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VANINI E IL PARADOSSO DI EMPEDOCLE ") - culturaservizi.it

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lettura, abbiamo cominciato a pensare noi stessi, è il massimo regalo cheabbiamo potuto ricevere da lui.Ed ora posso confessare il segreto, il perché delle mie fatiche dedicatealla ricostruzione del pensiero vaniniano, alla sua presenza nellacultura mondiale ed alla diffusione del suo pensiero. Si tratta di pagarei deb<strong>it</strong>i, gli enormi deb<strong>it</strong>i di riconoscenza per questi magnifici doni regalatimida ogni lettura delle sue pagine. Vanini è veramente grande pensatoreperché possiede questa meravigliosa facoltà di far pensare il lettore,anz<strong>it</strong>utto quando il suo ragionamento ha un'aria di paradosso.« La vera perfezione — scrive Vanini — è nell'imperfezione; ciò cheè veramente perfetto, lo è solo grazie alla sua imperfezione » (perfectuspropter imperfectionem, De admirandis, ed. 1616, pag. 363).Del tardo rinascimento <strong>it</strong>aliano non solo Giordano Bruno fu il grandedialettico. Anche nelle opere di Vanini possiamo scoprire una dialettica,anzi, molto profonda. La fonte filosofica della dialettica deve esserecercata nelle riflessioni di Giulio Cesare Scaligero su Empedocle. Ciòche per la dialettica bruniana fu la riflessione del Cusano su Anassagora,Io fu per la dialettica di Vanini lo scaligerizzato Empedocle.Dobbiamo qui sottolineare che Empedocle non fu per Vanini unpensatore straniero. Per un meridionale di allora, per il suo modo dipensare e di sentire, Empedocle di Agrigento fu il suo conterraneo, ilfiglio della stessa « Graecia Magna ».In quanto poi alla dialettica devo chiarire che, seguendo Engels, distinguouna « dialettica oggettiva » della realtà cioè della natura e dellastoria umana e una « dialettica soggettiva » cioè il suo riflesso nella menteumana ossia il metodo di cogliere — con gli strumenti concettualiapposta elaborati — tutta la compless<strong>it</strong>à, dinamica, variabil<strong>it</strong>à e contradd<strong>it</strong>torietàdella realtà stessa, Da questo risulta che per « concettodialettico » intendo un concetto che cerca di rendere, riflettere una realecontraddizione dei processi naturali o storici, identificando ciò che apparentementesi esclude. Tale carattere ha il concetto vaniniano della « perfezione» che nella sua essenza è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dall'« imperfezione » cioè dall'«incompiutezza » o « infin<strong>it</strong>à ». Questo concetto — attribu<strong>it</strong>o dallo Scaligeroad Empedocle — diviene una categoria centrale nella riflessionevaniniana in quattro settori diversi della sua filosofia.Cominciamo dal ragionamento sulla « perfezione del mondo ». I lettoripolacchi lo conoscono già da 35 anni, quando è stato pubblicato ilromanzo int<strong>it</strong>olato « Il cielo in fiamme », il capolavoro di un noto scr<strong>it</strong>torepolacco Jan Parandowski, di cui sono state pubblicate dieci edizioni.In questo romanzo Parandowski ricorda come — dopo aver sent<strong>it</strong>o ilragionamento di Vanini— ha perduto la fede, cioè il suo cielo è andatoin fiamme. Il suo professore di filosofia gli ha letto una pagina dall'Anf<strong>it</strong>eatrovaniniano:211Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDS (Emeroteca Dig<strong>it</strong>ale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce


verso la religione, ma verso tutto il passato di cui la religione è solouna piccola parte.Vanini scopre il pericolo dell'idolatria del passato. Una filosofia perfetta,compiuta, assoluta cioè tale che « absolve », finisce il processo disviluppo intellettuale, non è affatto « perfetta », secondo Vanini, ma èpiuttosto un mostro, un vampiro che ci toglie il dir<strong>it</strong>to di procedereavanti. Credo di non sbagliare sostenendo, che per la prima volta nellastoria del pensiero umano la perfezione del passato, della tradizione culturale,delle ist<strong>it</strong>uzioni e dottrine è sent<strong>it</strong>a come il peso che ci schiaccia,che impedisce il nostro sviluppo, che ci toglie il dir<strong>it</strong>to di pensare ecreare. Mai prima il passato è stato smascherato come una minaccia períl presente. Via una tale « perfezione » che impedisce il sorgere del« nuovo ». Non conosco altro pensatore prima di Vanini, il quale haosato tanto risolutamente difendere i dir<strong>it</strong>ti del « nuovo » contro tuttequeste «perfezioni » che chiudono la strada del progresso continuo.Adesso vedremo in una nuova luce la celebre questione dell'evoluzionismovaniniano. I pos<strong>it</strong>ivisti <strong>it</strong>aliani, E. Morselli, G. Cattaneo, G. Canestrinie gli altri hanno dichiarato nel 1880 che Vanini è il precursore<strong>it</strong>aliano di Darwin. Non vorrei diminuire la profonda differenza tra larigorosa ricerca scientifica e la speculazione filosofica, ma, lim<strong>it</strong>andomial campo del pensiero filosofico, vorrei insistere su questo concetto vaninianodella « nov<strong>it</strong>à ». La sua filosofia può essere chiamata « evoluzionismofilosofico », perché nelle sue opere Vanini apertamente dichiarache il mondo si trasforma e che sempre appaiono le nuove forme dipiante e di animali, mai esist<strong>it</strong>e prima (novae species, quae nunquamext<strong>it</strong>erunt, De admirandis, ed. 1616, pag. 59).Ciò significa che il mondo è « imperfetto » cioè incompiuto, perchéogni giorno nasce qualcosa di completamente nuovo (aliquid novi). Maappunto questa capac<strong>it</strong>à di generare sempre opere assolutamente nuove,questa imperfezione e incompiutezza, è la massima perfezione, perchéè la v<strong>it</strong>a, il movimento, il progresso, il perfezionamento all'infin<strong>it</strong>o.Accogliendo da Empedocle — tram<strong>it</strong>e lo Scaligero — il concetto delmondo incompiuto » che esige sempre il « complemento », Vanini costruisceuna tale forma del materialismo nella quale c'è posto perl'attiv<strong>it</strong>à dell'uomo, per la prassi che corregge, trasforma e perfezionala realtà naturale e storica.In tale contesto dobbiamo valutare la cr<strong>it</strong>ica vaniniana del concettoepicureo e cardaniano della felic<strong>it</strong>à. Gli dei epicurei sono felici perchésono oziosi. « Per ogni intelletto — sosteneva Cardano — la felic<strong>it</strong>à consistein un eterno riposo » (Omnis intellectus gaudet semp<strong>it</strong>erna quiete).Ma non è vero — risponde Vanini — tutt'al contrario la vera felic<strong>it</strong>à perl'intelletto è il suo continuo movimento (Imo, semp<strong>it</strong>erno motu, dic<strong>it</strong>Vaninus, Anf<strong>it</strong>eatro, ed. 1615, pag. 155).213Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDS (Emeroteca Dig<strong>it</strong>ale Salentina)a cura di IMAGO - Lecce


Un nuovo concetto della perfezione ha un'importanza enorme perl'estetica. I pensatori del passato hanno sostenuto che la perfezione diuna opera d'arte consiste nella sua assoluta compiutezza: « niente togliere;niente aggiungere ». Ma nella filosofia del Vanini troviamo i germiper un totale rovesciamento dell'estetica classica, che permettono di considerarloun precursore dell'estetica fenomenologica di Roman Ingardene dell'estetica <strong>it</strong>aliana contemporanea, di cui una ultima espressione èla teoria dell'opera aperta di Umberto Eco (Opera aperta. Forma e indeterminazionenelle poetiche contemporanee. Milano 1962).Un'opera aperta è un'opera incompiuta che contiene certe « indeterminazioni» che costringono ogni fru<strong>it</strong>ore a collaborare con l'autore(pagg. 7, 28, 37-38, 51). Ogni vera opera d'arte è sostanzialmente apertaad una serie virtualmente infin<strong>it</strong>a di letture possibili, ciascuna delle qualiporta l'opera a rivivere secondo una prospettiva personale (ibid., pag. 51).E' il barocco, secondo Umberto Eco, che ha scoperto che il mondoè in movimento e richiede un'attiv<strong>it</strong>à da parte dell'uomo. Così è nata lapoetica della meraviglia (in latino « admirandum » — che è una categoriacentrale della filosofia vaniniana; ricordiamo che il t<strong>it</strong>olo della suaopera principale è « De admirandis arcanis Naturae ») che tende infondo a stabilire questo comp<strong>it</strong>o inventivo dell'uomo nuovo, che vedenell'opera d'arte non un oggetto da contemplare e godere, ma un mistero(« arcanum ») da investigare, un comp<strong>it</strong>o da perseguire, uno stimoloalla vivac<strong>it</strong>à dell'immaginazione (pag. 32). Secondo Umberto Eco « sarebbeavventato scoprire nella poetica barocca una teorizzazione coscientedell'opera aperta » (pag. 32); d'accordo, ma dobbiamo aggiungereche almeno presso Vanini si trovano già i germi di una tale estetica.Il vero capolavoro d'arte sarebbe dunque quello non compiuto, nonfin<strong>it</strong>o, ma tanto imperfetto che contiene gli spazi vuoti, che costringonolo spettatore o il lettore a riempirli con lo sforzo massimo della suafantasia. Un'opera veramente perfetta è tale che non ci permettedi contemplarla in modo passivo, ma richiede una massima attiv<strong>it</strong>à daparte nostra, cioè la nostra collaborazione. Il vero genio artistico non èaffatto un tale che ha detto tutto, ma un autore che fa partecipare i lettorial processo creativo, innalzandoli al proprio vertice. Il vero geniosembra dire: la mia opera è solo in potenza, per attualizzarla ho bisognodi te, perché solo il tuo sforzo di concretizzarla le darà la v<strong>it</strong>a; ciò chein essa si trova in stato potenziale ha bisogno dello spir<strong>it</strong>o del lettoreper passare dalla potenza in atto.Con tutte le riserve che ho verso la metafisica della scuola fenomenologicadi Husserl, sono profondamente convinto che questo nuovoconcetto della perfezione, che consiste nella incompiutezza ed esige unaattiva collaborazione del lettore, dello spettatore o dell'ascoltatore ilquale deve riempire, « completare », attuare un'opera d'arte, è non214Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDS (Emeroteca Dig<strong>it</strong>ale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce

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