31.07.2015 Views

Nussbaum.pdf - Meno di Zero

Nussbaum.pdf - Meno di Zero

Nussbaum.pdf - Meno di Zero

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Anno II, Numero 7, Ottobre-Dicembre 2011 Sapere/Potere - Bibliotecariduciamo e via via banalizziamo la memoria storica a vantaggio <strong>di</strong> un sapere sempre piùfungibile e tecnologico?Meglio pensare che a monte non vi sia stata alcuna domanda. Sarebbe allora da consigliarevivamente la lettura del libro della <strong>Nussbaum</strong> a chi si occupa <strong>di</strong> scuola a <strong>di</strong>versi livelliistituzionali, come un agile libretto <strong>di</strong> spunti per un buon ministro dell’istruzione ancora davenire. È tale, infatti, la <strong>di</strong>stanza tra il sistema educativo ideale proposto dalla <strong>Nussbaum</strong> e lanostra realtà scolastica da far pensare che Non per profitto sia piuttosto il racconto <strong>di</strong>un’utopia che ci sta davanti come un traguardo da raggiungere. Come raggiungerlo è il veroproblema, dal momento che, dagli esempi citati nel libro, l’istruzione più efficace apparequella impartita in realtà eccezionali come la Laboratory School <strong>di</strong> J. Dewey a Chicago o lascuola <strong>di</strong> Tagore a Santiniketan, in In<strong>di</strong>a, appannaggio <strong>di</strong> pochi, fortunati, e probabilmenteanche ricchi eletti. Avendo in mente il contesto statunitense, inoltre, la <strong>Nussbaum</strong> sembra nontener conto della <strong>di</strong>fferenza tra scuola pubblica (con poche risorse umane e materiali) eprivata (più ricca e più autonoma nella scelta del cosa fare e del come farlo).Probabilmente intento della <strong>Nussbaum</strong> non è però quello <strong>di</strong> fornire soluzioni pratiche. Nonper profitto non è un libro sul come ma sul perché della cultura umanistica nell’educazionescolastica. A chi si interroga sull’importanza dello stu<strong>di</strong>o delle <strong>di</strong>scipline classiche, dellapoesia, della storia e filosofia, delle arti, la <strong>Nussbaum</strong> risponde con un elenco <strong>di</strong> precisecapacità che queste <strong>di</strong>scipline, e non altre, sono in grado <strong>di</strong> sviluppare in senso specifico, come«la capacità <strong>di</strong> ragionare sui problemi politici senza delegare alla tra<strong>di</strong>zione o all’autorità», la«capacità <strong>di</strong> riconoscere nei concitta<strong>di</strong>ni persone con pari <strong>di</strong>ritti», la «capacità <strong>di</strong> raffigurarsila varietà dei problemi della vita umana». Insomma, in ultima analisi, la capacità <strong>di</strong> esercitarecriticamente il proprio pensiero guardando all’umanità dell’altro e ai suoi bisogni. Privare lascuola delle scienze umanistiche vorrebbe per questo <strong>di</strong>re privare col tempo la società <strong>di</strong>citta<strong>di</strong>ni critici, <strong>di</strong> uomini capaci <strong>di</strong> risolvere creativamente i problemi; <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nidemocratici.A sostenere queste idee intervengono le gran<strong>di</strong> figure della pedagogia mon<strong>di</strong>ale, da Pestalozzi,alla Montessori, Alcott, Dewey, Tagore, rievocati sommariamente dalla <strong>Nussbaum</strong> con qualcheindulgenza nella retorica, soprattutto nella seconda parte del libro, un po’ ridondante e certomeno briosa delle prime pagine. La rievocazione del passato non può risolversi però in uninno alla scuola tra<strong>di</strong>zionale su cui molto c’è da ri<strong>di</strong>re. Emergono punti forti, comuni a tutti igran<strong>di</strong> innovatori dell’educazione infantile, che si riconoscono nella cura affettuosa delbambino, nell’esercizio del pensiero libero e critico, nella creatività del gioco. I medesimipunti forti che andrebbero riba<strong>di</strong>ti e rilanciati come car<strong>di</strong>ni imprescin<strong>di</strong>bili dell’educazioneanche oggi.Tuttavia, anche l’umanista più retrivo purché consapevole e addentro ai meccanismi dellascuola, sa bene che spesso il problema della sua <strong>di</strong>sciplina non è soltanto la riduzione <strong>di</strong> unsapere o il suo possibile accantonamento, quanto la modalità stessa in cui una <strong>di</strong>sciplina vieneinsegnata. I variegati e spesso accidentati percorsi scolastici <strong>di</strong>mostrano come sia spesso la2


Anno II, Numero 7, Ottobre-Dicembre 2011 Sapere/Potere - Bibliotecacattiva qualità della <strong>di</strong>dattica a danneggiare “il peso sociale”, per così <strong>di</strong>re, <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina e aridurre, insieme ad esso, l’effetto pedagogico sul futuro citta<strong>di</strong>no. Un effetto pedagogico checomunque rimane a lungo invisibile, dunque tar<strong>di</strong> a <strong>di</strong>scernersi, perché, nell’imperaredell’immagine, del dato misurabile e quantificabile, l’umanesimo della poesia, della storia edell’arte lavora nella scuola come invisibile scienza che non produce dati misurabili equantificabili, ma strumenti per meglio capire e guardare il mondo contro le continuetentazioni all’assuefazione.Ci si può forse spingere oltre fino ad affermare che le <strong>di</strong>scipline umanistiche, invisibili e nonmisurabili, sono anche inattuali per definizione, nel senso che non hanno un’imme<strong>di</strong>atarisonanza e utilità nel presente. Per tutte loro vale quello che il filosofo Heidegger nella suaIntroduzione alla metafisica (1966) scrisse efficacemente e, quasi profeticamente,sull’inattualità della filosofia, sul suo essere, insomma, un sapere no profit, e cioè non «unsapere da potersi apprendere imme<strong>di</strong>atamente, com’è delle scienze tecniche o <strong>di</strong> mestiere, néun sapere da potersi imme<strong>di</strong>atamente applicare, come quello economico o quello, in genere,professionale, che, <strong>di</strong> volta in volta, si può apprezzare in base alla sua utilità». Ma ciò che non èutilizzabile, può non<strong>di</strong>meno costituire una potenza. Pertanto, affermava il filosofo, se forse èesatto <strong>di</strong>re che la filosofia «non serve a niente», resta da fare una domanda, una domanda,questa sì, ancora attuale: « se cioè, posto che noi non possiamo farcene nulla, non sia piuttostola filosofia che, in ultima analisi, è in grado <strong>di</strong> fare qualcosa <strong>di</strong> noi».3

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!