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dal disturbo post traumatico da stress al concetto di trauma

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVAA.A. 2002/2003CORSO DI PERFEZIONAMENTO IN“ PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA”DAL DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESSAL CONCETTO DI TRAUMATESINA DI PERFEZIONAMENTO DISUDANO EDOARDO MASSIMILIANO


IL CONCETTO DI STRESS: il problema della definizioneIl <strong>concetto</strong> <strong>di</strong> <strong>stress</strong> è antichissimo. Sin <strong><strong>da</strong>l</strong>la sua comparsa sulla terra l’uomo capìche la fatica derivante <strong><strong>da</strong>l</strong>le attività necessarie ad assicurargli la sopravvivenza gliprovocava, a lungo an<strong>da</strong>re, una sensazione <strong>di</strong> pena fisica e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio. Scoprì anche chet<strong>al</strong>i sensazioni aumentavano col perdurare dello sforzo sino <strong>al</strong> punto <strong>di</strong> indurlo asmettere o quanto meno ad interrompere la sua attività. Capì <strong>al</strong>lora che dovevanecessariamente esserci uno stretto rapporto tra la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> energia e la sensazione <strong>di</strong>stanchezza; rilevò infine, anche se molto tempo dopo, che doveva pur esserci una leggegener<strong>al</strong>e idonea a comprendere questa sensazione avvertita <strong>da</strong>gli esseri viventi tutte levolte che erano costretti a superare un ostacolo impegnativo 1 .I latini, secondo E.Mainar<strong>di</strong> Peron e S.Saporiti, per in<strong>di</strong>care t<strong>al</strong>e sensazioneutilizzarono il verbo “stringere”, in particolare il suo participio passato “strictus” nelsenso <strong>di</strong> “stretto”, “serrato” 2 .Successivamente gli inglesi estesero il suo significato a “<strong>di</strong>fficoltà”, “avversità”,“afflizione” e a cav<strong>al</strong>lo dei secoli XVIII-XIX vi compresero anche i termini “<strong>di</strong>fficoltà”,“ afflizione”, “pressione”, “tensione”, “sforzo” 3 Da qui il termine “<strong>stress</strong>” oggiunivers<strong>al</strong>mente utilizzato e mai tradotto nelle varie lingue nazion<strong>al</strong>i.Stress è oggi un termine familiare anche se esistono serie <strong>di</strong>fficoltà quando si cerca<strong>di</strong> <strong>da</strong>rne una definizione scientifica, univoca e, quello che più conta, con<strong>di</strong>visa <strong>da</strong>glistu<strong>di</strong>osi.E’ però solo in seguito <strong>al</strong>la <strong>di</strong>ffusione dei lavori <strong>di</strong> Selye negli anni quaranta chel’uso del termine passa <strong><strong>da</strong>l</strong>le scienze fisiche ( dove in<strong>di</strong>cava l’interazione tra una forza e1Selye H. “Stress senza paura” Rizzoli, Milano,1976.2Cox T. “Stress” Mc Millan Education, Londra, 1978.3Mainar<strong>di</strong> Peron E.-Saporiti S. “Stress ambient<strong>al</strong>e”, Nis, Roma, 1995, p.11. Si ve<strong>da</strong> in proposito anchePanchieri P. “Stress, emozioni e m<strong>al</strong>attia”, Eri, Mon<strong>da</strong>dori, Milano, 1983.2


la resistenza ad essa op<strong>post</strong>a ) <strong>al</strong>le scienze me<strong>di</strong>che e biologiche, per in<strong>di</strong>care lo stato <strong>di</strong>tensione o <strong>di</strong> resistenza <strong>di</strong> una persona che si oppone a forze esterne che agiscono su <strong>di</strong>essa.W.B.Cannon 4 e H.Selye 5 , infatti, sostennero che <strong><strong>da</strong>l</strong> punto <strong>di</strong> vista biologico “ lo<strong>stress</strong> è la ris<strong>post</strong>a non specifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata ad esso. T<strong>al</strong>erichiesta comprende tutta serie <strong>di</strong> agenti <strong>stress</strong>anti, che vanno <strong>da</strong>gli stimoli fisici come ilc<strong>al</strong>do ed il freddo, agli sforzi muscolari, <strong>al</strong>l’attività sessu<strong>al</strong>e, <strong>al</strong>lo shock anafilattico, aglistimoli emozion<strong>al</strong>i, il che spinge l’organismo a mettere in atto una reazione <strong>di</strong>fensivaconsistente nell’attivazione dell’asse ipot<strong>al</strong>amo-ipofisi-ACTH-corteccia del surrene, <strong>da</strong>cui si liberano in circolo i corticosteroi<strong>di</strong>”.A secon<strong>da</strong> della loro specifica area <strong>di</strong> interesse e del loro orientamento teorico, glistu<strong>di</strong>osi in<strong>di</strong>canocon il termine <strong>stress</strong> cose <strong>di</strong>verse. Infatti, consultando i testispeci<strong>al</strong>istici <strong>al</strong> riguardo, si ha l’impressione che parlino lingue <strong>di</strong>verse, anche sechiamano pur sempre l’oggetto delle loro ricerche “<strong>stress</strong>”. Consultando, ad esempio,“Psicologia – Dizionario Enciclope<strong>di</strong>co” (Harrè, Lamb, Mecacci, 1986) , notiamo cheuna definizione univoca non esiste e che vengono in<strong>di</strong>cate col termine “<strong>stress</strong>” cose<strong>di</strong>verse:- una ris<strong>post</strong>a fisiologica e/o psicologica specifica;- uno stimolo nocivo, fasti<strong>di</strong>oso o comunque negativo per il soggetto che lo avverte;- un tipo particolare e specifico <strong>di</strong> rapporto tra il soggetto e l’ambiente 6 7 8Alcuni stu<strong>di</strong>osi attribuiscono parte della confusione associata <strong>al</strong> termine “<strong>stress</strong>” inambito scientifico <strong>al</strong> fatto che esso è stato utilizzato in un campo precedentementeoccupato <strong>da</strong> <strong>al</strong>tri concetti, come quello <strong>di</strong> ansia, conflitto, frustrazione, venendo4Cannon W.B. “La saggezza del corpo” (1932),Bompiani,Milano,1956.5Selye H. citato “Stress senza paura” (nota n.1); “The <strong>stress</strong> of life”, Mc Graw-Hill, N.Y.,1956.6Lazarus R.S., “Psycologic<strong>al</strong> Stress and the Coping Process”, Mc Graw Hill, New Jork ,1966.7Cox T. “Stress”, Mc Millan Education, London,1978.8Cohen F., “Stress, Emotion and Illness” in L.Temoshok, C. Van Dyke, L.S.Zegan (eds.), “Emotion inHe<strong>al</strong>th and Illness: Theoretic<strong>al</strong> and Research Foun<strong>da</strong>tion “ Grune & Stratton, N.Y., 1983.3


spesso sostituito <strong>da</strong> uno <strong>di</strong> questi (Appley, Trumbell, 1967). Altri autori lo imputanoinvece <strong>al</strong>la mancanza <strong>di</strong> una elaborazione specifica delle sue caratteristiche<strong>di</strong>stintive ( Goldberg, Breznitz, 1982). Altri ancora l’attribuiscono <strong>al</strong>la rapi<strong>da</strong>espansione della ricerca in <strong>di</strong>rezioni <strong>di</strong>vergenti, tanto che non si può parlare <strong>di</strong> ununico settore <strong>di</strong> ricerca identificabile come “ricerca sullo <strong>stress</strong>” , ma vi sarebbe ineffetti una plur<strong>al</strong>ità <strong>di</strong> settori comunemente raccolti sotto questo nome 9 .Questa <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> concezioni dello <strong>stress</strong> è giustificata <strong><strong>da</strong>l</strong>la circostanza che glistu<strong>di</strong>osi della psicologia partono <strong>da</strong> una definizione del fenomeno che intendonoesaminare, il che delimita il campo <strong>di</strong> azione del fenomeno stesso e ne traccia lecaratteristiche fon<strong>da</strong>ment<strong>al</strong>i.Supponiamo, ad esempio, <strong>di</strong> definire lo <strong>stress</strong> come il risultato <strong>di</strong> unapermanenza piuttosto prolungata del soggetto in una situazione per lui fisicamentepericolosa. E’ evidente <strong>al</strong>lora che per stu<strong>di</strong>are lo <strong>stress</strong> si devono stabilire qu<strong>al</strong>i equanti sono gli stimoli che sono fisicamente pericolosi per il soggetto; si devonoinoltre determinare, anche se a livello speriment<strong>al</strong>e, la durata minima <strong>di</strong> esposizionea t<strong>al</strong>i stimoli per provocare <strong>stress</strong> e così via. D<strong>al</strong>la definizione, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong>scendono<strong>al</strong>meno in parte le mo<strong><strong>da</strong>l</strong>ità pratiche <strong>di</strong> ricerca, che saranno <strong>di</strong>verse a secon<strong>da</strong> delle<strong>di</strong>verse definizioni o teorie adottate.Possiamo in<strong>di</strong>viduare più correnti teoriche che si <strong>di</strong>fferenziano in base <strong>al</strong> tipo <strong>di</strong>approccio utilizzato nello stu<strong>di</strong>o dello <strong>stress</strong>.Una delle correnti princip<strong>al</strong>i è quella che può essere definita “fisiologica” , nellaqu<strong>al</strong>e possiamo far rientrare, con le debite <strong>di</strong>stinsioni, tutte le teorie e i contributiprovenienti <strong><strong>da</strong>l</strong>la biologia, <strong><strong>da</strong>l</strong>la fisiologia, <strong><strong>da</strong>l</strong>la psico-fisiologia, <strong><strong>da</strong>l</strong>la me<strong>di</strong>cina,<strong><strong>da</strong>l</strong>la neuroendocrinologia e <strong>da</strong>i settori a queste collegati.9Singer J.E. (1980) Tra<strong>di</strong>tion of Stress Research: Integrated Comments, in E.Sarason, C.D.Spielberger(eds.), Stress and Anxiety, Hempsphere Press, Washington, vol.7.4


Un’<strong>al</strong>tra corrente <strong>di</strong> approccio è quella che può essere definita “psicologica” nellaqu<strong>al</strong>e si attribuisce una maggiore importanza <strong>al</strong>la me<strong>di</strong>azione cognitiva. In questacorrente i processi cognitivi vengono assumendo un peso sempre più determinante10 11 12sia come me<strong>di</strong>atori <strong>di</strong> <strong>stress</strong>, sia come fonte essi stessi <strong>di</strong> <strong>stress</strong>E’ <strong>da</strong> tenere presente che oltre agli <strong>stress</strong> psico-fisiologici determinati <strong>da</strong> uneccesso <strong>di</strong> stimolazioni sono <strong>da</strong> considerare gli <strong>stress</strong> psico-soci<strong>al</strong>i, causati <strong>da</strong>:- una situazione esterna caratterizzata <strong>da</strong> <strong>di</strong>fficoltà interperson<strong>al</strong>i, soci<strong>al</strong>i oin<strong>di</strong>vidu<strong>al</strong>i, qu<strong>al</strong>i solitu<strong>di</strong>ne, abbandono, f<strong>al</strong>limento lavorativo, eccessive richieste esimili;- una ris<strong>post</strong>a interna che trova le sue espressioni nell’ansia, nella colpa, nell’ira onella depressione;- un comportamento esterno suscitato <strong>da</strong> quella ris<strong>post</strong>a, ora adeguata e re<strong>al</strong>istica, orainadeguata, con liberazione <strong>di</strong> impulsi incontrollati <strong>di</strong> natura psichica o funzion<strong>al</strong>epsicosomatica. 1310Levi L. (1972), Stress and Di<strong>stress</strong> in Response to Psychosoci<strong>al</strong> Stimuli, in Acta Me<strong>di</strong>ca Scan<strong>di</strong>navica,intero suppl.,p.528.11Frankenhauser M., Psychobiologic<strong>al</strong> Aspects of Life Stress, in S.Levine, H.Ursin (eds.), Coping andHe<strong>al</strong>th Plenum Press, N.Y. and London.12Mason J.W., Emotion as Reflected in Patterns of Endocrine Integration, in Levi L.(ed.), Emotion TheirParameters and Measurement, Raven Press, New Jork,1975.13Cfr: Dizionario <strong>di</strong> Psicologia <strong>di</strong> U:G<strong>al</strong>imberti, UTET, Torino, 1994.5


IL CONCETTO DI STRESS:PROSPETTIVE A CONFRONTOL’Approccio fisiologico.Le prime ricerche su questi tipo <strong>di</strong> approccio si debbono <strong>al</strong> fisiologo americanoW<strong>al</strong>ter Cannon che si interessò delle relazioni tra il sistema nervoso autonomo, la partemidollare delle ghiandole surren<strong>al</strong>i e le emozioni. Fu lui che introdusse per primo il<strong>concetto</strong> <strong>di</strong> “omeostasi”(<strong><strong>da</strong>l</strong> greco omoios – simile e statis – posizione) per in<strong>di</strong>carecome i <strong>di</strong>versi processi fisiologici sono in uno stato <strong>di</strong> equilibrio <strong>di</strong>namico tra loro ecome quando questo equilibrio viene a mancare o è minacciato, entrino in funzione deimeccanismi atti a reintegrarlo. Lo <strong>stress</strong> è quin<strong>di</strong> una tensione <strong>di</strong>retta ai meccanismiomeostatici del corpo.Secondo Cannon, quando si verifica una qu<strong>al</strong>siasi situazione percepita comepericolosa l’organismo attiva “la reazione <strong>di</strong> emergenza” che gli consente <strong>di</strong> attaccare ofuggire il pericolo. T<strong>al</strong>e reazione viene identificata nell’attivazione del sistema nervososimpatico che, attraverso la stimolazione della parte midollare delle ghiandolesurren<strong>al</strong>i, favorisce la liberazione dell’adren<strong>al</strong>ina e della noradren<strong>al</strong>ina. La liberazione<strong>di</strong> questi due ormoni produce notevoli mo<strong>di</strong>ficazioni fisiologiche, come l’aumentodella frequenza car<strong>di</strong>aca, la ventilazione polmonare, la vaso<strong>di</strong>latazione dei muscolivolontari. Produce <strong>al</strong>tresì mo<strong>di</strong>ficazioni metaboliche, come la liberazione del glucosio<strong>da</strong> parte del fegato, che permettono l’efficienza fisica necessaria per produrre <strong>al</strong> meglioun’azione <strong>di</strong> fuga o <strong>di</strong> attacco, cioè quei comportamenti che, <strong>al</strong>meno teoricamente,possono risolvere la situazione <strong>di</strong> <strong>stress</strong>.Sempre secondo Cannon lo <strong>stress</strong> rientra tra le esperienze negative per cui la suateoria delle emozioni si applica anche ad esso. Le emozioni sono determinate a livello6


centr<strong>al</strong>e (nel t<strong>al</strong>amo) e si manifestano attraverso una serie <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficazioni fisiologicheperiferiche.Questa teoria si è confrontata per anni con l’<strong>al</strong>tra teoria “classica” delleemozioni, cioè la teoria <strong>di</strong> James (1890) e Lange (1885) che vedono, <strong>al</strong> contrario,proprio nella percezione delle mo<strong>di</strong>ficazioni periferiche la base dell’esperienzaemozion<strong>al</strong>e soggettiva.Si deve ad Hans Selye la elaborazione del modello più noto <strong>di</strong> <strong>stress</strong>. Egli,infatti, definisce lo <strong>stress</strong> come la ris<strong>post</strong>a biologica del corpo a qu<strong>al</strong>siasi richiestaeffettuato su <strong>di</strong> esso ed ha definito “<strong>stress</strong>ori” i vari tipi <strong>di</strong> stimoli o agenti chesuscitano t<strong>al</strong>e reazione. T<strong>al</strong>e ris<strong>post</strong>a specifica, chiamata <strong><strong>da</strong>l</strong>l’autore “sindromegener<strong>al</strong>e <strong>di</strong> a<strong>da</strong>ttamento”, si sviluppa in tre fasi successive: la fase <strong>di</strong> <strong>al</strong>larme, quella <strong>di</strong>resistenza e quella <strong>di</strong> esaurimento.- Durante la fase <strong>di</strong> <strong>al</strong>larme si verifica la mobilitazione delle energie <strong>di</strong>fensive,l’inn<strong>al</strong>zamento della frequenza car<strong>di</strong>aca, della pressione, della tensione muscolare ela <strong>di</strong>minuzione dell’attività delle ghiandole s<strong>al</strong>ivari, che provoca il noto fenomeno <strong>di</strong>“secchezza delle fauci”.- Nella fase <strong>di</strong> resistenza l’organismo è impegnato nel tentativo <strong>di</strong> a<strong>da</strong>ttarsi <strong>al</strong>lasituazione. Vi è un gradu<strong>al</strong>e abbassamento dei livelli <strong>di</strong> <strong>al</strong>larme inizi<strong>al</strong>e e gli in<strong>di</strong>cifisiologici tendono a norm<strong>al</strong>izzarsi . Ciò non vuol <strong>di</strong>re che il problema sia statosuperato, perché è invece proprio in questa fase che lo sforzo dell’organismo perraggiungere un nuovo a<strong>da</strong>ttamento è massimo.- Se la con<strong>di</strong>zione <strong>stress</strong>ante continua o è troppo intensa e/o prolungata, l’in<strong>di</strong>viduoentra nella fase <strong>di</strong> esaurimento in cui l’organismo non è più in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersied in cui la capacità <strong>di</strong> a<strong>da</strong>ttarsi ulteriormente <strong>al</strong>la situazione viene a mancare.7


Avremo in questo caso la comparsa <strong>di</strong> quelle che Selye 14 chiama “m<strong>al</strong>attiedell’a<strong>da</strong>ttamento”, rappresentate, ad esempio, <strong><strong>da</strong>l</strong> <strong>di</strong>abete o <strong><strong>da</strong>l</strong>l’ipertensione.Non tutti gli in<strong>di</strong>vidui che entrano nella fase <strong>di</strong> esaurimento sviluppano però lostesso tipo <strong>di</strong> patologia. T<strong>al</strong>i <strong>di</strong>fferenze in<strong>di</strong>vidu<strong>al</strong>i sono <strong>da</strong> ascrivere a “fattoricon<strong>di</strong>zionanti”, che possono essere endogeni, come la pre<strong>di</strong>sposizione acquisitageneticamente, il sesso e l’età, oppure esogeni, come il regime <strong>al</strong>imentare ol’appren<strong>di</strong>mento, che possono inn<strong>al</strong>zare o inibire selettivamente i <strong>di</strong>versi aspettidelle ris<strong>post</strong>a <strong>di</strong> <strong>stress</strong>.I cambiamenti fisiologici che avvengono <strong>al</strong>l’interno dell’organismosembrano essere influenzati non solo <strong><strong>da</strong>l</strong>la intensità della stimolazione esterna maanche <strong><strong>da</strong>l</strong>le <strong>di</strong>verse attività e strategie che le persone adottano nell’affrontare lasituazione. L’insieme dei comportamenti e delle strategie adottate <strong>da</strong>gli in<strong>di</strong>vidui insituazioni <strong>stress</strong>anti, in<strong>di</strong>cato con il termine inglese “coping” (far fronte,fronteggiare) hanno permesso <strong>di</strong> meglio comprendere come nelle medesimecon<strong>di</strong>zioni non tutte le persone sperimentino lo stesso grado <strong>di</strong> <strong>stress</strong>. Ad esempio,una ricerca <strong>di</strong> Wolff, Friedman, Hofer e Mason ha messo in luce come i genitori <strong>di</strong>bambini leucemici che tentavano <strong>di</strong> reagire <strong>al</strong>la situazione negando la gravità dellecon<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> s<strong>al</strong>ute dei propri figli presentassero <strong>al</strong>terazioni nei livelli <strong>di</strong> cortisolo<strong>di</strong>verse <strong>da</strong> quelle dei genitori che sembravano più consapevoli della gravità dellam<strong>al</strong>attia.L’aumento delle conoscenze sullo <strong>stress</strong> ha comportato un cambiamentonella prospettiva adottata <strong>da</strong>i veri stu<strong>di</strong>osi, che è passata <strong><strong>da</strong>l</strong> porre l’accentosoprattutto sulla considerazione e misurazione <strong>di</strong> stimoli fisici a posizioni che<strong>da</strong>nno maggiore importanza <strong>al</strong>la me<strong>di</strong>azione cognitiva. I processi cognitivi vengonoassumendo un peso sempre più determinante sia come me<strong>di</strong>atori dello <strong>stress</strong>, sia14Selye H., Stress, Acta Me<strong>di</strong>ca Pubblication, Montre<strong>al</strong>; trad.it. Stress, Einau<strong>di</strong>, Torino (1957).8


anche come fonti essi stessi <strong>di</strong> <strong>stress</strong>. Da questo punto <strong>di</strong> vista in un certo sensol’approccio fisiologico <strong>al</strong>lo stu<strong>di</strong>o dello <strong>stress</strong> si avvicina <strong>al</strong>l’approccio piùpropriamente psicologico.L’approccio psicologico.Questo tipo <strong>di</strong> approccio attribuisce una maggiore importanza <strong>al</strong>le variabilicognitive nello sviluppo dello <strong>stress</strong>.Alcuni autori hanno usato l’espressione “<strong>stress</strong> psicologico” in riferimento adeventi ambient<strong>al</strong>i. Basowitz , Persky, Korkin e Grinker, ad esempio, partendo <strong><strong>da</strong>l</strong>presup<strong>post</strong>o che qu<strong>al</strong>siasi stimolo sia in grado <strong>di</strong> evocare ansia in un particolaresoggetto e che ciò <strong>di</strong>pen<strong>da</strong> <strong><strong>da</strong>l</strong> significato che questi gli attribuisce, <strong>di</strong>stinguono unaparticolare classe <strong>di</strong> stimoli in grado <strong>di</strong> provocare <strong>di</strong>sagi notevoli nella maggior partedegli in<strong>di</strong>vidui, e chiamano questi stimoli “<strong>stress</strong>”. Essi intendono riferirsi a “quellaclasse <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni che per la loro minaccia esplicita <strong>al</strong> funzionamento vit<strong>al</strong>e e perla loro intensità sono in grado <strong>di</strong> sovraccaricare la capacità dei meccanismi a<strong>da</strong>ttividella maggior parte degli organismi”. 15Anche Janis 16 si occupa dello <strong>stress</strong> considerandolo collegato a situazioni <strong>di</strong>pericolo obiettivo, anche se non necessariamente comportanti pericolo <strong>di</strong> vita per ilsoggetto. L’autore si occupa <strong>di</strong> una speci<strong>al</strong>e classe <strong>di</strong> “eventi pericolosi”, gliinterventi chirurgici, e in particolare della minaccia che questi costituiscono perl’integrità fisica del paziente. Egli identifica tre fasi princip<strong>al</strong>i dello <strong>stress</strong>psicologico, e cioè:- la fase <strong>di</strong> minaccia, nella qu<strong>al</strong>e la persona percepisce i segni del pericolo incombentee/o riceve comunicazioni <strong>di</strong> avvertimento che <strong>al</strong>imentano la sua preoccupazione;15Basowitz H., Persky H., Korkin S., Grinker R.(1955), Anxiety and Stress, McGraw Hill, New Jork.16Janis I.L. (1958), Psychologic<strong>al</strong> Stress, John Wiley & Sons, London.9


- la fase <strong>di</strong> impatto del pericolo, in cui la persona avverte che il pericolo è presente eche la possibilità <strong>di</strong> uscire indenne <strong><strong>da</strong>l</strong>la situazione <strong>di</strong>pende, <strong>al</strong>meno in parte, <strong><strong>da</strong>l</strong>leazioni protettive che lei stessa o <strong>al</strong>tre persone possono eventu<strong>al</strong>mente eseguire;- la fase <strong>di</strong> vittimizzazione <strong>post</strong>-impatto, durante la qu<strong>al</strong>e la persona si rende contodelle per<strong>di</strong>te subite e <strong>al</strong>lo stesso tempo è ancora sotto<strong>post</strong>a a severe deprivazioni checontinuano dopo che il pericolo acuto è scomparso, cioè è nella fase <strong>post</strong>-operatoria<strong>di</strong> conv<strong>al</strong>escenza.Secondo Janis, attraverso opportune informazioni fornite <strong>al</strong> paziente primadell’intervento si favorirebbe il “work of worring” (il lavoro della preoccupazione)intesa come attività conscia <strong>di</strong> ripetizione <strong>di</strong> eventi <strong>stress</strong>anti e dei loro risultati,permettendo <strong>al</strong>la persona un a<strong>da</strong>ttamento più efficace <strong>al</strong>la situazione. Il soggettoavrebbe delle aspettative più re<strong>al</strong>istiche circa l’intervento, il dolore che esso comporta eil decorso <strong>post</strong>-operatorio. Tutto ciò si rifletterebbe in livelli più bassi <strong>di</strong> ansia, in un<strong>di</strong>verso rapporto con il person<strong>al</strong>e me<strong>di</strong>co e in un recupero più veloce dopo l’intervento.L’attività cognitiva sarebbe cioè efficace nell’attutire e nel me<strong>di</strong>are l’impatto negativo <strong>di</strong>un “evento pericoloso” come un intervento chirurgico.In sostanza, le informazioni <strong>da</strong>te <strong>al</strong> paziente sull’operazione e sul decorso <strong>post</strong>operatoriogli fornirebbero una forma <strong>di</strong> “controllo cognitivo” e gli permetterebbe laprogettazione e la messa in atto <strong>di</strong> un comportamento <strong>di</strong> “coping” efficace ed adeguato<strong>al</strong>la situazione. Ciò gli permetterebbe <strong>di</strong> sperimentare livelli <strong>di</strong> <strong>stress</strong> e <strong>di</strong> ansia piùcontenuti.Tuttavia non sempre il fornire informazioni precise su un evento potenzi<strong>al</strong>mentepericoloso è utile per abbassare i livelli <strong>di</strong> <strong>stress</strong> e <strong>di</strong> ansia.Miller 17 mette in evidenza come il fornire informazioni dettagliate sull’eventotemuto possa servire ad abbassare l’ansia e lo <strong>stress</strong> solo se ciò è in accordo con lo stile17Miller S.M., When is a little Information a Dangerous Thing? Coping with Stressful Events byMonitoring versus, Plenum Press, New Jork, London, 198010


<strong>di</strong> coping preferito <strong><strong>da</strong>l</strong> soggetto. Vi sono persone, infatti, che, in presenza <strong>di</strong> situazionipotenzi<strong>al</strong>mente pericolose, tendono a mettere in atto soprattutto strategie chefavoriscono la <strong>di</strong>strazione, mentre <strong>al</strong>tre, nella medesima situazione, preferiscono ilmonitoraggio attento dei segn<strong>al</strong>i che testimoniano l’incombenza del pericolo.Secondo Lazarus, perché il <strong>concetto</strong> <strong>di</strong> <strong>stress</strong> venga compreso pienamente ènecessario considerare due concetti ad esso strettamente legati: quello <strong>di</strong> v<strong>al</strong>utazione(apprais<strong>al</strong>) e quello <strong>di</strong> coping. Egli <strong>di</strong>stingue due tipi <strong>di</strong> v<strong>al</strong>utazione: la v<strong>al</strong>utazione“primaria”, rivolta <strong>al</strong>l’ambiente ed <strong>al</strong> significato <strong>di</strong> minaccia, sfi<strong>da</strong> o <strong>da</strong>nno che ilsoggetto gli attribuisce; la v<strong>al</strong>utazione “secon<strong>da</strong>ria” , che riguar<strong>da</strong> la considerazionedelle risorse e opzioni <strong>di</strong>sponibili per gestire il <strong>da</strong>nno re<strong>al</strong>e o potenzi<strong>al</strong>e (v<strong>al</strong>utazione delcoping).Il coping ha due funzioni fon<strong>da</strong>ment<strong>al</strong>i: cambiare la <strong>di</strong>fficile relazione conl’ambiente e mo<strong>di</strong>ficare lo stato emozion<strong>al</strong>e del soggetto. La prima funzionecomprenderà strategie ed azioni il cui scopo è ridurre l’impatto negativo della situazionetramite un cambiamento esterno della situazione stessa. Essa, quin<strong>di</strong>, è foc<strong>al</strong>izzata sulproblema (problem-focused). La secon<strong>da</strong> funzione, essendo foc<strong>al</strong>izzata sull’emozione(emotion-focused), fa si che le strategie messe in atto saranno tese <strong>al</strong>la mo<strong>di</strong>ficazionedell’esperienza soggettiva spiacevole e delle emozioni negative che la accompagnano.Entrambe le funzioni possono concretizzarsi in quattro mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi e riguar<strong>da</strong>re lapersona o l’ambiente. Essi possono consistere:- ricerca <strong>di</strong> informazioni, che permette, ad esempio, una riv<strong>al</strong>utazione dell’interasituazione come non pericolosa;- azioni <strong>di</strong>rette, in<strong>di</strong>rizzate <strong>al</strong> cambiamento dell’ambiente o a qu<strong>al</strong>che aspetto delsoggetto stesso;- inibizione dell’azione, in conformità con regole soci<strong>al</strong>i o mor<strong>al</strong>i oppure concaratteristiche proprie dell’in<strong>di</strong>viduo;11


- mo<strong>di</strong> intrapsichici <strong>di</strong> coping, che comprendono tutte le strategie cognitive adottatenel tentativo <strong>di</strong> gestire la situazione.L’attività <strong>di</strong> coping è essenzi<strong>al</strong>e per quanto riguar<strong>da</strong> sia la possibilità <strong>di</strong> risultatia<strong>da</strong>ttivi sia la presenza o assenza dell’esperienza <strong>di</strong> <strong>stress</strong>. Infatti, se la personapercepisce <strong>di</strong> avere a <strong>di</strong>sposizione un “coping behavior”, anche se ciò noncorrisponde <strong>al</strong>la re<strong>al</strong>tà, non si verificherà l’esperienza <strong>di</strong> <strong>stress</strong>. Se invece il tentativo<strong>di</strong> dominare la situazione ed il proprio stato emozion<strong>al</strong>e f<strong>al</strong>lisce, l’in<strong>di</strong>viduoesperisce stati <strong>di</strong> “ <strong>di</strong>sperazione e <strong>di</strong> impotenza appresa”.Anche Cox 18 affronta il problema dello <strong>stress</strong> secondo una posizionetransazion<strong>al</strong>e. In collaborazione con Mackay egli propone un modello che descrive ilprocesso <strong>di</strong> <strong>stress</strong> ed i suoi effetti in cinque fasi:- nella prima fase è presente una “fonte <strong>di</strong> richiesta”, che può essere sia nell’ambienteesterno che intraperson<strong>al</strong>e;- nella secon<strong>da</strong> fase vi è un confronto tra le richieste percepite e la capacità <strong>di</strong> farvifronte (coping). Se il risultato <strong>di</strong> questo confronto è un <strong>di</strong>sequilibrio in favore dellerichieste, si verificherà l’esperienza soggettiva <strong>di</strong> <strong>stress</strong>. Quest’ultima saràaccompagnata <strong>da</strong> cambiamenti fisiologici e <strong>da</strong> tentativi <strong>da</strong> parte del soggetto <strong>di</strong>gestire la situazione;- la terza fase comprende le ris<strong>post</strong>e fisiologiche <strong>di</strong> <strong>stress</strong>;- la quarta e la quinta fase considerano, rispettivamente, le conseguenze dei tentativi<strong>di</strong> coping e l’informazione retroattiva che viene <strong>al</strong> soggetto <strong>da</strong>i vari elementi dellasituazione (feedback).L’attenzione dei ricercatori, nel tentativo <strong>di</strong> spiegare le <strong>di</strong>fferenze in<strong>di</strong>vidu<strong>al</strong>i, siè anche concentrata sullo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> variabili <strong>di</strong>verse <strong><strong>da</strong>l</strong>la me<strong>di</strong>azione cognitiva chepossono intervenire nel processo <strong>di</strong> <strong>stress</strong>. Ricor<strong>di</strong>amo:18Cox T., Stress, Mc Millan Education, London, 1978.12


- la variabilità della vulnerabilità, che potrebbe essere considerata una tendenza arispondere in maniera <strong>di</strong>sa<strong>da</strong>ttiva a certe situazioni e può <strong>di</strong>pendere sia <strong>da</strong> fattoriere<strong>di</strong>tari (avere, ad esempio, genitori schizofrenici), sia <strong><strong>da</strong>l</strong>la mancanza <strong>di</strong> abilitàperson<strong>al</strong>i (come un repertorio <strong>di</strong> coping poco efficace);- la variabilità della resistenza (hardness), considerata una caratteristica stabile dellaperson<strong>al</strong>ità degli in<strong>di</strong>vidui, che permette una migliore gestione delle situazioni<strong>stress</strong>anti;- la convinzione <strong>di</strong> poter tenere sotto controllo o influenzare gli eventi della propriaesperienza;- l’abilità <strong>di</strong> sentirsi profon<strong>da</strong>mente coinvolti o impegnati nelle attività della propriavita;- la capacità <strong>di</strong> vivere il cambiamento come opportunità per un ulteriore sviluppo.Un’<strong>al</strong>tra variabile che ha ricevuto una particolare attenzione è il sostegnosoci<strong>al</strong>e (soci<strong>al</strong> support) che prende in debita considerazione gli effetti benefici sullas<strong>al</strong>ute che sembrano avere i sentimenti <strong>di</strong> amicizia, il conforto, il sostegno mor<strong>al</strong>e emateri<strong>al</strong>e.I contributi forniti <strong><strong>da</strong>l</strong>l’approccio psicologico <strong>al</strong>lo stu<strong>di</strong>o dello <strong>stress</strong> sembrasiano caratterizzati <strong>da</strong>i seguenti punti:- si passa <strong><strong>da</strong>l</strong>la concezione <strong>di</strong> <strong>stress</strong> inteso come evento estremo che mette in pericolola sopravvivenza stessa della persona, ad una concezione <strong>di</strong> <strong>stress</strong> visto come unprocesso determinato <strong><strong>da</strong>l</strong> complesso interscambio tra soggetto ed ambiente;- le persone non rimangono inermi, non subiscono passivamente l’influenzadell’ambiente e degli eventi potenzi<strong>al</strong>mente negativi;- la relazione tra <strong>stress</strong>ore e ris<strong>post</strong>e <strong>di</strong> <strong>stress</strong> non è <strong>di</strong>retta ma è me<strong>di</strong>atacognitivamente,- la vulnerabilità,13


- la resistenza;- il sostegno soci<strong>al</strong>e.LIFE STRESSOltre ai <strong>da</strong>ti provenienti <strong><strong>da</strong>l</strong>lo stu<strong>di</strong>o dello <strong>stress</strong> secondo l’approcciofisiologico e psicologico, <strong>al</strong>tri contributi vengono <strong>da</strong> quell’area <strong>di</strong> ricerca che vasotto il nome <strong>di</strong> <strong>stress</strong> <strong>di</strong> vita o “life <strong>stress</strong>”.In questo settore vengono stu<strong>di</strong>ati princip<strong>al</strong>mente gli avvenimenti <strong>di</strong> vita cheaccadono <strong>al</strong>le persone nel corso della loro esistenza, il loro potenzi<strong>al</strong>e ruolo <strong>di</strong><strong>stress</strong>ori e l’impatto che questi eventi hanno o sembrano avere sulla s<strong>al</strong>ute fisica epsichica dell’in<strong>di</strong>viduo.Il vantaggio offerto <strong>da</strong> questo tipo <strong>di</strong> approccio è costituito <strong><strong>da</strong>l</strong> fatto <strong>di</strong> potermisurare lo <strong>stress</strong> in termini <strong>di</strong> eventi obiettivi.Decisiva per questa area <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o è stata la pubblicazione della Sc<strong>al</strong>a delleEsperienze Recenti (Schedule of Recent Experiences) e della Sc<strong>al</strong>a <strong>di</strong> Ria<strong>da</strong>ttamentoSoci<strong>al</strong>e (Sc<strong>al</strong>e of Soci<strong>al</strong> Readjustment) elaborate <strong>da</strong> Holmes e Rahe 19 <strong>al</strong>lo scopo <strong>di</strong>misurare l’impatto che certi eventi della vita hanno sull’in<strong>di</strong>viduo, quantificandonegli effetti sulla s<strong>al</strong>ute. L’idea base è che ogni evento, in<strong>di</strong>pendentemente che siapositivo o negativo, abbia in sé un forte potenzi<strong>al</strong>e <strong>di</strong>sorganizzante, perché provocaun cambiamento <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e i soggetti si devono a<strong>da</strong>ttare . Lo sforzo e le <strong>di</strong>fficoltà chele persone incontrano per ria<strong>da</strong>ttarsi <strong>al</strong>le nuove con<strong>di</strong>zioni le renderebbero più19Holmes T.H. e Rahe R.H., The Soci<strong>al</strong> Readjustment Rating Sc<strong>al</strong>e, in “Journ<strong>al</strong> of PsychosomaticResearch”, 11 1967, pp.213-218.14


suscettibili <strong>al</strong>l’insorgere <strong>di</strong> m<strong>al</strong>attie e <strong>di</strong>sturbi <strong>di</strong> varie genere ed entità, checomparirebbero in un periodo successivo <strong>al</strong>l’evento <strong>di</strong> vita.Il sistema elaborato <strong>da</strong>i due ricercatori, “The Life Sc<strong>al</strong>e”, elenca gli eventipiù importanti della vita che possono indurre situazioni <strong>di</strong> crisi, che sono:1) morte del coniuge o <strong>di</strong> una persona amata;2) <strong>di</strong>vorzio;3) separazione <strong><strong>da</strong>l</strong> coniuge;4) morte <strong>di</strong> un parente stretto;5) grave ferita o m<strong>al</strong>attia person<strong>al</strong>e;6) matrimonio;7) licenziamento o per<strong>di</strong>ta del <strong>post</strong>o <strong>di</strong> lavoro;8) mutamento importante nella s<strong>al</strong>ute o nel comportamento <strong>di</strong> un membro dellafamiglia;9) <strong>di</strong>fficoltà sessu<strong>al</strong>i;10) acquisto <strong>di</strong> un nuovo membro della famiglia. 20Numerose ricerche hanno utilizzato le sc<strong>al</strong>e ideate <strong>da</strong> Holmes e Rahe, trovandodelle relazioni tra il numero <strong>di</strong> eventi <strong>stress</strong>anti accaduti ad un soggetto in un certo arco<strong>di</strong> tempo e i cambiamenti avvenuti nel suo stato <strong>di</strong> s<strong>al</strong>ute.Questo approccio <strong>al</strong>lo <strong>stress</strong> ha raccolto molti consensi ma anche molte critiche.I consensi sono relativi <strong>al</strong> fatto che gli avvenimenti <strong>di</strong> vita che determinano lo <strong>stress</strong>sono eventi oggettivi, misurabili obiettivamente ed il cui impatto sulla s<strong>al</strong>ute può essereverificato. Le critiche riguar<strong>da</strong>no invece gli aspetti metodologici, come la v<strong>al</strong>i<strong>di</strong>tàpre<strong>di</strong>ttiva e la fedeltà degli strumenti adottati, e le assunzioni teoriche <strong>di</strong> base, comel’adozione implicita del modello <strong>di</strong> <strong>stress</strong> pro<strong>post</strong>o <strong>da</strong> Selye.20I <strong>di</strong>eci eventi più <strong>stress</strong>anti della vita sono riportati anche nel testo <strong>di</strong> Restak R., Il Cervello,Mon<strong>da</strong>dori,Milano, 1986, p.161.15


Partendo sempre <strong><strong>da</strong>l</strong> modello <strong>di</strong> <strong>stress</strong> pro<strong>post</strong>o <strong>da</strong> Selye, <strong>al</strong>cuni stu<strong>di</strong>osi hannocercato <strong>di</strong> elaborare strumenti <strong>di</strong> misurazione statisticamente migliori <strong>di</strong> quelli ideati <strong>da</strong>Holmes e Rahe. E’ il caso della costruzione dell’Intervista <strong>di</strong> Ricerca Psicoepidemiologica(Psychiatric Epidemiology Research Intervieuw) <strong>di</strong> Dohorenwend,Krasnoff, Askenasy e Dohorenwend (1978) 21 .Lo scopo è sempre quello <strong>di</strong> misurare il cambiamento provocato <strong><strong>da</strong>l</strong>l’evento nellavita delle persone e le sue relazioni con la m<strong>al</strong>attia, rispettando però i seguenti requisiti:- gli item devono essere rappresentativi delle esperienze <strong>di</strong> vita per la popolazionestu<strong>di</strong>ata;- devono essere costituiti <strong>da</strong> eventi <strong>di</strong>screti e descritti in modo chiaro onde evitarefrainten<strong>di</strong>menti;- non devono essere essi stessi manifestazioni sintomatiche <strong>di</strong> problemi fisici opsicologici già esistenti.E’ <strong>da</strong> sottolineare che il nuovo strumento non appare motodologicamente correttoperché non considera i fattori in<strong>di</strong>vidu<strong>al</strong>i, continuando a mantenere un approccio <strong>al</strong>lo<strong>stress</strong> che esclude l’importanza della me<strong>di</strong>azione cognitiva e considera l’impatto deglieventi in<strong>di</strong>pendentemente <strong><strong>da</strong>l</strong> significato <strong>di</strong>verso che ogni evento può assumere per ivari in<strong>di</strong>vidui.Altri autori, pur ponendosi il problema <strong>di</strong> utilizzare strumenti corretti, hannoconsiderato l’importanza del giu<strong>di</strong>zio person<strong>al</strong>e sull’evento. Ricor<strong>di</strong>amo Sarason,Johnson e Siegel (1978) 22 , che hanno pro<strong>post</strong>oil Rapporto sulle Esperienze <strong>di</strong> Vita ( Life Experiences Survey).Nonostante gli sforzi compiuti <strong>da</strong>i <strong>di</strong>versi ricercatori per trovare strumenti a<strong>da</strong>ttia stu<strong>di</strong>are e misurare l’impatto degli eventi <strong>di</strong> vita sulla s<strong>al</strong>ute, le correlazioni21Dohorenwend B.S., Krasnoff L., Askenasy A.R., Dohorenwend B.P. (1978), Exemplification of aMethod for Sc<strong>al</strong>ing Life Events: The Peri Life Event Sc<strong>al</strong>e, in Journ<strong>al</strong> of He<strong>al</strong>th and Soci<strong>al</strong>Behavior,19,pp. 205-229.22Sarason I.G., Johnson J.H., Siegel J.M. (1978), Assesing the Impact of Life Changes: Development ofthe Experiences Survey, in “Journ<strong>al</strong> of Consulting and Clinic<strong>al</strong> Psychology”, 46, pp. 932-946.16


in<strong>di</strong>viduate rimangono insod<strong>di</strong>sfacenti: E’ infatti <strong>di</strong>ventato sempre più evidente che granparte delle persone es<strong>post</strong>e ad eventi <strong>di</strong> vita potenzi<strong>al</strong>mente <strong>stress</strong>anti non sviluppa<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni fisici o emozion<strong>al</strong>i, e che solo una percentu<strong>al</strong>e relativamente piccola <strong>di</strong>soggetti ne risente in maniera considerevole. Resta quin<strong>di</strong> aperto il <strong>di</strong>fficile problema <strong>di</strong>stabilire se le <strong>di</strong>fficoltà che si presentano in seguito <strong>al</strong> verificarsi <strong>di</strong> certi eventi siano <strong>da</strong>attribuire a <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni emozion<strong>al</strong>i già esistenti oppure se è l’evento stesso che,richiedendo un ria<strong>da</strong>ttamento, rende le persone maggiormente vulnerabili <strong>al</strong>lo sviluppoe/o <strong>al</strong>l’incremento <strong>di</strong> certi <strong>di</strong>sturbi.I vari tentativi volti a far luce su questo punto non hanno ancora portato <strong>al</strong>lasoluzione del problema nella sua glob<strong>al</strong>ità, anche se gli strumenti a <strong>di</strong>sposizione e letecniche <strong>di</strong> ricerca sono migliorati e sono stati creati nuovi strumenti in grado <strong>di</strong><strong>di</strong>stinguere gli eventi in base <strong>al</strong>la loro desiderabilità, preve<strong>di</strong>bilità, gravità,controllabilità.Nel tentativo <strong>di</strong> trovare una soluzione ai problemi ancora aperti, l’interesse deiricercatori si è venuto s<strong>post</strong>ando su quelle variabili che possono attenuare gli effettinegativi degli eventi <strong>di</strong> vita e, più in gener<strong>al</strong>e, dello <strong>stress</strong> stesso, qu<strong>al</strong>i, ad esempio, ilsostegno soci<strong>al</strong>e e i processi <strong>di</strong> coping 23 .Recentemente <strong>al</strong>cuni autori hanno suggerito che la ricerca sullo <strong>stress</strong> e suglieventi <strong>di</strong> vita potrebbe essere migliorata qu<strong>al</strong>ora si considerasse anche il contesto in cuigli eventi accadono; cioè an<strong>al</strong>izzare l’evento non isolatamente ma rispetto <strong>al</strong>l’insiemedelle con<strong>di</strong>zioni e circostanze <strong>di</strong> vita attu<strong>al</strong>i dell’in<strong>di</strong>viduo 24 . Significa inoltreconsiderarlo <strong>al</strong>l’interno dell’ambito <strong>di</strong> uno specifico dominio <strong>di</strong> vita o area<strong>di</strong>funzionamento della persona ( persona, famiglia ). Secondo questi autori, infatti, basarsi23Kessler R.C., Price R.H., Wortman C.B.( 1985) , Soci<strong>al</strong> Factors in Psycho-pathology: Stress, Soci<strong>al</strong>Support and Coping Process, in “ Annu<strong>al</strong> Review of Psychology, 3, pp. 531-572.24Si ve<strong>da</strong>no in merito i testi <strong>di</strong> Moos R.H. e Swindle R.W., Stressful Life Circumstances: Concepts andMeasures, in “ Stress Me<strong>di</strong>cine”, 6, 1990, pp.171-178 e Swindle R.W. e Moos R.H., Life Domains inStressors, Coping and Adjustment, in W.B.W<strong>al</strong>sh, K.H.Craik, R.H.Price, Person-EnvironmentPsychology: Models and Perspectives, Erlbaum, Hills<strong><strong>da</strong>l</strong>e, New Jorh, 1992.17


esclusivamente sull’evento acuto (ad esempio, una m<strong>al</strong>attia improvvisa e grave) nonpermetterebbe <strong>di</strong> cogliere il significato che l’evento può avere per persone <strong>di</strong>fferenti. Adesempio, la m<strong>al</strong>attia improvvisa e grave <strong>di</strong> un membro della famiglia è indubbiamenteun evento <strong>stress</strong>ante ma, se si inserisce in un contesto preesistente <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltàfinanziarie e <strong>di</strong> carenza <strong>di</strong> supporto soci<strong>al</strong>e, è molto probabile che il potenzi<strong>al</strong>e<strong>stress</strong>ante <strong>di</strong> questo evento sia maggiore. Inoltre, poiché ogni dominio <strong>di</strong> vita permettela re<strong>al</strong>izzazione <strong>di</strong> bisogni e scopi <strong>di</strong>fferenti per i <strong>di</strong>versi in<strong>di</strong>vidui, l’impatto e gli effettidegli eventi saranno <strong>di</strong>versi a secon<strong>da</strong> dell’importanza che quel <strong>da</strong>to dominio ha per ilsoggetto. Ad esempio, se una persona è fortemente motivata <strong>al</strong> successo ed <strong>al</strong>lare<strong>al</strong>izzazione in ambito lavorativo, è probabile che gli eventi acuti e le <strong>di</strong>fficoltàcroniche relative a quest’area siano vissuti come più rilevanti rispetto ad <strong>al</strong>tri, magarioggettivamente più gravi, che però accadono in ambiti che il soggetto v<strong>al</strong>uta menoimportanti.GLI EVENTI CATACLISMATICIUn’<strong>al</strong>tra area <strong>di</strong> ricerca che ha contribuito <strong>al</strong>la conoscenza dello <strong>stress</strong> e deisuoi effetti è quella che si de<strong>di</strong>ca <strong>al</strong>lo stu<strong>di</strong>o degli eventi cataclismatici.Come area <strong>di</strong> ricerca essa si avvicina per certi aspetti a quella sugli eventi <strong>di</strong>vita ma se ne <strong>di</strong>fferenzia perché considera anche aspetti molto particolari, propridell’esperienza <strong>di</strong> <strong>di</strong>sastro 25 .Nella categoria in esame vengono solitamente fatti rientrare i <strong>di</strong>sastri natur<strong>al</strong>i(le <strong>al</strong>luvioni, i terremoti, le eruzioni vulcaniche, etc.), i <strong>di</strong>sastri tecnologici ( ad es: lefughe <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ottavità delle centr<strong>al</strong>i nucleari), i <strong>di</strong>sastri provocati <strong><strong>da</strong>l</strong>l’uomo ( ad es: leguerre ).25Evans Melick M., Logue J.N., Federick C.J.8 1982), Stress and Disaster, in L.Goldberg, S.Breznitz(eds.), Handbook of Stress, Free Press, New Jork.18


La <strong>di</strong>fferenza più evidente tra questo tipo <strong>di</strong> acca<strong>di</strong>mento e gli eventi <strong>di</strong> vita èche i <strong>di</strong>sastri non sono eventi comuni che norm<strong>al</strong>mente capitano <strong>al</strong>le persone nelcorso dello loro esistenza.Un’<strong>al</strong>tra <strong>di</strong>fferenza è che in queste situazioni l’esperienza <strong>stress</strong>ante non èlimitata a livello in<strong>di</strong>vidu<strong>al</strong>e ma coinvolge più persone contemporaneamente.Gli eventi cataclismatici hanno suscitato l’interesse <strong>di</strong> ricercatori <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse<strong>di</strong>scipline, che vanno <strong><strong>da</strong>l</strong>la sociologia <strong>al</strong>l’epidemiologia, <strong>al</strong>la psicologia.D<strong>al</strong> punto <strong>di</strong> vista psicologico, sembra che gli eventi cataclismatici siano ingra<strong>di</strong> <strong>di</strong> produrre con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio e <strong>di</strong> <strong>stress</strong> che perdurano nel tempo.Depressione, ansia, <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> concentrazione, ostilità, incubi, sono i sintomi cheaumentano <strong>al</strong> verificarsi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sastri natur<strong>al</strong>i e che continuano ad essere presenti,anche se in misura minore, in perio<strong>di</strong> via via più lontani <strong><strong>da</strong>l</strong> momento in cui si èverificato l’evento 26 .Diverse ricerche sugli eventi cataclismatici utilizzano i criteri pro<strong>post</strong>i <strong><strong>da</strong>l</strong>“Manu<strong>al</strong>e <strong>di</strong>agnostico dei <strong>di</strong>sturbi ment<strong>al</strong>i” per la <strong>di</strong>agnosi del “<strong><strong>di</strong>sturbo</strong> <strong>post</strong><strong><strong>trauma</strong>tico</strong><strong>da</strong> <strong>stress</strong>, che consistono:- il rivivere l’evento attraverso i sogni oppure attraverso i ricor<strong>di</strong> improvvisi dellescene del <strong>di</strong>sastro;- un m<strong>al</strong>essere psicologico intenso che accompagna l’esposizione del soggetto adeventi che assomigliano o simbolicamente richiamano l’evento <strong><strong>trauma</strong>tico</strong>originario;- amnesia per aspetti dell’evento;- <strong>di</strong>minuzione dell’interesse per attività in passato significative per l’in<strong>di</strong>viduo;26Steinglass P., Gerrety E. (1980), Natur<strong>al</strong> Disasters and Post-<strong>trauma</strong>tic Stress Disorder: Short-termversus Longterm Recovery in Two Disaster affected Communities, in “Journ<strong>al</strong> of Applied soci<strong>al</strong>Psychology, 20, pp.1746-1765;Bravo M., Rubio-Stipec M., Canino G.J., Woodbury M.A., Ribera J.C.(1990), The Psychologic<strong>al</strong>Sequelae of Disaster Stress Prospectively Ev<strong>al</strong>uated, in “Americam Journ<strong>al</strong> of Community Psychology,18, pp. 661-680.19


- sensazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco e lontananza <strong>da</strong>gli <strong>al</strong>tri;- ridotta affettività.Più autori sono concor<strong>di</strong> nel ritenere che gli effetti a lungo termine degli eventicataclismatici sulla s<strong>al</strong>ute psicofisica degli in<strong>di</strong>vidui non siano identici in tutte lepersone che sono state es<strong>post</strong>e <strong>al</strong>l’evento e ciò in <strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong>fattori, che sono:- la natura del <strong>di</strong>sastro (natur<strong>al</strong>e o tecnologico);- la durata dell’impatto;- il grado <strong>di</strong> impatto person<strong>al</strong>e;- la presenza o l’assenza del supporto soci<strong>al</strong>e;- lo stato <strong>di</strong> s<strong>al</strong>ute fisica e ment<strong>al</strong>e del soggetto prima dell’evento.Questa interessante area <strong>di</strong> ricerca è caratterizzata <strong>da</strong> notevoli controversie. Glieventi cataclismatici hanno indubbiamente conseguenze negative per il benessere ela s<strong>al</strong>ute delle persone e sembrano provocare o la comparsa o un incremento <strong>di</strong> varieforme <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi, ma resta ancora <strong>da</strong> determinare qu<strong>al</strong>e tipo <strong>di</strong> evento o qu<strong>al</strong>icaratteristiche specifiche dei <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> evento sono più rilevanti a questoproposito.1.3 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVEDa quanto abbiamo fin qui es<strong>post</strong>o, emerge chiaramente come siamo ben lontani<strong><strong>da</strong>l</strong>l’avere una concezione univers<strong>al</strong>mente con<strong>di</strong>visa dello <strong>stress</strong> o delle metodologie chene assicurino uno stu<strong>di</strong>o corretto.Infatti, sono in molti a sostenere che sia meglio foc<strong>al</strong>izzare l’attenzione su eventi<strong>di</strong>screti e acuti; secondo <strong>al</strong>tri, invece, l’attenzione va rivolta ai problemi quoti<strong>di</strong>ani,20


indubbiamente meno gravi ma più prolungati nel tempo. Per <strong>al</strong>tri, infine, stu<strong>di</strong>are lo<strong>stress</strong> significa considerare le variazioni nei <strong>di</strong>versi in<strong>di</strong>ci fisiologici e biochimici checerti stimoli sono in grado <strong>di</strong> provocare.Selye rileva come lo <strong>stress</strong> sia inevitabile, per cui lo scopo del suo stu<strong>di</strong>o nondovrebbe essere quello eliminarlo, ma quello <strong>di</strong> imparare a gestirlo nel migliore deimo<strong>di</strong>. E’ <strong>da</strong> ricor<strong>da</strong>re che sempre Selye <strong>di</strong>stingue lo <strong>stress</strong> “positivo” <strong><strong>da</strong>l</strong>lo <strong>stress</strong>“negativo”. Il primo (eu<strong>stress</strong>) deriva <strong><strong>da</strong>l</strong> desiderio <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare i propri bisogni, <strong>di</strong>re<strong>al</strong>izzare le proprie aspirazioni; il secondo(<strong>di</strong><strong>stress</strong>) , che è quello che piùmaggiormente viene considerato nelle ricerche scientifiche, produce conseguenzenegative per la s<strong>al</strong>ute.Dai <strong>da</strong>ti delle ricerche è emerso che non vi è una relazione <strong>di</strong>retta tra“quantitativo <strong>di</strong> <strong>stress</strong>” ed effetti negativi per la s<strong>al</strong>ute ed il benessere dell’in<strong>di</strong>viduo.Ciò in considerazione che esiste una grossa variabilità in<strong>di</strong>vidu<strong>al</strong>e nelle ris<strong>post</strong>e <strong>di</strong><strong>stress</strong>. Nel tentativo <strong>di</strong> spiegare queste <strong>di</strong>fferenze, la letteratura si è foc<strong>al</strong>izzata semprepiù sullo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> quelle variabili che me<strong>di</strong>ano e moderano l’impatto dello <strong>stress</strong>. Traqueste, ricor<strong>di</strong>amo le abilità <strong>di</strong> coping ed il sostegno soci<strong>al</strong>e e inoltre le variabili legate<strong>al</strong>la person<strong>al</strong>ità, come la resistenza.Le possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>minuire gli effetti negativi dello <strong>stress</strong> attraverso ilmiglioramento delle abilità <strong>di</strong> coping è stata approfon<strong>di</strong>ta, <strong><strong>da</strong>l</strong> punto <strong>di</strong> vista clinico, <strong>da</strong>Meichenbaum 27 , che ha messo a punto una specifica procedura la “Training<strong>al</strong>l’inoculazione dello <strong>stress</strong>” (Stress inoculation training) . T<strong>al</strong>e procedura consistenell’aiutare il soggetto, in un setting protetto, a sviluppare le proprie risorse e capacità <strong>di</strong>gestione dello <strong>stress</strong>.Formulazioni recenti hanno però rilevato come il coping non sia uno stilecognitivo fisso. Esso è un processo che cambia nel tempo, <strong>da</strong> una situazione <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra e27Meichenbaum D.,Stress Inoculation Training, Pergamon Press, London; trad.it. Al termine dello <strong>stress</strong>,Erickson, Trento, 1990.21


anche <strong>al</strong>l’interno della stessa situazione. Una persona che si trova in una situazionepotenzi<strong>al</strong>mente <strong>stress</strong>ante non adotterebbe cioè esclusivamente strategie orientate <strong>al</strong>cambiamento della situazione esterna o del proprio stato emozion<strong>al</strong>e, ma, a secon<strong>da</strong>dello specifico contesto e delle v<strong>al</strong>utazioni relative ai propri scopi e bisogni,utilizzerebbe sia la strategia del problem-focused sia quella dell’emotion focusedcontemporaneamente, oppure quella che <strong>di</strong> volta in volta gli appare come la piùappropriata per quella <strong>da</strong>ta situazione.Allo scopo <strong>di</strong> verificare come il coping cambi <strong>da</strong> un contesto <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro e neltempo, è stata costruita la “sc<strong>al</strong>a dei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> coping” (Ways of Coping Sc<strong>al</strong>e), che èstata utilizzata in ricerche che osservano uno stesso gruppo <strong>di</strong> soggetti per un lungoperiodo <strong>di</strong> tempo, ripetendo più volte le misurazioni delle stesse variabili.Al momento lo strumento migliore per la misurazione del coping non esiste; lascelta dello strumento <strong>da</strong> utilizzare <strong>di</strong>pende <strong><strong>da</strong>l</strong> tipo <strong>di</strong> situazione che viene stu<strong>di</strong>ata, <strong><strong>da</strong>l</strong>quadro <strong>di</strong> riferimento concettu<strong>al</strong>e adottato <strong>da</strong>i ricercatori, <strong>da</strong>gli scopi che essi sipropongono.Come si è visto, la ricerca sullo <strong>stress</strong> è lungi <strong><strong>da</strong>l</strong>l’essere esaurita.22


IL CONCETTO DI TRAUMAIl <strong>trauma</strong> rappresenta un elemento chiave per giustificare la presenza <strong>di</strong> speci<strong>al</strong>isti inpsicologia e psichiatria <strong>al</strong>l’interno delle operazioni <strong>di</strong> soccorso. Il <strong>concetto</strong> <strong>di</strong> <strong>trauma</strong>rappresenta un elemento importante per esplorare tutte le <strong>di</strong>mensioni psichiche delleesperienze <strong>di</strong> emergenza. Esso permette <strong>di</strong> esplorare le complesse relazioni tra re<strong>al</strong>tàesterna e re<strong>al</strong>tà interna ai soggetti, <strong>di</strong>venendo così fenomeno decisivo per tutta la piùampia riflessione sulla re<strong>al</strong>tà psichica.Di <strong>trauma</strong> si incomincia a parlare in Europa nel 1700. I “sensisti” (Co<strong>di</strong>llac 1754)immaginarono la mente umana come “impressionabile” <strong><strong>da</strong>l</strong>la re<strong>al</strong>tà esterna. Gli stimolisensori<strong>al</strong>i erano immaginati come in grado <strong>di</strong> lasciare un’impronta negli organi <strong>di</strong> senso,tanto più profon<strong>da</strong> quanto più intenso era lo stimolo. T<strong>al</strong>i convincimenti permangonoancora nella nostra cultura a vari livelli. Così nel linguaggio comune vengono descrittecome “impressionabili” le persone che reagiscono emotivamente ad <strong>al</strong>cuni spettacoli esi cerca <strong>di</strong> <strong>da</strong>re una buona impressione <strong>di</strong> sé nei primi incontri con una nuovaconoscenza. La comune esperienza <strong>di</strong> immagini che tornano <strong>al</strong>la memoria con il lorocarico <strong>di</strong> angoscia è <strong>al</strong>la ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> <strong>al</strong>cune superstizioni, qu<strong>al</strong>e quella che le donne ingravi<strong>da</strong>nza debbano essere tenute lontane <strong><strong>da</strong>l</strong>la vista <strong>di</strong> soggetti <strong>di</strong>sabili o m<strong>al</strong>formati.Evidentemente la risonanza emotiva che può scatenarsi <strong><strong>da</strong>l</strong>l’incontro tra ansie materne em<strong>al</strong>attie visibili è interpretata come causa <strong>di</strong> possibili m<strong>al</strong>formazioni nel nascituro. Maanche <strong>al</strong>cuni modelli terapeutici moderni, riconoscendosi in posizioni sensistiche,ripartono <strong><strong>da</strong>l</strong>la <strong>di</strong>mensione sensori<strong>al</strong>e per ristrutturare i ricor<strong>di</strong> che <strong>al</strong>imentano ilpermanere dei traumi. Ciò che però <strong>di</strong>stingue le concezioni contemporanee <strong>da</strong> quelleantiche, <strong>al</strong>meno a livello scientifico, è il giu<strong>di</strong>zio nei confronti <strong>di</strong> chi risulta più“impressionabile” o impressionato <strong>di</strong> <strong>al</strong>tri. La nascita della psichiatria mor<strong>al</strong>e nel 180023


portò a considerare molto negativamente coloro che non riuscivano a liberarsivelocemente delle immagini e delle impressioni che li avevano colpiti negativamente(Bonomi 2001). Gli autori del tempo sostenevano che le impressioni cattive dovrebberoessere cancellate norm<strong>al</strong>mente <strong>da</strong> Madre Natura che si occupa in modo provvidenzi<strong>al</strong>e<strong>di</strong> rimuovere i brutti ricor<strong>di</strong>. Ciò induceva a ritenere che chi aveva subito abusi eviolenze e non riusciva a <strong>di</strong>menticare gli eventi era ritenuto responsabile della sua stessasofferenza e giu<strong>di</strong>cato ad<strong>di</strong>rittura come perverso, amor<strong>al</strong>e. Fino <strong>al</strong>la fine dell’800 iltermine “<strong>trauma</strong>” non compare ancora nella letteratura e quelle che venivano chiamatele “insane passioni” venivano confinate <strong>al</strong>le classi più povere e a poche menti viziosedelle classi abbienti. Nel 1883 Page inventa il termine “shock nervoso”. Con lo sviluppodella ferrovia iniziarono i primi drammatici incidenti ferroviari e poiché i viaggiatorierano prev<strong>al</strong>entemente persone ricche e colte, furono necessariamente esse amanifestare, dopo l’incidente, incubi, timori. Quando dunque t<strong>al</strong>i persone, in seguito agravi incidenti, iniziarono a sviluppare quelli che oggi chiamiamo sintomi <strong>post</strong><strong>trauma</strong>ticisi smise <strong>di</strong> pensare a questi sintomi come in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> amor<strong>al</strong>ità della persona,per avanzare un’ipotesi neurologica. L’ipotesi era che la sovraeccitazione nervosacausasse “una irritazione spin<strong>al</strong>e”. I nervi rimanevano così a lungo eccitati ed eccitabili,causando lunghi strascichi nel tempo. (Page 1883). Uno shock nervoso, dunque, e nonancora un <strong>trauma</strong> psichico, ma certamente un <strong>da</strong>nno provocato <strong><strong>da</strong>l</strong>l’esterno in unsoggetto meritevole <strong>di</strong> cure in quanto vittima. Il <strong>concetto</strong> <strong>di</strong> “<strong>trauma</strong> psichico” fuintrodotto nel 1884 <strong>da</strong> Strumpel, secondo il qu<strong>al</strong>e <strong>al</strong>l’interno della situazione critica siintrecciano forti emozioni e domande drammatiche. La <strong>di</strong>fferenza, pertanto, tra il<strong>concetto</strong> <strong>di</strong> Shock e quello <strong>di</strong> <strong>trauma</strong> sta proprio nella <strong>di</strong>mensione ment<strong>al</strong>e <strong>di</strong>quest’ultimo. Il soggetto, in sostanza , oltre ad essere sotto<strong>post</strong>o a una stimolazionesensori<strong>al</strong>e soverchiante, è pre<strong>da</strong> <strong>di</strong> una forte paura che solleva domande del tipo “che nesarà <strong>di</strong> me?” La presa d’atto della propria assoluta impotenza può traformarsi in una24


idea patogena. Nel 1885 Charcot arricchisce l’ipotesi <strong>di</strong> Strumpel, affermando che l’ideapatogena ha degli effetti nefasti solo se entra in stati <strong>di</strong> coscienza <strong>di</strong>ssociata (ipotesiideogenetica dell’isteria). Si ritorna così <strong>al</strong>la potenzi<strong>al</strong>e colpevolizzazione delle vittime,perché è avanzata l’ipotesi che la fissazione dell’idea patogena <strong>di</strong>pen<strong>da</strong> <strong>da</strong> unapre<strong>di</strong>sposizione person<strong>al</strong>e o <strong>da</strong> desideri morbosi non <strong>di</strong>chiarati, <strong>da</strong> una volontà debole o<strong><strong>da</strong>l</strong>la person<strong>al</strong>ità psicopatica della presunta vittima. In sostanza, è come affermare cheun evento che ha provocato una forte paura può recare <strong>da</strong>nni psichici solo se la personaè già <strong>di</strong> per sé debole e geneticamente pre<strong>di</strong>s<strong>post</strong>a. Oppenheim (1889) rilancia il<strong>concetto</strong> <strong>di</strong> “nevrosi <strong>trauma</strong>tica” rivit<strong>al</strong>izzando l’attenzione sulla <strong>di</strong>mensioneneurologica della sofferenza. T<strong>al</strong>e attenzione permette in un certo senso <strong>di</strong> liberare levittime <strong>da</strong> processi <strong>di</strong> colpevolizzazione, perché il corpo, concepito come macchina,semplicemente è “offeso” <strong><strong>da</strong>l</strong>la re<strong>al</strong>tà materi<strong>al</strong>e esterna. Fu Sigmund Freud (1968) aproporre un’ipotesi <strong>di</strong> spiegazione sulle <strong>di</strong>fferenze interperson<strong>al</strong>i nelle reazioni <strong>al</strong>lostesso evento <strong><strong>trauma</strong>tico</strong>. Nacque così la teoria del “<strong>trauma</strong> interno”, evento legato aforti domande pulsion<strong>al</strong>i e re<strong>al</strong>izzato più a livello d’immaginazione che sul piano dellare<strong>al</strong>tà. T<strong>al</strong>e teoria amplificò la forza del <strong>concetto</strong> <strong>di</strong> <strong>trauma</strong> psichico, svincolandologradu<strong>al</strong>mente <strong><strong>da</strong>l</strong>la concezione puramente neurologica e fisica proprio dello shocknervoso e permise <strong>di</strong> offrire una ris<strong>post</strong>a a chi notava che non tutte le strutture <strong>di</strong>person<strong>al</strong>ità entravano in crisi <strong>da</strong>vanti ad un evento <strong><strong>trauma</strong>tico</strong>. Tuttavia ciò comportò laconsapevolezza della potenzi<strong>al</strong>e vulnerabilità <strong>di</strong> ogni soggetto, poiché un <strong>trauma</strong>originario, vissuto a livello inconscio e puramente intrapsichico, non può essereosservato se non a <strong>post</strong>eriori. Inoltre, riportando le origini <strong>di</strong> ogni <strong>trauma</strong> psichico<strong>al</strong>l’interno dei singoli in<strong>di</strong>vidui, si <strong>da</strong>va spazio nuovamente <strong>al</strong>la possibilità <strong>di</strong> accusarele vittime (o tutt’<strong>al</strong> più il loro inconscio) <strong>di</strong> non essere in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi <strong><strong>da</strong>l</strong>ladrammaticità del re<strong>al</strong>e, o ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> avere una fragilità <strong>di</strong> base dovuta ad un eccessom<strong>al</strong> gestito <strong>di</strong> pulsioni sessu<strong>al</strong>i o aggressive. Nel 1924 Rank iniziò a parlare <strong>di</strong> “<strong>trauma</strong>25


della nascita”. Secondo lo stu<strong>di</strong>oso la fragilità umana si basava su una prima edoriginaria situazione <strong>trauma</strong>tica: il catastrofico passaggio <strong><strong>da</strong>l</strong> protettivo ambienteintrauterino <strong>al</strong>l’iperstimolante ambiente esterno. In questo modo era persa la specificitàdelle sofferenze <strong>trauma</strong>tiche, introducendo l’idea che un originario <strong>trauma</strong> infantilefosse comune a tutti gli esseri umani. Allontanandosi <strong><strong>da</strong>l</strong>l’idea che gravi incidentiesterni potessero essere re<strong>al</strong>e causa <strong>di</strong> sofferenza psichica in età adulta, la psican<strong>al</strong>isi siavviò ad interminabili <strong>di</strong>battiti sulle complesse <strong>di</strong>namiche intrapsichiche che sostengonoogni sofferenza ment<strong>al</strong>e e sulle <strong>di</strong>verse fasi dell’infanzia in cui potevano esserein<strong>di</strong>viduati i prodromi <strong>di</strong> t<strong>al</strong>i sofferenze26


I DISTURBI POST- TRAUMATICIL’esperienza bellica costituisce la ra<strong>di</strong>ce delle più recenti teorizzazioni sul<strong>concetto</strong> <strong>di</strong> <strong>trauma</strong>, sfociate nella definizione <strong>di</strong> “<strong><strong>di</strong>sturbo</strong> <strong>post</strong>-<strong><strong>trauma</strong>tico</strong> <strong>da</strong><strong>stress</strong>”(PTSD). Lo stu<strong>di</strong>o delle ris<strong>post</strong>e emotive <strong>al</strong>le catastrofi inizia <strong><strong>da</strong>l</strong>l’osservazionedei <strong>di</strong>sastri non natur<strong>al</strong>i: le guerre. Sintomi come debolezza <strong>di</strong>ffusa, p<strong>al</strong>pitazioni edolore toracico, presentati <strong>al</strong> termine della guerra civile americana, erano stati etichettati<strong>da</strong>i ricercatori come “sofferenze <strong>da</strong> nost<strong>al</strong>gia”. Queste osservazioni permettono <strong>di</strong>avanzare le prime ipotesi, relative <strong>al</strong> fatto che <strong>di</strong>sturbi psicologici potessero esseregenerati <strong>da</strong> eventi <strong>stress</strong>anti. (Trimble 1985). L’idea prende corpo in modo sempre piùpreciso in relazione agli orrori suscitati <strong><strong>da</strong>l</strong>le guerre mon<strong>di</strong><strong>al</strong>i. Con la secon<strong>da</strong> guerramon<strong>di</strong><strong>al</strong>e si passò <strong><strong>da</strong>l</strong>l’utilizzo <strong>di</strong> termini come “cuore del sol<strong>da</strong>to”, “cuore irritabile”,“sindrome <strong>da</strong> affaticamento” a termini clinici come “shock <strong>da</strong> proiettile”, “fatica <strong>da</strong>battaglia”, “nevrosi <strong>di</strong> guerra”. E’ tuttavia solo <strong>al</strong>la fine degli anni settanta (guerra delVietnam: Il <strong><strong>di</strong>sturbo</strong>, infatti è stato an<strong>al</strong>izzato e co<strong>di</strong>ficato per la prima volta tra i sol<strong>da</strong>ti<strong>di</strong> ritorno <strong>da</strong> t<strong>al</strong>e guerra, molti dei qu<strong>al</strong>i si sono <strong>di</strong>mostrati incapaci, una volta tornati inpatria, <strong>di</strong> riprendere una vita norm<strong>al</strong>e, esibendo spesso comportamenti antisoci<strong>al</strong>i) che leosservazioni cliniche iniziano ad aggregarsi attorno ad un preciso quadro <strong>di</strong>agnostico.Eventi <strong>trauma</strong>tici e <strong>di</strong>sastri possono gettare l’esistenza dell’in<strong>di</strong>viduo nel caos,provocando un’intensa paura degli imprevisti, timore <strong>di</strong> morire, <strong>di</strong> subire per<strong>di</strong>te e <strong>da</strong>nnifisici. Il caos <strong>da</strong> <strong>trauma</strong> non si comporta in modo casu<strong>al</strong>e ma segue una struttura e undecorso preve<strong>di</strong>bili, sosteneva Ursano nel 1994. Dopo tante <strong>di</strong>scussioni (ci sono volutiquasi <strong>di</strong>eci anni) si arriva ad ottenere l’inserimento del <strong>di</strong>sturbi <strong>post</strong>-<strong>trauma</strong>tici <strong>da</strong> <strong>stress</strong>(PTSD) qu<strong>al</strong>e categoria <strong>di</strong>agnostica autonoma <strong>al</strong>l’interno del DSM-III. In t<strong>al</strong>e sistema<strong>di</strong>agnostico è descritta una specifica ris<strong>post</strong>a estrema a un fattore fortemente27


<strong>stress</strong>ogeno, che prevede un aumento notevole del livello dell’ansia, esitamento deglistimoli associati <strong>al</strong> <strong>trauma</strong> e appiattimento della reattività emozion<strong>al</strong>e.Nel DSM-III sono considerati eventi <strong>trauma</strong>tici quelli “fuori <strong><strong>da</strong>l</strong> range comuned’esperienza o d’intensità”. Ma cosa si intende per “comune esperienza”? Comeconsiderare le sofferenze che si sviluppano in paesi cronicamente martoriati <strong><strong>da</strong>l</strong>laguerra? La descrizione dei <strong>di</strong>sturbi <strong>post</strong>-<strong>trauma</strong>tici <strong>da</strong> <strong>stress</strong> fu perfezionata nel DSM-III-R (American Psychiatric Association, 1987), fornendo un criterio operativo piùaccurato ed estendendo le descrizioni dei sintomi per una fascia d’età più ampia, inclusii bambini. Con il DSM-IV (1994) sono stati mo<strong>di</strong>ficati i criteri per i <strong>di</strong>sturbi <strong>post</strong><strong>trauma</strong>tici<strong>da</strong> <strong>stress</strong>, includendo nella definizione <strong>di</strong> “evento potenzi<strong>al</strong>mente<strong>trauma</strong>tizzante” l’esposizione a minacce dell’integrità fisica. Si definisce dunque<strong><strong>trauma</strong>tico</strong> ogni evento che minaccia la sopravvivenza o l’integrità del soggetto, cosìcome notizie o eventi <strong>di</strong> cui si è spettatori, che coinvolgono persone care e cheminacciano la loro sopravvivenza o l’integrità fisica.I sintomi del <strong><strong>di</strong>sturbo</strong> <strong>post</strong>-<strong><strong>trauma</strong>tico</strong> sono attu<strong>al</strong>mente raggruppati in tre categorieprincip<strong>al</strong>i e la <strong>di</strong>agnosi richiede che i sintomi permangano per più <strong>di</strong> un mese.-Nel primo gruppo rientrano le esperienze in cui l’evento <strong><strong>trauma</strong>tico</strong> è rivissuto.Si tratta in particolare <strong>di</strong> incubi notturni e pensieri, sensazioni ed emozioni cheriemergono con forte nitidezza. Un intenso <strong>di</strong>sagio psicologico può essere provocatoanche <strong>da</strong> elementi che rappresentano simbolicamente o in<strong>di</strong>rettamente l’esperienza<strong>trauma</strong>tica. Rumori, luoghi, frasi, immagini cinematografiche, con<strong>di</strong>zioni climatiche eanche ricorrenze possono scatenare reazioni emotive intense.-Nella secon<strong>da</strong> categoria rientrano sintomi d’evitamento e attenuazione dellareattività gener<strong>al</strong>e. L’appiattimento della reattività gener<strong>al</strong>e si manifesta nel <strong>di</strong>minuitointeresse per gli <strong>al</strong>tri, in un senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco e d’estraneità e nell’incapacità <strong>di</strong> provareemozioni positive. Questi sintomi possono entrare in contrad<strong>di</strong>zione con quelli della28


precedente categoria e <strong>al</strong>ternarsi in termini <strong>di</strong> fluttuazioni. La persona in <strong>di</strong>fficoltàattraversa fasi <strong>al</strong>terne <strong>di</strong> ottun<strong>di</strong>mento e <strong>di</strong> riaffioramento dell’esperienza <strong>trauma</strong>tica.-Nella terza ed ultima categoria <strong>di</strong> sintomi rientrano tutti quelli relativi<strong>al</strong>l’aumentata attivazione fisiologica,qu<strong>al</strong>i la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> prendere sonno, la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong>concentrazione, l’ipervigilanza e le esagerate ris<strong>post</strong>e <strong>di</strong> <strong>al</strong>larme.Il <strong>di</strong>sagio psicologico rientra, come abbiamo in precedenza detto, nei criteri delPTSD se dura <strong>al</strong>meno un mese e, aggiungiamo, se ha <strong>al</strong>meno sei sintomi nelle trecategorie sopra menzionate. Si parla <strong>di</strong> “ PTSD acuto” se l’insorgenza dei sintomi èregistrata in un arco <strong>di</strong> tempo inferiore ai tre mesi e se i sintomi permangono in modocronico. L’osservazione del fatto che in <strong>al</strong>cuni casi la comparsa dei sintomi avvienedopo sei mesi dell’evento ha portato ad introdurre la categoria <strong>di</strong> “ PTSD ritar<strong>da</strong>to”,quadro clinico che appare tipico nei soggetti che sono stati presi come ostaggio insituazioni <strong>di</strong> conflitto e violenza.A partire <strong>da</strong> queste definizioni, le ricerche hanno evidenziato il nesso profondoche esiste tra situazioni <strong>trauma</strong>tiche e <strong>di</strong>sagi psichici protratti per lunghi anni <strong><strong>da</strong>l</strong> cessatopericolo (Lewis, 1997; Pynoos, 1990; Drell, Siegel, Gaensbauer, 1996). Gli effetti <strong>al</strong>ungo termine <strong>di</strong> queste con<strong>di</strong>zioni possono tradursi in sintomi eclatanti, qu<strong>al</strong>isomatizzazioni, comportamenti fobici, <strong>di</strong>sfunzioni <strong>al</strong>imentari), ma anche in aumento <strong>di</strong>comportamenti a rischio in età adulta, qu<strong>al</strong>i l’abuso <strong>di</strong> tabacco, d’<strong>al</strong>cool e <strong>di</strong>stupefacenti, fino ad un preoccupante aumento dei tassi <strong>di</strong> autolesionismo.29


IL TRAUMA NEL BAMBINOAppare innegabile che i bambini coinvolti in situazioni <strong>trauma</strong>tiche <strong>al</strong>l’interno deicontesti <strong>di</strong> emergenza hanno bisogno <strong>di</strong> particolare attenzione psicologica. Ragionietiche, ma anche motivi tecnici suggeriscono l’opportunità <strong>di</strong> porre attenzione <strong>al</strong>lapsiche in via <strong>di</strong> sviluppo del bambino. Una competenza psicologica può evidenziarecome, visti con gli occhi e la mente dei bambini, gli eventi connessi <strong>al</strong>le emergenzepossono apparire assai <strong>di</strong>versi <strong>da</strong> come appaiono agli adulti. Non conoscere osottov<strong>al</strong>utare le <strong>di</strong>fferenze tra lo sguardo infantile e lo sguardo adulto può rendereinefficaci i tentativi <strong>di</strong> sostegno e soccorso, <strong>di</strong> protezione e rassicurazione.Un motivo tecnico che suggerisce la necessità <strong>di</strong> porre una particolare attenzioneai bambini nei contesti <strong>di</strong> emergenza è la consapevolezza delle durature e nefasteconseguenze delle situazioni <strong>trauma</strong>tiche. T<strong>al</strong>i conseguenze sono state messe in luce<strong>da</strong>gli stu<strong>di</strong>osi che si sono occupati nello specifico dell’impatto degli eventi bellici suibambini (Levy, 1945; Bowlby, 1983).Una particolare attenzione meritano le riflessioni <strong>di</strong> Bowlby sul <strong>trauma</strong> dellaper<strong>di</strong>ta (1983) , una delle esperienze che lo stu<strong>di</strong>oso descrive come tra le più doloroseche si possano mai provare.. L’intensità del dolore e il suo effetto par<strong>al</strong>izzante in etàevolutiva causano conseguenze a lungo termine che incidono sul funzionamento dellaperson<strong>al</strong>ità. La per<strong>di</strong>ta non è solo dolorosa <strong>da</strong> provare ma lo è anche come esperienzacui assistere per il senso <strong>di</strong> impotenza che scatena.Bowlby fa un’ampia <strong>di</strong>samina delle reazioni e delle conseguenze del lutto inadulti e bambini. Le variabili considerate sono: l’identità e il ruolo delle personaperduta, l’età ed il sesso, le cause e le circostanze della per<strong>di</strong>ta, le situazioni soci<strong>al</strong>i epsicologiche <strong>al</strong> momento della per<strong>di</strong>ta e la person<strong>al</strong>ità del soggetto colpito <strong><strong>da</strong>l</strong> lutto. E’30


assai interessante l’approfon<strong>di</strong>mento che Bowlby de<strong>di</strong>ca <strong>al</strong> ruolo delle circostanze in cuiavviene la per<strong>di</strong>ta. Una morte improvvisa, ad esempio, gener<strong>al</strong>mente è vissuta <strong>al</strong>l’iniziocome maggiormente <strong>trauma</strong>tica.. Altre circostanze intervengono ad aumentare o<strong>di</strong>minuire le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> approccio <strong>al</strong>l’evento. Pren<strong>di</strong>amo in esame, ad esempio, lamo<strong><strong>da</strong>l</strong>ità della morte: un periodo prolungato <strong>di</strong> pesanti cure ha effetti <strong>di</strong>versi rispetto adun decesso improvviso in un incidente o in un <strong>di</strong>sastro natur<strong>al</strong>e.E’ rilevante anche come viene comunicata l’informazione della morte della personacara: il soggetto può essere presente <strong>al</strong> momento del decesso, gli può venire riferita lanotizia e non vederne nemmeno il corpo, gli può essere ad<strong>di</strong>rittura tenuta nascosta. Piùla conoscenza è <strong>di</strong>retta, meno intensa è la tendenza a non credere che il decesso sia<strong>da</strong>vvero avvenuto; se la morte, poi, è tenuta segreta, come spesso avviene con i bambini,la convinzione che la persona sia viva e che tornerà si fa sempre più forte. Un ruoloconsiderevole hanno anche i rapporti che esistevano con la persona deceduta nei giorniimme<strong>di</strong>atamente antecedenti <strong>al</strong>la morte (teoria dell’attaccamento).Le osservazioni <strong>di</strong> Bowlby, proficuamente riprese negli anni novanta, hanno<strong>da</strong>to luogo ad <strong>al</strong>cune ipotesi in grado <strong>di</strong> spiegare in modo <strong>di</strong>namico la complessità delleris<strong>post</strong>e infantili <strong>di</strong> fronte ai pericoli. Appare, in questo caso, <strong>di</strong> primaria importanzaconsiderare l’an<strong>da</strong>mento tempor<strong>al</strong>e. V<strong>al</strong>ent (2000) ha <strong>di</strong>viso in cinque perio<strong>di</strong> i processiche accompagnano i <strong>di</strong>sastri, associando ad essi <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> reazione. T<strong>al</strong>i perio<strong>di</strong>sono: la fase <strong>di</strong> pre-impatto (precedente <strong>al</strong> <strong>di</strong>sastro), l’impatto (momento in cui il<strong>di</strong>sastro si re<strong>al</strong>izza), la fase <strong>di</strong> contraccolpo (imme<strong>di</strong>atamente dopo l’evento), il periodo<strong>post</strong>-impatto ( <strong>al</strong>cuni giorni o settimane successive <strong>al</strong>l’evento), il tempo del recupero ericostruzione ( mesi ed anni dopo il <strong>di</strong>sastro).La maggior parte delle ricerche ha preso in esame le reazioni dei bambini,foc<strong>al</strong>izzandosi sulla fase <strong>di</strong> recupero e ricostruzione. Le reazioni stu<strong>di</strong>ate sono quin<strong>di</strong>quelle tipiche dei mesi e degli anni successivi <strong>al</strong> <strong>di</strong>sastro. Alcuni autori, tuttavia, hanno31


tentato una descrizione delle reazioni più frequenti che si registrano nella fase <strong>di</strong>contraccolpo (la fase imme<strong>di</strong>atamente dopo l’evento). Spesso emergono incredulità,stor<strong>di</strong>mento, insieme a sentimenti <strong>di</strong> sopraffazione e <strong>di</strong> irre<strong>al</strong>tà riferiti <strong>al</strong> mondo e a séstessi (V<strong>al</strong>ent, 2000). In uno stu<strong>di</strong>o esplorativo sulle prime reazioni dei bambini dopol’uragano Andrew (Coffman, 1994) i soggetti riportavano un senso <strong>di</strong> stranezza e lasensazione che qu<strong>al</strong>cosa <strong>di</strong> soprannatur<strong>al</strong>e avesse catturato la loro vita subito dopol’uragano. A t<strong>al</strong>i reazioni psicologiche si aggiungevano tutta una serie <strong>di</strong> sintomi fisicicollegati <strong>al</strong>lo <strong>stress</strong>: aumenti dei livelli <strong>di</strong> cortisone e <strong>di</strong> adren<strong>al</strong>ina e <strong>di</strong>minuzione delle<strong>di</strong>fese immunitarie.Nella versione per l’infanzia e l’adolescenza del DSM-IV (Rapaport, Ismond,2000) i criteri per il <strong><strong>di</strong>sturbo</strong> <strong>post</strong>-<strong><strong>trauma</strong>tico</strong> <strong>da</strong> <strong>stress</strong> sono stati resi più appropriati <strong>al</strong>levarie età e la definizione sottolinea che la reazione <strong>di</strong> paura nei bambini ha unaesperienza specifica <strong>di</strong> <strong>stress</strong> estremo e <strong>al</strong> <strong>trauma</strong> psicologico che comporta pericoloconcreto o minaccia <strong>di</strong> morte o lesioni. Inoltre i sintomi devono causare <strong>di</strong>sagioclinicamente rilevante o interferire con le aree importanti del funzionamento. Il quadroclinico quin<strong>di</strong> deve tenere presente il contesto del <strong>trauma</strong>, le caratteristiche dellaperson<strong>al</strong>ità del bambino, la capacità del genitore <strong>di</strong> sostenere e aiutare il bambino e ilmodo in cui il bambino elabora l’esperienza. Il sintomo più comune è la riesperienzadell’evento. L’evento <strong><strong>trauma</strong>tico</strong> riemerge secondo <strong>di</strong>fferenti mo<strong><strong>da</strong>l</strong>ità: incubi ripetuti,pensieri ricorrenti e intrusivi, <strong>stress</strong> e angoscia nel ricor<strong>da</strong>re il <strong>trauma</strong>. Con i bambinipiccoli si può osservare una mo<strong><strong>da</strong>l</strong>ità particolare <strong>di</strong> gioco (gioco <strong>post</strong>-<strong><strong>trauma</strong>tico</strong>) cheriproduce concretamente <strong>al</strong>cuni aspetti della situazione <strong>trauma</strong>tica ma in modo <strong>di</strong>verso<strong><strong>da</strong>l</strong> gioco rielaborativo, <strong>di</strong>segni ed episo<strong>di</strong> <strong>di</strong>ssociativi in cui il <strong>trauma</strong> viene riprodottosenza <strong>al</strong>cuna intenzion<strong>al</strong>ità.I sintomi <strong>di</strong> evitamento o intorpi<strong>di</strong>mento consistono in un appiattimento della sensibilitàdel bambino, arresto o <strong>di</strong>storsione del processo <strong>di</strong> sviluppo, <strong>di</strong>sturbi del sonno (terrori32


notturni con risvegli e pianto inconsolabile), <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> attenzione e <strong>di</strong> concentrazione,ipervigilanza e ris<strong>post</strong>e d’<strong>al</strong>larme esagerate.I bambini e gli adolescenti <strong>trauma</strong>tizzati spesso manifestano <strong>al</strong>tre reazioni <strong>post</strong><strong>di</strong>sastro,come <strong>di</strong>sturbi depressivi, ansia. (Vernberg, Varela, 2001). La percentu<strong>al</strong>e <strong>di</strong>comorbilità è estremamente <strong>al</strong>ta nei bambini con <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi <strong>post</strong>-<strong>trauma</strong>tici <strong>da</strong><strong>stress</strong>. (American Academy of Child and Adolescent Psychiatry). In seguito<strong>al</strong>terremoto avvenuto in Armenia nel 1988 i ricercatori in molti bambini riscontraronosintomi sia <strong>di</strong> PTSD sia <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni depressivi e ad<strong>di</strong>rittura, in molti <strong>di</strong> essi, anche<strong>di</strong>sturbi d’ansia <strong>da</strong> separazione. L’aspetto più inaspettato <strong>di</strong> questa ricerca fu larilevazione dell’emergenza tar<strong>di</strong>va della depressione e che i livelli della depressioneerano più <strong>al</strong>ti tra i giovani che mostravano PTSD cronici. Poiché i <strong>di</strong>sastri in gener<strong>al</strong>epossono provocare anche la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> persone care, è facile riscontrare notevoli reazionidepressive; in questi casi, però, la depressione viene a essere un <strong><strong>di</strong>sturbo</strong> secon<strong>da</strong>rio chesorge <strong><strong>da</strong>l</strong>la per<strong>di</strong>ta e <strong>da</strong> sintomi <strong>post</strong>-<strong>trauma</strong>tici non risolti. Gurwich nota che i <strong>di</strong>sturbi<strong>post</strong>-<strong>trauma</strong>tici <strong>da</strong> <strong>stress</strong> possono complicare il processo del lutto ed interferire sia congli sforzi del bambini <strong>di</strong> affrontare la per<strong>di</strong>ta sia con l’abilità <strong>di</strong> a<strong>da</strong>ttarsi <strong>al</strong>la vita dopo ilcambiamento.L’aumento della paura in seguito ad un evento <strong><strong>trauma</strong>tico</strong> o a un <strong>di</strong>sastro è statorilevato tra i bambini più gran<strong>di</strong> e tra gli adolescenti. Spesso t<strong>al</strong>i paure sono <strong>di</strong>rettamentecorrelate <strong>al</strong> tipo <strong>di</strong> <strong>trauma</strong> vissuto. Vogel, Vernberg (1993) notarono che la pauradell’acqua, dei tuoni e dei tempor<strong>al</strong>i è stata notevolmente riscontrata tra i bambini inseguito a un uragano. Silverman, Ginsburg (1995) notarono che gli eventi <strong>trauma</strong>ticipossono essere considerati come un potenzi<strong>al</strong>e percorso <strong>al</strong>lo sviluppo <strong>di</strong> fobie ed <strong>al</strong>tri<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni su base ansiogena. Sintomi come depressione, ansia e preoccupazioni sipossono presentare facilmente dopo un <strong>di</strong>sastro, ma non deve sorprendere anche lacompromissione delle abilità scolastiche in considerazione che un <strong>di</strong>sastro <strong>di</strong>strugge in33


modo significativo la routine <strong>di</strong> tutti i giorni. E’ opinione <strong>di</strong>ffusa che gli eventi<strong>trauma</strong>tici possono fare aumentare gli abbandoni scolastici, concorrere <strong>al</strong>la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>opportunità soci<strong>al</strong>i, favorire la vulnerabilità <strong>da</strong>ta <strong>da</strong> eventi <strong>stress</strong>anti della vita comem<strong>al</strong>attie, <strong>di</strong>vorzi, violenza familiare e abuso <strong>di</strong> sostanze.Alcune ricerche (Vogel, Vernberg, 1993) hanno evidenziato che i bambini con <strong>di</strong>fficoltàscolastiche e <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento e problemi dell’attenzione preesistente possono esibireun più <strong>al</strong>to numero <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà rispetto a soggetti senza t<strong>al</strong>i deficit. Uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> LaGreca e collaboratori (1998) ha identificato il basso successo scolastico e gli <strong>al</strong>ti livellidell’attenzione come fattori <strong>di</strong> rischio per i sintomi <strong>post</strong>-<strong>trauma</strong>tici <strong>da</strong> <strong>stress</strong> durante i tremesi successivi <strong>al</strong> <strong>di</strong>sastro.Tra gli aspetti dell’esposizione <strong>trauma</strong>tica bisogna considerare la prossimitàdell’evento e la durata e intensità della situazione minacciosa. Quanto più il bambino èfisicamente vicino <strong>al</strong> <strong>di</strong>sastro, tanto più intense e pervasive saranno la sue reazioni.Bisogna sottolineare che la relazione tra l’esposizione <strong>al</strong>lo <strong>stress</strong>or o a <strong>stress</strong>ors multiplie sintomi manifesti <strong>di</strong> sofferenza non è semplice; infatti sebbene l’esposizione a più<strong>stress</strong>or costituisce un indubbio fattore <strong>di</strong> rischio, i bambini che sono stati colpiti <strong>da</strong> piùeventi <strong>trauma</strong>tici e li hanno risolti in modo sod<strong>di</strong>sfacente, riportano minori livelli <strong>di</strong>sofferenza, qu<strong>al</strong>ora si trovino nuovamente a trattare con un nuovo <strong>di</strong>sastro, rispetto abambini che affrontano la situazione <strong>trauma</strong>tica per la prima volta.Prendendo in considerazione la fase successiva <strong>al</strong> <strong>di</strong>sastro, la variabile chemaggiormente influenza le reazioni infantili è la capacità potenzi<strong>al</strong>e dell’ambiente <strong>di</strong>ridurre o accentuare lo <strong>stress</strong>. La presenza <strong>di</strong> un <strong><strong>di</strong>sturbo</strong> psicopatologico nel genitore ola concomitanza dell’evento con fasi particolarmente critiche del corso della vita (es.pubertà) rendono la situazione ancora più problematica <strong>da</strong> gestire. Green e collaboratori(1991) hanno riscontrato che un <strong>al</strong>tro aspetto della capacità potenzi<strong>al</strong>e <strong>di</strong> recupero è ilfunzionamento psicosoci<strong>al</strong>e dell’adulto, incluso il livello <strong>di</strong> psicopatologia e <strong>di</strong> reazione34


<strong>al</strong> <strong>di</strong>sastro. La psicopatologia genitori<strong>al</strong>e è pre<strong>di</strong>ttiva <strong>di</strong> <strong>al</strong>ti livelli <strong>di</strong> sintomi <strong>post</strong><strong>trauma</strong>tici<strong>da</strong> <strong>stress</strong> in bambini e adolescenti, come è avvenuto in seguito <strong>al</strong> collassodella <strong>di</strong>ga <strong>di</strong> Buff<strong>al</strong>o Creek. Poiché i genitori costituiscono la princip<strong>al</strong>e fonte <strong>di</strong>informazione per i loro figli, i genitori con <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> a<strong>da</strong>ttamento sono meno abili aprovvedere <strong>al</strong> supporto e <strong>al</strong> conforto necessario ai loro figli dopo il <strong>di</strong>sastro, perchétroppo ripiegati sui loro problemi. Se i bambini sentono che gli adulti hanno un certocontrollo, ciò può prevenire l’attivazione <strong>di</strong> un ciclo <strong>di</strong> reciproca amplificazione dellesofferenze. In sostanza, <strong>da</strong>ti i numerosi <strong>stress</strong>or che accompagnano l’evento <strong>di</strong>sastro, ilsupporto soci<strong>al</strong>e proveniente <strong><strong>da</strong>l</strong>le <strong>di</strong>verse figure educative vicine <strong>al</strong> bambino puòaiutare a minimizzare lo <strong>stress</strong> infantile. La Greca sostiene che il supporto soci<strong>al</strong>e che ibambini percepiscono proveniente <strong>da</strong> figure significative (genitori, amici, insegnanti,ecc.) va a mitigare l’impatto del <strong>di</strong>sastro.La ris<strong>post</strong>a <strong>al</strong>la crisi nei bambiniIl coping inteso come capacità <strong>di</strong> far fronte <strong>al</strong>le situazioni problematiche è <strong>da</strong>considerare un importante fattore pre<strong>di</strong>ttivo. Parecchi stu<strong>di</strong> hanno riscontrato chebambini ed adolescenti con strategie <strong>di</strong> coping negative per trattare lo <strong>stress</strong> (rabbia edeterocolpevolizzazione) mostrano maggiori livelli <strong>di</strong> sintomi rispetto a bambini e<strong>da</strong>dolescenti con ris<strong>post</strong>e <strong>di</strong> coping positivo. I bambini con strategie <strong>di</strong> coping negativeevidenziano una maggiore persistenza dei sintomi nel tempo. Per quanto riguar<strong>da</strong> lestrategie <strong>di</strong> coping è essenzi<strong>al</strong>e identificare e comprendere gli sforzi che il bambinomette in atto per autoproteggersi. Sino a non molto tempo fa la v<strong>al</strong>utazionedell’autoprotezione era centrata sui lavori <strong>di</strong> Folkman e Lazarus (1985), mentre negliultimi anni si è <strong>da</strong>to maggior peso <strong>al</strong>la comprensione <strong>di</strong> come i bambini v<strong>al</strong>utanol’evento <strong>stress</strong>ante nelle <strong>di</strong>verse fasi dello sviluppo. Considerato il potenzi<strong>al</strong>e effetto del<strong>di</strong>sastro sui bambini anche sul lungo periodo è <strong>di</strong> primaria importanza poter effettuare35


un’attenta v<strong>al</strong>utazione complessiva del loro stato dopo l’evento. In molte situazioni,infatti, appare più utile una v<strong>al</strong>utazione ampia e glob<strong>al</strong>e dei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> comportamento,piuttosto che il semplice accertamento dei sintomi clinici.Secondo Patricia Crittenden (1997a, 1997b), che ha in<strong>da</strong>gato sui processi <strong>di</strong>elaborazione dell’informazione, ogni bambino <strong>di</strong>spone <strong>al</strong>la nascita <strong>di</strong> <strong>al</strong>cuni meccanismiinnati per garantire protezione <strong>da</strong>i potenzi<strong>al</strong>i pericoli: trattasi <strong>di</strong> strumenti relativi <strong>al</strong>laregolazione dell’attenzione, <strong>al</strong>la trasformazione delle informazioni cognitive e affettivee <strong>al</strong>la loro integrazione a livello sensomotorio.. Nel periodo della prima infanzia leinformazioni cognitive e affettive sono organizzate in due sistemi <strong>di</strong>stinti: la memoriaprocedur<strong>al</strong>e (che consiste in integrazioni <strong>di</strong> stimoli sensori<strong>al</strong>i con ris<strong>post</strong>e motorie) e lamemoria <strong>di</strong> immagini (che contiene le rappresentazioni sensori<strong>al</strong>i del contesto associatead esperienze <strong>di</strong> pericolo o s<strong>al</strong>vezza e <strong>al</strong>l’immagine <strong>di</strong> sé). La “memoria procedur<strong>al</strong>e”conterrebbe prev<strong>al</strong>entemente informazioni cognitive relative ai comportamenti appresiche hanno avuto successo; la “memoria per immagini” sarebbe invece più agganciataagli aspetti affettivi delle interazioni. Davanti ad un potenzi<strong>al</strong>e pericolo ilcomportamento autoprotettivo del bambino può ricevere tre tipi <strong>di</strong> ris<strong>post</strong>e parent<strong>al</strong>i:recettività, <strong>di</strong>stacco e contrad<strong>di</strong>ttorietà, che corrispondono a tre <strong>di</strong>versi pattern <strong>di</strong>attaccamento. Ciò può influenzare l’instaurarsi <strong>di</strong> strategie rigide per il mantenimentodell’incolumità person<strong>al</strong>e o facilitare la <strong>di</strong>sponibilità a correre rischi. Nel periodo prescolare(3 –5 anni) i bambini sono in grado <strong>di</strong> separare meglio processi ment<strong>al</strong>i ecomportamenti e riescono quin<strong>di</strong> a mantenere un determinato stato ment<strong>al</strong>e senzaesibirlo. In <strong>al</strong>cuni bambini con pattern <strong>di</strong> attaccamento ambiv<strong>al</strong>ente può portare <strong>al</strong>loemergere <strong>di</strong> strategie <strong>di</strong> scissione, tramite le qu<strong>al</strong>i vengono ad <strong>al</strong>ternarsi sentimenti vari<strong>di</strong> rabbia e paura <strong>di</strong> essere abbandonati e desideri <strong>di</strong> conforto e premura. A livellocomportament<strong>al</strong>e questi si possono tradurre in azioni <strong>di</strong> minaccia, espressioni <strong>di</strong> paura oaggressività. Sempre secondo la Crittenden, a questa età comincia a svilupparsi anche la36


memoria episo<strong>di</strong>ca, che consiste nella rievocazione <strong>di</strong> eventi tempor<strong>al</strong>mente espazi<strong>al</strong>mente collocati. Un evento pericoloso o minaccioso, ad esempio un terremoto,viene così riorganizzato in una sequenza <strong>di</strong> immagini or<strong>di</strong>nate tempor<strong>al</strong>mente cheriflettono l’organizzazione sia cognitiva che affettiva del contesto. T<strong>al</strong>i aspetti esterioripossono quin<strong>di</strong> elicitare il ricordo <strong>di</strong> pericoli precedenti, attivare l’immagine cognitivaed affettiva corrispondente e pre<strong>di</strong>sporre il soggetto ad affrontare, fuggire o evitare ilpericolo. Nello stesso modo sequenze <strong>di</strong> eventi che richiamano <strong>al</strong>la mente procedure <strong>di</strong>“messe in s<strong>al</strong>vo” familiari ( il gioco del nascon<strong>di</strong>no, ad esempio) possono mettere ilbambino in grado <strong>di</strong> evitare il potenzi<strong>al</strong>e pericolo. Questi processi <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mentofacilitano, per i bambini con pattern d’attaccamento sicuro, l’attivazione <strong>di</strong> strategia <strong>di</strong>auto-protezione e ricerca <strong>di</strong> aiuto, mentre tendono a sviluppare inibizione eatteggiamenti compulsavi nei soggetti con pattern <strong>di</strong> attaccamento evitante.Le persone con pattern <strong>di</strong> attaccamento ambiv<strong>al</strong>ente si caratterizzano invece per lapresenza <strong>di</strong> un numero eccessivo <strong>di</strong> domande. Cittenden ipotizza che la form<strong>al</strong>inguistica dell’informazione cognitiva ( memoria semantica) entri in gioco solo quandola ris<strong>post</strong>a messa in atto non ha successo. Le affermazioni relative a “come le cose sonoo potrebbero essere”, che spesso coincidono con ciò che gli adulti <strong>di</strong>cono ai bambini <strong>di</strong>fare in caso <strong>di</strong> pericolo, si attiverebbero solo nei casi in cui <strong>di</strong>venga necessariosviluppare una nuova ris<strong>post</strong>a maggiormente a<strong>da</strong>ttiva. Se anche questo tentativo f<strong>al</strong>lisceo il bambino è eccessivamente coinvolto emotivamente per mettere in atto una strategia<strong>di</strong> problem solving adeguata, egli cercherà <strong>di</strong> ricondurre la situazione ad <strong>al</strong>tre similivissute precedentemente. Il rischio che si corre in questi casi è che il bambino <strong>di</strong>sattivi ipattern delle ris<strong>post</strong>e f<strong>al</strong>limentari e regre<strong>di</strong>sca a livelli inferiori <strong>di</strong> sviluppo. Se invece ilbambino riesce a mantenere un controllo, una vigilanza attiva della situazione che lominaccia, può anche costruire ris<strong>post</strong>e nuove, <strong>al</strong>ternative più funzion<strong>al</strong>i <strong>di</strong> quelle giàsperimentate.37


Nell’età scolare si assiste a un incremento <strong>di</strong> competenza in termini <strong>di</strong> ris<strong>post</strong>a <strong>al</strong>lecon<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> minaccia, reso possibile <strong><strong>da</strong>l</strong>lo sviluppo <strong>di</strong> un pensiero che tiene conto dellamente e delle intenzioni degli <strong>al</strong>tri soggetti umani. L’integrazione delle <strong>di</strong>verseinformazioni depositate è facilitata sia <strong><strong>da</strong>l</strong>la coerenza delle stesse, sia <strong><strong>da</strong>l</strong>la <strong>di</strong>sponibilitàad accogliere <strong>da</strong>ti spiacevoli e incoerenti. I <strong>di</strong>versi stili <strong>di</strong> attaccamento possono anche aquesta età interagire in modo complesso con le abilità cognitive. I bambini con pattern<strong>di</strong> attaccamento sicuro dovrebbero riuscire <strong>al</strong> accedere sia <strong>al</strong>le informazioni cognitiveche a quelle affettive, riuscendo a selezionare con maggiore efficacia le informazionirilevanti e quelle relative a esperienze pericolose passate. I bambini con stili <strong>di</strong>attaccamento insicuro dovrebbero invece essere più propensi a sviluppare uncomportamento che enfatizza le informazioni procedur<strong>al</strong>i e semantiche, evitando quelle<strong>di</strong>scor<strong>da</strong>nti e conflittu<strong>al</strong>i. I bambini infine con attaccamento ambiv<strong>al</strong>ente potrebberoutilizzare schemi <strong>di</strong> elaborazione che enfatizzano e scindono gli affetti, rendendo più<strong>di</strong>fficoltosi l’integrazione dei processi e l’accesso <strong>al</strong>la memoria semantica.Nell’utilizzo delle informazioni <strong>di</strong> pericolo e <strong>di</strong> protezione entrano in b<strong>al</strong>lo anche le<strong>di</strong>fferenze in<strong>di</strong>vidu<strong>al</strong>i. Queste ultime vengono ipotizzate in relazione <strong>al</strong>la probabilità <strong>di</strong>elicitare i pericoli, <strong>al</strong>la tipologia delle situazioni sperimentate come minacciose e <strong>al</strong>leperson<strong>al</strong>i strategie <strong>di</strong> a<strong>da</strong>ttamento.Per quanto attiene <strong>al</strong>la probabilità <strong>di</strong> elicitare i pericoli, gli in<strong>di</strong>vidui sicuri gener<strong>al</strong>menteesibiscono meno frequentemente comportamenti <strong>di</strong> minaccia, mentre quelli più fragili siespongono più frequentemente <strong>al</strong>le ritorsioni dei soggetti che attaccano in modoambiv<strong>al</strong>ente quando temono <strong>di</strong> perderli. Per quanto attiene <strong>al</strong>l’esperienza person<strong>al</strong>e,questa può <strong>di</strong>fferenziare la tipologia degli eventi percepiti come minacciosi. Infine, i<strong>di</strong>versi soggetti possono <strong>di</strong>fferire nell’utilizzo delle strategie <strong>di</strong> a<strong>da</strong>ttamento per farfronte <strong>al</strong> pericolo. Gli in<strong>di</strong>vidui con pattern <strong>di</strong> attaccamento sicuro reagiranno moltoprobabilmente con comportamenti flessibili, sollecitando gli <strong>al</strong>tri a impegnarsi38


eciprocamente nell’aiuto. Gli in<strong>di</strong>vidui evitanti tenteranno <strong>di</strong> annebbiare i lorosentimenti e <strong>di</strong> <strong>al</strong>lontanarsi <strong><strong>da</strong>l</strong>le persone che hanno bisogno <strong>di</strong> ris<strong>post</strong>e affettive. Infine isoggetti ambiv<strong>al</strong>enti, che norm<strong>al</strong>mente utilizzano gli affetti per elicitare protezione eattenzione, potranno <strong>di</strong>ventare inaspettatamente coraggiosi e buttarsi in imprese che <strong>al</strong>triconsidererebbero troppo rischiose.Prendendo in considerazione le <strong>di</strong>fferenti strategie <strong>di</strong> ris<strong>post</strong>a è possibile delineare unventaglio <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> a<strong>da</strong>ttamento <strong>al</strong> pericolo, che vanno <strong>da</strong> un a<strong>da</strong>ttamentoriuscito a uno stato <strong>di</strong> impotenza appresa. Il primo si caratterizza per il fatto <strong>di</strong>affrontare il pericolo presente attraverso l’esame della natura della minaccia e attraversouna chiara percezione delle soluzioni utili che consentono <strong>di</strong> evitare il pericolo o <strong>di</strong>fargli fronte. Tutte le informazioni vengono esaminate ed integrate, con una forteconsapevolezza dei <strong>da</strong>ti apparentemente trascurabili e con un utilizzo fine delleoperazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione. Lo stato <strong>di</strong> impotenza appresa porta il soggetto che nonvede soluzioni a credere che non c’è niente che possa fare per proteggersi; il soggettocede <strong>al</strong>la re<strong>al</strong>tà e rimane tot<strong>al</strong>mente vulnerabile.Il modello della Crittenden fin qui esaminato, sebbene non esaustivante,rappresenta un tentativo organico <strong>di</strong> affrontare il tema delle <strong>di</strong>verse mo<strong><strong>da</strong>l</strong>ità <strong>di</strong> ris<strong>post</strong>ain<strong>di</strong>vidu<strong>al</strong>i. Esso permette anche <strong>di</strong> sviluppare ipotesi in termini pre<strong>di</strong>ttivi e <strong>di</strong> stabilireuna continuità tra processi <strong>di</strong> elaborazione messi in campo in con<strong>di</strong>zioni norm<strong>al</strong>i e insituazioni <strong>di</strong> emergenza. Esso supera la visione puramente <strong>di</strong>agnostica dei <strong>di</strong>sagi <strong>post</strong><strong>trauma</strong>ticie suggerisce che il pericolo non è la questione centr<strong>al</strong>e nel <strong>trauma</strong>, mentre loè la possibilità <strong>di</strong> attivare velocemente risorse emotive e cognitive adeguate.Per chiudere l’argomento, è <strong>da</strong> osservare che <strong>al</strong>l’interno dei contestidell’emergenza è possibile che si verifichino traumi più svariati per molti motivi e chela mente del bambino, la sua percezione del bene e del m<strong>al</strong>e, venga <strong>di</strong>storta o persino<strong>di</strong>strutta. Si creano a volte posizioni <strong>di</strong>verse che generano una <strong>di</strong>namica complessa,39


attivando contrad<strong>di</strong>ttori movimenti emotivi in cui senso <strong>di</strong> colpa e orgoglio, impotenza eviolenza arrivano ad intrecciarsi tumultuosamente. Solo il riconoscimento <strong>di</strong> questacomplessità può costituire la premessa corretta <strong>al</strong>l’attivazione <strong>di</strong> tutte le tecniche, glistrumenti e le metodologie oggi <strong>di</strong>sponibili per riparare e prevenire gli effetti negatividelle <strong>di</strong>verse situazioni <strong>trauma</strong>tiche.40


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