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Bollettino di Studi Sardi, II, 2009

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128 FIORENZO TOSOmarittimi <strong>di</strong>retti (peraltro <strong>di</strong>fficilmente immaginabili allo stato attuale) tra laMaddalena e i porti corsi posti a nord <strong>di</strong> Bonifacio.Come che sia, il maddalenino con<strong>di</strong>vide con l’area corsa un <strong>di</strong>screto numero <strong>di</strong>ligurismi variamente rappresentativi e variamente databili, in qualche caso caratterizzatida un’effettiva <strong>di</strong>ffusione sull’intera isola maggiore, in altri presenti soltantoin alcune subaree, non necessariamente prossime alle Bocche: basterà quicitare voci come ancassà “meno male che”, ban<strong>di</strong>retta “ventaglio”, barconu “finestra”,bazzì(nu) “catino, bacile”, bolentinu “tipo <strong>di</strong> lenza”, bonadonna “levatrice”,brummézzu “esca da gettare in mare” e brummizzà “gettare in mare l’esca”, camallà“trasportare pesi sulle spalle” e camallu “facchino”, camujina “varietà <strong>di</strong> pera”, catucciu“orinale”, cernégghju e ciarnegghju “setaccio”, chjappuzzu “inetto”, ciàttu“pettegolezzo”, ciattulà “spettegolare” e ciàttula “pettegola”, cuffa “grossa cesta”,fangóttu “fagotto”, frusgéttu “nastro, fiocco”, futta “stizza, rabbia”, garbusgiu “cavolocappuccio”, gottu “bicchiere”, grattarina “grattugia”, impi<strong>di</strong>ta “incinta”, incallatu“azzardato”, lacertu “sgombro”, lerfiu “labbro grosso”, lerfió “labbrone”, liccia“fortuna”, lizzinu “cor<strong>di</strong>cella sottile per le reti”, lunetta “ugola”, mangónu “blatta,scarafaggio”, masca “guancia, gota”, mìsuru “velo da testa”, muraddha “muro ingenere”, murscellu “filo <strong>di</strong> corda”, parpélla “palpebra”, partusu “buco”, patansciu epatanciu “affanno” e patancià “ansimare”, puntarò “spillo”, scusali “grembiule”,sghindà “evitare, sgusciare, deviare”, spanticà “<strong>di</strong>struggere”, stacca “tasca”, stacchitta“bulletta”, stracquatu “restituito dal mare”, stralabbiu “strampalato”, sugu“amido” e insugà “inamidare”, taccu e taccatu “puntello <strong>di</strong> legno per sostenere lebarche”, tisuri “forbici”, trugnu “maturo, pieno, grosso, prosperoso”, zembu “gobbo”,zérru “smaride” e così via.Una rassegna <strong>di</strong> questo tipo (tutt’altro che esaustiva) richiederebbe anche unaricognizione più puntuale sulla <strong>di</strong>stribuzione del lessico d’origine genovese inCorsica, perché allo stato attuale non si può escludere che ciò che appare documentatoad esempio in Balagna o a Bastia abbia in realtà (o abbia avuto in passato)una <strong>di</strong>ffusione maggiore. Se poi assumiamo la possibilità che Bonifacio si configuricome uno dei centri <strong>di</strong> irra<strong>di</strong>azione del lessico genovese nella Corsica meri<strong>di</strong>onale(e da qui nella Corsica in generale), i genovesismi <strong>di</strong> subarea genericamentecorsa meri<strong>di</strong>onale presenti anche in maddalenino – anche quando fosseroassenti nel bonifacino attuale – non consentono <strong>di</strong> <strong>di</strong>segnare correnti linguisticheparticolarmente eccentriche rispetto alla storia del rapporto storico privilegiatotra bonifacino e (proto)maddalenino. In quest’ottica, inoltre, andrebbe anche tenutoconto della possibilità che l’occorrenza <strong>di</strong> uno stesso genovesismo in maddaleninoe in bastiaccio, ad esempio, attenga meno a una storia <strong>di</strong> contatti <strong>di</strong>rettiche <strong>di</strong> autonome assunzioni dal centro genovese: da questo punto <strong>di</strong> vista, è i-struttivo osservare ad esempio che il maddalenino con<strong>di</strong>vide una serie importan-

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