Chlorophacinone in superficie con<br />

qualsivoglia <strong>di</strong>spositivo meccanico è assolutamente da evitare, sia per il grande pericolo <strong>che</strong> essa<br />

costituirebbe per la fauna selvatica sia perché l’esca così <strong>di</strong>stribuita finisce per non essere<br />

<strong>di</strong>sponibile in misura adeguata per le arvicole <strong>che</strong>, come è stato detto, sono attive per massima<br />

parte nel sottosuolo.<br />

- Un altro tentativo meno devastante nei confronti delle specie non bersaglio, ma <strong>di</strong>fficilmente<br />

applicabile nello specifico contesto e poco efficace è quello <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuire l’esca entro<br />

gallerie artificiali realizzate con macchine simili a seminatrici. In altri stati (Stati Uniti, Francia e<br />

Svizzera) sono stati in realtà messi a punto <strong>di</strong>versi prototipi <strong>di</strong> macchine del genere, per<br />

combattere specie <strong>di</strong>verse <strong>di</strong> ro<strong>di</strong>tori fossori, ivi incluse arvicole. Queste macchine, in realtà,<br />

riuscivano a creare gallerie rettilinee a circa 20-25 cm. <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà e a <strong>di</strong>stribuire nel contempo<br />

granella o altra esca vegetale avvelenata. Tuttavia questi tentativi, <strong>che</strong> apparentemente non<br />

presentavano controin<strong>di</strong>cazioni, soprattutto negli ambienti <strong>di</strong> prateria per i quali erano stati<br />

inizialmente concepiti, sono risultati alla fine favorire l’ampliarsi delle infestazioni, a fronte <strong>di</strong><br />

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isultati insod<strong>di</strong>sfacenti, in quanto è stato <strong>di</strong> volta in volta verificato <strong>che</strong> tali gallerie artificiali<br />

finiscono per essere utilizzate dalle arvicole come comode vie <strong>di</strong> rapido spostamento da un punto<br />

all’altro della superficie trattata. Apparecchi analoghi sarebbero comunque <strong>di</strong> dubbia efficacia e<br />

<strong>di</strong>fficilmente utilizzabili nei frutteti considerati, dove gli apparati ra<strong>di</strong>cali sono piuttosto<br />

superficiali e finiscono per occupare an<strong>che</strong> buona parte degli interfilari.<br />

- Un’ultima pratica, condannabile per l’impatto negativo sulla microfauna del terreno, <strong>che</strong> risulta<br />

adottata da qual<strong>che</strong> agricoltore, è l’utilizzo <strong>di</strong> prodotti ad elevata tossicità e/o persistenza, quali il<br />

paraquat o l’endosulfan. A parte il citato aspetto ambientale negativo e le recenti revo<strong>che</strong> <strong>di</strong> questi<br />

prodotti proprio per l’aspetto tossicologico problematico, resta comunque il fatto <strong>che</strong> il loro<br />

utilizzo non ha mai risolto il problema in modo evidente e sod<strong>di</strong>sfacente.<br />

__________________________________________________________________________<br />

Conclusioni<br />

Con le indagini sinora effettuate possiamo <strong>di</strong>re <strong>che</strong>:<br />

- Oltre a Microtus savii è effettivamente presente una specie, A. s<strong>che</strong>rman, della quale era<br />

ignota in precedenza la presenza nei frutteti del comprensorio cuneese. È importante ricordare<br />

<strong>che</strong>, sebbene ignoriamo ancora l’entità della sua <strong>di</strong>ffusione, è ipotizzabile con un certo margine<br />

<strong>di</strong> certezza <strong>che</strong> essa non sia ugualmente <strong>di</strong>stribuita su tutto il territorio e <strong>che</strong> M. savii resti la<br />

specie alla quale imputare la maggior parte dei danni agli impianti;<br />

- Dagli approfon<strong>di</strong>menti condotti risulta <strong>che</strong> la <strong>di</strong>fesa consigliata per M. savii è altrettanto<br />

valida per A. s<strong>che</strong>rman. Non sembrano pertanto necessari approfon<strong>di</strong>menti sulla <strong>di</strong>fesa;<br />

- Dall’indagine sono emerse modalità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa pericolose e illegali oltre <strong>che</strong> inappropriate:<br />

con la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> una nota informativa recante i risultati dell’indagine ci auguriamo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sincentivare tale prati<strong>che</strong> e promuovere la tecnica a base <strong>di</strong> cariossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano imbevute <strong>di</strong><br />

Chlorophacinone.<br />

- Lo sviluppo della nuova macchina <strong>di</strong>stributrice dovrebbe migliorare la <strong>di</strong>stribuzione e<br />

rendere più facile e soprattutto più economica l’adozione del metodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa basato su<br />

cariossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano imbevute <strong>di</strong> Chlorophacinone <strong>che</strong> è l’unico efficace oltre <strong>che</strong> il solo ad essere<br />

legalmente impiegabile in pieno campo.<br />

Si intende qui ricordare <strong>che</strong> il metodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa per ridurre la presenza <strong>di</strong> entrambe le specie, <strong>che</strong><br />

non ha mai mancato negli anni recenti <strong>di</strong> fornire risultati sod<strong>di</strong>sfacenti, laddove applicato<br />

correttamente, è quello <strong>che</strong> si basa sulla <strong>di</strong>stribuzione, nei fori nel suolo praticati dalla arvicole, <strong>di</strong><br />

cariossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> grano tenero imbevute <strong>di</strong> una soluzione oleosa a base del rodenticida anticoagulante<br />

Chlorophacinone. Il CReSO a metà anni ’90 e, più recentemente, nel 2005 e 2006, ha condotto<br />

prove accurate e verifi<strong>che</strong> ripetute <strong>di</strong> questa metodologia, riportando ogni volta risultati più <strong>che</strong><br />

sod<strong>di</strong>sfacenti. Qui <strong>di</strong> seguito si forniscono le in<strong>di</strong>cazioni per la preparazione e la <strong>di</strong>stribuzione<br />

dell’esca tossica:<br />

La preparazione. Mescolare accuratamente per almeno 5 minuti 1Kg <strong>di</strong> cariossi<strong>di</strong> intere <strong>di</strong> grano<br />

tenero fresco <strong>di</strong> buona qualità con 21 ml <strong>di</strong> Chlorophacinone, in formulazione <strong>di</strong> olio concentrato<br />

(allo 0,25%) (fig. 6). È necessario quin<strong>di</strong> lasciare a riposo il preparato per almeno 24 h affinché<br />

l’olio tossico possa essere assorbito fino alla parte interna della cariosside. Da notare <strong>che</strong> le<br />

arvicole non consumano la parte corticale del seme, <strong>che</strong> scartano, ma solo la parte amilacea<br />

interna. È quin<strong>di</strong> importante <strong>che</strong> il principio attivo penetri a fondo.<br />

La <strong>di</strong>stribuzione. Per <strong>di</strong>stribuire all’interno <strong>di</strong> ciascun sbocco <strong>di</strong> galleria in<strong>di</strong>viduato una piccola<br />

dose del preparato tossico (circa 20 gr.) occorre avvalersi <strong>di</strong> un semplice strumento <strong>che</strong> funga da<br />

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cucchiaio e <strong>che</strong> può essere realizzato an<strong>che</strong> estemporaneamente, come, ad esempio, un segmento<br />

<strong>di</strong> canna comune <strong>di</strong> circa 2-3 cm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro (ved. fig. 7) o una paletta. È importante <strong>di</strong>stribuire<br />

tutta la granella tossica ben all’interno del foro, evitando <strong>di</strong> lasciare una parte dell’esca sparsa in<br />

superficie. Per favorire una più facile in<strong>di</strong>viduazione dei fori da trattare, può risultare utile il<br />

<strong>di</strong>serbo sulla fila, come <strong>di</strong>remo in seguito, o, ove <strong>di</strong>sponibile, l’uso <strong>di</strong> un rastrella-rami o <strong>di</strong> una<br />

spazzolatrice per rimuovervi il fogliame. Il periodo migliore per questo tipo <strong>di</strong> intervento è il tardo<br />

autunno e l’inverno, fino alla ripresa vegetativa dei fruttiferi. In questo arco <strong>di</strong> tempo, infatti, le<br />

arvicole trovano più <strong>di</strong>fficilmente alimenti erbacei e sono più facilmente attratte dall’esca a base<br />

<strong>di</strong> cariossi<strong>di</strong> <strong>che</strong> risulta comunque appetita. È consigliabile effettuare due <strong>di</strong>stribuzioni successive<br />

nell’arco <strong>di</strong> un paio <strong>di</strong> settimane. Dopo <strong>di</strong> <strong>che</strong> è necessario effettuare un ulteriore passaggio per<br />

chiudere, con la pressione del tacco della scarpa, tutti i fori trattati. Dopo una ulteriore settimana è<br />

necessario controllare il numero dei fori riaperti, numero <strong>che</strong> ci darà un’idea del grado <strong>di</strong> successo<br />

dell’operazione. Un valore accettabile, <strong>che</strong> possiamo considerare come limite superiore della<br />

soglia <strong>di</strong> danno, è la presenza residua <strong>di</strong> 40-50 fori a ettaro. È necessario tener presente <strong>che</strong> dopo i<br />

primi interventi su una popolazione estesa <strong>che</strong> sta facendo danno e <strong>che</strong> non è stata mai trattata,<br />

negli anni successivi, eseguendo una attenta opera <strong>di</strong> monitoraggio, gli interventi possono essere<br />

molto più rapi<strong>di</strong> in quanto miranti a intervenire solo su eventuali nuovi focolai, cioè gruppi <strong>di</strong><br />

nuovi buchi <strong>che</strong> qua e là tendono a ricomparire. È essenziale, pertanto, dopo un primo risultato<br />

utile conseguito, non <strong>di</strong>menticarsi del problema ed effettuare con una frequenza almeno mensile,<br />

un controllo della evoluzione della situazione. Ciò consentirà <strong>di</strong> evitare il formarsi piano piano <strong>di</strong><br />

nuove infestazioni estese, con relativi danni e maggiori costi per la <strong>di</strong>sinfestazione. In altre parole<br />

è importante non interrompere gli interventi negli anni a seguire an<strong>che</strong> a fronte <strong>di</strong> assenza <strong>di</strong><br />

danno per evitare recrudescenze del problema come in taluni casi si è verificato.<br />

Nel corso del 2007 il CReSO ha svolto un’indagine tra gli agricoltori per verificare se il metodo<br />

appena descritto, a suo tempo già consigliato, fosse un metodo ancora valido o se presentasse dei<br />

motivi <strong>di</strong> insod<strong>di</strong>sfazione an<strong>che</strong> per chi lo ha sempre impiegato correttamente. Le in<strong>di</strong>cazioni<br />

raccolte hanno evidenziato <strong>che</strong> le aziende <strong>che</strong> hanno sempre impiegato questo metodo in modo<br />

corretto e con costanza, riescono a non avere più danni agli impianti pur in presenza <strong>di</strong> un numero<br />

esiguo <strong>di</strong> fori. Tali aziende confermano la gravosità del metodo, almeno nelle sue fasi iniziali, ma<br />

ritengono risarcito l’impegno grazie ai risultati ottenuti.<br />

Alcune prati<strong>che</strong> colturali, sebbene non sostitutive, ma solo integrative dell’impiego <strong>di</strong> esca anzi<br />

descritta possono invece risultare utili al contenimento delle infestazioni. Esse vengono qui <strong>di</strong><br />

seguito elencate:<br />

Lavorazione del terreno: se il tipo d’impianto consente l’operazione, la scalzatura sulla fila<br />

<strong>di</strong>strugge una parte delle gallerie in prossimità dei fruttiferi arrecando <strong>di</strong>sturbo alle arvicole.<br />

Occorre però prestare attenzione alla profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> lavorazione per non rovinare gli apparati<br />

ra<strong>di</strong>cali, in particolare negli impianti <strong>di</strong> 2-3 anni <strong>di</strong> età con apparati ra<strong>di</strong>cali non molto estesi.<br />

L’irrigazione: laddove possibile, ricorrere <strong>di</strong> tanto in tanto all’irrigazione a scorrimento può risultare<br />

utile in quanto vengono inondate le gallerie ed in particolare vengono affogate le ni<strong>di</strong>ate. Questa<br />

importante azione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo è tuttavia concentrata solamente nell’interfilare mentre la fila, specie<br />

se rincalzata, può rappresentare in queste occasioni una zona <strong>di</strong> rifugio per le arvicole adulte.<br />

Il <strong>di</strong>serbo: questa pratica non ha un effetto <strong>di</strong>retto sul contenimento delle arvicole (ved. sopra) ma è<br />

utile nel mantenere pulito l’appezzamento al fine <strong>di</strong> poter localizzare meglio i fori <strong>di</strong> apertura<br />

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freschi fatte dalle stesse. E’ consigliabile, qualora non si fosse optato per la scalzatura del filare <strong>di</strong><br />

fine stagione, intervenire in autunno prima delle brinate mattutine.<br />

Una curiosità, suffragata però da molte osservazioni comprese quella del settore <strong>di</strong> frutticoltura<br />

biologica del centro sperimentale Laimburg in Alto-A<strong>di</strong>ge, è rappresentata dal fatto <strong>che</strong> gli impianti<br />

frequentati da animali domestici (ad. esempio alcune razze <strong>di</strong> cani) risultano spesso esenti da danni<br />

imputabili ad arvicole.<br />

È necessario infine far rilevare <strong>che</strong> il Chlorophacinone è l’unico principio attivo rodenticida oggi<br />

impiegabile legalmente e con successo in campo aperto, contro le arvicole. Nonostante questo, la<br />

revisione europea degli agrofarmaci (“Bioci<strong>di</strong>”) ne prevede la revoca a partire da inizio 2009, a<br />

meno <strong>che</strong>, su sollecitazione delle varie organizzazioni agricole nazionali <strong>che</strong> ne conoscano l’utilità e<br />

l’attuale sua insostituibilità, da parte della Casa produttrice venga presentata istanza <strong>di</strong><br />

riconoscimento della sua “essenzialità”. Ciò, come già accaduto in Spagna, in Francia ed in<br />

Germania, potrebbe consentire <strong>di</strong> ottenere l’autorizzazione ad usarlo ancora in futuro, oltre il 2009.<br />

Fig. 1<br />

Fig. 4<br />

Fig. 2<br />

Fig. 3 Fig. 5<br />

Fig. 6<br />

Fig. 7<br />

75

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