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Bollettino di Studi Sardi, II, 2009

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La parlata interferenziale della Maddalena: aspetti del lessico 123gli abitanti <strong>di</strong> Moneta, chiamati ironicamente Mighelò per riprendere una locuzionegenovese ricorrente (“io ce l’ho”) che doveva suonare particolarmente insolitarispetto alla forma isolana ghjè ghi l’agghju. 12 Non<strong>di</strong>meno, il processo <strong>di</strong> trasfusione<strong>di</strong> questa varietà nella parlata <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione locale 13 dovette essere inqualche misura favorito dall’emergere, nell’impianto fondamentalmente corsogalluresedel vecchio maddalenino, della componente antico-genovese a suotempo assunta dalla parlata dei primitivi abitanti originari del Piali bonifacino.Le stratificazioni dell’apporto ligure in maddalenino sono in parte ancora leggibiliattraverso le caratteristiche fonetiche e morfologiche che contrad<strong>di</strong>stinguonoalcuni esiti vistosi: se alla fase dell’influsso del bonifacino sul <strong>di</strong>aletto corsomi pare lecito ascrivere alcuni tratti ‘profon<strong>di</strong>’ e sostanziali <strong>di</strong> liguricità, alla fasedell’immigrazione ottocentesca si dovrà fare risalire invece un più corposo patrimoniolessicale che, integrato con più ridotti apporti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa provenienza(campana, siciliana e toscana in primo luogo) 14 determina oggi più che mai la percezione<strong>di</strong>ffusa del <strong>di</strong>aletto isulanu come varietà ‘mista’ nella quale si integrinoessenzialmente elementi sartenesi, galluresi e genovesi.Ho già de<strong>di</strong>cato alcune considerazioni alle vicende legate all’adozione del pronomee avverbio <strong>di</strong> origine ligure ghi in alcune parlate corse e peri-corse, compresoil maddalenino, 15 e non ritornerò sull’argomento se non per riba<strong>di</strong>re comel’assunzione <strong>di</strong> un tratto morfologico così significativo da parte della parlata corsadestinata a essere trasferita alla Maddalena fino a <strong>di</strong>ventare il primitivo nucleodell’attuale parlata isulana, postuli <strong>di</strong> per sé anche l’affermazione <strong>di</strong> altri elementiliguri, sul modello <strong>di</strong> quanto è stato possibile ricostruire per la parlata <strong>di</strong> Ajaccio.16Di questa componente ligurizzante del ‘proto-maddalenino’ sopravvivono alcuneevidenze nel <strong>di</strong>aletto attuale, come nel caso <strong>di</strong> aizzà “alzare”, che va con la12Ibid.13La tra<strong>di</strong>zione locale attribuisce tuttora <strong>di</strong>fferenze sensibili <strong>di</strong> pronuncia e intonazione alla parlata delcentro citta<strong>di</strong>no rispetto a quella della Moneta (come del resto <strong>di</strong> altri quartieri), ma non pare che sussistano,oggi come oggi, sostanziali <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> fonetica, morfologia, sintassi e lessico.14Variamente legate a queste provenienze appaiono ad esempio voci come bindulu “vispo”, inticchja “unpo’, piccola parte, pochino”, marruffu “nassa, vivaio per le aragoste” (penetrato anche in tabarchino nellaforma barüffu, cfr. F. TOSO, Dizionario etimologico storico tabarchino, I: A-C, Recco-U<strong>di</strong>ne 2004, s.v.), rezza “reteda pesca”, meri<strong>di</strong>onalismo quest’ultimo affermatosi lungo gran parte delle coste sarde, sia in campidanesee logudorese che in tabarchino.15Cfr. F. TOSO, Il pronome e avverbio ghi in <strong>di</strong>aletti corsi e peri-corsi, in «Linguistica», XLV (2005), pp. 259-276,ora in ID., Linguistica <strong>di</strong> aree laterali ed estreme cit., pp. 65-79.16F. TOSO, Alcuni tratti caratterizzanti del <strong>di</strong>aletto <strong>di</strong> Ajaccio, in Circolazioni linguistiche e culturali nello spazio me<strong>di</strong>terraneocit., pp. 173-206, ora anche in ID., Linguistica <strong>di</strong> aree laterali ed estreme cit., pp. 81-101.

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