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La Nostra Famiglia con l'OVCI nel mondo

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<strong>La</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Famiglia</strong> <strong>con</strong> l’OVCI <strong>nel</strong> <strong>mondo</strong>


BRASILEANDATA E… RITORNO!Il 2 luglio, dopo aver passato tuttoil giorno precedente a cercare unaltro volo perché il nostro era statocancellato, siamo finalmente riuscitea partire: Chiara, Francesca, Moira eio. Destinazione Santana, una cittàalla foce del Rio delle Amazzoni, <strong>nel</strong>lostato di Amapà, <strong>nel</strong> Nord del Brasile.Per arrivare, tra un cambio aereo el’altro, ci sono voluti ben due giornidi viaggio! All’arrivo siamo state accoltedalle Piccole Apostole: Giovanna,Antonietta, Anna, Eline e Adriana.Quest’ultima è la responsabile delprogetto Colonia de Ferias che noi abbiamoaiutato a realizzare insieme adaltri volontari brasiliani. Quest’anno iltema è stato la vita di don Luigi: infattiil 20 agosto c’è stata la <strong>con</strong>sacrazionedella chiesa del bairro (quartiere)di Fonte Nova, a Santana, proprio albeato Luigi Monza. <strong>La</strong> Colonia coinvolgecirca 70 bambini dagli otto agliundici anni, dando loro la possibilitàdi giocare, di imparare cose nuove, divivere il mese di vacanza dalla scuolain modo diverso. In questo periodo,infatti, la loro principale occupazioneè costruire aquiloni da far volare alti<strong>nel</strong> cielo e da seguire correndo sullastrada, sui binari del treno o ancheEsperienzedi volontariato brevedalle paroledelle volontarie.sui tetti! <strong>La</strong> nostra giornata iniziavaabbastanza presto: sveglia alle 6.30,colazione e poi alla colonia per le7.30. I bambini erano già quasi tuttilì, anche se, una volta imparato dov’erala nostra casa, passavano primadi là, verso le 7, per darci il buongiorno.Per prima cosa si faceva l’appelloe poi tutti a fare colazione <strong>con</strong> latte ecacao e panino al burro. Durante lamattinata si facevano sia attività manualiche giochi, di solito uno italianoe uno brasiliano! Verso mezzogiornoc’era il pranzo e, una volta finito,verso le 12.30, tutti a casa! A questopunto potevamo pranzare noi volontaritutti insieme e poi ci si fermavaper vedere com’era andata la giornatae per preparare quella seguente.Soprattutto i primi giorni, si è fattosentire il problema della lingua: riuscivamoa capire abbastanza bene ilportoghese, ma non a parlarlo! Perquesto ci sentivamo poco utili e unpo’ sfiduciate, ma, tempo qualchegiorno e il problema non c’era più: imovimenti delle mani, le espressionidel viso, un sorriso fanno parte di unlinguaggio universale che molto spessocomunica tanto quanto le parolee i bambini <strong>nel</strong> cogliere questi segnisono davvero meravigliosi! Una domenica,dopo la messa, siamo andatea trovare i bambini <strong>nel</strong>le loro case.Molti di loro vivono sopra l’acqua suvere e proprie palafitte: c’è una passerelladi legno centrale e ai lati altrepasserelle che portano alle case, anch’essefatte di legno. In alcune zo<strong>nel</strong>e case sono fatte di mattoni, ma lestrade non sono asfaltate e c’è spessofango. Non sono molto grandi, cisono una o due stanze, ma in ogni famigliaci sono circa cinque o sei bambini,di cui, di solito, uno è appenanato e l’accoglienza è molto calorosa.Ci siamo chieste dove dormissero,dato che <strong>nel</strong>la maggioranza dei casic’è solo un letto o un divano e abbiamoscoperto che la sera appendonoalle pareti le amache! Quello che ciha stupito è che, però, in ogni casa cisono stereo e televisore. Il <strong>con</strong>trasto<strong>con</strong> la nostra realtà era più che evidentee all’inizio non è stato facile: 75


BRASILEI bambini del “Centro de saude pédiatrico P. Luiz Monza”.76un misto di rabbia e di tristezza siagitava dentro di noi. Ma procedendo<strong>nel</strong>la nostra avventura, visitando altriposti come la periferia della capitale,Macapà, o l’Elisbao (un quartiere costruitointeramente sull’acqua <strong>con</strong>taminatada cui gli abitanti non sene vogliono andare), o facendo unagita sul Rio, sulle cui sponde abitanomolte persone che vivono raccogliendola frutta e pescando, abbiamo capitoun po’ di più la loro cultura, ancoracosì legata alla natura e ai suoiritmi che poco ha a che fare <strong>con</strong> ilnostro modo di vivere. Il lavoro cheviene fatto al “Centro de saude pédiatricoP. Luiz Monza” ci ha colpito eci è piaciuto moltissimo proprio perquesto: innanzitutto perché è partitodall’osservazione della realtà locale,dove nas<strong>con</strong>o moltissimi bambini damamme spesso adolescenti e dove le<strong>con</strong>dizioni di igiene e di alimentazionenon sono adeguate, e in se<strong>con</strong>doluogo perché nulla delle cose che pernoi sono ormai diventate di routineviene dato per s<strong>con</strong>tato, dal preparareil corredino per il bambino all’insegnarecome prendere una medicina.Ci sarebbero ancora un sacco di coseda rac<strong>con</strong>tare, ma se sveliamo tuttochi partirà l’anno prossimo non avràpiù niente da scoprire! In un mesenon si possono fare grandi cose, mai sorrisi che ci hanno regalato i bambinidurante la colonia e le lacrime dialcuni di loro e dei volontari al momentodei saluti prima di tornare inItalia ci fanno sperare di aver fatto unbuon lavoro!Le volontarieEMOZIONI…Avevo sempre pensato di fare qualcosadi simile; volevo mettere le miecapacità al servizio degli altri, dove cene fosse bisogno e per una buonacausa, in qualsiasi parte del <strong>mondo</strong>,magari l’Africa... si, l’Africa mi hasempre attirato in modo particolare!Invece questa volta sul biglietto aereoc’era proprio scritto BRASILE...


Quando una persona pensa al Brasilegeneralmente pensa ai giocatoridi calcio (non dimenticheremo maila Finale di Coppa del Mondo Italia-Francia vista alle 16 del pomeriggio interra Brasiliana!) e alle spiagge di Riode Janeiro. Questo è l’immaginariocollettivo. Ma il Brasile non è davveroquesto, almeno quello che abbiamo<strong>con</strong>osciuto noi. È un paese dallegrandi <strong>con</strong>traddizioni, dalle grandisofferenze, ma anche dalla grande solidarietàe abnegazione dei missionari,<strong>con</strong>sacrati e laici che qui lavoranodavvero <strong>con</strong> passione e dedizione! <strong>La</strong><strong>Nostra</strong> <strong>Famiglia</strong> in Brasile fa un lavorodavvero squisito accanto alle mamme,da quando rimangono incinte sino aquando i loro bambini compiono 5anni. Davvero ammirabile la cura, lapassione e l’attenzione che viene loroposta, <strong>con</strong> estrema professionalità eserietà. C’erano altre tre volontarieitaliane, Lisa, Moira e Chiara, personeche <strong>con</strong> me hanno <strong>con</strong>diviso questomese in terra brasiliana e alle qualidevo un GRAZIE grandissimo per lospirito di adattamento e per la pazienzanei miei <strong>con</strong>fronti! Difficile sceglieredelle parole, mettere giù le frasipiù giuste per farvi capire quello cheabbiamo sentito, visto, vissuto, quelloche ci è penetrato dentro e che vivee vivrà <strong>nel</strong> nostro cuore per sempre!Dovreste proprio andarci...Il progetto<strong>La</strong> festa per la <strong>con</strong>sacrazionedella chiesa del bairrodi Fonte Nova, a Santana,al Beato Luigi Monza.su don Luigi Monza (tema scelto perla colonia di quest’anno) è stato davverobello e partecipato da tutti i bambinidella colonia. Si, i bambini dellacolonia sono il motore e la ricchezzapiù grande che abbiamo dentro! Queisorrisi, i loro occhi, il loro estremobisogno di affetto...Purtroppo la <strong>con</strong>dizionegenerale dell’infanzia e dell’adolescenza<strong>nel</strong>le favelas è terribile.Non esistono l’istituzione della famigliae strutture sociali, se non moltorelative. I tantissimi bambini cheabbiamo visto generalmente hannosolo la mamma o i nonni che si occupanodi loro. Sono bambini provati<strong>nel</strong> profondo da violenze, soprusi, abbandoni,già segnati per tutta la vitada situazioni dolorose, ma sempresorridenti e ricchi di gioia di vivere!Sono troppe le emozioni e le storieche vorrei rac<strong>con</strong>tarvi per poterleracchiudere tutte in poche righe. Adogni modo, abbiamo più o meno tuttila possibilità di usare internet quindi,chiunque volesse scrivermi per averpiù informazioni, <strong>con</strong>sigli, curiositàsarei davvero felice di allargare il cerchio:francivilla@virgilio.itFrancesca Villanovavolontaria 200677


78SUDANBOLLICINE…<strong>La</strong> volontaria Francafesteggia un annodi Sudan.Carissimi amici,giusto un anno fa, il 13 settembre2005, arrivavo a Juba, mia primissimaesperienza in un paese tanto lontanoe diverso dal mio.Cosa dire dunque di quest’anno? Èstato intenso, sicuramente, tante coseda imparare, scoprire, capire. È statoricco di emozioni, di sguardi, di sorprese,di attenzioni, tutte nuove! È statoanche faticoso, per la lontananza dagliaffetti, per un ambiente e uno stile divita che non mi appartengono, insommaper essermi sentita straniera in unpaese pur accogliente.Se dovessi descrivere oggi Juba <strong>con</strong>un’immagine, direi che sembra unabottiglia di Sprite!C’è un grandissimo movimento digente che arriva, parte, ritorna e poi riparte.Dopo oltre un anno dalla firmadella pace, da tutto il <strong>mondo</strong> stannoarrivando organismi, agenzie, affaristidi vario genere che vogliono farequalcosa per la popolazione che vivedavvero in una situazione di estremapovertà.C’è una grandissima presenza diagenzie ONU, che hanno il compitodi monitorare il processo di pace. Persvolgere questo compito hanno portatoa Juba un immenso apparato diaerei, elicotteri, camion, tir, macchine,<strong>con</strong>tainer ecc. Un vero impero!E in tutto questo fermento la gentedi Juba cosa fa? <strong>La</strong> gente poverae semplice sta a guardare, attonita,sorpresa, <strong>con</strong> un misto di fiducia e dipreoccupazione, ma soprattutto <strong>con</strong>una infinita pazienza. Nella loro vitaquotidiana nulla è cambiato, vivonosempre <strong>nel</strong>le capanne, bevono ancoral’acqua del Nilo piena di virus e di batteri,non hanno elettricità, <strong>con</strong>tinuanoa morire per una banale bronchiteperché mancano medicinali. Certo,ora devono anche stare attenti a camminareper strada, perché le centinaiadi macchine delle Nazioni Unite e deglistranieri in genere hanno creato untraffico incredibile e poco <strong>con</strong>trollato.<strong>La</strong> gente povera di Juba non puòfare altro, perché non ha soldi, non haistruzione, non ha competenze specifiche;l’unica vita che <strong>con</strong>osce è quelladelle capanne e nessuno pare in gradodi “fare formazione”.<strong>La</strong> gente meno povera di Juba, invece,quella che - per intenderci - inpassato faceva parte dell’esercito oppureha avuto l’opportunità di usciredal paese e di studiare in Canada,Inghilterra o Kenya, adesso ricoprei posti di governo nei vari Ministeridel Sud Sudan. Alcuni di loro, e sonola maggior parte, stanno davvero lavorandoper dare un volto nuovo alloro paese, per iniziare un processodi sviluppo che possa portare allagente una qualità di vita diversa. Fannoun po’ tenerezza perché a voltesembrano persone che hanno decisodi scalare una grande montagna, manon hanno scarponi, né chiodi, népiccozze e per di più c’è anche qualcunoche gli tira i sassi... Ma vanno


avanti lo stesso, <strong>con</strong> determinazione,<strong>con</strong> fiducia, e <strong>con</strong> rischio. Come nonammirarli?Vorrei chiedervi di fare un po’ iltifo per questo Sud Sudan, perché lasfida che ha davanti è davvero grandee il compito decisamente non facile. Imezzi che hanno a disposizione sonopochi e non parlo solo di mezzi e<strong>con</strong>omici,c’è anche una grande povertàculturale, educativa, di <strong>con</strong>oscenze.Negli ultimi quindici anni Juba è vissutaisolata dal resto del <strong>mondo</strong>, tuttele strade di collegamento sono stateminate, gli unici stranieri presentierano i volontari della Croce Rossa ei volontari di OVCI la <strong>Nostra</strong> <strong>Famiglia</strong>.Per questo hanno bisogno del nostrosostegno, di qualcuno che camminiancora accanto a loro <strong>con</strong>dividendo iloro progetti e supportando i loro sforzi,perché della bottiglia di Sprite nondevono rimanere solo le bollicine!!!Un anno a Juba è davvero pochissimoper capire dove si è, cosa e comesi può fare per <strong>con</strong>oscere la gente e laloro cultura.Mi è bastato però per capire che sipuò voler bene a questa gente, sì insomma,vale la pena <strong>con</strong>dividere <strong>con</strong>loro un pezzo di vita, vale la pena volerloro bene, perché abbiamo bisogno gliuni degli altri.Franca Cattorinivolontaria a Juba 79


ECUADOR80il caso di dirlo, ci sono stati piccolie grandi passi. ÈI piccoli passi che sta facendo ilprogetto OVCI di Riabilitazione Basatasulla Comunità (CBR) qui adEsmeraldas; quelli che sta facendoil centro di riabilitazione NuestraFamilia <strong>nel</strong> cercare di risponderealla domanda di aiuto ed appoggiodi un sempre più numeroso gruppodi mamme di bambini disabili;e quelli che potranno finalmentefare alcuni bambini operati daldott. Alberto Zamperoni. Propriocosì, anche quest’anno, dal 5 al 17giugno, abbiamo ricevuto la graditissimavisita di Alberto Zamperonie Celestina Tremolada.OVCI e il centro di riabilitazioneNuestra Familia hanno organizzatouna serie di interventi chirurgiciin un ospedale locale (l’unico diEsmeraldas provvisto di sala operatoria),interventi che il dott. Zamperoniha eseguito <strong>con</strong> l’aiuto didue medici locali (un ortopedico edun anestesista). Sono stati operati12 bambini, soprattutto <strong>con</strong> pieditorti, che adesso avranno la possibilitàdi camminare, di correre e digiocare a pallone come tutti i loroA PICCOLI PASSIamici.Molto spesso i pochi fortunatiche arrivano al centro Nuestra Familiaci arrivano comunque tardi;le cause sono molte, complesse eradicate: poca sensibilità della genterispetto al tema della disabilità,povertà e<strong>con</strong>omica e culturale, incompetenzadei medici e del personalesanitario, ecc.Significativa è la storia di Karen.Sei anni, occhi come due grandi perlecolor ebano, vive ad Isla Piedad(Isola Pietà, il nome è abbastanzasignificativo), la favela più grandedella città, giù lungo il fiume. Unabambina normale come i tanti altribambini che ogni giorno nas<strong>con</strong>oin questo posto che a volte sembradimenticato da Dio e dagli uomini,se non fosse per i piedini storti chenon gli permettono di camminarecome tutti gli altri. Karen è nata <strong>con</strong>questa malformazione <strong>con</strong>genita equindi la mamma, ragazza madremolto giovane <strong>con</strong> problemi di dro-


ga ed alcol, la rinchiude in casa inuna stanza non permettendole direlazionarsi <strong>con</strong> le altre persone.È arrivata pochi mesi fa, a 5 anni,grazie a Germania, una promotricedel progetto CBR di OVCI, che l’haaccompagnata al Centro di Riabilitazioneed è riuscita a far capiread alcuni zii della piccola che anchelei è importante ed ha bisognodi cure, anche se ha i piedi stortie cammina male. Il medico delCentro di Salute del quartiere avevadetto che la bambina aveva un tumoreai piedi (la diagnosi precocequi è un miraggio, manca spesso lacapacità di ri<strong>con</strong>oscere anche unasemplice malattia).Ora è stata operata e, se gli ziisaranno costanti al trattamento <strong>con</strong>gessi e terapia, tra qualche tempo,nei giorni di festa, Karen potrà mettersiun paio di scarpe come tuttigli altri suoi coetanei. In questacultura costanza e perseveranzasono una sfida: è difficile, ma nonimpossibile.È stata, e <strong>con</strong>tinua comunquead essere, un’esperienza bella perquesti bambini e per le loro famiglie,che vedono riaccendersi laluce della speranza. Un’esperienzabella per il personale locale, medicie terapisti di Esmeraldas, che hannopotuto far tesoro della grandecapacità professionale che Alberto eCelestina, il primo come ortopedicoe la se<strong>con</strong>da come fisioterapista,hanno messo a loro disposizione:oltre a far entrare personale localein sala operatoria a scopo didattico,abbiamo organizzato un seminariosul “Trattamento chirurgico e riabilitativodel piede torto <strong>con</strong>genito”e una giornata di formazione sul“Confezionamento di docce gessatee gessi di posizione”. Un’esperienzabella per noi italiani, perché quandosuccedono queste cose è più faciletrovare il senso del nostro staree vivere in questo posto nonostantele <strong>con</strong>traddizioni e le difficoltà.<strong>La</strong> speranza grande e l’obiettivodel nostro progetto è che un giornosi possa fare a meno di ortopedici,anestesisti e fisioterapisti italiani.Significherà che saremo riusciti aformare professionisti locali capacie competenti e che queste personeavranno trovato in sè la forza e lerisorse per mettersi in piedi e, apiccoli passi, camminare verso ilproprio futuro.Alberto PietrobonFisioterapista, volontario OVCI 81


CINA82Marco Sala (Ufficio progetti) eCelestina Tremolada (DeskOfficer Cina) sono stati in Cina (24luglio – 4 agosto) per verificare leprospettive di un futuro nuovo impegnoOVCI in loco, visitando <strong>con</strong>me le diverse realtà che nei mesiscorsi avevano espresso il desideriodi collaborare <strong>con</strong> il nostro organismo.Abbiamo in<strong>con</strong>trato situazionimolto diverse fra loro: da una piccolama significativa associazio<strong>nel</strong>ocale di volontari che opera sulterritorio, ad una Casa <strong>Famiglia</strong> perbambini disabili, ad un costruendoCentro di Riabilitazione che si proponedi diventare un riferimentoimportante per gli orfanotrofi (inmolti dei quali la parola “riabilitazione”e ciò che essa implica sistanno solo ora affacciando).In questi ultimi dieci anni sonoaumentate la sensibilità e l’attenzioneverso i problemi dei disabili,specialmente dalla base: c’èchi mettendosi in gioco in primapersona (penso ad esempio allaCasa <strong>Famiglia</strong> fondata da Tina, unagiovane cinese) diventa come un“pungolo”, un costante richiamoMonica Mongodi al Centrodi Riabilitazione per bambinidisabili di Fang Shan,dove operano i volontari OVCI.anche per le istituzioni.<strong>La</strong> “sete di riabilitazione” - chepoi è domanda di relazione, di senso,di vita - può essere espressa daquella mamma che tre volte allasettimana pedala per 18 km (fraandata e ritorno) portando la figliasul carrettino dietro la biciclettaperché possa frequentare la scuolettaorganizzata dall’Associazionedi volontari in un villaggio…54 kmdi amore, e ne farebbe anche il triplose fosse necessario.Credo che Marco e Celestinaabbiano riportato in Italia, comecostante “sottofondo” alle richiestedi formazione professionale edi accompagnamento organizzativoin senso stretto, proprio questa domanda.Speriamo quindi di poter <strong>con</strong>tinuare,<strong>con</strong> l’aiuto di tutti, “l’avventura”di OVCI <strong>La</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Famiglia</strong> inCina.Monica MongodiCapo Progetto OVCI in Cina


PALESTINADopo un mese di formazione a <strong>La</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Famiglia</strong> in ItaliaMi chiamo Rana Dallal, ho 22anni. Il 21 giugno 2006 mi sonodiplomata in Terapia del linguaggioe audiologia presso la “Jordan Universityof Science and Technology”.A settembre ho iniziato a lavorare<strong>nel</strong> reparto di audiologia del BASR(Betlehem Arab Society for Rehabilitation)Centre a Betlemme e viresterò per i prossimi due anni. Perprepararmi a questa esperienza,mi è stata <strong>con</strong>cessa l’opportunità divenire in Italia per un mese di formazioneda effettuarsi <strong>nel</strong>le sedi de<strong>La</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Famiglia</strong>. <strong>La</strong> mia avventuraè iniziata il 23 giugno 2006.Ho trascorso le prime due settimanedi stage <strong>nel</strong> Centro di BosisioParini, dove ho potuto osservaremolti bambini <strong>con</strong> diversitipi di problemi uditivi, alcuni deiquali dovuti a problemi neurologici.Ho avuto, inoltre, l’opportunitàdi vedere pazienti adulti affetti dadisturbi vestibolari e di assistere amolti test audiologici. Questo primoperiodo è risultato molto utilealla mia formazione e tutti si sonodimostrati gentili e disponibili <strong>nel</strong>seguirmi. Un ringraziamento particolareva alle persone che si sono Oltre che utile da un punto diprestate a farmi da traduttori <strong>nel</strong>le vista professionale, il mio soggiornoin Italia è risultato molto pia-varie sedute di formazione.Ho trascorso la terza settimana cevole: ho visto Venezia, Milano,di stage a <strong>La</strong> <strong>Nostra</strong> <strong>Famiglia</strong> di San Como e Pordenone, ho <strong>con</strong>osciutoVito al Tagliamento, dove ho trovato nuovi amici e ne ho rivisti di vecchi.Grata per questa opportunità ela stessa macchina per audiometriepresente al BASR Centre. Qui per la splendida accoglienza, desideromandare un affettuoso salutoho potuto effettuare una ventina diaudiometrie, timpanometrie e test a tutti coloro che ho in<strong>con</strong>trato indei riflessi acustici su bambini dai questo periodo.4 ai 6 anni, alcuni dei quali sordi,altri <strong>con</strong> problemi di linguaggio oneurologici. Ho avuto anche mododi frequentare per quattro giornila sede “Amplifon” di Pordenone,dove vengono venduti apparecchiacustici. Ho potuto visionare molticataloghi di protesi acustiche eassistere alla selezione dello strumento,alla sua programmazioneed applicazione per diversi pazientiadulti. Purtroppo, non ho potutosfruttare al meglio questa esperienzaper problemi di lingua.Infine, sono rientrata a BosisioParini dove ho trascorso gli ultimiquattro giorni del mio soggiorno effettuandoaltri test audiometrici edassistendo a sedute di logoterapia. 83

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