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Vincenzo De Mita - Morreseemigrato.ch

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CELESTINO GRASSIVINCENZO DE MITAAppunti sulla vita e sulle opereR O M A 1985


PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATARoma 1985 – Tipografia Fogar – Via Angelo Emo, 31


Alcuni anni fa, prima ancora <strong>ch</strong>e il terremotorovinasse la <strong>ch</strong>iesa madre di Morra, avevo avuto modo dinotare nell'abside dell'altare centrale una tela di grandidimensioni raffigurante 1'Assunta. L'opera non era di quelleclassificabili come capolavori ma si presentava di dignitosafattura; la mia attenzione era pero ri<strong>ch</strong>iamata soprattutto dalnome del Pittore, <strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>, <strong>ch</strong>e in quelmomento mi faceva pensare ad un artista irpino.Infatti nella vicina Nusco il cognome era da tempo consolidatee la famiglia <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>, oltre all'attuale Segretario della<strong>De</strong>mocrazia Cristiana, aveva espresso in passato un canonicoNicola (16 dicembre 1687 - 24 dicembre 1775), uomo <strong>ch</strong>e perle sue tante virtù, essendo morto in odore di santità, meritodi essere sepolto nella locale cattedrale dove, nella cappelladel Carmine, e immortalato da un quadro e da un bassorilievocon epigrafe.Ricordando poi <strong>ch</strong>e il padre dell'onorevole Ciriacoaveva in qual<strong>ch</strong>e occasione accennato ad una probabile originepugliese, mi ripromisi di approfondire I'argomento quantaprima ed in particolare di accertare se an<strong>ch</strong>e questo pittoreavesse origine nuscane.Preso poi da altri impegni avevo presso<strong>ch</strong>é dimenticatoI'argomento quando, sfogliando un'opera del Gleijeses suNapoli 1 , mi capitò di leggere a proposito dei grandi pittori<strong>ch</strong>e avevano lavorato nella <strong>ch</strong>iesa del Gesù Nuovo: «...lapenultima Cappella e dedicata alla Natività, con riquadridel <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> e del Corenzio...». A questo punto cominciaia pensare <strong>ch</strong>e la tela e 1'autore visti in Morra potesseromeritare una citazione nella storia dell'arte e <strong>ch</strong>e era1 VITTORIO GLEIJESES «Spaccanapoli e i <strong>De</strong>cumani», Di Mauro editore. Cava deiTirreni 1969, pag. 31.


giunto il momento di iniziare una più attenta ricerca.In effetti se da solo, tenendo conto del tempo limitato edella mia ancor più limitata competenza, sono riuscito arintracciare ben 28 opere di <strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> è probabile,considerati i quasi due secoli di oblio, <strong>ch</strong>e molte altre sueopere siano passate inosservate o giacciano trascurate inqual<strong>ch</strong>e polveroso ripostiglio: per non dir di quelle <strong>ch</strong>e sonoandate irrimediabilmente perdute senza lasciare traccia. Bastipensare a quante opere in Irpinia o in Campania sonoclassificate semplicemente come « autore ignoto dellascuola del <strong>De</strong> Mura » ed al fatto <strong>ch</strong>e le 28 di cui intendiamoparlare sono quasi tutte firmate, la qual cosa nel XVIIIsecolo non costituiva certo la regola. La sola <strong>ch</strong>iesa madredi Morra contava altre tre tele databili fine 700, di analogafattura e di incerta attribuzione 2 ; e le <strong>ch</strong>iese e i conventi dasetacciare sarebbero centinaia!A questo punto e ragionevole pensare <strong>ch</strong>e il suddettoautore meriti una più qualificata indagine da parte degliesperti del ramo: non soltanto per la diffusione e per laquantità della sua produzione, ma an<strong>ch</strong>e per l'importanza delle<strong>ch</strong>iese in cui fu <strong>ch</strong>iamato a lavorare. Un pittore cui venivaaffidata la responsabilità di dipingere nelle maggiori<strong>ch</strong>iese di Foggia, oltre <strong>ch</strong>e nel Gesù Nuovo ed in S.Nicola alla Carità di Napoli, doveva già godere di unabuona fama: e se an<strong>ch</strong>e la modestia del suo contenutoartistico non dovesse aver meritato finora 1'attenzione deicritici, questa gli sarebbe comunque dovuta per il solo2 Giusto per dare un altro esempio <strong>ch</strong>e aiuti a dimensionare quantitativamentel'affermazione: nel solo paese di Torella dei Lombardi (AV) ben sette tele vengonodefinite dalla Sovrintendenza come appartenenti alla scuola del <strong>De</strong> Mura (<strong>ch</strong>iesedi S. Antonio, S. Maria del Popolo, S.mo Rosario).


fatto di aver goduto di una cosi vasta notorietà tra icontemporanei. Ma procediamo con or dine.CENNI BIOGRAFICIE FORMAZIONE ARTISTICAPo<strong>ch</strong>issime sono ad oggi le notizie sulla vita di<strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>. La tradizione vuole <strong>ch</strong>e sia nato aFoggia: temo <strong>ch</strong>e, in mancanza di documenti, questa notiziapoggi soprattutto sul fatto <strong>ch</strong>e nell'ambiente era noto come«il Foggiano» e <strong>ch</strong>e talvolta aggiunse alla propria firma talequalifica; intendo dire <strong>ch</strong>e non è da escludere <strong>ch</strong>e il Nostropossa esser nato in qual<strong>ch</strong>e paese della provincia. Qualcosadi analogo accadeva in un recente passato, quando sidefinivano «napoletani» an<strong>ch</strong>e coloro <strong>ch</strong>e erano nati inCampania e non specificamente in Napoli. Il Gambacorta 3 , giàDirettore dell'Ufficio di Foggia della Soprintendenza ai BeniAr<strong>ch</strong>itettonici, aveva tratto dal Catasto onciario di San Severodel 1753 la seguente notizia: «Filippo <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>, potatore, dianni 25; <strong>Vincenzo</strong>, figlio, di anni 2...»; di qui deduceva«...se questo <strong>Vincenzo</strong> è 1'artista <strong>ch</strong>e dipinge a Foggia e aNapoli dal 1768 al 1821, dovremmo dire quindi <strong>ch</strong>e egliè nato a San Severo verso il 1751».Carlo Villani accenna a due pittori, <strong>Vincenzo</strong> e Raffaele <strong>De</strong><strong>Mita</strong>, <strong>ch</strong>e altri studiosi dicono essere fratelli 4 ; piùprecisamente del primo dice: « ...fu discepolo del celebre3 ANTONIO GAMBACORTA sul « Gazzettino Dauno» n. 34 del 21-X-1972.4 CARLO VILLANI « Sctittori ed artisti pugliesi anti<strong>ch</strong>i, moderni, contemporanei»Trani 1904, pagine 631 e 1296. MICHELE Di GIOIA « II duomo di Foggia » pag.43. Si noti <strong>ch</strong>e in questa stessa opera (pag. 156)) si parla di un altro Raffaele<strong>De</strong> <strong>Mita</strong> (orafo? della stessa famiglia?) <strong>ch</strong>e nel 1859 dono al vescovo di Foggia,Bernardino Maria Frascolla, un artistico calice.


Francesco <strong>De</strong> Mura, cui fece molto onore, come si rilevada due quadri <strong>ch</strong>e si ammirano in Foggia, 1'uno nella <strong>ch</strong>iesadella Addolorata, 1'altro in quella di S. Agostino ». DiRaffaele dice invece: « Pittore, nacque a Foggia e fiorì nelprincipio del secolo passato. Tra le molte opere di lui sonodegne di nota gli affres<strong>ch</strong>i del soffitto della <strong>ch</strong>iesa del GesùNuovo di Napoli. Morì nel1'anno 1829 ». Chiariremo nelseguito <strong>ch</strong>e c'è qual<strong>ch</strong>e inesattezza nelle suddetteinformazioni, probabilmente dovute al fatto <strong>ch</strong>e i due artisti,specialmente se fratelli, lavoravano nella stessa bottega e pergli stessi clienti. Ma tralasciando per ora di addentrarci indubbie ed incerte biografie, dalle quali emerge però pocoprobabile un qual<strong>ch</strong>e legame tra questi pittori ed i <strong>De</strong><strong>Mita</strong> di Nusco 5 , parliamo invece della attività artistica delnostro <strong>Vincenzo</strong>.Prima di tutto questa va inquadrata nel momento storico<strong>ch</strong>e 1'arte pittorica andava vivendo. Nel XVIII secoloassistiamo ad un progressive affievolirsi della committenzalaica, <strong>ch</strong>e per tutto il '600 aveva esercitato una funzioneimportantissima come veicolo di nuove idee: essa aveva inparticolare agevolato lo scambio ed il confronto di diverseesperienze contribuendo in maniera determinante a fruttuosiinnesti ed all'evoluzione di nuovi canoni. Va invece semprepiù affermandosi la committenza ecclesiastica, sensibilissimaalla programmatica pianificazione del culto e della devozione,soprattutto di quella mariana. Ne deriva in pratica una fasedi affermazione e diffusione su vasta scala del linguaggio5 L'origine pugliese del cognome sarebbe però confortata dalla etimologia se <strong>De</strong><strong>Mita</strong> fosse riconducibile al patronimico <strong>De</strong>metrio (vedi C. Tagliavini e E. <strong>De</strong> Felice),particolarmente diffuse nella Puglia bizantina. Le ricer<strong>ch</strong>e effettuate in Nuscodal prof. Gennaro Passato presso gli Ar<strong>ch</strong>ivi parroc<strong>ch</strong>iali dimostrano <strong>ch</strong>e lalocale famiglia <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> era gia presente nel paese nel 1500


arocco, di scuola solimenesca o giordanesca, elevato al rangodi ideale strumento di divulgazione di principi religiosi datradurre in pratica devota, an<strong>ch</strong>e attraverso una capillaredistribuzione dei nuovi messaggi nelle più remote <strong>ch</strong>iesedella provincia. Su .queste basi muta profondamente an<strong>ch</strong>ela tematica pittorica: scompaiono i truculenti martiriipervasi di sangue e di sofferenza, i personaggi dotati dicorposa e carnale tangibilità; sugli altari predominano leglorie, le apparizioni, le visioni estati<strong>ch</strong>e <strong>ch</strong>e con enormi teletendono a dilatare lo spazio an<strong>ch</strong>e in senso scenografico. E' inquesto contesto <strong>ch</strong>e si forma e lavora <strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>, ed esintomatico <strong>ch</strong>e tutti i suoi lavori siano di soggettoreligioso. La sua prima opera conosciuta è una Madonna delRosario, una tela di cm. 205 per 155, firmata e datata, oggiconservata nella Pinacoteca Comunale di Foggia maproveniente dalla locale <strong>ch</strong>iesa dell’Annunziata. L'opera,<strong>ch</strong>e porta sul piedistallo la scritta « Vincentius de <strong>Mita</strong>Fecit Anno Domini 1768 » è una copia fedelissima dellaMadonna del Rosario dipinta ai primi del 700 da Paolo <strong>De</strong>Matteis, poi sistemata nel quarto altare sinistro dellacattedrale di Ascoli Satriano. Il termine « sistemata » èquanto mai appropriato per<strong>ch</strong>é la tela del <strong>De</strong> Matteispresenta dei margini in parte ripiegati sul telaio e nascostidalla cornice: ciò si spiega col fatto <strong>ch</strong>e 1'altare su cuivenne collocata in Ascoli fu costruito solo nel 1795 edadornato quindi con una tela preesistente 6 . E' tale lasomiglianza fra le due tele (persino le dimensioni dovevanoessere identi<strong>ch</strong>e se si pensa <strong>ch</strong>e quella del <strong>De</strong> Matteis, dopo lariduzione, misura cm. 195 per 142) <strong>ch</strong>e è già capitato di6 A. GAMBACORTA nell'articolo su <strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> gia citato. II testo, forseper un errore di stampa, parla di Santa Chiara accanto a Santa Rosa;credo invece <strong>ch</strong>e si tratti di Santa Caterina.


confonderne l’attribuzione. La Madonna è in trono, sottoun baldac<strong>ch</strong>ino, e porge il rosario a S. Domenico inginoc<strong>ch</strong>io a sinistra, mentre Gesù Bambino dona altri duerosari a Santa Caterina e Santa Rosa. In basso il cane con lafiaccola accesa, simbolo di S. Domenico, e due rose sulpavimento; in alto, fra un coro di angeli e <strong>ch</strong>erubini, sonodipinte 15 piccole scene della storia di Gesù <strong>ch</strong>e siriferiscono ai Misteri (5 Dolorosi, 5 Gaudiosi, 5 Gloriosi); danotare <strong>ch</strong>e queste scene, grazie ad un più recente restauro,possono essere meglio ammirate nell’opera del <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>.Possiamo dunque ipotizzare <strong>ch</strong>e la sua prima formazioneartistica sia stata acquisita copiando fedelmente opere dipittori già affermati.Nel 1779 la fama del <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> ha già oltrepassato iconfini della provincia e <strong>Vincenzo</strong> comincia a lavorare nellavicina Irpinia, dove tornerà spesso in futuro. E' diquest'anno infatti una « Immacolata in gloria » firmata edatata, attualmente facente parte del patrimonio artistico dellaProvincia Sannito-Irpina dei Frati Minori 7 . Si tratta di un oliosu tela di cm. 185 per 300 la cui origine e però sconosciuta,visto <strong>ch</strong>e solo una incerta tradizione orale lo dice provenienteda Atripalda (AV).Nell'estremità inferiore del dipinto, <strong>ch</strong>e nonostante ildiscreto stato di conservazione necessiterebbe quanto prima diun restauro, si legge su due righe « VINC. ZO DE MITAP./1779 » La Madonna è rappresentata con una tunicaricoperta da manto azzurro, nell’atto di s<strong>ch</strong>iacciare il serpente<strong>ch</strong>e insidia il globo terracqueo. In linea con le Sacre Scritture iSuoi piedi poggiano sulla Luna ed il Suo capo e circondato7 Ringrazio, per i dati fornitimi, padre Luigi Tommaselli Ministro ProvincialO.F.M. di Benevento, al quale rimando lo studioso desideroso di ulteriori notizie.


da dodici stelle. Tra i putti <strong>ch</strong>e circondano l'Immacolata vene è uno in basso <strong>ch</strong>e stringe tra le dita due rose.PRIMI SUCCESSI A NAPOLISi apre a questo punto il periodo « napoletano » del<strong>De</strong> <strong>Mita</strong>, <strong>ch</strong>e completa la sua preparazione alla scuola del <strong>De</strong>Mura e <strong>ch</strong>e viene <strong>ch</strong>iamato a lavorare in alcune delle <strong>ch</strong>iesepiù esclusive della capitale del Regno. Nel 1788 GiuseppeSigismondo scrive nella « <strong>De</strong>scrizione della città di Napoli esuoi borghi » <strong>ch</strong>e nella <strong>ch</strong>iesa di San Nicola dei Padri PiiOperai di Napoli 8 « . . . il quadro sulla porta della Sacrestia equello sull'altra porta a questa corrispondente (1'ufficioparroc<strong>ch</strong>iale) sono di <strong>Vincenzo</strong> detto il Foggiano, discepolo diFrancesco <strong>De</strong> Mura» del quale, bisogna aggiungere, il <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>fu tra gli allievi il più ligio imitatore, riprendendo s<strong>ch</strong>emi,modo di comporre, festosità policroma e perfino particolaritipici dell'abbigliamento. E soprattutto al maestro si eraispirato per quel suo modellare delicatamente i personaggicon colori pastosi e dolci, quel porli sereni e solenni in unascena dove 1'armonia generale costituiva obiettivo prioritariosulla drammaticità dell'evento. Di conseguenza non destameraviglia il fatto <strong>ch</strong>e in passato alcuni scrittori identificarono1'autore dei due quadri nello stesso <strong>De</strong> Mura 9 ; cosi come nonci meraviglieremmo se scoprissimo <strong>ch</strong>e alcune opere firmate<strong>De</strong> Mura conobbero in realtà soprattutto il pennello del <strong>De</strong>8 La <strong>ch</strong>iesa di S. Nicola alia Carita si trova in via Toledo, ovvero via Roma,numero 378. La Congregazione dei Pii Operai fu fondata a Napoli nel 1602 dalVen. P.D. Carlo Carafa9 A. COLOMBO in « La strada di Toledo » Napoli nobilissima, anno 1895 pag. 171e C.T. DAL BONO in « Nuova Guida...» pag. 321.


<strong>Mita</strong>.Le due tele in oggetto, ancor oggi dispostesimmetricamente, hanno entrambe una cornice a gola dilegno dorato e sono centinate, ovvero sagomate ad arco nellaparte superiore: misurano circa due metri per tre di altezza,si conservano in buono stato e sono da considerare di discreteinteresse artistico an<strong>ch</strong>e se il <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>, alla fluida leggerezzadel <strong>De</strong> Mura fatta di sfumature degradanti e di luminosità,aveva sostituito una policromia accesa con eccessiva finiturae contorno troppo netto delle figure. A proposito di questedue sovrapporte e bene sottolineare <strong>ch</strong>e esse furono ordinateper sostituire nientemeno <strong>ch</strong>e due ovati a fresco del Solimena,1'Addolorata e 1'Ecce homo, <strong>ch</strong>e nell’occasione, ritagliati dalmuro, vennero spostati nella Sacrestia. La tela posta sullaparete laterale del cappellone destro e l'« Adorazione deipastori »: la Vergine è di tre quarti, quasi inginoc<strong>ch</strong>iata pressola greppia in cui è sdraiato il Neonato, nell’atto di sollevareil velo <strong>ch</strong>e lo copre per mostrarlo ai pastori, per lo piùgiovinetti inginoc<strong>ch</strong>iati intorno in atteggiamento adorante econ cestelli di offerte. A destra in primo piano è un giovanesuonatore di piffero; presso la Vergine è una giovane inpiedi, mentre sul fondo San Giuseppe prega con le manigiunte e dal cielo discende un nugolo di <strong>ch</strong>erubini. Sullosfondo destro la prospettiva di un rudere ar<strong>ch</strong>itettonico; sulsinistro il bue del presepe ed il degradare della campagna.L'altra tela, posta nel cappellone sinistro sulla porta dellaSacrestia, rappresenta la Visitazione della Vergine a SantaElisabetta. Maria, nel solito abbigliamento rossoblu con unvelo giallo sul capo, e di profilo in piedi sui gradini della casamentre porge le mani all'anziana Elisabetta <strong>ch</strong>e si <strong>ch</strong>ina adabbracciarla. La Santa è vestita di grigio con manto giallo ed


è seguita da Zaccaria, poggiato ad un bastone, e da unagiovinetta dal mantello rosso. In primo piano, su un ruderedi colonna, è seduta una giovane <strong>ch</strong>e ha in grembo un puttonudo: nel suo abbigliamento spiccano un manto scarlatto eduna sorta di alto turbante <strong>ch</strong>e le fascia il capo. A sinistra,sullo sfondo, S. Giuseppe si avanza appoggiandosi ad unbastone mentre sulle nuvole numerosi <strong>ch</strong>erubini e serafinigiocano con un drappo dorato.Non è noto come e <strong>ch</strong>i abbia introdotto il giovane<strong>Vincenzo</strong> presso i Padri Pii Operai. Possiamo però notare<strong>ch</strong>e nella stessa <strong>ch</strong>iesa di San Nicola avevano lavorato siaPaolo <strong>De</strong> Matteis sia Francesco <strong>De</strong> Mura 10 . Inoltre è benericordare <strong>ch</strong>e i contatti tra i Padri Pii e la provincia foggianaerano divenuti molto intensi fin da quando un membrodell’Ordine, Monsignor Emilio Giacomo Cavalieri, avevaretto con notevole zelo la diocesi di Troia dal 1694 al 1726,promuovendo ed incoraggiando non solo una serie di attivitàtipi<strong>ch</strong>e del proprio ministero ma diverse altre piùpropriamente artisti<strong>ch</strong>e e culturali. Da notare inoltre <strong>ch</strong>e ilCavalieri (1663-1726), zio di S. Alfonso de' Liguori, la cuimadre era appunto Anna Cavalieri, fu tra Paltro il fondatoredella Confraternita dell'Addolorata in Foggia e del Seminarionon<strong>ch</strong>é della Confraternita delle Stimmate di San Francesco inTroia 11 ; si rammenti infine <strong>ch</strong>e all'epoca Foggia costituiva laresidenza invernale del vescovo di Troia.Terminato il suo impegno in San Nicola alla Carità il<strong>De</strong> <strong>Mita</strong> passa nel 1789 alla <strong>ch</strong>iesa della Trinità Maggiore,10 Paolo <strong>De</strong> Matteis (1662-1728) era un pittore originario del Cilento. Francesco<strong>De</strong> Mura (1696-1782) viene unanimemente considerate come il più grande deidiscepoli del Solimena. Su entrambi gli artisti esiste una ricca bibliografia.11 ) P. DOMENICO VIZZARI: « Emilio Giacomo Cavalieri», Montalto Uffugo 1977.


ovvero « del Gesù Nuovo ». An<strong>ch</strong>e in questo caso è un notoscrittore a tramandarcene il ricordo. Carlo Celano, o meglioG.B. Chiarini, <strong>ch</strong>e ampiò la primitiva stesura dell'opera,nelle « Notizie del bello, dell'antico e del curioso dellaCittà di Napoli » scrive <strong>ch</strong>e nel 1792: «...nella Cappelladella Natività... nell'arco corrispondente alla navata maggioreerano assai lodati gli affres<strong>ch</strong>i del Farelli, ma nel 1789vennero questi coperti dal pennello di <strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> ».Parole in verità poco lusinghiere visto <strong>ch</strong>e dal suddetto passotraspare, se non un giudizio negativo, almeno il rimpianto perle precedenti raffigurazioni.Per maggior precisione va detto <strong>ch</strong>e nella campataantistante la Cappella della Natività, nel sottarco tra la navatasinistra e la navata centrale, Giacomo Farelli (1624-1706)aveva dipinto delle Virtù <strong>ch</strong>e furono sostituite da tre pitturedel <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>: di queste la più significativa è quella centrale,rappresentante Mosè <strong>ch</strong>e riceve sul Sinai le tavole della Legge.L'autore firmò « VIN. DE MITA P. 1789 » e proprio talefirma, accompagnata per di più dalla P. (pinxit), sollevanon po<strong>ch</strong>e perplessità sull'affermazione di Carlo Villanirelativa ad un Raffaele <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> <strong>ch</strong>e dipinge il soffitto delGesù Nuovo. Sappiamo invece <strong>ch</strong>e nella occasione <strong>Vincenzo</strong>fu incaricato di eseguire an<strong>ch</strong>e alcuni ritoc<strong>ch</strong>i nei due vestibolifian<strong>ch</strong>eggianti l'Altar Maggiore, dove faceva bella mostradegli angeli musici dipinti dal Corenzio 12 . Tutto quadrerebbese <strong>Vincenzo</strong> avesse avuto tra i propri aiutanti un fratello dinome Raffaele.Sempre al periodo napoletano appartengono gli affres<strong>ch</strong>i12 RENZO U. MONTINI « La <strong>ch</strong>iesa del Gesu Nuovo », Napoli 1956, pag. 46, 6077e PALUMBO - ALBINO « Guida alla <strong>ch</strong>iesa del Gesu Nuovo » Napoli 1970, pag. 39


eseguiti nella <strong>ch</strong>iesa di Santa Lucia al Monte in corso VittorioEmanuele 328, dove gli fu affidata la cappella di S.Francesco 13 . Purtroppo mancano notizie più precise suisuddetti affres<strong>ch</strong>i ne e più possibile ottenerne: infatti, neicorso di un sopraluogo effettuato nell'estate 1984, ho potutosolo constatare 1'assoluto candore delle pareti. La <strong>ch</strong>iesa, con1'andar del tempo, era divenuta eccessivamente ricca di statuee di pitture al punto da perdere la sua originaria connotazionefrancescana: di conseguenza, con una serie di lavori effettuatia cavallo della prima guerra mondiale, venne deciso diriportarla alla primitiva semplicità e gli affres<strong>ch</strong>i del <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>vennnero sacrificati.Si noti <strong>ch</strong>e la <strong>ch</strong>iesa di S. Lucia era tenuta dai fratiMinori e <strong>ch</strong>e nei 1789, essendo stati allontanati dal regno diNapoli i Gesuiti, an<strong>ch</strong>e la <strong>ch</strong>iesa del Gesù Nuovo venneassegnata ai francescani: e .quindi in questo ambiente <strong>ch</strong>e il<strong>De</strong> <strong>Mita</strong> dove trovare 1'influente, ed ignoto, ammiratore <strong>ch</strong>egli fece ottenere gli incari<strong>ch</strong>i già visti. Si aggiunga poi,seguendo questa ipotesi, <strong>ch</strong>e in Troia c'era un convento deifrati minori intitolato a S. Bernardino e <strong>ch</strong>e e quasi certo <strong>ch</strong>ean<strong>ch</strong>e l’« Immacolata » del 1779 fu ordinata per unconvento francescano.13 Quest'opera e citata nei Dizionario Enciclopedico Bolaffi, <strong>ch</strong>e pero non ne riporta lafonte, mentre non figura nei Thieme-Becker (vol. XXIV, 1930, pag. 593) cui ilBolaffi di<strong>ch</strong>iara piu avanti di rifarsi.


Morra <strong>De</strong> Sanctis (AV) – Interno della Chiesa Madre, dedicata ai Santi Pietro e Paolo, primadel terremoto del 1980. Sullo sfondo, dietro l’altar maggiore, l’«Assunta» del <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>Morra <strong>De</strong> Sanctis (AV) Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, l’«Assunta di<strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>».


Ascoli Satriano (FG) – Chiesa Parroc<strong>ch</strong>iale – Paolo <strong>De</strong> Matteis: «Madonna del Rosario». Lacopia eseguita dal <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> si conserva nella Pinacoteca Comunale di Foggia.


Il vescovo di Troia, GiacomoEmilio Cavalieri die PadriPii Operai.Napoli – Chiesa di S. Nicola allaCarità – <strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>:«Visitazione della Vergine aSanta Elisabetta». La tela èposta sull’ingresso dellasacrestia.


Frigento (AV) – Chiesa dell’Assunta – <strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> – Particolaredell’«Ultima Cena» datata 1805Napoli – Chiesa del Gesù Nuovo, ovvero, come la ribattezzarono ifrancescani, de «La Trinità Maggiore». Gli affres<strong>ch</strong>i di questo sottarco,posto dinanzi alla Cappella della Natività, portano la scritta «VINC o <strong>De</strong><strong>Mita</strong> P. 1789.


Forino (AV) Chiesa di Santo Stefano – <strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>: «Morte di SanGiuseppe».


Chiesa di Santo Stefano in Forino – <strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> – Madonna conBambino tra Santi.


Castellabate – Collegiata Parroc<strong>ch</strong>iale - «San Lorenzo» di <strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong><strong>Mita</strong>


Castellabate – Collegiata Parroc<strong>ch</strong>iale - «San Nicola di Bari» dipintosu tela del sec. XVIII di A. <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>


DE MITA« PROFETA IN PATRIA »Negli anni tra 1790 e 1805 il <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> dovéprobabilmente ritornare a Foggia. Infatti in questo periodo lasua produzione è concentrata nel foggiano e nell'Irpinia.Nel capoluogo dauno aveva assunto valore quasi emblematicoper 1'intera Capitanata la ricostruzione, dopo il terremoto del1731, della locale cattedrale il cui interno era statocompletamente rifatto con 1'intervento del <strong>De</strong> Mura («Moltiplicazione dei pani » nella controfacciata) e dei suoiseguaci <strong>De</strong> Majo e <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> 14 . D'altra parte con obiettività <strong>ch</strong>evuole essere priva di cinismo, bisogna ammettere <strong>ch</strong>e ilsuccedersi dei terremoti in Campania ed in Capitanata creonumerose opportunità di lavoro per i pittori di quel secolo,visto il gran numero di <strong>ch</strong>iese e monasteri più volte rovinati erifatti; dei numerosi sismi particolarmente gravi furonoquelli del 1694, del 1702, del 1732, del 1739, del 1805.Ma torniamo a Foggia.Qui contiamo 11 opere del <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>, tutti oli su telanaturalmente di soggetto religiose; vediamo dove sono equali sono: 15Cattedrale<strong>De</strong>posizioneChiesa di S. Agostino Battesimo di S. Agostino datato1790S. Agostino tra i discepoliChiesa della Madonnadelle Grazie Crocefissione datato 179114 MICHELE D'ELIA « La Puglia tra barocco e rococo » Electa, Milano 1982,stampato a cura della Cassa di Risparmio di Puglia.15 Da ricer<strong>ch</strong>e effettuate presso la Sovraintendenza ai Beni Artistici di Napoli (d.ssaF. Navarro di Capodimonte) e di Bari (dt.ssa <strong>De</strong> Bonis), non risultano alsettembre 1984 catalogate altre opere del <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>. Per le opere in Foggia, oltreall'articolo del prof. Gambacorta, vedere: MICHELE Di GIOIA «La Diocesi di Foggia»Foggia 1955. Ringrazio inoltre i responsabili della Pinacoteca Comunale di Foggia,1'avv. Maurizio Mazza e la dottoressa Fazzia per le informazioni corte sementefornitemi.


Chiesa dell'Addolorata Sacra FamigliaCristo al Sepolcro datato 1805Chiesa di San S. Francesco di PaolaGiovanni di Dio S. Raffaele ArcangeloSanta ignotaSanta ignotaPinacotecaMaria AddolorataBisogna però <strong>ch</strong>iarire <strong>ch</strong>e non tutte le suddette telesono oggi visibili. Nella Pinacoteca di Foggia, oltre alla giàcitata «Madonna del Rosario» del 1768, non è più reperibile la«Maria Addolorata», una tela di cm. 57 per 34 firmata sulretro «<strong>De</strong> <strong>Mita</strong> », così come sosteneva nel 1972 ilGambacorta. Né esiste traccia della « <strong>De</strong>posizione » <strong>ch</strong>e ilDizionario Enciclopedico Bolaffi dei Pittori ed Incisori italianicitava fra le opere della Cattedrale: a meno <strong>ch</strong>e, per unequivoco nato <strong>ch</strong>issà come, questa non sia da identificare conil «Cristo al Sepolcro» dell'Addolorata.Quanto alle altre tele riporto nel seguito i dati di cuidisponiamo:1) nella <strong>ch</strong>iesa di S. Agostino la grande tela raffigurante S.Ambrogio <strong>ch</strong>e battezza S. Agostino, firmata e datata «Vincentius <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>, 1790 », era collocata sul soffitto, dadove cadde irrimediabilmente nel 1952. L'altra, « S.Agostino tra i Dottori e i Discepoli » era posta sullaparete dell'ingresso;2) la « Crocefissione » si trovava nel 1955 a sinistradell'ingresso della <strong>ch</strong>iesa della Madonna delle Grazie;è una tela di cm. 145 per 90 firmata « Vincentius <strong>De</strong><strong>Mita</strong> Pinxit 1791 » ma non è nota la sua primitivadestinazione. Fu donata infatti alla <strong>ch</strong>iesa nel 1926 dallasignorina Angelina Santollino;3) nella <strong>ch</strong>iesa dell'Addolorata « La Sacra Famiglia » èuna tela centinata di cm. 280 per 180 firmata « V. <strong>De</strong><strong>Mita</strong> fece » <strong>ch</strong>e si ammira sulla cantoria sotto il


finestrone principale. Il « Cristo morto portato alSepolcro » ha invece un formato di cm. 120 x 300: sulSepolcro si legge « <strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> di Foggia feceA.D. 1805 »;4) le quattro pregevoli tele in S. Giovanni di Dio eranogià alquanto rovinate nel 1955.Restano ovviamente da verificare eventuali interventidel <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> nella provincia foggiana: ritengo molto probabilenon solo <strong>ch</strong>e vi abbia operato, ma an<strong>ch</strong>e <strong>ch</strong>e vi resista ancoraqual<strong>ch</strong>e suo quadro.INTERVENTI IN IRPINIA<strong>De</strong>llo stesso periodo sono l'Ultima Cena datata 1805,di circa due metri di base ed in forma di lunetta, conriminiscenze leonardes<strong>ch</strong>e e con i colori appesantiti dal tempo,<strong>ch</strong>e si trovava nella Cappella del Santissimo nella <strong>ch</strong>iesadell'Assunta di Frigento, ex-cattedrale ed ora <strong>ch</strong>iesa madre, ela già citata Assunta, posta nella <strong>ch</strong>iesa madre di Morra 16 .Quest'ultima presenta una Vergine con le mani nondel tutto congiunte, con mantello azzurro e veste bianca, postain posizione centrale; ai suoi lati un S. Pietro con la testa<strong>ch</strong>ina ed un altro Santo, probabilmente S. Paolo, visto <strong>ch</strong>ela <strong>ch</strong>iesa era intitolata ai santi Pietro e Paolo, col volto protesoverso la Madonna; in alto vi sono degli angioletti ed in bassoun grande angelo bianco. La tela, alta cm. 275 per 183, èsorretta sul retro da due assi posti a croce latina e si conservain buono stato nonostante col terremoto del 1980 siano andati16 Nonostante la buona conoscenza della storia di Morra, non mi è stato possibileindividuare <strong>ch</strong>i abbia contattato per primo il <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> e come questi sia statointrodotto nel contesto morrese. Ammesso <strong>ch</strong>e la traccia giusta vada ricercata nelloambiente ecclesiastico, si ricordi <strong>ch</strong>e in quegli anni erano originari di Morraben 5 frati francescani e 4 padri Redentoristi e <strong>ch</strong>e, come figure di spicco delclero morrese, erano in Napoli molto ben introdotti il latinista don Nicola <strong>De</strong>lBuono, i fratelli Carlo Maria e Giuseppe Maria <strong>De</strong> Sanctis, zii del famosoFrancesco, i vescovi Nicola Cicirelli e Domenico Lombardi.


perduti i 3/5 della originaria cornice lignea: laSovrintendenza prevede comunque di effettuarne quantoprima il restauro 17 . L'opera non è datata ma si colloca negliultimissimi anni del secolo. E' infatti in questo periodo <strong>ch</strong>eviene terminata la sistemazione dell'abside, rovinatacompletamente dal terremoto del 29-XI-1732: ai piedidell'Assunta il coro ligneo, distrutto ancora una volta nel1980, era del 1796 18 .Nell'Ultima Cena il Cristo è tra i discepoli, gli oc<strong>ch</strong>isoc<strong>ch</strong>iusi in assorto pensiero, il capo leggermente <strong>ch</strong>ino versosinistra. Sulla sua veste rossa si svolge un manto blu; solodue apostoli non guardano a lui. La tavola, in forma diferro di cavallo, è coperta da una bianca tovaglia.Entrambe le tele, quella di Frigento e quella di Morra,salvatesi dalle macerie, sono state rimosse e recuperate dai rispettiviparroci locali, don Genesio Stanco in Frigento e donRaffaele Masi in Morra, <strong>ch</strong>e in questo modo le hannosalvate dalle intemperie e dallo sciacallaggio del dopoterremoto.Un capitolo a parte è dovuto a Forino, dove il <strong>De</strong><strong>Mita</strong> lavorò tra il 1794 ed il 1798; qui si conservano bensei tele. Più precisamente esse sono 19 :A) Chiesa di S. Stefano protomartire1) Sul primo altare a sinistra: S. Luigi, firmato edatato 1798. Misura cm. 123 per 200, presentadelle sgranature e dei sollevamenti di colore. IlSanto è reso con un misticismo <strong>ch</strong>e conferisce allascena un senso di pace e di serenità. Le velature dicolore alternano nell'opera solidità e levitàevanescente.17 La tela nel frattempo è stata restaurata e rimessa al posto originale nella<strong>ch</strong>iesa restaurata dei SS. Pietro e Paolo in Morra <strong>De</strong> Sanctis.18 An<strong>ch</strong>e questo coro è stato restaurato.19 CARMELA APUZZA: Tesi di laurea presso l'Università di Salerno, Anno Accademico1980-81, pagine 127-140.


2) Secondo altare a sinistra: Morte di S. Giuseppe,firmato « Vinc. <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> P. 1794 ». Misura cm.123 per 200 e presenta diverse scrostature. Il Santocampeggia in primo piano nell'abbandono dellamorte; accanto la Vergine in muto e compostodolore. Il Cristo, in posizione centrale, indica ilciclo mentre sul volto dell'angelo e dei personaggi insecondo piano si colgono sentimenti di partecipazioneal mistero.3) Terzo altare a sinistra: <strong>De</strong>posizione di Gesù dallaCroce, firmato e datato 1795. Misura cm. 123 per200 ed abbastanza sciupato: i vistosi rigonfiamenti equal<strong>ch</strong>e caduta di colore sono accompagnati da untotale generale annerimento dovuto al fumo eprobabilmente a vernici sovrapposte. Le figure delCristo e della Madonna sono collocate in unbellissimo succedersi di luci ed ombre, ma l'artistaappare più attento a fermare la espressione dei volti<strong>ch</strong>e alla resa plastica dei corpi.Secondo altare a destra: Madonna con Bambino traSanti. Misura cm. 123 per 200 e presenta numerosisollevamenti e cadute di colore. In basso a destrasi legge «Vincentius <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> Fecit A.D. 1795 ».An<strong>ch</strong>e se alcuni elementi (il volto di S. Nicola asinistra ed il donatore fanciullo in primo piano)fanno presupporre <strong>ch</strong>e l'opera abbia subitosuccessive manomissioni, l'insieme iconografico ecromatico si presenta piuttosto mediocre, soprattuttoper l'appiattimento e la staticità delle figure.Tutto fa credere <strong>ch</strong>e queste quattro tele ci sianopervenute nella loro collocazione originale 20 .B) Chiesa del Santissimo Rosario del Murato20 Un particolare degno di nota: in questa <strong>ch</strong>iesa, elevata a parroc<strong>ch</strong>ia nel 1931,predicò nel 1735 e nel 1737 S. Alfonso dei Liguori.


1) Navata destra: Madonna Addolorata con Crocefisso;2) Navata sinistra: S. Antonio da Padova.Queste due tele non presentano, almeno ad un primo sommarioesame, la firma del <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>. Ma sono tali e tanti glielementi di similitudine con le opere conservate nella vicina<strong>ch</strong>iesa di Santo Stefano, da rendere più <strong>ch</strong>e probabilel'attribuzione al <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>, cosa peraltro già affermata daaltri autori. 21DAL CILENTO A NAPOLINel 1798 <strong>Vincenzo</strong> ed i suoi collaboratori vengono<strong>ch</strong>iamati a lavorare a Castellabate, nel Cilento, dove la localeChiesa Collegiata di S. Maria Assunta era appena uscita da unrestauro <strong>ch</strong>e alla originale austerità romanica avevasovrapposto nuovi motivi baroc<strong>ch</strong>i. Compiuti i suddettirestauri nel 1784, si pensò di aggiungere due nuove telenelle pareti laterali del transetto. A questo scopo l'arcipreteBartolomeo Comenale si recò a Napoli in cerca di artistirinomati. Evidentemente fu indirizzato alla bottega del <strong>De</strong><strong>Mita</strong>, al quale affidò il compito delle due tele, l'unaraffigurante S. Nicola vescovo di Mira, molto venerato inParroc<strong>ch</strong>ia sin dalle origini della comunità, l'altra dedicata aS. Lorenzo, arcidiacono di Roma martirizzato nel 258, inomaggio al Capitolo dei Canonici della Collegiata. I duedipinti vennero così realizzati:1) S. Lorenzo - Olio su tela, cm. 155 per 235, a sinistradel transetto. Raffigura il trionfo del Santo, tra Angeli<strong>ch</strong>e reggono la graticola del martirio e la palma dellavittoria. Sotto i suddetti Angeli, a destra, a letteremaiuscole, la firma: «VINCENZO DE MITA P.1798».2) S. Nicola - Olio su tela, cm. 155 per 235, a destradel transetto. Raffigura il Santo in atto di benedire i tre21 GENNARO VESPUCCI: «Forino attraverso i secoli» Avellino 1982, voi. II pag. 289.


scolaretti <strong>ch</strong>e un feroce macellaio di Mira aveva sgozzatoe messo in salamoia, come porcellotti. Il Santo ottenne laresurrezione dei tre fanciulli convertendo per giuntaan<strong>ch</strong>e il macellaio (questa leggenda è narrata da PieroBargellini nel suo volume «I Santi del giorno»). Asinistra, su un pezzo di legno del recipiente in cuierano state poste le tre vittime, si legge: «A. DEMITA P. 1798».E così scopriamo <strong>ch</strong>e, oltre a <strong>Vincenzo</strong> ed a Raffaele<strong>De</strong> <strong>Mita</strong>, esisteva nella famiglia un terzo pittore di cuiconosciamo però la sola iniziale del nome di battesimo. Alriguardo aggiungo, per doverosa informazione, <strong>ch</strong>e in unprimo momento ho pensato ad un errore commesso da qual<strong>ch</strong>emalaccorto restauratore <strong>ch</strong>e aveva ripreso come A laprimitiva R (Raffaele) della firma. Su mia ri<strong>ch</strong>iesta l'attualearciprete della Collegiata, Mons. Alfonso Maria Farina, si ècortesemente adoperato per sollecitare una verifica da partedella Sovrintendenza. L'esame, supportato da adeguatistrumenti, ha confermato <strong>ch</strong>e la firma originale era proprio«A. DE MITA». Ma torniamo ancora una volta al nostro<strong>Vincenzo</strong>.Negli ultimi anni di attività, per quanto a noi noto, il<strong>De</strong> <strong>Mita</strong> è di nuovo a Napoli. E' del 1820 una sua tela su S.Alfonso dei Liguori custodita in S. Antonio a Tarsia, nelquartiere napoletano della Avvocata. Si noti, sempre conriferimento al tentativo di individuare l'origine e i motividella committenza, <strong>ch</strong>e questa <strong>ch</strong>iesa era an<strong>ch</strong>'essafrancescana col nome di S. Maria dello Spirito Santo e <strong>ch</strong>equindi ancora una volta ritroviamo un legame con il suddettoOrdine. L'opera, di circa due metri per tre, è tenutaattualmente dai padri Redentoristi sulla parete destra dellaSacrestia, accanto ad una tela del Miglionico dedicata allaMadonna 22 . Il Santo è raffigurato con i simboli vescovili (mitra22 La segnalazione su questo <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> mi è stata fornita dall'amico Pompeo


e pastorale tenuti da due angioletti) in atto di devozione alSacramento, <strong>ch</strong>e lo irradia, ed alla Madonna <strong>ch</strong>e gli tende lebraccia con gesto di affettuosa accoglienza; l'inginoc<strong>ch</strong>iatoio ela preghiera sono come premonitori della sua assunzione aDottore della Chiesa. Accanto all'inginoc<strong>ch</strong>iatoio un libroaperto recita «Costituzione e Regola della Congregazione deipadri missionari del S.mo Redentore » mentre più in basso silegge « VIN. US DE MITA AL. S FOGGIANO P.A.D. (PinxitAnno Domini) 1820 ». Numerosi angioletti movimentano ilquadro. La tela centinata e la cornice dorata si presentano inbuono stato di conservazione.L'ultima sua opera era firmata e datata 1821: sitrattava di un «San Giuseppe Colasanzio venerante Maria» edera posta nella <strong>ch</strong>iesa del Monte di Pietà dove, ancora unavolta, tanto aveva lavorato il <strong>De</strong> Mura. Dico era per<strong>ch</strong>é da unarecente indagine condotta dall'Ufficio del Provveditorato delBanco di Napoli, <strong>ch</strong>e cura il patrimonio artistico della Bancaed in particolare quello della suddetta <strong>ch</strong>iesa, risulta <strong>ch</strong>el'Istituto non possiede più alcuna opera del <strong>De</strong> <strong>Mita</strong>. Miauguro, e l'ipotesi non è da escludere, <strong>ch</strong>e si tratti solo di unacarenza d'inventario.Potremmo concludere la nostra sintetica panoramica sullaopera del <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> confermando <strong>ch</strong>e questo allievo del <strong>De</strong>Mura, a sua volta discepolo del Solimena, ha ripreso in modisempre più stan<strong>ch</strong>i e slegati le tarde soluzioni di indirizzoclassicista. Gli si può rimproverare di non aver mostrato lagenialità necessaria ad un vero artista per plasmarecompiutamente il messaggio solimeniano con i nuovifermenti; possiamo addebitargli di essere caduto troppoRussoniello <strong>ch</strong>e negli ultimi anni ha ri<strong>ch</strong>iamato l'attenzione sull'opera di AndreaMiglionico, pittore giordanesco tra '600 e '700. Mi auguro <strong>ch</strong>e an<strong>ch</strong>e per il<strong>De</strong> <strong>Mita</strong> faccia seguito l'interesse accademico, ad esempio attraverso tesi dilaurea, come già avvenuto per il Miglionico. Invito inoltre <strong>ch</strong>iunque desiderisegnalarmi dati e notizie su <strong>Vincenzo</strong> <strong>De</strong> <strong>Mita</strong> a scrivermi in Roma, via Ugo<strong>De</strong> Carolis, 73.


spesso nel mero accademismo, ripetendo così formuleretori<strong>ch</strong>e con personaggi <strong>ch</strong>e ci appaiono troppo simili, quasimas<strong>ch</strong>ere fisse di una compagnia attivissima ma dal repertoriolimitato.Ma, an<strong>ch</strong>e se solo a tratti riesce a raggiungere unaadeguata compiutezza formale, gli va riconosciuto di aversvolto comunque un ruolo preciso nella pittura napoletanadell'epoca. E' stato infatti tra i portavoce, soprattutto nellaprovincia, di quel più vasto movimento di cui erano artefici,nella capitale, autori di più robusta consistenza.


DELLO STESSO AUTORE(Studi Storici)II Casale di S. Bartolomeo: una contesa tra Morra e S. Angelo (in« Civiltà Altirpina » n. 4, anno 1978).Lo stemma della famiglia Morra (in « Civiltà Altirpina » n. 5, anno1978).Castiglione di Morra (in « Civiltà Altirpina » n. 4, anno 1979).La Cappellania di S. Antonio a Morra (in « Civiltà Altirpina » n. 5,anno 1979).Lapidi ed iscrizioni a Morra <strong>De</strong> Sanctis (in « Civiltà Altirpina » n. 1-5,anno 1981).Un dotto sacerdote morrese: Nicola <strong>De</strong>l Buono 1772-1844 (in « VoceAltirpina» anno III, dicembre 1981).Il colera del 1854 a Morra (in « Civiltà Altirpina » n. 2, anno 1982).La diocesi di S. Angelo dei Lombardi in una inedita relazione del1660 (in « Civiltà Altirpina » n. 3, anno 1982).L'amministrazione della giustizia in Morra tra XVII e XVIII secolo(in « Voce Altirpina » anno IV, giugno 1982).Cenni per un profilo storico di Morra (in « Morra <strong>De</strong> Sanctis tracronaca e storia » Salerno 1982).L'inventario patrimoniale di una famiglia morrese del 1694 (in «Civiltà Altirpina », n. 5-6, anno 1982).Spunti e note sulle Relazioni ad Limina dei Vescovi di S. Angelo deiLombardi e Bisaccia (in « Voce Altirpina » anno IV, dicembre 1982).I Morra dal periodo Normanno-Svevo alla congiura di Capaccio (inEconomia irpina » n. 1, anno 1983).Morra e i Morresi nel ricordo di Francesco <strong>De</strong> Sanctis (in « VoceAltirpina » anno V, giugno 1983).Note sulle <strong>ch</strong>iese di Morra <strong>De</strong> Sanctis (in « Civiltà Altirpina » n. 6,anno 1983).Rime popolari morresi (in « Voce Altirpina » anno V, dicembre1983).I Morra dagli Angioini agli Aragonesi (in « Economia irpina » n. 1,anno 1984).Sull'origine dei cognomi morresi (in « Voce Altirpina » anno VI,dicembre 1984).

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