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Numero 2 (maggio - agosto) - Studisullintegrazioneeuropea.eu

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Umberto Carabelliquanto volta a sollecitare un ripensamento dei fondamenti regolativi in materia),a fronte di un processo di unificazione che risulta eccessivamente sbilanciato infavore degli interessi del capitale rispetto a quelli del lavoro. E ciò anche pereffetto delle sentenze della Corte di giustizia e del generale principio regolatoredell’“equivalenza gerarchica” dei diritti sociali e delle libertà economiche fondamentalida esse sancito, in perfetta sintonia, come già detto, con il dettatodell’art. 28 della Carta dei diritti fondamentali 90 .A conclusione di queste riflessioni sia consentito solo di aggiungere, a mo’ dicorollario, che nel giugno 2009 la Corte costituzionale tedesca ha emesso unasentenza che se, da un lato, ha sollevato moltissime perplessità tra i giuristi <strong>eu</strong>ropei,dall’altro lato, ha delineato un quadro assai preciso dei vincoli nel cui rispettola Repubblica tedesca può partecipare al processo di integrazione <strong>eu</strong>ropea, nonché,al tempo stesso, evidenziato le contraddizioni insite in quest’ultimo 91 . Al dilà dei rilevanti aspetti di diritto costituzionale toccati dalla sentenza, quel che piùpreme qui rilevare è che la Corte ha affermato senza mezzi termini che rispetto adalcune materie dei settori economico, culturale e sociale (di cui la sentenza stessafornisce un’elencazione) nelle quali si riassume l’essenza del principio democraticoche connota il sistema costituzionale tedesco, è indispensabile che lo Statotedesco (ma si tratta di un profilo che la Corte ritiene, in realtà, riferibile tutti gliStati membri) conservi “un margine di manovra sufficiente di decisione politica”,tenuto altresì conto che lo stesso primato di applicazione del diritto <strong>eu</strong>ropeo resta,anche dopo le modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona, “un istituto derivato,fondato su un trattato internazionale che solo in virtù dell’ordine di esecuzionedella legge di approvazione produce effetti giuridici in Germania” 92 . La stessaCorte costituzionale, di conseguenza, si è riservata il controllo del rispetto di taleprincipio, di modo che “in casi eccezionali, a condizioni particolari e strette”, essapotrebbe anche dichiarare inapplicabili in Germania norme di diritto dell’Unione<strong>eu</strong>ropea, senza che questo fatto presenti “alcuna contraddizione con l’obiettivo delfavore per il diritto <strong>eu</strong>ropeo, cioè con la partecipazione, costituzionalmente richiesta,della Repubblica federale di Germania alla realizzazione di un’Europaunita” 93 .90Il fatto è che questa disposizione della Carta di Nizza, nella misura in cui afferma la paritàdelle armi nel conflitto sociale, si pone già in conflitto con l’assetto ordinamentale voluto dai Padricostituenti italiani; e ciò avrebbe dovuto, in verità, addirittura impedire all’Italia di accettarne intoto il contenuto, inducendo i nostri rappresentanti politici a formulare espressa riserva in relazioneal profilo indicato, quanto meno nel momento dell’attribuzione alla Carta di un valore giuridicovincolante per il tramite di una specifica previsione del Trattato dell’Unione (art. 6, par. 1, comemodificato dal Trattato di Lisbona). Cfr. sul punto anche A. Lo Faro, Diritto al conflitto, cit., p.77 s.91M. Poiares Maduro, G. Grasso, Quale Europa dopo la sentenza della Corte costituzionaletedesca sul Trattato di Lisbona?, in DUE, 2009, p. 512. V. anche B. Guastaferro, Note sullasentenza del Tribunale costituzionale tedesco in ordine alla ratifica del Trattato di Lisbona, 2009(www.<strong>eu</strong>ropeanrights.<strong>eu</strong>, reperibile on line).92Par. 339 della sentenza.93Par. 340 della sentenza.242

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