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CASORATE PRIMO (PV) - Pudivi.It

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12SPECIALE CRISI USA-IRAQPUNTO DI VISTA MARZO 2003ATTUALITÀTENSIONEGIORNI.DECISIVILe vere ragioni della guerra in IraqLa politica statunitensein Medio Orientedi DMITRI VORONTSOV ** Facoltà di Scienze Politiche con indirizzo in Scienze Internazionali ed Istituzioni Europee all'Università degli Studi di MilanoGuerra, interessie i volti dellasofferenzaPselezione di due pivot politico-strategici:RIMA FASE (1957 - 1979)La prima fase vede un coinvolgimentoindiretto degli USA nell'area. Il mantenimentodegli equilibri regionali in chiaveantisovietica è perseguito attraverso lal'Iran, con cui si instaura una special relationship, el'Arabia Saudita. Ad essi si aggiungevano i legami conattori in periferia della regione: la Turchia attraverso laNATO, poi Israele e Pakistan. Un forte limite di questastrategia è stato però quello di inserire in un'unica coalizionegeopolitica due nemici naturali quali erano Iran eArabia Saudita. Questa presenza americana ha poi avutol'effetto di sospingere l'Iraq verso il blocco sovietico.L’importanzadell’Arabia Sauditanello scacchieredella politica esteraamericanaIRAQ: VOLTI,PETROLIO E GRAN-DE STRATEGIA.IRAQ: GUERRA,SOFFERENZA EGRANDI INTERES-SI. Questi bambini fanno parte della generazione cresciutanella miseria provocata dall'embargo, in un luogo dovequasi si possono percepire e sentire sulla propria pelle lelinee del potere mondiale. Questi sono i volti di un popolonei guai, la cui sfortuna è quella di esistere nel luogosbagliato al momento sbagliato.Iraq: sofferenza quantificata dalle statistiche, ragioni daricercarsi nei grafici economici e cronache delle relazioniinternazionali. Ragioni di una guerra di cui sappiamo percerto solo che si farà, con o senza l'ONU, con o senzaalleati. Ma quali sono i veri obiettivi? Basterebbe l'esilio diSaddam senza il disarmo? Qual'è la cosa che interessa dipiù l'amministrazione americana? Per esempio già a metàdegli anni '90 Foreign Affairs, la massima autorità tra leriviste specialistiche di relazioni internazionali, guarda casoamericana, diceva apertamente che le armi di distruzione dimassa irakene non erano un problema per la sicurezzastatunitense, perché, qualora Hussein si decidesse adusarle, gli USA rapidamente sarebbero stati in grado di"obliterare", cioè letteralmente cancellare quel regime.Vero è che la guerra che si sta preparando assomiglia aduna sottile intervento chirurgico. Sembra che gli Stati Unitiabbiano forti ragioni a ritenere, basandosi ovviamente sufonti dell'intelligence che loro hanno e noi no, che concentrandol'attacco sui centri nevralgici del potere di Hussein,entro una settimana qualcuno interno al regime si decideràdi spodestare il dittatore con un colpo di Stato. E' un'operazioneprogettata per arginare le vittime civili, il rischio diuna catastrofe umanitaria, per recidere il regimeminimizzando i danni alla popolazione.nsomma, Hussein è diventato scomodo agli interessiamericani. Non come nel '91, quando l'obbiettivo fuquello di lasciare l'Iraq né troppo forte, né troppodebole, in modo che potesse ancora svolgere un ruolodi contenimento nei confronti della diffusione delfondamentalismo islamico che prendeva sempre più Ivigore in Iran e Arabia Saudita.Proprio l'Arabia Saudita, infatti, si rivelò il più infido deglialleati americani. Istituzioni specializzate di tutti i paesistanno svolgendo copiose ricerche sulla crisi irakena,collaborando e confrontandosi tra loro. E in gran partedelle ricerche appare questa necessità di "fare un girolargo", di guardare anzitutto all'evoluzione dei rapporti traUSA e Arabia Saudita per individuare le vere ragionidell'intervento. Qui ci basiamo sulle indagini dell'ISPI,Istituto per gli Studi di Politica Internazionale che, insiemeall'Istituto Affari Internazionali, è la maggiore autoritàitaliana nel campo delle relazioni internazionali. [dv]IMMAGINI: ASSOCIATED PRESS.ECONDA FASE (1979 - 1990)La rivoluzione di Khomeini in Iran conl'avvento al potere dell'integralismo, el'invasione sovietica dell'Afganistan provocanoun generale deterioramento dellaposizione americana in Medio Oriente. SiSpassa dunque al coinvolgimento diretto - la dottrina delpresidente Carter dichiara il Golfo Persico "un'area diinteresse vitale". Nel 1980 viene costituita la RapidDeployment Joint Task Force, in sostanza un contingente adifesa di Kuwait e Arabia Saudita. Nell'83 l'amministrazioneamericana comincia un graduale avvicinamento all'Iraqper sostituire il pilastro dell'Iran, che con la rivoluzioneislamica è diventato radicalmente antioccidentale.ERZA FASE (dal 1990 - '91)Proprio questo rapporto privilegiato con gliUSA è stato una delle ragioni che indusseroHussein ad invadere il Kuwait. Ma lareazione americana fu dura, e la politica deldoppio pivot si trasformò in quella del dualTcontainment, cioè "doppio contenimento", diretto controIran ed Iraq. E' un momento di profonda crisi, in quantogli Stati Uniti scoprono di essere diventati dipendentidall'Arabia Saudita, l'unico alleato rimasto, nonché unodei maggiori fornitori di petrolio. Dopo la guerra delGolfo per la prima volta gli americani rimangono nell'areacome forte presenza militare.Ma con la fine della Guerra fredda, l'alleanza con gliUSA comincia a creare imbarazzo al governo saudita acausa della grande istanza ideologica. L'Arabia Sauditadiventa infatti in quegli anni un grande polo di migrazioneper ingenti masse di popolazioni islamiche, rafforza larete di relazioni con gli altri paesi musulmani e, rivendicandoun ruolo importante tra questi, con sempremaggior vigore "sponsorizza" le correnti più estremistedell'Islam in funzione antioccidentale.Ma l'Arabia Saudita è oggi anche un paese fortementeinstabile, in quanto all'esplosiva crescita demografica siaccompagna un ristagno economico che genera disoccupazionee destabilizzazione. Basti pensare che il 41%della popolazione saudita oggi ha meno di 18 anni, e ilmercato del lavoro riesce ad assorbire ogni anno solo40.000 degli 1.100.000 giovani che cercano lavoro. Unapopolazione giovane e disoccupata è più facilmenteattratta dalle idee radicali, e questo fa prevederel'instaurazione di un regime ancora più ostile nei confrontidegli Stati Uniti. Oltretutto come ulteriore fattoredestabilizzante si aggiunge la forte presenza militareamericana sul suolo saudita.ASE ATTUALEDal punto di vista energetico il Golfo Persicorimane centrale e lo rimarrà. Gli USA stannocercando di ridurre la propria dipendenzadall'Arabia Saudita spostando il baricentrodell'approvvigionamento di petrolio nei paesiFafricani, ma la priorità americana rimane quella di ritrovareuna posizione stabile nel Golfo. E a questo scopo ènecessario un cambiamento di politica per stabilizzare ilregime saudita. Gli obiettivi statunitensi in questo sensosono:- ridurre la presenza militare in Arabia Saudita;- attenuare la dipendenza strategica dall'Arabia Saudita eritornare alla politica del doppio pivot;- attenuare la dipendenza strategica attraverso ladiversificazione delle fonti energetiche.E FINALMENTE ARRIVIAMO AL DUNQUE. Ilregime irakeno è così fastidioso e intollerabile perchéimpedisce di raggiungere questi obiettivi. Infatti, solotogliendo di mezzo Saddam Hussein e istituendo in Iraqun governo filoamericano, gli Stati Uniti sarebbero ingrado di:- allentare la pressione strategica esercitata dall'Iraq neiconfronti dell'Arabia Saudita e del Kuwait, il che renderebbepraticabile la riduzione del contingente americano inArabia Saudita;- ritornare a disporre di due pivot regionali nel mondoarabo, riducendo la dipendenza da ognuno;- diversificare le fonti energetiche attraverso l'incrementodella quota irakena nel mercato energetico mondiale.L'Iraq infatti vanta le seconde riserve accertate di petrolioal mondo.I DESTINI DEI POPOLI SONO NELLE MANI DIPOCHE PERSONE. Noi europei siamo fortunati perchéoggi le linee del potere mondiale non passano più sotto inostri piedi. Ma altrettanto dovremmo essere coscienti dinon poter pretendere che la nostra cultura, i nostri valorioccidentali siano accettati e capiti da chi domani da questelinee sarà strangolato.MAPPA DELLE RISERVE DI PETROLIOPROVATE ALLA FINE DEL 2001(IN MIGLIAIA DI MILIONI DI BARILI)EUROPA18,7ASIA PACIF.43,8NORD AMERICA63,9EX URSS65,4AFRICA76,7C. AMERICA E SUD96,0MEDIO ORIENTE685,6

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