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Le emozioni del familiare caregiver in cure palliative nella ... - SICP

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ArticoliLA RIVISTA ITALIANADICURE PALLIATIVETabella 2. Dati socioanagrafici dei familiari <strong>caregiver</strong>.amici e familiari: a questa domanda con rispostaSessoEtà<strong>Le</strong>game di parentelaMaschiFemm<strong>in</strong>eMedia = 60,32ConiugeFiglioNipote6 (24%)19 (76%)DS = 10,3310 (40%)8 (32%)2 (8%)chiusa sì/no, la quasi totalità risponde di sì. In contrastocon questo dato, dalle parole di alcune personesi ev<strong>in</strong>ce talvolta un vissuto di grande solitud<strong>in</strong>e.Questo sentimento è emerso <strong>in</strong> particolare correlatoad alcune grandi difficoltà: il mantenere segreta laprognosi <strong>in</strong>fausta al proprio congiunto, laddove egl<strong>in</strong>on ne sia a conoscenza (“Farò il possibile, lui mi haFratello/sorella 3 (12%)detto che senza di me si lascerebbe andare. Darò ilAltro* 2 (8%)massimo... lui non sa <strong>del</strong>la prognosi”) e la lontananzaStato civileScolaritàCondizione lavorativaCelibe/NubileConiugato/ConviventeVedovoElementariMedie <strong>in</strong>ferioriMedie superioriLaureaPensionatoCasal<strong>in</strong>gaOccupato dipendente2 (8%)20 (80%)3 (12%)8 (32%)8 (32%)8 (32%)1 (4%)14 (56%)7 (28%)3 (12%)<strong>del</strong>la propria famiglia, per cause fisiche o emotive,che suggerisce come la percezione di sostegno daparte dei propri familiari possa essere per alcuni <strong>in</strong>dividuigerarchicamente superiore a quella fornita daipropri amici (“C'è sempre stata tanta lontananza e ildistacco dei miei parenti vuol dire molto, il non averlivic<strong>in</strong>o, il non avere un contatto giornaliero”).Oltre alle <strong>emozioni</strong> di paura e tristezza, si possonoevidenziare reazioni emozionali più complesse. Afronte <strong>del</strong>la diagnosi e soprattutto <strong>del</strong>l’evoluzioneOccupato libero 1 (4%)professionista<strong>del</strong>la patologia di un proprio <strong>familiare</strong>, il <strong>caregiver</strong>può provare senso di colpa: nelle persone <strong>in</strong>tervistateConvive con il paziente Sì 15 (60%)questa emozione è legata al pensiero di non aver dedicatosufficiente tempo ed energie alla relazione e diNo 10 (40%)Ore a settimana trascorse <strong>in</strong> ospedale F<strong>in</strong>o a 3030-6011 (44%)5 (20%)non aver postposto impegni quotidiani e lavorativi,<strong>nella</strong> conv<strong>in</strong>zione che il tempo si sarebbe trovato successivamente(“Se solo avessi smesso di lavorare60-100 7 (28%)Giorno e notte 2 (8%)prima... se solo l’avessi saputo...”).* amica, cognatoInoltre, sempre nel momento <strong>del</strong>la fase avanzata dila vita quotidiana che andrà necessariamente riorganizzata <strong>in</strong>malattia, quando la persona malata <strong>in</strong>izia a perdere la propria<strong>in</strong>dipendenza e autonomia, è possibile che i parenti cheseguito al lutto. Dopo la perdita, i giorni proseguono <strong>in</strong> unfuturo da affrontare senza la presenza <strong>del</strong> proprio <strong>familiare</strong>scelgono di prendersi cura siano mossi più dal senso <strong>del</strong> dovereche da un affetto esplicitato: “Il supporto <strong>familiare</strong> è(“Quando è morto mio padre non riuscivo a stare <strong>in</strong> casa...però lavoravo ancora e mi ha aiutato a superarlo. Stavoltaimportante ed io mi sono proposta di aiutarlo perché è giànon so come ne uscirò da qui”). Molti familiari parlano deisfortunato con la moglie”, “È proprio difficile con lei e la difficoltàche non ho trovato con i miei genitori la trovo conpropri figli e nipoti descrivendoli come una fonte di consolazionee di futuro impegno, soprattutto dal punto di vista pratico(“Dopo la morte di mia madre, di mio padre avevo lalei... è anche una difficoltà economica”. In realtà, soprattuttoquando la relazione tra <strong>caregiver</strong> e paziente è stata conflittualee problematica, senso <strong>del</strong> dovere, dolore e sollievo permia famiglia... ora sarà tutto diverso, ma non voglio legarmia mia figlia”).la perdita vengono vissute quali <strong>emozioni</strong> contrastanti e conciliabilicon difficoltà (“Non è stato come dire un matrimo-Prevedendo la difficoltà emotiva ma anche pratica <strong>nella</strong>gestione <strong>del</strong>la malattia <strong>del</strong> proprio caro, l’<strong>in</strong>tervista prevedenio felice, ma quando succede si sta male lo stesso, si rimaneche si chieda ai <strong>caregiver</strong> se percepiscono sostegno da parte dicome disarmati”).16 Numero 2 estate 2008 - www.sicp.it


LA RIVISTA ITALIANADICURE PALLIATIVETalvolta, non è facile per il <strong>familiare</strong> accettare il decadimentofisico e/o cognitivo che spesso la malattia oncologica <strong>in</strong> faseterm<strong>in</strong>ale comporta; tale difficoltà si può concretizzare <strong>in</strong>comportamenti di negazione <strong>del</strong> dolore con distacco sia fisicoche emotivo. Il parente non riesce a stare a lungo <strong>in</strong> ospedalee la lontananza diventa il mezzo per gestire un caricoemotivo altrimenti soverchiante e vissuto come di impossibilegestione: “Vado a casa, non ce la faccio più, se muore stanottenon chiamatemi, fatelo pure domani matt<strong>in</strong>a”. In questocaso il personale <strong>in</strong>fermieristico, i medici e lo psicologo,con la propria quotidiana presenza, svolgono il ruolo dimediazione tra il malato e colui che dovrebbe svolgere ilruolo di <strong>caregiver</strong>.La situazione cl<strong>in</strong>ica complessa <strong>del</strong> paziente <strong>in</strong> fase di f<strong>in</strong>e vitacomporta <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e il rischio di diverse possibilità di evoluzioneterm<strong>in</strong>ale, più o meno traumatiche, sia per chi le vive sia perchi le osserva. Quando tali <strong>in</strong>formazioni, spesso per la primavolta, vengono comunicate dal medico palliativista, il <strong>caregiver</strong>si trova a vivere un’<strong>in</strong>tensa esperienza di <strong>in</strong>certezza edi ansia, connesse all’impossibilità di esercitare il controllosu di una situazione che di per sé è comunque caratterizzatadall’<strong>in</strong>evitabilità “Prima pregavo perché me lo lasciassequi ancora qualche anno, ora prego perché se lo porti viasenza sofferenza”. Il morire bene o il morire male può qu<strong>in</strong>didiventare il perno <strong>del</strong>le preoccupazioni <strong>del</strong> <strong>familiare</strong>, f<strong>in</strong>oal sollievo quando la f<strong>in</strong>e arriva nel sonno o <strong>nella</strong> non consapevolezzagrazie alla sedazione palliativa: “È morto dormendo,non ha sofferto”.CONCLUSIONILa diversificazione degli stati emotivi riportati pone luce sullacomplessità emotiva connessa al ruolo di <strong>caregiver</strong> <strong>in</strong> <strong>cure</strong><strong>palliative</strong>. Il <strong>familiare</strong> si trova qu<strong>in</strong>di non solo affaticato daun importante carico assistenziale (16) , ma anche gravato dallaesigenza di avviare il percorso anticipatorio di elaborazione<strong>del</strong> lutto (8) . Inoltre, tali <strong>in</strong>tensi stati emozionali, non semprefacilmente districabili e identificabili s<strong>in</strong>golarmente <strong>in</strong> modochiaro, richiedono uno sforzo empatico significativo da parte<strong>del</strong> personale sanitario (17) .Nei racconti dei familiari <strong>in</strong>tervistati non sono mai emerse<strong>emozioni</strong> connesse alla rabbia. È possibile formulare due ipotesi,da verificare, relative a questo risultato. Da una parte,possiamo supporre che la modalità con cui le domande sonostate poste e la strutturazione stessa <strong>del</strong>la valutazione nonabbiano favorito l’espressione di tale emozione, fornendo<strong>in</strong>vece ampio spazio alla condivisione di <strong>emozioni</strong> relativealla sofferenza e al dolore. D’altra parte, i familiari sono stati<strong>in</strong>tervistati <strong>in</strong> prossimità <strong>del</strong> decesso <strong>del</strong> proprio caro, verosimilmentefase <strong>del</strong>la vita <strong>in</strong> cui il predom<strong>in</strong>io è dato dal dolore<strong>del</strong>la perdita più che dalla rabbia per la malattia. A sostegnodi questa ipotesi è il riscontrare assenza di rabbia anchenei racconti di familiari che hanno vissuto relazioni <strong>in</strong>trafamiliariproblematiche e conflittuali nel passato. Va <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ericordato che un limite di questo studio è costituito dalla valutazionedi quei soli <strong>caregiver</strong> disponibili e presenti frequentemente<strong>in</strong> reparto: possiamo qu<strong>in</strong>di ritenere, supportati dall’esperienzacl<strong>in</strong>ica, che la presenza di marcate conflittualità conil paziente malato abbia <strong>in</strong>dotto il <strong>familiare</strong> a non prestareassistenza assidua. Consapevoli <strong>del</strong>la complessità di questatematica, che peraltro non è oggetto di questo lavoro, sirimanda alla letteratura (17,18) e a studi da effettuare nel futuro.Il quadro emerso suggerisce l’esigenza di un <strong>in</strong>tervento con il<strong>familiare</strong> di counsell<strong>in</strong>g psicologico o, se necessario, di psicoterapiabreve, f<strong>in</strong>alizzato alla gestione <strong>del</strong> carico emotivo acui il <strong>caregiver</strong> è esposto. Tale esigenza di <strong>in</strong>tervento risultaormai confermata dalla recente letteratura (4,19) , sebbene studidi efficacia siano ancora rari e caratterizzati da numeroseproblematicità metodologiche (20) .In conclusione, la poliedricità <strong>del</strong>le <strong>emozioni</strong> vissute e la frequenteesperienza di solitud<strong>in</strong>e e di estraniazione suggerisconol’esigenza di un <strong>in</strong>tervento supportivo specifico, soprattutto<strong>nella</strong> cultura occidentale, dove la morte viene negata,medicalizzata, resa <strong>in</strong>visibile. Dare visibilità alla morte eliceità al parlare di perdita, a nostro parere, potrebbe daresollievo a chi presta cura e favorire l’elaborazione anticipatoria<strong>del</strong> lutto. Nel rispetto <strong>del</strong>le differenze <strong>in</strong>dividuali e culturali,l’accompagnamento alla morte costituisce un ausilio, siaper il paziente che per il <strong>familiare</strong>, alla ricerca di attribuzionedi un significato ad un evento per il quale non c’è spiegazionerazionale, ad una malattia per la quale, secondo la prospettivaoccidentale organicista, non c’è più cura.Numero 2 estate 2008 - www.sicp.it17


ArticoliLA RIVISTA ITALIANADI CURE PALLIATIVEBibliografia1. Proot IM, Abu-Saad HH, Crebolder HF et al. Vulnerability of family<strong>caregiver</strong>s <strong>in</strong> term<strong>in</strong>al <strong>palliative</strong> care at home; balanc<strong>in</strong>g betweenburden and capacity. Scand Car<strong>in</strong>g Sci 2003; 17(2): 113-21.2. Grov EK, Fossa SD, Sorebo O et al. Primary <strong>caregiver</strong>s of cancerpatients <strong>in</strong> the <strong>palliative</strong> phase: A path analysis of variables <strong>in</strong>fluenc<strong>in</strong>gtheir burden. Soc Sci Med 2006; 63(9): 2429-39.3. Gaston-Johannsson F, Lachica EM, Fall-Dickson JM et al.Psychological distress, fatigue, burden of care, and quality of life<strong>in</strong> primary <strong>caregiver</strong>s of patients with breast cancer undergo<strong>in</strong>gautologous bone marrow transplantation. Oncol Nurs Forum2004; 31 (6): 1161-9.4. Lowder JL, Buzney SJ, Buzo AM. The <strong>caregiver</strong> balanc<strong>in</strong>g act:giv<strong>in</strong>g too much or not enough. Care Manag J 2005; 6(3): 159-65.5. Aoun SM, Kristjanson LJ, Currow DC et al. Caregiv<strong>in</strong>g for the term<strong>in</strong>allyill: at what cost? Palliat Med 2005; 19(7): 551-5.6. Weitzner MA, McMillan SC, Jacobsen PB. Family <strong>caregiver</strong> qualityof life: differences between curative and <strong>palliative</strong> cancer treatmentsett<strong>in</strong>g. J Pa<strong>in</strong> Symptom Manage 1999; 17(6): 418-28.7. Grov EK, Dahl AA, Moum T et al. Anxiety, depression, and qualityof life <strong>in</strong> <strong>caregiver</strong>s of patients with cancer <strong>in</strong> late <strong>palliative</strong> phase.Ann Oncol 2005; 16(7): 1185-91.8. Grassi L, Biondi M, Costant<strong>in</strong>i A. Manuale pratico di psico-oncologia.Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2003.9. Duke S. An exploration of anticipatory grief: the lived experience ofpeople dur<strong>in</strong>g their spouses’ term<strong>in</strong>al illness and <strong>in</strong> bereavement. JAdv Nurs 1998; 28(4): 829-39.10. Zeitl<strong>in</strong> SV. Grief and bereavement. Prim Care 2001; 28(2): 415-25.11. Morita T, Tsunoda J, Inoue S et al. The Palliative Prognostic Index:a scor<strong>in</strong>g system for survival prediction of term<strong>in</strong>ally ill cancerpatients. Support Care Cancer 1999; 7(3): 128-33.12. Stone P, Lund S. Predict<strong>in</strong>g prognosis <strong>in</strong> patients with advanced cancer.Ann Oncol 2007; 18(6): 971-6.13. Yates JW, Chalmer B, McKegner FP. Evaluation of patients withadvanced cancer us<strong>in</strong>g the Karnofsky performance status. Cancer1980; 45: 2220-4.14. Shah S, Vanclay F, Cooper B. Improv<strong>in</strong>g the sensitivity of the Barthel<strong>in</strong>dex for stroke rehabilitation. J Cl<strong>in</strong> Epidemiol 1989; 42: 703-9.15. Bennett M, Ryall N. Us<strong>in</strong>g the modified Barthel <strong>in</strong>dex to estimatesurvival <strong>in</strong> cancer patients <strong>in</strong> hospice: observational study. BMJ2000; 321: 1381-2.16. Grimaldi V, Fabbr<strong>in</strong>i F. Proposta di uno strumento per misurare ilcarico assistenziale <strong>del</strong> <strong>caregiver</strong> di un paziente oncologico <strong>in</strong> faseterm<strong>in</strong>ale a domicilio. La Rivista Italiana di Cure Palliative 2007;1: 51-8.17. Namasivayam P, Orb A, O’Connor M. The challenges of car<strong>in</strong>g forfamilies of the term<strong>in</strong>ally ill: nurses’ lived experience. ContempNurse 2005; 19(1-2): 169-80.18. Waldrop DP, Kramer BJ, Skretny JA et al. F<strong>in</strong>al transitions: familycaregiv<strong>in</strong>g at the end of life. J Palliat Med 2005; 8(3): 623-38.19. Fassier T, Laurette A, Ciroldi M et al. Care at the end of life <strong>in</strong> criticallyill patients: the european perspective. Curr Op<strong>in</strong> Crit Care2005; 11(6): 616-23.20. Hard<strong>in</strong>g R, Higg<strong>in</strong>son IJ. What is the best way to help <strong>caregiver</strong>s <strong>in</strong>cancer and <strong>palliative</strong> care? A systematic literature review of <strong>in</strong>terventionsand their effectiveness. Palliat Med 2003; 17(1): 63-74.R<strong>in</strong>graziamentiQuesto lavoro non sarebbe stato possibile senza la collaborazione quotidianacon il personale <strong>in</strong>fermieristico. Un grazie di cuore va ai familiaridei nostri pazienti che, pur gravati dalla sofferenza, hanno dedicatotempo ed energie alla ricerca, condividendo la loro sofferenza con umanitàe dignità.18 Numero 2 estate 2008 - www.sicp.it

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