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1. IntroduzioneLa trombosi, sia arteriosa che venosa, è l’eff<strong>et</strong>to collater<strong>al</strong>e serio più frequente associatocon l’uso degli estroprogestinici (EP), che nella maggioranza dei casi sono impiegati ascopo contracc<strong>et</strong>tivo. Tuttavia, l’uso degli EP può aumentare il numero <strong>di</strong> eventicar<strong>di</strong>ovascolari arteriosi e venosi soprattutto nelle donne portatrici <strong>di</strong> fattori <strong>di</strong> rischio perqueste patologie.La trombosi è una m<strong>al</strong>attia multi-fattori<strong>al</strong>e in cui interagiscono sia cause congenite cheacquisite. Il rischio <strong>di</strong> tromboembolismo venoso (TEV), infarto del miocar<strong>di</strong>o (IMA) e ictuscerebr<strong>al</strong>e, associati <strong>al</strong>l’uso degli EP, è fortemente influenzato da <strong>al</strong>tri fattori <strong>di</strong> rischio pereventi car<strong>di</strong>ovascolari, <strong>di</strong>versi per la trombosi arteriosa e per quella venosa. Mentre iltromboembolismo venoso è un evento acuto che interessa vasi per lo più sani, gli eventiarteriosi si verificano soprattutto su vasi con preesistente m<strong>al</strong>attia aterosclerotica e i fattori<strong>di</strong> rischio per l’aterosclerosi possono interagire in maniera significativa con gli EP neld<strong>et</strong>erminare il rischio <strong>di</strong> eventi trombotici.Le osservazioni cliniche che hanno associato l’uso degli EP con TEV, IMA e ictusischemico sono emerse subito dopo la loro introduzione negli anni ‘60. Negli annisuccessivi la mort<strong>al</strong>ità per eventi car<strong>di</strong>ovascolari associata agli EP risultò 5 volte maggiorerisp<strong>et</strong>to a quella delle donne che non ne avevano mai fatto uso (1). Nel tentativo <strong>di</strong> ridurreil rischio <strong>di</strong> t<strong>al</strong>i complicanze, la composizione degli EP è stata mo<strong>di</strong>ficata nel tempo: èstata ridotta la dose <strong>di</strong> estrogeno da 150 µg <strong>di</strong> mestranolo o 80-100 µg <strong>di</strong> <strong>et</strong>inilestra<strong>di</strong>olo ai20-30 µg <strong>di</strong> <strong>et</strong>inilestra<strong>di</strong>olo delle formulazioni o<strong>di</strong>erne. Attu<strong>al</strong>mente sono <strong>di</strong>sponibili ancheformulazioni a contenuto ancora più basso della componente estrogenica (≤ 20 µg). Ilrischio <strong>di</strong> TEV è infatti influenzato d<strong>al</strong>la dose <strong>di</strong> estrogeno somministrata. Con la riduzionedel dosaggio <strong>di</strong> <strong>et</strong>inilestra<strong>di</strong>olo il rischio relativo (RR) <strong>di</strong> trombosi venosa profonda (TVP) siè abbassato, pur rimanendo ancora 3-4 volte maggiore risp<strong>et</strong>to a quello delle nonutilizzatrici (2). Anche la componente progestinica è cambiata, per cui si è passati daiprogestinici <strong>di</strong> prima generazione degli anni ’60, qu<strong>al</strong>i nor<strong>et</strong>isterone e linestrolo, a quelli <strong>di</strong>seconda generazione degli anni ‘70: levonorgestrel, norgestrel, norgestimate. Dagli anni‘80 in Europa e dagli anni ‘90 in USA sono stati poi introdotti, <strong>al</strong> fine <strong>di</strong> ridurre gli eff<strong>et</strong>tiandrogenici, i cosidd<strong>et</strong>ti progestinici <strong>di</strong> terza generazione, qu<strong>al</strong>i desogestrel e gestodene.2