oltre 5 miliardi di euro nel 2004; noi siamocoscienti che questi servizi sono ancoratroppo poco, <strong>per</strong>ché siamo coscienti del<strong>la</strong>fragilità del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>, ma vorremmo anchedire qui, oggi, con forza, che le famiglienon sono solo un problema, sono ancheuna risorsa straordinaria di questo paese.Vogliamo anche dire che le famiglie nonsono un mito, sono un mix di disagi, di difficoltà,<strong>per</strong>ché i disagi e le difficoltà appartengonoa momenti diversi che ogni<strong>famiglia</strong> vive e il margine tra il bisogno e <strong>la</strong>risorsa è sempre più indefinito e il bisognocoesiste nel<strong>la</strong> stessa <strong>famiglia</strong> con <strong>la</strong> risorsa.Questo significa che non possiamo solochiederci cosa lo Stato può fare <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>,ma anche come <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> può costruireil suo benessere, <strong>la</strong> sua sicurezzadentro <strong>la</strong> comunità locale. Significa anche<strong>per</strong> i nostri servizi, <strong>per</strong> i servizi i cui o<strong>per</strong>atoriringraziamo tutti i giorni <strong>per</strong>ché dannosenso al nostro <strong>la</strong>voro, <strong>per</strong>ché si sacrificanoogni giorno ad ascoltare e a risolvere problemigravissimi e meritano loro sì un app<strong>la</strong>usoin questa direzione, chiediamo ainostri servizi di cambiare l’approccio ancheloro. Di cominciare a promuovere sempredi più, come già stanno facendo (ma è unmestiere difficile), <strong>la</strong> connessione del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>con le reti informali, con quell’informalerappresentato dai rapporti di vicinato,dal mutuo aiuto tra famiglie, dal rapportocol volontariato. Quel<strong>la</strong> è una risorsa, comeè stato detto dai gruppi di <strong>la</strong>voro. Ma vogliamoanche più rapporto con le risorsestrutturate, formali <strong>delle</strong> famiglie: il formale<strong>degli</strong> sportelli sociali organizzati bene, conprofessionisti, con accoglienza, ascolto, conpresa in carico, ma con <strong>la</strong> prospettiva di incoraggiarel’autonomia.Sappiamo che abbiamo bisogno di politichedi appoggio, di accompagnamento e disostegno alle famiglie, prima che venganotravolte dal<strong>la</strong> spirale del<strong>la</strong> povertà, del<strong>la</strong>diffidenza, dell’iso<strong>la</strong>mento. Solo se sapremoassumere questa soggettività del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>potremo passare dalle politiche riparatrici,disartico<strong>la</strong>te <strong>per</strong> i singoli componenti, allepolitiche di promozione <strong>delle</strong> risorse, comeindica <strong>la</strong> legge n. 328. Quel<strong>la</strong> legge chepiace a tutti, Presidente del Consiglio, piacea tutti noi da anni, ma tutti sappiamo che ènel cassetto e non riusciamo a capire <strong>per</strong>chénon possa partire, oggi, da Firenze, unmessaggio chiaro che questa smemoratezzasui livelli essenziali di assistenza non fabene al Paese, non fa bene alle famiglie. Abbiamobisogno di ritornare a <strong>la</strong>vorare sui livelliessenziali di assistenza, a quel<strong>la</strong> leggeche ha prodotto un Governo che avevaquesta sensibilità e che oggi si può riprenderein mano.<strong>Politiche</strong> dirette al soggetto <strong>famiglia</strong>, comequelle <strong>per</strong> <strong>la</strong> conciliazione, quelle destinateall’abbattimento del costo dei servizi <strong>per</strong> famiglienumerose, che ci consentono di nonfare parti uguali tra disuguali, quelle <strong>per</strong> iconsultori familiari. È già stato detto tuttoe non voglio ripetermi. Insisto solo su unpunto che preme molto ai Comuni italiani.Intanto chiediamo di <strong>la</strong>vorare da subito aun piano straordinario <strong>per</strong> i servizi del<strong>la</strong>prima infanzia, <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> è soprattuttouna scelta di libertà e non vi è libertàdi fare figli se non c’è <strong>la</strong> certezza di un sistemadi protezione sociale forte. Avremopiù figli se sapremo scommettere sul livellodei servizi nei Comuni, adeguato. La presenza<strong>degli</strong> enti locali e dello Stato, impegnatinello strutturare servizi, non riduce<strong>la</strong> libertà del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> come qualcunovuole far credere. Nei paesi europei, dovepiù forti, più strutturati sono i servizi diwelfare, rinascono i figli, vi è <strong>la</strong> possibilità<strong>per</strong> le donne di <strong>la</strong>vorare di più, di occupareposti di prestigio e quindi non c’è una contraddizionetra servizi più strutturati e tra <strong>la</strong>libertà del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>.Ripartiamo da lì! Ripartiamo dai nidi, daiservizi socio-educativi, e lo dico da Sindacopro tempore di una città che sco<strong>la</strong>rizza il40% dei bambini da 0 a 3 anni (con <strong>la</strong>media nazionale al 10 e l’obiettivo di Lisbonaal 30). Quindi lo dico sapendo chenon porterò a casa soldi <strong>per</strong> il mio Comune,ma sappiamo quanto questo è decisivo.È decisivo che il Piano Straordinario<strong>per</strong> i servizi all’infanzia sia flessibile, adattabilealle diverse realtà del territorio. Visono gli asili, sì, ma ci sono anche i servizimeno strutturati, come i nidi <strong>famiglia</strong>,come i micronidi, come le educatrici familiari.Dai Comuni, dall’es<strong>per</strong>ienza dei Comuni(lo diciamo con un certo orgoglio) sipuò anche imparare molto.Puntiamo su questo, allora, sapendo chenon è un investimento sui servizi. Non parliamosolo di servizi e di soldi, è un investimentodi senso, di significato, è uninvestimento <strong>per</strong> <strong>la</strong> libertà maggiore <strong>delle</strong>donne da carichi familiari troppo pesanti esbi<strong>la</strong>nciati, è un modo <strong>per</strong> arricchire <strong>la</strong> societàsempre di più nel contributo libero<strong>delle</strong> donne nel <strong>la</strong>voro. È un modo <strong>per</strong> riconoscerenei figli un capitale sociale vero.E’ un modo <strong>per</strong> far uscire dall’iso<strong>la</strong>mento(noi s<strong>per</strong>imentiamo questa cosa sul<strong>la</strong> nostrapelle) tante famiglie straniere che nontrovano i linguaggi, non hanno <strong>la</strong> possibilitàdi costruire re<strong>la</strong>zioni. Nei nidi, nellestrutture pubbliche si possono costruire re<strong>la</strong>zioni,incontrarsi, scambiarsi un’opinione,ed è un’opportunità nuova anche<strong>per</strong> chi non ha le reti parentali, e sono sempredi più, <strong>per</strong> incrociare tanti altri sguardie dare un po’ di tempo a se stessi, <strong>per</strong>chéanche di questo hanno bisogno le famiglie,marito e moglie, di dare un po’ di tempo aloro stessi, al<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione tra loro due.I nidi, gli altri servizi sono opportunitàanche <strong>per</strong> i bambini di ogni censo, di ogniprovenienza sociale, <strong>per</strong> avere un luogo separato,pulito, accogliente. Dove <strong>la</strong> capacitàdi re<strong>la</strong>zione si possa sviluppare; dove<strong>la</strong> fiducia in se stessi possa aumentareanche quando <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> è una <strong>famiglia</strong> fragile,debole. Don Bosco non teneva i bambinidi strada in strada, li portava in unluogo separato. Abbiamo bisogno di questo.E potrei continuare a lungo, ma credoche <strong>la</strong> scelta sui servizi <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima infanziaha in sé una cosa che manca oggi al<strong>la</strong>comunità familiare e forse anche al<strong>la</strong> comunitàlocale, cioè il coraggio e <strong>la</strong> fiducia nelfuturo. Questa scelta ha in sé il coraggio delfuturo ed il senso di noi, come custodi epietas <strong>degli</strong> altri e di sé.Uno dei pensatori più influenti del nostrotempo, un professore americano, ha dettoche quando <strong>la</strong> città provvede ad eccellenticentri <strong>per</strong> l’infanzia e presco<strong>la</strong>ri, i bambinisentono che <strong>la</strong> comunità si prende cura diloro. Così, quando crescono, restituisconoquesto riguardo, prendendosi cura <strong>degli</strong>altri. Diventano buoni <strong>la</strong>voratori, buoni cittadini.Questo Paese, allora, ricominci a prendersicura del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> e le famiglie saprannorestituire, amando questo Paese e dando adesso buoni cittadini.
Question Time <strong>delle</strong>famiglie con ilPresidente delConsiglio dei MinistriRomano Prodiconducono Lorena Bianchettie Paolo ContiPAOLO CONTIConduttoreAbbiamo ascoltato <strong>delle</strong> autorevoli riflessioni,ma a questo punto, visto che si par<strong>la</strong>di <strong>famiglia</strong>, diamo direttamente <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> aloro, ai protagonisti effettivi, <strong>per</strong> sottolinearealcune testimonianze e le difficoltàche <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> vive nel<strong>la</strong> quotidianità. Questestesse famiglie porranno dei quesiti alnostro Presidente del Consiglio.La prima <strong>famiglia</strong> vive a Firenze, Giovannae Sergio Vivarelli: sei figli, una <strong>famiglia</strong> importanteche vive anche <strong>delle</strong> realtà difficili.SERGIO VIVARELLIÈ una scelta che abbiamo fatto. L’età dei ragazzivaria da Annamaria che ha 23 anni,Benedetta, 22, Emanuele, 20, Giuditta 18,Miche<strong>la</strong> 13, Diletta 5.LORENA BIANCHETTIConduttriceGiovanna, esprimiamo anche <strong>la</strong> difficoltà eil coraggio di essere <strong>famiglia</strong> oggi.246SABATO 26 MAGGIOGIOVANNA VIVARELLIDifficoltà quotidiane, senz’altro. Prima ditutto difficoltà economiche <strong>per</strong>ché siamouna <strong>famiglia</strong> mono-reddito; io credo in Dioe non c’è mai mancato l’aiuto di Dio nel nostroquotidiano. Le nostre difficoltà derivanodal fatto che l’età dei ragazzi è moltoravvicinata. I primi quattro sono nati incinque anni, i ragazzi studiano, anchetutti insieme, ma <strong>la</strong> difficoltà è sia economica,sia re<strong>la</strong>tiva agli orari, adesempio <strong>per</strong> preparare il pranzoad orari diversi, nonostanteio sia a casa. Posso comunquedire chein questadifficoltà io sono contenta <strong>per</strong>ché vedoche c’è molto rispetto e solidarietà.SERGIO VIVARELLIVolevo salutare il Presidente, il Ministro,tutte le Autorità, il nostro Vescovo e tuttivoi presenti in questa sa<strong>la</strong>. Siamo onoratidi essere qui come <strong>famiglia</strong>, non solo <strong>per</strong>noi, ma anche <strong>per</strong>ché oggi rappresentiamoin qualche modo le <strong>famiglia</strong> numerose el’Associazione Nazionale Famiglie Numerose,una realtà molto importante che stafacendo sentire <strong>la</strong> sua voce.Il quesito è il seguente: le attuali tariffe deiservizi essenziali (luce, gas, acqua) sonostate costruite <strong>per</strong> limitare gli sprechi equindi <strong>per</strong> penalizzarli da un punto di vistaeconomico. Di fatto questa penalizzazionecolpisce principalmente le famiglie, soprattuttoquelle con molti figli: occorrerebbe alloramodu<strong>la</strong>re queste tariffe parametrandoi consumi al numero dei componenti presentinel nucleo, dopo <strong>la</strong> rilevazione delcontatore. Per esempio, fissando dei quantitativiminimi pro-capite. Ci chiediamo sequesto rientri nei programmi del Governoe <strong>degli</strong> <strong>Enti</strong> <strong>Locali</strong>, ciascuno <strong>per</strong> le propriecompetenze.ROMANO PRODIPrima di tutto grazie di essere qui. Vedoche occupate una fi<strong>la</strong> intera, ho pensatoche se ci fosse qui <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> del Sindaco diReggio, il mio Sindaco, che ha nove figli,non basterebbe neanche, occu<strong>per</strong>ebbetutto il palco.Il vostro è un discorso verissimo, che derivaanche da certi strani fatti tecnici, <strong>per</strong>cui il consumo era proprio legato a <strong>delle</strong>teorie di risparmio, e non è facile cambiarlo.Però, sia il Ministro Bindi che il MinistroBersani, con l’Autorità dell’energiaelettrica, stanno <strong>la</strong>vorando <strong>per</strong> modu<strong>la</strong>reanche queste tariffe a seconda dei componentidel<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>, in modo che ci sianodei livelli di reddito al di sotto dei quali intervengonoanche aiuti di questo tipo.Devo dire, <strong>per</strong>ò, con molta franchezza, cheil problema del sostegno deve essere affrontatoin modo molto più generale e moltopiù forte, occorre intervenire su tariffe econsumi, ma soprattutto, molto prima, sulproblema dei redditi, <strong>per</strong>ché altrimenti nonci si sta assolutamente dentro.Uno <strong>degli</strong> sforzi che noi stiamo facendo, eche abbiamo affrontato, è proprio su questotipo di problemi. Abbiamo messo neinostri programmi dei provvedimenti e <strong>delle</strong>idee forti <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>. In questi giorni hoincontrato parecchia gente prima di venire aquesto convegno sui problemi del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>,molti mi hanno anche rimproverato, chiedendomicosa c’è in programma. Il programmal’abbiamo fatto <strong>per</strong> cinque anni, nonè che l’abbiamo fatto <strong>per</strong> un anno e nel<strong>la</strong>prima Finanziaria, in una situazione di difficoltà,sono stati messi 3 miliardi di euro.Siccome si partiva da zero, 3 miliardi dieuro sono pochi. Non sono sufficienti, èchiaro, ma finalmente sono l’inizio di uncammino che inverte una rotta precedente.Permettetemi anche una mia es<strong>per</strong>ienza familiare:è un discorso che faceva mio padretantissimi anni fa, io sono l’ottavo di novefigli e lui, mi ricordo benissimo, diceva:“eccetto il giornale, tutte le spese di una <strong>famiglia</strong>numerosa si moltiplicano”. Era proprioun discorso di una semplicità estrema.Poi lui si seppelliva sotto il giornale. Noisiamo cresciuti su questa mentalità. Finalmenteil problema del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> èscoppiato. Ma ancora, non dimentico che27 anni fa c’erano ancora i titoli dei giornali“italiani come conigli”; i più giovaninon lo sanno, ma questo era il discorsoche si faceva in Italia.