Postalesio (SO) - Concreta S.r.l.
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Txt: Camillo Bertolini<br />
Foto: Immagini tratte dal filmato “in Venezuela”<br />
girato da Alfonso Vinci<br />
Alfonso Vinci:<br />
l’Ulisse dei nostri tempi<br />
Lacrime lucenti apparvero sulle<br />
maglie di ferro, che erano come<br />
una dura volontà umana contro<br />
i sentimenti liberi delle cose.<br />
Uno, due, tre, quattro… quattordici<br />
diamanti di varia grandezza<br />
apparvero come una costellazione<br />
e il nostro urlo li vide nascere:<br />
un urlo che si propagò<br />
per l’Avekì e ne decretò la morte.<br />
Siamo nell’Uriman, regione selvaggia<br />
e fino all’ora inesplorata della Gran<br />
Sabana venezuelana. Violata la formazione<br />
rocciosa del torrente Aweki,<br />
affluente del fiume Orinoco, tre uomini<br />
estraggono una quantità di diamanti<br />
che mai avevano luccicato neppure<br />
nei loro sogni tropicali.<br />
Ma per i cacciatori di pietre preziose<br />
la giungla e la savana, con il loro silenzio<br />
e le loro insidie, non sono poi<br />
così inaccessibili. Anche qui le voci<br />
corrono, e gli uomini accorrono in<br />
massa fino a trasformare l’Awekì in<br />
“buglia”. In spagnolo tumulto e schiamazzo,<br />
nel gergo minerario luogo di<br />
lavoro affollato. Ai primi arrivati resta<br />
la soddisfazione della scoperta, la<br />
fama, il rispetto, e una ricchezza proporzionale<br />
al tempo di lavoro riuscito<br />
in solitudine.<br />
Il libro Diamanti – a caccia di fortuna<br />
in Venezuela - è un’entusiasmante e<br />
lucida cronaca della scoperta del più<br />
ricco giacimento del Sudamerica. Partendo<br />
dai ricordi e dai suoi numerosi<br />
appunti di viaggio, venne scritto da<br />
uno di quei tre avventurieri qualche<br />
tempo dopo la favolosa impresa.<br />
Quattro week-end lunghi (compreso il<br />
lunedì) in una stanza d’albergo della<br />
capitale Caracas.<br />
L’autore è Alfonso Vinci, valtellinese di<br />
nascita, comasco d’infanzia, non localizzabile<br />
per il resto dell’esistenza.<br />
Scrittore di bei testi, ma anche di un<br />
percorso di vita unico e poliforme, costantemente<br />
in tensione tra avventura<br />
e curiosità, desiderio d’azione e riflessione<br />
attenta.<br />
Nato a Dazio nel 1916, si trasferisce<br />
presto a Como con i genitori. Per lavoro,<br />
va e torna da Milano in bicicletta.<br />
Si laurea in “Lettere e filosofia” (successivamente<br />
anche in Geologia) e<br />
sul finire degli anni ’30 diviene noto<br />
come scalatore. In un’intervista dichiara<br />
di aver iniziato a far alpinismo con<br />
un modesto equipaggiamento, tra cui<br />
ricorda le pedule in feltro e una corda<br />
sottratta per necessità alla patria bandiera.<br />
Con il suo gruppo apre nuove e<br />
difficoltose vie di roccia (Pizzo Bigoncio,<br />
Monte Agner, Pizzo Badile). Lo<br />
spigolo sud ovest del Pizzo Cengalo<br />
porta ancora il suo nome, e viene ai<br />
nostri giorni considerato un classico<br />
dell’arrampicata. Appeso alle pareti alpine,<br />
tra fatica e tensione, Alfonso<br />
medita una sua filosofia della scalata.<br />
Ricerca della difficoltà massima ed<br />
eleganza estetica nel superamento<br />
dei passaggi appartengono oggi al patrimonio<br />
dei climbers.<br />
Chiamato alle armi, Alfonso Vinci è<br />
con gli alpini dove continua ad arrampicare.<br />
Per le penne nere gira pure un<br />
film di propaganda: “Rocciatori e Aquile”,<br />
che negli ultimi anni di vita definirà<br />
– una storia carica della retorica del<br />
tempo -. Più tardi lo si rintraccia sotto<br />
il nome di Bill, comandante partigiano<br />
nella divisione valtellinese della Brigata<br />
Garibaldi. Breve parentesi è un<br />
mese di prigionia a S.Vittore sul finire<br />
del conflitto.<br />
La montagna gli rimane nel cuore, sogna<br />
scalate alle vette della cordigliera<br />
andina. A Milano conosce l’alpinista<br />
Giusto Gervasutti e concorda con lui<br />
una spedizione in Cile. E’ il settembre