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Catalogone Topipittori 2012

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PremessaPer quanto possa fare mostra di cinismo e disincanto, non c’èorticultore che manchi di emozione e orgoglio quando dallaterra spunta il germoglio del seme che ha piantato. Perché,come scrive Giulia Mirandola in una delle recensioni chepubblichiamo in queste pagine, «è molto difficile decideredove finisca l’ovvio e si avvii il prodigio.»E anche per noi, che ormai da cinque anni facciamo questo<strong>Catalogone</strong>, è venuto il momento dell’emozione e dell’orgoglio.Il nostro seme, all’improvviso, quasi inaspettatamente, hacominciato a germogliare.Non è solo il fatto che il <strong>Catalogone</strong> si sia rivelato un efficacestrumento di relazione con gli intermediari del libro e dipromozione delle pubblicazioni di Babalibri, la Margherita e<strong>Topipittori</strong>. Questa è indubbiamente la funzione primaria chegli è stata attribuita, fin dal suo primo concepimento. E questaè una funzione che ha svolto egregiamente, accompagnandola crescita di alcune fra le case editrici che meglio rappresentanouna nuova stagione della creatività italiana nell’ambito dellacultura dell’infanzia, guardata con estremo interesse in tuttoil mondo. E crescendo egli stesso, passando da una prima edizionecon una tiratura di settecento copie alle attuali duemilae cinquecento, che temiamo si riveleranno insufficienti.Di non secondaria importanza, ai fini della nostra emozione, èil fatto che a partire dalle ormai cinque edizioni del <strong>Catalogone</strong>abbia cominciato a manifestarsi, quasi per partenogenesi, unnuovo interesse culturale per l’albo illustrato. Sono di recenteo di imminente uscita volumi, monografici o collettanei, dedicatiall’albo illustrato. È significativo che fra i loro autori cisiano Giulia Mirandola, Marcella Terrusi e Ilaria Tontardiniche hanno collaborato, continuano e speriamo continuerannoa collaborare alla redazione di questo <strong>Catalogone</strong>. E accantoa queste tre persone, che hanno condiviso una parte del loropercorso con noi, in queste nuove intraprese editoriali ne sonocoinvolte molte altre, con le quali, in diversi contesti e per diverseragioni, abbiamo a lungo e approfonditamente discussodella rilevanza dei temi legati all’illustrazione e all’albo illustrato,incontrando, dapprincipio, anche qualche resistenza.Quando le abbiamo presentato il primo <strong>Catalogone</strong>, uscitonel 2007, un’amica libraia ed esperta di letteratura per l’infanziae illustrazione ci domandò: «Ma perché non lo fatepagare?» L’idea di far pagare un oggetto nato con finalitàpromozionali, benché coniugate a obiettivi formativi e informativi,non ci sfiorava nemmeno. Eppure, ci spiegaval’amica: «È l’unica pubblicazione che esista sugli albi illustrati.La comprerebbero tutti.»Esattamente dalla consapevolezza di una vistosa carenza culturaleè venuto l’impulso alla realizzazione del <strong>Catalogone</strong>: dialbi illustrati non si parlava abbastanza. E se se ne parlava, losi faceva spesso in modo non organico, ma rapsodico, casuale,e spesso relegando prodotti intellettuali di estrema raffinatezza,destinati a un pubblico altrettanto raffinato ed esigente(i bambini, per intendersi), a un concetto di libro illustratolegato a schemi desueti. A questo approccio, insufficiente aesaurire una materia quanto mai complessa e ricca, vincolatoa un punto di vista sorpassato, o quantomeno fortementebisognoso di rinnovamento comincia finalmente a subentrarneuno più vicino alla migliore produzione critica europea einternazionale, da alcuni anni molto vivace intorno ai temidel picture book, dell’illustrazione, della grafica, del libro toutcourt in quanto oggetto produttore di senso, strumento pedagogicofondamentale nelle esperienze della crescita e dellatrasmissione di cultura ai più piccoli.Siamo orgogliosi all’idea di aver contribuito per la nostra parte– non solo facendo libri, ma facendo sì che dei libri, con unorganico progetto di comunicazione, analisi e informazione,si cominciasse a parlare in modo più consono alle loro qualità,alla loro funzione, al loro spessore – a generare e modellarequesta nuova cultura dell’illustrazione e dell’albo illustrato.


Le autriciGiulia MirandolaÈ nata a Rovereto (TN) nel 1979, si è laureata a Parma inConservazione dei Beni Culturali. Ha lavorato come redattricepresso la casa editrice Ubulibri di Milano e collaboratoalla rubrica cultura e società del portale on-line Osservatoriosui Balcani. Dal 2007, lavora per Hamelin AssociazioneCulturale di Bologna, scrive per le riviste “Hamelin. Storiefigure pedagogia” e “Infanzia”, collabora come ricercatriceiconografica per la casa editrice Zanichelli. Cura questo catalogoper il quinto anno consecutivo.Ilaria TontardiniÈ nata a Pesaro nel 1975. Si è laureata a Venezia in Conservazionedei Beni Culturali, con uno studio sulle sezionididattiche dei musei francesi. Questa esperienza l’ha poiportata a lavorare in Francia presso le Service éducatif delCentre Georges Pompidou. Dal 2001 ha collaborato con iMusei Civici veneziani in particolare alla creazione di percorsididattici e formazione presso il museo di arte modernadi Ca’ Pesaro. Dal 2005, è membro di Hamelin AssociazioneCulturale per cui tuttora lavora. Insegna Storia dell’illustrazionenel biennio di illustrazione per l'editoria dell’Accademiadi Belle Arti di Bologna.


Sommario8121620242832364044INCASTRI MAGICITOPIPITTORI - C’È POSTO PER TUTTIMassimo CacciaISBN: 978 88 89210 73 4LA TENZONEBABALIBRI - CHI È IL PIÙ BUFFO?André FrançoisISBN: 978 88 8362 247 2ALL’ALBA DELL’ALBATOPIPITTORI - CIELO BAMBINOAlessandro Riccioni - Alicia BaladanISBN: 978 88 89210 72 7DOVE FINISCE TUTTO, QUANDO SI SPEGNE LA LUCE?LA MARGHERITA EDIZIONI - DOVE VANNO A FINIRE…?Delphine ChedruISBN: 978 88 6532022«MA L’ANIMA ERA SEMPRE ANIMA DI BESTIE»TOPIPITTORI - FAVOLEEsopo - Simone ReaISBN: 978 88 89210 64 2QUANDO IL BUIO È TANTO BUIOBABALIBRI - GRAT GRAT CIRP SPLASH!Kitty CrowtherISBN: 978 88 8362 238 0RENDERE POSSIBILE L’IMPOSSIBILETOPIPITTORI - I CIGNI SELVATICIHans Christian Andersen - Joanna ConcejoISBN: 978 88 89210 62 8CI VUOLE IL TEMPOLA MARGHERITA EDIZIONI - IL GIOCO DEL TEMPOAlfredo Stoppa - Chiara CarrerISBN: 978 88 86532027LE COSE INTORNOBABALIBRI - IL GRANDE LIBRO DELLE FIGURE E DELLE PAROLEOle KönneckeISBN: 978 88 8362 237 3UN VECCHIETTO E CINQUE ANIMALIBABALIBRI - IL RAFFREDDORE DI AMOS PERBACCOPhilip C. Stead - Erin E. SteadISBN: 978 88 8362 248 9VOLO SENZA MAPPATOPIPITTORI - IL VIAGGIO DI UNA STELLAGiovanna Zoboli - Marina Del CinqueISBN: 978 88 89210 71 0FRA LA SABBIA DEL DESERTOBABALIBRI - LA SEDIA BLUClaude BoujonISBN: 978 88 8362 239 7UN GIORNO SPLENDIDOTOPIPITTORI - L’OMINO E DIOKitty CrowtherISBN: 978 88 89210 69 7UN SEME, PIÙ UN SEME, PIÙ UN SEME, PIÙ UN SEME…TOPIPITTORI - NOVE STORIE SULL’AMOREGiovanna Zoboli - Ana VenturaISBN: 978 88 89210 61 1IL CEMENTO SULLA SPIAGGIALA MARGHERITA EDIZIONI - L’ONDA BANDITAAlfredo Stoppa - Sonia Maria Luce PossentiniISBN: 978 88 86532029CATALOGO AD ARTEBABALIBRI - PICCOLO MUSEOAlain Le Saux - Grégoire SolotareffISBN: 978 88 8362 025 6ALLA LETTERA PTOPIPITTORI - P DI PAPÀIsabel Minhós Martins - Bernardo CarvalhoISBN: 978 88 89210 63 5IL LIBRO LENTO DELLE STAGIONITOPIPITTORI - PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO INVERNOPittau & GervaisISBN: 978 88 89210 70 3I LIBRI DI STEPHANIE BLAKEBABALIBRIAAAAH! DAL DENTISTA NO! ISBN: 978 88 8362 234 2CACCAPUPÙ ISBN: 978 88 8362 131 4FACCIAMO CAMBIO? ISBN: 978 88 8362 245 8NO, NIENTE NANNA! ISBN: 978 88 8362 220 5NON VOGLIO ANDARE A SCUOLA ISBN: 978 88 8362 160 4PAPPAMOLLA ISBN: 978 88 8362 174 1PIDOCCHI! ISBN: 978 88 8362 198 7SUPERCONIGLIO ISBN: 978 88 8362 132 1UNA STORIA DI TANTITOPIPITTORI - QUANTI SIAMO IN CASAIsabel Minhós Martins - Madalena MatosoISBN: 978 88 89210 65 948525660646872768088


TOPIPITTORIINCASTRI MAGICIAnimali: sono loro i protagonisti di C’è posto per tutti. Vanno verso il diluviouniversale, in processione laica, con un grado di discrezione e self control a cuitutti dovremmo imparare a ispirarci nei momenti più difficili.C’È POSTO PER TUTTIdi Massimo CacciaCollana: AlbiAnno di pubblicazione: 2011Pagine 32 in formato 21 x 32ISBN: 978 88 89210 73 4euro 16,00Gli affezionati di Ninna nanna per una pecorella speravanodi rincontrare presto gli occhi tondi degli animali di Caccia.Fortunatamente è successo con un libro che di bestie ne hatante, C’è posto per tutti. Racconta, senza parole, una storiaantica, nota agli adulti e all’infanzia anche solo per sentitodire: quella dell’arca di Noè. L’autore quando “scrive” si affidaal solo potere delle immagini, una decisione connaturataall’abilità di Caccia di staccarsi dalle traversie del linguaggioscritto e fare a meno delle parole. Non è da tutti depositaresegni e colori in luogo di sostantivi, aggettivi, verbi e punteggiatura,affidare la propria voce a personaggi e paesaggidisegnati e dipinti e riuscire con ciò a comunicare. Raccontaresecondo questa modalità – via magistralmente battutada numerosi autori del presente e del passato, da Saul Steinberga Komagata, da Iela e Enzo Mari a Rotraut SusanneBerner, da Mitsumasa Anno a Joëlle Jolivet, da Jörg Müller aIstvan Banyai, e si potrebbe continuare – è la dimostrazioneche, a saperle usare, possiamo comportarci con le immaginicome con le parole, pronunciare discorsi senza l’uso di particelleverbali, omettere lettere se le figure riescono a descrivere,contestualizzare, commentare, tratteggiare atmosfere ecaratteri, e perfino inveire, per conto loro.La forza persuasiva delle immagini di questo libro è il risultatodi alcune scelte autoriali nette, che i bambini, piccoli epiccolissimi, percepiscono e apprezzano prima che venganodate loro istruzioni su questo e quello (cosa che li irrita terribilmente,se stanno cercando, proprio in quel momento,di leggere da soli). Fornire qualche spiegazione agli adulti,invece, evita di abbandonarsi passivamente all’idea cheun libro senza parole sia un libro “a metà”. Pensiamo all’usodi colori privi di sfumature 1 e all’ampia gamma cromatica;all’abitudine di contornare le figure, come faceva Attilio,come fa Altan, con uno deciso segno nero, entro cui ciascunanimale è perfettamente compiuto, vive nel proprio ambiente,nome, famiglia; alle curve con cui terminano i profili dizampe, gusci, musi, orecchie, spezzate, solo quando serve,da spigoli appuntiti 2 ; alla tripartizione della doppia pagina:il cielo, in alto; la terra, al centro; una fascia bianca in basso,per prendere appunti; alla possibilità di leggere l’immaginein verticale oppure in orizzontale; alle variazioni espressive,giocate con pupille ora perfettamente al centro del globooculare, ora ruotate a sinistra, a destra, in basso, in alto; albianco continuo (mentre colori e forme sono dinamici) inseritoper accogliere scritture e coloriture dei lettori o rimanerevuoto, a piacere; l’opzione di far cominciare o terminarealcuni animali in corrispondenza della fine della pagina percontinuare in quella successiva (o precedente, a seconda dicome si sfoglia il libro). Troppi elementi significanti, troppapropensione locutoria (seppur per sottrazione), troppe emozionie humour per poter far coincidere l’assenza della parolascritta con l’assenza di storie.Animali: sono loro i protagonisti di C’è posto per tutti. Si sonolasciati alle spalle chissà quanti chilometri e giorni, regionipolari, savane, foreste temperate e tropicali, ghiacciai, montagneinnevate, deserti, albe, crepuscoli, nottate, per arrivarefin qui, alla bocca dell’arca, per tentare adesso di salvarsi.Vanno verso la catastrofe annunciata, cioè il diluvio universale,in processione laica, non a coppie 3 , come vorrebbe latradizione, ma a singoli. Hanno l’aria che hanno: un po’ preoccupata,un po’ assonnata, molto concentrata, di nessunosi può dire che sia rassegnato all’apocalisse. La sventura cheincombe sui loro passi – se fossero umani del <strong>2012</strong>, verrebbeda immaginarli trafelati, suscettibili di smorfie deformantie imprecazioni disarticolate al minimo alito di vento – è dissimulatacon un grado di discrezione e self control a cui tuttidovremmo imparare a ispirarci nei momenti di disperazione.Tanta è la comprensione per la precarietà del loro stato,quanta è la stupefazione e la tenerezza di fronte all’eleganzae alla compostezza con cui ciascun animale contrasta l’angosciae attende il proprio turno. Ciascuno è fermo e al tempostesso in moto perpetuo. Prevale un certo senso pratico sullafretta di prendere posto come capita (perfino dentro l’arcaregna un caos ordinato). Per questo, prima si fa spazio ai8 9123C'è posto per tutti


TOPIPITTORI45pesi massimi, poi a tutti gli altri, in progressione discendente.In pagina, però, il discorso è rovesciato: chi è destinatoad arrivare in coda compare per primo. Ci sono le formiche,le zanzare, la coccinella, i lombrichi, le api, le libellule 4 , lacavalletta, le rane verdi, le farfalle, la mantide, il gerbillo, loscoiattolo, le tartarughe, il camaleonte, l’armadillo, l’orice, ilgufo, il pipistrello, la colomba, il corvo, la iena, il tucano, ilcanguro, l’armadillo, il formichiere, il panda, il cinghiale, lacicogna, l’airone, lo struzzo, il rinoceronte, le giraffe, gli elefanti,più tutti gli animali fantastici, sommati a quelli che ilettori vorranno disegnare negli spazi bianchi o direttamentenelle illustrazioni: pinguini imperatori, cigni reali, fennec,ippocampi, tritoni, cervi volanti, gnu, galli cedroni, zebre,gorilla, balene, coralli. Saranno contenti di questo bestiariogli amanti della zoologia e dell’etologia.Cosa c’è di diverso tra questo scenario e quello dell’imbarcodi una nave di linea o da crociera? Cosa aspettano di vedereo di fare gli animali di Caccia e cosa i turisti diretti, in estate,in Croazia, in Grecia, in Sardegna, alle Eolie? Esercizi dicomparazione, a partire da C’è posto per tutti, se ne possonofare diversi, meglio se in situazioni di gruppo. Provate ariflettere su quanto appare diversa l’interpretazione dell’episodiobiblico negli acrilici di Caccia, da quella affrescata cinquecentoanni fa da Michelangelo sulle volte della CappellaSistina. Quanto è attenuata, in C’è posto per tutti, la visionedrammatica ed eroica impressa sui corpi michelangioleschi.Che sonorità diversa ha la medesima eco nelle lande di C’èposto per tutti e in quelle del diluvio barocco. Farà effetto suilettori ritagliare da una riproduzione dell’affresco una figurae inserirla vicino a uno degli animali del libro. Che è poi ilprincipio del fotomontaggio dadaista.C’è posto per tutti è un esempio antiretorico di convivenza riuscita.Quando stare uniti è un vero rompicapo, soggetti traloro molto diversi, come qui, trovano nel tangram la perfettasoluzione. La geometria diventa il linguaggio per parlare lababele delle lingue e stringere incastri magici. Grazie all’intelligenzadelle forme, i piccoli e i grandi, i morbidi e i duri,i molli e i rigidi, i grossi e i sottili, gli aperti e i chiusi, glistorti e i dritti, i leggeri e i pesanti, i caldi e i freddi eccetera 5 ,si fanno compagnia e socializzano. Anche perché il viaggioche si profila, dopo l’ultima pagina potrebbe essere infinito:perciò, meglio portarsi rispetto e volersi un po’ bene.Fin dal titolo, in verità, i lettori respirano l’aria che si respiranei luoghi accoglienti. Fateci caso. Nella realtà non è semprecosì, specialmente dove si è tanti, cioè nei luoghi pubblici:scuole, ospedali, uffici postali, musei, cinema, teatri, biblioteche,bar. Cosa rende gradevole o sgradevole un ambiente?C’è posto per tutti è un’esperienza di lettura indicata a chi volessecostruire un percorso didattico sull’estetica del brutto edel bello e sul design.I risguardi finali sono un colpo di teatro 6 e un omaggioalla serie dei Sedici Animali progettati da Enzo Mariper Danese (tutt’oggi in produzione, purtroppo a costi proibitivi)e collegati a un libro di disegni in bianco e nero, senzaparole, intitolato L’altalena (Corraini). Chi è attrezzato perfarlo, potrebbe ampliare la lettura di C’è posto per tutti conun laboratorio di falegnameria dove fabbricare gli animali diCaccia, secondo il principio degli incastri, e ottenere infineun’arca-gioco vera. Con altre tempistiche e materie prime,ma secondo il medesimo principio dell’alternanza tra positivoe negativo, animali e arca possono essere “ridisegnati” sufogli di pasta frolla e diventare biscotti da esposizione o damerenda. Spero stiate già pensando al burro. [G.M.]UN LIBRO PER:• leggere il racconto biblico dell’arcadi Noè dal punto di vista degli animali• fare comparazioni tra l’esperienzadell’imbarco degli animali di Cacciae quella dei turisti contemporanei• raffrontare fra loro le illustrazionidi Caccia, una riproduzione del Diluviodi Michelangelo e altre arche dellastoria dell’arte, per notare differenze• approfondire la conoscenza dellazoologia• osservare un esempio riuscitodi convivenza e citarne altri• fare un esercizio di traduzionea partire dai nomi degli animaliche compaiono nel libro• disegnare e scrivere nello spaziobianco e negli spazi vuoti lasciatidall’autore• sperimentare fisicamente quantoè diverso stare alla giusta distanzaoppure tutti schiacciati quando si è tanti10 116C'è posto per tutti


BABALIBRILA TENZONEUn libro vecchio che sembra sempre nuovo, un grande autore di libri per bambini,due uomini buffi che più buffi non si può. Una corsa fra le pagine, spericolatae divertente, per giocare con ciò che è eccessivo, ridicolo, divertente.CHI È IL PIÙ BUFFO?Testo e illustrazioni di André FrançoisTraduzione di Cristina BrambillaCartonato 40 pagine a coloriFormato 25 x 20 cmISBN 978 88 8362 247 2Euro 12,001Non si indica con il dito. È una regola del bon ton che a tuttii bambini viene ripetuta da madri attente e padri solerti.Se questa preoccupazione è viva in voi, siete capitati davantiad un libro altamente diseducativo. Due dita puntate «l’unacontro l’altra» come due pistole, sono la copertina di questolibro, Chi è il più buffo? 1 . Chi sia in effetti il più buffo èdifficile a dirsi. Si fronteggiano due personaggi, uno stranoometto con la faccia a luna e un altro con la testa tonda comeuna palla. Uno ha un cappello a cono, l’altro una bombetta,uno è ciccione, l’altro è bassetto, uno è tutto grigio e nero,l’altro è arancione e color fragola. Fin dall’inizio l’autore cichiama ad arbitrare una partita fra due soggetti che sicuramentenon si troveranno mai d’accordo (e a cui poco interessal’arbitraggio del lettore). L’uno si rivolge all’altro: il piùbuffo sei tu! No sei tu!La prima volta che questo libro compare nelle librerie è il1970; esce negli Stati Uniti, ma quasi contemporaneamentearriva anche in Italia, per i tipi della Emme Edizioni.Dell’eredità ricchissima e tuttora all’avanguardia di questastorica casa editrice, Babalibri sta ormai da diversi anni ripubblicandouna selezione di titoli (valga per tutti l’operazionefatta con il corpus delle opere di Iela Mari o i grandiclassici di Sendak e Lionni). Chi è il più buffo? compie quarantadueanni ma sembra conservare lo spirito di un ragazzinoa cui viene troppo da ridere. Forse lo stesso di cui moltiparlano ricordando la figura di André François, uno deipiù importanti artisti del secolo scorso; nato come AndreasFrakas a Timinsoara (all’epoca ancora ungherese) nel 1915,naturalizzato in Francia, François ha attraversato e vissutotutti i domini e le esperienze dell’arte, dalla pittura all’illustrazione,dalla pubblicità al libro per bambini, dalla graficaalla satira, dalle affiches alle copertine, mantenendo intattouno spirito curioso e attento a cogliere i dettagli significativi,capace di mantenere un equilibrio sempre perfetto fratenerezza e chirurgica sagacia, che procedono a braccettocome due facce opposte di una medaglia (come la luna e ilsole verrebbe da dire). Poco noto in Italia, se si eccettuanola prima edizione di questo libro e Il piccolo Marroncini diIsobel Harris, edito da Einaudi nella collana Tantibambininel 1972, François si caratterizza per una cifra stilisticagraffiante e fisica, che utilizza sia che parli agli adulti o aibambini, senza differenze. A questi ultimi dedica storie perfettenella loro costruzione di immagini e parole: libri comeLes larmes du crocodile, storia di un’espressione linguistica (lelacrime del coccodrillo, appunto) raccontata attraverso unlungo ed esotico viaggio dentro un cassone a forma di alligatoree un libro che aperto è lungo quanto questo rettile steso;o Les rhumes, manualetto farmaceutico in cui il raffreddoreviene identificato con una strana bestiola dal naso lungo inuna sequenza di gag buffe e surreali.Chi è il più buffo? è, a tutti gli effetti, una «singolar tenzone»fra due strampalati cavalieri, il signor Pulcinella e il signorPu. I due si presentano, a una certa distanza, come in unduello. La sfida si conduce a parole con l’obiettivo di dimostrarel’uno all’altro chi è il più buffo, in un crescendoperò dove le situazioni si confondono spesso e dove la ridarellasembra prendere il sopravvento sul civile confronto.E a «chi la fa più grossa» che giocano Pu e Pulcinella, somministrandoal lettore un crescendo di piccole follie e di dimostrazionie esibizioni 2 . Provate a lanciare la stessa sfidain una classe o in un gruppo di bambini: l’idea di quello chepotrebbe accadere ci fa quasi venire la pelle d’oca. Sì, perchéa voler vincere una gara di buffonaggine, si può fare di tutto.Si usa il proprio corpo oltre tutti i limiti possibili (in equilibriosulla pancia o sul naso), si esasperano i propri difetti, ci si contorcein smorfie impensabili, ci si colora, ci si spoglia, si canta,ci si agita o si sta immobili, si grida 3 . Il botta e risposta fraPu e Pulcinella (che poi dei buffoni è uno dei rappresentantiper antonomasia) non è scomposto né sguaiato, segue un ritmoda metronomo quasi british, che già dice che non avremoun vincitore. Solo un sequenza continua di io e tu – tu e io.I due personaggi hanno corpi sgraziati accentuati dal disegnodi François che sembra molto interessato alla bruttezza,12 1323Chi è il più buffo?


BABALIBRI456alla goffaggine: Chi è il più buffo? si oppone a tutti gli stereotipidelle immagini che andrebbero «somministrate» aibambini 4 . La deformità è più interessante, ha tanti lati daindagare, dall’espressività alla fissità dei profili di Pu e Pulcinella(che sono sempre rappresentati uno di fronte all’altro,con questa prospettiva). Anche la parola ha un peso nel contrasto:«Io sto immobile come un burattino». «E io vado algaloppo con il cavallino». «Io cammino sul soffitto e ti vedoa gambe in su». «E io rimango bello dritto e ti vedo a testain giù». Può la rima rientrare in una sfida di buffonaggine?François dice di sì.Quando Pu e Pulcinella constatano che è impossibile arrivaread una chiara supremazia, forse troppo presi dal lorodivertimento, si accorgono che il mondo continua oltre laloro diatriba. Così l’autore inserisce un terzo personaggioche segna la svolta nel racconto. È un piccolo stratagemma,un gioco di specchi in cui Pu e Pulcinella incontrano undrago a due teste, una testa sveglia e una testa addormentatae russante 5 . Il drago è come una possibilità al cubo di divertimento:«Io sono il signor Pulcinella. Io sono il signor Pu.E per essere un drago sei buffo anche tu!» L’autore riproducela composizione delle pagine precedenti: due personaggidi profilo su una pagina guardano due facce di profilo sull’altra…L’inizio di un altro susseguirsi di capriole e stranezze,di risate da far staccare i piedi da terra, tanto che il lettorequasi lo pregusta. Invece un drago è un drago, è suscettibilee sputa fuoco, e senza tanti salamelecchi si mangia Pu ePulcinella, uno per testa. Vediamo i due malcapitati ingoiati,in una buffa maniera: dalle fauci del drago escono unatesta verdognola e una arancio, quasi che Pu e Pulcinella sifossero infilati dentro ad un costume gigante, un costume dadrago bitesta, per non interrompere l’escalation del gioco 6 .Infatti così è: calzati i due cappelli (non mangiati, un cappellosi sa, è ben indigesto), una testa si rivolge all’altra con farebeffardo: chi è il più buffo adesso? Si potrebbe continuare, civiene suggerito, all’infinito, dal piccolo del proprio specchioin bagno alle sfere celesti: nell’ultima pagina infatti ci sonouna luna Pulcinella e un sole Pu, con un piccola stella accanto.Le stella è come il lettore, un osservatore che ha percorsole gag di tutto il libro.Robert Delpire, storico editore francese di François e sodaledi una vita, raccontava così una visita allo studio dell’autore:«E poi improvvisamente vi salta agli occhi un trattoche vi sembra troppo forte, una macchia che vi sembraeccessiva, un accordo di masse insolito, come un suono dipiano scordato. È come un altro tempo, un altro mondo.E allora insistete, spingete oltre il vostro sguardo. E questipersonaggi che fanno smorfie, questi calvari dolorosi, questedonne dai seni troppo pesanti e le labbra troppo rosse – se insistete– arriverete a inserirli in un percorso, ammetterete laloro dissonanza, scoprirete le loro somiglianze, e li inseriretein un’opera in perpetuo movimento, senza pace, senza protezione,ad alto rischio». Il rischio che al bambino dovrebbeessere dato di correre. André François ci sprona a ridere.Lo fa senza rassicurare il lettore, anzi spingendolo – ognivolta in una cornice diversa – oltre ciò che è consentito,ad esplorarsi senza finzione. Senza false protezioni se nonquella del divertimento. Puro. [I.T.]Chi è il più buffo?UN LIBRO PER:• scatenarsi a fare cose pazze conil proprio corpo• fare le smorfie• ragionare sugli opposti• parlare di draghi• ridere forte• inventare sfide verbali in rima• capire quando un disegnoè espressivo o meno al di là dello stile• fare un teatrino di Pu e Pulcinella14 15


TOPIPITTORIALL’ALBA DELL’ALBASpetterebbe a oggetti come Cielo bambino tenere a battesimo i lettori nel loroprimo incontro con la parola scritta e la parola dipinta. Un libro di poesie, maanche un libro concerto, un libro teatro, un libro cinema, un libro gioco.12«Alba bell’alba che sali piano, il mare e il cielo si danno lamano». Cielo bambino comincia con questi versi ed elegge ilsorgere del sole a momento creativo per eccellenza anche peril sorgere delle parole e delle figure. A quell’ora, il mondoinizia il viaggio di luce e tempo che accompagna l’umanitàda mane a sera. È così da quando la storia dell’uomo era unabambina appena nata e adesso, che l’universo ha dietro di sémilioni di anni, nulla è cambiato. Di fronte a tanto splendoresolitamente la parola viene meno, se invece ti chiamiAlessandro Riccioni e Alicia Baladan, può accadere di mettersia scrivere oppure a disegnare, può accadere di concepireun libro 1 . Spetterebbe a oggetti come Cielo bambino tenerea battesimo i lettori nel loro primo incontro con la parolascritta e la parola dipinta. L’adesione che Cielo bambinoraccoglie tra i lettori piccolissimi, la si è potuta registrarea pochi giorni dall’uscita del libro, in piazza Torre a Modena,dove Alessandro Riccioni ha letto ad alta voce i suoiversi. Come scrive, Alessandro (ovvero “l’omino tondo chefa impazzire il mondo”, secondo la sua stessa definizione)si comporta: travolge di allegria, gioca con le associazionimentali, si diverte e fa divertire il pubblico che nella praticaquotidiana ha imparato a osservare da molto vicino. Da unavita, infatti, oltre a scrivere, fa il bibliotecario e si reca nellescuole d’infanzia a leggere storie. Come si comporta, scrive:«Prendo una penna, | meglio una biro, | sul foglio biancofaccio un bel giro 2 .| Prendo un colore, | scelgo del giallo, |dentro il mio giro | comincio un ballo. | Sempre più in fretta| vortico intorno | e sbuca un sole | che illumina il giorno!»Il linguaggio che Riccioni e Baladan praticano, cioè la poesia,è lo spauracchio di molti adulti che considerano unlibro di poesie l’esperienza di lettura più elitaria e difficile.Nel libro di cui stiamo parlando, l’infanzia è nelle condizionidi scoprire cos’è la poesia al riparo da pregiudizi e strutturelogiche e grammaticali farraginose e oscure, queste ultimesì ideali per nascondere e confondere il volto della poesia.Il lessico di Riccioni è ripulito da trucchi, ambivalenze, ermetismo.Su queste pagine il nero è nero, il fumo è fumo, ilgessetto è gessetto, lo sporco è sporco, i buchi sono buchi, lapaura è paura, la banana è banana, il sopra è sopra, il sotto èsotto, e via dicendo.«Nero di fumo | senza l’arrosto | nero di seppia | senza aragosta| nero lavagna | senza gessetto | nero di sporco | dentroil cassetto | nero di oggi | senza domani | nero di pianto| senza allegria | nero di tutto | vattene via!»Cielo bambino non è solo poesia: è teatro, quando recitiamoin rima baciata l’ineffabile di un tramonto arancione o di untemporale; è concerto, quando intoniamo sinfonie per pesci oassoli per atmosfera (pioggia a catinelle, ghiacciate, scoppi);è visione, quando valichiamo le voragini del sogno a bordodi leggerissimi involucri volanti 3 o galleggiamo nell’eternitàdi un pensiero espresso a occhi chiusi. Alicia Baladan creamondi paralleli, forte di un passato di scenografa e regista difilm di animazione, discipline in cui costruire scene dal nullae dare il senso di movimento è fondamentale.«Sole che scaldi, che bruci, che scotti, | sole dorato colordei biscotti, | sole che asciughi, che cuoci, che friggi, | nelgirarrosto dei pomeriggi. | Brilla, riluci, sfavilla e risplendi,| se corro all’ombra, tu non mi prendi. | Tu che col buio faisempre a botte, | no, non mi prendi: io ho anche la notte!»La percezione, insieme all’ascolto, si confà alla lettura diquesto libro. «Ciò che percepisco», ha scritto Fabio Pusterla«mi conduce in nuove zone sconosciute, come se l’effettodella percezione non fosse il riconoscimento, ma lo smarrimento:senza smarrimento, del resto, come sperare di trovarequalcosa?» Le illustrazioni di Alicia Baladan sorvolanoprecisamente queste zone interiori, le stesse che hanno suscitatol’avvento di paesaggi sempre al limite tra realismo esurrealismo. «Credo di aver lavorato sulla sensazione,» affermaBaladan in una recente intervista, «ho fatto dei disegnirapidi, come appunti, riferiti alla sensazione che ogni poesiami dava 4 . Tali disegni, presi singolarmente, appaiono persinofuori tema. Di base però, ogni doppia pagina ha quell’appunto,con l’aggiunta di elementi più specificamente legati16 1734Cielo Bambino


TOPIPITTORICIELO BAMBINOdi Alessandro Riccioni e Alicia BaladanCollana: Parola MagicaAnno di pubblicazione: 2011Pagine 32 in formato 20 x 28,5Progetto grafico: Marina Del CinqueISBN: 978 88 89210 72 7euro 14,005a parole e frasi effettivamente presenti nelle due poesie presentiper ogni singola tavola.» Alle sensazioni e alle percezioni,vista la loro importanza sia rispetto alla genesi di testoe immagini, sia rispetto al momento della lettura, potrebbeessere dedicato un esercizio di scrittura a partire da alcuninuclei del testo, per esempio “spinta dal vento”, “spalanca gliocchi”, “sole infuocato”, “buio tremo buio ghiaccio”, “portivestiti di luce e vapore”, passaggi cioè in cui è protagonista lamodulazione dei sensi.«Alza la testa nel buio nero, | sopra la terra c’è un grande mistero.| Spalanca gli occhi, apri la vista, | il cielo buio diventauna pista: | sfrecciano bolidi senza motore, | lasciano soloun fioco bagliore, | strappano il cielo in mezzo alle stelle, |fuggono rapide come gazzelle, | corrono a vanvera, cadonoa mille, | spruzzano oro luce e scintille, | le puoi vedere, manon le senti: | sono le magiche stelle cadenti.»Il cielo, da qualunque prospettiva lo guardiamo, è immensoe immensa è la sproporzione tra i suoi misteri e le nostreverità. Riccioni e Baladan puntano “due punte all’orizzonte”,come è scritto in uno dei testi, e non si lasciano scivolaresotto i piedi l’occasione di colloquiare a tu per tu con l’universo,anche se esso, logicamente, risponde con voce propria,non con corde umane. Con le costellazioni, il vento, le nuvole,la notte, il buio, la luna, il sole, le comete, dialoganoprofessionisti nel campo delle scienze e persone qualunque(indimenticabile, tra questi, Il Signor nessuno di Joanna Concejo,<strong>Topipittori</strong> 2007), fare un elenco di chi si occupa dicieli rende l’idea dell’ampiezza di interessi e competenze chescaturiscono dal cosmo. Pensiamo ai marinai, ai pastori, aifilosofi, agli astronomi, ai metereologi, ai teologi, ai fisici,ai mistici, ai poeti, ai cineasti, agli astrologi, ai compositori,ai pittori, ai pianisti, ai produttori di biscotti, chiunquedi loro, a suo modo, impressionato e sedotto dal disordinearmonico della volta celeste e dagli abiti che indossa.Scoperto questo, viene terribilmente a noia interpellare ilcielo solo per conoscere l’oroscopo o informarsi sulle previsioni.I bambini hanno curiosità profonde che la letturadel cielo alimenta e che Cielo bambino incoraggia a venire insuperficie. Potrebbe essere questo il momento per una gitascolastica in un osservatorio astronomico 5 .«Cielo parola, cielo racconto, cielo di sole, di pioggiae di vento, cielo di luna, di neve e stelle, cielo di pioggiaa catinelle, cielo di fulmini, cielo di lampi, cielo di mare,di terra e di campi, cielo che giri e vieni vicino, cielo poeta,cielo bambino.»Nel Cielo bambino sono protagonisti un bambino, una bambinae un cane. Trascorrono il tempo a giocare, sono abilissiminell’adattare agli scopi del momento tutto quello che trovanosui loro passi. Giocano al teatro 6 , al cavallo a dondolo,agli astronauti, al circo, alle giostre, al carnevale, agli esploratori,infine al gioco dell’oca, inserito per davvero sull’ultimatavola e pronto, con un dado in mano, a cominciare subito 7 .Lo si potrebbe ingrandire su un vecchio lenzuolo attornoal quale riunire anche nonni e genitori, sia nel contesto diuna scuola sia in quello di una festa di compleanno o di unaludoteca. Baladan e Riccioni mettono in pagina ciò che serveper inventare giochi con niente (carta, colori, ago e filo,bastoncini, scatole di cartone, rami d’albero, tessuti, idee) epropongono forme di antagonismo allegre, a basso costo,alla moltiplicazione di “angoli morbidi”, “aree gattonamento”,“LIM (Lavagne interattive multimediali)”. [G.M.]UN LIBRO PER:• preparare un’uscita all’osservatorioastronomico accompagnati daun astrofisico• osservare il cielo durante i suoicambiamenti di luce e descriverli• allestire un grande gioco dell’ocain ludoteca, a scuola, in biblioteca,durante una festa di compleanno• conoscere i nomi delle principalicostellazioni e la loro origine• ampliare un percorso di letturadedicato alla luna• prendere esempio dal grande silenziodel cielo e valutare la possibilità dinon parlare sempre a voce alta• collegare l’esperienza di certi statiinteriori con visioni esteriori legateal paesaggio, alla natura,ai cambiamenti atmosferici• riflettere sui concetti di ripetitivitàe circolarità18 1967Cielo Bambino


LA MARGHERITA EDIZIONIDOVE FINISCE TUTTO,QUANDO SI SPEGNELA LUCE?Un libro con pagine a sorpresa che svelano quello che le cose fanno in nostraassenza; ogni pagina un varco per passare da ciò che si sa a ciò che non possiamovedere, indagando fra le pieghe nascoste e i piccoli miracoli del quotidiano.12Cosa accade alle cose quando escono dal nostro raggio dicontrollo visivo? Un sasso smarrito, un palloncino sfuggitodi mano, il dentino da latte che viene nascosto sotto ilcuscino e l’indomani sparisce, i giocattoli, i vestiti… sonodomande che i bambini, e forse anche gli adulti, si pongonospesso, verso gli oggetti o le persone che si perdono o che permomenti lunghissimi scompaiono alla nostra vista; quandosi spegne la luce, quando si lascia un luogo, quando si chiudeun libro, quando si va via.Delphine Chedru propone per questi interrogativi dellesoluzioni per immagini: una volta aperto, Dove vannoa finire…? presenta una pagina bianca, sulla sinistra, consolo una riga di testo al centro, una domanda su qualcosao qualcuno; a destra, a fianco al testo un’illustrazione chedescrive la situazione da cui la questione ha origine: una bigliache è rimasta intrappolata nello scarico del lavandino,un palloncino che vola libero, un secchiello rovesciato sullabattigia al mare, un lecca-lecca caduto in terra al parco 1 .Per scoprire il destino di queste cose occorre varcare unafrontiera, quella fra ciò che è noto e ciò che non lo è, che sioltrepassa facilmente in questo libro aprendo l’aletta dellapagina con le figure; qui troviamo spesso lo stesso panoramadella pagina precedente ma con la rappresentazione di cosaaccade quando le cose, i luoghi o le persone sono senza di noi.La biglia si trasforma in un pallone da acrobazie per un circofra i tubi, ad uso e consumo degli scarafaggi. Il palloncinoviaggia fino a pianeti lontanissimi, dove viene recuperato daun piccolo extraterreste verde che lo tiene in mano e saluta 2 .Il secchiello con l’ausilio di un lungo filo diventa un’utilemuseruola - lazzo con cui i pescetti poliziotti conduconouno squalo ricercato in galera. Il lecca-lecca a strisce rossee rosa fa palpitare d’amore il cuore di una piccola chiocciolache gli somiglia molto.Ciò che ci circonda non esiste solo perché lo vediamo maesiste indipendentemente da noi. Delphine Chedru lo dicecome fanno i bambini, che non si pongono alcun problemarispetto alla differenza fra oggetti e persone, e plasmano ununiverso quotidiano su queste supposizioni o interrogativi:immaginarsi cosa fanno i giocattoli in assenza del loroproprietario, cosa accade alla maestra dopo aver salutatogli allievi che partono per le vacanze, cosa avviene a casaquando noi partiamo per le vacanze Dove vanno a finire…?lavora su questi vuoti di narrazione, rendendoli esplicitie poi colmandoli. Ne esce, come in un documentario suglianimali degli abissi, una “seconda realtà” stupefacente emeravigliosa, proprio perché di solito celata ai nostri occhi.Questo mondo “al di sotto dell’aletta”, rispetto al nostro, sistruttura secondo altre regole, altre convenzioni; eppure allarealtà, come la si vede sempre, è profondamente collegato.Non c’è nessuna frattura dal punto di vista dell’immagine:le tinte piatte, i pattern grafici che si ripetono, i colori accesie le linee definite e sintetiche restano sempre tali, creandoun ritmo di lettura sempre rapido e molto immediato.L’immagine riflette la logica del bambino, per cui la continuitàtra la scena reale e la soluzione fantastica è implicita e naturale.Quello che varia è significativamente il punto di vista che chilegge è portato a spostare ogni volta che si svela la secondasituazione. L’autrice invita il lettore a cambiare prospettivausando vari accorgimenti: quello più semplice, che dà formae identifica l’intero libro, ampliare il campo visivo attraversoil meccanismo dell’aprire la bandella (una immagineche sta su una pagina ne prende due) e mostrare una parteche all’occhio prima era preclusa; avvicinarsi moltissimo –fra quello che si vede “prima” e “dopo” - alla scena, entrarcicompletamente dentro, portando il lettore a focalizzarsi suun punto preciso di una stanza o di un evento 3 ; dislocarelo svolgersi delle azioni in ambienti completamente diversi,ridefinendo, quindi in base alla nuova situazione, i personaggicoinvolti e l’oggetto protagonista e creando una versionedivergente della storia a cui si stava assistendo; spostarelo sguardo dall’alto vero il basso e/o viceversa, adattare gliocchi dalla luce all’oscurità, creare salti temporali in avanti.Tutti passaggi che la Chedru costruisce con una perfettaDOVE VANNO A FINIRE…?Di Delphine ChedruRilegato con copertina rigida 32pagine a colori + 13 flapFormato 18 x 21,5ISBN 886532022Euro 15,0020 213Dove vanno a finire…?


LA MARGHERITA EDIZIONI456corrispondenza fra grafica, immagine e senso narrativo diquest’ultima.Sotto a quello che può apparentemente sembrare un gioco,l’autrice mette a fuoco alcuni passaggi importanti di come sistruttura il pensiero del bambino sulle cose. Il senso stessodel domandare, ad esempio, come strumento per conoscere,spesso evaso dagli adulti (per la difficoltà che comportao per la scarsa capacità di immaginazione). L’identità deglioggetti e la relazione fra questa e il senso di possesso: ilmondo dei bambini è fatto di relazioni e di corrispondenzeche vanno ben oltre quelle fra simili 4 . Ciò che è un bambinosi forma anche in rapporto a ciò che ha intorno e a quantoquesto intorno lo stimola, lo interroga, lo mette in crisi.Questo contesto non è indistinto, c’è un nome e quindi unastoria per tutto: l’orsetto, che a sua volta sarà Gino, Teddy,Bubu, la maestra – Anna, Viola, Antonella, Sara, Liliana…-,vacanza, nuvola, camera. La Chedru ci parla anche dell’abitudine:ci sono cose che si devono ritrovare, come l’ombrache di notte ci abbandona per scorrazzare per i tetti, ma chepoi ci occorre per affermare la nostra identità; altri eventidevono ripetersi sempre uguali, perché in grado di esserepunti cardinali del nostro fare. Come la maestra, a cui èconcesso di restare immobile, come spiega l’immagine, anched’estate. Come sempre appoggiata alla cattedra ma conuna perfetta tenuta marittima ultra accessoriata e la classetrasformata in campeggio; attendere che i suoi allievi ritornino,ferma come la stella del Nord che non si può scalfire 5 .Dove vanno a finire le cose..? è un libro di metafisica: a differenzadi tanti titoli a tema confezionati appositamente pertoccare i temi della scomparsa, del lutto, della perdita, quiquesti concetti vengono esplorati a 360 gradi, senza funzionalizzazioniné gerarchie fra uomo animale o sasso con i tonidel gioco e dell’indovinello; è la costruzione di un pensierocritico con cui leggere quanto accade che è importante, questopassa attraverso la nostra capacità di mettere in relazioneavvenimenti diversi, dinamiche divergenti, una nuvola conil calzino sinistro smarrito in salotto. Allora un libro allegro,giocoso, vivo e pulsante come questo si può permetteredi affrontare concetti duri e difficili come l’assenza 6 .Senza didascalie e senza retoriche, passando da minuscolescorie di quotidianità che possono servire per fermarsi apensare o banalmente per continuare il gioco (che poi forsenon è la stessa cosa?). Anche perché ogni volta le rispostepotrebbero ritrasformarsi in domande: la nuvola che dal cielopoi finisce nella tazza con il caffè… poi dove va? Rimanenuvola anche una volta che la si è bevuta? Resta nella panciadel bevitore di caffè? Vola via prima di essere deglutita?Dove vanno a finire le cose..? si conclude con una virata telescopica,una domanda delle domande: la penultima paginarecita «Dove vanno a finire le storie quando i libri sono chiusi?7 »; la pagina a fianco non si solleva, è semplice: il libro chestiamo leggendo caduto a terra e tutt’intorno tanti piccoliprotagonisti delle storie che si sono attraversate: una fotodella maestra in costume, uno scarafaggio, un pesciolino…Al lettore la domanda vera: sei pronto a chiudere il libro e adandare a cercare tutto questo intorno a te? Osservate bene ibambini che leggeranno questo libro, per vedere cosa accade.[I.T.]UN LIBRO PER:• interrogarsi su quanti oggettici circondano• sperimentare nuovi punti di vista• raccontare le piccole storie delquotidiano• giocare con i colori piatti• sperimentare le funzioni narrativedelle componenti fisiche – la pagina,il suo girare - di un albo illustrato• sorprendersi• ripercorrere la vita delle coseche gettiamo• cercare le differenze22 237Dove vanno a finire…?


TOPIPITTORI«MA L’ANIMA ERASEMPRE ANIMA DI BESTIE»Un po’ leoni, un po’ asini, un po’ formiche, un po’ galline, un po’ gatti, un po’zanzare, un po’ tori, un po’ meduse, un po’ farfalle, un po’ volpi, un po’ corvi, unpo’ cani, un po’ ratti. Animali o esseri umani? Giungono dalla Grecia del VI secoloa.C. e parlano in greco antico.1«Fulminanti», «umili», «sapienti». Le venti favole di Esopoillustrate da Simone Rea e tradotte da Bianca Mariano,vengono annunciate con queste parole a chi si imbattenella quarta di copertina. Proviamo a immaginare che adefinirle tali non sia l’editore, ma un suo antenato illustre,e che a originarle intervenga qualcosa di antecedente al bisognodi presentare in poche righe un corpus voluminosodi immagini e parole esemplari: la voce delle favole, peresempio. Chi usa i tre aggettivi citati, informa e introduce,non inventa più di quanto Esopo e le sue storie abbianogià inventato millenni fa. Il cane e la conchiglia, Il corvo e lavolpe, I figli della scimmia, Il Sole e le rane, Il pipistrello e ilgatto, La volpe e l’uva, Il topo di campagna e il topo di città,L’asino e la mula con la stessa soma, Il leone e il topo riconoscente,Il giovanotto spendaccione e la rondine, Il granchio e sua madre,sono solo alcune delle centinaia di versioni giunte a noida un’epoca, un luogo, un alfabeto, lontanissimi, la Greciadel VI secolo a.C. e il greco antico. Fedro, La Fontaine,Disney, che pure si sono cimentati nel genere, sono arrivatiin seguito. Le Favole di Esopo trattano di animali simili anoi e di un tempo contenuto e contenibile nel nostro <strong>2012</strong>.Ciò le rende universali e le accomuna alla famiglia deiracconti di fiaba e a quelli mitologici. Come spiegarsi, diversamente,l’adesione di certi caratteri e maschere umanea taluni anfibi o felini o insetti o roditori o marsupiali 1 ?Come giustificare l’associazione di vicissitudini animaleschea quelle, parallele, di tipi comuni? Non c’è passaggio, nelletavole di Simone Rea, in cui animali ed esseri umani smettanoil gioco di ri-guardarsi. Ciascun lettore afferra sfumaturecomportamentali e costruisce sovrapposizioni visive epsicologiche, mentre viene a conoscenza di come sono fattifuori e dentro rane, mule, rondini, pavoni, corvi, pipistrelli,agnelli, delfini, lupi, e confronta volti, corpi, idee, con quellidi comparse famigliari. Ci sono buoni motivi per fare delleFavole una lettura ideale nel periodo di Carnevale e per svilupparedalle figure di Rea, un percorso visivo dedicato aglianimali e alle maschere. L’esperienza di approfondimentopotrebbe culminare nella costruzione di maschere con materialidi riciclo (legno, carta, cartone, gommapiuma, plastica,metallo) da parte dei bambini della scuola elementare edell’infanzia e in una mostra strepitosa delle stesse 2 .In che modo e perché le favole comunichino con società diieri, di oggi, di domani, è uno dei motivi che ha ispirato lapubblicazione delle Favole e una delle qualità che ha resopossibile a un illustratore cresciuto negli anni Settanta e allasua opera prima, di accostarsi senza ossequio a soggetti moltofamosi nella storia dell’arte e della letteratura. Risulta chele favole di Esopo siano il repertorio letterario più illustratodel mondo, dopo la Bibbia. Il seguito di una lettura complessivadelle Favole, potrebbe consistere in un laboratoriodi disegno animato esteso a più discipline: italiano, scienze,musica, disegno. A partire dalla selezione di una delleventi tracce date, bambini e insegnanti potrebbero lavorarein collettivo alla realizzazione di un’animazione a colori esonora, da inviare, una volta pronta, a concorsi specializzatinel settore – il festival di Annecy, il Giffoni Film Festival,la mostra del cinema di Venezia, di Torino, di Roma– oppure a Timbuktu, il primo iPad magazine per bambininella storia delle comunicazioni. Ci sono piazze più ambizioseed emozionanti della televisione e perde tempo chi sostieneche gli albi illustrati saranno spazzati via dalle nuovetecnologie. Oggetti e progetti fertili come le Favole documentanoche da cosa continua a nascere cosa.Parole e immagini, tra queste Favole, illuminano esperienzeprossime al quotidiano, ne rivelano la grandezza, quandoesso sembra confondersi col nulla, e la pochezza, quando sispaccia per il contrario. Sentimenti, smorfie, posture, azioni,logiche, enunciati, concetti, appaiono nei testi di Esopoe nelle illustrazioni di Rea, affinché se ne discuta in gruppoo si mediti silenziosamente. Il richiamo a situazioni vissutein prima persona e appartenenti alla realtà autobiografica,è un amo a cui sottrarsi è più difficile che abboccare.Questioni pubbliche e private sbucano dagli sguardi di volpiFAVOLEdi Esopo e Simone ReaCollana: Fiabe quasi classicheAnno di pubblicazione: 2011Pagine 48 in formato 23 x 32Progetto grafico: Orith KolodnyISBN: 978 88 89210 64 2euro 20,0024 252Favole


TOPIPITTORI345cialtrone; dal giudizio di topi cauti 3 ; dall’esercizio dialetticodi assemblee di lepri, orsi, capre, cicogne, gatti, stambecchi;dalla mortificazione di cani superficiali; dall’ira di corvi senzacervello; dalla sopportazione di scimmie abbandonate ase stesse; dall’entusiasmo di massa di rane sciocche; dall’andaturaimperfetta di coppie di granchi; dalla riconoscenzadei ratti. Perché Rea dilati il regno animale a presenze cheil testo non contempla lo spiega Prometeo in una delle favolecentrali del libro: «Prometeo per ordine di Zeus plasmògli uomini e gli animali. Ma vedendo che gli animalisenza ragione erano molto più numerosi, Zeus gli ordinò dicambiare le loro fattezze e trasformarli in uomini. Prometeoubbidì, ma cosa capitò? Quelli che dal principio non eranostati plasmati come uomini avevano preso sì la forma di uomini,ma l’anima era sempre anima di bestie.» 4 Essere un po’leoni, un po’ asini, un po’ formiche, un po’ galline, un po’zanzare, un po’ tori, un po’ meduse, un po’ farfalle, potrebbesuonare un’offesa o un complimento, sono diversi e di segnovariabile gli esempi a cui rifarsi. Nonostante la drammaticitàdi alcune situazioni, in cui c’è chi a stento sopravvive, chi perisce,vi sono momenti in cui l’atmosfera è positiva, i futuripossibili. Nello spazio di poche righe di testo – accade solouna volta, in 48 pagine, che una favola sia lunga una facciata– il lettore scivola nel cuore di confronti fra animali, mossida energie e intelligenze differenti: la paura, la gratitudine,la mitezza, la stupidità, la fretta, l’istintività, l’ostinazione,la gentilezza, la curiosità, la vanità, l’intolleranza, l’arguzia,il cinismo, la disinvoltura, la responsabilità, l’amore, l’odio,eccetera. La volpe che ruba al corvo un pezzo di carne èfurba o fortunata? Il gatto che cerca di catturare il topo conl’inganno conosce la sua preda o sopravvaluta se stesso?La scimmia che odia uno dei due figli come e dove vive 5 ? Illeone che accusa il delfino di tradimento ha capito di esserelui il traditore o non lo capirà mai? Il lupo che non risparmial’agnello doveva uccidere o poteva evitarlo? Queste e altredomande suscitano le Favole di Esopo e Rea, quesiti sociologicie antropologici, utili ad affinare la conoscenza di sée degli altri e a coltivare proposte di senso dentro contrastiche ne sono privi. Mentirebbe Esopo, se non mostrasse chesiamo anche indisponenti, anche sgraziati, anche assenti,anche disinformati, anche ingiusti. Le Favole sono raccomandatea chi è litigioso e a chi fatica ad accettare imperfezioniproprie e altrui.Dal terreno di interpretazioni distorte e di morali confuse,si sono riprodotte favole mai esistite. Quella di Biancaneveo di Cenerentola, per esempio, che sono, invece, fiabe,ma che Google battezza, unite a sciami di principesse, creaturedel mondo delle favole. Quella dell’umanità “cattiva”e dell’umanità “buona”, quando l’umanità sa somigliare dipiù agli acrilici e ai risguardi di Rea, cioè a una somma divolumi, sfumature, prospettive, traiettorie, pesi, qualità, differenti6-7 . Le Favole tornano a dare respiro alle favole e prospettanoconclusioni meno affrettate sul conto di chi siamo edi chi vorremmo o non vorremmo essere a paragone di vertebratie invertebrati. Da dei ritratti fotografici di famigliae di animali, potrebbe avere corso uno studio grafico e biograficoadatto a sondare la trama di somiglianze profonde.Un modo appassionato per studiare che razze di umani e dianimali lo circondassero, seppe trovarlo Gerald Durrell, chenon era un favolista, ma analogamente a Esopo e Rea, fu unacuto osservatore di uomini e animali. Grazie a questo pallinodivenne esploratore, biologo, zoologo, scrittore. D’altraparte c’è chi ha orbitato attorno ai medesimi soggetti conil linguaggio dell’arte grafica. Nell’Ottocento, un gigantedell’illustrazione chiamato Grandville, aveva intitolato unacollezione di litografie Scene della vita privata e pubblica deglianimali, elaborato sulla stessa scia creativa un mazzo di tarocchi,The Fantastic Menagerie Tarot, e illustrato le favole diLa Fontaine. Nei lettori delle Favole, la comparazione delletavole di Simone Rea con quelle di Grandville o di un suoerede contemporaneo, per esempio il disegnatore Ericailcane,potrebbe accendere interessi e aspirazioni non prevedibili,altamente soggettive. Buona ricerca iconografica. [G.M.]UN LIBRO PER:• iniziare un percorso visivo dedicatoalle favole di Esopo e alle sue diverseversioni apparse fino a oggi• realizzare una mostra di maschereispirate agli animali di Rea• compiere confronti tra comportamentie stati d’animo degli umani e deglianimali• ampliare un percorso bibliograficosulle favole antiche e moderne• trasformare una delle favolein un progetto di disegno animato• approfondire il significato di treaggettivi: fulminante, umile, sapiente• fare un gioco di gruppo: sceglierea che animale assomiglia ciascuncomponente del gruppo e cercaredi spiegare perché• approfondire la distinzione fra favolee fiabe, trovando esempi delle unee delle altre26 2767Favole


BABALIBRIQUANDO IL BUIOÈ TANTO BUIOLa letteratura per ragazzi è costellata di titoli sul momento in cui si deve andare aletto. Kitty Crowther riesce a far risuonare il buio, il luogo dove nascono le pauredi un piccolo ranocchio e quelle del piccolo lettore. Per farcelo provare fino infondo e poi conoscerlo veramante.GRAT GRAT CIRP SPLASH!Testo e illustrazioni di Kitty CrowtherTraduzione di Federica RoccaCartonato 40 pagine a coloriFormato 17 x 24 cmISBN 978 88 8362 238 0Euro 12,50«Come ogni sera, sullo stagno scende la notte. E come ognisera Giacomo ha paura.» Come ogni sera, è un tempo lungoda sopportare; è tutte le sere, che vuol dire tutti i giorni, chevuol dire sempre.Giacomo è un ranocchietto; vive in una casa sullo stagnocon mamma e babbo ranocchio. Come nella casa di JeremyFisher, il ranocchio disegnato da Beatrix Potter nel 1906,a cui è dedicato questo libro: è l’autrice stessa a svelarci lasua passione per questo signor anfibio, di cui Grat grat cirpsplash! accoglie tante eco: la scelta di avere come personaggidei ranocchi antropomorfi e di tutto punto vestiti, la citazioneprecisa di alcune pose o inquadrature, fino al dato piùvisibile e più curioso, lo spazio abitato con il pavimento copertod’acqua, così che tutti camminano con le zampe continuamentea mollo 1 . Quanta libertà, nell’essere anfibio, inun semplice modo di tenere i piedi a terra! La biografia dellaCrowther fa incursione più volte in questo libro. Potrebbeessere importante per un piccolo lettore sapere che ci sonoletture fatte durante l’infanzia che producono un effetto cosìduraturo su una persona, tanto profondo che da adulti ci sisente di dover dedicare un libro a questo ricordo. Sarebbeinteressante, in una classe chiedere ai bambini di fare un’indaginecon i propri genitori, scoprire quale (e se c’è) libro dapiccoli li ha segnati. Non si tratta di un esercizio di promozionealla lettura ma di un tentativo di capire come dettaglinascosti fra le pagine possano restare incollati addosso.Entriamo nel libro. La letteratura per ragazzi è costellata damolteplici titoli sul momento in cui si deve andare a letto; inmolti le paure dei bambini che non vogliono abbandonarsial sonno costituiscono lo snodo della narrazione. L’autricenon si limita a raccontare l’angoscia della sera ma le dà unafisionomia precisa; infatti in Grat grat cirp splash! potremmoquasi identificare un quarto personaggio, oltre ai trecomponenti della famiglia di rane; si tratta del buio. Nonlo vediamo subito anche se è presente fin dalle prime paginemolto luminose, come un presagio, dalla finestra. Il neroche circonda e avvolge Giacomo non ha bisogno di tantepresentazioni: ce lo racconta il pastello di Kitty Crowther,che è sodo, compatto e consistente. È una sostanza vera enon un’atmosfera 2 . Il colore calca sul foglio, traccia dei segniprofondi che si infittiscono sempre di più attorno al piccoloranocchio. Ed è un buio senza ombre, dove anche leluci (bianchi e spettrali raggi lunari che entrano dalle finestre,la lampada del corridoio) hanno una potenza minima,vengono quasi contenute dal nero che le limita. Da questatenebra, Giacomo viene separato dal resto del mondo a luinoto: «Sono tutto solo nella mia camera, tutto solo nel mioletto, tutto solo nel mio cuore». È lo spazio ideale per farerisuonare il quinto protagonista, ovvero il suono, che regge illibro fin dal suo titolo. L’ambiente in cui vive Giacomo è sicuro,accogliente e «caldo»; a tutti piacerebbe vivere in quellacasettina raccolta e con l’acqua per terra che fa «ciaf ciaf» adogni passo. Finché ci sono la luce e il rumore delle attivitàserali prima di andare a dormire, le voci, il suono delle abitudini.Poi arriva il silenzio, l’assenza dei suoni famigliari scatenaun vuoto, un’assenza di suono che si trasforma semprein frastuono 3 . Date un compito ai bambini. Chiedete cosasentono quando spengono la luce, quando si spegne la casa.Niente potrebbe essere la prima risposta che però richiamaall’attenzione e ripropone la domanda: allora arriva un frigoche ronza, l’eco della strada, una tv, i passi dei vicini. Oppuresuoni che non si sanno interpretare, quindi rumori, che ibambini potrebbero registrare come onomatopee. Una bellalista di rumori senza identità, come accade a Giacomo, chepoi gliene attribuisce una. Torna ancora, in tralice, la vicendapersonale dell’autrice; Kitty Crowther soffre fin dalla nascitadi un difetto uditivo e questo l’ha portata ad avere con ladimensione sonora un rapporto intimo e misterioso, di confidenzae di paura fortissima. Ciò che arriva da fuori, si percepiscedistorto ed è difficile decifrarlo. Così l’ansia cresce, ea Giacomo viene «il mal di pancia dalla paura».Quando sotto il letto c’è qualcosa che fa «grat grat» c’è pocoda stare allegri. Nel buio ottuso attorno a Giacomo inizia-Grat grat cirp splash!28 29123


BABALIBRI456no ad affiorare figure piumate, scheletri, animali totemici…qualcosa che non ha una fisionomia vera ma che ne evocamolte e tutte spaventose. Danzano come quando gira la testae si perdono tutti gli appigli.È coraggioso Giacomo, è coraggioso nel suo terrore 4 . Si alzain cerca di conforto ed è terribile per lui farsi rimettere nelletto per una seconda prova, e poi ancora per una terza che lotocca fino alle lacrime. Spesso accade di sentire neo-mammealle prese con «fate la nanna» e i mille metodi per lasciareche un bambino si abitui al sonno. Il papà di Giacomo leggeuna storia la prima volta, ma poi non ha strategie. Dorme evorrebbe che gli altri facessero lo stesso. Ma è lui che fa laspola attraverso il buio del corridoio. Facile, attraversare ilcorridoio quando la proporzione fra sé e il buio è uno a uno.È molto più difficile se il buio ti insegue e ti schiaccia. Lafigura di genitore che ci racconta Kitty Crowther è una figuramolto intensa, perché semplice ed eroica insieme, comela figura di figlio. Un papà assonnato, che al terzo tentativoviene spodestato dal proprio letto e che si addormenta in unletto molto più piccolo di lui 5 . Le proporzioni sono invertite,e forse è quando qualcosa non va tra le proporzioni dellecose che arriva il «grat grat».Anche i grandi hanno paura, e non solo del buio e dei rumorisotto il letto. Con un brevissimo passaggio, l’illustrazionedi una pagina che ritrae il ranocchione in pigiama con i piedipenzoloni dal letto e gli occhi spalancati, l’autrice apre unabreccia nella corazza granitica degli adulti. La richiude subitocon il sorriso, ma il lettore ha fatto in tempo a vedere.Il papà ha capito quasi subito cos’è «grat grat cirp splash».Non ci ride sopra, anzi pensa proprio che sia una cosa seria.È il suo turno: come Giacomo gli ha svelato il «suo rumore»,sta a lui questa volta farlo sentire al figlio, che va subito asvegliare. Così scopre con Giacomo il confine che c’è fra ilvisibile e l’invisibile 6 . «Nella notte buia, il papà nuota insiemea Giacomo verso una grande foglia di ninfea». Il buio c’èancora, come c’è la luce, ma è diverso. Il buio che sta dentroe il buio che sta fuori sono fatti di due paste diverse: dentro,il buio soffoca, fuori fa respirare.Sulla ninfea, Giacomo scopre che non ci sono mostrid’acqua dolce, serpenti con le piume e scheletri di palude.Ci sono altre creature, ognuna intenta, anche di notte afare qualcosa: lo scavare della talpa «grat grat», il cantaredell’uccellino «cirp» e il salto del pesce d’argento «splash».C’è vita di notte, come se la notte fosse giorno, per qualcuno.La vita produce suoni, anche quando non la vediamo 7 .Per far passare la paura non ci si chiude in un angolo, ma cisi apre completamente al mondo, che è immenso, misteriosoma troppo interessante. Giacomo adesso non vede piùil buio ma guarda la notte, che scopre essere un posto accogliente,talmente accogliente da poterci dormire dentro,senza più nessuna preoccupazione, e con una foglia di ninfeaper ripararsi dal freddo. [I.T.]Grat grat cirp splash!UN LIBRO PER:• ascoltare la notte• fare una gita notturna: al lago,in un bosco, in cucina• leggere con i propri genitori• imparare i versi degli animali• elencare le differenze fra buio e notte• scoprire gli animali notturni• inventarsi posti dove poter andarea dormire• guardare i propri genitori sottoun’ottica differente• riprodurre in classe un concertodi suoni delle cose30 317


TOPIPITTORIRENDERE POSSIBILEL’IMPOSSIBILESmorzare la temperatura di certe emozioni, affievolire la luminosità di certe gioie,attenuare il dolore di certe prove, abbreviare il corso di certe attese, risparmiarei conti di certe fatiche, non garantirebbe ciò per cui I cigni selvatici esistono:rendere possibile l’impossibile.I CIGNI SELVATICIdi Hans Christian Andersen,traduzione Maria Giacobbe,illustrazioni Joanna ConcejoCollana: Fiabe quasi classicheAnno di pubblicazione: 201156 pagine in formato 20 x 26,5 cmProgetto grafico: Orith KolodnyISBN: 978 88 89210 62 8euro 20,00Circa un anno fa, il blog “Le figure dei libri” pubblicavaun’intervista a Joanna Concejo. Fino a questo momento, per<strong>Topipittori</strong>, l’illustratrice franco-polacca aveva dato forma apersonaggi maschili, enigmatici, invisibili, si chiamavano Ilsignor Nessuno e L’angelo delle scarpe. Con Maria Giacobbe,una scrittrice e giornalista di origine sarda, trasferita in Danimarcadalla fine degli anni Cinquanta, Concejo interpretaI cigni selvatici di Hans Christian Andersen, un classico dellaletteratura fiabesca entrato nel 2011 nella collana “Fiabequasi classiche”. «Per me, tutto comincia nella realtà. Anchel’immaginazione», afferma l’illustratrice. «In ogni caso, l’immaginazioneè radicata nella realtà e se ne nutre», continua.«La realtà è una sorgente inesauribile: se sono capace di“vedere”, se so attingervi.» Potrebbe sembrare un paradossocominciare l’approfondimento di un racconto imbevuto dieventi e visioni prodigiose da una dichiarazione di realismo 1 .Tuttavia, dalla prima all’ultima pagina, I cigni selvatici confermanoche il vissuto terreno è intrecciato a vissuti di altraspecie e che nel paesaggio delle fiabe questa obliquità è unfatto assolutamente ordinario.«In un paese lontano, dove se ne vanno le rondini a svernarequando qui si fa freddo, c’era una volta un re che avevaundici figli maschi e una bambina che si chiamava Elisa.Gli undici fratelli, che erano principi, andavano a scuola conla sciabola al fianco e il petto coperto di splendide medaglie.Scrivevano con uno stilo di diamante su una lavagnad’oro e sapevano leggere benissimo sia in silenzio che adalta voce. […] la sorella, per sedersi aveva uno sgabellinofatto di specchi di cristallo e possedeva un libro illustrato cheera costato metà del reame.» Il lettore che accetta di entrarenel labirinto della fiaba, andrà oltre, a cercare a pagina 10 ilseguito di una vicenda che promette regine, boschi, enigmi,fate, incantesimi, uccelli, simboli, archetipi. D’altra parte, illettore che apprezza tra le righe del fiabesco le righe del reale,non evita su questo incipit di soffermarsi e di osservarediverse cose: che mentre leggiamo ad alta voce, stiamo parlandouna lingua celestiale; che le qualità della stessa sonooltremodo superiori alla lingua della free press circolante perstrada o in metropolitana; che uno stilo di diamante è unoggetto preziosissimo e pericolosissimo insieme; che il medesimooggetto acquista preziosità e pericolosità amplificatese ad afferrarlo sono mani bambine; che l’infanzia porta consè, involontariamente, il peso di responsabilità enormi; cheimpartire lezioni su una lavagna d’oro trasmette un concettodi scuola e di fare scuola agli antipodi con la scuola italianaoggi; che sapere leggere benissimo sia in silenzio sia a vocealta smarca da distorsioni del nostro tempo, per cui non èun problema essere analfabeti, purché milionari; che leggerelibri illustrati può essere un momento reso unico anche daltipo di ambienti e arredi collegati a tale esperienza; che ilibri illustrati sono oggetti nobili e che nobile è chi se necirconda e li legge 2 .Tutto nelle fiabe conosce un grado di intensità esagerato.I cigni selvatici (e con esse l’opera omnia di Andersen e deiGrimm) sarebbero altro da sé, se le parole e le immagininon rispettassero questa impostazione. Smorzare la temperaturadi certe emozioni, affievolire la luminosità di certegioie, attenuare il dolore di certe prove, abbreviare il corsodi certe attese, risparmiare i conti di certe fatiche, facilitarela riuscita di certe conquiste, mascherare il volto di certi bui,mutare la natura di certe cattiverie, non garantirebbe ciò percui I cigni selvatici esistono: rendere possibile l’impossibile.I lettori più timorosi o chi sia incerto sulla bontà di quantoappena espresso, potrebbe cambiare idea insieme a Elisa e aisuoi fratelli principi cigni 3 e incontrare un valido supportonella lettura integrale di uno scritto di Wislawa Szymborskaappartenente alla raccolta Letture facoltative (Adelphi,2006). Si intitola L’importanza di farsi spaventare e cominciacosì: «A uno scrittore dall’immaginazione piuttosto sbrigliataproposero di scrivere qualche cosa per i bambini. “Benissimo”,si rallegrò “avevo giusto in mente un raccontinocon una strega.” Le signore della casa editrice cominciaronoa gesticolare agitate: “No, le streghe no, per carità! Non siI cigni selvatici32 33123


TOPIPITTORI456devono spaventare i bambini!” “E i giocattoli nei negozi?”domandò lo scrittore. “Come la mettiamo con quegli orsacchiottistrabici di peluche viola?” Quanto a me, sono di undiverso tipo di avviso. I bambini amano essere spaventatidalle favole. Hanno un naturale bisogno di essere spaventatidalle favole. Andersen atterriva i bambini, ma nessuno diloro, una volta diventato grande, gliene ha mai voluto.»Il mondo dorato che avvolge le dodici creature dalla nascita,finisce il giorno in cui il re sposa in seconde nozze una «perfidaregina per niente gentile». La donna e l’uomo si liberanodi Elisa e fratelli spedendo l’una in campagna, presso unafamiglia di contadini, gli altri nel mondo, sotto l’influenzadi un sortilegio noto solo alla matrigna e a chi ne è colpito:di giorno i principi hanno l’aspetto di cigni selvatici, di notteriacquistano sembianze umane 4 . Concejo opera una sceltaradicale sui soggetti anderseniani, quella di non rappresentaremai il re e la regina e di concentrarsi esclusivamente sulleinfanzie e sulle metamorfosi che le riguardano. Tanto piùsono abbandonati a se stessi e dimenticati da chi li volle almondo, quanto più principi e principessa trovano asilo tra lefigure illustrate. Calde, adornate di elementi floreali e fibrevegetali, di acque che inumidiscono e aria che trasporta, dilatatea tempi e spazi di sogno, regine assolute 5 : sono le illustrazionidi Joanna Concejo, una casa affettuosa, per i destininomadi di personaggi sempre al limite della sopravvivenzae all’apice della stanchezza fisica e psicologica. Elisa vagaper boschi e sentieri, si smarrisce, incappa in Fata Morgana.Quando pare ritrovare un padre, viene resa irriconoscibile.Per liberare i fratelli dall’incantesimo dovrà tessere loro undicicamicie con i fili urticanti dell’ortica, saper contenere ildolore delle piaghe che le procurerà raccogliere a mani nudequeste piante, soprattutto rimanere muta fino a quando nonavrà terminato l’opera. Il futuro, in questo libro, è una dimensioneprecaria, battuta fino all’ultimo istante dalle correnticontrarie, che preferirebbero Elisa morta a Elisa viva 6 .È comprensibile che la principessa usi cercare conforto nellapreghiera. Ciò restituisce laicità e umanità alla ragazzina, achi ne sospettasse il fermento religioso. «Camminò e camminò,pensando ai fratelli e pensando al buon Dio che certonon l’avrebbe abbandonata»; oppure: «Che cos’è il mio dolorealle dita in confronto allo strazio del mio cuore?»; oppure:«pregò Dio di aiutarla e continuò a pregare anche dopoessersi addormentata». La religiosità e la spiritualità sonoaspetti di cui I cigni selvatici non fanno censura, tutt’altro;ma inganneremmo noi stessi e i lettori che seguono i nostriconsigli di lettura ad attribuire interpretazioni dottrinali altesto e alle immagini, concepite per un pubblico più articolatodi un’assemblea di catecumeni. La folla eterogenea cheattende l’esecuzione di Elisa in una delle ultime tavole, sulfinire della fiaba, si avvicina graficamente al seguito di lettoriche I cigni selvatici potrebbero ottenere 7 . Sono presentiadulti, bambini, anziani, gente che chiacchiera civilmente,che si azzuffa noncurante della presenza di minori, spiritipolemici, inquieti, giocosi, distratti, figure ridenti e piangenti,tante facce per tanti corpi e idee cangianti. È la materiadelle fiabe a motivare punti di contatto agiografici, nel casointeressasse dare un perché alla presenza di Dio nel testo diAndersen. Scrive Cristina Campo, che allo studio delle fiabee della religione ha dedicato buona parte della propria esistenza,«Eroi e bardi della fiaba assoluta, la fiaba delle fiabe,furono in ogni secolo i Santi. Ovvero si trattò di personaggiarcani, gentiluomini e dame che allietarono con la loro graziaintellettuale corti e, in figura di compianto amoroso odi fantasia stravagante, narrarono storie in tutto simili allestorie dei Santi 8 .» [G.M.]I cigni selvaticiUN LIBRO PER:• ampliare un percorso di lettura sullefiabe di Hans Christian Andersen• richiamare l’importanza di farsispaventare• riflettere sull’esperienza del doloree sulla morte• concentrarsi sulle analogie possibilitra corpo umano e piante, statid’animo e paesaggi naturali• parlare di ricchezza e di povertà,mettendo a confronto i termini in cuine parla Andersen e cosa significhinoper noi• sviluppare una serie di domande chehanno per oggetto l’atto di pregaree la relazione uomo-Dio• raccontare in forma scritta o conun disegno un episodio che mostrila vicinanza tra natura e uomo• raccontare con un fumetto unavicenda che abbia al centro unsortilegio da sciogliere34 3578


LA MARGHERITA EDIZIONICI VUOLE IL TEMPOIl tempo si sviluppa in molte direzioni. In un supermercato può accadere che unadulto ritrovi la sua infanzia e che un bambino trovi un amico. In mezzo ad unafolla che forse può sperare di ritrovare un’identità.1Il tempo si sviluppa lungo una linea che in realtà può prenderemolte direzioni. Una è quella della sincronia, la contemporaneità,intesa come l’oggi e la forma del tempo presente,o come il tempo degli eventi che accadono nello stessomomento. Nello stesso istante un supermercato può essere illuogo della massificazione e lo scenario di un incontro; nellostesso momento c’è chi guarda lontano e chi non vede oltreil proprio naso, chi si affanna e chi si concede tempo per essereattento, chi si incrocia senza guardarsi e chi si conosce.Tante esistenze da cui si intrecciano fili che vanno indietronel passato o che guardano in avanti.Il gioco del tempo giocato da Alfredo Stoppa e Chiara Carrerè ritmato da due storie contemporanee e apparentementelontane. C’è un aeroplano di carta che colpisce «uno» sulnaso, uno strano personaggio con gli occhi bassi e le gambelunghe. A lanciarlo è stato un bambino, che sta provandoil suo bolide con qualche problema di rotta. «”Chi sei?”“Uno.” “Uno chi?” “Sono un bambino!” “Davvero tu sei unbambino?” “Si, un bambino di una volta.”» L’illustrazione diChiara Carrer ci mostra due figure vicine: una piccola congli occhi rivolti in alto, dov’è un’altra grande. Quest’ultimaè un bambino cresciuto, sproporzionato, con la pancia unpo’ prominente, le braccia troppo lunghe e penzoloni. Nellapagina successiva si scopre che un signore si è fatto spedire alsupermercato «come un pacco posta» e ha fatto scivolare lesue gambe lunghe su una panca di cemento 1 . Il bambino diuna volta, appunto. Il duo si salda in un dialogo semplice checambia la faccia di una giornata grigia; due persone inizianoun viaggio (o un gioco) nel tempo. Intanto si danno tempo:casualmente, all’inizio, si fanno delle domande, che poi diventanouna conversazione che poi diventa una conoscenza.Indagano l’uno l’alterità dell’altro. Uno, il piccolo, scopreun modo «sconosciuto» di essere bambini: nell’infanzia diquando si è alti, si sa essere gentili, dire grazie, si mangia ilgelato solo di domenica. L’adulto invece ritrova in un cuccioloun tempo fuggito ma che sa tenacemente rivivere inuna infanzia nuova. Nel testo il grande stupisce il piccoloe viceversa. Il primo racconta al secondo che si può giocare«fino a quando siamo sfiniti», che quando piove ci sono«soldatini e libri, figurine e biglie» o che ama un altro gioco«gioco a non fare niente».Parlavamo di due storie; c’è anche il racconto di una folla digente: acquista, mangia, legge il giornale, chiacchiera, aspetta,guarda, parcheggia, spinge carrelli, fuma, riempie sacchetti2 . Tutta vive, formicolante, in un ipermercato. Le ragionidell’ambientazione possono essere varie. Sicuramente metterein evidenza il potere che certi luoghi , anzi certi non-luoghi,hanno, di azzerare e annullare le identità in un confuso muoversisenza senso 3 . Questo ci vien detto già dai risguardi conle colorate scritte di molte marche alla cui presenza ci si puòsolo inchinare, comprandole. Ma non basta a giustificare lascelta. Il supermercato, il luogo del presente per eccellenzanel gioco del tempo, stride fortemente con il fluire frapresente, passato e futuro che i due bambini compiono nelloro pomeriggio assieme. Viene il sospetto che certi incontrimarcanti che avevano luogo sul limitare del bosco o su unastrada, nelle piazze o nei cortili non possano più avvenirvi.Questi luoghi dell’iniziazione non esistono più nell’indaffarataorganizzazione della giornata dei bambini. Ma ne esistetuttavia la necessità, resta la curiosità che attrae l’infanziaverso una dimensione di scoperta. Così c’è l’ipermercato.Lì ci si va, costantemente, lì le cose possono ancora accadere.Nel dialogo con il testo le illustrazioni di Chiara Carrer ciportano ad interrogarci sulla folla: l’umanità è massificata,entra come un fiume vomitata dai pullman dentro i centridelle meraviglie, ma ha pur sempre dei nomi e dei cognomi,un volto che porta con sé un vissuto, una voce, pezzetti divita, ognuno la sua. È su questo dato che la Carrer sembravolerci far riflettere. Ad un testo che stigmatizza il fare dellagente e l’accumulo di gesti e azioni inutili (stipare, stiparsicome un cammello berbero, dice Stoppa) la Carrer contrapponeun senso di pietas che traspare dai suoi ritratti, tantissimiin questo libro. Due vecchiette in giallo conversano suIl gioco del tempo36 3723


LA MARGHERITA EDIZIONI456una panchina, hanno la postura pesante di chi è avanti congli anni, ma anche un qualcosa che brilla che fa pensare adue bambine che chiacchierano fra di loro 4 . Un gruppo dianziani si muove in massa, ma non sembra uno stormo compatto.Troppi visi interessanti, tristi, stanchi, allegri, distratti.Una donna, probabilmente una commessa, si stinge le bracciaper contrastare il freddo dell’aria aperta dove si fa pausacon una sigaretta, una delle tante a giudicare dai mozziconi.Ha le calze viola e i capelli color bronzo. Di sicuro è qualcuno.Si crede molto nelle persone in questo libro; le macchineparcheggiate davanti all’ipermercato sono tutte uguali, tuttericavate dalla stessa sagoma riempita da tratti di matita diversi.Le persone, anche se sembrano telecomandate, no.Lo dimostrano anche i due bambini. Nel racconto del loroincontro Stoppa mette la stessa luce che Carrer dà ai voltidella sua folla. La città, il contesto urbano, i reparti, i carrelliscompaiono ad un certo punto per dare spazio ad uno squarciodi cielo in cui compaiono dei nuvoloni grigi. Il testo ce liracconta plumbei, ma la Carrer li colora di un blu, intriso disfumature cariche, pastose. È un cielo che sembra permettercidi guardare lontano. Le prospettive costruite dall’autricefinora erano chiuse, sempre serrate da una pagina diquaderno che faceva da supporto al disegno, dalle grigliedelle geometrie delle architetture commerciali, dall’ordinemetodico delle macchine dei parcheggi. Non importa che iltesto dica grigio; quello che i due amici, che vediamo ritrattidi spalle, stanno fissando è uno spiraglio comune 5 . Si riconosconol’uno nell’altro, trovano un punto nel tempo in cuisono uguali: è quando fanno lo stesso gioco con le nuvole,le guardano, ne studiano le forme, vedono cavalieri, draghie locomotive. «“Ti perdi anche tu nella faccia delle nuvole?”“Da sempre…” Sorriso».Ne Il gioco del tempo a questo punto il tempo è passato.È ora di tornare a casa, non in bicicletta ma con la macchina.La macchina la guidano gli adulti e il bambino di una voltaè ormai abbastanza uomo da poter guidare 6 . Il parcheggiodell’ipermercato è vuoto, anche la seconda storia è finita.Chissà quante altre lontane da quel parcheggio stanno continuandoo nascendo. La separazione è asciutta e grata, comedi chi sa essere vicendevolmente riconoscente di un pezzo distrada fatta fianco a fianco. In questo pomeriggio i due amicinon si sono presentati. In fondo un nome occorre per ricordare,ma mentre si vivono le cose bastano un corpo e unavoce... è solo sull’orlo dell’ultima riga, in una scena serale diombre lunghe, di tempo agli sgoccioli che il nome è detto.I due bambini, quello di una volta e quello di oggi hanno lostesso nome. Non ci è dato sapere se abbiamo vissuto un sogno,una perfetta coincidenza o un ricordo. Veniamo lasciatisu un’ultima frase, «“Senti… come ti chiami?” “Come te!”». Come noi. Il gioco del tempo mescola le carte, il grandecon il piccolo, il singolo con il molteplice. Il bambino di ieriche sta nel libro si relaziona con l’adulto di oggi che lo leggeinsieme all’adulto di domani… [I.T.]Il gioco del tempoIL GIOCO DEL TEMPODi Alfredo Stoppa e Chiara CarrerCon copertina cartonatae pagine a coloriFormato 21,5 x 28 cmISBN 8886532027Euro 14,00UN LIBRO PER:• guardare gli altri ben in facciae provare a riconoscere le loro storie• farsi raccontare com’era esserebambini in un altro tempo• usare le pagine dei quaderni comeun materiale su cui disegnare• disegnare un ipermercato• riflettere su grande e piccolo• pensare a una persona speciale• giocare con i contrasti: alto basso,pieno, vuoto, nuovo, vecchio• dare un nome ai due protagonisti• provare a spiegare le parole folla, gente38 39


BABALIBRILE COSE INTORNOUn libro grande per contenere tutto il mondo che un bambino ha intorno.Un catalogo del quotidiano fatto di oggetti e luoghi conosciuti da esplorareattraverso i loro nomi e le loro forme. Partendo dalle cose che ci circondano perarrivare e se stessi.1Il grande libro delle figure e delle parole è grande perché devecontenere tutto il mondo che un bambino ha intorno. È unlibro cartonato, le cui pagine rigide si girano come porte chemettono in comunicazione stanze: la camera, il bagno, la cucina,il salotto, una casa; per ogni ambiente una pagina, perogni ambiente una topografia per oggetti. L’illustrazione faperno su un oggetto grande, la vasca, ad esempio. Intorno aquesto un insieme di piccole icone, tutti gli altri piccoli oggettiche alla stanza afferiscono e che la connotano: la cartaigienica, la spugna, il vasino, la crema, il rossetto, il rasoioelettrico 1 . Ad ognuno è associato il suo nome in lettere «lalima per unghie», «i bastoncini per le orecchie», «la mollettaper i capelli». Ole Könnecke e il suo lettore compiono subitoun esercizio fondamentale: dare un nome alle cose. Leggendocon i bambini molto piccoli spesso la richiesta di unastoria o di un particolare libro si lega ad un’azione precisa:puntare l’indice su un disegno e chiedere «E questo?». Unadomanda che può diventare un mantra, enne volte la stessaimmagine ed enne volte la stessa richiesta e la stessa rispostareiterata. Cosa accade in quel continuo movimento che vadalla figura al dito, dal dito allo sguardo fra chi sta leggendoe chi ascolta la lettura, dallo sguardo alla voce che dice? Larealtà prende una forma, il mondo si vivifica nell’atto stessodi indicarlo e dargli un nome: «Questo è» diventa una unitàdi misura. Il bambino ripete il suono che si lega a un’immagine,fino a che non diventa sua, fino a che l’oggetto disegnatoha un'identità e un nome. Si conosce, si riconosce, sidistingue da tutto il resto.Ne Il grande libro delle figure e delle parole si possono seguiremolteplici piste. Si sorpassa l’idea di un catalogo di arnesie funzioni. Gli oggetti hanno una relazione forte conchi li usa (e li nomina). Potrebbero essere incipit di episodidiversi; di certo sono indizi di tanti abitanti, di abitudini,di età differenti, di sesso differente. Sono animali antropomorfi,che agiscono fra le pagine come nello spazio reale.Un elefantino che fa il tamburo con una pentola, un orso chesi pettina, un asino che si lava i denti, una cicogna che passal’aspirapolvere seguendo le briciole lasciate da due piccolisgranocchia-biscotti… Leggendo i minimi gesti ed espressionidi tutti questi inquilini si iniziano a costruire delle narrazioniin sequenza: incontriamo un orsetto sotto le copertenella pagina dedicata alla stanza da letto; poi lo troviamonel bagno accanto ad un vasino; poi in cucina al tavolo conla colazione (seduto su un seggiolone mentre l’orso grandeè sulla sedia); poi lo vediamo togliersi il pigiama, mettersi lemutande, le calze, poi la canottiera, i pantaloni e il maglionee infine entrare in salotto. Qui ci sono altre persone ed è impossibilenon iniziare a costruire delle storie. L’autore portail lettore per mano a costruire la complessità, per gradini 2 .Da noi a noi, attraverso tutto ciò che struttura la nostra relazionecon il mondo, con gli altri. E attraverso una progressioneche va per centri concentrici, dal puntuale alla sequenza,da vicino a lontano, dal noto all’ignoto, dal concretoall’astratto 3 . Infatti con lo scorrere delle pagine ci spostiamoda un luogo chiuso all’aperto, per indagare quante cose cisono fuori, le stagioni, i mestieri del giardino, l’orto, la montagna,poi la pianura, poi il mare, i mezzi di trasporto, la musica,lo sport, i numeri, i giochi, le lettere, le forme, i colori, ilcorpo. Ci si può muovere senza gerarchie, in un mare di microdettagli e di differenze. Tutto non ci sta, ma Könneckesa cos’è importante agli occhi di un bambino. L’interruttoredella luce o il cavatappi, gli utensili che colpiscono per formestrane o per quello che con essi si fa. Il vento caldo prodottodal phon, la magia dello spazzolino elettrico, il bicchieredei grandi e quello dei piccoli, i braccioli che proteggonoquando si sta per saltare dal trampolino, la sabbia, tutte lecose che sanno volare. Il lettore può costruire delle categorie:Könnecke propone il suo lexicon, le sue partizioni che sonoi macro gruppi delle pagine, ma a ciascun lettore è dato diindagare le proprie. Ecco perché, ancor prima di arrivare ainumeri, Il grande libro delle figure e delle parole parla di matematica:si possono costruire degli insiemi di tutto ciò cheè blu, di tutto ciò che è tondo, tutto ciò che si muove 4 …Il grande libro delle figure e delle parole40 41234


BABALIBRI56Anche qui il divertimento sta nella possibilità di non esauriremai il gioco e di poter sempre trovare dei fili che colleganofra di loro le tante immagini (e le tante parole, e perchéno, degli insiemi di lettere?) del libro. Creando un gomitolosaldissimo.Un libro che serve a dare i nomi alla cose e che ci potrebbecatturare per la sua semplicità e chiarezza, è invece un contenitoredi storie. All’obiezione «Ma la storia qual è? Non c’èuna storia» basta darlo in mano ad un bambino; sicuramentefugherebbe ogni dubbio tranne quello della legittimitàdell’affermazione 5 . Ci si trova inaspettatamente a ragionaresu altri – e alti – livelli. Il grande libro delle figure e delle paroleracchiude infatti un’idea di convivenza civile, di politica. Lasocietà che dipinge Könnecke è vivace e composta; non cisono stereotipi di genere, i bambini e la bambine agisconoindistintamente, gli adulti possono essere madri o padri ozii o cugini: non ci interessa che ruolo rivestono ma come sirelazionano fra loro e con i piccoli. E ci interessa (e si tornaagli oggetti) come abitano, come plasmano i luoghi, chevengono solo accennati, ma di cui in pochi tratti è svelatotantissimo. Gli spazi sono condivisi, non compartimentati,utilizzati da tutti, sia quelli all’aperto che quelli chiusi.Non solo dai protagonisti del libro, ma dagli animali (veri)che ci vivono o dalle piante e dagli ortaggi. Molte attivitàsi fanno in gruppo, come costruire una casetta di legno ingiardino o fare l’orto, ma altre si praticano in solitario, comeun’escursione in montagna. Si gioca molto, e non solo i piccoli.I bambini possono agire e stare da soli.Le persone, sono al centro delle figure e delle parole. Infattiil libro termina con un ritorno all’essere umano (o quasi): sene guarda la capacità espressiva in una carrellata di smorfie,le posture possibili, il corpo e le sue parti e quello che con ilcorpo si può fare. Siamo di nuovo al grado zero, da qui si puòripartire per cominciare ad esplorare tutto da capo 6 .Non esistono modalità di lettura prefissate per Il grande librodelle figure e delle parole ma sicuramente proposto a chinon sa ancora decifrare le lettere, innesca dinamiche moltointeressanti da osservare e su cui riflettere da adulti sucosa intendiamo per leggere. Nella lettura, genitore-figlio,adulto-bambino, entrambi leggono. Ad uno le parole, i segnitipografici, all’altro le figure. Si potrà constatare che chi tienela barra di comando e che dà la direzione, è chi non padroneggiail testo. Le composizioni di singole figure orchestratedall’autore portano il bambino a muoversi fra le illustrazioni,percorrendo la pagina in tutti i sensi possibili; è quest’ultimoquindi che agisce e sceglie, dà il ritmo alla lettura, ne scandiscele pause e le accelerate, decide cosa raccontare, su chifermarsi e concentrarsi, quando girare pagina. Chi è allorail vero lettore? Nella prima pagina del libro l’orsetto su «illetto» con «la coperta» e il «cuscino» legge «il libro di figure».Non è difficile riconoscere il libro, anche se non c’è il titoloscritto sopra. La risposta la sapevamo dall’inizio. [I.T.]Il grande libro delle figure e delle paroleIL GRANDE LIBRO DELLE FIGUREE DELLE PAROLETesto e illustrazioni di Ole KönneckeTraduzione di Nicola MontenzCartonato 22 pagine a coloriFormato 26 x 30 cmISBN 978 88 8362 237 3Euro 14,00UN LIBRO PER:• scoprire i nomi delle cose• ritrovare in casa propria gli oggettidescritti nel libro• raggruppare le cose secondodelle categorie• dire tutte le azioni che si possonofare con una cosa• orientarsi• imparare a contare• inventare storie che si intrecciano• lavorare sul concetto di «variet໕ vedere quante cose sa fareun bambino da solo• parlare di famiglie42 43


BABALIBRIUN VECCHIETTOE CINQUE ANIMALICome può un raffreddore riscaldare il cuore delle persone? Un vecchietto, cinqueanimali, un autobus, uno zoo e un palloncino rosso sono i protagonisti di unastoria piccola e pacata sull’attenzione e sulle tante possibilità delle relazioni.IL RAFFREDDOREDI AMOS PERBACCOIllustrazioni di Erin E. Stead,Testo di Philip C. SteadTraduzione di Cristina BrambillaCartonato 40 pagine a coloriFormato 23,5 x 21,5 cmISBN 978 88 8362 248 9Euro 13,001Essere vecchi non è più di moda: gli ottantenni arrampicanopareti rocciose, le nonne sono più giovani delle proprie nipoti,si vestono come loro. È un ritratto della società contemporanea,che nasconde nella sua apparenza un significatoprofondo: la vecchiaia è considerata una malattia, ci sentiamoripetere tutti i giorni, da cui si può guarire. Prevenire è ilsegreto, a suon di fitness, ritocchi e camouflage. Mantenersiin forma è un diktat, che assieme alla sua universale veridicitàè accompagnato da un’ombra lunga, il non poter maiarrendersi alla realtà della nostra finitezza.Il raffreddore di Amos Perbacco di Philip C. Stead ed ErinE. Stead, vincitore del più ambito riconoscimento statunitensenell’editoria per bambini (la prestigiosa CaldecottMedal), parla di una malattia leggera, un semplice raffreddore.Quanto basta per mettere K.O. Amos Perbacco, cheappartiene a una categoria fragile e «antica». È un vecchietto:stempiato, curvo, un po’ rinsecchito dal tempo, rugosoe miope. È inequivocabilmente anziano, nella mise (un’uniformeverde striminzita con giacca, cravatta e panciotto) enel suo portamento, nella solita routine. Si sa dalla primapagina: stesso risveglio e stessa modalità di scendere dal letto,stesso abito, sempre appena stirato 1 , stessi gesti (bollitore,tre cucchiai di zucchero, uno per i fiocchi d’avena e due per ilthe), stessa strada, stesso autobus, il numero cinque. Semprepuntuale, sempre alla stessa ora. Mai cambiata una virgola.Amos lavora allo zoo della città. «Alla tenera età di sei annio giù di lì quasi tutti i bambini hanno per la testa i più improbabiliprogetti su quello che faranno da grandi […] Ioavrei avuto uno zoo mio. Allora non mi sembrava (né misembra ora) un’idea così insensata o scandalosa. […] Congrande sgomento di tutti, la mia determinazione ad avereuno zoo andò via via crescendo, e alla fine, dopo un numerodi spedizioni per procurare animali agli zoo altrui decisiche era arrivato il momento di metterne su uno tutto mio».Chiara l’intenzione di Gerald Durrell, avere un posto pienodi animali dove convivere con loro, dove guardarli, dove conoscerli;lo zoo rimanda, nell’immaginario infantile e nonsolo, a un luogo straordinario, esotico e fantastico, dove lameraviglia per gli animali assale il visitatore, spesso oscurandola sciattezza delle condizioni in cui questi ultimi vengonoreclusi. Non così appare lo zoo di Amos; a vederlo varcare ilcancello, si pensa quasi più ad un eccitante luna park che aun giardino zoologico; si vedono una giraffa in lontananzache gira libera e una scimmietta sull’albero accanto al portaledi entrata. Qui Amos svolge le sue mansioni; «Amosaveva sempre molto da fare allo zoo eppure trovava sempreil tempo per una visita ai suoi amici». In qualsiasi giornatalavorativa – quanti lavori si possono fare in uno zoo? Il veterinario?Il pulitore di gabbie? Il trova-cibo per gli animali?Il bigliettaio? Il dentista dei felini? – inesorabile e rigorosoAmos ricava uno spazio da dedicare a qualcuno che gli ècaro. Degli animali, ovviamente, con cui il guardiano «si tienein compagnia». Non si vedono gabbie, lo zoo sembra unluogo arioso e aperto. Amos gioca a scacchi con un elefante,fa una gara di corsa con una tartaruga, sta, semplicemente,vicino ad un pinguino, soffia il naso gocciolante di un rinocerontee legge storie ad un gufo 2 . Cinque pagine, cinquesituazioni, cinque storie minime di relazioni. Il segno e lecampiture di colore costituiscono ed enfatizzano i regiminarrativi di questa storia; l’invisibilità del gesto gratuito, lecose minuscole della quotidianità si esaltano con un tratto dimatita sottile e leggero, il disegno di una punta ben affilatache arriva a descrivere anche le cose piccolissime, con la stessaperizia con cui lo fa per quelle grandi. Le campiture di coloredanno il senso dei corpi, soprattutto degli animali, dellemasse, dell’alterità fisica dei vari personaggi 3 , oltre a costruirein alcuni punti la tessitura cromatica del reale con alcunenote (come le righe della casa di Amos o gli alberi dello zoo,il bus). La tecnica utilizzata da Erin E. Stead per colorare,una particolare incisione sul legno che crea sulla carta grandipattern monocromi, consente alla superficie stampata di conservarei segni del legno, le venature, la superficie screpolata.Così la campitura di colore non è piatta ma vibrante e calda.Il raffreddore di Amos Perbacco44 4523


BABALIBRI456Cinque storie di attenzione, dicevamo. Amos conosce i suoiamici, legge i loro bisogni, alleggerisce le loro debolezze conazioni minime e costanti. I cinque «quadri» ci rivelano, aguardarli bene, un identikit a doppia faccia: quello dell’animaleche Amos incontra e quello di Amos stesso. Lui el’elefante hanno la medesima postura al tavolo degli scacchi,pur essendo racchiusi da due corpi «pachidermicamente»diversi 4 . Della tartaruga condivide il volto rugoso e la lentezzadell’incedere. Come il pinguino Amos tiene le zampee i piedi rivolti verso l’interno, come chi è imbarazzato eintimorito dallo sguardo del mondo. Del rinoceronte richiamain maniera buffa il profilo, con il suo gran naso. Ed è lapresbiopia del lettore che lo avvicina alla civetta. Trasmettonofragilità e delicatezza, anche quando i suoi amici animalisono per antonomasia il simbolo della forza: l’elefanteche proverbialmente distrugge il negozio delle porcellane,solleva i pedoni degli scacchi come se fossero bambini conla proboscide, tenendo le sue impacciate zampe in grembo.L’intensità delle relazioni scalda, riempie le giornate, portale persone a varcare i propri limiti, proprio perchè di quellaintensità non si può fare a meno. Ecco spiegato perché, dopoqualche pagina, si ritrova la truppa di animali ben allineataalla fermata dell’autobus. Amos una mattina non arriva.«Dov’è Amos?» si chiedono preoccupati elefante, tartaruga,pinguino, rinoceronte, gufo. Sono in attesa di quel momentoche dà alla loro quotidianità senso e si ritrovano tutti insieme,con lo stesso identico vuoto 5 . Serve l’autobus cinque,per non privarsi neanche per un giorno delle proprie abitudini,per non stare gli uni senza gli altri, per arrivare a casadel loro amico. I ruoli si ribaltano e gli animali si prendonocura di Amos, pazienti e premurosi con le sue debolezze.Di nuovo cinque quadri in cui è la relazione a due che si ripete6 ; ancora scacchi, ancora giochi, ancora stare, ancora starnuti,ancora storie. Il testo e le immagini sono speculari alle cinquescene precedenti: «Giocava a scacchi con l’elefante (che pensavae ripensava prima di ogni mossa» e «L’elefante preparò la scacchierae Amos pensò e ripensò prima di ogni mossa)»; «Prestavail fazzoletto al rinoceronte (che aveva sempre la goccia al naso)»e «“Etciù!”Amos si svegliò con uno starnuto. E il rinoceronteera già pronto con il fazzoletto»; «E al tramonto [Amos] leggevauna storia al gufo che aveva paura del buio» e «E [disse] buonanotteal gufo che sapendo quanto Amos avesse paura del buio,lesse ad alta voce una storia prima di spegnere la luce.»La casa di Amos è lo zoo e lo zoo è la casa di Amos; sulletto c’è la coperta blu di Amos, solcata da disegni di piumedi pavone, esattamente come sul cancello del giardino zoologicoin cui è una effige in ferro del pennuto ad accogliereil visitatore.Altre storie scorrono parallele alla principale; silenzioseemergono piano piano all’occhio del lettore bambino, abilenel cogliere i dettagli in formato mignon: un topino che inogni scena compie delle piccole azioni (tenere un orologio,conversare con un uccellino, fare il tifo per la tartaruga),i frammenti di tante altre esistenze raccontate dai piccolispioncini delle finestre dei palazzi che stringono, quasi piùa darle calore che a schiacciarla, la casa del Signor Perbacco.E un personaggio che sebbene non faccia parte dellarelazione uomo-animale di cui narrano queste vicende seguefedelmente lo svolgersi della storia dalle prime pagine:un palloncino rosso. Potrebbe essere il narratore di tutta lastoria, forse un oggetto sfuggito dalle mani di un bambino7 . O semplicemente il compagno di un pezzo di viaggio.Un po’ come il lettore, che quando tutti infine dormono ammonticchiatie felici attorno al letto di Amos, può deciderecome il palloncino di lasciarli al sonno e partire per un’altraavventura. [I.T.]Il raffreddore di Amos PerbaccoUN LIBRO PER:• lavorare sull’idea di accudimento• raccontare cos’è la quotidianità• guardare i dettagli• interrogarsi su cosa è uno zoo e comevivono gli animali all’interno di esso• tenere compagnia quando si hal’influenza• prestare attenzione alle piccole cose• disegnare e colorare con materialidiversi per sperimentare le possibilitàdei segni• imparare a prendere l’autobus da soli46 477


TOPIPITTORIVOLO SENZA MAPPAIl viaggio di una stella dà corpo a un desiderio che accarezziamo fin dalla culla,quello di volare. Sembra non esserci luogo più adatto della capanna di Betlemmeper richiamare gli adulti alla laicità delle parole e delle immagini e i bambini allavivezza dei simboli.IL VIAGGIO DI UNA STELLAdi Giovanna Zoboli e Marina Del CinqueCollana: AlbiAnno di pubblicazione: 2011Pagine 16, leporello in formato 21 x 23Progetto grafico: Marina Del CinqueISBN: 978 88 89210 71 0euro 14,001A guardare la punta di un albero di Natale, non si direbbe.Non si direbbe che la stella posta in cima al tradizionaleabete rechi con sé tracce di una storia millenaria. Né la sidirebbe giunta da distanze incommensurabili o nata per volare,immobile com’è, quando il libro di Giovanna Zoboli eMarina Del Cinque narra che alle spalle di questo addobbo,c’è un viaggio lungo, magico, per la maggior parte del tempoaereo e senza mappa, indecifrabile finché la provenienzadi tale decorazione rimane circoscritta all’ambito puramentecommerciale: grandi magazzini, laboratori artigianali enegozi cinesi alla medesima stregua. Il viaggio di una stellafesteggia il periodo natalizio rileggendo secondo un’otticatutta celeste uno dei passi più celebrati dei Vangeli, quellodella nascita di Gesù Bambino. Accanto al titolo, un sottotitoloinquadra il clima onirico e spirituale dell’itinerariointrapreso. Il testo e le immagini, per scorrere, si appoggianoalla voce e alle visioni di un tipografo sconosciuto che il 24dicembre compie un sogno: il Sogno del tipografo stanco lanotte di Natale.«Sopra la foresta di Ti, una notte, apparve una stella. La stella,abbandonata la foresta di Ti, si mise in viaggio.» 1 Standoal risultato cui giungono le due autrici – un oggetto in quattrocolori, a più fogli uniti a fisarmonica, per una lunghezzacorrispondente a svariate decine di centimetri, adatto a esseresvolto, riavvolto, appeso, riposto nella custodia che lo contiene1 –, l’episodio religioso sa emanciparsi dall’iconografiacanonica del presepe con Maria, Giuseppe, il bue, l’asinello,i pastori, i Re Magi. Per questi motivi, Il viaggio di una stelladovrebbe trovare automaticamente ospitalità tra i percorsi dilettura che hanno al centro il momento del Natale e incon-trare estimatori tra gli appassionati di presepi popolari, viventi,meccanici. Sembra non esserci luogo più adatto dellacapanna di Betlemme per richiamare alle rispettive figure eruoli laici i bambini e i genitori.Il viaggio di una stella non cita visivamente figure umane edevita accuratamente rappresentazioni realistiche. Gli adulti,più dei bambini, si chiederanno perché. Paesaggi, atmosfere,personaggi, sono creati attraverso l’alternanza dei coloribianco, rosso, nero, oro, e il principio compositivo del “temacon variazioni”. Le lettere alfabetiche, qualora non rientrinonella parte superiore della pagina, dedicata al testo, hannolo scopo di fondare geometrie maggiori: disegni. Sonomontagne di “V”, flutti di famiglie di gotiche 2 , giungle sortedall’intrico di maiuscole senza grazie, profili di mercantitratteggiati con i segni di punteggiatura, angeli provenientidalle aste curve molto aperte di certe “s”, “z”, “d”, cammellie magi salutati da composizioni a caratteri Fraktur. Mentresi legge questa storia ne affiora implicitamente una diversa,non più basata su un artificio narrativo, bensì sulla storiadella stampa e della tipografia. Si viene a conoscenza di figureimportantissime nel campo del disegno di caratteri, qualiGutenberg, Jenson, Manuzio, Bodoni, Garamond, Didot, esi studiano alcuni concetti tipografici (caratteri mobili, crenatura,font, occhiello, spaziatura, eccettera). Quelle dellacalligrafia, della storia della stampa e delle sue tecniche sonoautentiche peripezie, che potrebbero appassionare, tanto piùse correlate alle vicende delle tecnologie e dei supporti correnti(computer, e-book, iPad).Il codice visivo su cui si basa Marina Del Cinque è intrisodi moduli costruttivi ripetibili. Letto sospendendo ognigiudizio specialistico in materia di lettering, esso è un giocopuro di punti, linee e superfici 3 , avrebbe scritto Kandinsky.Il piacere di disegnare con le parole è palpabile anche per chiosservi alfabeti, ma non li sappia leggere: bambini piccoli epiccolissimi si intende, che di questo libro hanno a disposizionetutto il retro (più di 200 cm di lunghezza), qualoradecidessero di colorare, disegnare, raccontare. Sperimentarsinel disegno-scrittura, a mano, con i timbri, con Photoshop,libera dalla frustrazione di “non saper disegnare”, chi non sidestreggia nella copia dal vero e tuttavia è amante dei segnigrafici e del linguaggio iconico. Potrebbe coronare la letturadi questo libro una visita guidata alla Tipoteca Italiana diCornuda (in provincia di Treviso).Il viaggio di una stella48 4923


TOPIPITTORI456“Sorvolò”, “fece visita”, “ascoltò”, “vide”: sono questi i verbiche dirigono la rotta della stella nominata. Suscitano unatensione sottile, che tiene accesa l’attenzione dei lettori dalprimo avverbio («sopra»), all’ultimo («lassù») e posiziona ipensieri di chi legge a un’altezza precisa dello spazio fisico ementale: in alto. Il viaggio di una stella dà corpo a un desiderioche noi umani accarezziamo fin dalla culla, quello di volare,e realizza, senza deludere, l’illusione che accompagnatida una storia-cometa ciò sia possibile. Zoboli e Del Cinquepropongono a persone bambine e adulte un’esperienza di radicaleinnalzamento della soglia percettiva, a cominciare daun gioco elementare praticabile quando la lettura vede coinvoltealmeno due persone: lasciamo che una di loro raccontia voce alta, mentre chi tace, ascolta a occhi chiusi il peregrinaredella scia luminosa e delle intonazioni vocali. Notereteche Il viaggio di una stella possiede un’energia analoga aquella delle onde, perché trasporta.«Videro la stella in tutti i continenti e il suo passaggio fucommentato in tutte le lingue del mondo. Dopo tanto girovagare,la stella si fermò sopra una misera capanna. Creaturealate giunsero da ogni parte del cielo. Greggi belanti arrivarononella notte, guidate da inquieti pastori 4 .Comparvero tre stranieri, cullati dalle gobbe dei cammelli:sul capo avevano corone, nelle mani, doni preziosi.»Una folla vociante si apposta sulla soglia di una “U” capovolta 5 .È un archetipo perfetto per esprimere universalmente, senzaparole, il concetto di casa. D’altra parte, Il viaggio di una stellapredispone all’esplorazione di figure, che a loro volta predispongonoall’esplorazione non di uno, bensì di numerosiidiomi. Come nasce una lingua scritta? Come si estingue?Quanti sono gli alfabeti? Scriveremo per sempre oppure ungiorno smetteremo? Argomentare intorno a simili domanderestituisce alla scoperta della scrittura un volto meno meccanicoe astratto.L’ambiente creato da Il viaggio di una stella, è un invito esplicitoa notare intensità là dove non brilla alcunché in modovistoso. La stella di cui si parla è grande quanto la capocchiadi un chiodo, tale rimane per tutta la durata del testo 6 , masappiamo dal frontespizio che il giorno in cui si è formata,il primo dicembre, era più piccola di una punta di spillo. Lasua evoluzione richiama il movimento microscopico e armonicoche prepara la nascita di qualsivoglia elemento vitale,idee incluse. Il viaggio di una stella fa dono, a chi lo leggeda adulto, di interrogazioni profonde, difficili da esaminaresenza paura e senza speranza, dato che, come scrive WislawaSzymborska, «Le nostre grotte stanno diventando Disneyland.Alla nostra sensibilità estetica e al nostro spirito diosservazione non viene più proposto nulla che abbia preservatoil suo carattere naturale. Talvolta non manca nemmenoqualche stupida musichetta. Perché il silenzio è qualcosache Disneyland non può tollerare». Cosa cambia e cosa notra Gesù Bambino appena nato e un bambino appena nato?Cosa cambia e cosa no fra l’infanzia di un bambino e l’infanziadi Gesù? Che cos’è un bambino? La confusione e gli artificiche prolificano oggi su questi argomenti, ci auguriamosomiglino alla babele di linguaggi cui si assiste davanti allacapanna, un momento prima che silenzio e oscurità annuncinoil principio di un nuovo, straordinario, viaggio umano.«Tutti si incontrarono davanti alla capanna. I linguaggi deglianimali e degli uomini si intrecciavano in un mormorioprofondo. Poi, a poco a poco, ogni suono si spense. Nessunosguardo fu più attratto dalle creature alate o dalla luce che liaveva guidati fin laggiù. Tutti guardavano solo la capanna, ela stella capì che il suo viaggio era finito.» [G.M.]Il viaggio di una stellaUN LIBRO PER:• ampliare un percorso di letturadedicato al Natale oppure al viaggiooppure alla nascita• raccontare sul retro del foglio, conil disegno e/o senza le parole, un altroviaggio, nello stesso numero di sceneproposte dalla storia delle autrici• scoprire che cos’è la tipografiae preparare una gita scolastica allaTipoteca Italiana• fare esercizi di comparazione,confrontando presepi e nativitàrealizzati in epoche e con tecnichediverse• comprendere meglio le differenzee le somiglianze tra riti religiosie tradizioni popolari• approfondire la distinzione fra simbolie segni• argomentare attorno ad alcunedomande: come nasce una linguascritta? Quanti sono gli alfabeti?Quando iniziala storia della scrittura? E prima comesi faceva? Scriveremo per sempre o no?• riflettere sui tanti modi in cui puòessere fatto un libro50 51


BABALIBRIFRA LA SABBIADEL DESERTOUna sedia in un deserto e due cani. Sedersi è fuori questione perché una sedia èqualcosa di magico. Si può trasformare in una slitta, in un camion dei pompieri,in un’ambulanza, in un’automobile da corsa… Se la si sa guardare dalla giustaprospettiva.12«Ceci n’est pas une pipe», «Questa non è una pipa», dichiaravaalla fine degli anni Venti l’artista René Magritte dipingendosu una tela la perfetta copia di una pipa. Il pittore usaun gioco fra parola e immagine per svelare la differenza – sostanziale– che esiste fra una cosa reale e la sua riproduzione.Il libro di Claude Boujon invece afferma che l’oggetto chesi intravede lontano sulla pagina, e poi in primo piano, èproprio una sedia. Quella sedia, La sedia blu. Il suo coloreè importante, come lo è un nome. La sedia blu è come ilbambino Marco. L’autore lo chiarisce immediatamente ambientandoil racconto in un deserto: dai risguardi, sulla sterminatacampitura beige della sabbia, che copre quasi tuttala superficie disegnabile, Boujon abbozza un piccolo segnoche ha lo stesso colore del cielo, che spicca, cattura la nostraattenzione. Un tuareg viandante? Uno specchio d’acqua diun’oasi? Un miraggio? 1I protagonisti del libro sono due cani diversi nell’aspetto enel carattere, lo spilungone nero, Bruscolo e il tarchiatellocolor miele, Botolo, appunto. Tuttavia essi sono intimamenteaffini nella loro visione del mondo; entrano in scena comedue filosofi peripatetici, a testa all’insù e vengono colpiti daun dettaglio: «“Oh guarda laggiù c’è qualcosa di nuovo”, annunciòBruscolo indicando la macchia blu in lontananza.Quando Bruscolo e Botolo si avvicinarono, scoprirono unasedia» 2 . L’oggetto, stranezza che spezza la monotonia di uncampo visivo, diventa il nuovo centro della pagina e il centrodell’interesse e delle azioni dei due cani.Sedersi è fuori questione: Botolo e Bruscolo non sono stanchipellegrini, ma infaticabili scopritori. La realtà oggettualedi una sedia (la sua funzione, farsi sedere) viene immediatamentesmentita dai due: la sedia assurge immediatamenteal rango dei «cosi», gli oggetti che non hanno una definizioneprecisa proprio perchè possono essere tante altrecose; nascondiglio, negozio, slitta, vettura, gioco del circo «“èmolto semplice” dichiarò Bruscolo, “una sedia è qualcosa dimagico. Si può trasformare in una slitta, in un camion deipompieri, in un’ambulanza, in un’automobile da corsa, in unelicottero, in un aereo, in qualsiasi cosa si muova o voli… eanche in qualsiasi cosa galleggi”». Da oggetto inerte e staticoscatena attorno a sé un continuo cambiamento di stato, dispazio, di posizione dei personaggi.Tutte le varianti sono possibili, vere e attuabili al tempo stesso.Se la sedia è sempre la stessa, cambia di doppia pagina indoppia pagina lo sguardo che i due protagonisti restituiscono,l’interpretazione che ci danno di lei. Proprio d’interpretazioneteatrale si tratta: la sedia è un attore a cui Botolo eBruscolo prestano la mimica, il corpo, lo sguardo. Rendendocredibile e reale qualsiasi parte la sedia stia ricoprendo.Nell’inventare nuove vite alla sedia, Bruscolo e Botolo nonfanno solo un lavoro di fantasia, ma esplorano un oggettoin tutta la sua oggettualità e fisicità: la seduta con le gambeorigina la sagoma di un rifugio con il tetto, l’altezza delloschienale crea un punto d’osservazione panoramico, il vuotofra il dorsale e la seduta diventa uno sportello con cui da unnegozio ci si relaziona ai propri clienti 3 .Giocare non è un’attività; è una modalità di conoscenza delmondo, quello grande e sconfinato ma anche quello infinitamentepiccolo o quello banalmente quotidiano, a cui nonprestiamo alcuna attenzione. Boujon ci invita a risponderea una domanda: cosa occorre per giocare? La sua risposta èchiarissima: niente. A giocare leggeri si guadagna in spazio elibertà; scorrendo le pagine del libro, le letture creative dellasedia si tramutano in un micro – musical, in cui Bruscolo eBotolo, come fanno Gene Kelly e Donald O’Connor con undivano in Singing in the rain, danzano attorno ad un oggettoinanimato spostandosi nello spazio, impossessandosi diquest’ultimo e trasformando con la propria presenza l’anonimodeserto di sabbia, dandogli una personalità 4 . Anche iltesto, letto tutto di fila, assomiglia ad una canzoncina cheaccompagna un numero teatrale.La kermesse inventiva di Bruscolo e Botolo subisce una bruscasvolta all’arrivo di un terzo personaggio, il dromedario.52 5334La sedia blu


BABALIBRILA SEDIA BLUTesto e illustrazioni di Claude BoujonTraduzione di Federica RoccaCartonato 40 pagine a coloriFormato 20 x 25 cmISBN 978 88 8362 239 7Euro 11,50In un apparente ripristino delle regole «giuste e condivise»,il dromedario si siede 5 . Ferma il balletto dei due personaggima anche quello del lettore, per riproporre la storia dellasedia da un altro punto di vista che difficilmente il lettorepotrà a questo punto condividere: «“Ma si può sapere cosastate combinando? Dove credete di essere, al circo?” Bum!Patatrac! Fine del gioco. “Una sedia” disse ancora, “è fattaper sedersi”. E si sedette sulla sedia, deciso a non alzarsipiù». Quella del cammello non è una lettura sbagliata dellasedia, anzi è quella primaria. Viene però da chiedersi se, inmezzo al deserto, quell’unica preziosissima variante blu possalimitarsi a fare solo da sosta.A cosa serve sedersi se attorno si contempla solo e sempre lastessa cosa? Serve proprio una pausa, quando tutto attorno èmonotono e identico a se stesso? Il dromedario ci rammentala descrizione dei grandi che traccia Il Piccolo Principe di Antoinede Saint Exupéry. Egli distingue i grandi dai bambiniin base alla qualità delle domande che sanno porsi:«Quando voi gli parlate di un nuovo amico mai si interessanodelle cose essenziali. Non si domandano mai “Qual èil tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti?Fa collezione di farfalle?” Ma vi domandano “Che età ha?Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?”.Allora soltanto credono di conoscerlo».Ecco il perfetto ritratto del camelide, arido come lo è ildeserto: egli ha perso (o non ha mai avuto?) la capacità divedere il mondo, crede di cogliere il fulcro del discorso trascurandol’essenziale.Quest’ultima parola racchiude perfettamente l’universo diBoujon: la sua narrazione e il suo segno, che sono l’uno speculareall’altro, si concentrano su ciò di cui non si può assolutamentefare a meno. Se si contano gli elementi che compongonol’immagine e la storia ci bastano forse le dita di unamano: tre figure, una sedia, il deserto, una linea d’orizzonteche separa alto da basso, terra da cielo, l’aria. Sono tutte coseche anche un bambino molto piccolo riesce a nominare econtenere all’interno di un discorso. Non occorre altro percostruire una narrazione; basta l’espressività degli occhi deipersonaggi per identificare un sentimento, un desiderio, unacapacità visionaria e inventiva come quella di Botolo e Bruscoloper cui una sedia è una leva di Archimede, ci si puòsollevare il mondo 6 . Così come è sufficiente la linea dellesopracciglia per intuire subito dallo sguardo interdetto e perentoriodel cammello che quest’ultimo non entrerà mai nelcircolo che Bruscolo e Botolo hanno creato assieme.Torna di nuovo l’elemento del deserto 7 . A guardarlo bene infondo alla storia, concorre più di tutti a strutturare la narrazione.Non si tratta infatti di una landa desolata di sofferenzae calura (anzi, le componenti cromatiche dell’immaginerestituiscono quasi una sensazione di fresco, forse per l’azzurroterso del cielo), ma di un «concentratore» di attenzione,un luogo che sottrae una parte della sua fisionomiaper lasciare spazio a ciò che succede. La riflessione sui luoghiche Boujon mette in atto è estremamente interessante.Chi abita plasma un luogo, lo conforma a sé. Non occorrononinnoli, decorazioni, camerette componibili su misurao armadi polifunzionali. Il deserto di Bruscolo e Botolo èmolto più abitabile di quello del dromedario. Nonostantequest’ultimo infatti, che sottrae definitivamente la sedia allenostre riflessioni e attività, Botolo e Bruscolo si voltano, senzafallire di nuovo il loro compito di esploratori. Si riparte,il deserto è vasto. Ci sarà uno scatolone o un macininoabbandonato per ricominciare da capo. «“Andiamocene”,disse Bruscolo all’amico “questo cammello non ha nessunaimmaginazione.” “Oltretutto non è neanche un cammello,è un dromedario. Ha una gobba sola!” aggiunse Botolo cheamava la precisione» [I.T.]5 6UN LIBRO PER:• dire quante cose può essere unasedia, e poi un tavolo, una finestra, unprato…• inventare una storia a partireda un oggetto• giocare al teatro degli oggetti:interpretare ognuno, il ruolo di unasedia, un tavolo, una armadio…• guardare un animale e dargli un nome• scoprire quante cose possono esserciin un deserto• descrivere un oggetto guardandoloda punti di vista differenti54 557La sedia blu


TOPIPITTORIUN GIORNO SPLENDIDOLa “letteratura per l’infanzia”, vista attraverso le pagine di Kitty Crowther, nonesiste. Quella che si intravede, al suo posto, è un’altra cosa, è una letteratura che,tramite i personaggi di un omino e di Dio, si rivolge all’infanzia dell’Uomo.L’OMINO E DIOdi Kitty CrowtherCollana: Grilli per la testaAnno di pubblicazione: 2011Progetto grafico: PastelPagine 48 in formato 18,5 x 26,5ISBN: 978 88 89210 69 7euro 14,00È scritto nei versetti del Libro della Genesi che Dio creòl’uomo a sua immagine e somiglianza. Non che sia facileapprocciarsi a certe verità, né quando si è piccoli, né quandosi è grandi. Tuttavia, possono esserci circostanze grazie a cui,trattare questi argomenti, coincide con raccontare una storiaai bambini, semplicemente. L’omino e Dio di Kitty Crowtherne è la dimostrazione. Ci sono letture, tanto più riuscite,quanto più arrischiate, perché lasciate aperte a destini nonprevisti fino in fondo da chi ha progettato, scritto, illustrato,pubblicato. Non è forse sempre così nella vita di un libro epiù in generale, in quella di qualsiasi prodotto dell’ingegno,che una volta realizzato prende strade indipendenti da chil’ha creato? Non è forse così per l’essere umano, una voltanato? C’è caos tra i pensieri degli adulti quando è ora didecidere se un libro sia per bambini oppure no. E aumenta,se l’oggetto da scegliere è un albo illustrato e tocca verticiclamorosi in prossimità di materie percepite inopportune,dalla maggioranza degli adulti: la morte, il corpo, la spiritualità,un certo tipo di solitudine e un certo tipo di compagnia,per rimanere legati ad aspetti che Crowther ha piùvolte toccato nella sua carriera di autrice. L’opera di KittyCrowther – vincitrice nel 2010 del più prestigioso premiomondiale per la letteratura per l’infanzia, il Premio AstridLindgren – non fa mistero, mentre narra di Dio e dell’uomoe li mostra, del fatto che all’infanzia possiamo parlare di tutto.La cosiddetta letteratura per l’infanzia, vista attraverso lepagine di L’omino e Dio, non esiste. Quella che si intravede,al suo posto, è un’altra cosa, è una letteratura universale chesi rivolge all’infanzia dell’Uomo.«Una mattina, Omino fa la sua passeggiata. Ai bordi delsentiero, incontra una cosa 1 . “Non aver paura”, dice la cosa.Si fa presto a dire..., pensa l’omino. “Chi sei?” domanda educatamente.“Sono Dio” “Sei Dio? Il DIO? Non ti immaginavoassolutamente così.”»Il dialogo tra l’omino e Dio prende le mosse da alcune questionicentrali già nei testi sacri, che attengono al linguaggiovisivo, alle immagini di Dio e dell’uomo, in particolare.Tutti i culti, durante la loro storia, hanno avuto bisogno diraccontarsi attraverso la produzione e la riproduzione costantedi immagini. Che Kitty Crowther faccia scattareda qui, dall’osservazione dell’immagine di Dio, l’interessedell’omino per Dio 2 , è coerente con il soggetto che ha sceltoe con la tradizione millenaria che a esso si accompagna. Puòfare riflettere i lettori che studiano le religioni nella scuolaelementare, venire a sapere che, in determinate epoche storiche,mostrare l’icona di Dio era segno di idolatria. In altritermini, se Kitty Crowther fosse vissuta in epoca bizantinale sue immagini sarebbero state distrutte dalle autorità; oppure,se il Dio in esame fosse Allah, certamente non avrebbele sembianze antropomorfe che gli vediamo assumere,poiché la religione islamica proibisce riproduzioni naturalistiche,al loro posto, utilizza l’arte della calligrafia. Moltesperimentazioni nel campo delle relazioni tra immagini eparole abitano in seno al repertorio sacro. Potrebbe dare piùconcretezza a tali concetti, compiere confronti diretti tra iritratti di Dio di Kitty Crowther e altri, comparsi nel corsodella storia delle religioni e dell’arte, seguendo criteri diversificatidi selezione, geografici e storici, per cominciare.«“E come te lo immaginavi Dio?” “Grande, vecchio, con unalunga barba bianca, l’aria severa e una tunica azzurro cielo.Ma le mani dietro la schiena, proprio come te!” 3 E Dioscoppia in una gran risata.», capace, per come lo vediamo elo sentiamo ridere, di non mettere in ridicolo chi ha appenadato dimostrazione di ignoranza, di correggere un’impostazioneimmaginaria errata, di divertire. In una risata,può starci niente oppure moltissimo. Proponete ai bambinia cui state leggendo L’omino e Dio la stessa domanda: saràuna scoperta per tutti rileggere ad alta voce, in gruppo, lerisposte di ciascuno. Seguono diverse metamorfosi da partedi Dio. Tenuti saldi i tratti che lo contraddistinguono, cioèil profilo rosso del corpo, gli occhi azzurri, l’aura arancionefosforescente che si diffonde su ogni creatura, al suo passaggio,e la simpatia, Dio, in un gioco di grafite, diventa sempreL'omino e Dio56 57123


TOPIPITTORI45“altri” e al tempo stesso non cambia mai. Viene da chiedersi,a questo punto del testo: che differenza c’è tra una religionemonoteista e una politeista? Il Dio di L’omino e Dio aquale delle due fedi si rifà e perché? Kitty Crowther nonè una teologa né prova a esserlo pubblicando questo libro,che prima di tutto è la storia di un incontro straordinario,tra due persone straordinarie. Eppure, al cospetto di questoDio, esperto volatore e inesperto nuotatore, come si evincedalle scene a pelo d’acqua e da quelle in cima agli alberi, potrebberotrovarsi anche i pensieri di una eremita del nostrotempo, Adriana Zarri, la cui lettura è consigliabile insieme aquella di L’omino e Dio.Il potere di sintesi di cui sono dotate le figure, è invidiabileper chi, per esprimersi, non conosce altro mezzo che illinguaggio verbale. La combinazione di certi segni, colori,soggetti iconografici, toglie la voce a commenti superflui,perfino al testo, se ritenuto non necessario, come si verificanella sequenza del Dio-lepre, Dio-cervo, Dio-cow-boy,Dio-Apache, Dio-gorilla 4 . Alle parole scritte, dunque, sipuò rinunciare, senza temere afasia o discontinuità all’internodi un discorso verbovisuale, tipico degli albi illustrati.Quante parole non scritte, pronunciano i disegni di KittyCrowther, a loro volta ispirati da altrettante parole non dette,raccolte, imparate, a occhi aperti: quercia, abete, betulla,larice, pino, faggio, arnica, iperico, luparia, sassifraga, erbastella, erba matta, piantaggine, pappi, viperina, farfaraccio,strigolo eccetera. Il campo visivo abbraccia misure varie, egiocare a cercare animali piccolissimi rende evidente la partecipazioneal racconto di esseri minuscoli: coleotteri, lepidotteri,termiti, eccetera. Kitty Crowther setaccia il bosco ele sue presenze a trecentosessanta gradi, per disegnare. Chivolesse, potrebbe farsi guidare da un botanico a compiereun’indagine analoga.È una scelta ricorrente, da parte dell’autrice, quella di accoppiarevisioni a elementi di vita quotidiana, fattori microscopici,più che macroscopici, contribuiscono a fare, di un nulla,miracoli 5 . «Fatti pochi passi, Omino chiede a Dio se gli vadi andare da lui a mangiare una frittata. Dio accetta con entusiasmo.“Sono onorato di accompagnarti, ma che cos’è unafrittata?”», oppure «Il pranzo è finito. Dio si offre di lavarei piatti. “No, no! Lo faccio io dopo.” Omino dà un’occhiatafuori dalla finestra. “È bello, andiamo fuori.”», oppure «Sedutosu una pietra, Dio domanda: “Ti piacerebbe volare?”“No, mi piacerebbe di più nuotare sott’acqua!” Parlano unpo’ delle cose che preferiscono. Dio guarda la notte, il cielostellato. “Bisogna che rientri, mia moglie mi aspetta.”»D’altra parte, anche dal pronunciare parole ci si può astenere,senza perciò far morire una conversazione. Dai silenzipraticati dall’omino e Dio, il parlato esce intensificato, piuttostoche affievolito. I personaggi inventati da Kitty Crowtherparlano e tacciono a questo modo, nel rispetto reciprocodi regole non scritte, che permettono loro di comunicare,ancorché in silenzio. Un silenzio di segno positivo, fratellodei silenzi indicati da Enzo Bianchi, priore della comunitàmonastica di Bose, come irrinunciabili. Sono «il silenziorispettoso della parola dell’altro, ma anche il silenzio sceltonella consapevolezza che “c’è un tempo per tacere e un tempoper parlare”. Un silenzio particolare è quello dell’amiciziae dell’amore, un silenzio di presenza e di pienezza, in cui ilsemplice stare insieme è fonte di gioia. Vi è infine il silenziointeriore, nel cuore di ciascuno di noi, per accogliere la presenzadegli altri e dell’Altro, Dio.»Il finale è l’enunciazione ennesima di un valore sposato findal principio da Kitty Crowther: quello dei nomi e dei simboli.L’omino si chiama Teo «“che vuol dire Dio. Lo sapevi?”“Sì, sì. Me l’aveva detto mio padre.”» 6 [G.M.]L'omino e DioUN LIBRO PER:• sviluppare un percorso di letturadedicato alle religioni monoteistee politeiste• raccogliere e confrontare diversiesempi di rappresentazioni del divinonella storia dell’uomo• scrivere in forma di racconto breveo di fumetto, un incontro unico,capitato davvero, analogo a quellotra Omino e Dio• notare differenze e somiglianzetra esseri umani e esseri divini• riconoscere/elencare certi tipidi silenzio• giocare a risalire all’origine delproprio nome, sull’esempio di Teo-Dio• aiutarsi con una guida naturalistica arisalire ai nomi dei fiori e delle piante“detti” da Kitty Crowther attraversoil disegno• osservare il modo in cui Kitty Crowtherusa la matita e i colori e sperimentarela stessa tecnica58 596


TOPIPITTORIUN SEME,PIÙ UN SEME, PIÙUN SEME, PIÙ UN SEME…In un giardino, in un orto, in un prato, su un fazzoletto di verde, dentro vasi einnaffiatoi, in un punto esatto dell’orizzonte, in un momento dato dell’anno, doveil terreno è irrorato, l’aria è fresca, l’ombra è giusta, il sole c’è.1Proviamo ad ascoltare, ad ascoltarci, mentre diciamo “amore”.Con che frequenza pronunciamo questa parola? In qualioccasioni? Rivolgendoci a chi? Con che tono di voce? Peresprimere cosa? A quale scopo? Amore mio, mio amore,amore della mamma, amore del papà, amore della mia vita,amore santo. Eccetera. Vuol dire qualcosa? Cosa vuol dire?C’è chi fa un uso sconsiderato di questo termine, chi opportuno,chi vano, chi immotivato, chi nullo, chi ricorre a esso“per emergenza”, chi al momento giusto con gli interlocutorigiusti, chi al momento giusto con gli interlocutori sbagliati.La casistica è varia e le variabili influenzate dai casi.Su questo tema i bambini potrebbero giocare a smascherare gliadulti ponendo loro la domanda “che cos’è per te l’amore?” 1 .Potrebbe nascerne una piccola inchiesta con cui impararein classe un po’ di statistica e, al tempo stesso, registrareinformazioni particolarmente interessanti. Come gli adultipossano reagire a certe domande dei bambini è prevedibile,ma anche no: per questo è un terreno verso il quale tentaredi spingersi, sapendo che agli adulti potrebbe non piacereaffatto essere “studiati” con attenzione e serietà vere.Zoboli e Ventura, in controtendenza rispetto ai canoni socialicorrenti, non lasciano spazio alcuno alla possibilità chea occuparsi d’amore siano personaggi stolti: tutti, con le loroacutezze o difficoltà, appaiono dotati di anima, di pensiero,di capacità di ridere e di piangere, di provare dolore e piacere,di sentire e di ascoltare, di cambiare. L’amore di cui trattaNove storie sull’amore non si infiocchetta, non si svende, nonsa di zucchero, non è rosa. L’atmosfera è avvolta dalla chiarità,dal fresco delle acque sorgive, dal fare piano ciò che si fae dal prendersi cura. Scrittura e immagini, emancipate per ledue autrici da qualsivoglia ideologia o morale, muovono dallaquotidianità per approdare in orti e giardini della mitezza.Fiducia? Spiritualità? Cosa regna e veglia sulla conservazionee sulla trasmissibilità di ciò che più conta dentro le vite,ovvero il loro bene, ovvero la loro umanità?Accanto a chi dice “amore” in modo meccanico, ci sono personeche pensano o dicono o scrivono “amore” per ragionisensate; oppure persone che per paura o pudore o disinteresseo altro, “amore” non lo dicono mai. Amore affiora in questicasi attraverso altri canali, con vocaboli parlanti secondola lingua della mimica, della gestualità, dello sguardo, dellafisicità, della postura, del silenzio, del sottovoce. Esplorarequesto mondo, forse, significa amare. C’è da provare. Nonsi amano dunque solo gli innamorati? No. Si amano, certo,gli innamorati, ma si può amare anche senza esserlo, senzaessere fidanzati o sposi. Amare un fiore, amare un giorno,amare un sasso, amare un suono, amare una stagione, amareun’onda, amare un luogo, amare un animale, amare una parola,amare se stessi, amare molte persone: perché no 2 ?Nove storie sull’amore non riguarda gli amori a prima vista négli amori di superficie, a meno che dalla prima vista e dallasuperficie non possa accadere di scendere e salire, di gradinoin gradino, un po’ più giù, un po’ più su, un po’ più in qua,un po’ più in là. Il cosiddetto colpo di fulmine si verifica inogni capitolo, ma non è la scintilla che interessa raccontare.Prima delle parole e delle definizioni, “amore” è un fenomenoche accompagna, chi ne fa esperienza, al centro di sé, alcentro dell’altro, al centro della vita, al centro dell’universo 3 .Forse per questo l’amore è un campo in cui non cresce nullase non ci affacciamo sul resto del mondo e, tra le sue infinitefrange, esseri tra esseri, pazientemente, impariamo acomunicare. Centrare prima un nucleo, poi tanti, centrarsi,dunque, ispirati dall’intelligenza perfetta della natura, dallasua imperturbabilità e vulnerabilità insieme, dalla ciclicitàe dalla circolarità di certi percorsi, dall’accettazione seraficache nella violenza del seme che penetra o buca la terra c’èdell’altro: misteri, delizie, divinità.Ana Ventura dice “amore” usando dei punti di colore rossoo aprendo varchi chiari a forma di casa, in corrispondenzadella pancia, del sesso o del cuore delle figure che disegna.Giovanna Zoboli fa altrettanto, eleggendo a protagonisti,insieme a frammenti scelti di umanità – bambini, ragazze,donne, uomini, signori, persone anziane – fili di esistenzeNove storie sull'amore60 6123


TOPIPITTORINOVE STORIE SULL’AMOREdi Giovanna Zoboli e Ana VenturaCollana: AlbiAnno di pubblicazione: 2011Pagine 32 in formato 20 x 20Progetto grafico: Marina Del CinqueISBN: 978 88 89210 61 1euro 14,004provenienti da altri mondi (passato? futuro? eternità?), creaturepure viventi: innaffiatoi di latta, libri, animali, erbette,alberi 4 .Cercatori d’amore sono gli esseri umani e, con essi, gli animalie le piante. Quante direzioni e pieghe possa avere ilsentimento d’amore lo leggerete: tante, non una solamente.È nella dimensione amorosa plurale che può svilupparsiaffezione, radicamento, nuovo amore, perché sì, esso si riproduceed è trasmissibile. È nella dimensione d’amore chearrivano, anche nelle notti più buie, se le si sa riconoscere,non dico carezze, non dico baci, ma molto di più: gocce displendore.In tutta evidenza Nove storie sull’amore non è un manualesentimentale. Non ne ha né la forma né i contenuti. Nonne ha la pretesa né le finalità. Eppure questo oggetto, peranalogia, fa venire in mente certi portolani e certe figure diviaggiatori istruiti al navigare, ospiti o capitani di navicellein movimento, immensamente piccoli nel mare magnum delsogno e della creazione. Nove storie sull’amore può costituireper chi lo sceglierà e deciderà di proporne la lettura in classe,uno strumento per fare “chiaro” intorno alle emozioni, ai desideri,alle pulsioni, alle paure, allo sconcerto, alle stranezze,all’attesa, alla felicità, alle metamorfosi, ai piaceri, ai motid’animo e psichici che l’amore, una volta sbocciato, provoca.«Un innaffiatoio non sapeva cos’è l’amore. Era un bravo innaffiatoiorispettato da tutti, con un bel becco lungo. […] Ungiorno, vide un’erbetta che cresceva fra le pietre. Era tantodelicata che si piegava solo a guardarla. I fiori erano piccoli,che se non ci si faceva attenzione sarebbero sembrati proprioniente. Ma da vicino erano come un tappeto brillantedi stelle. L’innaffiatoio si sentì strano. Gli venne in mente lanotte, e sospirò. Gli venne in mente il giorno, ed ebbe paura.Voleva dar da bere alla piantina, ma temeva che l’acqua fossetroppa o troppo poca. Passò di lì una mosca esperta di sentimenti,si posò sul muro e disse: “Ecco, l’amore è quando nonpensiamo di sapere già quello di cui una altro ha bisogno”.»Le Nove storie sull’amore offrono, in uno spazio contenuto(ciascuna storia non supera la lunghezza di una pagina),la possibilità di riflettere ampiamente sulla portata di ciòche decidiamo essere cosa “piccola” e cosa “grande”. Cosaè piccolo e cosa è grande, a seconda delle prospettive, puòessere interpretato come un problema scientifico oppure filosofico:l’ultima parola, a questo proposito, non è mai detta,per questo andrebbe incoraggiato chi desidera discuterne.Da queste pagine, bambini e adulti, sapranno trarre innumerevolispunti di elaborazione e di ragionamento. Di fronteall’amore, piccolo risulta l’essere umano, piccoli gli animali,piccole le foglie, piccoli i frutti. Sarà grazie a questo essereminuti, oltre che piccoli, che il confronto diretto con il“grande bene” seduce e, a certe condizioni, salva? In questosenso, è esemplare la vicenda dell’uomo molto indaffaratoingoiato un brutto giorno dal suo stesso buio e richiamato,in un giorno migliore, dalla voce di un’erba matta che dice:«“Ti ho trattenuto in mezzo al chiaro del mondo, quandonel buio dei fatti tuoi saresti finito nel gran deserto del chissàdove, senza acqua né cibo né gioia” 5 .»Infine, «da non si sa dove arrivò un bambino. Era un bambinocome tutti gli altri ma sembrava più piccolo per via delfatto che con lui non c’era nessuno 6 . Lo videro un uomo euna donna che passavano di lì, e si chiesero da dove potessevenire. “Per me viene da molto lontano”, disse l’uomo. […]sul piede del bambino era cominciata a spuntare una fogliolina.“Vedi”, spiegò [la donna], “ha già cominciato a mettereradici.” E aveva ragione perché i bambini sono bravissimi amettere radici. Anzi a far mettere radici a tutto quello cheè intorno a loro: donne, uomini, case, cose, animali, nuvole,paesi… 7 » [G.M.]Nove storie sull'amoreUN LIBRO PER:• riflettere sul fatto che l’amorenon è uno: gli amori possono essere tantie di natura diversa• chiedersi nel profondo che cos’è amore eche cosa non lo è• cominciare, se non lo si fosse mai fatto,a prendersi cura di una pianta• notare le differenze tra “mi prendo curadi” e “me ne infischio di”• aprire una parentesi sul Giardinodell’Eden• dialogare con i ragazzi a partireda alcuni termini chiave del testo: seme;radice; foglia; frutto; albero; acqua• mettere a confronto l’aspetto di certiorgani vitali con quello di certi elementivegetali, a partire dagli uomini-piantadi Ana Ventura• riflettere sul valore e sul significatodell’attenzione62 63567


LA MARGHERITA EDIZIONIIL CEMENTOSULLA SPIAGGIAUn’onda può avere il potere di legare ricordi e persone. Una storia di frammentiper ricomporre un legame padre e figlio, dove niente è mai definito come sembra.12I compiti, si sa non sono mai piaciuti a nessuno. Tristi libridegli esercizi, sciatti e quindi poco attraenti riportano frasia cui inserire il complemento oggetto, verbi da coniugarein colonnine infinite, testi con migliaia di domande e storiea cui manca il finale. «Completa tu». Il racconto de L’ondabandita inizia proprio da qui, da un pomeriggio di ottobre,un pomeriggio di compiti da fare, fra un padre e figlio. Inrealtà noi siamo, già dai risguardi, dentro il quaderno diqualcuno; ci sono le righe e qualche prova di lettere, abc, percominciare.Scuola e vacanza stanno nel libro come due polarità opposte;lo dicono anche le due biografie “marine “ degli autori a iniziolibro, che fin da subito contrastano con le icone scolastiche:sussidiari, lavagne, banchi contro mare, onda, spiaggia,castelli 1 . Due momenti del calendario che non si concilianomai nella vita di uno scolaro. Nel libro sentiamo una fortecritica al sistema scolastico, messa in campo dall’autore, aimetodi e alle imposizioni della didattica (il libro dei compitiche si chiama «Fantasia Pussavia», la scuola statale a cuiè iscritto il protagonista «Perché- Pensare») anche troppoesplicita, viene alleggerita e bilanciata delle immagini di SoniaMaria Luce Possentini che spostano l’attenzione su delleschegge, senza mai darci una visione d’insieme, senza maifarci veramente entrare nella narrazione. Si crea un’atmosferastrana e sospesa per tutto il libro, come se ci trovassimodi fronte ad un puzzle di cui dobbiamo rimettere assiemei pezzetti 2 . In che epoca si svolge la storia che stiamo perleggere? A scorrere rapidamente le prime pagine, i volti deipersonaggi, le fogge dei grembiuli, i frammenti di copertinedi libri, il quaderno e perfino la grafia ci rimandano ad unpassato. L’adulto può dargli una vaga appartenenza temporale,il bambino invece no. Può solo apparentarlo ad unqualcosa di così distante da lui da diventare fantastico. Infatti,l’incipit di questa storia è un «C’era una volta». Quando,non lo si sa esattamente. Proprio sui piani della Storia, chepossono scivolare uno sull’altro, funziona questa narrazione.Ce lo dicono un testo che gioca con echi e suggestioni e le illustrazioniin cui reperti che vengono dalla realtà (fotografiae collage) sono rivestiti di una patina nebbiosa, che confondee uniforma tutte le cose.Veniamo introdotti ad un personaggio, un bambino che va ascuola e che si chiama Alè- Sandro; Alè-Sandro deve completareun testo di pagina 23; due bambini , Ino e Ina, hannocostruito un castello di sabbia sul bagnasciuga, calpestato edistrutto dai passanti 3 … Come finisce questa storia? Alè-Sandro sa cosa vuole che succeda e lo enuncia al suo papà:«Un’onda all’improvviso, arriva dal mare, bagna i piedi deidue bambini e ruba il castello di sabbia». Si può rubare uncastello di sabbia? Per Alè-Sandro sì, l’onda lo fa spesso, arrivacome un lunga mano, prende, trascina, inghiotte e siporta via tutto. In tutto il libro le figure procedono in manieraevocativa e non descrittiva rispetto al testo e l’atmosferae il tono narrativo che suggeriscono si mantengono intattifino all’arrivo dell’onda. L’onda è un elemento che si inserisceprepotente, è l’antagonista con cui chi fa castelli si misura, è lasfida, vedere chi resiste, anche quando si sa perfettamente cheè sempre il mare ad avere la meglio. Alè-Sandro ne ha vistealmeno 999 di onde e ne sa bene qualcosa. La doppia paginain cui viene raccontata e scritta la conclusione per la storia dipagina 23 è invasa da un disegno astratto, dirompente, chespazza via il beige granuloso della sabbia per dare spazio aframmenti di azzurro; un vetro che si infrange contro una superficiedura e si frantuma in mille pezzi. Fa molto rumore,come il fragore del mare in tempesta 4 . Ad ancorarci alla realtà,salvagente in mezzo ai flutti, c’è un pezzo della paginadi quaderno a quadretti su cui Alè-Sandro sta annotandoil nuovo finale. L’importanza dell’episodio dell’onda nonè legata solo al compito che il protagonista sta svolgendo.Nella pagina successiva infatti è ritratta una figura lunga epensierosa, il padre di Alè-Sandro. A lui è sottoposto, comeper verifica, il compito con la proposta di un’onda ladra; alpadre piace, ma sa già che non piacerà alla maestra, perché èadulta e in quanto tale incapace di cogliere certe sottigliezze.Onda bandita64 6534


LA MARGHERITA EDIZIONIL’ONDA BANDITADi Alfredo Stoppae Sonia Maria Luce PossentiniCon copertina cartonatae pagine a coloriFormato 21,5 x 28 cmISBN 8886532029Euro 14,0056In questo adulto però l’onda ha fatto affiorare qualcosa:un ricordo, forse solo la dimensione di un gioco lontano.Qualcosa che una volta risalito non torna giù. Infatti è forsequesta sensazione a generare un cambiamento «Vola, lestocome uno starnuto, un giorno e il papà, che, diciamo,nella vita è specializzato in cose inutili, decide di fare unacosa utile e, passo dopo passo, va a recuperare il bambino ascuola». Il padre distratto va ad attendere il responso dellamaestra sull’onda bandita. Questa ha decretato che un’ondanon ruba, distrugge. Fermiamoci a riflettere con i bambinisulle parole e le loro sfumature. Rubare e distruggere sonodue azioni molto lontane l’una dall’altra. Cambia l’intenzionalità,cambia “il movente”, cambia la relazione fra i duesoggetti in dialogo. Perché rubare è sottrarre a qualcuno, maè anche la conseguenza di un volere, un desiderare. Distruggereinvece è un’azione più neutra, meno selettiva, menocoinvolgente. Su un’altra parola vale la pena attardarsi, «bandita»;tecnicamente è quello che accade all’onda che ruba ilcastello, viene bandita dalla maestra; participio passato delverbo bandire; letteralmente può essere anche un aggettivoche designa un ruolo: chi si oppone a una serie di leggi, forsequelle dei castelli di sabbia.L’onda bandita ha risvegliato nell’adulto, ci suggerisce l’immaginedella Possentini, un moto che ha a che vedere conl’istinto. Alla figura del padre per qualche pagina viene affiancatoun controcanto surreale di animali 5 : una mucca cherumina e rumina e rimugina, nel suo stomaco le cose maceranolentamente prima di essere digerite, come accade a chipensa e si arrovella su una cosa; un gabbiano con il beccoaperto che grida forte, protende il collo, come il padre cheprotesta contro il verdetto della maestra. L’onda ha preso lafortezza e lasciato sulla sabbia il sapore di una vacanza lontanache ha aperto una porta. Da lì arriva la rabbia per unacorrezione ingiusta, per non essere capiti 6 . Solo che questavolta è un grande («Quello grande e basta») a puntare i piedie un piccolo («Quello saggio e piccolo ») a consolarlo; c’èdi peggio nella vita. La ricerca di un dialogo fra adulto ebambino, il suo fallimento, lo scoprire corrispondenze improvviseo distanze siderali è un tema molto caro a Stoppa,è il centro di questo libro dal ritmo discontinuo e un po’misterioso. La scelta stilistica di Possentini accentua questosenso di mistero. C’è un solo momento in tutto l’albo in cuile cose sembrano essere nitide: «Il bambino, che, diciamo èstato al mare almeno 33 volte e ha eretto almeno 66 castellidi sabbia e visto almeno 999 onde d’acqua, allunga il braccioe fa ruotare la mano, come fa di solito qualcuno che decidedi portare via in un lampo, qualcosa a qualcun altro»; qui c’èl’immagine (che è quella scelta per la copertina del libro) diun bambino in costume, fiero, a cavallo di un gonfiabile, lastorica mucca Carolina che si vinceva con i punti del formagginoInvernizzi 7 ; un po’ cowboy, un po’ sceriffo, in attesadei banditi. La foto arriva sicuramente dal passato, ma lasfrontatezza dello sguardo nascosto dietro gli occhiali scuriè viva. Si saldano due mondi, i ricordi sottili e sbiaditi di unadulto e quelli robusti e pungenti di un bambino. Il cementofra i due è uno strano impasto di acqua e sabbia, un cementoinventato per un esercizio a pagina 23. [I.T.]Onda banditaUN LIBRO PER:• capire cosa è un sinonimo• pensare a quante cose possono fareun padre e un figlio insieme• raccogliere vecchie foto delle vacanzedei genitori per vedere se era diversoil modo di stare al mare• trovare collegamenti frai comportamenti degli animalie degli uomini• provare ad intervenire sulle vecchiefotografie per creare dei nuovi disegni• reinventare i nomi dei luoghiche frequentiamo di solito• riflettere sulla parola rubare• disegnare un’onda66 677


BABALIBRICATALOGO AD ARTEGiochiamo al museo? è l’invito di Solotareff e Le Saux. 304 pagine per immergersiin un tour nei veri «angoli nascosti» della storia dell’arte, a caccia di dettagli,personaggi, frutti, oggetti, storie, nomi… Tentando di guardare l’arte dritta negliocchi.PICCOLO MUSEOImmagini scelte da Alain Le Sauxe Grégoire SolotareffTraduzione di Maria Marconie Federica RoccaCartonato 304 pagine a coloriFormato 15,5 x16 cmISBN 978 88 8362 025 6Euro 23,501Quali sono le immagini che formano l’universo visivo di unbambino? Il tentativo di risposta (pensando che siano tantequelle possibili) a questa domanda potrebbe aprire le portea racconti innovativi, punti di vista rivoluzionari, storiedi caratura siderale. Si pensa che la fame di immagini di unbambino debba saziarsi solo delle impressionanti immaginidella televisione. Una nave da crociera a picco incollal’occhio di un «lettore», così come un’onda di sette metri.Ma è tutto lì? Le immagini che «bucano» sono caratterizzatedal loro sedimentare, insinuarsi più di altre, arrivare dove solamentele figure passano. Possono derivare dalle esperienzepiù diverse e dai medium più disparati, fotografie, figure dilibri, poster che si hanno appesi in salotto e che ogni giornosi presentano ai nostri occhi, cartelloni pubblicitari, voltivisti per strada. Il segreto è nella loro persistenza, nel loroessere, continuamente o in sordina, compagne di un viaggio.Si tratta di dettagli, soggetti, colori oppure texture, forme,segni, impressioni. Questo è ciò che accade con Piccolo museo.Piccolo museo è un alfabetiere «sui generis», una successionedi parole che cominciano con una lettera, dalla A alla Z(Anello, Bambino, Corvo, Elmo, Forbici, Gambe, Lama…).Accanto ad ogni parola, scritta al centro della pagina di sinistra,c’è una figura, collocata invece sulla pagina di destra,bordata da una cornice bianca 1 . Entrambe, immagini e parolesono state selezionate e combinate da due grandissimiautori e disegnatori francesi, Alain Le Saux e Grégoire Solotareff.In questa occasione hanno dismesso china e pennellilasciando ad altri il compito di illustrare il libro. Gli illustratorisono i grandi pittori della storia dell’arte. Van Gogh,Picasso, Ghirlandaio, Ingres, De La Tour, Mantegna, Lotto,Bruegel, Delacroix, Hopper, Millet, Cimabue… 102 artistiper 149 quadri per 304 pagine. Attraverso altre mani i dueautori delineano la loro personale storia dell’arte, come i curatoridi una galleria; un museo, piccolo, ma pur sempre tale(anche con le didascalie e le biografie degli artisti). Ad essereriprodotti non i quadri per intero ma frammenti di grandicapolavori; la scelta potrebbe sembrare barbara ai cultoridell’arte, ma centra un obbiettivo irrinunciabile. Catturare emettersi in dialogo con l’occhio di un lettore, avvicinarlo conuna figura precisa, trasformando la complessità di un quadroin una situazione di tutti i giorni, l’azione di guardarlo in ungesto quotidiano 2 . Isolare un dettaglio è un esercizio che inquesto caso invita il bambino alla concentrazione e all’interpretazione.Toglie la possibile complicazione dell’insiemema aggiunge la variabile dell’associare, del mettere in relazionile figure: una sequenza di figure in quanto tale, spingea ragionare sulle connessioni nel succedersi delle pagine.Lo storico dell’arte Henry Focillon afferma nel suo Elogiodella mano: «E l’arte si fa con le mani. Esse sono lo strumentodella creazione ma prima di tutto l’organo della conoscenza.Per qualsiasi uomo e per l’artista ancora di piùe attraverso percorsi particolari. La ragione è che l’artistariprende e ripercorre tutte le esperienze primitive. […]Noi ci accontentiamo di un’esperienza millenaria, di unaconoscenza automatica e forse logora, sepolta nel nostroessere. Lui la fa risalire in superficie, all’aria libera, la rinnova– riparte dal principio. Non è lo stesso per il bambino?Più o meno. L’uomo fatto interrompe tale esperienza ed essendoappunto fatto, cessa di farsi. L’artista invece prolungaquel privilegio che è, nell’infanzia, la curiosità estendendoloben oltre i limiti di tale età della vita». L’idea di continuitàfra le mani e la conoscenza, l’immagine creata e il bambinosembrano calzare perfettamente con l’operazione iconograficafatta da Solotareff e Le Saux. Piccolo museo è prima di tuttoun contenitore di cose, una collezione di oggetti, animali epiante (piatti, torre, sedia, rami, mele, leoni, cavalli, fichi…).Ma ognuna di queste porta con sé uno stile, un segno, unasensibilità precisa del colore, del gioco della luce e dell’ombra;la mano di un artista, quindi, diventa il tramite attraversocui si conosce un oggetto 3 . Da questo lo spettatore puòleggere il mondo a partire da una sola figura, ricostruendotutto ciò che sta attorno al frammento che sta guardando.Si potrebbe lavorare su che cos’è un museo, in classe.Piccolo museo68 6923


BABALIBRI45Il dizionario dice che è il luogo dove vengono raccolte edesposte al pubblico collezioni di opere d’arte, documenti,oggetti di storia naturale o di storia della scienza, dellatecnica. Non per forza un edificio apposito, ma un postoatto a raccogliere, come il libro di Solotareff e Le Saux, ocome un muro dell’aula. Giocate in classe a fare il museo,chiedete a ciascun allievo di portare un’immagine, facendoattenzione a scegliere, come nei musei, un criterio. Adesempio, qualcosa di molto importante o qualcosa di verde,o qualcosa legato al tempo… Battezzate una parete edesponete le immagini tutte insieme decidendo come, dovee in che sequenza metterle. Questa prima esperienza si puòbattezzare come un piccolo museo di classe. E si può ripeterein infinite versioni, utilizzando la parete espositiva comeil luogo del confronto. Cosa colpisce le maestre e cosa gliallievi? Cosa i genitori? E se anche questi ultimi portasseroi loro pezzi da collezione? Si potrebbe cambiare museo unavolta alla settimana, una volta al mese, creando ogni voltaun oggetto a tante teste, che sta fermo lì, che si offe come illibro perché gli occhi lo incontrino, e quindi osservino. Aldi là del gioco si segue l’indirizzo Le Saux-Solotareff: l’attenzioneè il nodo, che ci porta a guardare da punti di vistadiversi. Dentro il libro, nel muro museo della classe, fuori.Certo, questo libro potrebbe sembrare un oggetto di contemplazioneartistica, ma tradirebbe in questo senso la suaessenza. Con Piccolo museo non si chiede di giocare a «lo soche quadro è», al bambino poco interessa. È un libro di vita,di movimento, di variazioni continue. Quindi i modi d’usosono tutti da inventare; non c’è una via da seguire, ma unintrico di strade che si incrociano e si moltiplicano. Ci sipuò imparare l’alfabeto e le parole che all’alfabeto seguono.Si può giocare alle storie: una storia una immagine, 10 immaginiuna storia, un percorso obbligato attraverso le figure(si deve partire da «piede» per arrivare a «fichi»); si può descriveree analizzare un’immagine e cercare il riferimento delquadro da cui è tratta, per ribaltare la prospettiva fra interoe dettaglio 4 . Si possono fare viaggi nel tempo (attraverso ledate dei quadri o attraverso gli indizi di storia culturale individuabilinelle opere), o viaggi nello spazio 5 … che postiraccontano questi quadri? Quali luoghi precisi, campagna,montagna, deserto, oppure in quanti posti stanno tutti questiquadri che girano per il mondo? Si può sfogliare, per lasciareche l’occhio vaghi. Si può dare in mano ad un bambino efargli scegliere le immagini che gli piacciono di più o quelleche lo affascinano meno, raggruppare tutte le cose, gli animali…si può dare in mano al bambino e vedere cosa ne fa.Ma è certo che l’isolare dettagli crea un mare di domande:di chi è quella mano piccola su una grande campitura rossa(mano, p. 166), cosa sta facendo? Perché quel bambino sembrasenza gambe ed è stretto con delle fasce come un salame(neonato, p. 184) 6 ? Verso cosa è diretto lo sguardo sveglio diquella civetta (civetta p. 100)? La libertà che traspira da questooggetto è qui: non ci sono modi prestabiliti, non ci sonorisposte, sta al lettore trovarle. Le risposte non interessanoagli autori; a loro interessano le immagini e il loro potere direstare incollati al lettore; questo sì. [I.T.]Piccolo museoUN LIBRO PER:• preparare una visita al museo• scoprire i modi molto diversi con cuisi possono disegnare le cose• inventare delle storie• osservare il segno di un pittore• andare alla ricerca degli oggetticorrispondenti a quelli dipinti• spiegare che cos’è la storia dell’arte• collezionare• imparare le parole• riflettere sui soggetti dei quadri• scorrere una carrellata di immaginisenza un obbiettivo, perdersi in esse70 716


TOPIPITTORIALLA LETTERA P«Non è che noi ci occupiamo dei bambini perché li amiamo: al contrario, noi liamiamo perché ce ne occupiamo» scrive Alison Gopnik. P di papà, sembra fattoapposta per offrire una versione pratica del medesimo concetto, affidata allavoce dell’infanzia e all’esperienza dei padri.P DI PAPÀdi Isabel Minhós Martinse Bernardo CarvalhoCollana: I grandi e i piccoliAnno di pubblicazione: 2011Progetto grafico: Planeta TangerinaPagine 32 in formato 21 x 23ISBN: 978 88 89210 63 5euro 14,001«Non è che noi ci occupiamo dei bambini perché li amiamo:al contrario, noi li amiamo perché ce ne occupiamo» scriveAlison Gopnik in Il bambino filosofo (Bollati Boringhieri2010). In che modo? Il libro di Isabel Minhós Martins eBernardo Carvalho, P di papà, sembra fatto apposta per risponderea questa domanda e per offrire una versione applicatadel concetto espresso dalla studiosa americana. Con ladifferenza che il «noi» della Gopnik è diverso dal «papà» dicui raccontano i due autori portoghesi. P di papà si sviluppanella forma del dialogo tra un bambino, o una bambina, e ilsuo papà. La copertina è esemplare nel tracciare la direzionedel legame amoroso tra genitore e figlio. È il papà che baciail bambino sulla punta del naso ed è la persona grande chearrotonda questo momento con una carezza sulla testa dellapersona piccola. L’inverso avrebbe avuto bisogno di un altrolibro, con un altro titolo e altre spiegazioni a riguardo. Non acaso, nel frontespizio, la figura del padre sta davanti a quelladel bambino, mirano verso un punto comune, ma partonoda posizioni differenti. Nulla turba, in quest’immagine, lapercezione che l’infanzia e la paternità si collocano a unacerta distanza l’una dall’altra e che il piccolo non spariscenel grande e viceversa.I risguardi ribadiscono la priorità paterna e annunciano ipresupposti di una convivenza giocosa, ma anche gentile eseria, qualora servisse 1 . Ci sono papà che sorridono, papàche leggono, papà preoccupati, papà che urlano, papà silenziosi,papà accucciati, papà di corsa. Sono tanti i papà e tantele figurine di papà. Il loro insieme corrisponde a degli inviti:a disegnare altri papà impegnati in altre azioni; a disegnaretanti bambini insieme a tanti papà; a disegnare tante mam-me insieme a tanti papà; a riconoscersi o non riconoscersi; aridisegnare mentalmente e praticamente il proprio ruolo dipadre; a giocare; a giocare con niente.Durante la lettura, lo scarto tra “i grandi” e “i piccoli” diventaun elemento di varietà grazie a cui creare incastri perfettitra corpi grandi e corpi piccoli, e fra tinte, che si attraggonoper contrasto anziché per omologazione: se l’uno è azzurro,l’altro è marrone; se l’uno è marrone, l’altro è grigio; sel’uno è blu, l’altro è rosso; se l’uno è rosso, l’altra è rosa; sel’uno è grigio, l’altra è nera. Che tipo di gerarchie regolal’uso dei colori? Che tipo di scambio avviene tra colori e parole?Quanto si deve a un colore l’atmosfera di certe scene?E quanto a un determinato suono di sillabe e vocali? Questedomande preparano il terreno a riflessioni più analitiche, cheP di papà incoraggia a sviluppare tra genitori o tra genitorie insegnanti. Le espressioni facciali dei personaggi sono unatrama umorale e sentimentale che non passa inosservata allacoda dell’occhio dei lettori piccolissimi 2 . Basta una parolaper piegare in su o in giù gli estremi della bocca; un tono divoce, per far sgranare gli occhi o abbassare le palpebre. InP di papà il repertorio dei movimenti grandi (voli tra bracciasollevate, viaggi dall’alto delle spalle, corse per andare amettere il cerotto, per esempio) non manca mai di suscitarequello dei movimenti piccoli, senza contare quelli invisibili,interiori (felicità, paura, insicurezza, sicurezza, concentrazione,sorpresa, incredulità, delusione, soddisfazione, eccetera),che pure sono parte attiva in questo libro-gioco.P di papà, per il fatto di essere centrato unicamente sullafigura paterna, non va scambiato per un manuale per diventare“bravi papà” in ventiquattro mosse. D’altra parteci vogliono padri protagonisti perché possano avere corsoinfanzie non antagoniste e il progetto di Martins e Carvalhoè ambasciatore di questo messaggio in ogni sua parte. Iltitolo inizia con la lettera “p” di papà. Il testo si basa su unacellula verbale, “papà”, e si ramifica battezzando decine diparole composte, di fatto, nuove identità attribuite al genitore:«papà ombrello», «papà aeroplano», «papà salvagente»,«papà gru», «papà letto», «papà montagna», «papà bagnetto».“Papamorfo” è un aggettivo che il vocabolario non contempla,tuttavia come definire altrimenti il talento metamorficodell’adulto in questione, pronto a diventare tunnel, a farsimattino, a materializzarsi sofà, a trasformarsi in piccolino 3 ?La “papàlingua” inventata dagli autori, fa da sola la metà del72 7323P di papà


TOPIPITTORI45successo di una lettura corpo a corpo con i propri bambinied è contagiosa. Essa alimenta il gioco dell’assurdo e il divertimento,è una molla per l’immaginazione, il movimentofisico libero, l’intensità emotiva. P di papà non è certo unoggetto per stare placidi in poltrona immersi nel silenzio enella quiete. Chi legge questo libro ha voglia di muoversi,ascoltare e riprodurre suoni onomatopeici, mimare azioni,agitarsi, essere calmato, urlare di felicità, parlare pianissimo,correre, fare la giostra fino a perdere l’equilibrio. Una letturaamorfa vanifica gli sforzi dei due autori e rende illeggibilel’affettività. Più delle figure, più delle parole, è il giocodi ruoli a interessare i bambini, in particolare quelli moltopiccoli, e a interessare i papà. Ciascuna scena li vede agirein un momento di vita quotidiana reso unico dai rispettivicomportamenti e dalla forma circolare del loro essere due 4 .Cosa distingue un papà da un uomo qualunque? Cosa differenziala figura di un papà da quella di una mamma o di unnonno? Da che riti è scandito lo stare insieme di un grandecosì speciale con un piccolo, altrettanto speciale? Di cheelementi si nutre una relazione paterna affinché sia vissutacome tale? In che consiste, concretamente, lo slogan di quartadi copertina «Il tuo papà: lo usi, lo riusi e non si rompemai!»? Con colla, carta e colori, chi avesse voglia di giocarecon i bambini a fare l’editore, potrà proporre loro di partireda queste domande per fabbricare in modo artigianale un “pdi papà” adattato a papà reali.La paternità in arte non si è mai vista. Pittori celebri e mediocrisi sono nei secoli cimentati nell’esecuzione di Maternitàe il numero di Madonne con bambino, al mondo, èincalcolabile tante sono e sono state le versioni di questosoggetto, evidentemente apprezzato solo se declinato alfemminile. Lasciando da parte le questioni teologiche e isecoli passati, proviamo a soffermarci su quelle culturali esul tempo presente. Ha ancora senso evitare visivamente lapaternità? Come risarcire, in campo visivo, quei padri chepur sapendo eguagliare in grazia e dolcezza certe verginibelliniane o leonardesche, non hanno a disposizione un’iconografiadi riferimento? Cosa rispondere ai bambini chechiedono “mostrami una Paternità” 5 ? L’immagine della madrecon in braccio il suo neonato marca un segno profondonell’immaginario di molte società, la nostra compresa, conrelativo bagaglio di stereotipi. A debita distanza da posizioniideologiche, P di papà mostra che i “papà con bambino” nonsolo esistono, ma si offrono allo sguardo sempre in posizionidifferenti, quando le madonne, da che le riconosciamo, presentanouna gamma limitata di posture, di azioni e di attributi,seppure con numerose varianti. Potrebbe soddisfare lacuriosità dei lettori andare a fondo a questo argomento, meglioper immagini che per teorie. Per esempio, avvicinando aciascuna tavola di Carvalho una riproduzione di maternità,e commentandole entrambe.Tra la storia dell’arte e quella dell’educazione, in casi comequesti, il confine è tracciato appena. Secoli di latitanza visivadei padri sembrano avere corrisposto a secoli di latitanzafattiva nel riconoscimento di un ruolo che non fossesemplicemente autoritario. Martins e Carvalho sanno esserescaduto il tempo dei papà assenti, dei papà solo lavoratori,dei papà padroni, ugualmente quello dell’egemonia femminileall’esperienza dell’accudimento, tanto più che fuoridall’Italia e in numero sempre crescente anche nel nostropaese, sono numerose le coppie omosessuali con figli. La tenerezzae l’affettuosità non sono privilegi femminili, non losono stati mai, né sono qualità collegabili in modo specificoall’identità sessuale di uno dei due genitori 6 . Per questo Pdi papà dovrebbe trovare una propria collocazione sia nellebibliografie consigliate ai nidi e alle scuole d’infanzia sia inquelle destinate agli studi sulle pari opportunità e sull’identitàdi genere. [G.M.]UN LIBRO PER:• un percorso di lettura dedicato allefigure genitoriali• confrontarsi tra adulti e bambinisu che cos’è un papà• ampliare il testo e le immagini conaltre tipologie di papà• ripensare il ruolo della maternità edella paternità attraverso la storiadell’arte• giocare a “papà ombrello”, a “papàaeroplano”, a “papà trattore”, a “papàpoltrona”, a “papà emozione”…• inventare una sequenza di movimenticorrispondenti alla sequenza dei gestidei papà e dei bambini• giocare tra bambini a interpretareil ruolo di papà e di bambino eviceversa• coinvolgere i papà di un nidoin un’esperienza di questo tipo:formare un gruppo di papà e fareinsiemeai rispettivi figli un P di papà corale74 756P di papà


TOPIPITTORIIL LIBRO LENTODELLE STAGIONIPittau e Gervais si inoltrano nelle stagioni in ascolto. Percorrono la via delnaturalismo con la stessa pazienza che fu del medico e botanico greco Dioscoride,quando nel I secolo d.C., si accinse a scrivere e disegnare il più antico erbario delmondo.PRIMAVERA ESTATE AUTUNNOINVERNOdi Pittau & GervaisCollana: AlbiAnno di pubblicazione: 2011Pagine 120 con finestre,in formato 24 x 24Progetto grafico: Marina Del CinqueISBN: 978 88 89210 70 3euro 25,001Non si contano i corsi e le pubblicazioni dedicati a comediventare scrittori, poeti, romanzieri ed è lunga la fila deisedicenti maestri. Mentre si legge il libro di Pittau e Gervais,Primavera estate autunno inverno, sorge il dubbio chegli aspiranti artisti siano persone ignare delle opportunitàletterarie gratuite offerte dal passaggio delle stagioni. Unaletteratura immensa sta loro a un palmo di naso tutti i giornidell’anno: la natura. Lei è “il poema”, caso mai si cercasseuna guida esemplare in materia di narrazioni ed estetiche.Unica nel suo genere, impareggiabile in complessità di trame,perfezione di intrecci, qualità e quantità di registri, duttilitàlinguistica, ritmo narrativo, definizione dei personaggi,varietà di soggetti e ambientazioni, pathos, mistero, crudeltàe amore – c’è tutto –, la natura scrive da millenni la propriaautobiografia senza parole e non nasconde il proprio geniocreativo a chi con lei si consulta. Forse per questo Pittaue Gervais si inoltrano nelle stagioni senza nulla inventare,in ascolto. Rinunciano ai commenti, alle interpretazioni,all’abbondanza verbovisuale. Percorrono la via del naturalismocon la stessa pazienza e desiderio di oggettività, chefurono del medico e botanico greco Dioscoride, quando nelI secolo d.C., si accinse a scrivere e disegnare il più anticoerbario del mondo.«Ecco dei frutti, dei fiori, foglie e rami...», scrive il poeta PaulVerlaine sul finire dell’Ottocento. Comincia da questa citazioneil viaggio in quattro tempi di Primavera estate autunno inverno.L’incipit prepara i lettori a quello che vedranno scorrerenelle pagine successive, letteralmente «primavera», «estate»,«autunno», «inverno», e somiglia, per questa sua caratteristicapropensione al poi, a un annuncio di inizio spettacolo 1 .Non sarà difficile per i lettori percepire quanto conti, nellaconcezione e nella realizzazione di un oggetto come questo,il rapporto con certi aspetti del teatro, la scena e la scenografianella fattispecie. Gli antichi greci furono capofila nellaconsiderazione della natura come teatro a cielo aperto. Leloro tragedie e commedie si svolgevano – è così ancora oggi– in luoghi dove il paesaggio sapeva dare il meglio di sé, incima a una collina, di fronte al mare. Spirale e alette, nel libro,non corrispondono a una cavea di epoca ellenistica. Tuttavia,gli autori hanno architettato questi elementi per avvicinareil più possibile i lettori di Primavera estate autunno invernoall’esperienza di uno spettatore che si meravigli di fronte aglieffetti speciali della natura come fosse seduto in platea, difronte agli effetti speciali della costumistica e dell’illuminotecnica.Nell’ordinata successione di capitoli, ciascuno dedicatoa una stagione, a partire da primavera, succedono fenomeniordinari e straordinari: storie 2 . Sono grandi, sebbene dipiccolo o piccolissimo formato: quella del pulcino che nasce,quella del girino che diventa rana, quella della mucca e delsuo vitello, quella di un frutto secco dentro il proprio guscio,quella dei cristalli di neve, quella di un cavolo rosso visto dafuori e da dentro, quella di un porro o di una carota osservatida sopra e da sotto terra 3 . È molto difficile decidere dovefinisca l’ovvio e si avvii il prodigio. C’è un miracolo chiusoin ogni tavola, una vita in corso, da farsi raccontare. Spetta ailettori muovere il meccanismo, stupire dei “lo so” e dei “nonsapevo” suscitati a ogni giro di pagina, far essere Primaveraestate autunno inverno il libro delle magie, oppure il libroper imparare a scrivere in corsivo, oppure il libro di scienzee filosofia, oppure il libro di geometria e disegno. La scuolacomplessa della natura unisce i piani di cui è composta, invecedi separarli. Per questo Primavera estate autunno invernopotrebbe essere un libro adatto a ripensare, tra insegnantidella scuola primaria, la rigidità di certe programmazioni, ea promuovere cambi metodologici. Un esempio: far tradurrequesto libro in inglese, tedesco, spagnolo, francese, cinese,russo, albanese, a una classe di bambini che parlano questelingue, sarebbe, oltre che un esercizio linguistico non banale,un gioco interculturale a misura di nuovi cittadini.«Il significato di una parola non ha per me la stessa precisionedi quello di un colore. Colori e forme hanno la capacità diaffermare in modo più definito rispetto alle parole.» Comincianocon questi pensieri le Memorie di Georgia O’Keeffe,Primavera estate autunno inverno76 7723


TOPIPITTORI4che prosegue, «il mio primo ricordo è quello dello splendoredella luce, una luce diffusa tutt’intorno a me. Ero seduta tragrandi cuscini su una coperta stesa per terra. […] Anni dopodissi a mia madre che ero in grado di ricordare qualcosa cheavevo visto prima di saper camminare. Si mise a ridere e disseche era impossibile.» Succede così durante certe letture,che taluni aspetti emergano con tale vivezza da evocare, amemoria, letture altre, visioni altrui. La precisione di formee colori nelle figure di Primavera estate autunno inverno el’impossibilità delle parole del testo di raggiungere, da sole, ilgrado di definizione consentito alle sfumature di marrone, diverde, di giallo, di rosso, di azzurro, pone il libro di Pittau eGervais in stretta comunanza con le riflessioni della O’Keeffeee con le sue opere pittoriche: iris, calle, aristemi, campanule,gigli specialmente, di grande formato 4 , indimenticabiliper chi li avesse visti almeno una volta in mostra o in riproduzione.Il bianco diffuso che contraddistingue l’ambientedi Primavera estate autunno inverno è la risposta artificialeallo splendore naturale di cui parla la O’Keeffe e che in lei sisalda al primissimo ricordo visivo, alla primissima infanzia.La sua testimonianza, affiancata a Primavera estate autunnoinverno, favorisce l’ipotesi che un libro come questo possaessere letto e avere senso prima di imparare a camminare,che possa imprimersi in modo indelebile nella memoria deipiccolissimi, anche se ci viene da ridere e ci sembra impossibile.C’è chi dalle pagine di Primavera estate autunno inverno avràvoglia di imbattersi in Botticelli, chi in Vivaldi o in Debussy– che sulle parole di Green di Verlaine compose un branoper voce e strumenti – , chi al film Le quattro volte diFrammartino. Che le stagioni, vocate alla metamorfosi e almiracolo continui, rappresentino per molti narratori antichie contemporanei una matrice fondamentale, lo si comprende.Proprio per questo la lettura di Primavera estate autunnoinverno provoca comparazioni tra linguaggi e opere, tra epochepassate e tempo presente. Gli esempi sono copiosi. Senon è la storia delle arti, a indirizzare, sarà quella del clima,disciplina divenuta di grande attualità da quando il surriscaldamentoterrestre è sulla bocca di tutti. Al tempo stesso,rimanendo nell’ambito degli albi illustrati, Primavera estateautunno inverno potrebbe inaugurare un percorso di lettura,nei nidi e nelle scuole d’infanzia, dedicato all’osservazionedei frutti, dei fiori, delle foglie, dei rami e del loro mutare nelcorso dei mesi di un anno 5 .Ci vogliono meno parole che colori per fare Primavera estateautunno inverno, ed è grande lo spazio delle figure rispettoa quello delle parole. Eppure la scrittura è una componenteessenziale di questo libro. Alla base di ogni figura, perfettamentecentrato rispetto al quadrato della pagina, è stampatoun nome maschile o femminile. Tanto più il testo è ridottoai minimi termini (articolo e sostantivo), quanto più è dichiaratol’intento di costruire con lettere alfabetiche e grammaticauna lingua da parlare e una lingua da scrivere a mano,correttamente. Come la mano, nel sollevare alette, non compiemai lo stesso movimento nella medesima direzione, cosìle parole mettono vicini ambiti semantici tra loro distanti:un frutto con una verdura («l’anguria» e «il peperone»), unvegetale con un animale («la zucchina» e «il lombrico»), unfiore non commestibile con uno commestibile («il tulipano»e «il carciofo»), animali d’acqua con animali d’aria («la rana»e «il picchio»), eccetera. Ci sono forme che, per molti lettori,escono finalmente dall’anonimato e possono essere chiamatecon il loro nome: è il caso dei «pappi del tarassaco» 6 . E cibidi cui a tavola non si distingue la provenienza: «la patata», «ilrapanello», «la carota», «il porro», tutti cresciuti e maturatisotto terra. E animali mai visti prima d’ora, se non sotto formadi pelliccia o cotti al forno: «l’ermellino» e «il fagiano».Primavera estate autunno inverno mette ordine in chi abbiale idee confuse. [G.M.]Primavera estate autunno invernoUN LIBRO PER:• ampliare un percorso di letturadedicato alle stagioni• compiere esercizi scritti di descrizionea partire dalle figure• provare a scrivere piccole storienaturali• riflettere sulle differenze fra descriveree raccontare• scoprire che cos’è la calligrafiae sviluppare maggiore interesse versola scrittura a mano• notare differenze tra un ortoe un banco della frutta e verduraal supermercato• progettare la coltivazione di un ortoa scuola• ragionare sulle conseguenzedei cambiamenti climatici78 7956


BABALIBRIscopo finale: raccontare storie ai bambini. Perché si scriveper i bambini? Quali sono le finalità? E infine, senza caderenel moralismo: cosa puoi dire ai bambini? Per me una solacosa: farli ridere…»I libri di Stephanie BlakeI LIBRIDI STEPHANIE BLAKECACCAPUPÙTesto e illustrazioni di Stephanie BlakeTraduzione di Federica RoccaCartonato 36 pagine a coloriFormato 22 x 27,5 cmISBN 978 88 8362 131 4Euro 12,50Siamo tutti conigliNel 2006 Babalibri inizia a pubblicare le storie di un piccoloconiglio bianco. Si chiama Simone e la prima volta cheappare in libreria lo fa con il nome d’arte Caccapupù. Nascedai pennelli di Stephanie Blake, autrice franco-americanache da anni lavora nel mondo dell’illustrazione con una fortepropensione ai libri indirizzati ai piccolissimi. Simone,dice lei, è un po’ il suo alter ego, il personaggio a cui affida isuoi temperamenti, le domande, i dubbi, le arrabbiature, lefrustrazioni ma anche le tenerezze e le esplosioni di gioia.Simone è protagonista di una dozzina di titoli, di cui settesono quelli finora tradotti in Italia; è un coniglio con leorecchie enormi e una faccia molto espressiva; vive in unluogo non ben identificato (ma in cui ci sono la casa, lascuola, il dentista, il giardino…) con i suoi genitori e unfratellino, Gaspare; tutti conigli bianchi. Nonostante alcunevariazioni – gli abiti, che Simone inizia ad indossaredal secondo libro, la mascherina da Superconiglio, i nuoviamici – Simone non varia né cresce troppo, nel corso dellesue storie. Ogni libro narra una piccola avventura, che haa che vedere con il quotidiano di qualsiasi bambino. Perquesto Simone è così amato dai piccoli. Li interpreta perfettamente,senza filtri né buonismi. Li racconta così comesono, nelle loro debolezze e nelle loro grandi virtù. Un unicostratagemma, quello di far ridere il lettore. È StephanieBlake che lo rivela: «Non bisogna mai dimenticare a chici si rivolge: I BAMBINI! Potrebbe sembrare banale maall’inizio ero più preoccupata del lato artistico dei miei libri,della grafica, dei colori, dell’aspetto «arte» (in un certosenso la parte narcisistica del mestiere) da dimenticare loQuanto racconta un segno neroIl segno della Blake è la sua arma di comunicazione piùpotente: uno spesso contorno nero delinea i personaggi egli oggetti che ne costituiscono l’universo. Disegna con untratto apparentemente poco preciso che trasmette una velocità– quasi un’urgenza – nell’esecuzione. Attraverso questosegno fluido definisce le campiture che saranno poi riempitedi colore. Il lettore può osservare le tracce delle pennellateche riempiono le sagome, proprio come quando sideve colorare restando dentro i contorni e occupando tuttala superficie. La reminescenza del disegno infantile è volontariae trasmette un grande rispetto per la modalità con cui ibambini illustrano ciò che vedono o immaginano. La sceltacromatica della Blake è chiara quanto il suo segno: colorisempre vivaci accostati giocando su fortissimi contrasti; lepagine risultano sempre sature ma al tempo stesso nette,distintamente leggibili. L’universo di Simone ha quindi unagrande forza visiva. Scivolando da un piano meramentestilistico ad un piano narrativo, le storie di Simone si riflettononel segno che le descrive. Molto semplici, fondatesulla ripetizione dei riti della quotidianità, sui piccoli grandicambiamenti della vita di un bambino e sull’essenzialità.Servono pochissimi elementi per fare una storia, cosìcome basta un tratto per rendere il senso di un’illustrazione.Quanto detto potrebbe portare a pensare che nelle operedella Blake la sfumatura non esista; così è nel modo con cuiutilizza il colore, ma non nella narrazione. L’autrice vuolemettere in evidenza, dell’infanzia che narra, la capacità direndere il tutto, assoluto e necessario. Per questo, la stessainfanzia, è capace di gamme finissime di emozioni e sentimenti,che vengono descritte attraverso altri dati formali– come per esempio, quello dell’espressività dei personaggi.Il corpoAll’autrice divertono le emozioni e il loro manifestarsi e Simoneè l’inconsapevole cavia degli interessi della Blake. Puraffrontando soggetti spesso frequentati nella letteratura perpiccolissimi, Blake riesce a superare tutti per «economia» e80 81


BABALIBRIFACCIAMO CAMBIO?Testo e illustrazioni di Stephanie BlakeTraduzione di Federica RoccaCartonato 36 pagine a coloriFormato 22 x 27,5 cmISBN 978 88 8362 245 8Euro 12,50capacità di centrare subito il suo obiettivo: quelli di Simonesono racconti piccoli piccoli che fanno ridere, non per particolaritrovate comiche – o non solo – ma per l’intensitàtrasmessa dai personaggi. Il viso di Simone è una cartinadi tornasole di tutti i suoi tumulti interni: quando grida dipaura, la sua bocca s’impadronisce di quasi tutta la superficiedella faccia; quando è perplesso, le sue sopracciglia s’infossanoe rendono lo sguardo torvo. Quando è innamorato labeatitudine si traduce in una bocca dal segno ondulato chenon potrebbe essere più esplicito. «Per disegnare le espressionidi Simone, parto spesso da una frustrazione personale,da un’arrabbiatura o da altre emozioni, perché l’espressionesia trasmessa nella maniera più consona, perché possa diventarequasi reale». Sulla vicinanza al reale dell’espressivitàdi Simone non ci sono dubbi, è immediatamente e naturalmentecomunicativa, più che sufficiente per costruire unastoria lui da solo.Il corpo ha una funzione portante della narrazione dei sentimentie dei personaggi, così come del modo con cui i bambinicomunicano fra loro o con gli adulti. Nella costruzione delletavole dell’autrice sono sempre pochi e calibrati gli elementiche s’inseriscono nello spazio dell’illustrazione. Gli sfondia colori, i rari oggetti, lasciano spazio alle movenze dei personaggi,alla loro fisicità; in Facciamo cambio?, ad esempio,per ben 5 pagine, si osservano Simone e Ferdinando chegiocano con la pista delle macchinine trattando un possibilee difficilissimo scambio (una macchinina rossa contro tre dialtri colori!). Pur non variando di troppo la propria posizione,si muovono, si protendono, si schermiscono, passanoda gesti di grande comunicazione (le mani che tendonoall’altro) a posizioni di assoluta chiusura (braccia conserte emuso lungo). Così accade lungo le pagine, quando a Simoneviene l’idea «criminosa» che gli permetterà di recuperarele sue macchinine; si può seguire l’evoluzione del pensierodel coniglio attraverso quattro fermo immagine sulla stessapagina: Simone che pensa, trova l’idea maligna e scatta via.Con il volto e con il corpo. È chiaro che nella rappresentazione,le pose dei personaggi sono sempre fondamentali, maper la Blake sono quasi assolute, creano ogni volta uno spaziodiverso che ci chiede di prestare attenzione, lì e adesso.Il linguaggio per dire le coseI titoli dei libri della saga di Simone derivano sempre daalcune espressioni pronunciate dal protagonista, che spessosono il leit motif attorno a cui ruota la storia: Caccapupù,Pappamolla, No, niente nanna!, Pidocchi!… Non si tratta diun vezzo dell’autrice ma di un modo per riconosce il pesofortissimo che quest’ultima attribuisce al linguaggio deibambini. La Blake non lo scimmiotta, lo prende e lo distillain poche espressioni significative: quando Pappamolla nonne vuole sapere di dormire senza la sua copertina in No,niente nanna! la sua voce esce come quella di un piccolo cheancora non articola le parole perfettamente «Ma iononpossodolmilesenza la mia ‘tina! […] NIENTE ‘TINA? AllolaNO, NIENTE NANNA!» Se la Blake è consapevoledell’ilarità che un bambino che ancora non sa parlare suscitain chi invece ha – anche se da poco – ottenuto il possessodel linguaggio, usa però queste espressioni per accentuare ilruolo di Simone nel confronto del fratellino. La copertina èrimasta nel bosco e Gaspare non riesce a dormire. Bisognaandare a recuperarla. Allora, chi è il grande? Chi è responsabiledi chi? Inutile dire che sarà Simone ad affrontare ipericoli della notte, tornando incolume con il trofeo, ancorapiù eroico agli occhi del fratellino.Caccapupù è la venuta al mondo di Simone: la sua prima apparizionesu carta e la sua nascita al linguaggio. Caccapupùintroduce Simone ai lettori. Quando si inizia a leggere, nonha un nome: «piccolo coniglio» è l’appellativo con cui lopresenta il narratore, è il vezzeggiativo con cui lo interpellanogli adulti. È nudo, tutto bianco, con la coda a batuffolo,le guance rosa e due evidenti incisivi da roditore; siamo aglialbori di una carriera, che si definirà negli anni successiviattraverso la messa a fuoco del personaggio. Non sa ancoraparlare o meglio, una cosa sola sa dire: «Caccapupù». Questaespressione, che dà la rotta all’intero racconto, nascondein sé l’attesa, quella di trovare le parole giuste per definireil mondo. Occorre un’esperienza delle cose che marchi unpassaggio: quello in questo caso molto evidente del farsimangiare dal lupo. Con un tono molto divertente, chesmorza qualsiasi preoccupazione, Simone viene ingoiato daun improbabile lupo verde vestito di fucsia, che gli chiedeil permesso prima di mandarlo giù. Passare nella pancia dellupo, riuscirne fuori, grazie a una indigestione, segna un secondovenire alla luce: quando il padre medico (non si fatutto da soli, a volte un grande serve ad aiutarci a «venirefuori») estrae dalle fauci «il mio piccolo Caccapupù», Si-I libri di Stephanie BlakeNO, NIENTE NANNA!Testo e illustrazioni di Stephanie BlakeTraduzione di Federica RoccaCartonato 36 pagine a coloriFormato 22 x 27,5 cmISBN 978 88 8362 220 5Euro 12,5082 83


BABALIBRINON VOGLIO ANDARE A SCUOLATesto e illustrazioni di Stephanie BlakeTraduzione di Federica RoccaCartonato 32 pagine a coloriFormato 22 x 27,5 cmISBN 978 88 8362 160 4Euro 12,50mone si stranisce e si presenta «Ma papà, perché mi chiamicosì, io sono Simone, lo sai». Ecco Simone, che dice unsacco di cose su tutto. Il linguaggio è un modo di affermareil proprio essere al mondo, ma arriva attraverso l’esperienzadel mondo che crea una rottura drastica fra prima della parolae dopo di essa.L’importanza del linguaggio viene amplificata sempre dallagrafica che Stephanie Blake utilizza nella redazione dei testie anche nell’uso, nel testo o direttamente sull’immagine condei balloon, del discorso diretto. La grafia delle parole nesottolinea il senso, senza espedienti grafici arditi, attraversosemplici accorgimenti, che il bambino stesso alle prese conla prima lettura può notare. L’aumentare della dimensionedel font per seguire il crescere del tono della discussione,l’uso di caratteri piccolissimi per un filo di voce. Le parolein stampatello (magari con degli «a capo») che scandisconomomenti di progressione (MAXI, MEGA GIGA MO-STRO), richiesta d’aiuto assolute («MAMMA!»); o i grassettimomenti di svolta («Improvvisamente»). A ciascunail suo giusto valore, formale e non.Tante prime volte…La vita di un coniglio piccolo è fatta di scoperte e provecontinue. Forse una delle cose che avvicina di più Simone aisuoi lettori è condividere una serie di prime volte; ci si sentemeno soli quando si sa che qualcuno come noi sta affrontandol’ignoto. La scuola ad esempio, il dentista, l’amore…Stephanie Blake mostra da subito che non si tratta di passaggida poco, ma di azioni che costano fatica e spesso faticapura da fare contro se stessi. Al primo giorno di scuola sipuò solo reagire con un «No, non voglio andare a scuola». Nontutti i bambini sono curiosi e non tutti amano stare in compagniao imparare l’alfabeto. Per alcuni, il fatto di diventaregrandi solo perché si varca il cancello della scuola non è unrisultato abbastanza motivante per varcarlo. Simone è unodi questi. Blake, che si fida del suo personaggio, chiarisceda subito la differenza che c’è fra un capriccio e una paura.Lo fa con una sequenza fumettistica in cui Simone si forzaad accettare la situazione; una lampada che si accende e sispegne al ritmo di «Ho paura», «Non ho paura», in un giocoche porta l’abat-jour a fulminarsi. Il povero Simone piombain una pura crisi di panico, che gli terrà compagnia finoalle prime ore di scuola. Qui si presta come cavia per tutti:prima piange poi disegna, poi inizia a distrarsi dal suo «no,non voglio», chiodo fisso, fino anche ad arrivare a divertirsisuonando il tamburo e scrivendo con fierezza il proprionome sulla lavagna. Territorio conquistato, paura passata…e allora ben venga un nuovo desiderio, quello di non volertornare a casa.I libri di Simone non vogliono essere manuali per superaredei traumi, ma esplosioni continue di vita, in un concentratoquasi pericoloso per cui vale la pena rischiare. Soprattuttose di mezzo c’è una ragazza. Pidocchi! è un’avventura sullascoperta dell’amore, che è condivisione – suggerisce l’autrice– in tutto e per tutto. Questa volta Simone è alle presecon un sentimento tutto nuovo, un gran palpitare di cuori(che si vedono bene tutt’attorno a lui). In questo volumela Blake è ancora più essenziale del solito: una pagina, unafigura, al massimo due. Qui tutto si gioca in un saliscendidi emozioni repentine: amore, delusione, gelosia, tenerezza,timidezza… Ci si indigna con un coniglio poco gentlemenche snobba la sua fidanzata solo perché piena di pidocchi, cisi immedesima con il proprio eroe che per amore è dispostoanche a scordarsi dell’esistenza dei parassiti che si ritroveràpuntualmente fra il pelo delle orecchie.È a suo modo una prima volta anche l’arrivo di un intrusoin casa. Un Pappamolla, un fratello che non serve a nulla eche magari ad un certo punto tornerà in ospedale da doveè venuto. I cambiamenti che un evento di tale portata implicanella vita di un bambino sono ben noti a quasi tutticoloro che di questo genere di «dono» hanno goduto. Perla prima volta si deve giocare in silenzio, ripartire il propriospazio con un secondo arrivato, dividere i propri genitoricon qualcun altro. Simone rappresenta bene le incertezzedi questo momento. Ci si sente senza terra sotto i piedi,senza dei motivi nominabili perfettamente, ma con paureche non hanno nome; sono dei lupi, dei lupi che si moltiplicanofino a diventare un numero incontrollabile per un conigliettosolo sotto le coperte. Dagli adulti non può arrivarenessuna consolazione. E inaspettatamente è Pappamolla afar luce sulle ombre di Simone: se i lupi ci sono ci sonoanche i bambini piccoli che non sanno difendersi da soli.Ecco a cosa servono i Pappamolla, a farsi proteggere, a dareai fratelli maggiori la sicurezza che si è lì per qualcosa. Perproteggere qualcuno. Più indifeso di noi e che quindi nonpotrà farci nessun male.I libri di Stephanie BlakePIDOCCHI!Testo e illustrazioni di Stephanie BlakeTraduzione di Federica RoccaCartonato 40 pagine a coloriFormato 22 x 27,5 cmISBN 978 88 8362 198 7Euro 12,50PAPPAMOLLATesto e illustrazioni di Stephanie BlakeTraduzione di Federica RoccaCartonato 40 pagine a coloriFormato 22 x 27,5 cmISBN 978 88 8362 174 1Euro 12,5084 85


BABALIBRII libri di Stephanie BlakeSUPERCONIGLIOTesto e illustrazioni di Stephanie BlakeTraduzione di Federica RoccaCartonato 40 pagine a coloriFormato 22 x 27,5 cmISBN 978 88 8362 132 1Euro 12,50La dura legge di tutti i giorniSimone è un emblema di tante cose, ma forse la qualità chepiù lo caratterizza è una infaticabile resistenza alle intemperiedel quotidiano. Ogni mattina Simone dà coraggio peraffrontare una nuova giornata, perché è capace di far riderei bambini di se stessi, di far prendere meno seriamente i piccoliinevitabili drammi del crescere. Uno dei suoi espedientipiù riusciti in questo senso è la creazione del suo alter ego,Superconiglio. In molte storie, il supereroe compare quandoè tempo che i duri scendano in campo. Basta una mascherinasugli occhi e si è calati nella parte, pronti per andarea cacciare i cattivi. Anche qui come sempre, basta poco asmontare il castello perfetto di Simone: i cattivi che non cisono o si nascondono molto bene, una scheggia che s’infilain un dito, mandando in fumo tutti propositi supereroistici.Certo che questa può sempre diventare la superspada diun nemico. Nella routine le cose si trasformano e possonodiventare oggetti magici o pretesti per giochi infiniti. Ancheper il gioco del supereroe, che torna, viene richiesta unabuona dose di coraggio. Come dal dentista: Aaaah! Dal dentistano! Una delle tante piccole prove del quotidiano cheportano i bambini a misurarsi con i propri limiti. A voltebasta poco per cedere. Ecco perché è fondamentale avere unmantello, per darsi un po’ di forza. Solo così si può sopravvivereal tremendo attacco di una carie, all’avere rinunciatoad una frittella, e al trapano del dentista.L’infanzia chiede coraggio da vendere. Simone ce ne regalasempre tanto. [I.T.]i grandi si sentono legittimati a fare domande imbarazzanti(«vuoi più bene al babbo o alla mamma?») e non risponderea quelle più semplici che gli vengono rivolte. Come si fa unbambino? Cavoli, cicogne, lego, fango, «vi spiegherò stasera».Queste sono i tanti elementi di cui sono fatti i bambinied è ben contorto collegare queste declinazioni a qualcosache cresce dentro la pancia della mamma. I grandi sembranonon sapere, i bambini ancora una volta devono far tutto dasé. È un grande orgoglio, fare le cose da soli, ma a volte l’intuitonon basta, anche in casi come questo in cui, per buonaapprossimazione, si arriva alla verità. Lulù svela a Simonecome nascono le nuove creature. Parlare di sesso sembra essereuna materia che richiede applicazione e molta circospezione.Ma la Blake e il suo Simone sbaragliano le carte. Lulùe Simone ne discutono come facessero considerazioni sullamerenda o su un gioco appena fatto. Il concepimento e lanascita sono delle azioni basilari. Anche se sono all’originedi tutto. Come i bambini.C'È UN BAMBINO NELLA PANCIADELLA MAMMA?Testo e illustrazioni di Stephanie BlakeTraduzione di Federica RoccaCartonato 36 pagine a coloriFormato 22 x 27,5 cmISBN 978 88 8362 264 9Euro 12,50AAAAH! DAL DENTISTA NO!Testo e illustrazioni di Stephanie BlakeTraduzione di Federica RoccaCartonato 36 pagine a coloriFormato 22 x 27,5 cmISBN 978 88 8362 234 2Euro 12,50Simone e le nuove sorprese…In finale vogliamo solo dare un piccolo assaggio di quelleche saranno le prossime avventure di Simone: perché ledomande non finiscono mai, così come le scoperte. Il nuovoC’è un bambino nella pancia della mamma? tocca un tastoattorno a cui la Blake aveva già ronzato: maschi e femmine,corpi diversi, attrazione e repulsione, nascita. Anche questavolta l’autrice ci porta a ragionare su come i bambini chiedanodi andare diretti al cuore delle cose. Arriva un altrofratellino e alla reazione beata dei genitori che chiedono aifigli se sono contenti, la risposta più naturale è quella di Pappamolla«Boh, non so ancola chi è!». Nessun adulto sarebbedisponibile a sentirsi felice per qualcuno che non si sa chi è;UN LIBRO PER:• ridere• sdrammatizzare le proprie piccolecatastrofi quotidiane• analizzare il proprio nucleo familiare,le relazioni, le dinamiche affettive….• parlare di tutte le “prime volte”• immaginarsi sotto forma di animale• diventare supereroi nella vita di tuttii giorni86 87


TOPIPITTORIUNA STORIA DI TANTIA che cifra arriviamo, se sommiamo i nostri parenti più stretti, mamme, papà,fratelli, sorelle? Un libro che iniziasse con “quanti” e si interrompesse a dieci, anchea venti, sarebbe un fiasco. Quanti siamo in casa chiama “tanti”, tante persone,tante parti del corpo, tante cose, tante storie.QUANTI SIAMO IN CASAdi Isabel Minhós Martins e MadalenaMatosoCollana: AlbiAnno di pubblicazione: 2011Pagine 32 in formato 21 x 23Progetto grafico: Planeta TangerinaISBN: 978 88 89210 65 9euro 14,001Viene automatico, comunicando tra esseri umani, associarel’espressione “quanti siamo” a delle persone. Altrettanto,sovrapporre alla frase “quanti siamo in casa” argomenti chesi collocano nella sfera dell’abitare e della famiglia. Persinoquando in luogo di uomini e donne in carne e ossa, compaionoaltri elementi – oggetti, invece di soggetti –, comeavviene in copertina e quarta di copertina, sappiamo riconosceredelle identità. Prova ne sia che, se vediamo una bottigliadi vino pensiamo a degli adulti, se vediamo un biberonpensiamo a dei bambini, se vediamo degli oggetti smarritipensiamo a degli individui. Quanti siamo in casa accompagnai lettori verso un’esplorazione di superficie, attraversocui ascoltare a un grado più profondo la vita delle cose.«In casa siamo 6 teste. Ciascuna pensa alle proprie cose...Ma a volte pensano tutte alla stessa cosa. In casa siamo 78dita, 20 ditini e 20 ditoni... In tutto fanno 118 unghie che lamamma ci fa tagliare tutte le domeniche. In casa siamo...»“In casa siamo” è una formula che si ripropone identica suciascuna doppia pagina, dal principio alla fine 1 .Sempre uguale a se stessa, porta però continuamente in evidenzauna varietà di argomenti che si sviluppano a grappoli,grazie a questo tronco di testo fisso. L’effetto non è di ripetizione,bensì di rilancio. Voltare pagina è il gesto minimoche serve ai lettori a carburare il racconto, dal momento checiascuna doppia pagina inserisce un pezzo in più nell’esplorazioned’interno che stanno conducendo. A un doppio livello:quello della casa e quello di una casa nella casa, cioèil corpo umano.«In casa siamo 6 vesciche e 4 decine di metri di intestino tenuee crasso... E tutte le mattine ci mettiamo in coda per ununico bagno. In casa siamo 16 tette alcune grandi e altre piccole.E in estate le mettiamo tutte in mostra in spiaggia 2 .»Leggere il corpo attraverso le parole e le immagini di unlibro e leggere il corpo con il proprio corpo, sono due cosediverse che Quanti siamo in casa riesce a combinare a regolad’arte. Il testo e le illustrazioni di Martins e Matoso, sonoadatte a un viaggio sia scientifico, sia tattile, lungo il corpo.Esso comincia dalla testa, prosegue lungo gli arti superiorie il tronco e arriva ai piedi. Il movimento riparte da lì, adue pagine dalla fine della storia, sulle note e sui ritmi di unconcertino dove i corpi, nella loro interezza, ballano. Quantisiamo in casa porta con sé un merito alto: spostare la prospettivasu ciò che intendiamo per “animazione della lettura”,ripensare questa attività in una direzione più evoluta e menogiocosa di quanto accada mediamente sia nelle bibliotechesia nelle scuole. L’animazione di Quanti siamo in casa nonnecessita di alcuno sforzo inventivo – maledizione di tanti“animatori creativi”: basta con una mano toccarsi la testa escendere, in ascolto delle discese e delle risalite del testo, inascolto delle parti esterne e interne del proprio corpo.Un manuale di anatomia e fisiologia è concepito e studiatoin modo diverso da Quanti siamo in casa 3 .Raffrontare le qualità specifiche di queste due tipologie dilibro, mette i lettori nella condizione di intendere quali equanti modi esistono di rappresentare e raccontare il corpo.Pensiamo all’intestino disegnato dalla Matoso ispirato allecondutture di un moderno impianto idraulico, pensiamoalla serie El mapa de mi cuerpo (La mappa del mio corpo)di Genichiro Yagyu, edita fino a qualche anno fa dalla casaeditrice spagnola Media Vaca, pensiamo agli studi anatomicidi Leonardo da Vinci. Quanto si differenziano gli unidagli altri, pur desiderando ciascuno raccontare corpi?Un’altra possibilità di comparazione visiva potrebbe procederedall’accostamento di rappresentazioni naturalistichee astratte di corpi, oppure dalla contiguità di figure dicorpi neonati, corpi bambini, corpi adulti, corpi anziani.La storia dell’arte e quella della fotografia sono costellatedi questi soggetti iconografici. Le metamorfosi di cui ilcorpo è testimone, nell’arco di un ciclo di vita, sono unprocesso ben visibile in tutta la ritrattistica, i bambini neosservano i prodigi con estrema perizia anche nella realtà,quando concentrano lo sguardo sul corpo proprio e suicorpi degli altri.Quanti siamo in casa88 8923


TOPIPITTORI456Quanti siamo in casa ha i connotati per essere consideratoun “libro-laboratorio” 4 .Questo oggetto dà il benvenuto a forme di gioco varie, dalgioco di leggere, al gioco del corpo che si tocca, dal giocodi toccare il corpo degli altri, al gioco di disegnarlo. Apartire da un esercizio molto tradizionale e difficile, che hosentito di recente consigliare a tutti, bambini e adulti, da ungrande maestro del fumetto contemporaneo di nome Gipi.Mettiamoci una mano davanti agli occhi nella posizione cheBruno Munari, in Supplemento al dizionario italiano (1958),battezza “Che vuoi?”, e semplicemente disegniamola.Quanti siamo in casa, perché? La matematica è la casa madredelle discipline scientifiche, c’è chi per questo la chiama“la regina delle scienze”. In questo libro i numeri prendonola parola fin dai risguardi, dove si nominano per trentaduevolte numeri in progressione ascendente da 1 a 32, secondouna logica che è resa nota solo al termine della lettura: i personaggidella storia sono trentadue 5 .Per quanto le cifre siano dati oggettivi, in questo libro sonouna parte di testo che dispensa operazioni matematiche soloin seconda battuta. Prima di tutto, infatti, i numeri servonoper raccontare una storia, da punti di vista molto soggettivi.Dichiariamo genericamente che tutti abbiamo 1 cuore, 2mani, 2 orecchie, 20 unghie, 32 denti, eccetera, ma c’è chicapelli ne ha 3, chi di unghie ne ha 19 (perché una l’ha persae sta ricrescendo), chi di denti ne ha meno, perché stannospuntando o sono caduti, chi di nei ne ha 0. Il rapporto tradimensione soggettiva e oggettiva è da approfondire, accontentarsidi una separazione astratta tra questi due estremipotrebbe essere fuorviante.È un equilibrio magico quello che si ottiene nell’operazionedi contare, tra astrazione e concretezza. Da questo aspetto,forse, dipende il fascino e il gusto che molte persone provanonel fare calcoli. Chi impara a contare sperimenta diversevie, prima di calcolare su base astratta. Quanti siamo in casa,ricorre per questo scopo alle diverse parti del corpo, affinchépossano valere come parametri di misurazione elementari,tuttavia efficaci. Con il corpo gli esseri umani misurano dasecoli. Usare le braccia, i piedi, le teste, le dita, se adesso suonaanacronistico, in un tempo non troppo lontano era la prassie proporre rilievi di questo tipo ai lettori potrebbe trasformarsiin una parentesi piena di movimento durante l’ora sedentariadi aritmetica. Palmo a palmo, si può apprendere ancheda queste pagine e muovendosi nello spazio, che un sistemametrico decimale è suddiviso in metri, decametri, chilometri,gigametri, petametri, decimetri, millimetri, nanometri, picometri,zeptometri. Lo studio dei quanti è certamente lontanodall’orizzonte delle due autrici. Quanti siamo in casa è un oggettoche principalmente fa divertire, ridere, giocare, cantare 6 .Eppure, lo studio dei quanti, come quello di altre discipline,è da considerarsi nell’orbita di libri come questi, orientati inmodo preciso verso temi precisi, sebbene lontanissimi dai cosiddetti“libri a tema”. Quanti siamo in casa è un libro e basta.Dei risguardi, iniziali e finali, i lettori fanno tesoro. Nonsono decorativi e possono trasformarsi in un’opportunità distudio collettivo per chi adottasse il libro a scuola. Fotocopiatie ingranditi, sono adatti a ripassare in gruppo lezionidi matematica, di scienze, di lingua straniera. I nomi delleparti del corpo non sono forse tra i primi vocaboli che sistudiano quando si frequenta un corso base di inglese o russoo cinese 7 ? Quanti siamo in casa apre alle conoscenze piùdiverse. [G.M.]Quanti siamo in casaUN LIBRO PER:• giocare a contare• sviluppare la conoscenza del corpoumano, delle sue parti, della suafisiologia• cominciare collezioni di oggetti: cosetonde, cose quadrate, cose dure, coselunghe, cose piatte...• descrivere la propria famigliae riadattare Quanti siamo in casaalla propria situazione• fare delle misurazioni in gruppo,utilizzando come metro le braccia,i piedi, le teste, le mani, le dita• fare una festa con tutto il vicinatodove ciascuno porta chi vuole• compiere in classe piccoli esercizidi traduzione sulle parti del corpo,dall’italiano alle lingue straniereche i bambini conoscono• dare la parola ai bambini sugliargomenti “corpo” e “genitori• fare un’indagine su come è statorapprsentato il corpo umano nellastoria umana90 917


BabalibriVia Santa Valeria, 3<strong>2012</strong>3 MilanoTel. 02 86460237www.babalibri.itPromozione e distribuzionein libreria:Messaggerie Libri S.p.A.Via G. Verdi, 820090 Assago (Mi)tel. 02 45774.1Babalibri nasce nel 1999 in coedizione con l’école des loisirsnota casa editrice francese specializzata in letteratura infantile.Si propone di offrire ai giovani lettori libri di importantiartisti-scrittori internazionali che, per ricchezza di illustrazioni,varietà di colori, gamma di tecniche pittoriche e grafiche,attualità testuale, rispondono alle molteplici domandedi crescita emotiva, cognitiva e sociale dei bambini.In catalogo si trovano autori del calibro di Leo Lionni, MauriceSendak, Philippe Corentin, Claude Ponti, Iela Mari,Yvan Pommaux e molti altri che nel corso degli anni hannorivoluzionato la letteratura per l’infanzia, dimostrando unagrande sensibilità e una particolare attenzione alla qualitàdei testi e delle illustrazioni.Babalibri lavora anche a stretto contatto con i luoghi dellalettura quali librerie, biblioteche e scuole, e organizza attivitàdi promozione del libro attraverso laboratori per bambini,incontri di formazione e aggiornamento per insegnanti ebibliotecari. Inoltre partecipa attivamente alla progettazionee realizzazione di eventi e manifestazioni che diffondono lacultura del libro e il piacere della lettura.Per chi ha voglia di conoscere un po’ più a fondo la Margheritaedizioni, ecco cosa siamo riusciti a scovare…La fiera del Libro per Ragazzi di Bologna del 1999 è stata testimonedi un amore a prima vista dirompente di due fidanzati curiosi,Luca e Viviana, per la letteratura per l’infanzia. Alla fine diuna giornata intensa spesa ad ammirare estasiati tavole, mostre elibri esposti nelle decine e decine di stand i due avevano deciso:‘Faremo gli editori! E la nostra casa editrice si chiamerà… beh,bah… uhm… ehm…la Margherita edizioni!’ dissero a parenti eamici, in preda all’eccitazione.E così fu... Fin da subito fu loro chiaro che la parola d’ordinenella valutazione e scelta di un libro doveva essere: qualità. Laloro perseveranza nel ricercare il meglio li ha, pochi anni dopo,ricompensati egregiamente: nell’Aprile 2008, durante la Fieradel Libro per Ragazzi di Bologna (ebbene sì, questa fiera è capacedi elargire loro sempre nuove e fantastiche emozioni), èstato annunciato il nome del vincitore del prestigioso AndersenAward per il 2008 nella categoria illustratori. Il premio è statoassegnato a Roberto Innocenti, unico illustratore italiano ad avermai vinto l’Andersen. Tale premio è stato un riconoscimentodel lavoro svolto dalla casa editrice negli anni: un duro lavoro, avolte, non è stato facile farsi conoscere, gli editori per bambinisono tanti e il numero di titoli che esce in libreria ogni meseancora di più...la Margherita edizioniVia Milano 73/7520010 Cornaredo (MI)Tel. 02 99762433www.lamargheritaedizioni.itDistribuzione in libreria:A.L.I. S.r.l.Agenzia Libraria Internationalvia Milano 73/7520010 Cornaredo (MI)Tel +390299762430Fax+390236548188Ma oggi la Margherita edizioni è felice di avere, tra i suoi illustratori,oltre a Roberto Innocenti e François Roca, Sven Nordqvist,Eric Carle e tra gli ultimi, in ordine di tempo, Tullio Corda,Rébecca Dautremer e Sonia Maria Luce Possentini.Oggi gli editori sono sposati e hanno due figli, Benedetta eMattia e un cane, Teo (che li segue in ufficio ogni giorno, ricoprendoil ruolo di direttore marketing), ma la loro passione perla letteratura dell’infanzia è sempre immutata e promette nuoveimperdibili sorprese in futuro.


Indice per editore<strong>Topipittori</strong>Viale Isonzo,1620135 MilanoTel. 02 54107384www.topipittori.ittopipittori.blogspot.comDistribuzione in libreria:A.L.I. S.r.l.Agenzia Libraria Internationalvia Milano 73/7520010 Cornaredo (MI)Tel +390299762430Fax+390236548188Creata nel 2004, da Paolo Canton e Giovanna Zoboli, <strong>Topipittori</strong>è una casa editrice milanese specializzata in libri perbambini e ragazzi. Attenta alle esperienze e alle culture del libroillustrato maturate in Italia e nel resto del mondo, nel corsodegli anni la casa editrice ha sviluppato un catalogo innovativoper temi e linguaggi, interessante anche per la presenza diautori, illustratori e grafici sia italiani sia stranieri, spesso allaloro prima esperienza nell’ambito del libro per ragazzi.Dagli inizi a oggi, la casa editrice si è evoluta, mantenendo fermialcuni punti, come la selezione dei titoli, otto l’anno, curati,prodotti e stampati in Italia. Gran parte dei più di 80 titoliin catalogo sono stati venduti all’estero in Stati Uniti, Francia,Svizzera, Germania, Austria, Spagna, Corea, Brasile, Messico,Cina, Grecia, Olanda e Polonia. <strong>Topipittori</strong> fa parte di quelgruppo di piccole case editrici che ha riportato la produzioneitaliana di libri illustrati all’attenzione dei paesi stranieri, facendoneuna voce attiva nel mercato italiano del libro.In catalogo sono presenti sei collane: dalla poesia (Parolamagica), ai classici (Fiabe quasi classiche), ai picture book(Albi), ai libri illustrati per tutti (Grilli per la testa), al progettosperimentale I Grandi e i Piccoli, dedicato ai libri-pontepensati per creare momenti di condivisione fra bambini eadulti adulti (I Grandi e i Piccoli).Per festeggiare il quinto anno di vita, nel 2009 è stata creata lacollana di narrativa “Gli anni in tasca”, che raccoglie raccontiautobiografici di infanzia e di adolescenza, vincitrice del PremioAndersen 2010 come migliore collana di narrativa.Motivata alla creazione, condivisione e diffusione delle culturelegate al libro per ragazzi e all’infanzia, <strong>Topipittori</strong> lavora acontatto di scuole, genitori, biblioteche e librerie specializzate.BABALIBRI80 AAAAH! DAL DENTISTA NO! ISBN: 978 88 8362 234 280 CACCAPUPÙ ISBN: 978 88 8362 131 412 CHI È IL PIÙ BUFFO? ISBN: 978 88 8362 247 280 FACCIAMO CAMBIO? ISBN: 978 88 8362 245 828 GRAT GRAT CIRP SPLASH! ISBN: 978 88 8362 238 040 IL GRANDE LIBRO DELLE FIGURE E DELLE PAROLE ISBN: 978 88 8362 237 344 IL RAFFREDDORE DI AMOS PERBACCO ISBN: 978 88 8362 248 952 LA SEDIA BLU ISBN: 978 88 8362 239 780 NO, NIENTE NANNA! ISBN: 978 88 8362 220 580 NON VOGLIO ANDARE A SCUOLA ISBN: 978 88 8362 160 480 PAPPAMOLLA ISBN: 978 88 8362 174 168 PICCOLO MUSEO ISBN: 978 88 8362 025 680 PIDOCCHI! ISBN: 978 88 8362 198 780 SUPERCONIGLIO ISBN: 978 88 8362 132 1LA MARGHERITA EDIZIONI20 DOVE VANNO A FINIRE…? ISBN: 978 88 653202236 IL GIOCO DEL TEMPO ISBN: 978 88 8653202764 L’ONDA BANDITA ISBN: 978 88 86532029TOPIPITTORI8 C’È POSTO PER TUTTI ISBN: 978 88 89210 73 416 CIELO BAMBINO ISBN: 978 88 89210 72 724 FAVOLE ISBN: 978 88 89210 64 232 I CIGNI SELVATICI ISBN: 978 88 89210 62 848 IL VIAGGIO DI UNA STELLA ISBN: 978 88 89210 71 056 L’OMINO E DIO ISBN: 978 88 89210 69 760 NOVE STORIE SULL’AMORE ISBN: 978 88 89210 61 172 P DI PAPÀ ISBN: 978 88 89210 63 576 PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO INVERNO ISBN: 978 88 89210 70 388 QUANTI SIAMO IN CASA ISBN: 978 88 89210 65 9


Di questo volume sono state tirateduemilacinquecento copie fuoricommercio, destinate a librai,bibliotecari e insegnanti.Progetto grafico: Giulia SagramolaRedazione: <strong>Topipittori</strong>Finito di stampare nel mesedi marzo <strong>2012</strong> presso Grafiche AZ,San Martino Buon Albergo (VR)© <strong>2012</strong>, Babalibri, Milano /la Margherita edizioni, Milano /<strong>Topipittori</strong>, MilanoPrinted in Italy

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