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I QUATTROCENTO ANNI DEL LICEO “M. MORELLI”<br />
Quest’anno il Liceo Classico “Michele Morel-<br />
li” di Vibo Valentia celebra i suoi quattrocento anni di<br />
vita. Un traguardo importante, che rivela la vocazione<br />
culturale e formativa attorno a cui si è schiusa la vicen-<br />
da della nostra comunità.<br />
Ho frequentato quella scuola nel magma iroso<br />
e talvolta estremo degli ultimi anni settanta, anni di ter-<br />
rorismo ed ideologismo, di rivoluzioni tentate ed evolu-<br />
zioni sognate, di dualismi irreparabili ed irriducibili, di<br />
ripensamento globale dell’occidente culturale ed etico.<br />
E ne rammento il vigore creativo, l’impietosa ed entu-<br />
siasmante difficoltà, le contraddizioni formative e gene-<br />
razionali che il periodo implicava. Ho spesso pensato al<br />
filo che lega la mia non più breve vita ai cinque anni<br />
vissuti al “Morelli” di Vibo Valentia. Ebbene, ho moti-<br />
vo di credere che quell’esperienza abbia profuso buona<br />
parte degli elementi che, nel tempo, si sarebbero rivelati<br />
decisivi e, forse, dirimenti.<br />
Ed invero, dedicarsi agli studi classici non ha<br />
valenza puramente formativa, ma rivela un progetto<br />
complessivo, che riguarda l’Uomo ed il valore etico,<br />
estetico e filosofico della vita<br />
Il liceo Classico non prepara ad un professione,<br />
poiché non ne ha l’attitudine; né disegna una prospetti-<br />
va concreta e visibile, poiché la sua scena formativa ed<br />
etica è fondata sul contrario, l’invisibile.<br />
Dunque, chi sceglie il Liceo Classico sa di ave-<br />
re di fronte una prospettiva paradossale e, per certi ver-<br />
si, parossistica: legarsi a matrici e ragioni che non hanno<br />
il crisma della certezza, né della verità. Sa, in altri ter-<br />
mini, di dover accettare il principio per cui la vita non è<br />
destino, ma cammino, e si avvale di schiuse logiche ed<br />
assiologiche che ne costituiscono, ad un tempo, il fasci-<br />
no ed il dramma supremo.<br />
DI VIBO VALENTIA<br />
di Domenico Sorace<br />
Questa fu la promessa iniziatica del<br />
“Morelli”; questo fu il raccolto che ne ebbi.<br />
Una promessa, come ogni studente sa,<br />
intrisa di fascino e dramma, di proposizione e ne-<br />
gazione, d’illusione e delusione, di approdi e par-<br />
tenze.<br />
E tuttavia, in questa effusione<br />
d’incertezze, in questo esplorare laico ed inquieto,<br />
ogni approdo, ogni fuga lasciano traccia di sè, si<br />
depongono nell’anima, fecondandola, ferendola,<br />
consolandola.<br />
In definitiva, al netto di aoristi, deponenti,<br />
perifrastiche, ablativi, casi, declinazioni, difettivi,<br />
direi che il dono più prezioso del “Classico” è<br />
l’indomito ed incomprimibile desiderio di solleva-<br />
re il velo dell’opacità, di ragionare sull’uomo ed il<br />
suo destino, di cercare Dio, magari semplicemente<br />
per ricusarlo, perderlo, blandirlo, sognarlo.<br />
E così, nel cammino dei nostri anni, tra le<br />
fatiche del vivere, nel pericoloso pencolare tra pau-<br />
ra e dolore, libertà e felicità, affiorano i mondi che<br />
ci furono compagni. Ritorna l’Ulisse ingegnoso,<br />
che attraversa un’intera vita per tornare da dove era<br />
partito; ritroviamo l’ardore degli eroi, le cui mem-<br />
bra scavate dalla spada raccontano il grido<br />
dell’onore e della dignità; ritorna la cupa torre di<br />
Recanati, dalle cui feritoie lo sguardo tremulo ma<br />
vivo del giovane Giacomo tesse le più limpide ed<br />
inclite parole, e si ritrovano le urne ed i cipressi di<br />
Foscolo che, sapide, ci avvertono di quanto dolore<br />
e quanta dignità risieda nella malìa del vivere.<br />
E ci si accorge, nel correre vorticoso degli<br />
anni, che per essere migliori occorre esserlo da<br />
giovani. Come capitò a Leopardi, che scrisse le sue<br />
<strong>Arte</strong> e <strong>Restauro</strong> 27