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SYNERGIA Sistemi di conoscenza e di gestione del cambiamento

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<strong>SYNERGIA</strong><strong>Sistemi</strong> <strong>di</strong> <strong>conoscenza</strong> e <strong>di</strong> <strong>gestione</strong> <strong>del</strong> <strong>cambiamento</strong>I FIGLI DELL’IMMIGRAZIONERicerca sull’integrazione dei giovani immigrati a MilanoScheda <strong>di</strong> focusIndagine Promossa dal Comune <strong>di</strong> Milano, Settore Servizi Sociali per Adulti, Ufficio Stranieri.La collaborazione scientifica e la redazione <strong>del</strong> testo è a cura <strong>di</strong> Synergia.Milano, 2003.<strong>SYNERGIA</strong> srlMilano (20124) - Via mauro Macchi, 44Tel. 0272093033 - Fax 0272099743 - e-mail: synergia@synergia-net.itC.F. e P.IVA 09570410150


Introduzione L’indagine svolta non riguarda nello specifico gli immigrati <strong>di</strong> seconda generazione 1 ,ovvero i figli nati qui da famiglie straniere <strong>di</strong> Milano. L’enfasi semmai è stata suigiovani che sono in qualche modo “figli” <strong>del</strong> fenomeno immigrazione nel suocomplesso, ovvero le principali popolazioni giovanili <strong>di</strong> origine straniera cheall’epoca <strong>del</strong>l’indagine vivevano nelle metropoli. Alcuni <strong>di</strong> loro erano in realtàimmigrati <strong>di</strong> terza o <strong>di</strong> quarta generazione e alcuni <strong>di</strong> loro non erano neppure nati inItalia, ma rappresentavano ormai una quota importante sia <strong>del</strong>la propria collettivitànazionale a Milano che <strong>del</strong>la popolazione giovanile milanese nel suo complesso. Si èscelto <strong>di</strong> concentrare la ricerca su sei popolazioni giovanili <strong>di</strong> origine straniera sceltesia per la rilevanza numerica (è il caso <strong>di</strong> filippini, egiziani, cinesi e peruviani) sia perla loro importanza “storica” nell’ambito <strong>del</strong> fenomeno <strong>del</strong>l’immigrazione straniera aMilano (eritrei ed etiopi, presenti in città fin dagli anni ’70).L’analisi proposta ha voluto esplorare le caratteristiche e le problematiche legate alprocesso <strong>di</strong> integrazione <strong>di</strong> popolazioni giovanili che sono generalmenteespressione <strong>di</strong> fenomeni migratori a carattere eminentemente familiare e chepossono dunque essere considerate non soltanto elementi stabili <strong>del</strong>la societàmilanese, ma anche persone in grado <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficarla a livello profondo. I giovaniintervistati sono collocati all’interno <strong>di</strong> progetti migratori orientati da tempo versol’inse<strong>di</strong>amento stabile o quantomeno <strong>di</strong> lungo periodo e sono pertanto piùchiaramente identificabili come le avanguar<strong>di</strong>e <strong>di</strong> una gioventù urbana segnata daidentità complesse e da appartenenze multiple, che caratterizzerà in modo semprepiù netto la società metropolitana in senso cosmopolita e multiculturale.Per esplorare la realtà dei giovani filippini, egiziani, cinesi, peruviani, eritrei ed etiopi<strong>di</strong> Milano si è optato per un approccio qualitativo e si è deciso <strong>di</strong> supportare il lavorosul campo, condotto a mezzo <strong>di</strong> interviste in profon<strong>di</strong>tà, osservazione partecipante estu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> casi familiari, con una rilevazione a mezzo questionario in alcune scuoleme<strong>di</strong>e ad alta incidenza <strong>di</strong> popolazione studentesca <strong>di</strong> origine straniera e nei centriterritoriali permanenti che offrono corsi <strong>di</strong> italiano per immigrati. Inoltre, si èeffettuato un minuzioso lavoro <strong>di</strong> rilievo empirico degli aspetti spazio-territorialiattinenti alla quoti<strong>di</strong>anità dei giovani stranieri oggetto <strong>di</strong> indagine: luoghi <strong>di</strong> incontroe svago, case e abitazioni, negozi, esercizi e locali <strong>di</strong> particolare importanza, luoghi<strong>di</strong> culto e <strong>di</strong> associazionismo sociale, politico, ecc.I giovanifilippiniI filippini sono presenti a Milano fin dagli anni ’80, ma è soprattutto nel corso deglianni ’90 che l’incremento <strong>del</strong> flusso li porta ai vertici <strong>del</strong>la graduatoria <strong>del</strong>lenazionalità straniere più rappresentate tra i residenti. La componente giovanile<strong>di</strong>viene significativa a partire dalla metà degli anni ’90, con l’aumento deiricongiungimenti familiari. Nel 2000 i minori filippini sono 3802, la popolazione under21 è pari a 4102 persone (il 22% sul totale dei residenti filippini).Benché quella filippina rimanesse un’immigrazione fortemente connotata dallacomponente femminile (donne sole che spesso vivono come domestichenell’abitazione dei loro datori <strong>di</strong> lavoro), il numero <strong>di</strong> famiglie risultava in costanteaumento. Al tempo <strong>del</strong>l’indagine la maggior parte dei teen ager viveva con i proprigenitori, i quali sono attivi per lo più nell’ambito <strong>del</strong>la collaborazione domestica edei servizi <strong>di</strong> pulizia. Me<strong>di</strong>amente essi <strong>di</strong>spongono <strong>di</strong> una <strong>conoscenza</strong> limitata <strong>del</strong>lalingua italiana e la maggior parte <strong>di</strong> loro ha scarse occasioni <strong>di</strong> contatto con gli1Termine controverso, che da un lato suggerisce l’estraneità al contesto <strong>di</strong> nascita e socializzazione <strong>di</strong>in<strong>di</strong>vidui che in realtà non vi sono mai “immigrati” e dall’altro sembra implicare un riconoscimento <strong>del</strong>la suaappartenenza al paese <strong>di</strong> nascita, che <strong>di</strong> fatto non viene accordato, perché in Italia chi nasce figlio <strong>di</strong>stranieri resta straniero.2


italiani: la fascia adolescente inserita nella scuola <strong>del</strong>l’obbligo era infatti ancorarelativamente poco numerosa e sia l’ambito lavorativo che quello <strong>del</strong>la socialitàextralavorativa raramente implicavano un contatto significativo con italiani. Il lorotempo libero era in ogni caso fortemente strutturato sia dalla vita comunitaria(soprattutto in ambito religioso), sia dal proprio giro <strong>di</strong> amicizie tra connazionali.L’esistenza <strong>di</strong> una subcultura giovanile filippina (pinoy pop) particolarmentepervasiva consente ai giovani filippini <strong>di</strong> ricreare un ambiente <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci espressivi –musica, vestiti, consumi, svaghi, lo stile <strong>di</strong> vita in generale – in cui riconoscersipienamente. Non si sono riscontrati particolari elementi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio giovanile,intergenerazionale o identitario: l’indagine ha evidenziato come i giovani filippiniabbiano interiorizzato in ampia misura i valori tra<strong>di</strong>zionali dei propri genitori, pur nellacostante rielaborazione degli stessi alla luce <strong>del</strong>le esperienze personali e<strong>del</strong>l’influenza <strong>del</strong>l’ambiente sociale e culturale in cui si trovano inseriti. Scarsapropensione alla trasgressione, debole orientamento al rischio, relativa armoniaintergenerazionale e forte partecipazione alla vita comunitaria <strong>di</strong>pingono un quadrocomplessivamente problematico: inquietu<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong>sagio restano sottotraccia etrovano eventualmente espressione e sfogo solo all’interno <strong>del</strong> gruppo dei pari. Illavoro incide molto nella quoti<strong>di</strong>anità dei giovani filippini, sia nei termini <strong>di</strong> aiuto aipropri genitori, sia come lavoro proprio. Giostrano spesso tra due o più lavori parttime,magari inserendovi anche un corso <strong>di</strong> alfabetizzazione. Pur mantenendo unaviva consapevolezza <strong>del</strong>l’importanza <strong>del</strong> risparmio e <strong>del</strong>l’invio <strong>di</strong> rimesse allafamiglia, sono anche molto sensibili alle sirene <strong>del</strong> consumo e spendono unacomponente significativa dei propri guadagni in vestiti, musica, fast food e svaghi.Il processo <strong>di</strong> integrazione dei giovani filippini tende ad esplicarsi senza traumiapparenti e lo scenario più probabile è quello <strong>di</strong> un’integrazione “morbida”, anchese esposta ad un certo rischio <strong>di</strong> esclusione/autoesclusione. Nel corso <strong>del</strong>l’indagineempirica si è rilevata nei ragazzi una progettualità piuttosto debole, che in un futurosi sarebbe potuta tradurre in una <strong>di</strong>fficoltà concreta a costruire carriere professionalie <strong>di</strong> realizzazione personale in un contesto non più fortemente contrassegnato dalmo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> “sacrificio” che informa il progetto migratorio dei genitori. I giovanifilippini rischiano da questo punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> trovarsi relegati anche in età adulta inoccupazioni dequalificate, con una consapevolezza più acuta <strong>del</strong>la propriaemarginazione socioeconomica e una frustrazione maggiore <strong>di</strong> quella esperita daigenitori, relativamente impermeabili ai profili <strong>di</strong> consumo prevalenti nel contestometropolitano.I giovaniegizianiQuella egiziana è una <strong>del</strong>le popolazioni immigrate “storiche” <strong>di</strong> Milano, presente incittà fin dagli anni ’70, tuttavia la presenza <strong>del</strong>le famiglie e dei giovani è soprattutto ilportato <strong>del</strong>le sanatorie e dei ricongiungimenti familiari degli ultimi anni ’90. Nel 2000 iminori egiziani sono 3355, 3503 gli under 21 (26,3% sul totale dei residenti egiziani).I genitori <strong>di</strong> questi giovani risultavano attivi nell’e<strong>di</strong>lizia, nella ristorazione, nei servizi <strong>di</strong>pulizia e custo<strong>di</strong>a <strong>di</strong> stabili e uffici, nei trasporti e nelle imprese <strong>di</strong> telefonia parallela. Igiovani vivono tendenzialmente con i genitori, anche se non mancano casi <strong>di</strong>giovani studenti inseriti in convitti e collegi o coabitanti con altri studenti.Il livello <strong>di</strong> competenza linguistica e <strong>di</strong> integrazione culturale dei giovani egiziani èrisultato piuttosto elevato. Molti sono qui fin dalla più tenera età o sono nati in Italia.Dato che le famiglie hanno valori familiari tra<strong>di</strong>zionali piuttosto conservatori, i giovanisono soggetti ad un controllo genitoriale piuttosto rigoroso; questo, tendeva, <strong>di</strong> fatto,a limitare la gamma e la durata <strong>del</strong>le attività <strong>del</strong> tempo libero e in certa misuraanche la possibilità <strong>di</strong> interazione con i coetanei italiani, specialmente per leragazze. Per lo più, al tempo <strong>del</strong>l’indagine, essi non lavoravano: in genere i genitori3


tengono molto alla loro istruzione, cui de<strong>di</strong>cano risorse economiche anche ingenti.Conseguentemente i giovani esprimono me<strong>di</strong>amente una progettualità benstrutturata e una chiara consapevolezza <strong>del</strong> valore <strong>del</strong>la propria formazione. Siriscontra una <strong>di</strong>ffusa adesione ai valori tra<strong>di</strong>zionali dei genitori, una “<strong>di</strong><strong>gestione</strong>lenta” degli elementi <strong>di</strong> novità e <strong>di</strong> “<strong>di</strong>sturbo” proposti dal contesto italiano, ildesiderio <strong>di</strong> maturare un proprio approccio all’integrazione nella società italiana nelrispetto <strong>del</strong>la propria identità e <strong>del</strong>le aspirazioni <strong>del</strong>la famiglia. Bassissimalegittimazione <strong>del</strong>la trasgressione, scarso orientamento al rischio e debole incidenza<strong>del</strong>le fenomenologie più acute <strong>del</strong> <strong>di</strong>sagio giovanile (che riguardano generalmentesolo adolescenti maschi) configurano un quadro <strong>del</strong>l’integrazione giovanile egizianarelativamente poco problematico. Resta però un conflitto intergenerazionalelatente, che si esplica nel contrasto evidente tra i valori e lo stile <strong>di</strong> vita prevalenti trai coetanei italiani e il proprio portato culturale, identitario e religioso specifico.Tranne che nel caso dei giovani egiziani <strong>di</strong> religione musulmana che, dopo averfrequentato a Milano la scuola araba, rimandano in Egitto dai genitori perproseguire gli stu<strong>di</strong> o per sposarsi, al tempo <strong>del</strong>l’indagine le prospettive<strong>del</strong>l’integrazione dei teen ager egiziani sono quelle <strong>di</strong> un’integrazione “negoziata” ecerto non priva <strong>di</strong> scosse, ma sostanzialmente positiva e riuscita. L’elemento <strong>di</strong>maggiore problematicità riscontrato è sicuramente la scarsa autonomia gestionalerispetto al proprio tempo libero, in particolare in seno nelle famiglie <strong>di</strong> originemusulmana. Tuttavia, questa minore libertà d’azione non si traduceva in un gradoelevato <strong>di</strong> esclusione socioculturale: il forte consumo dei mass me<strong>di</strong>a italiani, l’uso<strong>del</strong>le chat e <strong>del</strong> telefonino tendevano a prefigurare un processo <strong>di</strong> acculturazione“a <strong>di</strong>stanza” fortemente imbevuto <strong>di</strong> desiderio e <strong>di</strong> curiosità, che in età adultaavrebbe potuto sfociare in percorsi molto personali <strong>di</strong> lettura <strong>del</strong> contestosocioculturale e <strong>di</strong> costruzione <strong>del</strong>l’identità.I giovanicinesiI cinesi sono presenti a Milano fin dagli anni ’20, ma l’assoluta maggioranza <strong>del</strong>lapopolazione è costituita da persone immigrate a Milano a partire dalla secondametà degli anni ’80. La presenza dei minori è cresciuta sensibilmente a partire dal1990, attestandosi nel 2000 attorno alle 2572 persone, mentre la popolazionegiovanile under 21 è pari a 2973 unità (34,4% sul totale dei residenti cinesi).L’immigrazione cinese ha conosciuto ondate <strong>di</strong> ricongiungimenti familiari più omeno regolari fin dagli anni ’80 e questo spiega la forte eterogeneità <strong>del</strong>le situazioniall’interno <strong>del</strong>la popolazione giovanile: alcuni sono nati qui, alcuni sono arrivati dabambini, altri a metà o a conclusione <strong>del</strong>la scuola <strong>del</strong>l’obbligo in Cina, ecc.L’indagine ha confermato l’importanza <strong>del</strong> grado <strong>di</strong> alfabetizzazione ottenuto prima<strong>di</strong> lasciare la Cina nella strutturazione <strong>del</strong> processo <strong>di</strong> acculturazione.Il lavoro scan<strong>di</strong>sce/regola la quoti<strong>di</strong>anità dei cinesi fin dalla più tenera età, almenoquanto lo stu<strong>di</strong>o: in tutti i giovani intervistati traspare una netta consapevolezza <strong>del</strong>grado <strong>di</strong> cogenza che il progetto migratorio familiare, per lo più connotato in sensoimpren<strong>di</strong>toriale, esprime rispetto a tutti i membri <strong>del</strong>la famiglia. Per quanto tutti igenitori cinesi, anche quelli <strong>di</strong> estrazione conta<strong>di</strong>na e/o completamente analfabeti,sembravano riconoscere un enorme valore alla formazione dei propri figli, lapossibilità <strong>di</strong> intraprendere stu<strong>di</strong> superiori <strong>di</strong>pendeva strettamente dal grado <strong>di</strong>autonomia economica ottenuta dalla famiglia ed è in parte subor<strong>di</strong>nata allosviluppo <strong>del</strong>l’impresa familiare. Il grado <strong>di</strong> competenza linguistica e <strong>di</strong> integrazionesocioculturale dei giovani cinesi varia molto a seconda <strong>del</strong> tempo trascorso in Italia,<strong>di</strong> avere o meno frequentato qui le scuole, <strong>del</strong> livello <strong>di</strong> istruzione conseguito in Cina.In linea generale, il profilo <strong>del</strong>l’integrazione socioculturale dei giovani cinesi nonpresentava vistosi elementi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio: anche in questo caso, si è rilevato un buon4


livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo intergenerazionale, una forte consapevolezza <strong>del</strong>la propriaimportanza in seno al progetto familiare, una scarsissima legittimazione <strong>del</strong>latrasgressione e un orientamento pressoché nullo al rischio. Prevale, invece, unra<strong>di</strong>cato senso <strong>di</strong> responsabilità e la coscienza chiara <strong>del</strong>lo sforzo compiuto daigenitori per assicurare ai figli un futuro migliore. Emerge però in modo netto anche lafatica e la solitu<strong>di</strong>ne che connotano il vissuto <strong>di</strong> giovani cinesi al tempo<strong>del</strong>l’indagine, stretti tra gli impegni scolastici e lavorativi, alle prese con una <strong>di</strong>fficileopera <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione tra il contesto socioculturale italiano e quello familiare, mentreè in fieri il processo <strong>di</strong> costruzione <strong>del</strong>la propria identità.Era <strong>di</strong>fficile prevedere in questo caso uno sviluppo univoco <strong>del</strong>l’integrazione deigiovani: l’eterogeneità <strong>del</strong>le con<strong>di</strong>zioni e la crescente stratificazione socialeall’interno <strong>del</strong>la popolazione cinese <strong>di</strong> Milano rendono assai complessa anche lafenomenologia dei comportamenti e dei percorsi dei giovani cinesi. Quello che siprefigurava come lo scenario futuro più probabile era quello <strong>di</strong> una popolazionegiovanile numerosa, importante sia a livello culturale che economico, in grado <strong>di</strong>esprimersi in una pluralità <strong>di</strong> percorsi autonomi, fortemente motivataall’autorealizzazione e <strong>di</strong>fficilmente riconducibile a mo<strong>del</strong>li <strong>di</strong> acculturazione <strong>di</strong> tipoassimilazionistico. Era inoltre in crescita la fascia <strong>di</strong> giovani cinesi in grado <strong>di</strong>emanciparsi dalla stretta cornice in cui li avrebbe iscritti la carriera migratoria deigenitori.I giovaniperuvianiI giovanieritreiI peruviani a Milano sono presenti in misura significativa solo a partire dagli anni ’90,ma è a partire dal 1996 che questo flusso migratorio acquista slancio, alimentandoanche numerosi ricongiungimenti familiari: nel 2000, i minori peruviani sono 1520 e gliunder 21 sono 1759 (22,1% sul totale dei residenti peruviani).Al momento <strong>del</strong>l’indagine, le famiglie peruviane sono spesso monoparentali e tra igiovani non mancano quelli che vivono qui da soli, magari in coabitazione con altricoetanei, talvolta <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa nazionalità. Quando il genitore è presente, si tratta ingenere <strong>del</strong>la madre, attiva soprattutto nell’ambito <strong>del</strong>la collaborazione domestica; igiovani tendono ad avere occupazioni part-time nel medesimo settore lavorativo.Essi generalmente imparano velocemente l’italiano e hanno pochi problemi a<strong>di</strong>ntegrarsi culturalmente rispetto al contesto milanese. Il maggiore elemento <strong>di</strong><strong>di</strong>sagio sembra essere la nostalgia per la propria quoti<strong>di</strong>anità peruviana, la <strong>di</strong>versità<strong>di</strong> clima e <strong>di</strong> ambiente sociale, l’austerità severa e un po’ deprimente <strong>del</strong>la vita inemigrazione in una città che è percepita spesso come grigia, chiusa e un po’noiosa. Il lavoro domina l’esperienza quoti<strong>di</strong>ana, ma è spesso la componentefondamentale <strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong> realizzazione <strong>di</strong> sé più articolato, che non <strong>di</strong> radotrova spazio anche per momenti <strong>di</strong> formazione e stu<strong>di</strong>o.Per i giovani peruviani esisteva, dunque, un modesto rischio <strong>di</strong> derive versol’emarginazione, soprattutto per la componente maschile, per la quale abitu<strong>di</strong>nilegate al tempo libero potevano a volte cronicizzarsi in forme <strong>di</strong> abuso e<strong>di</strong>pendenza, ma nel complesso sia le ragazze che i ragazzi mostravano una decisavolontà <strong>di</strong> integrarsi e realizzare qui i propri progetti, attribuendo una grandeimportanza alla formazione, sia professionale che scolastica. I rischi <strong>di</strong> emarginazionee <strong>di</strong> autoesclusione sono modesti, mentre la rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> acculturazione raramentescalzava l’orgoglio per la propria matrice culturale e identitaria: l’integrazione deigiovani peruviani era sempre un processo negoziale e non lasciava presagireelementi <strong>di</strong> criticità significativi.Gli eritrei sono presenti a Milano fin dagli anni ’70, ma sono aumentati <strong>di</strong> poco neiprimi anni ’90 e nel 2000 il loro numero tendeva a stabilizzarsi in virtù soprattutto dei5


icongiungimenti. Anche la popolazione giovanile era <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte: i minorieritrei sono 120 e 127 gli under 21 (pari al 9,2% dei residenti eritrei).Al momento <strong>del</strong>l’indagine, essi vivono per lo più in casa con i genitori, non <strong>di</strong> rado infamiglie monoparentali in cui la madre si è fatta carico <strong>del</strong>la cura dei figli ricorrendoa istituti per l’infanzia e collegi religiosi. Generalmente i figli non lavorano mentre igenitori sono attivi nell’ambito <strong>del</strong>la collaborazione domestica, più raramente nelsettore degli autotrasporti, <strong>del</strong>la ristorazione o <strong>del</strong> commercio. I giovani <strong>di</strong>spongonoquasi sempre <strong>di</strong> ottima competenza linguistica e sono bene integrati dal punto <strong>di</strong>vista culturale; tuttavia, fin da bambini, la loro quoti<strong>di</strong>anità sembra essere statacontrassegnata da elementi <strong>di</strong> sensibile <strong>di</strong>fferenza rispetto ai coetanei italiani: L’esperienza <strong>del</strong> collegio e <strong>del</strong>la lontananza <strong>del</strong> genitore La percezione <strong>di</strong> sé come “<strong>di</strong>verso” in virtù dei propri caratteri somatici. Anchequando questa <strong>di</strong>fferenza non ha dato a<strong>di</strong>to a episo<strong>di</strong> espliciti <strong>di</strong> razzismo, èrimasta sempre, agli occhi <strong>di</strong> tutti gli intervistati, come una nota <strong>di</strong> fondo presentein tutta la loro esperienza <strong>di</strong> vita in Italia (sensazione <strong>di</strong> essere “italiani a tutti glieffetti eppure <strong>di</strong>versi”).Proprio il vago risentimento per la propria “appartenenza negata” che costituisce illivello profondo <strong>del</strong>la cosiddetta “estetica <strong>del</strong> ghetto” tipica <strong>di</strong> molte subculturegiovanili <strong>di</strong> matrice afro, funge in questo caso da catalizzatore e da fattoreaggravante. La vita sociale dei giovani eritrei, che si è sviluppata inizialmenteseguendo il doppio binario <strong>del</strong>la socialità giovanile autoctona e <strong>di</strong> quellacomunitaria/religiosa, in seguito si è coagulata attorno a una socialità ristretta, chefa riferimento o al proprio in-group esclusivo (si sta tutto il tempo insieme ad altrieritrei) o a una più generica comunità <strong>di</strong> “esclusi” (altri stranieri, soprattutto se <strong>di</strong>origine africana). Benché per alcuni giovani, soprattutto <strong>di</strong> sesso maschile, siaindubbio il livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione innescata dal colore <strong>del</strong>la pelle in una pluralità <strong>di</strong>contesti quoti<strong>di</strong>ani, è anche vero che raramente questa <strong>di</strong>scriminazione sitraduceva in segregazione effettiva, specie nei confronti <strong>di</strong> persone giovaniestremamente ben integrate dal punto <strong>di</strong> vista linguistico e culturale. Sta proprio inquesto spaesamento il nucleo critico <strong>del</strong> <strong>di</strong>sagio giovanile espresso dagli eritrei <strong>di</strong>Milano: la <strong>di</strong>sillusione e lo sconforto che esso comporta tendevano a indebolireanche la progettualità rispetto al proprio futuro e potevano provocare derive versoforme più o meno gravi <strong>di</strong> emarginazione.I giovani eritrei sembravano muoversi un po’ a tentoni , ancora confusi e riluttanti <strong>di</strong>fronte a una piena assunzione <strong>di</strong> responsabilità per la propria vita adulta eimpacciati da identità fragili, troppo con<strong>di</strong>zionate da elementi estranei alla propriaesperienza <strong>di</strong> vita concreta. Raramente possono contare su un aiuto forte da partedei genitori, cui spesso mancano gli strumenti per affrontare il problema. Il datosaliente emerso da questa ricerca è che questi giovani avevano bisogno <strong>di</strong> nonessere lasciati soli: per scongiurarne l’emarginazione era <strong>di</strong> primaria importanzain<strong>di</strong>viduare strategie <strong>di</strong> coinvolgimento e <strong>di</strong> “rassicurazione” che potesseropermettere loro <strong>di</strong> trovare ancoraggi soli<strong>di</strong> per il proprio ra<strong>di</strong>camento e l’avvio <strong>di</strong>progetti <strong>di</strong> vita emancipati dall’immaginario “etnico” e calati nella propriaesperienza concreta <strong>di</strong> milanesi <strong>di</strong> origine eritrea.I giovanietiopiComponente storica e stabile <strong>del</strong> panorama <strong>del</strong>l’immigrazione straniera a Milano findagli anni ’70, anche per gli etiopi si configura da tempo una tendenza allastabilizzazione <strong>del</strong> flusso; nel 2000 i minori etiopi residenti sono 185, mentre sono 205 igiovani under 21 (pari al 15,8% dei residenti etiopi).Per i giovani etiopi vale in ampia misura quanto scritto per i giovani eritrei: l’unicoreale elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione risiede forse, da un lato, nella maggiore incidenza <strong>del</strong>le6


famiglie in cui sono presenti entrambi i genitori e, dall’altro, nelle maggiori possibilitàche la <strong>di</strong>aspora etiope sembrava offrire ai giovani rispetto alla scelta <strong>di</strong> percorsi <strong>di</strong>autorealizzazione futura all’estero. Tra <strong>di</strong> essi, infatti, è stato possibile riscontrare in piùcasi un orizzonte progettuale aperto ad un mondo “senza confini” in cui viverepositivamente la propria molteplice identità.Appariva possibile che almeno una parte dei giovani etiopi <strong>di</strong> Milano potesse vivere ipropri percorsi <strong>di</strong> autorealizzazione in una prospettiva cosmopolita, valorizzando gliatout <strong>del</strong>la propria peculiare esperienza <strong>di</strong> italo-etiopi, piuttosto che patirne soltantogli aspetti problematici.Alcunein<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong>policyIl lavoro svolto traccia un quadro <strong>di</strong> un’integrazione che, al momento <strong>del</strong>l’indagine,sostanzialmente funzionava, soprattutto grazie a due gran<strong>di</strong> agenzie <strong>di</strong>socializzazione e acculturazione: la famiglia e la scuola. Anche quando si parla <strong>di</strong>famiglie monoparentali, i figli avevano recepito tutti in modo netto il valore el’importanza <strong>del</strong>la famiglia, loro principale ancoraggio identitario in un immaginario<strong>del</strong>l’appartenenza che per molti è troppo vago e in ogni caso problematico. E’stata fotografata una realtà che segnala quanto il fenomeno <strong>del</strong>l’immigrazione inItalia si <strong>di</strong>scostasse da quel “mo<strong>del</strong>lo europeo” – ricalcato in realtà sull’esperienzadei vecchi paesi <strong>di</strong> immigrazione, come la Francia e l’Inghilterra – che vedetendenzialmente le seconde generazioni più esposte al <strong>di</strong>sagio, alla devianza e ingenerale ai comportamenti “a rischio” <strong>del</strong>le prime 2 . La realtà dei giovani stranieristu<strong>di</strong>ati appariva, al contrario, ricca <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> contatto con quella dei loro coetaneiitaliani sotto molti aspetti, anche quelli problematici: lo spaesamento, laprogettualità debole, la <strong>di</strong>saffezione per la politica, la scarsa partecipazione sociale,l’enfasi sui consumi come mezzo <strong>di</strong> espressione <strong>del</strong>la propria identità, l’incidenza<strong>del</strong>la solitu<strong>di</strong>ne. Vi sono però alcune specificità che contrad<strong>di</strong>stinguono ciascungruppo e che nel complesso <strong>di</strong>fferenziano i giovani stranieri dai loro coetanei italianiin modo importante, tra cui l’incidenza fortissima <strong>del</strong>la percezione <strong>di</strong> sé come “semiestranei”al contesto italiano e <strong>del</strong>la incomunicabilità <strong>del</strong>la propria appartenenzacomplessa a coloro che non la con<strong>di</strong>vidono.Per contrastare l’isolamento, l’esclusione, la solitu<strong>di</strong>ne, il senso <strong>di</strong> frustrazione,appariva necessario lavorare intensamente allo sviluppo <strong>di</strong> azioni <strong>di</strong> inclusione, chenon operassero però in senso paternalista e assimilatorio, ma anzi comprendesserocome proprio la possibilità <strong>di</strong> vedere pienamente riconosciuta e rafforzata la propriamatrice identitaria originale rendesse più armonioso e sano il processo <strong>di</strong>acculturazione rispetto al contesto italiano. Per migliorare il livello <strong>di</strong> competenzacivica e partecipazione sociale degli immigrati, si è ritenuto necessario che dovesseessere l’istituzione a muoversi verso l’immigrato, mentre è improduttivo aspettarsi cheavvenga il contrario. Di fondamentale importanza appariva anche la promozione <strong>di</strong>una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> vita <strong>di</strong>gnitosa per le famiglie straniere: le uniche famiglie davveronumerose <strong>di</strong> Milano eppure quelle che facevano più fatica a trovare casa, acomprarla e ad affittarla; una politica <strong>del</strong>l’integrazione più attenta alle esigenze deigiovani stranieri non può esimersi dallo strutturare adeguatamente anche un suoversante de<strong>di</strong>cato al sod<strong>di</strong>sfacimento dei fabbisogni alloggiativi. La scuola, agenzia<strong>di</strong> socializzazione primaria fondamentale per i giovani immigrati, apparivasostanzialmente priva <strong>di</strong> adeguato equipaggiamento) per far fronte al2Si veda, ad esempio: Iprs – Istituto Psicoanalitico per le Ricerce Sociali (2000), Integrazione e identità deiminori immigrati, in “Migrazioni. Scenari per il XXI secolo. Atti <strong>del</strong> convegno internazionale”, Roma, AgenziaRomana per la preparazione <strong>del</strong> Giubileo; Kepel, J. (1987), Les banlieues de l’Islam, Paris, Seuil.; Nicollet A.(1999), Jeunesse sans pagnes ni tambours”, in “Migrations Société, vol. 11, n. 61.7


<strong>di</strong>sorientamento e alle forme <strong>di</strong> frustrazione che possono sperimentare i ragazzi <strong>di</strong>origine straniera.8

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