A&L_n1_FEBBRAIO 2016

y Mario Conserva
Editorial / Editoriale
The missing link between tariffs on raw aluminium and on aluminium and alloy semis
The Lisbon treaty offers new lines of defence for 7.5 % EU
import tariff on aluminium wrought products
European transformers, and particularly large non-integrated
companies, are increasingly aware of how absurd, not to mention
harmful, it is to have to pay more for aluminium compared to
other global competitors because of tariffs on the raw metal;
what is startling is that it took decades to become conscious of
such a huge piece of nonsense, such as, accepting the imposition
of a tariff, and the consequent damages, on a raw material like
aluminium that is lacking on the domestic market , and totally
absent in some cases, as with non-alloyed aluminium, that is not
produced, as everyone knows, by any smelter in the UE.
The misleading information spread by tariff supporters is
meanwhile on the increase: lacking any other valid argument,
these raise false issues to divert attention and buy some time
to cling to their advantages. The typical false issue brought up is
the existence of an automatic link between tariffs on raw metal
and on semis, presented almost like a threat, as though removing
protection on the raw material upstream could automatically
lead to consequences on semis downstream. This is totally false:
there is no mechanism linking tariffs on different segments of a
homogeneous industrial chain, while within each segment there
are different defence/offence interests connected to the
market situation, different negotiation tactics, different pressures
exerted by governments, stakeholders, lobbies and other parties
involved. Besides, the Lisbon treaty requires all negotiations
on topics connected to commercial
exchanges to be approved by Parliament,
whose members are more sensitive to the
problems of employment and to regional and
local issues concerning small and mediumsized
companies. Therefore an automatic
link should not only be ruled out altogether,
but if anyone were to try to introduce
such a mechanism (following, for instance, a
mario.conserva@edimet.com
request by end users), the development of
such a project seems totally inconceivable
in today’s aluminium industrial value chain in the EU, considering
the evident sate of excess production capacity regarding first
transformation. It would be astonishing if a system that over all
these years did not manage to get rid of such a conceptually and
economically unsustainable dead weight as a tariff levied on a
commodity that is not being produced, were not to defend with
all its clout a protection that is perfectly logical from a market
scenario standpoint, such as EU import tariffs on semis.
Il legame che non c’è tra il dazio sull’alluminio grezzo e quello sui semis di alluminio e leghe
Il Trattato di Lisbona offre nuove strategie di
difesa contro il dazio del 7,5% sulle importazioni
di prodotti lavorati di alluminio
Cresce tra i trasformatori europei, in particolare nelle grosse
compagnie non integrate, la presa di coscienza di quanto sia
assurdo oltreché dannoso dover pagare di più l’alluminio rispetto
alla concorrenza mondiale per effetto del dazio sul metallo
grezzo; meraviglia che ci sia voluti decenni per prendere atto di
un non senso colossale, accettare cioè l’imposizione di un dazio, e
dei danni relativi conseguenti, su un bene carente sul piano delle
produzioni domestiche come l’alluminio primario, ed addirittura
completamente assente come è il caso del metallo non legato,
che come ben noto non viene prodotto da alcun smelter in UE.
Si rinforza in contemporanea la disinformazione da parte degli
amici del dazio, quelli che quando mancano argomenti validi
sollevano falsi problemi per sviare l’attenzione e guadagnare
altro tempo per mantenere i propri vantaggi. Il classico falso
problema che rispunta è quello dell’esistenza di correlazione
automatica tra il dazio sul metallo grezzo e quello sui semilavorati,
quasi la minaccia che se scompare la protezione sul bene a
monte conseguentemente si adegua quella sul trasformato
a valle. Nulla di più falso, non c’è alcun meccanismo che metta
in relazione i dazi sui diversi segmenti di una catena industriale
omogenea, all’interno di ogni segmento ci sono invece diversi
interessi difensivi/offensivi legati alla situazione del mercato,
diverse tattiche negoziali, diverse pressioni dai governi, dagli
stakeholders, dalle lobbies, dalle parti sociali coinvolte. Con il
trattato di Lisbona inoltre ogni negoziazione su argomenti relativi
agli scambi commerciali deve essere approvata dal Parlamento,
i cui membri sono più sensibili ai problemi dell’occupazione ed
a quelli regionali e locali delle piccole e medie aziende. Quindi
non solo è escluso ogni automatismo di provvedimenti, ma se
qualcuno dovesse proporre una misura del genere (dietro la
richiesta ad esempio di utilizzatori finali), la maturazione di
un progetto del genere appare oggi del tutto improponibile
nella catena industriale dell’alluminio in UE, considerando le
manifeste condizioni di sovracapacità produttiva per le prime
trasformazioni. Ci sarebbe poi da stupirsi se un sistema che non è
riuscito in tanti anni a liberarsi da un fardello concettualmente ed
economicamente indifendibile come il dazio su un bene che non
viene prodotto, non facesse muro su una protezione ineccepibile
alla luce del quadro di mercato, come i dazi all’import in UE di
semilavorati.
February 2016 N° 01
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