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LA POLITICA ESTERA DEL FASCISMO DAL 1929 AL 1939

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<strong>LA</strong> <strong>POLITICA</strong> <strong>ESTERA</strong><strong>DEL</strong> <strong>FASCISMO</strong> <strong>D<strong>AL</strong></strong> <strong>1929</strong> <strong>AL</strong> <strong>1939</strong>ANNO ACCADEMICO 2012 - 2013


La duplicità del fascismoIl governo di Roma, tra il 1925 e il 1928, appariva alle forzeconservatrici del sistema capitalistico come un elemento di stabilitàsociale ed economica: di qui gli accordi per la sistemazione dei debitidi guerra, l'appoggio finanziario americano, la politica di amicizia per ilgoverno Mussolini svolta dal '25 in poi per alcuni anni dai governi diLondra e di Washington, senza contare le simpatie, sia spontanee siafomentate dalla stessa propaganda fascista, di cui Mussolini godevanegli ambienti conservatori e moderati d'Europa e d'America.


La duplicità del fascismoIl fascismo aveva contribuito a diffondere e a potenziare in Italia il malcontento per la “vittoriamutilata”, le aspirazioni al dominio dell'Adriatico, l'ostilità per la Jugoslavia, le propensioniimperialistiche verso il Vicino Oriente e l'Africa, il contrasto con la Francia, dovute sia aquestioni non risolte, sia per la presenza in Francia di numerosi esuli antifascisti. Masoprattutto la propaganda fascista insisteva con un continuo martellamento sul presuntodiritto del popolo italiano all'espansione motivandolo con le giustificazioni ideologicheche derivavano dall'impronta nazional – imperialista del fascismo.Ma da cosa deriva questa duplicità della politica estera fascista?Da un lato mirava a conservare l'ordine sociale esistente e dall'altro aveva una carica eversiva sul terrenointernazionale derivante dall'esasperazione nazionalistica e dall'esaltazione della violenza e della guerra.A questi caratteri si devono aggiungere come corollari ineliminabili l'odio per il socialismo e ilcomunismo e il disprezzo per la democrazia, il liberalismo, il pacifismo e l'umanitarismo in generale.


Emigrazione e fasci all'estero“Se io debbo dirvi la verità ed il mio pensiero, io non sono entusiastadell'emigrazione: è una necessità triste e dolorosa che si può subire […].D'altra parte, non si può impedire il fenomeno emigratorio, perché i milioni diitaliani che vanno all'estero servono a stabilire relazioni economiche ecommerciali con la madrepatria. […]Si è dunque venuti nell'ordine di idee di tutelare l'emigrazione,di selezionarla e di aiutarla.Per questo è stato creato l'Istituto di finanziamento per il lavoro italianoall'estero”.


Emigrazione e fasci all'esteroNon era casuale il riordino dei fasci all'estero, che a partire dal 1928 venneroinquadrati non più nelle strutture del Partito fascista, ma direttamente in quelle delministero degli Esteri.Si decise di creare un'apposita struttura ausiliaria del Partito nazionale fascista, i fasciitaliani all'estero, con l'idea non solo di monopolizzare la rappresentanza politicaintegrale degli italiani emigrati ma anche di trasformare l'emigrazione in unacomponente attiva della presenza italiana nei paesi ospitanti.


Emigrazione e fasci all'esteroIn primo luogo la necessità di contrastare non solo la propaganda antifascista tra i lavoratoriemigrati ma anche il complesso delle attività associative che si erano sviluppate all'esterocome, ad esempio, in Francia e in Belgio.Una seconda motivazione derivò dalla necessità per il governo fascista di penetrare pressol'opinione pubblica internazionale presso un pubblico che da una troppo forte presenza diemigrati italiani era portato a identificare l'immagine dell'Italia con quella che venivarappresentata dai circoli dell'emigrazione.Fondati ancora prima della marcia su Roma – è il caso del fascio di New York, di Londra, diLugano e di Parigi – ad opera di vecchi nazionalisti o di ex combattenti emigrati a causa delladisoccupazione dell'immediato dopoguerra.


Dino Grandi alla FarnesinaNel periodo in cui Grandi fu ministrodegli esteri vi fu un innegabileavvicinamento dell'Italia agli StatiUniti – dove il presidente RyanHoover e più ancora il segretariodi Stato Henry Stimson tendevanoad attenuare l'isolazionismo ancorapresente nel Congresso e nel Paese– e all'Inghilterra.


La Conferenza di LondraDurante la conferenza navale di Londra (gennaio-aprile 1930), riunita allo scopo di stabilireuna proporzione tra le forze delle maggiori potenze navali (Stati Uniti, Gran Bretagna,Giappone, Francia, Italia) per quanto riguardava il naviglio leggero, Grandi riuscì adimpedire un accordo navale anglo-francese e il riconoscimento di una superiorità dellaFrancia rispetto all'Italia in questo settore degli armamenti navali.La conferenza di Londra si concluse quindi con un accordo tra Stati Uniti, Inghilterra eGiappone e col rinvio della questione del rapporto di forze tra Francia e Italia, che però nonvenne mai risolta perché fallì un tentativo di accordo nel 1931.


Il viaggio di Stimson in EuropaNel luglio del 1931, in vista della preparazione della conferenza generale per il disarmo (che sisarebbe aperta nel febbraio 1932), Stimson si recò nelle principali capitali europeecominciando proprio da Roma.Nei suoi incontri con il segretario di Stato Grandi propose come avvio alla conferenza unamoratoria generale sugli armamenti, analoga alla moratoria dei debiti intergovernativi propostapoco prima dal presidente Hoover. Questa proposta fu appoggiata dal governo di Washingtonche lavorò – come in effetti accadde – per farla accettare da tutti gli altri partecipanti allaconferenza sul disarmo.


Il viaggio di Grandi negli USAFu poi Grandi nel novembre 1931 a recarsi negli Stati Uniti e riuscì a rafforzare in una certamisura la collaborazione italo-americana in vista di una politica più impegnativa degli StatiUniti nelle questioni europee.Il suo programma era così riassumibile: revisione concordata di alcune clausole del trattato diVersailles, che sancivano l'inferiorità militare e l'obbligo delle riparazioni per la Germania, alloscopo di creare in Europa una situazione di equilibrio tra le maggiori potenze, nella qualel'Italia avrebbe potuto far sentire il suo peso determinante.


Il tramonto di Grandi e della stabilitàL'impostazione di Grandi era destinata a crollare sotto i colpi dell'aggravarsi della crisieconomica che tra il 1931 e il 1932 impedì a Hoover e Stimson di impegnarsi più a fondonelle questioni internazionali e facilitò la vittoria elettorale di Roosevelt, che per un certotempo mirò ad un maggiore disimpegno degli Stati Uniti dalle questioni economiche epolitiche del vecchio continente.La crisi fece precipitare rapidamente la situazione tedesca e favorì l'avvento di Hitlerprovocando un aggravamento delle tensioni internazionali. Vi era poi un altro problema che siconcretizzò poco dopo. La politica di Grandi non offriva la possibilità di rapidi successi e nonpiaceva quindi a molti gerarchi fascisti e, di conseguenza, Mussolini decise di dare una sterzataalla politica estera in un senso che contrastava in gran parte con l'indirizzo dato da Grandi.


Nuovi orizzonti alla FarnesinaIl 20 luglio 1932, pochi giorni dopo la chiusura della conferenza di Losanna in cui la posizionedi Grandi risultò indebolita perché gli Stati Uniti rifiutarono la richiesta avanzata dallaGermania di procedere alla totale remissione dei debiti di guerra, il capo del fascismo avviòun rimpasto nella compagine governativa ed assunse di nuovo il ministero degli esteri, dicui nominò sottosegretario Fulvio Suvich.In sostanza, “Mussolini giudicò che la situazione dell'Europa, sebbene gravida dipericoli, potesse offrire alla politica estera fascista nuove possibilità di manovra […] eche fosse necessaria una guida più ardita di quella attuata fino a quel momento daGrandi”.


Mussolini e l'ascesa di Hitler“Mussolini guardava con un misto di paura e di speranza alla riascesa della Germania, chedoveva procurare all'Italia una libertà d'azione sconosciuta fino ad allora, utilizzabile per lesue mire espansionistiche, ma che al tempo stesso poteva anche avere ripercussioniincalcolabili sull'Europa centrale e sudorientale, soprattutto sull'Austria e sull'Alto Adige”.Questo atteggiamento del Duce si manifestò già nel 1932, ma dopo l'avvento di Hitler apparvechiaro che tra la Germania nazionalsocialista e l'Italia fascista esistevano al tempo stessomotivi di collaborazione e di contrasto.


Le affinitàInnanzitutto l'affinità ideologica tra nazionalsocialismo e fascismo.In secondo luogo si deve considerare il fatto che Hitler, fin dal 1922, avevasostenuto e più volte ribadito di essere favorevole ad un'alleanza italotedescagarantita dalla rinuncia tedesca all'Alto Adige.In terzo luogo la volontà nazista di ottenere ad ogni costo la revisione deltrattato di Versailles o addirittura la cancellazione di esso metteva in crisi lastabilità della situazione europea ed allargava i margini di manovra delladiplomazia italiana.


I contrastiMa proprio questo motivo di collaborazione poteva divenire il più grave elemento dicontrasto se da parte tedesca l'esigenza revisionistica fosse stata portata avanti controppa fretta e troppa energia, perché l'Italia sarebbe stata costretta a compieretroppo presto una scelta che voleva rimandare tra la Germania e il blocco francoinglese.Secondo motivo di contrasto era la volontà di Hitler di attuare l'Anschluss, checonsiderava un obiettivo irrinunciabile.Infine un terzo motivo di contrasto, già delineatosi prima dell'avvento di Hitler alpotere, era la tendenza tedesca all'espansione verso l'Europa danubiana e balcanica


Il patto a quattro“La genesi del Patto è un'altra. Come è stato chiarito in occasione della suapresentazione e successivamente, come risulta dallo stesso testo, il Patto si collegaed intende di costituire una continuazione e uno sviluppo degli atti internazionaliche più compiutamente esprimono lo spirito di intesa e di collaborazione fra Stati,ad esclusione di ogni idea di raggruppamenti contrapposti o di finalità politicheantagonistiche”.Mussolini, ben conscio che i tempi per una radicalizzazione della situazione europeanon erano ancora arrivati, decise di provare a silenziare il “pericolo Hitler” lanciandonel marzo del 1933 la proposta di un patto a quattro tra Francia, Germania, Inghilterrae Italia.


Il patto a quattroQuesta sorta di “concerto europeo” avrebbe dovuto nel progetto mussoliniano realizzare ilprincipio della revisione dei trattati nell'ambito della Società delle nazioni e assicurare allaGermania in modo graduale la parità dei diritti nel caso che la conferenza del disarmoconducesse soltanto a risultati parziali.Ma il disegno mussoliniano non andò a buon fine: le potenze europee primaaccordarono alla Germania hitleriana il raggiungimento graduale della parità negliarmamenti e, poi, dovettero subire la fuoriuscita di quest'ultima dalla Società dellenazioni e dalla stessa conferenza sul disarmo. In sostanza, Hitler dimostrò di nontenere in alcun conto le velleità mediatrici del duce e volle procedere per la sua stradasenza alcuna considerazione per la politica italiana.


La questione austriacaIl cristiano-sociale Engelbert Dollfuss,divenuto cancelliere nel 1932, si trovòdopo l'avvento di Hitler a dover lottarecontro i nazisti austriaci.Dollfuss chiese appoggio alle potenze europeee da parte italiana si suggerì al cancelliereaustriaco di eliminare il partito socialista e dicostituire insieme alle forze di destra nonnaziste un governo di tipo fascista: l'unicaprotettrice dell'Austria fascistizzata sarebbedovuta essere l'Italia fascista.


Contrasti italo-tedeschiDopo che nel febbraio del 1934 Dollfuss aveva soffocato nel sangue unamanifestazione di operai socialdemocratici viennesi, a Roma vennero firmati treaccordi politici ed economici tra Austria, Italia ed Ungheria che sancivanol'integrità e l'indipendenza dell'Austria.I protocolli di Roma avevano però irritato Hitler in persona che chiese ed ottenne unincontro con Mussolini che avvenne a Venezia tra il 14 e il 15 giugno.


L'assassinio di DollfussNonostante la volontà italiana, gli eventi procedettero rapidamente: il 25 luglio – mentre lafamiglia del cancelliere austriaco si trovava a Rimini ospite dello stesso Mussolini –Dollfuss venne ucciso da un gruppo di nazisti che si era impadronito del palazzo dellacancelleria nel pieno centro di Vienna.Anche se le forze governative reagirono duramente reprimendo gli altri moti nazistiscoppiati nelle province, Mussolini, la sera stessa del 25 luglio, ordinò che quattrodivisioni prendessero posizione al confine del Brennero e del Tarvisio, pronte adintervenire eventualmente in Austria.


L'Anschluss è rimandatoDi fronte ad una così decisa reazioneitaliana, Hitler decise di sciogliere ilgruppo nazista austriaco e dilicenziare il suo capo, TheodorHabicht, ma senza però rinunciareall'annessione dell'Austria.


Il trattato Mussolini - LavalLa nuova situazione di incertezza favorì un innegabile riavvicinamento tra le duenazioni. Nei primi giorni del settembre 1934 fu annunciato che in ottobre ilministro degli esteri francese Louis Barthou si sarebbe recato a Roma per portareavanti le trattative con l'Italia, ma il 9 ottobre fu assassinato da un gruppo di ustačacroati mentre stava ricevendo a Marsiglia re Alessandro di Jugoslavia.“Il nuovo ministro degli esteri francese [Pierre] Laval era uomo assai piùspregiudicato del suo predecessore […] e più propenso di questo a concludererapidamente l'accordo con l'Italia”, soprattutto “perché le relazioni tra Roma eBelgrado divennero nuovamente difficili e Laval giudicò opportuno rinunciare in quelmomento ad abbinare un accordo italo-jugoslavo a quello italo-francese”.


Il trattato Mussolini - LavalLe ultime non lievi difficoltà vennero superate nei colloqui tra Lavale Mussolini avvenuti a Roma tra il 4 e il 7 gennaio 1935, giornoin cui gli accordi furono firmati. Il capo del fascismo così salutòla rinnovata collaborazione tra Roma e Parigi:“La vostra venuta, signor Laval, rappresenta un concretosegno di riavvicinamento italo-francese, che il vostroillustre predecessore e voi da un lato e io dall'altroabbiamo a lungo perseguito avendo di mira alcuni scopicomuni, i quali, trascendendo la sfera dei rapporti italofrancesi,assurgono a un significato più vasto in sensoeuropeo. Noi abbiamo lavorato avendo come meta unasistemazione di questioni contingenti che concernevano inostri due paesi e anche una consacrazione di quei valoriideali che ci vengono dalla comunanza delle origini e dicui i popoli hanno massimamente bisogno in epoche didisagio e di incertezza come l'attuale”.


I tre punti dell'accordo1) La “dichiarazione generale”, che venne resa pubblica, prevedeva che i due governi,in caso di controversie future, avrebbero cercato di risolverle per via diplomaticaoppure mediante le procedure stabilite dal patto della Società delle nazioni;2) Nel “processo verbale” i due governi proponevano la stipulazione di un accordo di“non ingerenza” tra Italia, Germania, Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia edAustria, aperto all'adesione della Francia, della Polonia e della Romania;3) Tramite il “protocollo sul disarmo”, che rimase segreto, i due governi affermavanoche la Germania, “come ogni altra potenza il cui statuto d'armamento fosse statodefinito da un trattato”, non poteva modificare in modo unilaterale i suoi obblighiin materia di armamenti.


Verso la guerra d'EtiopiaÈ ora necessario fare un piccolo salto fino al 1925. Nella seconda metà di quell'anno Mussoliniriprese completamente nelle sue mani la direzione della politica estera ed una delle sueprime mosse, come testimonia la seguente missiva indirizzata l'8 luglio al ministro delleColonie Pietro Lanza di Scalea, riguardava proprio l'atteggiamento futuro da tenere neiconfronti dell'impero etiopico:“Prepararsi militarmente e diplomaticamente e approfittare di un eventualesfasciamento dell'impero etiopico. Nell'attesa, lavorare in silenzio, sin dovesia possibile in collaborazione con gli inglesi,e cloroformizzare il mondo ufficiale abissino”.


Verso la guerra d'EtiopiaLa svolta vera e propria si ebbe nel 1932,quando il generale Emilio De Bono,nuovo ministro delle colonie, fuincoraggiato da Mussolini a mettere allostudio una guerra di aggressione.Ad accelerare i preparativi, intervenne unepisodio del tutto imprevisto: il 5 dicembre1934, intorno ai 359 pozzi petroliferi di UalUal divampò una furiosa battaglia con unbilancio finale particolarmente pesante: 107morti e 45 feriti da parte etiopica, 21 morti e61 feriti da parte italiana.


L'escalation diplomaticaIn seguito alla richiesta italiana di riparazionisempre più gravose ed umilianti, il NegusHailé Selassié ben comprese cheMussolini era intenzionato a sfruttarel'incidente di Ual Ual per realizzare i suoipiani di espansione.Il 24 dicembre autorizza De Bono a partireper l'Eritrea, con l'incarico di allestire il corpodi spedizione. Il 27 ordina la mobilitazione inSomalia e quella parziale in Eritrea. Il 30,infine, consegna ai suoi collaboratori piùvicini un promemoria “segretissimo” di 1200parole dal titolo Direttive e piano d'azione perrisolvere la quesitone italo-abissina”


I preparativi abissiniIl Negus fu costretto ad ordinare la mobilitazione generale e a cercare le arminecessarie per difendere il suo impero ormai minacciato. Proprio quest'ultimoaspetto è particolarmente significativo del clima dell'Europa dell'epoca: la partitad'armi più importante giunse a Gibuti sulla nave inglese Santa Maria ed eracomposta da 30 moderni cannoni anticarro tedeschi.“Si, è assolutamente vero che Hitler ha fornito all'Etiopia alcuni carichi d'armi acredito. Tuttavia non è chiaro se egli abbia agito per opporsi a Mussolini oppure peraltri motivi”.


L'intromissione di HitlerIn effetti Hitler aveva tutto l'interesse che l'Italia rimanesse impegnata in Africa il più a lungopossibile, si logorasse in un interminabile conflitto con l'Etiopia, al punto da esserecostretto ad abbandonare la protezione sull'Austria, che il Terzo Reich intendeva annettere.Per questo motivo egli non esitò, nel corso del 1935, a rifornire segretamentel'Abissinia di ogni tipo di armi, con l'intento di rafforzarne la capacità di resistenza.


Mussolini alza il tiroMussolini nel frattempo pronunciava discorsi infuocati, come quello del 14 maggio 1935 difronte al Senato, in cui lasciava poco spazio all'immaginazione:“Ritengo che un totale di 800-900 mila soldati sia sufficiente a garantire la nostrasicurezza. Sono uomini perfettamente inquadrati, con un morale che si può richiamaresenza esagerazione superbo, e muniti di armi sempre più moderne, fabbricate dallenostre industrie di guerra, le quali, non svelo un segreto, lavorano da alcuni mesi inpieno”.


Mussolini alza il tiroE l'8 giugno, a Cagliari, rincarò, se possibile, la dose:“Abbiamo dei vecchi e dei nuovi conti da regolare: li regoleremo […]. Se il Regimedelle Camicie Nere chiama la gioventù d'Italia alle armi, lo fa perché è suo strettodovere e perché si trova dinanzi a una suprema necessità. Tutto il popolo italiano losente e tutto il popolo è pronto a scattare come un solo uomo, quando si tratta dellapotenza e della gloria della Patria”.


I preparativi italianiPer evitare una seconda Adua e per far sì che l'impresa italiana fosse quanto mai rapida erisolutiva, Mussolini, anche tramite ad un promemoria inviato ai capi militari il 30dicembre 1934, decise di mettere in piedi l'esercito più potente possibile come scrisseanche a De Bono:“Per quanto riguarda la preparazione, non hai che da domandare: ti sarà mandatosempre più di quanto chiederai... È mia profonda convinzione che – dovendo noiprendere a fine ottobre o fine novembre l'iniziativa delle operazioni – tu devi avereuna forza complessiva di 300mila uomini più 300/500 aeroplani, più 300 carri veloci.Senza queste forze per alimentare la penetrazione offensiva, le operazioni nonavranno il ritmo energico che noi vogliamo. Tu chiedi tre divisioni per la fine diottobre: io intendo mandartene 10, dico dieci”.


I preparativi italianiQuando sarebbe potuta scoccare l'ora decisiva?“Condizione essenziale ma non pregiudiziale della nostra azione è quella di avere allespalle un'Europa tranquilla almeno per il biennio 1935-36 e 1936-37, che dovrebbeessere il periodo risolutivo. […] Elementi di stabilizzazione sono: gli accordidell'Italia con la Francia. Tali accordi allontanano il pericolo di un nuovo attacco dellaGermania all'Austria”.


I perché di questa decisioneLa risposta fondamentale a questo dubbio è che il fascismo “aveva fin dalle origini eaveva sempre conservato come sua componente essenziale il nazionalismoesasperato e la tendenza all'espansione imperialistica, ereditata in gran partedall'Italia pre-fascista. […] Inoltre […] restava sempre molto alto il numero deidisoccupati e più ancora quello dei sottoccupati. […] Una guerra per il posto alsole poteva dunque servire al fascismo e al suo duce, non solo perché avrebbecontribuito a diffondere nuove illusioni di benessere per tutti, ma anche perchéavrebbe impegnato grandi masse di uomini nelle industrie che lavoravano per leforniture di guerra, nei servizi relativi alla guerra e nella guerra stessa”.


Torna il sereno tra Italia e GermaniaDopo i contrasti del 1934, i rapporti italo-germanici iniziarono a migliorare nellatarda primavera e nell'estate del 1935. Al fine di favorire un riavvicinamento,Mussolini decise di sostituire l'ambasciatore a Berlino Vittorio Cerruti, incapace dinascondere la sua ostilità al nazismo, con Bernardo Attolico, un diplomatico cautoe abile che fu prontamente accettato da Hitler l'8 settembre.Nel gennaio '36, a causa dell'incerto andamento delle operazioni militari in Etiopia edell'incerta situazione internazionale, Mussolini propose all'ambasciatore tedesco aRoma Ulrich von Hassel che l'Austria e la Germania si accordassero direttamentesulla base dell'indipendenza austriaca: in sostanza il capo del fascismo dimostrava diaccettare l'inserimento dell'Austria nell'orbita del Terzo Reich.


Torna il sereno tra Italia e GermaniaIn seguito alla rimilitarizzazione della Renania, avvenuta il 7 marzo 1936,l'avvicinamento italo-tedesco fece un altro passo in avanti: il 30 marzo arrivò aBerlino una delegazione della polizia italiana, guidata da Arturo Bocchini, cheebbe diversi incontri con una delegazione tedesca, capitanata da Himmler, capodelle SS e della Gestapo.Il risultato fu alquanto significativo: le due polizie si accordarono per combattere ilcomunismo, che voleva dire un'accentuazione della lotta dei due regimi control'antifascismo in generale.


Torna il sereno tra Italia e GermaniaUn ulteriore passo verso la Germania nazistacoincise con la scelta di nominare il 9giugno 1936 Galeazzo Ciano, che eranotoriamente favorevole all'accordo con ilTerzo Reich, quale nuovo ministro degliesteri.Proprio nell'estate di quell'anno, con l'iniziodella guerra civile in Spagna e con ladecisione dei governi di Roma e di Berlino diintervenire con uomini e mezzi in sostegno diFranco, l'avvicinamento si velocizzònotevolmente.


L'Italia entra nel patto anti-cominternLa via era pressoché segnata: il 6 novembre 1937 venne siglata a Berlino l'adesioneitaliana al Patto anticomintern, stipulato tra Germania e Giappone il 25 novembredell'anno precedente, che impegnava gli Stati contraenti a informarsireciprocamente sull'attività dell'Internazionale comunista, a consigliarsi sullemisure difensive necessarie e a porre in atto tali misure di collaborazione.


Mussolini di fronte all'AnschlussMa ormai l'Italia fascista era sulle medesime posizioni del Reich hitleriano: di fronteall'occupazione tedesca dell'Austria, avvenuta l'11 marzo 1938, il duce non poté far altroche far buon viso a cattiva sorte, accettando la nuova situazione, come annotò GaleazzoCiano nel suo diario:“Alle 9 di ieri sera, Assia mi chiede udienza. […] È latore di una lettera di Hitler perMussolini. […] La lettera è importante: contiene spiegazioni sull'accaduto ed unaprecisa dichiarazione sul riconoscimento del Brennero come frontiera italiana. IlDuce è contento e dice ad Assia di informare il Führer che l'Italia segue con assolutacalma gli eventi”.


Il fascismo e l'occupazione dei SudetiMa proprio la facilità con cui era avvenuta l'occupazione dell'Austria incoraggiò Hitler arealizzare il secondo punto del programma di espansione: l'occupazione dellaCecoslovacchia. Il pretesto per l'azione fu dato dalla presenza in Boemia di una grossaminoranza di tedeschi (3 milioni su 14 milioni di abitanti), in gran parte concentrati nellazona dei sudeti. In seguito all'avvento al potere di Hitler, questi tedeschi furono stimolati adopporsi al governo centrale di Praga da un partito fondato e diretto dal nazista KonradHeinlein.Dopo un momento di forte tensione, tra maggio e agosto la situazione sembrò rasserenarsi tra idue Paesi per poi ritornare gravissima a settembre. Si diffuse in tutta Europa il timore che laCecoslovacchia potesse essere travolta in pochi giorni da un'aggressione nazista e che ciòavrebbe innescato una reazione a catena dal momento che l'indipendenza di Praga era garantitada un Trattato con la Francia e da un altro con la Russia.


Il fascismo e l'occupazione dei SudetiAl fine non tanto di fermare Hitler ma di evitare il conflitto, i governi di Parigi e Londradecisero di avviare un'azione diplomatica che portò alla conferenza di Monaco, indettadopo vari contatti telefonici e telegrafici per il 30 settembre 1938, in cui venne coinvoltoanche Mussolini nelle vesti di mediatore tra le parti in causa e – cosa da notare bene – sidecise il futuro della Cecoslovacchia senza invitare alcun rappresentante governativo diPraga.Le proposte portate da Mussolini che, come annotò Ciano, erano state enunciate ai diplomaticiitaliani “la sera prima dall'Ambasciata quale desiderato dal governo tedesco”, furono accolteanche da Chamberlain e da Daladier.Mussolini ottenne innegabilmente un successo di prestigio, che fu a lungo reclamizzato dallapropaganda fascista. In realtà a Monaco il duce recitò una parte suggeritagli da Berlino e, insostanza, il vero trionfatore fu Hitler. Ma Monaco, lungi dal rappresentare un punto di partenzaper un processo di pacificazione generale, accelerò la marcia dell'Europa verso la guerra.

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