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Numero 2 (maggio - agosto) - Studisullintegrazioneeuropea.eu

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Maura Marchegianidi un richiedente asilo da parte dello Stato turco 16 . La conseguenza che deriva dauna simile impostazione è l’impiego, da parte della Corte, di un parametro piùrigoroso per valutare la conformità della condotta all’art. 3, in ragione dell’appartenenzadella Grecia all’ordinamento dell’Unione <strong>eu</strong>ropea e quindi ad uncontesto in cui la protezione dei richiedenti asilo è più elevata. Pur non potendoapprofondire in questa sede la questione, è tuttavia il caso di notare come unasimile prospettiva sia idonea ad incidere sulla definizione del contenuto stessodell’obbligo di cui all’art. 3 17 , nonché sul ruolo che la Corte si trova a svolgererispetto al diritto dell’Unione <strong>eu</strong>ropea, della cui corretta ed effettiva attuazioneda parte degli Stati sembra in qualche modo farsi garante 18 .3. Il profilo più innovativo della sentenza concerne tuttavia la condanna delBelgio per aver proceduto al trasferimento in Grecia di un richiedente asilo, inattuazione di un atto dell’Unione <strong>eu</strong>ropea. Tale trasferimento, disposto per l’appuntosulla base del regolamento “Dublino II”, è stato considerato dalla Corte incontrasto con l’art. 3 della Convenzione <strong>eu</strong>ropea, in quanto ha esposto il ricorrentead un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti sotto unduplice profilo. In primo luogo infatti, in considerazione delle défaillances checaratterizzano la procedura di asilo in Grecia, il Belgio ha esposto il ricorrenteal rischio di non vedere adeguatamente esaminata nel merito la sua domandad’asilo, circostanza questa che avrebbe potuto determinare anche un refoulementindiretto verso il Paese d’origine 19 . In secondo luogo, il trasferimento dispostodal Belgio ha esposto il ricorrente al rischio di subire un trattamento inumano edegradante, in considerazione delle condizioni di detenzione e di accoglienzariservate ai richiedenti asilo sullo stesso territorio greco 20 .Secondo la Corte dunque, il Belgio avrebbe dovuto attuare modalità di scrutiniopiù rigorose e penetranti, al fine di verificare “in concreto” l’effettiva applicazione,da parte della Grecia, degli obblighi internazionali che su tale Statogravano in materia di asilo, invece di accontentarsi di presumerne il rispetto elimitarsi ad un’applicazione automatica e meramente procedurale del regolamento“Dublino II”, soprattutto in considerazione dei consistenti riscontri cheattestano la gravità della situazione di fatto esistente in Grecia. Nella prospettivadella Corte inoltre, la gravità della situazione generale in cui versano i richie-16M.S.S. c. Belgio e Grecia, cit., par. 250.17La posizione assunta sul punto dalla Corte indurrebbe a ritenere dunque che il carattere “relativo”dell’apprezzamento di una condotta, alla luce dell’art. 3, non dipenda soltanto dagli elementifattuali o dalle caratteristiche del ricorrente (Corte <strong>eu</strong>ropea dei diritti umani, sentenza del 26ottobre 2000 (GC), Kudla c. Polonia, ricorso n. 30210/96), ma anche dai vincoli giuridici chegravano sugli Stati chiamati in causa.18Per quest’ultimo aspetto, seppur con riferimento a regimi convenzionali diversi da quellodell’Unione <strong>eu</strong>ropea, si veda F. Marchadier, La contribution de la Cour <strong>eu</strong>ropéenne des droitsde l’homme à l’efficacité des conventions de La Haye de coopération judiciaire et administrative,in Rev. cr. DIP, 2007, p. 677 ss.19M.S.S. c. Belgio e Grecia, cit., paragrafi 323 ss.20Ibidem, paragrafi 362 ss.360

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