<strong>Arte</strong> e <strong>Restauro</strong> 14
Le favole son tutte belle, per ognuna il magico finale Vissero Felici E Contenti, che i bimbi aspettano ansio- si e preoccupati, perché non può non tornare in vita Cappuccetto Rosso o Pollicino smarrire la strada del ritorno, la carrozza diventare zucca, Pinocchio ed il suo babbo finire in pasto alla balena e, addirittura, non far comparire un angelo buono, laddove c’era un male- fico diavoletto. Le favole raccontano di fate pazienti, maghi prodigiosi, baci del risveglio, l’incantesimo che si scioglie e la morte che si trasforma in vita. Che ne sanno i bimbi del pianto e del dolore, per loro le favole sono sogni, i sogni non hanno soldi, son fatti apposta per regalare sorrisi e tenere sorprese, racconta- re la vita per come loro la vedono a quella età, con gli occhi dell’innocenza e della fiducia. La favola culla il sonno che arriva, ma non prima e non senza sentire il fantastico Vissero Felici E Contenti, e con la voce che s’impasta di sonno continuano a chiedere Ancora An- cora! Dormono quando tutti gli eroi sono stati messi al sicu- ro ed il buio della notte si tingerà di colori scintillanti. Ce n’è una di favola, che ancora non hanno imparato a conoscere, dove non troveranno il finale magico, nel momento giusto e nel posto giusto. Si stupiranno, spaventandosi, e continueranno a ripete- re Ancora Ancora, sperando che la mamma lo tiri fuori in fretta, come il mago fa uscire fuori dal suo cilindro un coniglietto, che prima non c’era. Occorrerà rassicurarli, rispondendo ai loro perché, che vanno avanti come interminabili filastrocche, spiegare che le favole, talvolta, sono un po’ bizzarre, non se- guono lo stesso clichè, stanno un po’ con la testa all’ingiù, cominciano nel modo in cui dovrebbero fini- re e finiscono nel modo in cui dovrebbero cominciare. Una favola nuova, insomma, che cammina per altre LA FAVOLA CHE NON C’E di Rosetta Pititto Marc Chagall – La Mariée (1950). vie, sorprende e mostra, sottrae e ridà, trasforma e con- fonde. Favola che non somiglia a nessun’altra, quasi una favola che non c’è. Perché Dayana non è una favo- la, ma la favola stessa. Dayana, la piccola principessa non c’è, o meglio, c’è più di una volta. Favola straordinaria, prodigiosa, delicata e leggera, quasi eterea. Che apre dicendo “Visse Felice e Conten- ta”, ma non chiude con “C’era Una Volta”. Bimba già principessa, inghiottita dall’acqua insieme al suo papà, che le è scivolato di mano, in un’inutile disperata pre- sa, proprio mentre si pavoneggia con il vestito di gala al gran ballo, quasi fosse una donna. Mamma, mamma!! Pensa al suo vestito, ormai rovinato, con qualche strappo, perché è rimasta impigliata. Si sforza di tenere gli occhi aperti, attorno è tutto buio, sente voci lontane e confuse, rumori assordanti e non riesce ad emettere un solo grido. <strong>Arte</strong> e <strong>Restauro</strong> 15