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Guida impianti biogas - Consorzio Monviso Agroenergia

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QUADERNO N. 1/2011IMPIANTI BIOGASGUIDA TECNICO NORMATIVAI MATERIALI IN INGRESSO, IL DIGESTATO,LE EMISSIONI IN ATMOSFERAAgosto 2011Rev. 1.07Dr. A. Chiabrando<strong>Consorzio</strong> <strong>Monviso</strong> <strong>Agroenergia</strong>Via del Gibuti, 1 – 10064 - Pinerolo (TO)Tel 0121/325901 - Fax 0121/3259103C.F. / P.IVA 10178660014


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 20111 INTRODUZIONELa recente importante diffusione degli <strong>impianti</strong> di digestione anaerobica sul territorio piemontese impone alsettore di dotarsi di protocolli operativi chiari e di diffondere capillarmente le informazioni minimenecessarie per la gestione degli <strong>impianti</strong>.La conoscenza dei vincoli normativi relativi ai materiali in ingresso, al monitoraggio degli <strong>impianti</strong> ed allagestione dei materiali in uscita è un presupposto essenziale per una conduzione efficace e sicura degli<strong>impianti</strong>. Errori compiuti anche in buona fede possono essere causa di gravi problemi per i titolari degli<strong>impianti</strong> e possono portare ad importanti sanzioni amministrative e finanche alla revoca della tariffaincentivante ed a conseguenze di carattere penale.E’, quindi, necessario diffondere in modo opportuno le informazioni necessarie a condurre in modo correttogli <strong>impianti</strong>, nel pieno rispetto della normativa vigente e della buona prassi tecnico scientifica.E’ questo l’obiettivo che si pone la presente pubblicazione redatta a cura del <strong>Consorzio</strong> <strong>Monviso</strong><strong>Agroenergia</strong>.Saranno di seguito trattati gli argomenti tecnici più rilevanti per la gestione degli <strong>impianti</strong> ed in particolare ladefinizione dei materiali impiegabili nella digestione anaerobica, la gestione del digestato ed il controllodelle emissioni in atmosfera.Argomenti di carattere amministrativo quali il regime fiscale degli <strong>impianti</strong>, le tariffe incentivanti ed ilrapporto con il GSE saranno oggetto di una specifica pubblicazione.2


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 20112 I MATERIALI IMPIEGABILI NEGLI IMPIANTI BIOGAS2.1 COME ALIMENTARE UN IMPIANTO A BIOGASGli <strong>impianti</strong> a <strong>biogas</strong> godono, ai sensi della normativa vigente, di una tariffa incentivante che opera aprescindere dal tipo di alimentazione impiegata. Tale tariffa incentivante è assegnata, però, a condizioneche nell’impianto venga rispettata la normativa vigente in materia ambientale, fiscale ecc.Gli orientamenti politici regionali e nazionali incentivano (e lo faranno sempre di più) l’utilizzo di materialipoco nobili (sottoprodotti, scarti, ecc) a scapito di materiali nobili (prodotti agricoli alimentari) in quanto piùvirtuosi da un punto di vista energetico ed ambientale. Occorre, però, conciliare tale indirizzo con glistringenti vincoli normativi in materia di smaltimento dei rifiuti che impediscono, di fatto, l’impiego dimateriali di scarto negli <strong>impianti</strong> non espressamente autorizzati al trattamento dei rifiuti.I materiali impiegati debbono, inoltre, presentare un requisito di economicità e quindi debbono essereutilizzabili a costi compatibili con il bilancio dell’impianto.E’ possibile, quindi, impiegare i materiali che soddisfano i seguenti requisiti:1. Il loro utilizzo sia legale2. Il loro utilizzo sia economico3. Il loro utilizzo sia virtuoso dal punto di vista ambientale2.2 CLASSIFICAZIONE DEI MATERIALII materiali impiegabili negli <strong>impianti</strong> a <strong>biogas</strong> sono classificabili a livello generale secondo quantospecificato dal Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006): RIFIUTI (art. 183) RIFIUTI CHE SI SOTTRAGGONO ALLA DISCIPLINA SUI RIFIUTI (art. 185)SOTTOPRODOTTI (art. 184bis)PRODOTTI2.2.1 RIFIUTIIl concetto normativo di rifiuto trae origine dalla Direttiva 75/442/EEC, successivamente sostituita dallaDirettiva 2006/12/CE e, quindi, dalla recente Direttiva 2008/98/CE pubblicata sulla GUCE il 22 novembre2008.Secondo la normativa comunitaria (Dir. 2008/98/CE) come recepita in Italiadal D.Lgs. 152/2006, all’art. 183 comma 1 lettera a), un “rifiuto”èqualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbial'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi”.Come si può subito osservare, la classificazione di un materiale a rifiuto3


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011non avviene in base alle caratteristiche del materiale stesso, ma in base alla intenzione di disfarsi dellostesso. La Direttiva Rifiuti 2008/98/CE contiene un dettagliato elenco di codici rifiuto CER che classificanola gran parte delle tipologie di rifiuto, identificandole in modo chiaro.Anche un materiale nobilissimo, quindi, qualora il detentore se ne voglia disfare, può diventare un rifiuto.Al contrario un materiale apparentemente di scarto, qualora destinato ad un utilizzo certo, virtuoso evantaggioso, non viene classificato come rifiuto.Secondo le sentenze della Corte di Giustizia Europea il semplice inserimento di un materiale fra quellidotati di codice CER non implica automaticamente la sua classificazione a rifiuto, ma esso lo diventa solo aseguito dell’intenzione del detentore di disfarsene.2.2.2 RIFIUTI CHE SI SOTTRAGGONO ALLA DISCIPLINA SUI RIFIUTIIl Codice dell’Ambiente (D.Lgs. 152/2006) identifica una serie di materiali e di contesti che possono far sìche un materiale classificato rifiuto, pur non perdendo questa natura, possa sottrarsi alla disciplina sui rifiutie seguire procedure specifiche di smaltimento o riutilizzo anche laddove il materiale non possa esserericondotto a sottoprodotto.Questi materiali sono specificati all’art. 185 del D.Lgs. 152/2006 come modificato dal D.Lgs. 205/2010.Articolo 185Esclusioni dall'ambito di applicazione1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto:a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera;(….)f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonchéaltro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicolturao per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggianol'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana.2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati daaltre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:a) le acque di scarico;b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n.1774/2002, eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in unimpianto di produzione di <strong>biogas</strong> o di compostaggio;c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti pereradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002;(…)Fra i materiali sottratti alla disciplina sui rifiuti sono da tempo inseriti i reflui zootecnici, in quanto normati daregole di settore (DM 7 Aprile 2006 e Reg. 10R/2008 del Piemonte). Tale esclusione si applica in modo4


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011certo solo se si tratta di materiali provenienti da attività agricola e destinati all’agricoltura o alla produzionedi energia.2.2.3 SOTTOPRODOTTILa nozione giuridica di sottoprodotto si è affacciata nel panorama normativo e giurisprudenziale europeosolo nel 2002 nella sentenza Palin Granit Oy della Corte di Giustizia Europea. Esso era completamenteassente nel D.Lgs. 22/97 mentre è stato introdotto dal D.Lgs. 152/2006 (art. 183 lett. n ) esuccessivamente evoluto con il decreto correttivo (D.Lgs. 4/2008) all’art. 183lett. p.La definizione di sottoprodotto è, quindi, stata introdotta nella normativanazionale ancor prima che il Diritto Comunitario lo acquisisse nella DirettivaRifiuti 2008/98/CE.La definizione di sottoprodotto introdotta in Italia nel 2008 ed inserita all’art.183 lettera p) del D.Lgs. 152/2006 era alquanto più articolata di quella poiufficialmente affermata dalla Direttiva Comunitaria. Il quarto correttivo al D.Lgs. 152/2006, infatti,introducendo l’art. 184bis del D.Lgs. 152/2006 ha semplificato in modo significativo tale definizione, che orarisulta la seguente:Articolo 184-bisSottoprodotto1. E' un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza odoggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:a) la sostanza o l'oggetto e' originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e ilcui scopo primario non e' la produzione di tale sostanza od oggetto;b) e' certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo diproduzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dallanormale pratica industriale;d) l'ulteriore utilizzo e' legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisitipertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatticomplessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteriqualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano consideratisottoprodotti e non rifiuti. All'adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministrodell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria.Il sottoprodotto, quindi, è un materiale che:5


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011È originato in un processo non destinato alla sua produzioneHa una certezza di reimpiego da parte del produttore o di terziNon necessita di trattamenti per essere utilizzato se non quelli della normale pratica industrialeNon porta ad impatti complessivi negativi sull’ambiente e la saluteQualora il materiale non sia un prodotto merceologicamente identificato e non soddisfi i sopracitati criteri, cisi dovrà riferire alla nozione di rifiuto.La Commissione Europea, in una comunicazione al Consiglio ed al Parlamento del 21 Febbraio 2007, laCOM(2007)59 ha chiarito la materia affermando che:Per rafforzare la certezza del diritto e per facilitare la comprensione e l'applicazione della definizione dirifiuto, la presente comunicazione intende, da una parte, fornire alle autorità competenti alcuni orientamentiche permettano loro di stabilire, caso per caso, se determinati materiali costituiscono rifiuti o meno e,dall'altra, informare gli operatori economici sul modo in cui tali decisioni sono adottate.Nell’ambito di tale comunicazione la Commissione ha chiarito in modo decisamente efficace la questioneintroducendo, fra l’altro, il concetto di sottoprodotto e fornendo una serie di esempi, analisi, riferimenti asentenze della Corte di Giustizia Europea che, nell’insieme, chiariscono in modo soddisfacente l’approccioche debbono tenere le Autorità competenti ed i singoli operatori economici nella classificazione dei residuidi produzione, distinguendoli in rifiuti e sottoprodotti. La conclusione dei ragionamenti compiuti nellacomunicazione è brillantemente sintetizzata in uno schema di flusso allegato cui occorre fare riferimentoper ogni decisione, unitamente al citato art. 183 del D.Lgs. 152/2006.6


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 20112.2.4 PRODOTTISono classificabili prodotti tutti quei materiali originati in un processo specificatamente destinato alla loroproduzione. I prodotti sono oggetto di specifici listini e bollettini basatisulle loro caratteristiche merceologiche e sono posti in commercio inbase a specifiche normative di settore che ne definisconocaratteristiche fisico chimiche e processi produttivi.I prodotti sono acquistati sul mercato secondo le modalità stabilite dallanormativa e vengono accompagnati da specifiche bolle diaccompagnamento e/o fatture laddove richieste dalla normativa.Sono esempio tipico di prodotti i beni agricoli quali granella di mais,grano, orzo, la paglia, il trinciato di mais, il trinciato di triticale ecc. Sono prodotti anche i beni di origineagroindustriale quali il pane, i biscotti, l’amido, l’etanolo ecc. E’ un prodotto il glicerolo qualora risponda allecaratteristiche merceologiche specificate dalla legge.2.3 COSA POSSIAMO IMPIEGARE NEGLI IMPIANTI ?Negli <strong>impianti</strong> <strong>biogas</strong> possono essere impiegate tutte le matrici autorizzare dall’Ente competente sulla basedelle richieste iniziali (Autorizzazione Unica, DIA ecc) e delle successive integrazioni.Non possono essere utilizzati materiali che, seppur consentiti, non sono stati espressamentecomunicati all’Autorità competente.2.3.1 RIFIUTII materiali classificati come rifiuti ai sensi della normativa vigente normativa possono essere impiegati negli<strong>impianti</strong> <strong>biogas</strong> solo se questi sono espressamente autorizzati al trattamento dei rifiuti dalla Provinciacompetente e limitatamente ai codici CER autorizzati.Negli <strong>impianti</strong> agricoli, non autorizzati al loro trattamento, l’uso di rifiuti è TASSATIVAMENTE VIETATO.L’impiego di rifiuti in un impianto non autorizzato configura una violazione di carattere penale del D.Lgs.152/2006 e può avere conseguenze molto gravi quali condanne in sede penale, ammende e sospensioneo revoca della tariffa incentivante.E’, quindi, molto importante accertare con estrema cura la natura dei materiali da impiegare negli <strong>impianti</strong>ed IN CASO DI INCERTEZZA EVITARE L’IMPIEGO DI MATERIALI DUBBI.Per potere utilizzare un materiale nel nostro impianto occorre, quindi, che esso abbia la natura diPRODOTTO o di SOTTOPRODOTTO ai sensi della normativa vigente.Possiamo, quindi impiegare: PRODOTTI SOTTOPRODOTTI REFLUI ZOOTECNICI (Rifiuti sottratti alla disciplina sui rifiuti)A patto to di verificarne bene la natura e di disporre di opportune garanzie sulla loro filiera di produzione.7


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011A titolo di esempio, sono di norma RIFIUTI, a meno che per loro natura possano rientrare nella nozione disottoprodotto i seguenti materiali:Scarti di lavorazione agroindustrialeFrutta e verdura non commerciale (deteriorata, contaminata ecc) di cui il produttore si vuole disfare Sfalci e potature non provenienti da attività agricola (es. verde pubblico e privato) 1Prodotti alimentari scaduti, adulterati, deterioratiProdotti agricoli contaminati, deteriorati e quindi non commercialiAlcuni fra i citati materiali possono, tuttavia, rientrare fra i sottoprodotti se soddisfano i requisiti previsti. Illoro utilizzo negli <strong>impianti</strong> è, quindi, da prevedersi solo a seguito di una analisi tecnico-normativa moltoattenta e con tutti gli adempimenti previsti per i sottoprodotti.2.3.2 PRODOTTI2.3.2.1 QUALI PRODOTTI ?In linea di principio i prodotti sono liberamente impiegabili negli <strong>impianti</strong> a <strong>biogas</strong> se comunicati all’Entecompetente o da questo espressamente autorizzati.PRODOTTOCereali in granellaInsilatiProdotti affienatiProdotti agroindustrialiOrtaggi freschi commercialiFrutta fresca commercialeOiiProdotti impiegabili negli <strong>impianti</strong>EsempiMais, Grano, Orzo, Segale, Avena, Riso, Sorgo, eccSilomais, Silosorgo, Triticale, Segale, Loietto, Prato polifita eccFieno prato polifita, erba medica, Loiessa, eccMelasso, semola, pula di riso, farina di cereali, crusca, eccPatate, zucchine, insalate, eccMele, Kiwi, Pere, eccOlio di soia, di colza, di girasole eccIn linea puramente teorica è possibile utilizzare qualsiasi prodotto alimentare commerciale, acquistatoregolarmente e non deteriorato, scaduto, danneggiato (es. formaggi, latte, pane, uova ecc). Tali prodottinon sono di norma economicamente giustificati.1 La L. 129/2010 aveva inserito gli sfalci e le potature da verde pubblico e privato fra i potenziali sottoprodotti. Il successivoD.Lgs. 205/2010 ed il chiarimento della Nota prot. 11338 del 1° marzo 2011 del Ministero dell’Ambiente hanno definitivamentesancito che tali materiali sono RIFIUTI urbani ai sensi dell’art. 184 comma 2, lettera e) del D.Lgs. 152/2006.8


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011Per ogni prodotto acquistato è necessario garantire la tracciabilità di fatto della filiera e quindi poterrisalire agevolmente al produttore primo del materiale.E’ buona norma conservare la documentazione che supporta la tracciabilità del prodotto (es. fatture diacquisto o dichiarazioni del commerciante da cui acquistiamo che ci consentano di risalire al produttore) etenerla a disposizione dell’Autorità di controllo.A volte vengono offerti agli <strong>impianti</strong> prodotti e cofermenti particolari che portano denominazioni di fantasia,che vengono garantiti dal fornitore come veri e propri prodotti. Tali materiali debbono passare di manomuniti di analisi chimiche adeguate, schede tecniche e di sicurezza debitamente compilate e firmate, nonrisalenti a più di 6 mesi prima e debbono disporre di una completa tracciabilità dei materiali impiegati nellaloro produzione fino al produttore primo. E’, inoltre, opportuno procedere all’analisi di ogni campione dimateriale acquistato.Nel caso non sia possibile acquisire le suddette informazioni o nel caso via sia il minimo dubbio circa lanatura del materiale, è buona norma EVITARNE L’IMPIEGO.Occorre, infatti, avere la garanzia che il materiale acquistato non contenga rifiuti neppur in minima quantità,mentre molto spesso i “prodotti” proposti sono costituiti solo in parte da sostanze note e di chiaraprovenienza, mentre per la quota rimanente non si ha certezza della loro composizione.2.3.2.2 COME VANNO IMPIEGATI ?Adempimenti necessari per l’impiego di PRODOTTI in un impianto Rispetto della normativa fiscale: bolle di accompagnamento, fatture ecc Registrazione sul quaderno di alimentazione dell’impianto Analisi periodica del materiale Identificazione dei lotti e tracciabilità2.3.3 SOTTOPRODOTTICome chiarito al paragrafo 2.2.3 i sottoprodotti possono essere tranquillamente utilizzati negli <strong>impianti</strong> a<strong>biogas</strong>, ma vanno seguite alcune cautele e posti in atto alcuni adempimenti necessari per eliminarequalsiasi dubbio relativo alla loro classificazione come rifiuti. Occorre sempre riferirsi allo schema propostonel paragrafo 2.2.3 e seguire i criteri di seguito ripetuti.Il sottoprodotto, quindi, è un materiale che: È originato in un processo non destinato alla sua produzione Ha una certezza di reimpiego da parte del produttore o di terzi Non necessita di trattamenti per essere utilizzato se non quelli della normale pratica industriale Non porta ad impatti complessivi negativi sull’ambiente e la salutePer dare evidenza del rispetto dei requisiti sopra elencati si suggeriscono i seguenti accorgimenti:9


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011REQUISITO È originato in un processonon destinato alla suaproduzione Ha una certezza direimpiego Non necessita ditrattamenti per essereutilizzato se non quelli dellanormale pratica industriale Non porta ad impatticomplessivi negativisull’ambiente e la saluteDOCUMENTIOccorre acquisire informazioni di base dal produttore relative al processo diproduzione. In generale se il processo è concepito per produrre un materialeesso è un prodotto altrimenti è un sottoprodotto.1. Conservare schede tecniche del materiale1. Stipulare con il fornitore un contratto di acquisto 2 che specifichi ilrispetto dei requisiti, la natura del materiale e la certezza del suo utilizzo.Dare evidenza che il materiale non ha subito trattamenti particolari (fuoridalla normale pratica industriale) prima di essere impiegato.Tale requisito deve essere GARANTITO dal fornitore nel contratto diacquisto.1. Conservare le schede tecniche del materiale2. Eseguire analisi periodiche3. Verificare l’eventuale inserimento del materiale in pubblici registri dimateriali impiegabili per qualche uso legale (es. registro mangimi)Il requisito relativo al valore commerciale del materiale è stato abrogato dal D.Lgs. 205/2010. In ognicaso il valore rappresenta pur sempre un indizio su una possibile natura di rifiuto del materiale. Unsottoprodotto, per sua natura, ha sempre un valore commerciale seppur basso in quanto la certezza delsuo reimpiego deriva dalla richiesta del mercato che, quindi, deve essere disposto a pagare un prezzoseppur modico per la sua acquisizione. Un prezzo negativo (il fornitore paga per consegnare il materiale) èchiaro sintomo dell’intenzione di disfarsi del materiale stesso.2.3.3.1 SOTTOPRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE (SOA)I sottoprodotti di origine animale sono, secondo la normativa, “corpi interi o parti di animali, prodotti diorigine animale o altri prodotti ottenuti da animali, non destinati al consumo umano, ivi compresi gli ovociti,gli embrioni e lo sperma”.La complessa materia dei SOA è normata dal Reg. 1069/2009/CE e dal regolamento applicativo142/2011/CE. Sono state recentemente pubblicate le linee guida della Conferenza Stato Regioni cheforniscono alcuni elementi pratici e di chiarimento per l’applicazione della normativa in Italia.L’utilizzo di sottoprodotti di origine animale negli <strong>impianti</strong> <strong>biogas</strong> è, in linea teorica, possibile. Esso richiede,tuttavia, l’adozione di accorgimenti tecnici sugli <strong>impianti</strong> piuttosto importanti ed il rispetto rigoroso delleprescrizioni imposte dai Regolamenti. L’impianto, inoltre, deve essere riconosciuto dall’Autoritàcompetente. (Procedura di riconoscimento di cui all’art. 44 del Reg. 1069/2009/CE).In pratica l’utilizzo saltuario o limitato di SOA negli <strong>impianti</strong> a <strong>biogas</strong> è SCONSIGLIATO.Qualora vi sia disponibilità continuativa di tali materiali, tale da renderne interessante l’utilizzo, occorreràvalutare gli adeguamenti tecnici necessari ed acquisire le necessarie autorizzazioni.2 Il <strong>Consorzio</strong> <strong>Monviso</strong> <strong>Agroenergia</strong> mette a disposizione dei modelli di contratto da sottoscrivere con il fornitore10


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011Classici esempi di sottoprodotti di origine animale impiegabili per il <strong>biogas</strong> sono: Sangue, scarti di macellazione (cat. 3) Siero di latte (cat. 3) Contenuto ruminale (cat. 2)Una deroga particolare, già citata, è quella dei reflui zootecnici, che pur essendo SOA di categoria 2 sonooggetto di una specifica normativa di settore (Reg.10R/2007) e per essi sono previste alcune deroghe airigidi vincoli dei sottoprodotti animali laddove vengano impiegati reflui zootecnici di provenienzaesclusivamente aziendale o consortile.La previsione di particolarità <strong>impianti</strong>stiche finalizzate ad offrire le necessarie garanzie sanitarie per gli<strong>impianti</strong> che utilizzano SOA può essere derogata nel caso dei reflui zootecnici a discrezione dell’AutoritàSanitaria (ASL competente).La complessa normativa sui SOA è oggetto di uno specifico approfondimento a cura del CMA(RNCMA_SOA).2.3.3.2 COME VANNO IMPIEGATI I SOTTORPODOTTI ?Da un punto di vista degli adempimenti, l’impiego di sottoprodotti come biomassa deve prevedere una seriedi cautele, volte a garantire in ogni caso il rispetto dei citati requisiti previsti dalla legge.Adempimenti necessari per l’impiego di SOTTOPRODOTTI in un impiantoE’ necessario conservare in azienda, a disposizione per ogni controllo, la documentazionecomprovante il rispetto dei requisiti di seguito elencata: Contratti di fornitura del sottoprodotto redatti in modo corretto 3 Documentazione relativa alla tracciabilità del sottoprodotto Analisi chimico fisiche periodiche eseguite sui lotti in ingresso Documentazione fiscale di acquistoRegistri di alimentazione dell’impianto3 Il <strong>Consorzio</strong> mette a disposizione un modello di contratto di fornitura di sottoprodotto11


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 20112.3.4 REFLUI ZOOTECNICI (RIFIUTI SOTTRATTI ALLA DISCIPLINA SUIRIFIUTI)I reflui zootecnici sono regolati da una specifica normativa che sarà ampiamente trattata al paragrafo 3.1.3.Ai sensi dell’art. 185 lett. f) del D.Lgs. 152/2006 sono escluse dalla disciplina sui rifiuti “le materie fecali, senon contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo oforestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia datale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente ne' mettono in pericolo lasalute umana”.Quindi, quando un refluo zootecnico proviene dall’attività agricola ed è destinato ad una attivitàagricola esso non segue la normativa sui rifiuti.Lo stesso D.Lgs. 152/2006, all’art. 184bis, consente, comunque, di classificare il refluo come sottoprodottoqualora soddisfi i più volte citati requisiti, anche se non proveniente da attività agricola e/o non destinato adattività agricola.In questo caso, però, si apre una complessa problematica relativa alla classificazione del refluo comesottoprodotto di origine animale (SOA) ai sensi del Reg. 1069/2009/CE. All’art.. 9 lett. a) il Regolamentoclassifica, infatti, come sottoprodotti di origine animale di cat. 2 anche “stallatico, guano non mineralizzato econtenuto del tubo digerente”.Tali materiali, quindi, sono, quindi, classificati come SOA e sono sottoprodotti qualora provenienti da attivitàagricola e/o a questa destinati. Se così non è essi possono essere classificati rifiuti laddove non soddisfinoi requisiti dell’art. 184bis (sottoprodotto) ma devono in ogni caso sottostare agli adempimenti previsti dalReg. 1069/2009.Di fatto, quindi, i reflui zootecnici provenienti da attività agricola e destinati ad attività agricola sonoclassificati ai sensi dell’art. 185 del D.Lgs. 152/2006 come rifiuti che si sottraggono alla disciplina sui rifiutiladdove non possano essere classificati sottoprodotto. In ogni caso essi sottostanno alle norme suisottoprodotti di origine animale ai sensi del Reg. 1069/2009/CE ai fini della tutela sanitaria.2.3.4.1 COME VANNO IMPIEGATI I REFLUI ZOOTECNICI ?Adempimenti necessari per l’impiego di REFLUI ZOOTECNICI in un impiantoPresentazione della comunicazione annuale 10RRedazione annuale del PUARegistrare su sistemapiemonte eventuali cessioni di reflui di terziAnalisi chimico fisiche periodiche eseguite sui lotti in ingresso provenienti da terziQualora i reflui provengano da aziende agricole terze non consorziate occorre, inoltre, sottostare agliadempimenti previsti dal Reg. 1069/2009.12


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 20112.3.5 CLASSIFICAZIONE DEI MATERIALI: CASI PRATICIIn allegato al presente fascicolo si riportano una serie di schede di dettaglio sui più diffusi materialiimpiegati negli <strong>impianti</strong> a <strong>biogas</strong>. Ferma restando la necessità di applicare le indicazioni normative descrittenei paragrafi precedenti, le tabelle possono costituire un valido supporto per l’inquadramento normativo deimateriali.Le schede forniscono indicazioni generali e non possono in alcun caso sostituire una attentavalutazione del singolo materiale, da compiersi in base alla sua provenienza, all’analisi chimica edalle sue caratteristiche civilistiche e fiscali.13


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 20113 IL DIGESTATO3.1 INQUADRAMENTO GIURIDICOLa classificazione normativa del digestato è sempre stata molto controversa ed è stata solo in partechiarita con l’approvazione del D.Lgs. 4/2008, correttivo del D.Lgs. 152/2006.Con l’approvazione del quarto correttivo (D.Lgs. 205/2010) il Legislatore ha, quindi, identificatochiaramente la soluzione del problema, rinviando, però, l’operatività della norma all’emanazione di unospecifico Decreto. Ma facciamo un passo indietro.Come tutti i materiali, anche il digestato può acquisire, ai sensi della legislazione vigente, la seguentenatura: RIFIUTO (Art. 183) RIFIUTO SOTTRATTO ALLA DISCIPLINA SUI RIFIUTI (Art. 185) SOTTOPRODOTTO (Art. 184 bis) PRODOTTOLa classificazione del digestato prodotto dal singolo impianto in una delle categorie sopra elencate deve,quindi, essere compiuta di caso in caso a cura del proponente edell’Autorità competente sulla base del rispetto dei requisitiprevisti dalla normativa per ogni categoria.La classificazione di caso in caso e non in linea generale èimposta dalla normativa rifiuti laddove classifica il materialecome rifiuto non sulla base delle sue caratteristiche tecniche ochimico-fisiche, ma sulla base dell’intenzione del detentore didisfarsi di tale materiale.Tale principio è stato più volte ribadito dalla CommissioneEuropea 4 e dalla Corte di Giustizia Europea e confermato dallaRegione Piemonte in una nota alla Provincia di Cuneo.Analizziamo, quindi, di seguito i requisiti che il digesto deve soddisfare per appartenere ad una dellecategorie elencate. Ogni impianto dovrà effettuare la valutazione e sottoporla all’Autorità competente perun avallo. Qualora l’appartenenza ad una specifica categoria implichi autorizzazioni, comunicazioni ed altriadempimenti il proponente dovrà porre la massima cura nell’ottemperare a tali previsioni normative.4 Risposta a INTERROGAZIONE SCRITTA di Robert Sturdy (PPE-DE) alla Commissione - in order to decide whether asubstance or material resulting from an incineration or digestion process should be classified as a waste, a product, or a byproduct,Member States must take case by case decisions on individual issues such as the ones raised by the HonourableMember. In their assessment, Member States shall apply the relevant jurisprudence of the European Court of Justice. In thecontext of end-of-waste (classification of waste which has undergone a recovery operation as a product), Member States shallrely in particular on the decision in the case of Mayer Parry (C-444/00). As regards the classification of waste as by-products,Member States shall use the Court’s jurisprudence as set out in the Commission’s Interpretative Communication onwaste and by-products COM(2007) 59.14


3.1.1 IL DIGESTATO È UN PRODOTTO<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011Dopo anni di incertezza normativa e di comportamenti difformi da parte di diverse Regioni ed addirittura daparte di diverse Provincie nell’ambito della stessa Regione, il legislatore ha, finalmente, identificato lanatura giuridica del digestato, introducendone la nozione nel D.Lgs. 152/2006. Infatti, l’art. 183 del citatoD.Lgs., come modificato dal D.Lgs. 205/2010 recita:Art. 183Definizioni1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelledisposizioni speciali, si intende per:a) «rifiuto»: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo didisfarsi;b) «rifiuto pericoloso»: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta delpresente decreto; (…)d) «rifiuto organico»: rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nucleidomestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industriaalimentare raccolti in modo differenziato; (….)f) «produttore di rifiuti»: il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettuioperazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o lacomposizione di detti rifiuti;g) «produttore del prodotto»: qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi,trasformi, tratti, venda o importi prodotti;h) «detentore»: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso;i) «commerciante»: qualsiasi impresa che agisce in qualità di committente, al fine di acquistare esuccessivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono materialmente possesso deirifiuti;l) «intermediario»: qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi,compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti; (…)dd) «rifiuto biostabilizzato»: rifiuto ottenuto dal trattamento biologico aerobico o anaerobico dei rifiutiindifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche, da adottarsi a cura dello Stato, finalizzate a definirnecontenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità;ee) «compost di qualità»: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, cherispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall'allegato 2 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, esuccessive modificazioni;ff) «digestato di qualità»: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccoltiseparatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto delMinistero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dellepolitiche agricole alimentari e forestali;15


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011A seguito dell’approvazione dell’atteso Decreto, quindi, il digestato sarà un PRODOTTO qualora rispetti icriteri precisati nel decreto stesso. Secondo quanto appreso da ambienti Ministeriali è presumibile che taleDecreto sia di fatto l’attesa modifica del DM 7 Aprile 2006 (applicazione della Direttiva Nitrati) che risulta invia di approvazione. Secondo le indiscrezioni il requisito per la classificazione del digestato di qualità(Prodotto) sarà l’impiego esclusivo di reflui zootecnici, biomasse agricole, sottoprodotti di origine vegetali.Rimarrebbero esclusi i sottoprodotti di origine animale normati dal D.Lgs. 1069/2009 (ex. 1774/2002) erimangono molti interrogativi circa la possibilità di utilizzo di prodotti e sottoprodotti di origine industriale edagroindustriale (es. glicerolo, borlande ecc).Adempimenti necessari per utilizzare il digestato come PRODOTTOLe modalità pratiche di impiego del digestato come prodotto saranno chiarite dal Decreto. In ognicaso si dovrà dare evidenza documentale del rispetto dei requisiti previsti dal Decreto stesso.Occorre, in ogni caso, conservare:Fatture di acquisto ed eventuali bolleEventuali schede tecniche del prodottoEventuali analisi periodiche dei prodottiFino all’entrata in vigore dell’atteso Decreto e successivamente a tale Decreto per il digestato che non nerispetterà i requisiti si dovranno, quindi, applicare le norme vigenti e quindi il digestato NON può essereconsiderato un prodotto.Può, quindi, per esclusione, essere un: REFLUO ZOOTECNICO (RIFIUTO SOTTRATTO ALLA DISCIPLINA SUI RIFIUTI - Art. 185) SOTTOPRODOTTO (Art. 184 bis) RIFIUTO (Art. 183)3.1.2 IL DIGESTATO È ASSIMILATO A REFLUO ZOOTECNICOL’utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici è normata dall’art. 112 del D.Lgs. 152/2006. Questodemanda ad uno specifico decreto (DM 7 Aprile 2006) ed alle Regioni la regolamentazione delle modalitàdi utilizzazione agronomica, precisando che tale attività è soggetta al regime della comunicazione ai sensidell’art. 75 dello stesso D.Lgs.L’art. 1 comma 3 del citato DM 7 Aprile 2006 demanda alle Regioni la disciplina dell’utilizzazioneagronomica dei reflui zootecnici, restando inteso che le Regioni hanno il potere di definire le assimilazionedei materiali al refluo zootecnico. Se è, infatti, chiaro che un refluo zootecnico puro debba sottostare aidettami della normativa sui reflui, non altrettanto chiara era la destinazione dei materiali composti soloparzialmente da reflui zootecnici, quali ad esempio il digestato.16


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011La Regione Piemonte ha normato la complessa materia dei reflui con il Reg. 10R del 24 Ottobre 2007.Tale Regolamento disciplina l’utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici, ma non definisce i criteri diassimilazione a refluo dei vari materiali, ma limitandosi a rimandare ad una specifica D.G.R.La Regione Piemonte, nell’ambito del Reg. 10R dell’ottobre 2007, all’art. 29 comma 2bis aveva, infatti,stabilito che “ Il materiale derivante dal trattamento di digestione anaerobica di materie fecali e/o altresostanze naturali provenienti da attività agricola è assimilabile, ai fini dell’utilizzo agronomico, all’effluentezootecnico disciplinato dal presente regolamento alle condizioni e secondo le modalità definite condeliberazione della Giunta regionale.”.La Regione aveva, quindi affermato una assimilabilità di principio del digestato al refluo zootecnico, purrinviando i dettagli ad una specifica D.G.R. (quella pubblicata il giorno 26/2/2009).La D.G.R. 64-10874 del 26/2/2009 ha stabilito che:Affinché il digestato possa essere assimilato all’effluente zootecnico al fine della sua utilizzazioneagronomica secondo le disposizioni di cui all’articolo 112 del d.lgs. 152/2006 e alla normativa attuativastatale e regionale, sono quindi ammesse in ingresso all’impianto di digestione anaerobica esclusivamentele seguenti biomasse:1) effluenti zootecnici, così come definiti nel regolamento regionale 10/R/2007;2) residui delle coltivazioni (paglie, stocchi, colletti di barbabietola, ecc.) e residui vegetali prodotti dalleimprese agricole che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzioneagricola ai sensi dell’articolo 2135, comma 3 del codice civile;3) prodotti agricoli.In ogni condizione di esercizio, inoltre, la quota di effluente zootecnico deve essere pari almeno al50% in peso della miscela in ingresso al digestore anaerobico.Come si può osservare è necessario che almeno il 50% in peso della miscela in ingresso sia costituito dareflui e che gli altri materiali siano tutti di provenienza agricola (prodotti da imprenditori agricoli).L’implicazione di questa scelta è che l’uso di sottoprodotti di origine agroindustriale (es. borlande,glicerolo, pula di riso, polpe di bietola ecc) esclude la classificazione del digestato come refluozootecnico. La norma regionale, quindi, non incentiva l’uso virtuoso dei sottoprodotti.Qualora, quindi, il digestato soddisfi i requisiti sopra elencati ed in particolare se la matrice in ingresso ècostituita da almeno il 50% in peso di reflui zootecnici il digestato è assimilato a refluo e deve ottemperareagli adempimenti previsti dal Reg. 10R/2007. Essi sono, in sintesi 5 :5 Per una elencazione completa degli adempimenti necessari occorre riferirsi al Reg. 10R/200717


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011Adempimenti necessari per utilizzare il digestato come REFLUO ZOOTECNICOComunicazione annuale da inviare tramite SISTEMAPIEMONTERedazione di PUADisponibilità di terreni sufficienti (conduzione + asservimento)Disponibilità di stoccaggi sufficienti (90-180 gg in base al tipo di effluente)Tracciabilità delle cessioni di reflui fra aziendeNon occorre AUTORIZZAZIONENon occorre, in questo caso, acquisire alcuna autorizzazione ed il digestato è escluso dall’ambito diapplicazione della disciplina sui rifiuti come specificato dall’Art. 185 del D.Lgs. 152/2006 e confermatodall’art. 3 comma 1 del DM 7 Aprile 2006 :”L'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamentodisciplinata dal presente decreto è esclusa ai sensi dell'art. 8, comma 1, del decreto legislativo n. 22 del1997 dal campo di applicazione del medesimo decreto legislativo”.3.1.3 IL DIGESTATO È UN SOTTOPRODOTTOIl Digestato, come tutti gli altri materiali, può essere classificato come sottoprodotto qualora rispetti irequisiti previsti dalla normativa e descritti al paragrafo 2.1.3. In sintesi i requisiti di un materiale classificatocome sottoprodotto sono:È originato in un processo non destinatoalla sua produzioneHa una certezza di reimpiego da parte delproduttore o di terziNon necessita di trattamenti per essereutilizzato se non quelli della normale praticaindustrialeNon porta ad impatti complessivi negativisull’ambiente e la saluteQualora il nostro digestato non sia altrimenticlassificabile (prodotto, refluo zootecnico, ecc) è compito dell’impianto dimostrare in modo chiaro edinequivocabile il rispetto dei suddetti requisiti.18


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011Adempimenti necessari per utilizzare il digestato come SOTTOPRODOTTOE’ necessario conservare in azienda, a disposizione per ogni controllo, la documentazionecomprovante il rispetto dei requisiti di seguito elencataPiano di Utilizzazione Agronomica del digestato (aggiornato annualmente)Elenco dei terreni disponibili (tabella di sintesi)Terreni in conduzione (copia fascicolo aziendale aggiornatoTerreni in asservimento (copia contratti di asservimento)Eventuali contratti di cessione a terzi del digestato come sottoprodottoRegistro di alimentazione dell’impiantoAnalisi periodiche del digestato (tal quale, sep. Solido, sep. Liquido). Rispetto limiti D.Lgs.99/92La dimostrazione del rispetto dei requisiti specifici dell’art. 184bis è riassunta nella seguente tabella.Documentazione da produrre per garantire il rispetto dei requisiti di sottoprodotto per il digestatoREQUISITODOCUMENTI È originato in un processo nondestinato alla sua produzione Ha una certezza di reimpiegoE’ un requisito oggettivo. Il digestato è prodotto in un processo destinatoalla produzione di energia. Esso è un prodotto secondario, non la finalitàprimaria del processo.1. Piano di Utilizzazione Agronomica (PUA) che dimostri chesuperficie agricola può essere fertilizzata con il digestato prodotto2. Elenco dei terreni disponibili in conduzione o in asservimento conrelativi titoli di disponibilità (copia fascicolo aziendale, contratti ecc)3. Eventuali contratti di cessione a terzi del sottoprodotto Non necessita di trattamenti peressere utilizzato se non quellidella normale pratica industrialeE’ un requisito oggettivo. Sono normali trattamenti:Lo stoccaggio in azienda in platea o vasca19


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011 Non porta ad impatticomplessivinegativisull’ambiente e la salute La separazione solido liquido di tipo meccanico1. Registro di alimentazione con elenco e quantità delle biomasseutilizzate2. Analisi periodiche del digestato 63. PUA per dimostrare il corretto rapporto digestato-suolo-coltureagrarie3.1.4 IL DIGESTATO È UN RIFIUTOQualora non sia possibile la classificazione del digestato come prodotto, refluo zootecnico o sottoprodotto,non resta che classificare il materiale come RIFIUTO.L’utilizzazione agronomica del digestato come rifiuto implica la necessità di disporre di una specificaAUTORIZZAZIONE per la messa in riserva ed il recupero in agricoltura del materiale ai sensi della parteIV del D.Lgs. 152/2006 da redarsi ai sensi dell’art. 210 del Decreto.L’autorizzazione comporterà la possibilità di effettuare le operazioni di: Messa in riserva (R!3 dell’allegato C alla parte IV del D.Lgs. 152/2006) Utilizzazione agronomica (R10 dell’allegato C alla parte IV del D.Lgs. 152/2006)L’acquisizione delle autorizzazioni consente di effettuare lo spandimento del digestato a beneficiodell’agricoltura sostanzialmente negli stessi termini previsti dal Reg. 10R/2007 per quanto riguarda i reflui,ma gli adempimenti burocratici ed amministrativi, i rischi, le prescrizioni ed i controlli sono di tutt’altranatura.La normativa rifiuti è, infatti, concepita per far fronte alla gestione di materiali anche molto problematici eprevede cautele, analisi, controlli che, pur essendo perfettamente pertinenti nel caso di rifiuti ordinari, sonoparticolarmente onerosi per un digestato originato da materiali di natura agricola che, per loro natura, noncomportano problemi particolari per l’ambiente.La gestione del digestato come RIFIUTO comporta, inoltre, notevoli difficoltà di immagine per l’aziendaagricola che, per sua natura, non viene di norma identificata come un soggetto smaltitore di rifiuti. Problemiparticolari possono, quindi, insorgere nei rapporti con i vicini, nell’acquisizione di eventuali asservimenti suterreni agricoli e nella gestione amministrativa degli adempimenti.Gli adempimenti necessari per la gestione del digestato come rifiuto sono i seguenti.Adempimenti necessari per utilizzare il digestato come RIFIUTO Ottenimento di AUTORIZZAZIONE per attività R10 e R13 della parte IV del D.Lgs. 152/2006 Tenuta dei registri di carico e scarico e formulari (SISTRI)6 Dovranno essere monitorati i normali parametri chimico fisici previsti per materiali analoghi (es. reflui zootecnici). In particolareN, P, K, pH, ST, metalli pesanti ecc. Si faccia riferimento alle prescrizioni autorizzative o ai piani di analisi previsti dal <strong>Consorzio</strong><strong>Monviso</strong> Agroenegia. E’ importante che il digestato soddisfi almeno i requisiti del D.Lgs. 99/1992 relativo ai fanghi.20


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011Relazione annuale alla ProvinciaIscrizione all’Albo Nazionali Gestori Ambientali (con relative fidejussioni)Rispetto dei limiti del D.Lgs. 99/92 (SS/ha, N/ha, metalli pesanti, ecc)Effettuazione di analisi e monitoraggi almeno 2 volte all’anno sul digestatoEffettuazione analisi dei terreni ogni 3 anniDisponibilità di terreni sufficienti (conduzione + asservimento)Disponibilità di stoccaggi sufficienti (da prescrizioni)Tracciabilità delle cessioni di reflui fra aziendeDivieto di spandimento in fascia B, in orticoltura e frutticoltura3.1.5 QUINDI: COME COMPORTARSI CON IL DIGESTATOAlle luce di quanto esposto appare evidente che una approfondita analisi tecnico normativa deveessere compiuta PRIMA di iniziare l’attività di utilizzazione agronomica del digestato.L’obiettivo dell’analisi sarà la classificazione del digestato da un punto di vista normativo e la conseguentedefinizione degli adempimenti necessari.Per supportare gli operatori nell’analisi descritta si riporta di seguito uno schema logico appositamenteredatto per questo scopo.21


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011SCHEMA LOGICO DI CLASSIFICAZIONE DEL DIGESTATO - PIEMONTEIl Digestato soddisfa i requisitidel Decreto di cui all’art. 183lett. ff) del D.Lgs. 152/2006?(di futura emanazione !)SIPRODOTTONOIl Digestato è assimilato a refluozootecnico?> 50% peso di reflui in ingressoSolo materiali di origine agricolaD.G.R. 84-10184 del 2009SIREFLUO ZOOTECNICONO certezza di reimpiego non subisce trattamenti non comporta impatti negativi(analisi periodiche)COM(59)2007 e art. 184bisSISOTTOPRODOTTONORIFIUTO22


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 20114 LE EMISSIONI IN ATMOSFERA4.1 LE EMISSIONI DEL MOTORE4.1.1 PREMESSALe emissioni del cogeneratore di un impianto a <strong>biogas</strong> rappresentano l’elemento ambientale più critico diquesti <strong>impianti</strong>. Occorre, quindi, conoscere bene la normativa e controllare con attenzione il rispetto di tutti iparametri emissivi.4.1.2 I LIMITI EMISSIVI DI LEGGEI limiti di emissione che devono essere rispettati dai cogeneratori a <strong>biogas</strong> sono imposti dall’allegato allaparte V del D.Lgs. 152/2006 (dall’Allegato IX – sezione 3).23


4.1.3 COT<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011Il COT (Carbonio Organico Totale) è un importante indicatore della qualità dei fumi del cogeneratore erappresenta la somma di tutto il carbonio organico presente. Il carbonio organico rappresenta una delleprincipali fonti di inquinamento odorigeno ed alcuni composti organici di carbonio possono averesignificativi effetti negativi dal punto di vista ambientale.Nei motori <strong>biogas</strong> una quota molto rilevante del COT è costituita da metano incombusto. Il COT vienenormalmente distinto in: MCOT : COT metanico NMCOT : COT non metanicoMentre il COT non metanico è un vero inquinante e va quindi tenuto sotto controllo, il metano non vieneconsiderato un inquinate in quanto è una molecola prodotta in natura, ma è un forte gas serra. Per questole Provincie tendono a volerne contenere le emissioni.Il limite di COT imposto dal D.Lgs. 152/06 è notoriamente frutto di una interpretazione dubbia, dibattuta invarie regioni italiane. Tale limite dovrebbe essere inteso come riferito al carbonio organico totale nonmetanico in quanto paradossalmente i motori a gas metano puro (gas naturale) non hanno limiti diemissioni di COT a dimostrazione che il legislatore era poco interessato alle emissioni metaniche.In realtà una interpretazione letterale della legge non si presta a discussioni: il limite e sui COT e quindi sulcarbonio organico totale.Il problema è che, allo stato, nessun motore disponibile sul mercato è in grado di rispettare in modo nativouna soglia di Carbonio Organico Totale di 150 mg/Nm 3 mentre è possibile rispettare tale soglia per i nonmetanici.Schema di montaggio cogeneratore-post combustore24


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011Per il contenimento del COT la soluzione tecnologica più consolidata prevede l’installazione di uncosiddetto post combustore, in grado di abbattere in modo significativo diversi composti organici fra cui ilCOT ed anche il CO. A rigore l’installazione del post combustore renderebbe inutile la previsione delcatalizzatore ossidativo per l’abbattimento dei CO.L’installazione del post combustore consente, quindi, di rispettare i limiti di legge sui COT e CO, mapresenta le seguenti problematiche: Elevato costo di acquisto (>100.000 €) Costi di gestione significativi Fabbisogno di una quota supplementare di circa il 6% di <strong>biogas</strong> per la post combustione) Fattibilità molto dubbia su motori


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011poter più garantire le prestazioni minime necessarie al rispetto dei limiti. E’ quindi necessario eseguireanalisi fumi frequenti e operare la regolare manutenzione del catalizzatore.4.1.5 NOXGli NOx sono inquinanti insidiosi e molto seguiti dalle Autorità competenti in quanto oggetto di frequentisuperamenti nell’areale della Pianura Padana, con conseguenti preoccupazioni da parte dell’opinionepubblica per possibili conseguenze negative sulla salute.Il limite imposto per il <strong>biogas</strong> è di 500 mg/Nm 3 riferito al fumo secco ed al 5% di O 2 .Tale limite può essere rispettato dai cogeneratori moderni, anche se è necessario mantenere e regolare ilmotore in modo corretto per evitare rischi.I cogeneratori di vecchia generazione o alcuni cogeneratori progettati per il mercato tedesco non sono ingrado di rispettare i limiti se non con accorgimenti particolari e penalizzando molto il rendimento elettrico.Il limite sugli NOx è insidioso. Il suo rispetto non può essere dato per scontato su nessun motore e perquesto motivo tale parametro va monitorato con frequenza.In caso di difficoltà nel mantenimento del limite o di richieste più rigorose di quelle di legge da parte delleprescrizioni autorizzative occorre prevedere l’installazione di presidi di contenimento quali ad esempio icatalizzatori ad urea (SCR). Tali sistemi sono costosi da installare, gestire e presentano una manutenzionedelicata. E’ bene, quindi, optare per motori in grado di rispettare in modo nativo limiti molto rigidi in terminidi NOx.4.1.6 HCLIl limite di Acido Cloridrico previsto dalla norma è di 10 mg/Nm 3 . Tale limite non viene di norma superatodai cogeneratori moderni, attestandosi su valori molto più bassi (1-5 mg/Nm 3 )4.2 LE SANZIONI AMMINISTRATIVE E PENALIIn caso di superamento dei limiti e di relativa contestazione da parte dell’Autorità di controllo, la gradazionedelle sanzioni amministrative e panali è prevista dal D.Lgs. 152/2006 all’art. 279:Art. 279.Sanzioni(…)2. Chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabilitidall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e daiprogrammi o dalla normativa di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autoritàcompetente ai sensi del presente titolo è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a 1.032euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell'autorizzazione integrata ambientale siapplicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione. (2)26


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011In realtà, in caso di superamento dei limiti, le sanzioni amministrative e penali vengono di norma graduatesulla base della gravità del fatto accaduto.Gradazione delle sanzioni AMMINISTRATIVE1. DIFFIDA ad eliminare le irregolarità entro un termine2. DIFFIDA E CONTESTUALE SOSPENSIONE DELL’ATTIVITA’ AUTORIZZATA PER UN TEMPODETERMINATO, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute e/o l’ambiente;3. REVOCA DELL’AUTORIZZAZIONE E CHIUSURA DELL’IMPIANTO, in caso di mancatoadeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni chedeterminino situazioni di pericolo e di danno per la salute e/o per l’ambiente.Gradazione delle sanzioni AMMINISTRATIVE1. REATI FORMALI, consistenti cioè in comportamenti privi del necessario consenso preventivodell’autorità amministrativa;2. REATI SOSTANZIALI, consistenti nel superamento dei limiti di emissioni e nella mancatarealizzazione del piano di adeguamento degli <strong>impianti</strong> già esistenti.4.3 COME OPERAREVista la delicatezza della problematica, la gravità delle sanzioni amministrative e le possibili sanzioni penaliè assolutamente necessario porre la massima cura nel rispetto rigoroso dei limiti emissivi.In pratica l’operatore deve agire come segue:Conoscere i limiti emissivi imposti dalla normaAcquisire garanzie contrattuali dal fornitore circa il rispetto dei limiti emissivi del motoreFar eseguire almeno 2 analisi fumi all’anno con valore internoEseguire le analisi fumi nei modi e nei tempi prescritti dall’autorizzazioneIntervenire tempestivamente in caso di possibile superamento dei limiti27


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011ALLEGATITabella producibilità in <strong>biogas</strong> delle varie matriciSchede materiali impiegabili nei digestori28


PRODUCIBILITA' IN BIOGAS DELLE PRINCIPALI BIOMASSEMatrice BiogasCH4ContributoEnergia<strong>biogas</strong>PotenzaAzotoDenominazione mc/d t/mc t/d ST SV/ ST SV t mc/kg SV mc/mc mc/t mc gas/d mc/anno % kWhe/t SMeq kWe kg/t ss kg/t tq kg/MWheLiquame suini 1,0 1,00 1,0 5,0% 80,0% 0,04 0,40 16,0 16,0 16 5.840 60% 38 0,08 1,6 8,0% 4,0 105,2Liquame bovini 1,0 1,00 1,0 10,0% 82,0% 0,08 0,40 32,8 32,8 33 11.972 60% 78 0,16 3,2 4,0% 4,0 51,3Letame bovini 1,3 0,75 1,0 25,0% 75,0% 0,19 0,38 53,4 71,3 71 26.006 58% 164 0,33 6,8 2,0% 5,0 30,5Pollina 1,7 0,60 1,0 30,0% 75,0% 0,23 0,40 54,0 90,0 90 32.850 55% 196 0,39 8,2 5,0% 15,0 76,5Siero 1,0 1,00 1,0 6,0% 88,0% 0,05 0,88 46,5 46,5 46 16.959 55% 101 0,20 4,2 9,0% 5,4 53,3Mais insilato ceroso 1,3 0,80 1,0 35,0% 95,5% 0,33 0,71 189,9 237,3 237 86.621 53% 498 1,00 20,8 1,1% 3,9 7,7Mais farina glutinata 1,3 0,80 1,0 50,0% 98,0% 0,49 0,74 290,1 362,6 363 132.349 53% 761 1,53 31,7 2,7% 13,6 17,9Mais granella 1,3 0,80 1,0 87,0% 98,5% 0,86 0,70 479,9 599,9 600 218.951 53% 1.260 2,53 52,5 1,6% 13,5 10,7Mais pastone integrale 1,3 0,80 1,0 70,0% 95,5% 0,67 0,74 395,8 494,7 495 180.562 53% 1.039 2,08 43,3 1,4% 10,0 9,6Triticale insilato 1,3 0,80 1,0 32,0% 95,0% 0,30 0,65 158,1 197,6 198 72.124 53% 415 0,83 17,3 1,4% 4,5 10,8Loietto insilato 2,0 0,50 1,0 34,0% 95,0% 0,32 0,60 96,9 193,8 194 70.737 53% 407 0,82 17,0 1,8% 6,1 15,0Erba medica insilato 2,0 0,50 1,0 34,0% 95,0% 0,32 0,65 105,0 210,0 210 76.632 53% 441 0,88 18,4 2,5% 8,6 19,4Sorgo zucch. Insilato 1,3 0,80 1,0 28,0% 95,0% 0,27 0,65 138,3 172,9 173 63.109 53% 363 0,73 15,1 1,4% 4,0 11,0Frumento crusca 1,3 0,80 1,0 87,0% 98,5% 0,86 0,65 445,6 557,0 557 203.311 53% 1.170 2,35 48,7 2,6% 22,3 19,0Orzo granella 1,3 0,80 1,0 87,0% 98,5% 0,86 0,65 445,6 557,0 557 203.311 53% 1.170 2,35 48,7 1,9% 16,7 14,3Melasso 1,3 0,80 1,0 75,0% 98,5% 0,74 0,65 384,2 480,2 480 175.268 53% 1.008 2,02 42,0 0,9% 6,6 6,5Kiwi 2,9 0,35 1,0 12,5% 78,8% 0,10 0,50 17,2 49,1 49 17.933 50% 97 0,20 4,1 1,6% 2,0 20,5Glicerolo 1,1 0,90 1,0 0,1% 92,0% 0,92 0,80 662,4 736,0 736 268.640 60% 1.750 3,51 72,9 10,0% 0,1 0,1Borlande grano 0,9 1,15 1,0 21,0% 95,0% 0,20 0,70 160,6 139,7 140 50.972 60% 332 0,67 13,8 5,7% 12,0 36,1Pula di riso 1,4 0,72 1,0 91,0% 85,2% 0,77 0,60 334,7 464,9 465 169.695 54% 995 2,00 41,4 2,2% 20,0 20,1SMeq = Equivalente in silomais (tonnellate di materiale per sostituire 1 tonnellata di silomais)Rev. 3.02<strong>Consorzio</strong> <strong>Monviso</strong> <strong>Agroenergia</strong>Via del Gibuti, 1 – 10064 - Pinerolo (TO)Tel 0121/325901 - Fax 0121/3259103C.F. / P.IVA 10178660014


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011DefinizioneCaratteristiche chimicofisicheResa in gasClassificazione normativaRequisiti essenzialiVantaggiCriticitàRischiAnalisi tipoApporto di azoto nelladietaGLICEROLO1,2,3-propantriolo. E’ un triolo. (trial col)GLIA temperatura ambiente è unliquido incolore e denso.Densità: 1,26 t/m 3 . Punto difusione: 18°C. Punto diebollizione:290°C.Completamente solubile inacqua a 20°C.Il glicerolo puro può produrre fino a 1000 m 3 /t di <strong>biogas</strong>.MED Max MinOrdinario: 800 m 3 /t sulle glicerine grezze da biodieselSMeq(miscele)3,5 4 2Il glicerolo è di norma un prodotto o sottoprodotto. Per essere considerato tale, però, ènecessario che esso presenti le caratteristiche merceologiche richieste dal mercato internazionaleper il “crude glycerole” o glicerolo grezzo e che non contenga altre componenti non chiaramenteidentificate ed estranee al processo originale di produzione. Non esistendo una definizionemerceologica del glicerolo grezzo per uso energetico, ci si potrebbe riferire per similitudine alglicerolo grezzo per uso alimentazione animale, come definito dal catalogo europeo degli alimentizootecnici (00475-EN). Tale assimilazione non pare giuridicamente rilevante ma potrebberappresentare un elemento di forte cautela per gli <strong>impianti</strong> a <strong>biogas</strong>.Ai sensi dell’Allegato IV, Capo IV, Sezione III, punto 2 lett. b3 del Reg. 142/2011/CE anche ilglicerolo prodotto a partire da sottoprodotti di origine animale di categoria 1, 2, 3 ai sensi del Reg.1069/2009/CE possono essere utilizzati per produrre glicerolo per <strong>impianti</strong> a <strong>biogas</strong>.Tracciabilità: E’ necessario poter risalire al produttore primo del glicerolo (impianto di biodiesel oimpianto chimico di trans esterificazione di oli vegetali o animali) ed il commerciante deve quindirilasciare opportuna documentazione in merito.Composizione: Per garanzia dell’utilizzatore è opportuno che il materiale non abbia subito ulterioritrasformazioni dopo la produzione ed in tal caso che ci sia una chiara evidenza delle trasformazionisubite.Il glicerolo è virtualmente privo di Azoto. Produce molto gas e non produce digestato. Materialeconcentrato. Riduce i costi di movimentazione e spandimento.Il prezzo è molto variabile. Per essere conveniente non deve superare 3,5 volte il prezzo delsilomais. Va stoccato in serbatoi riscaldati. Andrebbe immesso direttamente in digestore. Nelglicerolo prodotto da grassi animali o olii vegetali esausti lo zolfo può essere molto alto.Il glicerolo di dubbia provenienza e con analisi molto difformi da quella standard potrebbe connotarsicome rifiuto e potrebbe essere stato miscelato con sostanze ignote.Accertarsi con cura della provenienza e delle caratteristiche del materiale.Il glicerolo grezzo ottenuto da <strong>impianti</strong> di biodiesel contiene ordinariamente:glicerina > 75% Metanolo < 0,5% Ceneri < 5% Acqua < 10%MONG < 1-1,5% Zolfo < 0,5% Grassi: 0,5-5%(MONG=Materiale Organico Non Glicerolo)Il glicerolo è virtualmente privo di azoto. Residui azotatipossono essere contenuti nel MONG, specialmente acausa di frazioni proteiche residue dagli olii vegetali oanimali impiegati nella sua produzioneAzoto apportatoKg N / MWhe 0,1


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011FARINA GLUTINATA DI MAISFGMDefinizioneCaratteristiche chimicofisicheResa in gasClassificazione normativaRequisiti essenzialiVantaggiCriticitàRischiAnalisi tipoLa cosiddetta “semola di mais” rappresenta la parte più esterna della cariosside di mais, separatameccanicamente in ambiente umido dall’amido.Essa viene di norma prodotta da stabilimenti industriali finalizzati alla produzione degli amidi erappresenta, quindi, un sottoprodotto della suddetta lavorazione.E’ un materiale di norma non essiccato, con sostanza seccaintorno al 40-50%. Si presenta come una pasta di coloregiallognolo biancastro. E’ composta per la maggior parte difibra con importanti residui in amido. Contiene significativeproteine, Sali minerali.Viene ottenuta durante il processo di molitura ad amido delmais.Il glicerolo puro può produrre fino a 1000 m 3 /t di <strong>biogas</strong>.MED Max MinOrdinario: 800 m 3 /t sulle glicerine grezze da biodieselSMeq(miscele)1,5 2,2 1La semola è un materiale certamente impiegabile negli <strong>impianti</strong> <strong>biogas</strong> ma si pone al limite fra laclassificazione del prodotto e quella del sottoprodotto. Per cautela si suggerisce di impiegare talemateriale secondo le modalità previste per i sottoprodotti. La semola di mais è inserita nel catalogoeuropeo degli alimenti zootecnici.La farina glutinata di mais è quotata sul listino della Associazione Granaria di Milano(http://borsa.granariamilano.org) e di altre borse.Essa è normalmente impiegata per l’alimentazione animale e per altri impieghi alimentari, per cuinon si ravvisano controindicazioni sanitarie o ambientali per il suo impiego negli <strong>impianti</strong> a <strong>biogas</strong>.Tracciabilità: E’ necessario poter risalire al produttore primo del materiale. L’eventualecommerciante o intermediario deve quindi rilasciare opportuna documentazione in merito.La semola di mais è un prodotto disponibile sul mercato, con buone caratteristiche di produttività edè facilmente movimentabile. E’ un prodotto concentrato che apporta molta energia per tonnellata.La semola è fornita, in genere, ad un elevato grado di umidità. Per questo motivo può presentareproblemi di conservabilità. L’elevato tenore proteico implica un alto apporto di azoto ed un rischio dielevato apporto di zolfo, essendo questo elemento più concentrato rispetto ad altre frazioni del mais(es. silomais, pastone ecc).L’uso del materiale non comporta rischi specifici a meno che, per difetti di conservazione o altriproblemi, possa configurarsi come rifiuto.La farina glutinata di mais presenta, in genere, le seguenti caratteristiche chimiche:S.S. > 40% Proteina > 8,5 % tq Amido: 5-15 % tq Grassi: 1-2 % tqFibra gr. :15-20 % tq Ceneri: 3-8 % tqApporto di azoto nelladietaLa semola di mais è un prodotto ricco in proteina equindi in azoto. Apporta più del doppio dell’azotorispetto al silomais a parità di energia fornita. Il titolo inazoto va da 13 a 25 kg/t tq in base al tenore proteico.Azoto apportatoKg N / MWhe 2031


<strong>Guida</strong> tecnico normativa sul <strong>biogas</strong> – Q. 1/2011Rev. 1.07 – Agosto 2011PULA DI RISOPLRDefinizioneCaratteristiche chimicofisicheResa in gasClassificazione normativaRequisiti essenzialiVantaggiCriticitàRischiAnalisi tipoSottoprodotto ottenuto dalla prima pulitura del riso greggio (primi tre passaggi di sbiancatura). E'costituito da pellicole argentee, da particelle dello strato aleuronico, dalla mandorla farinosa e daigermi.La pula vergine è considerata tale quando il suo contenutoin silice non supera il 2,5% della s.s. La ricchezza d'acidigrassi insaturi, in particolare di acido linoleico, rende ilprodotto facilmente soggetto a processi d'irrancidimento; ilrapporto Ca/P è fortemente sbilanciato a favore del P.La pula commerciale contiene quantità superiori di lolla chene innalzano il contenuto di fibra grezza e di silice a scapitodel valore nutritivo.La pula presenta una buona resa in gas.SMeqMED Max Min2 2,4 1,2La pula può essere considerata prodotto o sottoprodotto ma considerando la normale prassicommerciale che la vede quotata sui listini mercantili delle zone di produzione e sulle riviste disettore, si propende normalmente per la sua classificazione a prodotto. La pula è inserita, inoltre, nelcatalogo europeo degli alimenti zootecnici dal 17/12/2010 al cod. 01038-IT.L’impiego negli <strong>impianti</strong> a <strong>biogas</strong> è certamente consentito, qualora comunicato o autorizzato,rispettando le normali prassi commerciali (bolle di accompagnamento, fatture, ecc).Tracciabilità: E’ necessario poter risalire al produttore primo del materiale. L’eventualecommerciante o intermediario deve quindi rilasciare opportuna documentazione in merito.La pula è un prodotto disponibile sul mercato, con buone caratteristiche di produttività ed èfacilmente movimentabile. E’ un prodotto concentrato che apporta molta energia per tonnellata.La ricchezza d'acidi grassi insaturi, in particolare di acido linoleico, rende il prodotto facilmentesoggetto a processi d'irrancidimento. Per questo motivo può presentare problemi di conservabilità.L’elevato tenore proteico implica un alto apporto di azoto ed un rischio di elevato apporto di zolfo,essendo questo elemento più concentrato rispetto ad altre frazioni del riso.L’uso del materiale non comporta rischi specifici a meno che, per difetti di conservazione o altriproblemi, possa configurarsi come rifiuto.La pula di riso presenta, in genere, le seguenti caratteristiche chimiche:MaterialeS.S. Proteina Amido Silice Ceneri% tq % tq % tq % tq % tqPula vergine 87-90 12-15 4-6 < 2,5 8-9Pula commerciale 87-90 14-16 15-25 2,5-5 8-10Apporto di azoto nelladietaLa pula di riso è un prodotto ricco in proteina e quindi inazoto. Apporta più del doppio dell’azoto rispetto alsilomais a parità di energia fornita. Il titolo in azoto vada 18 a 22 kg/t tq in base al tenore proteico.Azoto apportatoKg N / MWhe 2132

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