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Elisabetta Vezzosi UN INCONTRO MANCATO, MA ... - Meno di Zero

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Anno III, Numero 8-­‐9, Gennaio-­‐Giugno 2012 Passato/Presente -­‐ Analisi Due anni dopo, nel 1989, nasceva la Società Italiana delle Storiche che, si legge nel suo Statuto oggi rinnovato, «si propone <strong>di</strong> valorizzare la soggettività femminile e la presenza delle donne nella storia; <strong>di</strong> fornire chiavi <strong>di</strong> lettura e nuove categorie interpretative, con particolare riferimento al genere. Si propone inoltre <strong>di</strong> rinnovare la ricerca e l’insegnamento e <strong>di</strong> promuovere la <strong>di</strong>vulgazione del patrimonio scientifico e culturale prodotto dalle storiche, al fine <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare l’attuale e unilaterale trasmissione dei saperi contribuendo alla costruzione <strong>di</strong> una cultura che intrecci parità e <strong>di</strong>fferenza». Proprio la valorizzazione della soggettività, il riconoscimento dell’importanza del legame tra soggetto e oggetto della ricerca, parve dunque <strong>di</strong>stinguere la storiografia italiana sulle donne. Le socie sarebbero state ricercatrici, docenti universitarie, insegnanti, archiviste, bibliotecarie e poi dottorande, studentesse, donne che svolgessero ricerca nell’ambito delle <strong>di</strong>scipline storiche e della <strong>di</strong>dattica della storia. Le più recenti iniziative L’anno successivo sarebbe nata la Scuola Estiva <strong>di</strong> Storia delle Donne, alla Certosa <strong>di</strong> Pontignano (Università <strong>di</strong> Siena), un luogo al tempo stesso <strong>di</strong> trasmissione dell’esperienza politica del femminismo e <strong>di</strong> nuove impostazioni storiografiche. Le destinatarie erano donne – e da qualche anno anche uomini -­‐ <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa estrazione, occupazione, cultura, generazione. Oggi la scuola ha sede a Firenze, si tiene ogni anno alla fine <strong>di</strong> agosto e si avvale del sostegno, tramite borse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, <strong>di</strong> numerosi <strong>di</strong>partimenti universitari, <strong>di</strong> amministrazioni locali, <strong>di</strong> organismi <strong>di</strong> parità. Ad essa si affiancano corsi <strong>di</strong> formazione (soprattutto con la Provincia <strong>di</strong> Firenze) per donne occupate e non, e il Premio Franca Pieroni Bortolotti – nato ormai vent’anni fa, sponsorizzato dal Comune <strong>di</strong> Firenze (adesso dal Consiglio Regionale della Regione Toscana e dal Comune <strong>di</strong> Firenze) che valorizza tesi <strong>di</strong> laurea, <strong>di</strong> dottorato e le migliori ricerche ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> storia delle donne e <strong>di</strong> genere. Dal 1989 al 1999 la Società Italiana delle Storiche ha pubblicato la newsletter “Agenda” e nel 2002 ha fondato la rivista «Genesis»; accanto ad essa, la Società sta lanciando, insieme alla casa e<strong>di</strong>trice Viella, una collana <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> storia delle donne e <strong>di</strong> genere, i cui primi volumi sono previsti per il 2013. A lavoro con le nuove generazioni In Italia come altrove, a quasi quarant’anni dal suo avvio, è sconfortante constatare quanto sia <strong>di</strong>fficile inserire la storia delle donne – per non parlare <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> genere – nella trama della narrazione storica complessiva. Malgrado sia da tempo fuoriuscita dalla sua nicchia e sebbene sia impensabile per molti storici trascurare completamente questa <strong>di</strong>mensione, il suo spazio appare spesso ancora interstiziale. Il suo successo futuro si fonda sulla capacità <strong>di</strong> esportare il proprio patrimonio intellettuale al <strong>di</strong> fuori degli stu<strong>di</strong> specialistici e <strong>di</strong> intavolare un vero confronto tra generazioni. Le giovani


Anno III, Numero 8-­‐9, Gennaio-­‐Giugno 2012 Passato/Presente -­‐ Analisi storiche mostrano legami più flebili con la politica istituzionale, ma manifestano grande attenzione per l’intreccio corpo/sessualità/politica/potere e per nuove <strong>di</strong>scussioni teoriche, un aspetto che la storiografia italiana delle donne e <strong>di</strong> genere ha prevalentemente trascurato, preferendo <strong>di</strong>battiti su categorie “d’importazione” all’elaborazione <strong>di</strong> originali strategie <strong>di</strong>scorsive. Si tratta dunque <strong>di</strong> continuare a cercar <strong>di</strong> risolvere l’apparente opposizione tra storia delle donne e storia <strong>di</strong> genere, tra oppressione e agency, tra esperienza e <strong>di</strong>scorso. L’agenda futura è densa <strong>di</strong> impegni: insegnamento e ricerca che colleghino locale e globale; riconoscimento non solo delle <strong>di</strong>fferenze tra donne ma dell’intersezionalità <strong>di</strong> genere, razza, etnia, classe, orientamento sessuale e nazione; ridefinizioni teoriche; <strong>di</strong>alogo inter-­‐generazionale. Le energie per riavviare una riflessione sul metodo esistono già: luoghi <strong>di</strong> incontro, buone riviste – La Camera blu. Rivista del dottorato <strong>di</strong> storia <strong>di</strong> genere, Storia delle donne (rivista online), Genesis (rivista della Società Italiana delle Storiche) –, una produzione scientifica <strong>di</strong> rilievo. Si tratta <strong>di</strong> mettere in campo tutte queste energie con forza e decisione. Sul piano accademico, le recenti riforme universitarie hanno reso irrealistico un ampliamento degli insegnamenti <strong>di</strong> women’s and gender history, che si sono <strong>di</strong>ffusi (e che in alcune se<strong>di</strong> ancora esistono) negli anni Novanta. Le famigerate tabelle delle classi <strong>di</strong> laurea, unite al limite al numero degli esami hanno reso sempre più esile l’insegnamento <strong>di</strong> storia delle donne e <strong>di</strong> genere segnando una tendenza credo irreversibile. È anche vero del resto che se la storia delle donne e <strong>di</strong> genere acquisisse infine pieno <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza il problema potrebbe autorisolversi perché non ci sarebbe più bisogno <strong>di</strong> insegnamenti specifici, “compensatori”, e -­‐ definizione che le storiche, italiane e non, hanno sempre rifiutato -­‐ aggiuntivi. Abbiamo sbagliato in Italia, negli anni Ottanta, a non creare <strong>di</strong>partimenti <strong>di</strong> Women’s Stu<strong>di</strong>es, rifiutando il separatismo <strong>di</strong>sciplinare? Difficile dare una risposta che non tenga conto degli accesi <strong>di</strong>battiti allora avvenuto su questo tema. Oggi è forse la creazione <strong>di</strong> Centri Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> genere, Osservatori <strong>di</strong> genere, etc., l’attenzione al terzo livello della formazione, che può compensare e recuperare sul piano <strong>di</strong>dattico (lezioni, cicli <strong>di</strong> seminari e conferenze, gruppi tematici) le carenze presenti? L’attività può essere intensificata nel settore della scuola, dei curricula all’interno dei dottorati <strong>di</strong> ricerca, della formazione long-life learning. Certo la <strong>di</strong>ffusissima con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> precarietà tra le giovani storiche, ad oggi quasi del tutto assente nelle ricognizioni e ricerche <strong>di</strong>sponibili, non aiuta un rilancio della <strong>di</strong>sciplina in ambito accademico segnando un rilevante gap tra quantità e qualità della ricerca e sua legittimazione. ______________________ NOTE Anna Rossi Doria, a cura <strong>di</strong>, A che punto è la storia delle donne in Italia, Roma, Viella, 2003. Della stessa autrice ve<strong>di</strong> anche Dare forma al silenzio. Scritti <strong>di</strong> storia politica delle donne, Roma, Viella, 2007, cap. Didattica e ricerca nella storia e delle donne.

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