num62:Pag prova.qxd 23/03/2010 10.45 Pagina 36Marzo36 2010Quando nel 1927 il cardinale Basilio Pompili istituìl’allora museo capitolare di <strong>Velletri</strong>, la collezionenon aveva le dimensioni di quella attualee la sede era costituita da due stanze vicineal capitolo della cattedrale. La volontà e la lungimiranzadi Pompili hanno avuto il pregio di costituireil primo nucleo di una collezione di prestigiodella città perché già da allora tante delleopere furono ritenute degne di un’esposizioneparticolare. La prima esposizione museale dellacollezione si ebbe nel 2000, anno giubilaree anno in cui il museo diocesano ha avuto lospazio e l’importanza degne delle opere che ospita,prendendo inoltre il nome di MuseoDiocesano, perché museo di tutta la diocesi. Edè per questo motivo che a dieci anni dall’istituzionedel museo diocesano si vuole porre l’accento,con degli appuntamenti volti alla promozionedell’istituzione, lo sforzo di quanti hanno lavoratoe lavorano oggi perché la città, la diocesied il territorio possano vantare uno spazio culturale.Per tutto il mese di febbraio è stato possibileammirare la Madonna della Cucina di PietroPerugino che è stata presentata al pubblico ponendol’accento sulle figure di Perugino e di AntoniazzoRomano. Dopo il saluto di S.E. mons. VincenzoApicella, vescovo della diocesi di <strong>Velletri</strong>-<strong>Segni</strong>e la presentazione della giornata del direttoredel museo, Don Marco Nemesi, Sara Bruno,Conservatore del museo, ha presentato l’attivitàa <strong>Velletri</strong> di Antoniazzo Romano e Anna Germano,direttrice dei musei civici, ha parlato della convenzionecome Sistema Museale Urbano chelega i tre musei veliterni. Il Prof. Francesco FedericoMancini ha illustrato la figura del Perugino e leattività delle sue due botteghe, ha poi accompagnatoil pubblico nel museo parlando dell’operain prestito e dell’attività degli ultimi anni delpittore umbro. Il fatto più rilevante è stato comunquenotare come l’evento sia stato totalmentesnobbato da coloro che si occupano e fanno culturanella città. Singolare non soltanto perchéper un mese <strong>Velletri</strong> ha ospitato la tavola dellaMadonna della Cucina di Pietro Perugino e sembrache la cosa sia passata sotto silenzio, masoprattutto perché la presenza di pochi intimi harilevato l’indifferenza del pubblico per eventi cheescono dalle mura cittadine. Nonostante inumerosi inviti consegnati e nonostante le tantelocandine affisse in diverse zone della cittàl’affluenza è stata esigua. Sicuramente tanto èstato fatto dagli studi di settore e tanto si faràper capire i meccanismi del “non pubblico” nelsuo senso più lato, forse èil caso di riflettere ulteriormentee capire come coinvolgerequanti fino ad oranon hanno risposto o l’hannofatto soltanto in parte..E se è vero che a <strong>Velletri</strong>sono diverse le istituzioni culturalie che non è spessopossibile partecipare a tuttele iniziative in corso, è purvero che quella del museodiocesano di <strong>Velletri</strong> è l’unicarealtà museale storicoartisticanon solo della cittàma di tutto il territorio, vistoche nei paesi limitrofi le realtàdei musei sono prevalentementedi interessearcheologico.a cura dell’Associazione“Il Trivio”
num62:Pag prova.qxd 23/03/2010 10.45 Pagina 37Marzo201037Sara Bruno*La scultura lignea policroma raffigurante ilCrocefisso restaurata con il contributo della Provinciadi Roma, da Silvana Costa, restauratrice provenientedall’Istituto Centraleper il Restauro, èvisibile da questomese nell’atrio delmuseo Diocesanodi <strong>Velletri</strong>, nel nuovoallestimentodedicato al temadella Crocifissione.La scultura lignea,insieme all’affrescostaccato raffiguranteil medesimosoggetto della bottegadi Antoniazzo Romano e collocato cronologicamentealla fine del XV secolo, e alla sculturalignea del XVI secolo, proveniente dalla chiesadi Sant’Antonio di Padova, presenta un temacarico di significati: la crocifissione e la caricadi dolore legata alla figura di Cristo raffiguratonell’apice della sua sofferenza. La scultura, visibileora nel museo, proviene dall’oratorio di SantaMaria del Sangue, di fronte all’edificio comunaledi <strong>Velletri</strong>, per il quale fu commissionata. L’oratorio,conosciuto con il nome di Tempietto del Sangue,è un edificio di piccole dimensioni che ricordal’architettura bramantesca e aveva al suo internotre altari tra cui quello dedicato al Crocifissosopra il quale si trovava lascultura. Il termine postquem della realizzazione dell’operaè il 1579, anno di erezionedel tempio in seguitoad un evento miracoloso.Sembra probabile che mossidall’evento miracoloso ein possesso anche di unacospicua cifra lasciata da unanobile e devota veliterna siastato commissionato dasubito per la chiesa, se giàagli inizi del XVII secolo risultaessere collocato sopra l’altare.La posizione e la bellezzadella scultura erano sicuramentedi grande impattoper i fedeli e le dimensioni, tuttavia, non ne consentivano,una rimozione ed un trasporto agevoliche erano la finalità dell’opera: non solo unCristo Crocifisso ma anche un Cristo deposto.Un particolare meccanismo collocato nell’innestotra le braccia e il torace faceva sì che tramiteuna rotazione delle braccia, queste ultimepotessero essere quasi adagiate lungo il corpoe raccolte all’altezza sul torace. Confluendo nellastatua due iconografie cristiane, la Crocifissionee la Deposizione, il manufatto è stato realizzatoin modo da poter essere deposto ed il corpo,smontato dalla croce e ripiegate le braccia, potevaessere deposto su un supporto (forse una macchinaprocessionale che simboleggiava una tomba)ed essere trasportato il venerdì santo nellaprocessione del cristo morto. Sculture lignee delgenere non erano rare in Italia, se ne hanno esempidal XII secolo, ma il Crocefisso in esame sembraapparentemente collegarsi al modello fiorentino,più precisamente a due esempi celebri del secoloprecedente a quello di realizzazione dell’operadi <strong>Velletri</strong>. Il primo, per tipologia e funzione è indubbiamenteil crocefisso che Donatello realizzò trail 1406 ed il 1408 per Santa Croce a Firenze, ilsecondo vicino al nostro Crocifisso stilisticamentee iconograficamente è quello realizzatodaBrunelleschi perla chiesa di SantaMaria Novellasempre aFirenze, tra il1412 ed il 1413.Entrambi i crocefissipresi inesame hannoperò un’altezzadi circa un metroe mezzo e particolareè, rispettoai due celebrimodelli presi adesempio, il fattoche la doppia funzionedevozionale si associ nel nostro caso a dimensioninotevoli, le misure sono infatti più del doppio,visto che soltanto la croce è alta più di tremetri. La pregevole fattura dell’opera, realizzataa grandezza maggiore del naturale, sembraessere stata realizzata da un artista avvezzo allascultura in marmo. Lo dimostrano i tagli e la composizionedell’opera e la realizzazione suggestivadel corpo di Gesù, resa in maniera così veritiera.La muscolatura delle gambe, il costato e laposa sofferente del viso rimandano alla vasta produzionedella fine del Cinquecento di simili opere.Il restauro, condotto in maniera accuratissima,ha evidenziatol’importanzadell’operaanche nelmateriale. Èstato realizzato,infatti,completamenteinnoce, dasemprelegno pregiato,e propriotale materiale ha comportato un vasto attaccoxilofago che è stato risolto anche con un consolidamentostrutturale. Il colore della sculturache presenta una cromia naturalissima dell’incarnato,intervallato da ematomi coevi e feritein cui il sangue esce copioso probabilmente posteriori,è stata riportata allo stato originale dopo chela finitura finale, ossidata nel tempo, e l’esserecollocato vicino al fumo delle candele ne avevanocompletamente alterato la tonalità originaria.La resa dell’opera è da attribuire ad un artistadi mano esperta, con un nome conosciuto o appartenentead una bottega famosa che lavorava soprattuttomateriali lapidei.I marmisti, da sempre,ricevevano committenzeanche per operein legno perché eranoesperti conoscitoridell’arte scultorea.L’ipotesi sembra essereconfermata siadalle varie parti checostituiscono l’operadi <strong>Velletri</strong>, solitamentemolto delicate darealizzare, sia in vistadella perfetta giunzioneperché dovevanoessere nascoste allavista, sia dal fatto chemolti particolari didifficile esecuzione sono stati scolpiti direttamentesul legno e senza aiuto o uso di gesso. L’invito,in attesa che ulteriori studi possano fornirci qualcheelemento in più, è quello di scoprire o riscoprirela bellezza della scultura.*Conservatore del Museo Diocesano