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La cura della persona affetta da demenza in pronto soccorso - GrG

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Il percorso nel DEAQuando i pazienti affetti <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> afferiscono al DEA per problemi somatici o perl’accentuazione dei disturbi cognitivi o comportamentali, il problema fon<strong>da</strong>mentale è rappresentato<strong>da</strong>l capire la reale necessità ed utilità di un ricovero ospe<strong>da</strong>liero. Ovvero, se il problema per cui ilpaziente affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> si presenta al DEA è risolvibile nello stesso <strong>pronto</strong> <strong>soccorso</strong>, oppure sediventa necessario un ricovero <strong>in</strong> ospe<strong>da</strong>le per diagnosi e <strong>cura</strong>. Infatti, <strong>in</strong> alcuni casi s<strong>in</strong>tomiaspecifici (confusione, agitazione, ansia, o, al contrario, apatia e sopore) possono rappresentarel’esordio di una patologia somatica acuta (<strong>in</strong>fezione polmonare, scompenso cardiaco acuto, <strong>in</strong>fartomiocardico acuto, fratture) che richiede giustamente l’ospe<strong>da</strong>lizzazione. In questo caso la capacitàdiagnostica, cl<strong>in</strong>ica e strumentale del <strong>persona</strong>le del DEA permette di giungere ad un orientamentodi patologia che “deve essere trattata” <strong>in</strong> ospe<strong>da</strong>le (Trabucchi e Boffelli, 2004). Talora, al contrario,<strong>da</strong>lla valutazione del DEA non emergono condizioni cl<strong>in</strong>iche tali <strong>da</strong> richiedere l’ospe<strong>da</strong>lizzazione:spesso sono proprio i familiari del malato che lo portano al DEA, spaventati <strong>da</strong> una serie di s<strong>in</strong>tomiaspecifici che non riescono a comprendere (disturbi del comportamento, algie osteoarticolari,dolori addom<strong>in</strong>ali <strong>da</strong> stipsi cronica, dispepsia). I problemi cl<strong>in</strong>ici “m<strong>in</strong>ori” possono venire risoltidirettamente nel DEA, per cui il paziente può venire trattato <strong>in</strong> loco (terapia antidolorifica,antibioticoterapia orale, clistere evacuativo) ed essere r<strong>in</strong>viato al domicilio, oppure alla ResidenzaSanitaria Assistenziale di provenienza. Tale atteggiamento presenta un duplice vantaggio: <strong>in</strong> primoluogo risolve direttamente il problema al paziente ed ai suoi familiari, riducendo il disagio e lascomodità di un ricovero ospe<strong>da</strong>liero, spesso gravoso <strong>da</strong> un punto di vista organizzativo. D’altraparte, permette al malato di ritornare al proprio luogo di residenza, evitando il rischio di delirium,che è elevato per il paziente affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> che viene ricoverato <strong>in</strong> ospe<strong>da</strong>le (Rozz<strong>in</strong>i et al.,2006). Alcune condizioni negative vanno tuttavia ricor<strong>da</strong>te: ancora oggi, troppo spesso, il malatoaffetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> è un malato “scomodo”. Quando il paziente arriva al DEA il medico sa che, conmolta probabilità, dovrà affrontare una serie di problemi che caratterizzano un malato complesso.Spesso il rischio è quello di ridurre la propria attenzione, di effettuare una valutazione superficiale,<strong>da</strong>ndo per scontate una serie di patologie croniche non modificabili, e pertanto non degne diconsiderazione. Superficialità e disattenzione, purtroppo, non consentono una valutazione globaledel malato, col rischio di disattendere le attese del malato e dei familiari, o di tras<strong>cura</strong>re il realeproblema del paziente (per esempio, trattare il malato agitato con se<strong>da</strong>tivi senza pensare alla causaqualeuna polmonite-dell’agitazione). Inf<strong>in</strong>e, un’attenzione particolare va posta all’ambiente:spesso il DEA è un luogo rumoroso, affollato, dove tutti i malati hanno comprensibilmente fretta:soffrono di una patologia, cercano una risposta <strong>in</strong> tempi rapidi, non comprendono i ritardi né leprocedure, anche perché pochi sanitari trovano il tempo di soffermarsi a spiegarglieli. Lo stresslegato al dolore, al rumore, all’ambiente non familiare, si riflettono pesantemente ancor più sulmalato affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong>, che si viene a trovare <strong>in</strong> una “torre di Babele” dove pochi si fermano aparlare con lui, a cercare di capire i suoi disturbi, a r<strong>in</strong>cuorarlo. Poca attenzione viene <strong>da</strong>ta ai suoibisogni, anche fisiologici: se si deve attendere nel DEA alcune ore prima di venire visitato, èdifficile, per chi non chiede, come il malato di <strong>demenza</strong>, <strong>da</strong>re attenzione ai bisogni: idratare,accompagnare <strong>in</strong> bagno, alimentare il malato, <strong>cura</strong>re il suo dolore somatico. Il rischio è quello diaccentuare i s<strong>in</strong>tomi, compresi quelli comportamentali, ed arrivare al momento <strong>della</strong> visita con unmalato ancora più confuso e pertanto, ai nostri occhi, ancora più <strong>in</strong>comprensibile. Il futuro delDEA, se vuole diventare efficiente ed efficace, è quello di “specializzarsi” su questi malati, cheavranno sempre più bisogno di risposte rapide e competenti (Rozz<strong>in</strong>i et al., 2006; Schumacher etal., 2006).ConclusioniUn numero elevato di persone che arrivano al DEA soffre di una forma severa di <strong>demenza</strong>: il 12%dei pazienti che vengono ricoverati <strong>in</strong> reparto medico <strong>da</strong>l Pronto Soccorso è affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong>severa, per cui è possibile ipotizzare una percentuale doppia se consideriamo anche i malati di<strong>demenza</strong> <strong>in</strong> fase lieve-moderata e con m<strong>in</strong>ore compromissione dell’autosufficienza (Trabucchi,

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