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La cura della persona affetta da demenza in pronto soccorso - GrG

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Aggiornamenti<strong>La</strong> <strong>cura</strong> <strong>della</strong> <strong>persona</strong> <strong>affetta</strong> <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> <strong>in</strong> <strong>pronto</strong> <strong>soccorso</strong>Stefano BoffelliGruppo di Ricerca Geriatrica e Fon<strong>da</strong>zione Poliambulanza Istituto Ospe<strong>da</strong>liero, BresciaI luoghi <strong>della</strong> <strong>cura</strong> 4 (7); 2009: <strong>in</strong> pressIl ricovero <strong>in</strong> ospe<strong>da</strong>le <strong>della</strong> <strong>persona</strong> anziana con malattia acuta rappresenta uno degli aspetti piùdiscussi nell’ambito dell’organizzazione dei servizi sanitari; <strong>in</strong>fatti, non è stato ancora def<strong>in</strong>ito sel’ospe<strong>da</strong>le rappresenti realmente la risposta più a<strong>da</strong>tta ai bisogni degli anziani, soprattutto se affetti<strong>da</strong> decadimento cognitivo (Rozz<strong>in</strong>i et al., 1998; Rozz<strong>in</strong>i et al., 2000). A fronte dell’evidenza dipossibili effetti negativi dell’ospe<strong>da</strong>lizzazione (immobilizzazione, stato confusionale acuto conconseguente se<strong>da</strong>zione, rischio di caduta, subocclusione <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale), negli ultimi anni si è osservatoun sempre maggiore ricorso all’ospe<strong>da</strong>le, ed <strong>in</strong> particolare ai servizi specialistici ad alta <strong>in</strong>tensitàtecnologica (Pompei et al., 1994; Inouye, 1999). Indipendentemente <strong>da</strong>i vantaggi apportati <strong>da</strong>lricovero (diagnosi strumentale rapi<strong>da</strong> e trattamento <strong>della</strong> patologia somatica acuta), nelle personeaffette <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> bisogna identificare le caratteristiche <strong>della</strong> <strong>persona</strong> (gravità del deficit cognitivo,stato funzionale, comorbilità somatica, stato sociale e familiare), i suoi bisogni e, di conseguenza,quali obiettivi diagnostico-terapeutici devono essere ipotizzati per quella <strong>persona</strong> malata durantequello specifico ricovero ospe<strong>da</strong>liero. A tale scopo è fon<strong>da</strong>mentale il ruolo di valutazione e diorientamento diagnostico che viene effettuato nel Dipartimento di Emergenza ed Accettazione(DEA) che prevalentemente accoglie i pazienti <strong>in</strong> ospe<strong>da</strong>le, quando <strong>in</strong>viati <strong>da</strong>l medico di medic<strong>in</strong>agenerale o <strong>da</strong>l medico <strong>cura</strong>nte <strong>della</strong> RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale). Prima ancora delricovero <strong>in</strong> ospe<strong>da</strong>le, pertanto, è fon<strong>da</strong>mentale verificare quanti sono i pazienti anziani affetti <strong>da</strong>decadimento cognitivo che afferiscono al DEA, e quali sono i loro bisogni.I <strong>da</strong>ti epidemiologiciNegli ultimi 10 anni una percentuale crescente di persone anziane, e soprattutto quelle con<strong>demenza</strong>, ha fatto ricorso al DEA: gli anziani, rispetto ai giovani ed agli adulti, hanno <strong>in</strong> media piùvisite urgenti, restano più a lungo nel dipartimento (sia per diagnosi sia per terapia), utilizzano piùrisorse e tempo del <strong>persona</strong>le (Am<strong>in</strong>zadeh, 2002). Nonostante un numero maggiore di esami eprocedure, le diagnosi tendono ad essere meno ac<strong>cura</strong>te: questa condizione viene spiegata <strong>da</strong>llapresentazione atipica di molte malattie, <strong>da</strong>lla comorbilità cl<strong>in</strong>ica e farmacologia, che tendono acomplicare presentazione, diagnosi, e <strong>cura</strong> <strong>della</strong> malattia acuta o cronica riacutizzata. (Boffelli etal., 2007). Inoltre, spesso le persone anziane afferiscono al DEA per malattie che richiedono cure<strong>in</strong>tensive: <strong>in</strong> uno studio effettuato per 5 anni su 352 ospe<strong>da</strong>li, negli USA ed <strong>in</strong> Inghilterra, è statorilevato che la percentuale di ricovero <strong>in</strong> terapia <strong>in</strong>tensiva polifunzionale (TIP) dei pazienti sopra i65 anni è molto elevata (superiore al 50%). Nel gruppo totale dei pazienti afferiti al DEA, ilsuccessivo ricovero <strong>in</strong> TIP è stato prevalentemente per patologie mediche (53% <strong>in</strong> Inghilterra, 63%<strong>in</strong> USA), e meno per patologie chirurgiche acute (48 Versus 41%, rispettivamente) (Wunsch et al.,2006). Il <strong>da</strong>to dimostra che i pazienti anziani che afferiscono al DEA, e tra questi anche i pazientiaffetti <strong>da</strong> <strong>demenza</strong>, si presentano all’ospe<strong>da</strong>le per patologie somatiche o chirurgiche acute e graviche richiedono tutte un trattamento, spesso <strong>in</strong>tensivo. Si evidenzia, <strong>in</strong>oltre, un diverso atteggiamentodi <strong>in</strong>tensività diagnostico/terapeutica fra differenti Paesi: negli USA il ricovero <strong>in</strong> TIP dei pazientianziani provenienti <strong>da</strong>l DEA è maggiore, soprattutto per patologie somatiche acute. Questo riflettesolo <strong>in</strong> parte la differente prevalenza <strong>della</strong> popolazione anziana, e rappresenta probabilmente undiverso atteggiamento nelle decisioni di ricovero dei pazienti anziani fra i due Paesi. Da uno studioeffettuato <strong>in</strong> Italia emerge che il 21% delle persone che afferiscono al DEA presenta un’etàsuperiore ai 65 anni. <strong>La</strong> percentuale di coloro che vengono ricoverati aumenta con l’età: va


<strong>da</strong>ll’11% di chi ha meno di 65 anni, al 56% degli ultranovantenni. <strong>La</strong> maggior parte dei pazientiricoverati <strong>da</strong>l DEA nei reparti medici è ultrasessantac<strong>in</strong>quenne (60%), ma rappresenta solo il 25%nei reparti chirurgici. Tra tutti i pazienti afferiti al DEA e poi ricoverati, il 6% è affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong>di grado severo (Trabucchi, 2006). Il malato anziano e affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> che arriva al DEA,pertanto, viene spesso ricoverato <strong>in</strong> quanto la gravità <strong>della</strong> sua patologia somatica acuta necessita diun trattamento ospe<strong>da</strong>liero: lo dimostra anche il DRG medio degli anziani rispetto ai giovani(rispettivamente 1.7 versus 1.3 per i maschi, e 1.4 versus 0.4 nelle donne). Inoltre, proprio per lamaggiore gravità <strong>della</strong> patologia, anche la durata <strong>della</strong> degenza si protrae rispetto al giovane: nellostudio sono proprio gli ultraottantenni che rimangono più a lungo ricoverati, per la necessità dimaggiore <strong>in</strong>tensità di <strong>cura</strong> rispetto ai giovani (rispettivamente 7.9 versus 5.8 giorni per i maschi, 6.8versus 4.1 nelle donne) (Trabucchi, 2006). Un altro studio, effettuato nel Nord Italia, ha riscontratoun aumento dei pazienti che afferiscono al DEA, e del successivo ricovero <strong>in</strong> ospe<strong>da</strong>le, negliultraottantac<strong>in</strong>quenni: 71% contro il 65% <strong>della</strong> popolazione generale. Tra questi pazienti, piùdell’80% è rappresentato <strong>da</strong> malati di <strong>demenza</strong>, dei quali il 30% <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> severa, ed il 20% <strong>da</strong>forma moderata di malattia (pazienti seguiti al domicilio <strong>da</strong> una ba<strong>da</strong>nte) (Bianchetti et al., 2006).Altro <strong>da</strong>to <strong>in</strong>teressante che emerge <strong>da</strong>llo studio è la causa del ricovero: il 43% i pazienti vienevalutato per una patologia somatica acuta, mentre il 33% per una malattia cronica scompensata. <strong>La</strong>percentuale aumenta per gruppo di età: sono sempre gli ultraottantac<strong>in</strong>quenni (tra i quali i dementirappresentano l’80%) che hanno la maggiore percentuale (41%) di ricovero per malattia somaticaacuta. Gli studi f<strong>in</strong>ora effettuati dip<strong>in</strong>gono pertanto uno scenario preoccupante: un elevato numerodi pazienti anziani e, tra questi, un’alta percentuale di malati di <strong>demenza</strong>, afferiscono ad unastruttura per acuti, storicamente più preparata per la gestione dell’acuzie nel giovane ed adulto. Loscenario futuro deve necessariamente modificarsi, poiché il numero di pazienti con questecaratteristiche tende ad aumentare nel tempo (Am<strong>in</strong>zadeh et al., 2002). Tra le possibili spiegazionidi questo fenomeno, oltre all’aumento dell’età media <strong>della</strong> popolazione ed all’aggravarsi dellemalattie somatiche croniche e <strong>della</strong> comorbilità (soprattutto nelle persone affette <strong>da</strong> <strong>demenza</strong>),emerge <strong>in</strong> generale la visione del DEA come sostituto più rapido e tecnologico del medico di base, ela carenza di un adeguato supporto sociale/assistenziale al domicilio (Donnan et al., 2008).Le pr<strong>in</strong>cipali condizioni patologiche<strong>La</strong> maggior parte dei pazienti affetti <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> afferisce al DEA per una malattia acuta somaticao chirurgica, oppure per una patologia cronica scompensata. Le patologie che più frequentementesp<strong>in</strong>gono l’anziano a chiedere una valutazione urgente sono cardiovascolari (ang<strong>in</strong>a, scompensocardiaco, aritmie, s<strong>in</strong>copi) o respiratorie (riacutizzazione di bronchite cronica, asma bronchiale;polmonite); <strong>in</strong>oltre, i tumori (carc<strong>in</strong>oma del polmone, <strong>della</strong> mammella, del grosso <strong>in</strong>test<strong>in</strong>o), lemalattie neurologiche (vasculopatie cerebrali acute, alterazioni dello stato di coscienza), (Birolleauet al., 2006; Rozz<strong>in</strong>i et al., 2005). Tra le emergenze chirurgiche, la diagnosi più frequente è legata atraumi e fratture, causate prevalentemente <strong>da</strong> caduta a terra. Altre patologie che determ<strong>in</strong>anol’arrivo al DEA sono le emergenze cl<strong>in</strong>iche che richiedono un differente livello di <strong>in</strong>tervento: talorameno tecnologico e più cl<strong>in</strong>ico (disidratazione, <strong>in</strong>fezioni delle vie ur<strong>in</strong>arie, subocclusione<strong>in</strong>test<strong>in</strong>ale, delirium, <strong>in</strong>quadramento di disturbi comportamentali e conseguente prescrizioneterapeutica), altre volte più specifico per il sett<strong>in</strong>g di <strong>cura</strong> (<strong>in</strong>sufficienza respiratoria acuta <strong>da</strong><strong>in</strong>fezione delle vie aeree, <strong>in</strong>farto miocardio acuto, sepsi). Inf<strong>in</strong>e, <strong>in</strong> alcuni casi il paziente affetto <strong>da</strong><strong>demenza</strong> viene <strong>in</strong>viato al DEA per problemi cl<strong>in</strong>ici legati ad una gestione domiciliare non corretta:se<strong>da</strong>zione <strong>da</strong> eccesso di terapia psicofarmacologica, effetti collaterali <strong>da</strong> farmaci (ipotensioneiatrogena, ipoglicemia jatrogena). In queste situazioni un’ac<strong>cura</strong>ta anamnesi cl<strong>in</strong>ica efarmacologica è il necessario strumento (a bassa tecnologia, ma legato alla prassi di una buonaattività cl<strong>in</strong>ica) che permette di giungere alla diagnosi ed alla soluzione del problema. Va <strong>in</strong>oltreconsiderato che esiste una diversa prevalenza delle malattie somatiche nelle differenti fasi <strong>della</strong>malattia di Alzheimer e delle altre forme di <strong>demenza</strong>. Quelle che usualmente sono associate alla<strong>demenza</strong> <strong>in</strong> fase lieve o moderata sono le neoplasie, le broncopneumopatie croniche, il diabete, le


all'osservazione del caregiver, per la rilevazione del dolore acuto ci si può avvalere di segni chepossono accompagnare la s<strong>in</strong>tomatologia ed essere osservati direttamente. In primo luogo unavariazione improvvisa dello stato cognitivo di un paziente è sempre un campanello d'allarme.Quando i famigliari riferiscono un rapido peggioramento, o un’<strong>in</strong>usuale "confusione", la possibilitàche il paziente abbia dolore va sempre <strong>in</strong><strong>da</strong>gata. Bisogna osservare i gesti ed i movimenti,chiedendo al paziente senza stancarsi e senza spazientirsi di riferire il disagio. Lo stesso processodeve essere attuato quando il paziente manifesta improvvisamente agitazione, quando compaiono<strong>in</strong>sonnia oppure <strong>in</strong>solita apatia e assopimento. Stabilire l'entità del dolore è molto più difficile.L'atteggiamento corretto è quello di cercare comunque la causa del dolore e di trattare sia lamalattia sia il s<strong>in</strong>tomo. Il rischio di una condotta troppo conservativa è quello di lasciare i pazientipiù compromessi -quelli che non sanno comunicare e non esternano <strong>in</strong> nessun modo la propriasofferenza- soli con il proprio dolore. Oltre alla valutazione del s<strong>in</strong>tomo, l’assessment <strong>della</strong> salutesomatica del paziente demente si basa sui concetti ormai def<strong>in</strong>iti <strong>da</strong>lla valutazionemultidimensionale geriatrica associata alla valutazione cl<strong>in</strong>ica del malato (Boffelli et al., 2007).Nella <strong>persona</strong> <strong>affetta</strong> <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> l’esame obiettivo riveste un’importanza particolare, al f<strong>in</strong>e dicogliere segni significativi che siano la spia di una patologia organica sottostante non riferita osottostimata <strong>da</strong>l malato e <strong>da</strong>l familiare. Parimenti, stante la difficoltà di comunicazione del paziente,vanno valutati attentamente i segni cl<strong>in</strong>ici: la fatica respiratoria o una tachipnea sono segno di unasottostante patologia respiratoria o cardiaca, <strong>in</strong>dipendentemente <strong>da</strong>l s<strong>in</strong>tomo riferito (dispnea).Inf<strong>in</strong>e, atteggiamenti posturali scorretti potrebbero dipendere <strong>da</strong> effetti collaterali di un trattamentoneurolettico prolungato, così come atteggiamenti antalgici <strong>da</strong>nno l’<strong>in</strong>dicazione relativa ai distretti<strong>in</strong>teressati <strong>da</strong>l dolore (Trabucchi e Boffelli, 2004). Inoltre, la presentazione delle patologiesomatiche o chirurgiche acute può essere atipica: per esempio, la polmonite si manifesta raramentecon febbre, dolore toracico e tosse, ma semplicemente con un effetto catastrofico sullo statofunzionale, evento che rappresenta la manifestazione cl<strong>in</strong>ica più rilevante. Di fronte a s<strong>in</strong>tomi esegni aspecifici ed atipici di malattia somatica acuta (sopore, delirium, rapido decadimentofunzionale), è importante che la valutazione del paziente affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> che afferisce al DEAsia il più possibile completa ed ac<strong>cura</strong>ta. Nel DEA i ritmi sono serrati, e vi è spesso la necessità divalutare molti malati <strong>in</strong> tempi brevi, con il rischio di tras<strong>cura</strong>re i particolari: per questa ragione èpossibile che l’atipia delle malattie del paziente affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> sia tras<strong>cura</strong>ta, con conseguenteritardo sulla diagnosi e sul trattamento <strong>della</strong> patologia. Diventa pertanto necessario, di fronte amalati complessi, recuperare quella buona pratica cl<strong>in</strong>ica che ricerca tutte le cause possibili,<strong>in</strong>iziando <strong>da</strong> un’ac<strong>cura</strong>ta anamnesi patologica remota e prossima. Spesso eventi <strong>in</strong>terpretati come“normali” per l’adulto, non lo sono per l’anziano affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong>: la recente comparsa di febbre,una ridotta idratazione, sp<strong>in</strong>gono a cercare patologie differenti di fronte ad un malato che noncomunica, e che manifesta solamente uno stato soporoso. Ancora, l’anamnesi farmacologica èimportante, soprattutto se pensiamo che molti farmaci (per esempio ipoglicemizzanti orali,antiipertensivi, neurolettici) possono determ<strong>in</strong>are effetti collaterali, soprattutto se somm<strong>in</strong>istrati <strong>da</strong>persone non preparate <strong>da</strong>l punto di vista cl<strong>in</strong>ico (ba<strong>da</strong>nti, familiari) (Rozz<strong>in</strong>i e Sabat<strong>in</strong>i, 2002). <strong>La</strong>valutazione dei parametri vitali, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, è fon<strong>da</strong>mentale per la migliore comprensione dellecondizioni generali del paziente: la determ<strong>in</strong>azione <strong>della</strong> pressione arteriosa, <strong>della</strong> frequenzacardiaca, <strong>della</strong> saturazione ossiemoglob<strong>in</strong>ica (oppure emogasanalisi), la temperatura corporea e laglicemia. Sulla base dell’anamnesi “geriatrica” e <strong>della</strong> valutazione cl<strong>in</strong>ica, diventa più facile gui<strong>da</strong>rel’esecuzione di analisi ematochimiche e strumentali nel DEA, evitando esami <strong>in</strong>utili e costosi, sia <strong>in</strong>term<strong>in</strong>i di sofferenza del paziente (tempi di esecuzione, disagio per il malato ed i familiari) siaeconomici. <strong>La</strong> valutazione del paziente affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> che afferisce al DEA, pertanto, richiedeuna maggiore attenzione rispetto all’adulto, poichè necessita di un approccio specifico ed attento,che consideri ogni possibile causa di malattia somatica o chirurgica, per giungere ad un buonorientamento diagnostico, premessa per la scelta di un corretto regime terapeutico (Boffelli et al.,2007).


Il percorso nel DEAQuando i pazienti affetti <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> afferiscono al DEA per problemi somatici o perl’accentuazione dei disturbi cognitivi o comportamentali, il problema fon<strong>da</strong>mentale è rappresentato<strong>da</strong>l capire la reale necessità ed utilità di un ricovero ospe<strong>da</strong>liero. Ovvero, se il problema per cui ilpaziente affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> si presenta al DEA è risolvibile nello stesso <strong>pronto</strong> <strong>soccorso</strong>, oppure sediventa necessario un ricovero <strong>in</strong> ospe<strong>da</strong>le per diagnosi e <strong>cura</strong>. Infatti, <strong>in</strong> alcuni casi s<strong>in</strong>tomiaspecifici (confusione, agitazione, ansia, o, al contrario, apatia e sopore) possono rappresentarel’esordio di una patologia somatica acuta (<strong>in</strong>fezione polmonare, scompenso cardiaco acuto, <strong>in</strong>fartomiocardico acuto, fratture) che richiede giustamente l’ospe<strong>da</strong>lizzazione. In questo caso la capacitàdiagnostica, cl<strong>in</strong>ica e strumentale del <strong>persona</strong>le del DEA permette di giungere ad un orientamentodi patologia che “deve essere trattata” <strong>in</strong> ospe<strong>da</strong>le (Trabucchi e Boffelli, 2004). Talora, al contrario,<strong>da</strong>lla valutazione del DEA non emergono condizioni cl<strong>in</strong>iche tali <strong>da</strong> richiedere l’ospe<strong>da</strong>lizzazione:spesso sono proprio i familiari del malato che lo portano al DEA, spaventati <strong>da</strong> una serie di s<strong>in</strong>tomiaspecifici che non riescono a comprendere (disturbi del comportamento, algie osteoarticolari,dolori addom<strong>in</strong>ali <strong>da</strong> stipsi cronica, dispepsia). I problemi cl<strong>in</strong>ici “m<strong>in</strong>ori” possono venire risoltidirettamente nel DEA, per cui il paziente può venire trattato <strong>in</strong> loco (terapia antidolorifica,antibioticoterapia orale, clistere evacuativo) ed essere r<strong>in</strong>viato al domicilio, oppure alla ResidenzaSanitaria Assistenziale di provenienza. Tale atteggiamento presenta un duplice vantaggio: <strong>in</strong> primoluogo risolve direttamente il problema al paziente ed ai suoi familiari, riducendo il disagio e lascomodità di un ricovero ospe<strong>da</strong>liero, spesso gravoso <strong>da</strong> un punto di vista organizzativo. D’altraparte, permette al malato di ritornare al proprio luogo di residenza, evitando il rischio di delirium,che è elevato per il paziente affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> che viene ricoverato <strong>in</strong> ospe<strong>da</strong>le (Rozz<strong>in</strong>i et al.,2006). Alcune condizioni negative vanno tuttavia ricor<strong>da</strong>te: ancora oggi, troppo spesso, il malatoaffetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong> è un malato “scomodo”. Quando il paziente arriva al DEA il medico sa che, conmolta probabilità, dovrà affrontare una serie di problemi che caratterizzano un malato complesso.Spesso il rischio è quello di ridurre la propria attenzione, di effettuare una valutazione superficiale,<strong>da</strong>ndo per scontate una serie di patologie croniche non modificabili, e pertanto non degne diconsiderazione. Superficialità e disattenzione, purtroppo, non consentono una valutazione globaledel malato, col rischio di disattendere le attese del malato e dei familiari, o di tras<strong>cura</strong>re il realeproblema del paziente (per esempio, trattare il malato agitato con se<strong>da</strong>tivi senza pensare alla causaqualeuna polmonite-dell’agitazione). Inf<strong>in</strong>e, un’attenzione particolare va posta all’ambiente:spesso il DEA è un luogo rumoroso, affollato, dove tutti i malati hanno comprensibilmente fretta:soffrono di una patologia, cercano una risposta <strong>in</strong> tempi rapidi, non comprendono i ritardi né leprocedure, anche perché pochi sanitari trovano il tempo di soffermarsi a spiegarglieli. Lo stresslegato al dolore, al rumore, all’ambiente non familiare, si riflettono pesantemente ancor più sulmalato affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong>, che si viene a trovare <strong>in</strong> una “torre di Babele” dove pochi si fermano aparlare con lui, a cercare di capire i suoi disturbi, a r<strong>in</strong>cuorarlo. Poca attenzione viene <strong>da</strong>ta ai suoibisogni, anche fisiologici: se si deve attendere nel DEA alcune ore prima di venire visitato, èdifficile, per chi non chiede, come il malato di <strong>demenza</strong>, <strong>da</strong>re attenzione ai bisogni: idratare,accompagnare <strong>in</strong> bagno, alimentare il malato, <strong>cura</strong>re il suo dolore somatico. Il rischio è quello diaccentuare i s<strong>in</strong>tomi, compresi quelli comportamentali, ed arrivare al momento <strong>della</strong> visita con unmalato ancora più confuso e pertanto, ai nostri occhi, ancora più <strong>in</strong>comprensibile. Il futuro delDEA, se vuole diventare efficiente ed efficace, è quello di “specializzarsi” su questi malati, cheavranno sempre più bisogno di risposte rapide e competenti (Rozz<strong>in</strong>i et al., 2006; Schumacher etal., 2006).ConclusioniUn numero elevato di persone che arrivano al DEA soffre di una forma severa di <strong>demenza</strong>: il 12%dei pazienti che vengono ricoverati <strong>in</strong> reparto medico <strong>da</strong>l Pronto Soccorso è affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong>severa, per cui è possibile ipotizzare una percentuale doppia se consideriamo anche i malati di<strong>demenza</strong> <strong>in</strong> fase lieve-moderata e con m<strong>in</strong>ore compromissione dell’autosufficienza (Trabucchi,


2006). L’ospe<strong>da</strong>le ed il <strong>persona</strong>le del DEA, <strong>in</strong> genere, non sono preparati a fronteggiare le cont<strong>in</strong>ue(e progressivamente crescenti nel tempo) richieste di <strong>cura</strong> <strong>da</strong> parte <strong>della</strong> popolazione <strong>affetta</strong> <strong>da</strong><strong>demenza</strong>, <strong>in</strong>dipendentemente <strong>da</strong>lla sua gravità. Infatti, con l’aumentare dell’età, aumenta anche lacomplessità cl<strong>in</strong>ica dei malati che afferiscono all’ospe<strong>da</strong>le. È necessario che il <strong>persona</strong>le del DEAvenga preparato (e non solo sul campo) alla valutazione ed alla pianificazione dell’<strong>in</strong>tervento sulpaziente anziano demente: saper riconoscere deficit cognitivi, sensoriali, identificare lo statofunzionale del malato e le risorse sociali/assistenziali al domicilio, sono fattori fon<strong>da</strong>mentali chegui<strong>da</strong>no sia l’orientamento diagnostico sia le scelte terapeutiche (ricovero <strong>in</strong> ospe<strong>da</strong>le versus la <strong>cura</strong>al domicilio). Il rischio che si corre è di utilizzare il desueto metodo “disease-oriented” che nonaiuta alla comprensione dei fenomeni geriatrici. Come rilevato <strong>in</strong> un recente studio, la maggiorparte dei medici che lavora nei DEA negli USA riporta alti livelli di ansia, come conseguenzadell’elevato numero di pazienti anziani che afferiscono <strong>in</strong> ospe<strong>da</strong>le, e <strong>della</strong> loro <strong>in</strong>capacità afronteggiare la complessità del malato. Il basso livello di esperienza, nonché la mancanza di unaspecifica formazione <strong>in</strong> medic<strong>in</strong>a geriatrica per acuti e nella relazione con il paziente anziano ed ifamiliari, sono fattori che spiegano un maggiore stress del <strong>persona</strong>le (Schumacher et al., 2006). Loscenario futuro dovrebbe prevedere un piano di miglioramento <strong>della</strong> qualità delle cure, attraversouna specifica formazione -teorica e pratica- per tutto il <strong>persona</strong>le sanitario che lavora <strong>in</strong> un DEA:l’obiettivo è di formare operatori qualificati nel gestire l’urgenza del giovane e dell’adulto, maanche specializzati nella <strong>cura</strong> delle patologie acute del paziente anziano affetto <strong>da</strong> <strong>demenza</strong>(McCusker et al., 2001).BibliografiaAm<strong>in</strong>zadeh F, Dalziel WB. Older adults <strong>in</strong> the emergency department: a systematic review ofpatterns of use, adverse outcomes, and effectiveness of <strong>in</strong>terventions. Ann Emerg Med2002;39:238-47.Bianchetti A, Pezz<strong>in</strong>i A. L’<strong>in</strong>sight nel paziente demente. Dementia Up<strong>da</strong>te 1998;2:22-30.Bianchetti A, Ranieri P, Cozzaglio G. 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