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Numero 2 (maggio - agosto) - Studisullintegrazioneeuropea.eu

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Ordinamento dell’Unione <strong>eu</strong>ropea e ordinamento italiano: “prove tecniche” d’integrazionediritto interno e diritto dell’Unione <strong>eu</strong>ropea. Peraltro, non risulta compatibilecon le caratteristiche ed i limiti del presente studio ricostruire tali prassi interpretativenella loro integralità, per cui, nel darle per note 32 , conviene soffermarcisolo su alcuni dati emergenti dalle suddette prassi che, in qualche modo, costituisconole premesse della giurisprudenza costituzionale successiva alla riformadel 2001.Ci riferiamo, in particolare, agli àmbiti di residua competenza che la Cortecostituzionale ha riservato a se medesima anche quando è divenuto jus receptumil principio secondo il quale il primato del diritto UE sul diritto nazionale determina,per gli operatori giuridici nazionali, l’obbligo di non applicare al casoconcreto norme interne che contrastino con norme UE aventi effetti diretti e ditrarre, quindi, solo da queste ultime la norma agendi del caso concreto 33 . Conriferimento a questa ultima ipotesi, infatti, la Corte ha correttamente ritenutoche, in presenza di un tale potere riconosciuto al giudice ordinario, non fosseammissibile il giudizio incidentale di costituzionalità 34 per difetto del necessariorequisito della rilevanza della questione di legittimità costituzionale nel giudiziopendente dinanzi al giudice remittente; rilevanza che viene meno de facto proprioper effetto dei princìpi enunciati e delle conseguenti metodologie di risoluzionedi questo tipo di antinomie 35 .Ma vi sono altre antinomie sulle quali la Corte costituzionale ha ritenuto dimantenere integra la propria competenza. Anzitutto, vi sono i giudizi di legittimitàcostituzionale in via principale nei quali le questioni vengono poste direttamentealla Corte dagli organi competenti senza l’interposizione di un giudicea quo che possa risolvere le antinomie nei modi prima segnalati. Poi vi sono altreipotesi: le antinomie riguardanti norme comunitarie prive di effetti diretti osituazioni che assumono una valenza più generale di rilievo sistematico. Sottotale ultimo profilo è da ricordare l’ipotesi individuata dalla stessa Corte “dinorme interne dirette ad impedire o pregiudicare la perdurante osservanza delTrattato e il nucleo essenziale dei suoi princìpi” 36 e, più in generale, quell’ob-32Per una disamina sistematica della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia vedi,di recente, G. Gaja, op. cit., p. 256 ss.33Vedi, per una rapida ricostruzione delle varie tappe dell’evoluzione della giurisprudenza costituzionale,ibidem, p. 261 ss.; A. Cannone, Le grandi decisioni della Corte costituzionale inmateria internazionale ed <strong>eu</strong>ropea, Napoli, 2009, p. 27 ss. Propone una schematica quanto interessantesuddivisione in fasi della giurisprudenza costituzionale in materia S. Cassese, op. cit., p.3 ss.34Prima solo con riferimento all’art. 11 Cost., ora anche con riferimento a tale norma in combinatodisposto con l’art. 117, 1° comma, Cost.35Le prime chiare affermazioni di questi princìpi sono nella sentenza della Corte costituzionaledel 30 marzo 1995, n. 94, in V. Starace, A. Cannone, La giurisprudenza costituzionale inmateria internazionale e comunitaria. 1977-2000, II, Napoli, 2001, p. 1929 ss. Vedi, peraltro,quanto riferito di seguito nel medesimo paragrafo.36Corte costituzionale, sentenza dell’8 giugno 1984, n. 170, in V. Starace, A. Cannone, op.cit., I, p. 438 ss.253

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