Maura Marchegianidi un richiedente asilo da parte dello Stato turco 16 . La conseguenza che deriva dauna simile impostazione è l’impiego, da parte della Corte, di un parametro piùrigoroso per valutare la conformità della condotta all’art. 3, in ragione dell’appartenenzadella Grecia all’ordinamento dell’Unione <strong>eu</strong>ropea e quindi ad uncontesto in cui la protezione dei richiedenti asilo è più elevata. Pur non potendoapprofondire in questa sede la questione, è tuttavia il caso di notare come unasimile prospettiva sia idonea ad incidere sulla definizione del contenuto stessodell’obbligo di cui all’art. 3 17 , nonché sul ruolo che la Corte si trova a svolgererispetto al diritto dell’Unione <strong>eu</strong>ropea, della cui corretta ed effettiva attuazioneda parte degli Stati sembra in qualche modo farsi garante 18 .3. Il profilo più innovativo della sentenza concerne tuttavia la condanna delBelgio per aver proceduto al trasferimento in Grecia di un richiedente asilo, inattuazione di un atto dell’Unione <strong>eu</strong>ropea. Tale trasferimento, disposto per l’appuntosulla base del regolamento “Dublino II”, è stato considerato dalla Corte incontrasto con l’art. 3 della Convenzione <strong>eu</strong>ropea, in quanto ha esposto il ricorrentead un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti sotto unduplice profilo. In primo luogo infatti, in considerazione delle défaillances checaratterizzano la procedura di asilo in Grecia, il Belgio ha esposto il ricorrenteal rischio di non vedere adeguatamente esaminata nel merito la sua domandad’asilo, circostanza questa che avrebbe potuto determinare anche un refoulementindiretto verso il Paese d’origine 19 . In secondo luogo, il trasferimento dispostodal Belgio ha esposto il ricorrente al rischio di subire un trattamento inumano edegradante, in considerazione delle condizioni di detenzione e di accoglienzariservate ai richiedenti asilo sullo stesso territorio greco 20 .Secondo la Corte dunque, il Belgio avrebbe dovuto attuare modalità di scrutiniopiù rigorose e penetranti, al fine di verificare “in concreto” l’effettiva applicazione,da parte della Grecia, degli obblighi internazionali che su tale Statogravano in materia di asilo, invece di accontentarsi di presumerne il rispetto elimitarsi ad un’applicazione automatica e meramente procedurale del regolamento“Dublino II”, soprattutto in considerazione dei consistenti riscontri cheattestano la gravità della situazione di fatto esistente in Grecia. Nella prospettivadella Corte inoltre, la gravità della situazione generale in cui versano i richie-16M.S.S. c. Belgio e Grecia, cit., par. 250.17La posizione assunta sul punto dalla Corte indurrebbe a ritenere dunque che il carattere “relativo”dell’apprezzamento di una condotta, alla luce dell’art. 3, non dipenda soltanto dagli elementifattuali o dalle caratteristiche del ricorrente (Corte <strong>eu</strong>ropea dei diritti umani, sentenza del 26ottobre 2000 (GC), Kudla c. Polonia, ricorso n. 30210/96), ma anche dai vincoli giuridici chegravano sugli Stati chiamati in causa.18Per quest’ultimo aspetto, seppur con riferimento a regimi convenzionali diversi da quellodell’Unione <strong>eu</strong>ropea, si veda F. Marchadier, La contribution de la Cour <strong>eu</strong>ropéenne des droitsde l’homme à l’efficacité des conventions de La Haye de coopération judiciaire et administrative,in Rev. cr. DIP, 2007, p. 677 ss.19M.S.S. c. Belgio e Grecia, cit., paragrafi 323 ss.20Ibidem, paragrafi 362 ss.360
Regolamento “Dublino II” e CEDU: il caso M.S.S. c. Belgio e Greciadenti asilo in Grecia è di per sé idonea a determinare per il singolo un rischioreale ed individuale, in quanto “suffisamment concret et probable” 21 : il tradizionaleconcetto di lien individuel, che la Corte è solita esigere tra il contesto generalee la situazione individuale del ricorrente 22 , sembra in questo caso ridimensionatoed attenuato, in considerazione dell’elevato grado di vulnerabilità checaratterizza la categoria dei richiedenti asilo, a cui appartiene il ricorrente 23 ,nonché del particolare livello di gravità che la situazione greca presenta. In questosenso, la Corte <strong>eu</strong>ropea prospetta un’estensione dell’ambito di applicazionedell’art. 3, proseguendo secondo un orientamento solo in parte accennato nellasentenza N.A. c. Regno Unito 24 , nella quale la Corte non esclude l’eventualitàche un rimpatrio sia incompatibile con l’art. 3 della Convenzione <strong>eu</strong>ropea, inconsiderazione della situazione di violenza generalizzata presente nel Paese didestinazione 25 .Con specifico riferimento al trasferimento operato in esecuzione del regolamento“Dublino II”, occorre precisare che la Corte ha, sulla base di una giurisprudenzacostante, da un lato escluso la conformità alla Convenzione <strong>eu</strong>ropeadi un’applicazione automatica del meccanismo istituito dal “sistema di Dublino”,dall’altro chiarito che il trasferimento della competenza all’esame di unadomanda di asilo non fa venir meno la responsabilità dello Stato di invio difronte agli obblighi convenzionali 26 .Tali affermazioni di principio non avevano tuttavia sino ad ora mai portatoad un’effettiva constatazione di violazione dell’art. 3: i problemi relativiall’eventuale incompatibilità tra la Convenzione <strong>eu</strong>ropea e i trasferimenti dispostiin esecuzione del regolamento “Dublino II” erano stati infatti sostanzialmente“disinnescati” attraverso due ordini di considerazioni, che emergono chiaramentenel menzionato caso K.R.S. c. Regno Unito. Innanzitutto la Corte avevadato rilievo all’appartenenza della Grecia al sistema di tutela dei diritti fondamentaliposto dalla Convenzione <strong>eu</strong>ropea: il trasferimento di un individuo in unoStato parte della Convenzione non avrebbe dunque precluso la possibilità, perl’individuo, di avvalersi dei meccanismi di tutela previsti dalla Convenzione<strong>eu</strong>ropea anche nello Stato di destinazione 27 . In secondo luogo la Corte aveva21Ibidem, par. 359.22Si veda, per tutte, Corte <strong>eu</strong>ropea dei diritti umani, sentenza del 20 settembre 2007, Sultani c.Francia, ricorso 45223/05.23Si confronti sul punto l’opinione parzialmente concordante, parzialmente dissidente del giudiceSajó, allegata alla sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia, cit.24Corte <strong>eu</strong>ropea dei diritti umani (GC), sentenza del 17 luglio 2008, N.A. c. Regno Unito, ricorson. 25904/07, par. 115.25Si confronti, al riguardo, la posizione della Corte di giustizia dell’Unione <strong>eu</strong>ropea, che, nellasentenza del 17 febbraio 2009, causa C-465/07, Elgafaji, Raccolta, p. I-921 ss., prescinde dall’esigenzadi dimostrare l’esistenza di un “rischio individualizzato”.26Si vedano in questo senso in particolare le decisioni rese dalla Corte <strong>eu</strong>ropea dei diritti umanirispettivamente il 7 marzo 2000, T.I. c. Regno Unito, ricorso n. 43844/98, e il 2 dicembre 2008,K.R.S. c. Regno Unito, ricorso n. 32733/08.27K.R.S. c. Regno Unito, cit., par. 18.361
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