num62:Pag prova.qxd 23/03/2010 10.41 Pagina 6Marzo62010Angelo BottaroAd ogni ora che passa la mia auto potrebbe essereuna delle trenta rubate o la mia potrebbe essereuna delle venti case prescelte dai ladri e accuratamenteripulita. I furti in appartamenti, con scassoo senza scasso, e i furti di autovetture e dimoto mantengono saldamente le posizioni di testa,ma sono incalzati dai borseggi, dalle rapine, dallefrodi di ogni genere e dagli scippi. Per fortunagli omicidi seguono distaccati di molte lunghezze,ma purtroppo non è così per le violenzee per gli stupri : sono più di trecentotrenta i reatidenunciati ogni ora in Italia nell’anno 2008, settemilanovecentoventi al giorno, due milioni ottocentonovantamilaall’anno.Si tratta dei soli reati accertati : se si aggiungonoquelli non denunciati per varie e comprensibiliragioni, quali ad esempio paura, vergogna, sfiduciae rassegnazione i reati complessivi nel nostroPaese, a rigore di logica, possono essere raddoppiati,forse triplicati. Se nel novero dei reaticommessi tenessimo conto anche dei nostricomportamenti abituali che di certo non rientranonelle buone azioni quotidiane il totale generale,a conti fatti, potrebbe addirittura superarei dieci milioni.Un tragico ed avvilente primato, al quale tutti contribuiamoin un modo o in un altro : gravi violazionidel codice della strada, spesso dopo averassunto qualche bicchiere di troppo o sostanzeche il medico curante sconsiglia decisamente,assenteismo dal lavoro con la scusa di una malattiaimmaginaria, abusivismo, vandalismo ed inquinamentodel territorio, ad esempio scaricandoil vecchio frigorifero al primo angolo, ingiurie, aggressioniverbali o minacce, evasioni fiscali come pagamentio proventi in nero o mancato versamentodi contributi, frodi, come quando grazie ad unaraccomandazione calpestiamo i diritti ed i meritialtrui o come quando per un graffietto al paraurti,con la complicità del carrozziere, pareggiamoi conti con la compagnia di assicurazione. In moltinostri comportamenti quotidiani, consapevolie non, siamo sicuramente nell’ambito della disonestà,della corruzione, della prevaricazione,della maldicenza o quanto meno della mors tuavita mea. A fronteggiare e ad arginare questotsunami di reati, di trasgressioni, di comportamentidannosi, incivili ed illegali c’è sopratuttola legge penale e coloro che provano a farla rispettare,ma il nostro sistema di educazione, di prevenzione,di sicurezza e di giustizia nel suo complesso,come si sa, è un colabrodo e quelle rarevolte che si mette in moto va a rilento e funzionamale, molto male. Si può ragionevolmenteritenere che nel nostro Paese ogni cento reatipenali commessi sia individuato, processato econdannato un autore soltanto : solo un delinquentesu cento finisce in galera, forse due o,in un anno di grazia, al massimo ce ne finisconotre. Secondo i dati del Ministero della Giustiziaal 30 settembre dello scorso anno erano64.595 i detenuti nelle patrie galere, di cui 40.596italiani e 23.999 stranieri. Solo metà dei detenutirisultavano condannati con sentenza passatain giudicato : l’altra metà era formata dallepersone in attesa di giudizio di primo gradoo di appello. Per inciso, nel nostro Paese perchiudere un processo in via definitiva occorronomediamente otto anni ed anche più . E gliautori di tutti gli altri reati, della valanga quotidianadi trasgressioni e di violazioni?Elementare e tragico nello stesso tempo: centinaiadi migliaia e forse milioni di atti e comportamentifuori legge e fuori tutto restano impuniti e di conseguenzaè elevatissimo il numero dei cittadiniche hanno la coscienza sporca, senza provareil minimo senso di colpa : se facessimoun sondaggio approfondito e veritieroquanti di noi potrebbero affermaredi rispettare appieno tutte le regole?Nel nostro Paese la illegalità, la corruzione,la delinquenza, la violazionesistematica delle norme dilagano e chisbaglia non paga quasi mai e chi delinqueè quasi impossibile che finisca ingalera o, quanto meno, che sia punitocon una sanzione o con una lezioneesemplare.Il carcere è uno specchiettoper allodole e per quanto colmofino all’orlo ospita una percentualeridicola di “clienti” e di “aventi diritto”:i problemi della giustizia, al di làdi ogni ragionevole dubbio, non si risolvonoe mai si risolveranno togliendodalla circolazione al massimo tre delinquentiogni cento reati.Non fraintendiamo: è fuori discussione che chi delinquesia punito secondo la legge, mala illegalità non si elimina se nello stessotempo tutta la società non cambiae non diventa migliore. I problemidella sicurezza e della giustizia stannofuori, nella società, nella comunità,nell’ufficio, nella scuola frequentatadai bulli, nello studio del dentista chenon emette fattura o nel negozio da dove usciamosenza lo scontrino, i problemi stanno persinonelle nostre famiglie. E sì, anche nelle famiglie,se consideriamo, ad esempio, che il settantaper cento dei reati sessuali o di violenzadenunciati si consuma proprio al “riparo” dellepareti domestiche, ma sono molti di più quelliche non verranno mai accertati e che di conseguenzanon verranno mai puniti.Forse disturba,irrita, offende o turba prenderne atto e coscienza,ma è la tragica e amara verità.La ingiustizia e la illegalità molto spesso, troppospesso nascono dalla nostra reazione di frontead un pedone distratto o indisciplinato, dallenostre omissioni, dalla nostra indifferenza, dalnostro cinismo, dai nostri pregiudizi, dallenostre maldicenze, dal nostro sentirci semprea posto e migliori degli altri.Di fronte a questa sconfortante situazione abbiamoun solo modo concreto per cambiare lo statodelle cose, quello di impegnarci in prima persona.Per essere in regola non basta non essereuno di quelli, che “ malauguratamente” è finitoin galera o al quale hanno ritirato la patenteperchè“sfortunatamente” è stato pizzicato a guidaresulla corsia di emergenza. Sarebbe troppofacile! Dobbiamo impegnarci soprattutto a nonessere tra coloro che circolano a testa alta comebravi cittadini con l’unico “merito” di non esserestati individuati e di averla fatta franca. Si puòe si deve incominciare dalle piccole cose, comequella di raccogliere la cacca del proprio cane,di pagare regolarmente le tasse, di non fingersimalati per non andare a lavorare. Perché ègiusto farlo e perché è l’unico modo che abbiamoper cambiare in meglio le cose, sia pure dipoco. Tutto questo senza sentirci autorizzati ascagliare la prima pietra.
num62:Pag prova.qxd 23/03/2010 10.41 Pagina 7Marzo20107Rigel LangellaLa teologia, come profezia viva, deve contribuirea indicare il cammino della Chiesa come popolo diDio: questo lo scopo del seminario, sul tema La fedenel Dio Trino per la custodia del creato, svoltosi aRoma lo scorso gennaio nella sede della ConferenzaEpiscopale Italiana. Il Gruppo di ricerca teologicasulla Custodia del creato, Ufficio Nazionale per i ProblemiSociali e il Lavoro, Servizio Nazionale per il ProgettoCulturale della CEI, in collaborazione conAssociazione Teologica Italiana (ATI) e AssociazioneTeologica Italiana per lo Studio della Morale(ATISM) si riunisce periodicamente per confrontarsicon l’inedita esperienza del mondo offerta dalla crisiambientale, che mostra sotto nuova luce temi comela minaccia, la caducità, la solidarietà, ponendosicome ambito di confronto tra pensiero teologico esaperi laici. In tale contesto si innesta pure la forzadi un’etica religiosamente fondata, che evidenziacome la dimensione religiosa fondi una disponibilitàa un impegno radicale, particolarmente necessarioper far fronte alla sfida. Secondo i promotori,in questo contesto, possono pure innestarsi laspiritualità ed una poetica ecologica dell’abitare, comeradice di un’educazione al custodire la terra. Il rinnovatointeresse per la responsabilità verso il creato,oltre ad essere uno dei temi emergenti della dottrinasociale della Chiesa, trova numerosi riferimentinel magistero di papa Benedetto XVI.Il messaggio per la giornata della pace 2010, celebratail primo gennaio scorso, è stato dedicato aquesta grande prospettiva: “se vuoi coltivare la pace,custodisci il creato”, al fine di richiamare la strettacorrelazione tra la tutela dell’ambiente e la possibilitàdi una giusta e pacifica convivenza nella famigliaumana.Il tema, del resto, non è nuovo alla sensibilità teologicadell’attuale pontefice che, fin dagli inizi delsuo magistero, affermava che esiste un nesso inscindibiletra la pace con il creato e la pace tra gli uomini:l’una e l’altra presuppongono la pace con Dio.“Sottolineo questo aspetto della pace con Dio in Cristo– affermava Ratzinger già nel messaggio per la giornatadella pace del 2007 – perché spesso si considerail problema ecologico e quello della pace nelmondo soltanto sotto l’aspetto politico-sociale, senzavederne le implicazioni etico-religiose”.Tema questo particolarmente caro anche a GiovanniPaolo II che, fin dal 1990, profetizzava l’esigenzadi pace con Dio, pace con il creato. L’impegno perl’elaborazione di un’etica e di una spiritualità ecologica,radicate nella tradizione teologica cristianasi colloca all’interno del multiforme processo di costruzionedi una coscienza ecologica cristiana.Promosso e sostenuto con grande forza dalle chiesecristiane nel mondo, questo percorso produce,anche in Italia, una riflessione vivace, tanto da faraffermare che i vescovi italiani sono passati dallastrategia dell’attenzione ecologica alla riflessionepastorale.La chiesa ortodossa russa, nel significativo documento,I fondamenti della concezione sociale, affermavagià nel luglio 2000: “I problemi ecologici hannosostanzialmente un carattere antropologico, essendogenerati dall’uomo e non dalla natura. Pertantole risposte a molti problemi posti dalla crisiambientale vanno cercate nel cuore dell’uomo e nonsolo nella sfera dell’economia, della biologia, dellatecnologia o della politica”, per giungere alla conclusione,amara ma realistica, che in unasituazione di crisi dei valori, di decadenzaspirituale, superare la crisi ecologicapossa risultare impossibile.In sintonia con questo ideale filo rosso diriflessione, molto sentito a livello europeo,dove le Conferenze episcopali nazionalihanno istituito una rete ad hoc al propriointerno, anche la CEI, nell’ambito del Servizionazionale per il progetto culturale, ha istituitoil gruppo di studio e di riflessione “Custodiadel creato”, chiamando a raccolta i teologie le teologhe italiani, appartenenti aATI e ATISM, che agisce a pieno regimedal 2008. L’approfondimento dei fondamentidella responsabilità umana verso laCreazione, per i credenti opera sapientedelle mani del Creatore, mira a recuperarele fonti bibliche, teologiche ed etichedel radicamento della fede cristiana, al finedi preparare un percorso sistematico conindicazioni utili sulle quali fondare un impegnoconcreto e un agire incisivo nella societàcontemporanea.L’etica teologica, del resto, deve essereintesa come riflessione rivolta alla prassicristiana per determinare i riferimenti valorialidi essa e per indicare linee di orientamentoper un agire responsabile, comeribadito fin dai primi incontri del Gruppo,da mons. Karl Golser, arcivescovo di Bolzanoe teologo morale, uno degli animatori epromotori dell’iniziativa. Non si tratta, dunque, di unariflessione astratta, riservata a specialisti del settore,in quanto l’approfondimento teologico, una voltacalato nelle realtà diocesane, ha già prodotto alivello locale e di singole parrocchie prassi concrete,come la rete interdiocesana per nuovi stili di vita,compatibili con la tutela del creato, istituita in moltegrandi diocesi italiane, tra cui emerge Padovae il Patriarcato di Venezia, con l’intento di valorizzarela presenza cristiana come protagonista sociale.La relazionalità, infatti, è stata declinata non solonella sua dimensione teologica, ma nella concretezzadel rapporto economia – lavoro – povertà –ecologia: la crisi ecologica, secondo l’indicazionedei documenti citati, non può essere valutata separatamentedalle questioni ad essa collegate,essendo fortemente connessa al concetto di sviluppoe alla visione dell’uomo e delle interazioni coni simili e con il creato.La relazione di apertura è stata tenuta da mons.Piero Coda, presidente dell’ATI (Associazione TeologicaItaliana, organismo che raggruppa i teologi dommatici),che ha proposto un significativo approfondimentodel tema Il Dio Trino e la relazionalità delcreato, soffermandosi sul rapporto tra teologia e scienzedella natura, intese come due diverse interpretazionidel reale: “sono autonome ed epistemicamentefondate entro il loro specifico ambito di ricercae, per questo, nel rispetto delle loro competenzee dei loro linguaggi, possono proficuamente dialogare,offrendo ciascuna, secondo la propria originalità,un contributo alla conoscenza della realtà”.Non solo, ma potendo dialogare possono sollecitarsie stimolarsi reciprocamente affinché, purrestando ciascuna nel proprio campo d’indagine,possano arricchirsi di elementi conoscitivi: “nello stuporedella contemplazione e della lettura della realtàche ci è offerta da una teologia e da una scienzache non intendono spartirsela o impadronirsene,riducendola a mero oggetto di manipolazioneconcettuale o tecnicistica, ma accoglierla nel suodarsi e nel suo farsi, per concrescere con essa secondoil disegno di sapienza e d’amore del Creatore”.Dunque, una visione aperta al dialogo, straordinariaavventura di conoscenza, libertà e fraternità.Interpretare teologicamente un tempo di minaccia,il tema trattato da Gian Luigi Brena, secondo il quale,le esigenze di giustizia sollevate dall’emergenzaecologica sono universali e che la soluzione deveessere pensata globalmente e il punto di partenzateorico, comune a tutte le proposte di ripensamentoin chiave ecologica della teologia, dell’eticae della spiritualità è rappresentato dalla necessitàdi superare la separazione moderna-cartesianatra soggetto (uomo razionale) e oggetto (natura).La Chiesa “esperta di umanità” non vuole, dunque,entrare nel merito di specifiche soluzioni tecnichema “si premura - secondo Ratzinger - di richiamarecon forza l’attenzione sulla relazione tra il Creatore,l’essere umano e il creato”.In sostanza la crisi che attraversiamo, prima checrisi economica e sociale è crisi culturale e morale.La teologia o meglio il teologo, come “scienziatodell’Essere”, è il grande assente dall’orizzonte disenso dell’Italia contemporanea, che pure pulluladi esperti di ogni sorta, mentre ha un ruolo di spicconell’Europa continentale. Anche per questo, oggi,i teologi e le teologhe italiane, grazie all’appoggioricevuto dai loro Vescovi, si rivolgono alla scristianizzatasocietà contemporanea, con la forza delleidee: di chi non ha soltanto qualcosa da dire, matanto da dare al mondo anche nel campo delle politicheambientali, valorizzando i cristiani come soggettiprotagonisti del dibattito.*Gruppo di ricerca teologica sulla Custodia del creato