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educare, educarsi, essere educati

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Educare, <strong>educarsi</strong>, <strong>essere</strong> <strong>educati</strong>dere, chiedere, volere ma senza creare il dialogo <strong>educati</strong>vo con la persona equivale a imporre e dirigerela persona spesso al di fuori della propria realtà. Ciò non significa, e l’abbiamo presentato, non insegnaredelle regole morali, non dare un senso di misura nelle cose che uno compie e ancor meno lasciare tuttonel clima del più assoluto permissivismo. No, l’impegno primario è quello di curare la relazione, mettereil soggetto in crescita nella condizione di comunicare, di aprirsi con fiducia.Va curata la conduzione <strong>educati</strong>va in un clima quotidiano di fraternità e sincerità nel quale ciascunodeve sentirsi libero di esprimersi e guidato a “tirare fuori” il meglio delle proprie qualità individuali dicarattere e di originalità. Prima di imporre dei comportamenti specialmente al fanciullo che cresce è benecomprenderne le reali possibilità al fine di modulare ogni intervento <strong>educati</strong>vo sulla sua specifica originalità.Riprendendo Salvatore e Agata, <strong>educare</strong> veniva a coincidere con dirigere, insistere, immettere,come da un “copione” una serie di raccomandazioni, lasciando però il ragazzo passivo, non coinvolto. Latroppa insistenza genera non poche volte il rifiuto di comportamenti anche buoni e giusti dettatidall’esperienza e dal senso civico morale. L’eccessiva ansia <strong>educati</strong>va nella pretesa di voler realizzati nellapratica principi e regole, dettate a volte con molta insistenza, conduce, al risultato della delusione e-ducativa tipica di Emilia con il figlio Gianni, sfuggito di mano (in tutti i sensi) anche per la troppa pressionematerna.La cura esige che ogni persona da <strong>educare</strong> sia motivata verso gli obbiettivi che si ritengono utili per lacrescita. Favorire il dialogo <strong>educati</strong>vo e l’intesa è basilare per ogni sviluppo specialmente nel contestosociale attuale dove la comunicazione tra persone è alquanto in crisi, condizionata com’è dall’invasionemediatica dal dirsi le cose utilizzando apparecchi elettronici o di telefonia, evitando il colloquio diretto.11.3 Tenere ben presente la propria storia personaleÈ il senso e la base costituita dalla storia di ciascuna persona, chiamata al compito <strong>educati</strong>vo. Facendosila domanda: come si fa a <strong>educare</strong> un figlio, da dove si inizia e soprattutto da chi si impara? Sembra ancheovvia la risposta: dalle proprie esperienze di vita raccolte dalla famiglia di origine e dall’esempio apropria volta avuto dai rispettivi genitori e allargandosi ai nonni, zii, fratelli ecc. La storia personale è depositatadentro la propria vita interiore e senza accorgersi viene come estratta nel gravoso compito ditrasmettere l’educazione. Sono i genitori che con i loro insegnamenti e la testimonianza, costituiscono labase per ogni altro e successivo intervento.Nelle stesse situazioni riportate, perché alcuni genitori erano così rigidi e diremmo un po’ troppo bloccati?Pensiamo a Viviana: aveva alle spalle un’educazione improntata al “dirigismo” materno e un vuotoaffettivo pesante da accettare. Tutto questo ne condizionava l’intervento <strong>educati</strong>vo sui figli. Da questo siconstata come un’educazione improntata ad autoritarismo e spesso passiva ubbidienza ai comandi, nonpermette di maturare nella scelta responsabile. Ora è certo che qualcuno vuole prendere le distanze daquel modo di agire, ma poi di fatto si porta dietro, come una zavorra, un peso che non sa di avere ed inmodo consequenziale riviene in qualche modo ancora fuori. Riflettiamo sugli atteggiamenti eccessivamenteautoritari, vedi Alda verso Laura, o il troppo permissivismo quasi per “contestare” il passato, vediViviana con i figli per tenerli tranquilli. Così valga per le paure che abbiamo riportato un po’ in tutte lestorie, paure che spesso affondano le radici nelle insicurezze ricevute nell’infanzia dagli stessi genitori.Valga per tutti la paura di trovare cattive compagnie piuttosto che di farsi male perché si sbagliano gliincontri, o di perdere il controllo della situazione dei propri figli. Ricordiamo la paura di Emilia, la sua i-perprotezione nei confronti del figlio, “fuggito” con la trentenne. Una delusione, una crisi tremenda cheminacciava il suo equilibrio psichico. Ed allora come si reagisce? Spesso impedendo o quasi che i proprifigli possano costruire una loro vita privata, con un controllo fatto col “microscopio” del timore e con la“telecamera” dell‘interrogatorio. Una possibilità che poi conduce inevitabilmente a scontri e a reazioninegative come silenzi e bugie per “nascondere” verità definite scottanti. Nella conduzione <strong>educati</strong>va va72

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