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Lucio Strumendo Pubblico Tutore dei Minori della Regione Veneto

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Intervento<strong>Lucio</strong> <strong>Strumendo</strong><strong>Pubblico</strong> <strong>Tutore</strong><strong>dei</strong> <strong>Minori</strong><strong>della</strong> <strong>Regione</strong><strong>Veneto</strong>G L I A T T I D E L C O N V E G N O


Intanto voglio ringraziare l’amico Micele per avermi invitato a portareuna testimonianza in un’occasione come questa che, come giustamenteè stato ricordato, è vicina all’anniversario <strong>della</strong> Convenzione di New Yorkdel 1989, che non è soltanto un momento celebrativo, ma ancheun’occasione per sviluppare un pensiero, una riflessione, qualche idea.Io da dieci anni lavoro sostanzialmente in quelle che chiamo “Istituzionidi garanzia”, in quanto ho fatto per poco più di cinque anni il DifensoreCivico <strong>della</strong> <strong>Regione</strong> del <strong>Veneto</strong>, mi sono occupato del coordinamento <strong>dei</strong>Difensori Civici regionali nella prospettiva di una legge nazionale a questoriguardo e da poco più di quattro anni sono il <strong>Pubblico</strong> <strong>Tutore</strong> <strong>dei</strong> <strong>Minori</strong>del <strong>Veneto</strong>.Nella mia <strong>Regione</strong> la legge ha definito questo istituto in questo modo(<strong>Pubblico</strong> <strong>Tutore</strong> <strong>dei</strong> minori); ma io credo che, se si dovesse riscrivere lalegge oggi, più opportunamente si dovrebbe chiamare “Garante <strong>dei</strong> dirittidell’infanzia” o “Garante dell’infanzia”. Per fortuna nel dibattito nazionale,da questo punto di vista, abbiamo chiarito le cose.Quindi, mi interessa sviluppare una riflessione di carattere generale,sapendo che qui siamo ospiti di una <strong>Regione</strong> e io credo che le Regionisiano le protagoniste fondamentali di un’Istituzione come questa; nonsoltanto perché ormai questa legislatura volge al termine - e quindi nonci dà grandi speranze di vedere approvato quel Testo Unico a cui facevaprima riferimento l’amico Micele in materia di Garante dell’infanzia alivello nazionale - ma anche perché, qualunque sia il giudizio e lavalutazione che si voglia dare sulla recente riforma costituzionale indirezione del federalismo, non vi è dubbio che i servizi sociali, la sanità,i minori, la famiglia siano realtà che fanno riferimento alle competenzedelle Regioni e quindi è alla loro attività legislativa e alla loro disciplinache dobbiamo prestare grande attenzione.Se mi consentite, io vorrei tentare di fare un’operazione un pò diversada quella che solitamente si mette in campo quando si affrontano questitemi; cioè vorrei ragionare non da un punto di vista deduttivo - uso questavecchia categoria scolastica – partendo cioè dai grandi principi <strong>della</strong>25


26Dichiarazione di New York, <strong>della</strong> Convenzione di Strasburgo, di principicostituzionali, fino all’esperienza, quale quella <strong>della</strong> <strong>Regione</strong> del <strong>Veneto</strong>.Invertirei quindi il procedimento e farei un’operazione di carattereinduttivo, partendo dall’esperienza concreta che abbiamo avviato nel<strong>Veneto</strong>, per tentare, se possibile, di arrivare ad una delineazione <strong>dei</strong>caratteri che deve avere questo istituto del Garante <strong>dei</strong> minori, sia alivello nazionale che regionale.Io credo che non serva ripercorrere le considerazioni che ha già fattol’amico Micele e che tante altre volte abbiamo fatto con il presidenteAndria, in ordine ai principi fondamentali che debbono ispirare lacostituzione di queste autorità di garanzia; e cioè il fatto che devonoessere autonome rispetto agli organi di governo nell’ambito in cui operano;l’esigenza che siano istituzioni autorevoli, quindi che abbiano un’investiturada parte delle assemblee elettive; il fatto che siano organismi di caratteremonocratico per mettere in evidenza il principio <strong>della</strong> autorevolezza; eche abbiano funzioni adeguate e coerenti. Già la Convenzione di Strasburgo,al suo articolo 12, seppure in modo molto generico ed indiretto, indicaquali sono le funzioni che deve avere questo organismo, cioè quelle dipromozione, di monitoraggio, di consulenza e di vigilanza.Io, però, dando già per acquisite queste cognizioni e queste informazioni,vorrei richiamare la vostra attenzione su due questioni, sulle quali mi èparso di aver maturato un convincimento abbastanza solido ed ancheabbastanza originale e che per ora cito nella loro essenzialità, per poitentare di sviluppare su queste un ragionamento.La prima convinzione è quella che riguarda la tipicità <strong>della</strong> figura del Garanterispetto al Difensore Civico e ad altre eventuali istituzioni di garanzia; cheè una tipicità in primo luogo assiologica, di principio; è una tipicità normativa,che fa riferimento alla Convenzione universale <strong>dei</strong> diritti del bambino di NewYork, ed alla Convenzione di Strasburgo; ma fa soprattutto riferimento alfatto che, quando parliamo di minori, parliamo di infanti, cioè di coloro chenon hanno voce e quindi di soggetti che, per la loro specifica condizione,sono meritevoli di protezione ed accompagnamento.


La seconda considerazione riguarda le forme concrete attraverso cui sipuò esercitare con la migliore efficacia la protezione e la tutela <strong>dei</strong> minoriattraverso un’Istituzione come quella di cui stiamo parlando.In particolare vorrei richiamare la vostra attenzione su quello che per meè apparso, alla luce dell’esperienza, un dato imprescindibile edirrinunciabile; cioè il rapporto di rispetto, di considerazione, ma anchedi collegamento fra questa Istituzione ed il complesso apparato <strong>dei</strong> servizisocio-sanitari che si occupano di minori e di famiglia nell’ambito regionale,quindi quel complesso sistema di servizi socio-educativi rivolti all’infanziaed all’adolescenza.Ciò che mi domando, in sostanza, è se per adempiere in modo adeguatoalla propria funzione di garanzia, (che vuol dire promozione, monitoraggio,vigilanza, capacità di facilitazione dell’operato di chi si occupa dell’infanzia,oltre che mediazione interistituzionale e formazione), non sia più congenialeall’istituto del <strong>Pubblico</strong> <strong>Tutore</strong> <strong>dei</strong> <strong>Minori</strong>, quindi al Garante dell’infanzia,un incardinamento organizzativo di questa Istituzione in modo tale cheil <strong>Pubblico</strong> <strong>Tutore</strong> possa realizzare un interfaccia diretto con i servizi equindi collocarsi presso le direzioni del Governo Regionale, che hanno ilrapporto diretto con gli operatori e con i professionisti <strong>dei</strong> servizi.Per sostenere questo ragionamento vorrei richiamare la vostra attenzionesu alcune scelte culturali, strategiche e metodologiche che nel <strong>Veneto</strong>ho adottato in questi quattro in cui ho esercitato la mia attività.Nel <strong>Veneto</strong> abbiamo la legge n. 42 del 1988, che coincide con una faselegislativa e culturale del <strong>Veneto</strong> molto importante per la promozione<strong>dei</strong> diritti e <strong>dei</strong> diritti <strong>dei</strong> minori in modo particolare: in quel tempo siè prodotta una legislazione abbastanza omogenea, coerente con i principi<strong>della</strong> Convenzione di N. York e di Strasburgo che prima ho richiamato.Si tratta di un organo monocratico, nominato dal Consiglio, per il quale sonoindividuate una serie di funzioni, che sono quelle che ho richiamato prima,cioè l’attività di promozione culturale, l’attività di segnalazione alle autoritàpreposte di casi di minori trascurati, abbandonati o in difficoltà e la formazione<strong>dei</strong> tutori, argomento sul quale poi mi permetterò di dire qualche cosa.27


28E, tuttavia su un punto il <strong>Veneto</strong> fa una scelta che non è omogenea conquella che hanno fatto il Friuli Venezia Giulia e le Marche e non è omogeneacon la tipicità <strong>della</strong> figura del Difensore Civico in tutte le Regioni, essainfatti prevede l’incardinamento organizzativo del P.T.M. presso la GiuntaRegionale.E’ stata una scelta che all’inizio mi aveva molto preoccupato perché misembrava che in qualche modo ledesse il profilo di autonomia dell’ufficiodel <strong>Pubblico</strong> <strong>Tutore</strong> <strong>dei</strong> <strong>Minori</strong>; ma mi permetto di dire che, a distanzadi quattro anni, per le ragioni che adesso cercherò di motivare, credoche quella sia stata una scelta quanto meno plausibile per i risultati cheha prodotto.Per quanto riguarda gli elementi che hanno caratterizzato l’indirizzodi questo organismo in questi cinque anni, devo dire che proprio inquesti giorni abbiamo svolto la terza seduta di un seminario di lavoroche ha coinvolto tutti coloro che hanno collaborato con me nel corsodi questi anni.Voglio premettere che l’elemento di pregio del lavoro che abbiamo svoltoin questi quattro anni è dato da una convenzione di collaborazione fral’Ufficio del <strong>Pubblico</strong> <strong>Tutore</strong> e il Centro Diritti Umani dell’Università diPadova, che ha una grande storia di cultura e di formazione su questotema. E questa convenzione ha consentito l’utilizzo di apporti professionali,scientifici ed accademici molto significativi e molto importanti perraggiungere i risultati su cui abbiamo lavorato.Ebbene, con tutti questi collaboratori esterni ed interni, abbiamo sviluppatouna riflessione di tipo seminariale, nel tentativo, rivolto ovviamente alfuturo, di fare un consuntivo di questi quattro anni, del lavoro che abbiamosvolto, per capirne il senso e per reinterpretare la nostra missio complessiva.Da questo lavoro di riflessione sono risultate valide alcune scelte che iovoglio molto rapidamente ricordare.La prima è che intanto l’esigibilità e l’effettività <strong>dei</strong> diritti dell’infanziapassano attraverso il procedimento; cioè, come ricordava anche ilPresidente Andria in altre occasioni, non ci possiamo più accontentare


<strong>della</strong> proclamazione delle norme e <strong>dei</strong> principi costituzionali, delle normevaloriali o delle norme di legge; c’è piuttosto il problema <strong>della</strong> loroeffettività e <strong>della</strong> loro esigibilità.Ebbene, l’effettività passa attraverso il procedimento, cioè attraversol’individuazione <strong>dei</strong> ruoli e delle responsabilità (professionali in alcunicasi e delle responsabilità sociali in altri), di coloro che sono preposti allatutela dell’infanzia.L’altro passaggio è quello di promuovere nella società adulta, in quellaprofessionale, ma anche nella società civile in quanto tale, la cultura<strong>della</strong> relazione attorno al bambino, la cultura dell’ascolto, la cultura delminore come persona titolare di diritti che devono essere portati alla lorocondizione di esigibilità e di effettività. Insomma, abbiamo tentato dicostruire con gli operatori <strong>dei</strong> servizi la cultura <strong>della</strong> problematizzazione.Noi abbiamo a che fare non con i bambini in condizione di agio familiare,che va conservato e va valorizzato; ma con bambini che vivono unacondizione di problematicità e i caratteri di questa problematicità vannofatti emergere nelle consapevolezze degli operatori.Insomma, abbiamo tentato di costruire un lavoro orientato agli adultieducanti ed alla società con lo scopo di facilitarne il ruolo professionalee sociale. Ecco uno <strong>dei</strong> compiti del <strong>Pubblico</strong> <strong>Tutore</strong>: facilitare i processi,i percorsi, l’assunzione delle responsabilità.Quindi abbiamo cercato di lavorare per valorizzare la capacità del sistemainfrastrutturale che opera nel settore <strong>della</strong> protezione e <strong>della</strong> tutela, perfar crescere il capitale sociale complessivo.Questo vuol dire un’attenzione rivolta sia al sistema delle autonomielocali (quindi ai professionisti delle USL e <strong>dei</strong> Comuni) sia all’autoritàgiudiziaria; perché mi piace ricordare che questi due mondi - <strong>dei</strong> servizie dell’autorità giudiziaria - sono molto contigui, in quanto uno operaall’insegna del principio di beneficità, secondo cui il bene di una personava costruito con il suo consenso, e l’altro in base al principio di legalità,che determina delle decisioni e scatta quando è necessario produrre unalimitazione alle autonomie ed alle libertà delle persone.29


30Ebbene, io credo che questo ruolo del <strong>Pubblico</strong> <strong>Tutore</strong>, del Garantedell’infanzia, debba essere un ruolo di propulsione metagiudiziaria, senzache questo comporti alcun affievolimento o alcuna invasione impertinentenei compiti dell’autorità giudiziaria minorile.Sulla base di questi principi e di questi orientamenti sul mondo degliadulti (l’ascolto, la relazione, il nesso, il collegamento fra servizi edautorità giudiziaria) abbiamo tentato di avviare quattro linee di lavoro.La prima è quella <strong>della</strong> promozione <strong>della</strong> cultura <strong>dei</strong> diritti, per produrreun cambiamento culturale nella nostra società e negli operatori piùspecificamente dedicati all’infanzia. Sotto questo profilo abbiamo avviatouna serie di iniziative. Ad esempio, un progetto di formazione rivolto almondo <strong>della</strong> scuola, che si è concluso con la pubblicazione di un libromolto interessante; un lavoro altrettanto importante e significativol’abbiamo fatto con il mondo <strong>dei</strong> mass media, (quindi televisioni e giornali),che abbiamo chiamato “Cappuccetto Rosso nel bosco <strong>dei</strong> media” e checonsiste in una riflessione che tenta non di rieditare la Carta di Trevisoe i principi deontologici ormai conosciuti, ma di costruire un percorso inun progetto triennale che si chiama “Laboratorio infanzia e media”, perinvitare il mondo <strong>della</strong> carta stampata, il mondo <strong>della</strong> televisione, <strong>dei</strong>suoi operatori, il mondo degli insegnanti, il mondo <strong>dei</strong> genitori, il mondodegli operatori <strong>dei</strong> servizi sociali, a discutere, a ragionare, a rifletteresui linguaggi, sui messaggi e sulla qualità <strong>della</strong> loro ricezione.E’, un lavoro che abbiamo rivolto a vari ambiti (allo sport, alla partecipazione,ai mass media ed alla scuola) con l’obiettivo appunto, comedicevo prima, di promuovere un cambiamento culturale.C’è un secondo filone a cui teniamo molto, cioè il tema che abbiamodefinito più specificamente “garanzie <strong>dei</strong> diritti”, che si svolge lungotre binari fondamentali: facciamo un’attività di ascolto istituzionale làdove ci siano minori, famiglie, servizi, operatori che ritengono di rivolgersial <strong>Pubblico</strong> <strong>Tutore</strong>, per segnalare, ed eventualmente per agire in terminidi rete verso i servizi o verso l’autorità giudiziaria in ordine ad alcunicasi specifici.


Ma la cosa più significativa e più importante che abbiamo fatto è statala presentazione in ambito regionale circa un anno fa di un documentocontenente le linee guida sulla “presa in carico, la segnalazione e lavigilanza”.Infatti, chi svolge la funzione di operatore <strong>dei</strong> servizi, di assistente socialeo di psicologo sul territorio, sa molto bene come questo sia un puntocruciale, nodale, problematico perfino sulla condizione futura di vita delminore, in relazione alla sua protezione ed alla sua tutela.Le domande che si pongono gli operatori sono: quando scatta l’obbligodi segnalare all’autorità giudiziaria la condizione di criticità di un minore?Come si produce la segnalazione? In quali condizioni si determina l’utilitàdi una segnalazione all’autorità giudiziaria senza che per questo il <strong>Pubblico</strong>Ministero presso il Tribunale <strong>dei</strong> <strong>Minori</strong>, la archivi perché non caratterizzatada elementi per giustificare il ricorso?Ebbene, abbiamo costruito un lungo percorso - d’intesa con l’autoritàgiudiziaria minorile del <strong>Veneto</strong>, la Procura ed il Tribunale, con i servizisociali e con gli operatori, - per fissare queste linee guida su cui, a partiredai prossimi mesi, inizieremo un lavoro di formazione, di coinvolgimentoe di corresponsabilizzazione degli operatori, anche per riceverne criticheed obiezioni.In questo medesimo contesto delle garanzie e <strong>dei</strong> diritti, l’altra cosa cheio credo sia la più tipica, la più esclusiva, la più collaborativa perun’Istituzione come questa, è quella <strong>dei</strong> Tutori.Noi abbiamo cominciato questo lavoro tre anni fa e, dopo aver realizzatoun’intesa con il Tribunale <strong>dei</strong> Minorenni, con i Giudici Tutelari, con leConferenze <strong>dei</strong> Sindaci, delle USL, e con i Direttori sociali delle USL,abbiamo investito su 43 persone che abbiamo chiamato “promotoriterritoriali”, con le quali abbiamo sviluppato 22 iniziative di formazioneterritoriale.Oggi abbiamo a disposizione circa 400 tutori, cioè persone provenientidal volontariato, che hanno seguito un percorso di sensibilizzazione e diformazione e che hanno dato la loro disponibilità affinché (nel caso di31


32un minore straniero non accompagnato, di un minore privo di genitori odi un minore per il quale sia stata dichiarata decaduta la responsabilitàgenitoriale), il Tribunale <strong>dei</strong> <strong>Minori</strong> nomini un <strong>Tutore</strong> idoneo alle sueesigenze relazionali e di ascolto.Infatti dobbiamo prendere consapevolezza - perché questo ci dicono iprincipi di New York e di Strasburgo - che i diritti personali e personalissimidel minore richiedono sì un’adeguatezza di accoglienza nella famigliaaffidataria o nella comunità di accoglienza, richiedono sì il ruolo <strong>dei</strong>servizi sociali di accompagnamento, ma richiedono anche chi abbia larappresentanza <strong>dei</strong> suoi interessi e <strong>dei</strong> suoi diritti anche relazionali.Una terza cosa che abbiamo fatto è quella che noi abbiamo chiamato“azione di sistema”, cioè un sistema molto articolato, misurato sui progettidi cui abbiamo parlato, che implicano la stipula e poi la messa in operadi una serie di protocolli d’intesa con il Tribunale <strong>dei</strong> <strong>Minori</strong>, con laProcura, con le Conferenze <strong>dei</strong> Sindaci, con vari universi, all’interno <strong>dei</strong>quali l’ufficio del <strong>Pubblico</strong> <strong>Tutore</strong> <strong>dei</strong> <strong>Minori</strong> ha ricavato la propria identità,il proprio ruolo, il proprio spazio.In sostanza abbiamo tentato di fare un lavoro rivolto alla costruzione dicondivisione, di reti di collaborazione, appunto di relazioni, dicoinvolgimento, per promuovere senso comunitario e senso collaborativoda parte <strong>dei</strong> vari soggetti che intervengono sul campo; quindi nonun’autorità di garanzia con la presunzione di essere controllo; nessunasupponenza, nessuna presunzione gerarchica, ma una funzione sussidiariadi osservazione, di monitoraggio, di facilitazione che abbiamo cercato diesercitare in modo particolare nella costruzione del progetto sui Tutorie del progetto sulle linee guida.Allora, per concludere, torno all’assunto iniziale in cui mi domandavoquale possa essere l’incardinamento operativo organizzativo più idoneoe più efficace per un Difensore Civico.Io credo che tutto questo non sarebbe stato possibile, (naturalmentesempre presupponendo che quello che abbiamo fatto noi sia nella giustadirezione e sia appropriato e pertinente per una figura di pubblico <strong>Tutore</strong>


o di Garante dell’infanzia), se l’autorità di garanzia, cioè il Garantedell’infanzia fosse stato esterno all’organizzazione viva e concreta deglioperatori e <strong>dei</strong> servizi.Nel caso del Difensore Civico le cose sono diverse, perché lì si tratta dimettere in relazione due soggetti che parlano: un cittadino che esige eduna pubblica amministrazione che non risponde o che rispon<strong>dei</strong>nadeguatamente.Ed allora, nel caso del Garante dell’Infanzia, può bastare la meraautorevolezza che il Garante riceve per l’investitura dal Consiglio Regionaleper entrare in un sistema di relazioni così penetranti, così efficaci congli operatori <strong>dei</strong> servizi?Ecco, io credo che questa sia una questione che merita di essere affrontata,soprattutto nel momento in cui qualcuno sta lavorando in direzione dinuove proposte di legge a questo riguardo.Ritengo perciò, che, per rafforzare l’autorevolezza di questo Garanteregionale o nazionale sia necessario prevederne la nomina da parte delConsiglio Regionale; che si debba trattare di una figura specifica per iminori, perché non mi pare siano possibili assembramenti di funzioni conil Difensore Civico; ma, se vogliamo pensare ad un ruolo efficace nellavoro di promozione e di facilitazione fra i servizi e l’autorità giudiziaria,credo che l’incardinamento di questa figura presso il Governo Regionale,quindi presso le strutture <strong>dei</strong> servizi, sia molto importante e significativo.Vedete, c’è un’altra ipotesi che io in qualche modo ricavo, come aventeuna propria logica, dalla semplice lettura dell’articolo 12 <strong>della</strong> Convenzionedi Strasburgo, in cui si parla di un’Istituzione di garanzia a maglie moltolarghe, di mera promozione culturale, di segnalazione; ma mi pare chesia una formulazione alquanto leggera, alquanto aleatoria, molto esortativasul “facciamo del bene ai bambini”; ma poco efficace e poco incisivarispetto a quello che l’esperienza fatta nel <strong>Veneto</strong> mi consente di direche è possibile raggiungere.Mi confortano in questo senso le considerazioni che anche in altri tavolinazionali abbiamo fatto sulle proposte di legge, di cui si è discusso nel33


34corso di questa legislatura: come quella uscita dalla Commissione bicameraleper l’infanzia; quella uscita dal lavoro dell’Accademia <strong>dei</strong> Lincei assiemeall’Unicef; quella uscita dal tavolo dell’Osservatorio Nazionale su infanziaed adolescenza; e infine quella del Testo Unificato.


Renato CantoreAbbiamo sentito parlare di un sistema complesso ed integrato di tutelee su questo credo che sia opportuno ascoltare il presidente PasqualeAndria, che potrà aggiungere dal suo punto di vista le considerazioni cheriterrà più opportune.35

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