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La foglia aldina. Persistenza di un ornamento - Il Covile

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19 aprile 2010 d<strong>Il</strong> <strong>Covile</strong>fgiante e app<strong>un</strong>tita dei rami fertili, i rami cheprodurranno fiori insignificanti e frutti velenosi.E proprio il duplice e insolito sviluppovegetativo <strong>di</strong> questa pianta suggerisce l’idea <strong>di</strong><strong>un</strong>a sua doppia natura: “nata due volte” cosìcome la più ambigua e contrad<strong>di</strong>ttoria <strong>di</strong>vinitàantica, Dioniso. Luce e oscurità, calore efreddezza, ebbrezza vitale e soffio mortifero;a lui era sacra questa pianta come a lui era sacroil serpente che per il suo incedere strisciantee subdolo fu da sempre assimilato all’edera.Ma dove la “<strong>foglia</strong> <strong>al<strong>di</strong>na</strong>” appare più ambiguaè nel secondo termine della sua definizione,in quel riferimento ad Aldo Manuzio,come fosse stato lui ad usare per primo questo<strong>ornamento</strong>. Stanley Morison nel 1923 suFleuron, trattando <strong>di</strong> fiori ed arabeschi tipografici,presentava <strong>un</strong> elenco <strong>di</strong> ornamenti <strong>di</strong>stampa e <strong>di</strong> rilegatura presenti nei libri delXVI secolo; a proposito del primo <strong>di</strong> essi, app<strong>un</strong>tola <strong>foglia</strong> <strong>al<strong>di</strong>na</strong>, ne segnalava la presenzasulla rilegatura <strong>di</strong> <strong>un</strong> libro pubblicato nel1499 dal Manuzio. Trent’anni più tar<strong>di</strong>, ancorail Morison, <strong>un</strong>o dei più autorevoli espertidel ‘900 sull’argomento, scrisse che la <strong>foglia</strong>era conosciuta come “<strong>al<strong>di</strong>na</strong>” non già perchéil Manuzio l’avesse usata come carattere tipograficoma perché sovente veniva impressasulle legature in pelle dei suoi libri. I legatorid<strong>un</strong>que, e non i tipografi, furono i veri pionieridel gusto delle decorazioni a motivo floreale:foglie, fiori, frutti oltre a vari ornamentiarabescati e <strong>di</strong> fantasia. Incisi su p<strong>un</strong>zoni,furono chiamati “ferri al<strong>di</strong>ni” o semplicemente“al<strong>di</strong>” ma sono ad<strong>di</strong>rittura anteriori alManuzio e non furono certo <strong>un</strong>a sua invenzione.Una forma <strong>di</strong> appropriazione indebitaanche se inconsapevole, quella del Manuzio,<strong>un</strong>a sorta <strong>di</strong> plagio “passivo”: prendersi <strong>un</strong>merito che non si ha ma che non si è in con<strong>di</strong>zione<strong>di</strong> rifiutare. E <strong>di</strong> plagi, più o meno passivi,la storia dei caratteri è piena.<strong>La</strong> celebre marca tipografica <strong>di</strong> Aldo ManuzioVari anni trascorsero prima che dal ferro deip<strong>un</strong>zoni si passasse al piombo dei caratterimobili e che la “<strong>foglia</strong> <strong>al<strong>di</strong>na</strong>” fosse usata nellacom<strong>un</strong>e stampa tipografica come riempitivo<strong>di</strong> riga, come separatore <strong>di</strong> paragrafi o come,in gruppi multipli, segnale <strong>di</strong> inizio o fine deltesto. Un uso, quasi <strong>un</strong>a moda, che si <strong>di</strong>ffusefra gli stampatori l<strong>un</strong>go tutto il corso del cinquecento;poi, come tutte le mode, già dall’iniziodel secolo successivo conobbe <strong>un</strong> rapidodeclino e sarebbe forse stata <strong>di</strong>menticata se nel1920 non fosse stata riscoperta e rivalutata inoccasione dell’incisione dei nuovi caratteriGaramond. Da allora la <strong>foglia</strong>, “nata due volte”come il <strong>di</strong>o cui era sacra, grazie anche allenuove tecnologie e al <strong>di</strong>ffondersi dei mezzi <strong>di</strong>com<strong>un</strong>icazione, si andò sempre più affermando.Oggi chi lavora o si <strong>di</strong>verte col computerha la possibilità <strong>di</strong> scegliere fra <strong>un</strong> <strong>di</strong>scretonumero <strong>di</strong> versioni anche se la migliore, almenofra le moderne, ci sembra com<strong>un</strong>que la nostra,quella del’ITC Zapf Dingbats, capolavorodell’allora sessantenne Hermann Zapf 1 .1 Su Hermann Zapf ve<strong>di</strong> <strong>Il</strong> <strong>Covile</strong> N° 539.3

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