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2016-09-16

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IL GIORNALE DELL’ ECONOMIA DIGITALE E DELL’ INNOVAZIONE<br />

GIÀ CORRIERE DELLE COMUNICAZIONI<br />

Anno XII n. 12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong> - mensile - 3 euro<br />

Fondato e diretto da Gildo Campesato<br />

Redazione Via Alberico II n.33 - 00193 Roma Poste Italiane S.p.a. Sped. in abb. post. - D.L.353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1, comma 1 Roma/aut.n.15/2008 Arretrati: euro 6,00<br />

Abb. annuo 60,00 euro (per 20 numeri); All’estero 120,00 euro . Tel. 06-88376920 segreteria@corcom.it<br />

L’EDITORIALE<br />

Lasciamo<br />

lavorare<br />

Piacentini<br />

VODAFONE<br />

«Le idee innovative<br />

per l’ Internet of Things<br />

nascono qui in Italia»<br />

► A PAGINA 21<br />

MICROSOFT<br />

«Prodotti migliori per tutti<br />

È la nostra sfida<br />

per l’accessibilità»<br />

► A PAGINA 24<br />

Di GILDO CAMPESATO<br />

La nomina era stata anticipata<br />

a inizio febbraio con uno<br />

scambio di tweet fra il presidente<br />

di Amazon, Jeff Bezos, e il<br />

presidente del Consiglio Matteo<br />

Renzi. Ma l’insediamento formale<br />

di Diego Piacentini quale commissario<br />

straordinario per il digitale è<br />

avvenuto soltanto a metà agosto,<br />

dopo l’approvazione del nuovo Codice<br />

dell’amministrazione digitale<br />

che ne istituisce la figura, ne precisa<br />

i compiti, ne definisce i poteri.<br />

I primi passi dell’ex vicepresidente<br />

di Amazon mondo (“ex” nel senso<br />

che si è preso due anni di aspettativa)<br />

sono stati defilati. È apparso con<br />

Renzi e Obama al G20 a Hangzhou.<br />

Per il resto, si è tenuto lontano dalla<br />

ribalta. Nemmeno un tweet o un<br />

post su Facebook.<br />

Quello di Piacentini non sarà un<br />

compito facile ed evitare la sovraesposizione<br />

mediatica è comprensibile,<br />

data la complessità, la difficoltà e<br />

(per lui) la novità dei dossier da affrontare.<br />

Traghettare la PA italiana<br />

dal cartaceo al digitale non è affatto<br />

un giochetto semplice (lo si vede<br />

purtroppo da lunghi anni di paralisi<br />

e difficoltà realizzative), così come<br />

sarà altrettanto difficile per il settore<br />

privato (manifatturiero e servizi in<br />

primis) cogliere sino in fondo le sfide<br />

della digital economy, cioè dell’economia<br />

tout court.<br />

Se Piacentini tace, non sono mancate<br />

le polemiche di chi paventa suoi<br />

conflitti di interesse. C’è chi non si<br />

accontenta della spiegazione che lavorerà<br />

gratis per il desiderio di “mettersi<br />

al sevizio di un Paese dove ho<br />

vissuto quarant’anni”. Affermazione<br />

più da “americano” che da “italiano”,<br />

a dire il vero: ma perché sospettarlo<br />

di mendacio prima ancora di vederlo<br />

alla prova? Oppure, c’è chi vede<br />

il fatto che Piacentini si è messo in<br />

aspettativa da Amazon e non licenziato<br />

come il mascheramento di<br />

chissà quale doppio gioco a favore<br />

del gruppo americano.<br />

E c’è chi giudica peccato mortale<br />

avere mantenuto le azioni Amazon<br />

in suo possesso Come se da Palazzo<br />

Chigi si potesse seriamente influenzare<br />

i corsi di Borsa del colosso di<br />

Seattle.<br />

Ovviamente, la trasparenza dell’azione<br />

è fondamentale. Ma non avvelenare<br />

preventivamente i pozzi. Non<br />

si pretende che chi non è d’accordo<br />

con la sua nomina ringrazi Piacentini<br />

per la disponibilità. Ma almeno lo<br />

si lasci lavorare serenamente, dandogli<br />

gli strumenti per farlo, compresa<br />

una squadra forte. E lo si giudichi<br />

pure. Ma a posteriori, dai risultati.<br />

BANCHE & FINANZA<br />

SCOCCA L’ORA<br />

DELLA BLOCKCHAIN<br />

DA PAGINA 2 a pagina 11<br />

L’intervista<br />

Martina: «Ecco l’agricoltura 2.0»<br />

L’annuncio del ministro a Corcom: «A ottobre il piano per l’innovazione nell’agroalimentare»<br />

Le tecnologie digitali faranno da volano all’agroalimentare<br />

italiano. Ne sono convinti gli<br />

agricoltori italiani, che stanno cercando con<br />

sempre più convinzione di integrare tradizione e<br />

innovazione, e ne è convinto il ministro delle Politiche<br />

agricole, Maurizio Martina, che a CorCom delinea<br />

la roadmap del Governo per garantire un futuro<br />

2.0 al settore. “Sono tante le realtà che sviluppano<br />

soluzioni innovative per il modello agricolo italiano<br />

ma possiamo fare di più. A ottobre presentiamo un<br />

piano d’azione: vogliamo portare il nostro Paese a A PAGINA <strong>16</strong><br />

essere leader nell’agricoltura di precisione entro i<br />

prossimi 5 anni”. Le sfide, tra burocrazia pesante,<br />

scarsa penetrazione del digitale e difficoltà a investire,<br />

non mancheranno. Ma l’occasione è troppo<br />

ghiotta. Sarà importante<br />

agire d’insieme ed evitare<br />

una filiera digitalmente<br />

incompleta. Così come<br />

scrivere per il Sud e le<br />

nuove generazioni ruoli<br />

da veri protagonisti.<br />

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Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

ilFOCUS<br />

BLOCKCHAIN<br />

Disruption<br />

Il Parlamento europeo segue con attenzione lo sviluppo della nuova tecnologia che<br />

può contribuire positivamente al benessere dei cittadini e allo sviluppo economico<br />

È auspicabile, nonché possibile, evitare una regolamentazione preventiva<br />

e severa che ne soffocherebbe la crescita. Analogo interesse da parte<br />

della Commissione europea tanto che già si pensa a una authority ad hoc<br />

L'Europa guarda alla blockchain<br />

«Per il benessere dei cittadini»<br />

Francesco Molica<br />

No a interventi legislativi<br />

avventati. Potrebbe rivelarsi<br />

controproducente. E’<br />

l’orientamento che allo stato<br />

presente prevale a Bruxelles sulla tecnologia<br />

di registro distribuito. Lo ha messo<br />

nero su bianco il Parlamento europeo in<br />

una risoluzione sul tema delle criptovalute<br />

adottata nel giugno scorso.<br />

Nella quale si propugna massima<br />

prudenza regolamentare, almeno in<br />

questa fase. L’obiettivo è non falcidiare il<br />

potenziale di innovazione di una tecnologia<br />

ancora relativamente giovane che “può<br />

contribuire positivamente al benessere dei<br />

cittadini e allo sviluppo economico”. Ecco<br />

perché “è auspicabile, nonché possibile,<br />

evitare una regolamentazione preventiva<br />

e severa che ne soffocherebbe la crescita”,<br />

è il messaggio lanciato dall’Eurocamera<br />

nella mozione votata quasi all’unanimità.<br />

La Commissione Ue è sulla stessa<br />

lunghezza d’onda come sottolineato dal<br />

titolare ai servizi finanziari, il britannico<br />

Jonathan Hill, prima di rassegnare<br />

le dimissioni nel solco del referendum<br />

su Brexit. “Condivido l’approccio molto<br />

bilanciato suggerito dal Parlamento: è<br />

importante tenere d’occhio gli svilup-<br />

pi della tecnologia per abbracciarne le<br />

opportunità, pur restando attenti ai<br />

potenziali rischi”, aveva dichiarato Hill.<br />

Certo, sulla posizione dell’esecutivo Ue<br />

pesa anche una certa “impreparazione”.<br />

La verità, ammettono fonti interne, è<br />

che si sta ancora cercando di prendere le<br />

misure. Motivo per il quale il Parlamento<br />

Europeo ha sollecitato, e in tutta probabilità<br />

sarà accontentato, l’istituzione di<br />

una task force orizzontale guidata dalla<br />

Commissione stessa e composta da esperti<br />

tecnici ed esperti di regolamentazione. Il<br />

compito di questa pseudo authority, come<br />

la definiscono in molti, sarebbe quello di<br />

monitorare l’evoluzione della tecnologia<br />

di registro distribuito e, laddove necessario,<br />

raccomandare eventuali azioni<br />

normative. “Siamo di fronte a innovazioni<br />

tecnologiche che possono crescere<br />

rapidamente sino ad assumere contorni<br />

«Abbiamo bisogno di un<br />

soggetto con le competenze<br />

adatte a proporre interventi<br />

regolatori specifici se e<br />

quando ce ne sarà necessità»<br />

sistemici. Abbiamo bisogno di un soggetto<br />

con le competenze adatte a proporre con<br />

tempestività interventi regolatori specifici,<br />

se e quando ce ne sarà necessità”, spiega<br />

il deputato europeo Jakob von Weizsäcker,<br />

autore della risoluzione.<br />

D’altro canto, è lo stesso Parlamento<br />

di Strasburgo a riconoscere come diverse<br />

attività connesse all’uso della blockchain<br />

siano gravate sotto molti aspetti da<br />

incertezza normativa. Ciò comporterebbe<br />

l’aggiornamento di alcune normative.<br />

La Commissione, dopo aver svolto gli<br />

approfondimenti necessari, potrebbe<br />

procedere a una revisione della normativa<br />

UE in materia di pagamenti, comprese la<br />

direttiva sui conti di pagamento, la direttiva<br />

sui servizi di pagamento e la direttiva<br />

sulla moneta elettronica. Molto dipenderà<br />

anche da quale direzione assumerà<br />

l’evolversi della tecnologia. Gli osservatori<br />

ritengono che essa continuerà a svilupparsi<br />

ben oltre il settore dei pagamenti,<br />

andando a coprire ambiti molto disparati,<br />

dai contratti intelligenti ai trasferimenti<br />

di proprietà intellettuale, passando per<br />

una serie di servizi pubblici. Parliamo di<br />

attività per le quali esiste ovviamente un<br />

quadro giuridico di riferimento.<br />

Ma è lo stesso Parlamento Ue a indicare<br />

che “a misura che le applicazioni<br />

basate sulla blockchain accedono a nuovi<br />

mercati e ampliano le loro attività […]<br />

potrebbe essere necessaria una legislazione<br />

più specifica”. Altro discorso è quello<br />

della sicurezza. Sull’onda degli attacchi di<br />

Parigi e Bruxelles, il tema delle criptovalute<br />

è inevitabilmente finito sotto la lente<br />

d’ingrandimento dell’Ue per via del loro<br />

possibile ruolo nel favorire il riciclaggio di<br />

denaro o il finanziamento di organizzazioni<br />

terroristiche.<br />

Qui la Commissione si prepara a riaprire<br />

proprio la direttiva contro il riciclaggio<br />

per allargarne l’ambito di applicazione<br />

anche alle piattaforme di scambio delle<br />

criptovalute. Una delle misure richiederebbe<br />

alle piattaforme di rispettare la due<br />

diligence quando i clienti effettuano lo<br />

scambio tra le valute virtuali e quelle reali,<br />

il che metterebbe fine all’anonimato che<br />

connota questi scambi.<br />

Dopo gli attacchi a Bruxelles<br />

e Parigi il tema delle<br />

criptovalute è<br />

finito sotto la lente Ue<br />

per il rischio riciclaggio


Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

www.corcom.it<br />

3<br />

Roberto Garavaglia*<br />

ilFOCUS<br />

Nel mondo delle crittovalute,<br />

di cui il Bitcoin<br />

rappresenta l’espressione<br />

più famosa, molti sono i luoghi<br />

comuni che tendono a connotarne<br />

l’impiego quale strumento che<br />

offrirebbe opportunità di anonimato<br />

(o pseudo-anonimato);<br />

una caratteristica, questa, su cui,<br />

in realtà, ci si dovrebbe interrogare.<br />

Non è mio interesse, ora,<br />

analizzare quanto sia realmente<br />

“efficace” l’esercizio di questa<br />

proprietà (in vero, molto poco …),<br />

bensì orientare l’attenzione del<br />

lettore su un tema che, a dispetto<br />

del luogo comune, vede l’impiego<br />

della blockchain, la tecnologia<br />

che sottende molte crittovalute,<br />

come strumento potenzialmente<br />

adottabile a supporto di un’accorta<br />

gestione dell’Identità Digitale.<br />

Prima di addentrarsi nella<br />

disamina proposta con questo<br />

articolo, è utile rimarcare alcuni<br />

concetti base, chiarendone i confini<br />

e le modalità di adozione. Con<br />

il termine “crittovaluta” s’intende<br />

generalmente riferire a valute<br />

virtuali digitali (non fiat) emesse<br />

in modo decentralizzato, per le<br />

quali Il “libro mastro” può essere<br />

pubblico e distribuito (“distributed<br />

public ledger”) e nel quale sono<br />

mantenute tutte le transazioni<br />

effettuate.<br />

BLOCKCHAIN<br />

Criptovaluta, validatori<br />

e tutti i vantaggi<br />

dell'identità digitale<br />

“Distributed Contracts” (o “Smart<br />

Contract”). Uno “Smart Contract”<br />

è un metodo di utilizzo delle<br />

crittovalute per formare accordi<br />

attraverso la blockchain, sfruttando<br />

opportunamente il quale, è<br />

possibile raggiungere altri scopi,<br />

che vanno oltre il concetto di valuta<br />

virtuale. Un esempio di applicain<br />

un blocco, non potrà essere più<br />

disconosciuta. La presenza di un<br />

numero elevato di “Validatori” che<br />

ratificano le transazioni, garantisce<br />

che per inserire una transazione<br />

fasulla, sarebbe necessario<br />

mettere d’accordo – almeno - il<br />

50% + 1 dei “Validatori". Il modello<br />

d’incentivazione assicura che que-<br />

Disruption<br />

La blockchain<br />

può essere<br />

impiegata nelle<br />

fasi di<br />

identificazione e<br />

verifica del cliente<br />

E l'industria che<br />

si basa sulla<br />

sharing economy<br />

può trarre<br />

vantaggi<br />

dall'adozione di<br />

una distributed<br />

ledger technology<br />

che gestisce le<br />

identità digitali<br />

dei pagamenti. Se si ipotizza di<br />

scambiare su blockchain “bitcoin”<br />

come “tokens” e non come “valuta”,<br />

ecco ottenersi una sorta di<br />

registro contabile potenzialmente<br />

inviolabile, che tiene traccia di<br />

tutte le transazioni eseguite. Una<br />

distributed ledger tecnology così<br />

intesa, permetterebbe il trasfesharing<br />

economy. Nel primo caso,<br />

la blockchain potrebbe essere<br />

impiegata (ad esempio da banche)<br />

nelle fasi di identificazione e<br />

verifica del cliente, agendo come<br />

database di identità digitali blindate<br />

e crittografate, cui è possibile<br />

accedere in alternativa a database<br />

centralizzati. Ipotizzando uno<br />

scenario di “Permission Ledger”<br />

(accessibile solo da un gruppo di<br />

istituti finanziari, ad esempio), si<br />

potrebbe migliorare l’efficienza<br />

dell’intero processo: digitalizzazione<br />

delle fasi di rilascio e verifica<br />

delle identità digitali, automazione<br />

di alcuni passaggi intermedi<br />

mediante l’adozione di specifici<br />

Uno smart contract è<br />

un metodo di utilizzo<br />

delle criptovalute per<br />

formare accordi<br />

attraverso blockchain<br />

Blockchain contribuisce<br />

alla finalità di garantire<br />

identità e reputazione<br />

di chi partecipa<br />

alla transazione<br />

Blockchain è una tecnologia<br />

che abilita persone diverse e che<br />

non si conoscono, a verificare<br />

il succedersi di transazioni in<br />

crittovaluta memorizzate sul<br />

libro mastro. Il distributed ledger<br />

viene acceduto dai partecipanti<br />

che operano sulla rete (tramite<br />

dei “nodi”) mettendo a disposizione<br />

risorse di calcolo, mediante<br />

cui si ottempera alla validazione<br />

delle transazioni, evitando, così, il<br />

ricorso ad un intermediario terzo<br />

(tali partecipanti assumo il ruolo<br />

di “Validatori”). Durante questo<br />

processo (ciò è in particolare<br />

vero per i cc.dd. “Permissionless<br />

Ledger”), possono essere coniate<br />

nuove unità di crittovaluta come<br />

sistema di remunerazione che<br />

ripaga – almeno in parte – il costo<br />

sostenuto dai “Validatori” (risorse<br />

di calcolo, energetiche, ecc.).<br />

Guardando in maggior dettaglio<br />

le caratteristiche di sicurezza della<br />

blockchain, possiamo dire che la<br />

dispersione del registro delle transazioni<br />

è tale da garantire a tutti e<br />

in modo trasparente, la possibilità<br />

di verificare la validità di una transazione<br />

fin dalle origini e che una<br />

transazione, una volta approvata<br />

sti ultimi vengano remunerati per<br />

il loro lavoro di approvazione, solo<br />

laddove il lavoro sia stato svolto<br />

correttamente (verificato dagli<br />

altri nodi). Sin qui s’è detto che la<br />

blockchain, a supporto delle crittovalute,<br />

garantisce l’unicità delle<br />

transazioni e l’immutabilità delle<br />

stesse, impedendo, nel contempo,<br />

che siano validate transazioni<br />

fittizie che potrebbero aggiungersi<br />

alla catena di blocchi e vanificando,<br />

parimenti, la possibilità di<br />

modificare ciò che è avvenuto in<br />

passato. Gli algoritmi su cui si basa<br />

la blockchain, consentono altresì<br />

l’impiego di tecniche di scripting,<br />

con cui è possibile abilitare i cc.dd.<br />

Roberto Garavaglia<br />

zione dei “Distributed Contracts”<br />

sono i cc.dd. “Colored Coins”,<br />

ossia dei dati aggiuntivi (attributi)<br />

pubblicati e gestiti sul distributed<br />

ledger, che trasformano i “coins” in<br />

“token”, al fine di poter essere impiegati<br />

per rappresentare qualsiasi<br />

cosa (anche non una valuta).<br />

Immaginando, per semplificare,<br />

che la blockchain possa essere<br />

considerata alla stregua di un database<br />

distribuito dove non esiste<br />

un amministratore centrale, in cui<br />

il commitment delle transazioni<br />

avviene basandosi sulle logiche di<br />

consenso distribuito dianzi descritte<br />

e dove sia possibile adottare<br />

tecniche evolute di scripting, non<br />

è difficile prevedere un impiego<br />

di questa tecnologia in campi<br />

anche molto diversi da quello<br />

rimento di proprietà di “gettoni<br />

digitali” a cui possono essere<br />

associati svariati beni e diritti nel<br />

mondo esterno (asset). Assumiamo,<br />

dunque, di poter considerare<br />

come asset, la prova dell’Identità<br />

Digitale di un individuo. A ciascun<br />

soggetto identificato, è possibile<br />

attribuire un “token” che lo autorizza<br />

a compiere azioni “fisiche”<br />

(ossia nel mondo fisco) sfruttando<br />

una tecnologia digitale distribuita<br />

e l’esecuzione di specifici “Smart<br />

Contracts”. A titolo prettamente<br />

esemplificativo, riporterò due possibili<br />

casi d’uso della blockchain<br />

così come presentata, volutamente<br />

(e provocatoriamente) tra loro<br />

molto distanti, ma accumunati<br />

dal medesimo impiego di una<br />

distributed ledger technolgy:<br />

sostengo ai processi di KYC (Know<br />

Your Customer), supporto alla<br />

smart contracts, che controllano (e<br />

garantiscono) la corretta esecuzione<br />

delle regole. Nel secondo caso,<br />

l’industria che si basa sulla sharing<br />

economy può trarre innumerevoli<br />

vantaggi dall’adozione di una<br />

distributed ledger technology, mediante<br />

cui sono gestite le identità<br />

digitali. Se s’immagina di integrare<br />

una simile tecnologia direttamente<br />

all’interno dei motori di ricerca<br />

che iniziano un rapporto fra<br />

persone che non si conoscono, per<br />

poi arrivare a stabilire un accordo<br />

contrattuale fra di essi (l’uso di un<br />

locale in affitto, piuttosto che un<br />

passaggio in auto), è facile intuire<br />

come la blockchain possa contribuire<br />

alla finalità di garantire identità<br />

e reputazione di chi sta partecipando<br />

alla transazione. Anche<br />

in questo caso, l’intero processo<br />

potrebbe chiudersi in modo totalmente<br />

automatizzato, mediante<br />

l’esecuzione di uno specifico smart<br />

contract che sovrintende – anche<br />

– l’incasso contro prestazione,<br />

qui inteso come trasferimento di<br />

fondi (fiat money) dal fruitore del<br />

servizio al beneficiario.<br />

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su come la digitalizzazione trasforma e<br />

influenza positivamente tutti gli “ambienti” in cui<br />

un paese si forma, cresce, si sviluppa dal punto<br />

di vista economico, sociale e culturale.<br />

COME PARTECIPARE<br />

La partecipazione all’evento è gratuita.<br />

Per ragioni organizzative si prega di confermare l’adesione.<br />

COME REGISTRARSI<br />

• Direttamente sul sito dell’evento: www.digitalks.it<br />

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5<br />

ilFOCUS<br />

BLOCKCHAIN<br />

Disruption<br />

«Non solo pagamenti digitali<br />

È una rivoluzione in arrivo»<br />

Andrea Rigoni: ma per soddisfare i requisiti di integrità, riservatezza, disponibilità<br />

bisogna implementare controllo degli accessi, confidenzialità e privacy<br />

Antonello Salerno<br />

«Il tema dei pagamenti<br />

digitali è solo una piccola<br />

parte delle grandi<br />

potenzialità di applicazione della<br />

tecnologia blockchain, che negli<br />

ultimi mesi anche le istituzioni<br />

finanziarie e le banche stanno iniziando<br />

a considerare e a studiare.<br />

Già l’Eba, l’associazione bancaria<br />

europea, ha dedicato a questo<br />

tema uno studio approfondito,<br />

identificando una serie di applicazioni<br />

per il settore. Ma blockchain<br />

ha una portata di impiego<br />

immensa, paragonabile a quando<br />

sono stati introdotti i sistemi<br />

di cifratura a chiave pubblicoprivata:<br />

si prevedeva di impiegarli<br />

in contesti limitati, e siamo<br />

finiti a utilizzarli dappertutto. Per<br />

blockchain è la stessa cosa: nata<br />

per garantire le transazioni in bitcoin,<br />

inizia a trovare applicazioni<br />

nel sistema finanziario e delle<br />

banche, ma potrebbe riguardare<br />

in futuro anche nell’internet of<br />

things, la smart home e il gestionale,<br />

per “certificare” lo scambio<br />

di informazioni».<br />

A parlare è Andrea Rigoni,<br />

esperto di cybersecurity e partner<br />

di Intellium, società di consulenza<br />

strategica per la Nato, i Governi<br />

e le grandi infrastrutture.<br />

Rigoni, davvero la tecnologia<br />

zione a blockchain perché da una<br />

parte ne intuiscono l’opportunità,<br />

e dall’altra hanno ben presente<br />

l’enorme rischio che correrebbero<br />

a rimanere tagliate fuori da questo<br />

scenario, a non partecipare e a<br />

non trovare il modo di sfruttare la<br />

nuova tecnologia. La banca oggi è<br />

centro di costo. A garantire i ruolo<br />

delle banche, nonostante alcune<br />

startup del campo dei prestiti peer<br />

to peer ne teorizzino l’inutilità,<br />

è in ogni caso il fatto che sanno di<br />

avere un ruolo dato dal regolatore:<br />

alla fine si deve atterrare su<br />

una moneta riconosciuta dalle<br />

compatibili con le esigenze del<br />

mercato e un ostracismo da parte<br />

di molti attori del sistema. La<br />

direttrice di sviluppo tecnologica,<br />

verso modelli più performanti e<br />

largamente applicabili, congiuntamente<br />

alla necessità di disporre<br />

di indicazioni chiare da un punto<br />

questa tecnologia in modo limitato,<br />

non utilizzando registri<br />

pubblici ma limitandosi a quelli<br />

generati all’interno del proprio<br />

network. È una scelta saggia?<br />

Si tratta di uno dei modelli in<br />

cui si può applicare la tecnologia<br />

blockchain, altrimenti chiamata<br />

Andrea Rigoni,<br />

esperto di cybersecurity e partner di Intellium<br />

“Private Blockchain”, accessibile<br />

solo ad un numero ristretto e selezionato<br />

di partecipanti: se da un<br />

lato questo modello non consentirebbe<br />

di sfruttare a pieno tutte<br />

le potenzialità della blockchain<br />

pubblica, dall’altro introduce<br />

ulteriori caratteristiche funzionali<br />

di particolare interesse per gli<br />

Istituti Bancari quali Flessibilità<br />

(possibilità di introdurre controlli<br />

addizionali sulla catena stessa),<br />

Sicurezza (tutti i partecipanti alla<br />

“rete” sono legalmente identificabili)<br />

e Rapidità (le transazioni<br />

sono processate più rapidamente<br />

in quanto verificare da meno<br />

attori). Sebbene sia uno degli usi<br />

meno promettenti, è pur sempre<br />

un modo per esplorare e comprendere<br />

questa tecnologia.<br />

Perché tutta questa prudenza?<br />

C’è evidentemente un tema di<br />

tipo architetturale. Blockchain<br />

Le banche da una parte vedono<br />

i rischi, ma dall'altra potrebbero<br />

cogliere l'opportunità di tagliare<br />

i costi dei servizi che oggi<br />

demandano a terze parti<br />

La privacy delle transazioni e dei<br />

dati è un requisito essenziale di<br />

sicurezza. E Blockchain non la<br />

garantisce di default. Al sistema<br />

servono nuove applicazioni<br />

l’ente centrale fidato che gestisce<br />

le transazioni, mentre blockchain<br />

potrebbe essere considerato “l’antibanca”,<br />

perché è in grado dare<br />

garanzie disintermediando.<br />

Più rischi o più opportunità<br />

per gli istituti bancari?<br />

Il settore finanziario è molto<br />

articolato, ne fanno parte i<br />

circuiti interbancari, gli emittenti<br />

di carte di credito, chi gestisce le<br />

reti dei terminali di pagamento.<br />

In questo contesto le banche<br />

da una parte vedono rischi, ma<br />

dall’altra potrebbero cogliere<br />

l’opportunità di disintermediare<br />

a loro volta, tagliando ad esempio<br />

i costi di servizi che oggi demandano<br />

a terze parti. Come nella<br />

gestione delle carte di credito, che<br />

potrebbe consentire loro profitti<br />

importanti. Il gestore di carta di<br />

credito è un ente fidato che, oltre<br />

a fornire la tessera, garantisce<br />

gli spostamenti di denaro tra<br />

merchant, pagatore e banca dove<br />

atterra l’incasso. Una garanzia<br />

che la tecnologia blockchain è in<br />

grado di offrire senza l’intervento<br />

di terzi, eliminando così anche un<br />

banche centrali. Le banche sono<br />

agganciate agli istituti centrali<br />

e all’emissione del denaro, e da<br />

questo si sentono tutelate.<br />

Quindi siamo ancora a una fase<br />

“esplorativa”?<br />

E’ il momento per le banche di<br />

cercare di capire i nuovi scenari,<br />

verificarne i pro e i contro, e<br />

intuire le possibili soluzioni che<br />

potrebbero determinare “svolte”<br />

future. Sul tema dei pagamenti,<br />

ad esempio, ci sono ancora<br />

enormi sfide da affrontare quali,<br />

ad esempio i tempi di elaborazione<br />

di una transazione, oggi non<br />

blockchain può avere un impatto<br />

così rivoluzionario sulla sicurezza<br />

dei pagamenti digitali?<br />

Blockchain è una tecnologia<br />

concettualmente non complessa:<br />

basa la garanzia dell’integrità<br />

dei dati e delle informazioni su<br />

registri pubblici distribuiti. Ma<br />

l’integrità, il fatto cioè di avere la<br />

sicurezza che una transazione o<br />

un’informazione, una volta registrata,<br />

non possa essere modificata,<br />

è solo uno dei tre punti chiave<br />

della sicurezza: gli altri due sono<br />

riservatezza e disponibilità. Credo<br />

che blockchain favorisca, ma non<br />

garantisca la disponibilità, mentre<br />

sul tema della riservatezza non<br />

garantisce nulla: quindi in tutte<br />

le applicazioni dove è necessaria<br />

riservatezza serve utilizzare soluzioni<br />

integrate: controllo degli<br />

accessi, confidenzialità, privacy,<br />

vanno costruite a livello di implementazione.<br />

Perché il mondo bancario sta<br />

mostrando tanto interesse verso<br />

questa tecnologia?<br />

Le banche e il sistema finanziario<br />

guardano con estrema attendi<br />

vista normativo impone la<br />

necessità di investigare le possibili<br />

opportunità con la dovuta<br />

cautela.<br />

Quanto alla privacy? Qual è il<br />

punto debole?<br />

La privacy delle transazioni e dei<br />

dati è un requisito essenziale di<br />

sicurezza. Blockchain non la garantisce<br />

di default, quindi se non<br />

voglio che gli altri sappiano cosa<br />

c’è nel mio borsellino elettronico<br />

il sistema deve essere implementato<br />

con altre soluzioni e tecnologie,<br />

su cui stanno lavorando in<br />

molti, e che diventano poi spesso<br />

implementazioni proprietarie<br />

dei singoli istituti. Ma direi che<br />

il modello teorico regge, c’è<br />

soltanto bisogno di confrontarlo<br />

con le applicazioni reali. Già oggi,<br />

con i sistemi in uso attualmente,<br />

le transazioni di denaro sono<br />

sicure. La tecnologia blockchain,<br />

adeguatamente implementata,<br />

garantirebbe a grandi linee lo<br />

stesso livello di sicurezza, ma a<br />

costi decisamente inferiori per le<br />

banche.<br />

Alcune banche si servono di<br />

è solo una piccola componente<br />

che necessita di sovrastrutture<br />

e integrazioni diverse a seconda<br />

dell’ambito in cui sarà utilizzato.<br />

Questo introduce gradi<br />

di variabilità che vanno testati<br />

con estrema attenzione. A poter<br />

creare problemi di sicurezza<br />

non è la tecnologia in sé, ma la<br />

sua implementazione. Ci sono<br />

talmente tante variabili su cui<br />

sviluppare protocolli nuovi,<br />

integrazioni nuove, modalità di<br />

privacy da definire. I problemi<br />

saranno numerosi e molto seri.<br />

Il cuore della tecnologia è sicuro,<br />

ora è il momento di “declinarla”,<br />

e da li possono nascere le<br />

insidie. A questi elementi, come<br />

già detto prima, ed in particolar<br />

modo per un settore fortemente<br />

regolamentato come quello degli<br />

istituti finanziari, vanno aggiunti<br />

ulteriori aspetti legati all’indirizzo<br />

legale/normativo che sarà dato<br />

dai “diversi regolatori” e ai potenziali<br />

impatti da un punto di vista<br />

organizzativo e di processo che<br />

l’introduzione di tali tecnologie<br />

potrebbe portare.


6<br />

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Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

ilFOCUS<br />

BLOCKCHAIN<br />

Disruption<br />

Banche, finanza, arte, elezioni<br />

La rivoluzione passa dai big<br />

Antonio Dini<br />

Tutti gli usi della nuova tecnologia e l'attenzione di Ibm, Microsoft, Oracle<br />

Il rapporto con la moneta virtuale Bitcoin e i rischi legati la sicurezza<br />

Mai come oggi la tecnologia informatica<br />

chiamata “blockchain”<br />

sembra aver acquistato centralità<br />

e attenzione. Blockchain nel<br />

cloud, blockchain per aiutare lo<br />

sviluppo di app, blockchain per<br />

onorare le obbligazioni di un<br />

contratto “smart”, per proteggere<br />

il diritto d’autore, per viaggiare<br />

nel mondo. Secondo una ricerca<br />

condotta dalla Harvard Business<br />

Review durata due anni e pubblicata<br />

lo scorso marzo, la tecnologia<br />

può essere utilizzata per<br />

gestire “denaro, azioni finanziarie,<br />

documenti legali, musica, arte,<br />

scoperte scientifiche, proprietà<br />

intellettuale e persino i voti delle<br />

elezioni”. E poi l’attenzione di<br />

Ibm, Microsoft, Oracle e gli altri<br />

grandi della tecnologia. Le grandi<br />

banche centrali come Bank of<br />

England e Bank of Canada, ma<br />

anche una delle banche di riserva<br />

indiane e quella Russa.<br />

Questo attenzione al blockchain<br />

è un fatto inedito per la tecnologia<br />

che fa da motore ai Bitcoin, la<br />

criptovaluta peer-to-peer nata nel<br />

2008 su iniziativa di un anonimo<br />

sviluppatore il cui pseudonimo è<br />

“Satoshi Nakamoto”.<br />

I Bitcoin esistono e funzionano<br />

grazie a blockchain, il sistema<br />

transazionale distribuito sottostante,<br />

la tecnologia cioè che<br />

garantisce l’autenticità e l’unicità<br />

di tutte le transazioni della<br />

moneta virtuale utilizzano un<br />

sistema senza vertice che non solo<br />

ha permesso di creare la prima<br />

valuta distribuita della storia, ma<br />

ha anche reso inutile il ruolo delle<br />

banche centrali e probabilmente<br />

di quelle tradizionali: il borsellino<br />

di qualsiasi utente diventa una<br />

banca perfettamente autonoma<br />

e capace.<br />

Una rivoluzione finanziaria<br />

che però si sta estendendo anche<br />

oltre la criptovaluta: il motore<br />

del blockchain funziona anche<br />

per un’infinità di altri possibili<br />

usi, tanto che negli ultimi 18 mesi<br />

le startup si sono moltiplicate e<br />

i grandi che hanno abbracciato<br />

questa tecnologia proponendosi<br />

di utilizzarla per nuove, innovative<br />

soluzioni, sono tantissimi. Ma<br />

reggerà?<br />

Gli indizi che i blockchain siano<br />

l’etichetta per giustificare investimenti<br />

che in realtà scoppieranno<br />

come molte bolle tecnologiche<br />

prima di oggi sono sempre di più.<br />

Secondo gli analisti di Magister<br />

Advisors entro il 2017 le prime<br />

100 istituzioni finanziarie mondiali<br />

avranno attivi una media di<br />

10 progetti basati su blockchain<br />

che vedranno un investimento<br />

di almeno un milione di dollari<br />

ciascuno: così in 24 mesi la<br />

fetta finanziaria del mercato del<br />

blockchain varrà un miliardo<br />

di dollari. Ad esempi, Barclays<br />

nel suo laboratorio di ricerca a<br />

Londra sta sperimentando con 45<br />

progetti diversi, Ubs ha appena<br />

aperto un centro di ricerca sempre<br />

a Londra mentre Citi, Bbva<br />

e Goldmans Sachs lavorano alla<br />

realizzazione dei loro database<br />

distribuiti e circuiti annessi.<br />

C’è vita per il blockchain anche<br />

Fuori dal settore finanziario Sita,<br />

la società di tecnologia di proprietà<br />

dei big del trasporto aereo<br />

mondiale e dei grandi aeroporti<br />

sta lavorando allo sviluppo del<br />

Single Travel Token, un gettone<br />

digitale per il viaggio che funziona<br />

utilizzando una speciale rete<br />

blockchain e che contiene tutto:<br />

documenti ufficiali, visti, biglietti<br />

aerei e tutte le altre informazioni<br />

necessarie per il viaggio dei<br />

passeggeri del futuro. «Potrebbe<br />

essere – dice Renaud Irminger,<br />

responsabile dei Sita Lab, il centro<br />

di ricerca dell’azienda con sede in<br />

Svizzera – la più grande rivoluzione<br />

singola per i viaggiatori di<br />

domani».<br />

«È una bolla?», si chiede Jeremy<br />

Ecosistema<br />

Nuove imprese:<br />

anche i creativi<br />

Millar, partner di Magister<br />

Advisors. Secondo uno studio<br />

pubblicato dalla rivista scientifica<br />

di informatica ITNow il rischio<br />

c’è: secondo l’autore Jude Umeh<br />

infatti il rischio è la sicurezza:<br />

«Blockchain è una catena che lega<br />

assieme soggetti diversi. La forza<br />

complessiva di qualsiasi catena<br />

risiede nel suo anello più debole, e<br />

nel caso di blockchain che anello<br />

debole può essere trovato negli<br />

utenti finali». Se sono compromessi<br />

loro, si rompe tutta la catena<br />

e in un momento il punto di<br />

forza dei blockchain, cioè essere<br />

un sistema transazionale a prova<br />

di bomba, crolla senza possibilità<br />

di essere recuperato.<br />

Per dirla in un altro modo,<br />

spiega Alan Graham, cofondatore<br />

di OCL, azienda specializzata<br />

in sicurezza, l’enfasi puramente<br />

speculativa degli investitori della<br />

entrano in campo<br />

Forti investimenti e tecnologia di base<br />

Così sta nascendo un nuovo ecosistema<br />

vitale per le aziende piccole e "fantasiose"<br />

prima ora sta per lasciare spazio<br />

a qualcosa di diverso: «Se stiamo<br />

per superare il la fase in cui i<br />

blockchain sono stati finanziato<br />

solo con lo scopo di trovare la<br />

“next big thing”, adesso in realtà<br />

per diventare quella “next big<br />

thing” devono essere risolte varie<br />

questioni di grande importanza<br />

a partire da quella dell’Autorità».<br />

Cioè blockchain deve dimostrare<br />

di avere un elemento di autorità<br />

che giustifichi la fiducia delle<br />

persone. Infatti, spiega Graham,<br />

«ci sono dei benefici nell’idea<br />

delle blockchain e dei database<br />

distribuiti che possono essere<br />

utilizzati dai cittadini e da altre<br />

entità come modo per validare il<br />

fatto che qualcosa sia effettivamente<br />

accaduto, come dei notai<br />

digitali automatici». Ma sistemi<br />

di questo tipo già esistono anche<br />

se usano tecnologie diverse, e<br />

hanno dietro delle aziende o delle<br />

entità statuali che li garantiscono<br />

e hanno la capacità economica<br />

di coprire eventuali problemi o<br />

errori.<br />

Invece i blockchain, nonostante<br />

abbiano dietro i giganti del<br />

sistema finanziario e tecnologico,<br />

sono considerati particolarmente<br />

interessanti perché rendono irresponsabili<br />

le entità che li creano.<br />

È il rovescio della medaglia di<br />

sostituire un principio di autorità<br />

centralizzata con un sistema decentralizzato<br />

privo di un vertice.<br />

Se poi c’è un problema, nessuno è<br />

responsabile o ritenuto in dovere<br />

di pagare i danni. È questa la<br />

ragione per cui il valore assegnato<br />

all’industria dei blockchain potrebbe<br />

essere seriamente sovradimensionato<br />

e a rischio-bolla,<br />

conclude Graham.<br />

@antoniodini<br />

ecosistema che sta nascendo<br />

attorno ai blockchain è<br />

L’<br />

estremamente vitale per le startup:<br />

forti investimenti, ricadute<br />

in ambito finanziario, tecnologia<br />

di base open source. In pratica, è<br />

più uno sforzo di astrazione per<br />

trovare un nuovo modo creativo<br />

di usare i blockchain che non di<br />

ricerca tecnologica. È perfetta la<br />

storia della piccola startup israeliana<br />

ShoCard guidata da Armin<br />

Ebrahimi: è l’arma segreta dietro<br />

alla ricerca di Sita, azienda del<br />

settore del trasporto aereo che sta<br />

sviluppando il Single Travel Token,<br />

un gettone digitale “sicuro”<br />

garantito dai blockchain per virtualizzare<br />

tutti i titoli di viaggio e<br />

legali necessari agli spostamenti<br />

dei passeggeri, dal passaporto e<br />

visto sino al biglietto aereo. È un<br />

esempio di soluzione complessa<br />

a un problema apparentemente<br />

impossibile. In ambito finanziario<br />

molti dei concorrenti dei<br />

BitCoin di Satoshi Nakamoto<br />

(pseudonimo dell’hacker creatore<br />

anche delle blockchain) sono<br />

tecnicamente delle startup:<br />

da Coinbase a Ethereum, da<br />

MazaCoin, Emercoin a Titcoin.<br />

A oggi se ne contano circa un<br />

centinaio anche se nessuna ha<br />

raggiunto la massa critica di<br />

più di 100mila merchant che<br />

accettano pagamenti con quella<br />

specifica criptovaluta. Fioriscono<br />

anche le startup che lavorano<br />

sulla creazione di strumenti e<br />

servizi connessi, inclusi i Bitcoin<br />

Exchange che convertono la<br />

criptovaluta in altre divise: da<br />

Cexio a BitCurex sino a BitFury,<br />

ma anche qui sono centinaia.<br />

Quasi tutte le grandi banche<br />

del pianeta poi hanno aperto<br />

progetti-pilota per cercare di<br />

saggiare il funzionamento di<br />

blockchain come strumento di


Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

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7<br />

Antonio Dini<br />

ilFOCUS<br />

Uno dei primi big della<br />

tecnologia a prendere sul<br />

serio i blockchain è stata<br />

Ibm. L’azienda forse più antica e<br />

sicuramente più istituzionale nel<br />

mondo dell’hi-tech ha intuito per<br />

prima il potenziale dirompente<br />

di questa tecnologia. «Ibm – dice<br />

Jerry Cuomo, vicepresidente per<br />

blockchain e cloud di Big Blue –<br />

avrà successo in questo settore<br />

perché offre una suite completa<br />

di strumenti che permettono agli<br />

sviluppatori di realizzare velocemente<br />

le loro app con in più un<br />

servizio di mentoring online nel<br />

Bluemix Garage». Soprattutto<br />

però Ibm ha sposato in pieno<br />

la filosofia open source per lo<br />

sviluppo di blockchain: con la<br />

Linux Foundation e pesi massimi<br />

del mondo open ma anche dell’industria<br />

tradizionale come Intel<br />

, Cisco e JP Morgan, l’obiettivo è<br />

quello di mettere assieme la piattaforma<br />

tecnologica del futuro.<br />

«Una delle applicazioni più<br />

interessanti - spiega Marley Gray,<br />

director del blockchain business<br />

development and strategy<br />

di Microsoft – è sicuramente<br />

quella in ambito finanziario ma<br />

non è l’unica». La piattaforma<br />

blockchain sviluppata da Microsoft<br />

(e messa in condivisione open<br />

su Github) si chiama Bletchley<br />

ed è un software-come-servizio<br />

erogato attraverso Azure, il cloud<br />

di Microsoft.<br />

«Alcuni dei problemi non<br />

Per il 2022 il sistema<br />

bancario prevede che<br />

la nuova tecnologia<br />

taglierà i costi di 20<br />

miliardi di dollari/anno<br />

BLOCKCHAIN<br />

Disruption<br />

Identità e minori costi<br />

Così le imprese<br />

scelgono di cambiare<br />

ancora risolti – dice Peter B.<br />

Nichol della MIT Sloan School of<br />

Management – rimangono quelli<br />

del possesso della propria identità<br />

da parte dei singoli soggetti, della<br />

scalabilità, dell’interoperabilità<br />

fra sistemi». Rincara la dose la<br />

CTO dell’Open Data Institute, Jeni<br />

Tennison, secondo la quale «la<br />

trasparenza e irreversibilità delle<br />

blockchain li rende inadatti per la<br />

gestione dei dati personali».<br />

L’enfasi e l’attenzione dei grandi<br />

della tecnologia per i blockchain<br />

deriva dalle valutazioni sulla<br />

crescita del settore e dalle opportunità<br />

di business trasversali<br />

in grado di generare: secondo il<br />

Fintech 2.0 Paper, per il 2022 ci si<br />

aspetta che solo nel settore bancario<br />

l’utilizzo di tecnologie come<br />

blockchain possa ridurre i costi<br />

infrastrutturali delle transazioni<br />

interbancarie di 15-20 miliardi di<br />

dollari all’anno.<br />

La possibilità di sostituire le<br />

autorità che si occupano di autenticare<br />

l’esistenza, l’autenticità<br />

e l’efficacia degli atti che pongono<br />

in essere una transazione (da<br />

noi in molti ambiti sarebbero<br />

i notai o altri pubblici ufficiali)<br />

sta seducendo anche interi stati.<br />

L’Honduras ha deciso di basare il<br />

suo catasto degli immobili e dei<br />

terreni utilizzando blockchain<br />

e di fatto tagliando fuori tutti i<br />

pubblici ufficiali necessari al suo<br />

esercizio.<br />

Se ci sono però sistemi che hanno<br />

avuto grossi problemi (come<br />

Ethereum, il più grande progetto<br />

di criptovaluta dopo i Bitcoin che<br />

ha dovuto rimborsare milioni di<br />

euro ai suoi utilizzatori dopo che<br />

una drammatica falla di sicurezza<br />

ha mandato KO il sistema),<br />

questo non ha fermato né gli investimenti<br />

dei fondi nelle startup<br />

di settore né le mosse dei big.<br />

Deloitte e ConsenSys pochi<br />

mesi fa hanno annunciato il loro<br />

progetto di creare entro l’anno la<br />

banca digitale Project ConsenSys,<br />

mentre il progetto R3 mette assieme<br />

una rete di 42 con tecnologia<br />

fornita da Intel e Ibm.<br />

E sempre sul versante economico<br />

c’è chi sta offrendo servizi<br />

assicurati: SafeShare Insurance<br />

offre piani assicurativi basati<br />

su blockchain per la sharing<br />

economy che a loro volta sono riassicurati<br />

con i Lloyds di Londra.<br />

E su un versante completamente<br />

diverso la Open University sta<br />

utilizzando come libretto digitale<br />

e matricola unica la tecnologia<br />

blockchain per i suoi studenti:<br />

dal pagamento delle tasse sino<br />

alla registrazione delle attività<br />

curricolari e dei voti, ma anche<br />

il deposito garantito degli esami<br />

e delle tesine, tutto appoggiato<br />

sulla tecnologia transazionale di<br />

blockchain.<br />

Da questo punto di vista forse<br />

il tentativo più interessate sono<br />

La diffusione dei "contratti intelligenti" che<br />

grazie al codice informatico verificano ed<br />

eseguono un contratto fra le parti. E si può<br />

fare a meno di notai e pubblici ufficiali<br />

Ci sono ancora<br />

perplessità<br />

ma le grandi<br />

aziende hanno<br />

deciso di puntare<br />

sulla nuova<br />

tecnologia che<br />

espande come una<br />

rete tutte le sue<br />

prerogative<br />

E il World<br />

Economic Forum<br />

sostiene che il 10%<br />

del Pil mondiale<br />

si appoggerà alla<br />

blockchain<br />

gli “smart contracts”, i contratti<br />

intelligenti basati blockchain. Si<br />

tratta di contratti veri e propri in<br />

cui il modello transazionale crittato<br />

e distribuito serve ad accertare<br />

in modo automatico che tutti<br />

gli adempimenti previsti vengano<br />

effettivamente realizzati. «Gli<br />

smart contracts – dice l’avvocato<br />

Josh Stark responsabile legale dei<br />

Ledger Labs – si riferiscono all’utilizzo<br />

del codice informatico per<br />

articolare, verificare ed eseguire<br />

un accordo tra le parti. Mentre un<br />

contratto normale è realizzano<br />

utilizzando il linguaggio naturale,<br />

i termini dei contratti intelligenti<br />

sono espressi in codice, simile ad<br />

un linguaggio di programmazione<br />

come JavaScript o HTML, ed<br />

eseguiti dal computer».<br />

Essendo codice, se la piattaforma<br />

sulla quale viene eseguito è<br />

“fidata” e sicura, ecco che le parti<br />

possono fare a meno di notai,<br />

giudici e pubblici ufficiali o anche<br />

solo testimoni per portare avanti i<br />

propri affari.<br />

Per questo il World Economic<br />

Forum si spinge a sostenere che<br />

«il 10% del PIL mondiale presto<br />

sarà appoggiato sulla tecnologia<br />

blockchain».<br />

@antoniodini<br />

autenticazione delle transazioni.<br />

Molte hanno anche investito<br />

in startup o creato spinoff che<br />

cercano di realizzare gli standard<br />

di domani: Setl, Credits, Eris. Ma<br />

ci sono anche altre startup che<br />

partono dal basso: Ripple è nata<br />

nel 2012 con i soldi di Core Innovation,<br />

Lightspeed, Pantera e<br />

DCG (trentotto milioni di dollari<br />

in due round di finanziamenti)<br />

costruisce una piattaforma distribuita<br />

per gestire transazioni<br />

interbancarie tra valute diverse<br />

e chiudere accordi di servizio<br />

Tutti i partecipanti di<br />

una catena blockchain<br />

possono vedere tutte<br />

le transazioni ma<br />

nessuno può modificarle<br />

finanziario.<br />

Fuzo Limited ha creato<br />

una tecnologia che mescola<br />

blockchain e telefoni cellulari<br />

con sim virtuali (JavaCard embedded)<br />

per gestire transazioni<br />

di vario genere, non solo economico,<br />

direttamente dal cellulare.<br />

La chiave sta nel fatto che tutti<br />

i partecipanti alla catena di una<br />

blockchain possono vedere tutte<br />

le transazioni ma nessuno può<br />

modificarle (se non quando ne<br />

viene creata una nuova). In questo<br />

modo non serve la segretezza<br />

assoluta quanto la capacità di<br />

rendere inalterabile il processo<br />

transazionale. Chain è la startup<br />

che ha scelto come modello di<br />

business di aiutare i cercatori<br />

d’oro delle blockchain fornendo<br />

loro gli strumenti anziché<br />

impegnarsi in prima persona: la<br />

startup fondata nel 2013 a San<br />

Francisco fornisce soluzioni alle<br />

aziende per realizzare la propria<br />

blockchain. In maniera simile,<br />

Funderbeam offre un servizio (a<br />

pagamento) agli imprenditori,<br />

capitalisti di ventura e angel<br />

investor mettendoli in condizione<br />

di scoprire, analizzare e fare<br />

benchmark certificati e sicuri di<br />

altre startup. Invece, la britannica<br />

EverLedger si è specializzata nella<br />

gestione di una rete blockchain<br />

per certificare e autenticare le<br />

transazioni di diamanti e altri<br />

beni di lusso utilizzando smart<br />

contracts. GuardTime, nata nel<br />

2007 ad Amsterdam, si occupa<br />

invece di garantire l’integrità di<br />

sistemi, reti e dati per impianti<br />

industriali, mentre l’americana<br />

Factom dal 2014 offre una catena<br />

blockchain in cui chiunque può<br />

inserire qualsiasi tipo di dato o<br />

informazione in modo sicuro e<br />

certificato.<br />

Ma la serie più pregiata ed<br />

esigua di startup è quella che si<br />

occupa delle cosiddette DAO,<br />

organizzazioni autonome decentrate.<br />

«La DAO ideale – dice<br />

il ricercatore Vitalik Buterin<br />

– è facile da descrivere: è una<br />

entità che vive solo su internet<br />

ed esiste in modo autonomo: è<br />

sostanzialmente una intelligenza<br />

artificiale.<br />

Ma dipende sistematicamente<br />

anche dall’assunzione di persone<br />

per svolgere alcuni compiti che<br />

l’essere automatico da solo non<br />

può fare». Messa così sembra<br />

fantascienza cyberpunk o un<br />

episodio del serial “Person of<br />

Interest”, ma in realtà esistono<br />

startup come Peerplays, “The<br />

DAO” (che ha raccolto 50 milioni<br />

di dollari di investimenti) e Trang<br />

DAO.<br />

La Silicon valley parla delle<br />

DAO come delle corporation del<br />

futuro ma sono pochi i leader che<br />

vogliono affrontare il discorso in<br />

pubblico: anche gli hacker hanno<br />

pudore quando sognano.<br />

@antoniodini


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Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

ilFOCUS<br />

BLOCKCHAIN<br />

Disruption<br />

«Durata, sicurezza, pagamenti<br />

Meglio affidarsi al notaio»<br />

Michele Manente*<br />

Tutti i problemi che comporta l'adozione della blockchain per gli «smart contract»<br />

Gli atti notarili garantiscono più e più a lungo gli interessi di aziende e cittadini<br />

Era il lontano 1994 quanto<br />

Nick Szabo (un informatico<br />

americano laureato in legge)<br />

diede la seguente prima “descrizione”<br />

di uno smart contract: “Uno<br />

smart contract è un protocollo di<br />

transazione computerizzato che<br />

esegue i termini di un contratto. Gli<br />

obiettivi generali sono: soddisfare<br />

le condizioni contrattuali comuni<br />

(come ad esempio i termini di pagamento,<br />

...), ridurre al minimo le contestazioni<br />

sia dolose che accidentali,<br />

e ridurre al minimo la necessità di<br />

intermediari di fiducia. Obiettivi<br />

economici correlati includono la<br />

riduzione dei danni da frode, degli<br />

arbitrati, dei costi giudiziali e degli<br />

altri costi di transazione." (fonte<br />

Wikipedia).<br />

Oggi molti ritengono che sia arrivata<br />

la tecnologia giusta per rea-<br />

Michele Manente<br />

lizzare tutto ciò, la blockchain. Un<br />

sistema informatico che consente<br />

di creare registri pubblici distribuiti,<br />

trasparenti e del tutto inalterabili,<br />

sui quali annotare qualunque transazione<br />

senza che ciò richieda la<br />

presenza di intermediari di fiducia<br />

(cd. Third Trusted Parties), e in più<br />

capace di gestire anche l’esecuzione<br />

automatizzata di istruzioni (gli<br />

smart contracts appunto). Non sarà<br />

quindi più necessario ricorrere ai<br />

Avremo insomma a che<br />

fare con «distributori<br />

automatici di<br />

contratti», ma<br />

con quali garanzie?<br />

tribunali per ottenere la soddisfazione<br />

delle proprie ragioni. Basterà<br />

scaricare da internet uno smart<br />

contract, personalizzarlo e poi inserirlo<br />

in una blockchain, e scrivere<br />

un contratto diventerà facile come<br />

ottenere una bibita da un distributore<br />

automatico di bevande.<br />

Avremo insomma a che fare con<br />

“distributori automatici di contratti”,<br />

ma con quali garanzie?<br />

In primo luogo sarà necessario garantire<br />

la corrispondenza tra ciò che<br />

si vuole e ciò che viene “scritto”. Uno<br />

smart contract sarà scritto in un linguaggio<br />

molto “tecnico”, e quindi<br />

ben poco comprensibile all’utente<br />

medio. Di certo esisteranno “interfacce"<br />

semplificate che consentiranno<br />

di “tradurre” il codice “smart” in<br />

qualcosa di almeno comprensibile,<br />

ma si tratterà pur sempre di “traduzioni”.<br />

Firmare uno smart contract<br />

sarà allora come sottoscrivere un<br />

contratto in una “lingua sconosciuta”,<br />

tradotta da altri. Chi garantirà<br />

la bontà di quella “traduzione”? Chi<br />

garantirà che l’istruzione (il codice<br />

Case history<br />

sfare le proprie necessità, chi gli<br />

garantirà che il risultato sia legale<br />

o anche solo giuridicamente “non<br />

contraddittorio”?<br />

Il problema della responsabilità.<br />

Uno smart contract deve disporre<br />

di una piattaforma su cui girare.<br />

Possiamo ipotizzare la necessità di:<br />

a) una piattaforma informatica<br />

di base;<br />

b) una piattaforma blockchain;<br />

c) un software per la creazione di<br />

smart contracts;<br />

Pagamenti P2P<br />

e il fenomeno Iot<br />

Il ruolo di Ingenico<br />

L'Italia si conferma come uno dei paesi più<br />

importanti per la diffusione dell'mPOS<br />

con più di 700 milioni di transato annuo<br />

informatico), sottostante allo smart<br />

contract, realizzi effettivamente la<br />

volontà dell’utente?<br />

Un contratto deve innanzitutto<br />

essere conforme alle leggi. I “distributori<br />

automatici di contratti”<br />

saranno legali? Chi ne garantirà l'aggiornamento?<br />

I contratti “standard”<br />

andranno sempre bene per tutti e<br />

per tutte le esigenze? E se un utente,<br />

in autonomia, eseguisse un “mix”<br />

di contratti standard onde soddid)<br />

qualcuno che confezioni gli<br />

smart contracts “standard” da personalizzare.<br />

Ciascuno di questi componenti è<br />

frutto di una programmazione che<br />

può contenere errori.<br />

Non occorre essere un esperto<br />

Un contratto deve essere innanzitutto<br />

conforme alle leggi. I «contratti standard»<br />

andranno bene per tutti e per tutte le esigenze?<br />

giurista per sapere che, al moltiplicarsi<br />

dei soggetti potenzialmente<br />

coinvolti in un’operazione, il rimpallo<br />

delle responsabilità tende ad<br />

“allontanare” le speranze di risarcimento<br />

in capo al danneggiato. E che<br />

Claudio Carli*<br />

Le tecnologie della mobilità, la<br />

connettività Internet, le piattaforme<br />

software aperte e multi-applicative,<br />

la facilità di realizzazione<br />

delle applicazioni sono tutti fattori<br />

che stanno cambiando il mercato<br />

dei sistemi di pagamento, allargando<br />

le occasioni d’uso della moneta<br />

elettronica e ampliando, per i consumatori,<br />

la scelta tra gli strumenti<br />

da adottare. Gli stessi punti vendita<br />

si stanno evolvendo offrendo una<br />

nuova relazione tra il merchant e i<br />

clienti che sono sempre più attrezzati<br />

con strumenti tecnologici e<br />

disponibili a usarli nelle loro esperienze<br />

di shopping e di pagamento.<br />

Dalle prime sperimentazioni su<br />

carta contactless all’introduzione<br />

dei pagamenti Nfc, fino ai wallet su<br />

smartphone, il mercato ha assistito<br />

ad un’evoluzione lenta ma significativa.<br />

Oggi l’Italia si conferma<br />

uno dei Paesi più importanti per<br />

diffusione dell’mPOS, con oltre 8<br />

dire, poi, se la piattaforma si trova su<br />

server americani, il programmatore<br />

è inglese, ed il sito di vendita degli<br />

smart contracts è cinese?<br />

La “durata” di uno smart contract.<br />

Non tutti i contratti regolano<br />

rapporti che cessano dall’oggi al<br />

domani. Anzi, i più importanti (es.<br />

quelli immobiliari) sono destinati<br />

di norma a durare anni, se non<br />

decenni.<br />

Chi assicura che l’istruzione<br />

contenuta in uno smart contract<br />

inserito in una blockchain nel <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

sarà ancora eseguibile (supportata)<br />

nel 2050?<br />

Smart contracts e riscossione<br />

delle imposte. Una blockchain<br />

è certo capace di gestire anche (e<br />

soprattutto) pagamenti, ma pochi<br />

tengono conto del fatto che il primo<br />

pagamento derivante da un contratto<br />

è quello dovuto allo Stato per le<br />

relative imposte. Da decenni ormai<br />

i notai già registrano i contratti telematicamente<br />

ed assicurano allo<br />

Stato tale gettito. Gli attuali database<br />

della registrazione telematica<br />

degli atti notarili contano oltre mille<br />

“codici contratto” differenti a cui<br />

corrispondono una o più tassazioni<br />

differenti, in base alle eventuali<br />

agevolazioni spettanti.<br />

Chi sceglierà la tassazione dello<br />

smart contract? Chi controllerà che<br />

sia corretta? Come sarà possibile<br />

ottenere il recupero dell’eventuale<br />

imposta non pagata, in caso di errori<br />

od omissioni?<br />

Oggi, per tutti i contratti più delicati<br />

e di maggiore valore sociale,<br />

la risposta a tutte queste domande<br />

è semplice, ed è una sola: il notaio.<br />

Siamo sicuri che i “distributori automatici<br />

di contratti” renderanno<br />

la tutela dei cittadini facile come<br />

acquistare una bibita?<br />

*Notaio e componente della<br />

Commissione Informatica<br />

del Consiglio Nazionale del Notariato<br />

milioni di transazioni registrate<br />

e più di 700 milioni di euro di<br />

transato annuo totale. Ingenico ha<br />

collaborato con tutti gli operatori<br />

bancari e Telco per la realizzazione<br />

dei propri sistemi di mPOS,<br />

fornendo sia hardware che servizi<br />

di back-office: sono oltre 70mila<br />

gli mPOS che transano quotidianamente,<br />

a dimostrazione che il<br />

pagamento in mobilità con questo<br />

strumento è diventato finalmente<br />

un’abitudine. Un’ulteriore crescita<br />

nei prossimi anni sarà favorita,<br />

non solo dal naturale aumento del<br />

numero di dispositivi in circolazione,<br />

ma anche dall’incremento<br />

dei servizi a valore aggiunto che<br />

possono essere distribuiti tramite<br />

app personalizzate. Ingenico sta<br />

investendo anche in altre soluzioni<br />

innovative, volte a coniugare molti<br />

aspetti: la dematerializzazione<br />

delle ricevute, i servizi aggiuntivi<br />

erogabili tramite app, l’integrazione<br />

dei pagamenti con nuovi<br />

dispositivi digitali (nell’ottica IoT) o


Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

www.corcom.it<br />

9<br />

Antonio Dini<br />

ilFOCUS<br />

Riflettori accesi anche in<br />

Italia sulle blockchain. È<br />

logico che ci sia questa<br />

attenzione dopo che il Fondo<br />

monetario internazionale in un<br />

recente rapporto ha espresso un<br />

prudente interesse per le criptovalute<br />

e la sottostante tecnologia<br />

delle blockchain. Nel paludato e<br />

rarefatto mondo della finanza è<br />

stata una chiamata alle armi che<br />

le banche anche nostrane non<br />

possono evitare di seguire. Dopotutto,<br />

secondo il World Economic<br />

Forum entro il 2025 il 10% del PIL<br />

mondiale transiterà su una tecnologia<br />

blockchain. Ecco dunque<br />

cosa sta succedendo in Italia.<br />

Blockchainlab è uno dei progetti<br />

che stanno nascendo nel nostro<br />

Paese per prendere parte a quella<br />

che i suoi creatori definiscono "la<br />

più grande rivoluzione in campo<br />

FinTech". È la fusione tra finanza<br />

e tecnologia, un nuovo livello<br />

di penetrazione del digitale nel<br />

mondo tradizionale. Blochainlab.<br />

it sta sperimentando le nuove<br />

tecnologie legate alla catena dei<br />

blockchain: la missione statutaria<br />

è di costruire un centro<br />

di eccellenza per fornire una<br />

mappatura completa e costantemente<br />

aggiornata di tutte le<br />

tecnologie: dalle startup innovative<br />

agli esperti del settore. Partner<br />

sono il Gruppo Azimut e Intesa<br />

Sanpaolo. Tra le startup: Wolf on<br />

Trading, Oraclize, Coin Capital,<br />

GreenAddress, Eternity Wall,<br />

The Rock Trading, InBitcoin,<br />

Crowdaura, Euklid e Cryptoclub.<br />

«Blockchain – spiegano i<br />

fondatori del laboratorio - è una<br />

rivoluzionaria forma di registro<br />

distribuito che per la prima<br />

volta nella storia dell'uomo rende<br />

possibile riprodurre la scarsità nel<br />

con sistemi di cassa non tradizionali.<br />

Nel loro processo di sviluppo,<br />

i pagamenti elettronici hanno visto<br />

due tendenze: i nuovi sistemi che,<br />

pur proponendo una migliore user<br />

experience, continuano a sfruttare<br />

le attuali infrastrutture (è il<br />

caso, per esempio, dei pagamenti<br />

NFC, come ApplePay, AndroidPay,<br />

WindowsPay, SamsungPay, e dei<br />

sistemi che introducono elementi<br />

di maggiore sicurezza come i<br />

sistemi E2E o l’ HCE - Host Card<br />

Emulation che introduce la tokenizzazione<br />

EMV) e altri che, invece,<br />

superano i metodi tradizionali,<br />

impiegando flussi e interazioni<br />

con il cliente totalmente diverse e<br />

anche coinvolgendo nuovi player<br />

Il terminale POS può<br />

configurarsi come lo<br />

strumento ideale<br />

per erogare servizi<br />

BLOCKCHAIN<br />

Claudio Carli<br />

(Istituti di Pagamento o altri). Tra<br />

questi individuiamo i sistemi di pagamento<br />

“Person-to-Person” (P2P),<br />

attivati tramite app su smartphone,<br />

che fanno riferimento a wallet<br />

o borsellini elettronici e sono<br />

gestiti, per lo più, da operatori<br />

non tradizionali. L’impegno dei<br />

fornitori di tecnologie è rivolto a<br />

realizzare infrastrutture specifiche<br />

adatte a rispondere e a supportare<br />

questi nuovi sistemi, soprattutto<br />

dal punto di vista della sicurezza e<br />

Disruption<br />

Disco verde di BankItalia<br />

primi protagonisti<br />

finanza e grandi banche<br />

Il bitcoin ha ricevuto<br />

pochi mesi fa dalla<br />

Banca d'Italia il disco<br />

verde per la<br />

sperimentazione<br />

mondo digitale, senza bisogno<br />

di enti centrali». È quello che<br />

rende possibile la "Internet della<br />

proprietà", dove moneta e sistemi<br />

di pagamento sono solo la prima<br />

di una serie di potenzialmente<br />

infinite innovazioni.<br />

La moneta più famosa tra le<br />

criptovalute, il BitCoin, ha ricevuto<br />

pochi mesi fa disco verde per<br />

la sperimentazione da parte della<br />

Banca d'Italia: il nulla osta della<br />

Banca centrale italiana è stato<br />

espresso pubblicamente anche<br />

dal governatore Ignazio Visco,<br />

secondo il quale le innovazioni, in<br />

quanto tali, implicano cambiamenti,<br />

a volte repentini e a volte<br />

lunghi, con i quali comunque<br />

bisogna alla fine fare i conti.<br />

Lavora sul tema Banca IMI, del<br />

gruppo Intesa Sanpaolo, secondo<br />

la quale le opportunità possono<br />

in alcuni casi superare i rischi<br />

delle tecnologie blockchain ma<br />

richiedono un cambiamento profondo<br />

nei sistemi di regolamentazione<br />

e nella natura stessa delle<br />

banche, per consentire i nuovi<br />

modelli di business che possono<br />

emergere da questo cambiamento<br />

di paradigma.<br />

Il tema della regolamentazione<br />

e dei possibili modelli di business<br />

in quest'ultimo quarto di <strong>20<strong>16</strong></strong> è<br />

la logica conseguenza dell'anno<br />

e mezzo passato a studiare e<br />

analizzare i possibili sviluppi delle<br />

della fruibilità in tutte le situazioni<br />

di mercato. Ingenico è in prima<br />

linea nel monitorare questi fenomeni<br />

e nel realizzare soluzioni che<br />

rendano più sicuri e aperti i nuovi<br />

servizi emergenti: in quest’ottica il<br />

terminale POS, riconosciuto come<br />

un dispositivo sicuro, impiegato<br />

come strumento di lavoro sia dal<br />

titolare del negozio che dai suoi<br />

commessi, può configurarsi come<br />

lo strumento ideale per erogare<br />

servizi all’interno del negozio<br />

e agevolare le interazioni tra il<br />

consumatore e il merchant (POI<br />

– Point Of Interaction). Un altro<br />

fenomeno monitorato da Ingenico<br />

è l’IoT (Internet-Of-Things): sono<br />

già state presentate anche in Italia<br />

le prime soluzioni digitali integrate<br />

con dispositivi intelligenti che<br />

comunicano tra di loro o con un<br />

centro servizi (p.es display multimediali<br />

con lettori RFID, caldaie<br />

e termostati, autoveicoli, sensori).<br />

Un’interessante evoluzione è<br />

quella dell’utilizzo dell’IoT per la<br />

Per il governatore Visco<br />

le innovazioni<br />

implicano<br />

cambiamenti<br />

con i quali fare i conti<br />

tecnologie Blockchain da parte<br />

degli istituti bancari di tutto il<br />

mondo, Italia compresa.<br />

Solo alcune delle nostre banche<br />

però partecipano ai grandi consorzi<br />

internazionali che stanno<br />

studiando e lavorando sugli<br />

standard. Come R3 Cev, formato<br />

da una cinquantina di banche di<br />

tutto il mondo tra cui Unicredit e<br />

Intesa Sanpaolo.<br />

Gli esperti ritengono che il<br />

ruolo delle banche e dei big della<br />

finanza sia fondamentale per riu-<br />

possibilità di effettuare campagne<br />

di marketing, acquisti self-service,<br />

attività di couponing o programmi<br />

loyalty: in alcuni Paesi sui device<br />

interconnessi sono stati già integrati<br />

i dati della carta di per offrire<br />

un metodo di pagamento innovativo,<br />

semplice e veloce (p.es. palestre<br />

per far pagare gli abbonamenti sulla<br />

base di quanto un cliente utilizza<br />

un determinato attrezzo fitness,<br />

carrelli intelligenti che calcolano<br />

il conto sulla base degli oggetti<br />

riposti al loro interno,…). Una<br />

realizzazione che impiega sistemi<br />

Ingenico è già in essere nel settore<br />

delle donazioni (progetto realizzato<br />

a Parigi per una campagna<br />

di raccolta di fondi per la ricerca<br />

contro il cancro dell’Istituto Marie<br />

Curie), effettuate semplicemente<br />

accostando la propria carta ad un<br />

schermo digitale appositamente<br />

attrezzato con un lettore di carte<br />

contactless.<br />

*Marketing & Communication Director<br />

di Ingenico Italia S.p.A.<br />

Il ruolo degli<br />

istituti bancari<br />

e i problemi<br />

strutturali da<br />

risolvere: i volumi<br />

di transazioni<br />

dei circuiti di<br />

pagamento come<br />

carte di credito<br />

e sistemi<br />

interbancari<br />

richiedono<br />

una grande mole<br />

di dati che devono<br />

raggiungere<br />

tutti gli utenti<br />

scire a far decollare le tecnologie<br />

blockchain.<br />

Senza contare che ci sono<br />

problemi strutturali da risolvere:<br />

i volumi di transazioni dei<br />

circuiti di pagamento come carte<br />

di credito e sistemi interbancari<br />

richiedono infatti grandi mole di<br />

dati, nell'ordine di svariati gigabyte<br />

ogni minuto, che nella logica<br />

di funzionamento dei blockchain<br />

devono transitare tra tutti gli<br />

utenti della catena. Il problema è<br />

di riuscire a far scalare la tecnologia<br />

ma anche di chiarire su chi<br />

pesano i costi delle infrastrutture<br />

tra i vari enti che saranno<br />

impegnati nella costruzione<br />

degli snodi delle blockchain, ad<br />

esempio tra istituti di credito del<br />

nostro Paese.<br />

Intesa Sanpaolo intanto ha<br />

investito in un innovation center<br />

interno che ha la missione di studiare<br />

e avviare progetti per garantire<br />

la competitività del gruppo<br />

anche sul fronte tecnologico.<br />

Anche Unicredit infatti si è<br />

convinta che i blockchain possano<br />

rivoluzionare il mondo delle<br />

banche, unificandone il funzionamento.<br />

Per questo l'istituto è<br />

tra i sette grandi (Ubs, Santander)<br />

che hanno fatto partire la rete<br />

blockchain di Ripple, il primo<br />

esperimento su larga scala di<br />

funzionamento delle catene<br />

blockchain.<br />

Novanta altre banche di tutto<br />

il mondo adesso spingono per<br />

entrare nel circuito. Una possibile<br />

rivoluzione nel trasferimento di<br />

denaro e non solo.<br />

Sempre Unicredit per questo<br />

motivo ha lanciato lo scorso<br />

marzo un fondo da 200 milioni di<br />

euro per il FinTech. Il fondo mira<br />

a dare gambe ai progetti di startup<br />

innovative ed è coordinato<br />

con la società di consulenza e di<br />

investimenti londinese Anthemis<br />

Group. L'idea è quella di finanziare<br />

le startup più promettenti<br />

e fornire anche il know-how<br />

bancario per quelli che Unicredit<br />

definisce i "digital naive", gli<br />

ingenui digitali, dal punto di vista<br />

delle competenze finanziare.<br />

Infine, l'idea è che oltre al ritorno<br />

economico il fondo consenta<br />

anche di accelerare la digitalizzazione<br />

del gruppo Unicredit.<br />

@antoniodini


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11<br />

ilFOCUS<br />

SCENARI<br />

Identità digitale e sanità<br />

Per la PA solo un'utopia?<br />

L'applicazione della blockchain è per ora solo immaginabile e futuribile<br />

Troppe le difficoltà di attuazione in un sistema complesso come quello pubblico<br />

Federica Meta<br />

Spid e blockchain, un futuro<br />

è possibile. Il Sistema<br />

pubblico di identità<br />

digitale, lanciato a marzo <strong>20<strong>16</strong></strong>,<br />

è stato disegnato in conformità<br />

al Regolamento europeo eIDAS<br />

ed è proprio questo legame che<br />

potrebbe far pensare a un uso<br />

del blockchain come sistema di<br />

sicurezza rafforzato. Dal 2018<br />

i cittadini degli Stati membri -<br />

potranno usare la loro identità<br />

dgitale per fruire di servizi erogati<br />

dalle PA di altri Paesi. In questo<br />

contesto il blockchain potrebbe<br />

diventare uno strumento per<br />

la gestione delle risorse pubbliche.<br />

Il processo non è semplice<br />

perché richiede la costituzione di<br />

un archivio digitale, da rendere<br />

poi consultabile. Ma i vantaggi<br />

potenziali, tra i quali la velocità e<br />

la riduzione di frodi e corruzione,<br />

In Uk il governo<br />

ha aperto un tavolo<br />

per valutare i settori<br />

dove la tecnologia<br />

può funzionare<br />

e cliniche diverse.<br />

Qualcosa inizia a muoversi<br />

anche sul fronte istituzionale.<br />

Il governo britannico ha<br />

recentemente riservato molta<br />

attenzione allo studio dei campi<br />

di applicabilità della tecnologia<br />

blockchain, con un approccio<br />

congiunto che ha coinvolto i principali<br />

stakeholders a livello istituzionale,<br />

finanziario e accademico:<br />

l'obiettivo è quello di migliorare<br />

l'economia, l'efficienza della PA e<br />

le modalità di interazione tra cittadini<br />

e istituzioni, rivoluzionando<br />

il modo di intendere, utilizzare<br />

e conservare il dato elettronico<br />

attraverso tecnologie all'ultimo<br />

stato dell'arte.<br />

E l'Italia? Per ora il blockchain<br />

è un sistema in sperimentazione<br />

nelle transazioni bancarie. Sul<br />

fronte PA, invece, il pagamento<br />

di servizi pubblici è stato reso più<br />

efficiente e flessibile con l'attivazione<br />

di PagoPA.<br />

Finora ha aderito al sistema il<br />

60,87% degli enti censiti sull’Indice<br />

delle Pubbliche Amministrazioni,<br />

con tassi di adesione<br />

rilevanti per quanto riguarda<br />

istituti scolastici e Università<br />

(91,95%), Camere di Commercio<br />

(100,00%), Comuni e loro Associazioni<br />

(55,52%).<br />

Hanno completato le procedure<br />

di adesione anche tutte le Regioni<br />

e le Province Autonome, 11<br />

ministeri e importanti enti della<br />

PA Centrale come Inail, Inps, Aci,<br />

Consip e Equitalia.<br />

Gli enti attivi - cioè quelli che<br />

consentono il pagamento dei loro<br />

servizi tramite pagoPA - sono<br />

2.017: 1.<strong>09</strong>0 Comuni, 10 Regioni<br />

e Province autonome (Toscana,<br />

Emilia Romagna, Marche,<br />

Piemonte, Veneto, Friuli Venezia<br />

Giulia, Liguria, Lazio, Trento e<br />

Bolzano), 5 Ministeri (Miur, Mise,<br />

Giustizia, Salute, Difesa), tutte le<br />

Camere di Commercio, tutti e 735<br />

gli istituti di istruzione del Lazio,<br />

53 altri enti, fra cui Inail, Inps e<br />

Aci. Le operazioni di pagamento<br />

effettuate tramite pagoPA sono<br />

state 139.791 nel secondo trimestre<br />

<strong>20<strong>16</strong></strong>: 27.486 a aprile, 67.946 a<br />

maggio e 44.359 a giugno.<br />

invitano a un tentativo. Senza<br />

dimenticare che, in un sistema<br />

senza centro, tutti potrebbero<br />

avere un’identità digitale che<br />

superi i confini nazionali (basti<br />

pensare a migranti e rifugiati).<br />

Sulla base di questo presupposto<br />

la startup Berlinese Jolocom<br />

sta sviluppando un servizio<br />

che utilizza una blockchain per<br />

rendere sicuro il trasferimento<br />

delle informazioni per la verifica<br />

digitale dell’identità. Non<br />

transazioni valutarie, dunque, ma<br />

uno scambio di dati sensibili, con<br />

un’efficienza e una sicurezza che<br />

le attualità modalità centralizzate<br />

non possono garantire. Il sistema<br />

consente di creare un’identità<br />

digitale, il WebID, da verificare<br />

solo una prima volta, che poi può<br />

essere scambiata con altri membri<br />

della comunità; l’’utente può<br />

scegliere ogni volta quali e quante<br />

informazioni condividere e poi,<br />

in ogni momento, revocarne la<br />

condivisione. La blockchain viene<br />

usata per rendere sicuro questo<br />

passaggio, grazie alla registrazione<br />

di ogni transazione. Jolocom<br />

sta provando a creare un sistema<br />

di identificazione digitale centralizzato<br />

basato su una decentralizzazione<br />

delle transazioni con<br />

cui si scambiano le informazioni<br />

sensibili.<br />

La startup Factom sta lavorando,<br />

invece, alla gestione di<br />

dati medici, cartelle cliniche e<br />

pagamento di fatture. Non è solo<br />

una questione di sicurezza. Registrare<br />

la propria storia clinica su<br />

un sistema comune, renderebbe<br />

più facile reperire e condividere le<br />

informazioni con medici, ospedali<br />

Digitalizzazione<br />

Cbill, come pagare i servizi online<br />

Liliana Fratini Passi*<br />

La digitalizzazione dei pagamenti rappresenta<br />

uno degli obiettivi primari nel processo<br />

di ammodernamento del nostro paese.<br />

Le imprese bancarie italiane, che lavorano da<br />

tempo in questa direzione, stanno investendo<br />

fortemente nella digitalizzazione ed offerta di<br />

strumenti di pagamento innovativi.<br />

Uno di questi strumenti è il CBILL, il servizio<br />

realizzato dal Consorzio CBI e offerto in<br />

modalità competitiva dagli Istituti Finanziari<br />

Consorziati, che consente il pagamento on<br />

line in modalità multicanale e multibanca<br />

di utenze domestiche, ticket sanitari, multe,<br />

tributi, tasse ed altro ancora. Con il CBILL la<br />

“carta è preistoria”.<br />

Sono oltre 500 gli Istituti Finanziari che<br />

offrono il Servizio CBILL nei propri Internet<br />

Banking, e alcuni di questi permettono già ai<br />

propri clienti di consultare e pagare bollette<br />

e avvisi di pagamento con CBILL attraverso<br />

altri canali (ATM, mobile, sportello fisico). A<br />

luglio <strong>20<strong>16</strong></strong> sono già state effettuate circa 3<br />

milioni e mezza operazioni di pagamento, per<br />

un controvalore complessivo di oltre 700 milioni<br />

di Euro, verso i 250 fatturatori attivi tra<br />

privati e Pubblica Amministrazione. Numeri<br />

in continua crescita grazie ai vantaggi per<br />

utenti debitori, imprese e Pubbliche Amministrazioni.<br />

Il Servizio CBILL infatti è già applicabile<br />

anche al pagamento dei servizi offerti dalla<br />

Pubblica Amministrazione tramite il Nodo<br />

PagoPA dell’AgID. Ciò consentirà l’efficientamento<br />

e la digitalizzazione del colloquio tra<br />

Realizzato dal consorzio Cbi<br />

consente il pagamento in<br />

modalità multicanale<br />

imprese bancarie e Pubblica Amministrazione,<br />

nonché la disponibilità per i cittadini di<br />

servizi di pagamento sempre più efficaci ed<br />

evoluti.<br />

I vantaggi del Servizio CBILL risultano<br />

molteplici. Innanzitutto, mentre con gli altri<br />

servizi di pagamento online i clienti possono<br />

pagare online solo i bollettini delle aziende<br />

o delle PA che hanno sottoscritto specifici<br />

accordi con il proprio Istituto di credito, con<br />

il CBILL basta collegarsi al proprio Internet<br />

banking per consultare e pagare bollettini e<br />

conti spesa di qualsiasi azienda e PA che abbia<br />

adottato il Servizio CBILL.<br />

CBILL inoltre consente il calcolo automatico<br />

dell’importo dovuto, anche dopo la scadenza<br />

del bollettino, funzionale ad esempio<br />

per chiudere la propria posizione debitoria<br />

relativa ad un avviso di pagamento emesso da<br />

Equitalia (avvisi e cartelle di pagamento in caso<br />

di tributi, contributi e tasse non pagate). Il<br />

cittadino può quindi beneficiare di un servizio<br />

“intelligente” che gli consente in tutta autonomia<br />

di visualizzare e saldare l’esatto importo<br />

che risulta dovuto alla data dell’operazione.<br />

Numerosi anche i vantaggi per i Fatturatori<br />

che con CBILL possono garantire maggiore<br />

valore all’utente, con una nuova modalità di<br />

pagamento semplice, veloce e sicura, migliorando<br />

anche la tempestività e la trasparenza<br />

delle informazioni erogate ai cittadini. E<br />

ancora, semplificazione dei processi di riconciliazione<br />

contabile, riduzione degli errori,<br />

riduzione dei tempi di riscossione, possibilità<br />

di raggiungimento di un maggior numero di<br />

utenti online e, infine, di personalizzazione<br />

del servizio in funzione delle proprie specifiche<br />

esigenze. Inoltre, grazie alla completa digitalizzazione<br />

dei bollettini, il Servizio CBILL<br />

consente anche di ridurre i costi di stampa<br />

contribuendo alle politiche di sostenibilità<br />

ambientale, riducendo ogni anno il consumo<br />

di carta di circa 12.600 tonnellate e le emissioni<br />

di anidride carbonica derivanti dai processi<br />

di produzione e invio delle bollette di circa<br />

21.420 tonnellate.<br />

*Direttore generale Consorzio CBI


12<br />

www.corcom.it<br />

Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

PA TRANSFORMATION<br />

Lo Stato nell'era digitale<br />

Scuola digitale, e-skill banco di prova<br />

Stanziati 350 milioni per 19 progetti, una profonda rivoluzione per il sistema educativo italiano<br />

Federica Meta<br />

Animatori digitali, laboratori<br />

innovativi e formazione<br />

continua per i docenti. A<br />

un anno dal varo del Piano<br />

nazionale Scuola digitale (Pnsd),<br />

il sistema educativo italiano sta<br />

attraversando una fase di profondo<br />

cambiamento, non solo degli ambienti<br />

di apprendimento ma anche<br />

di relazione insegnante-studente. A<br />

farla da padrone le nuove tecnologie<br />

che devono abilitare la rivoluzione.<br />

Grazie allo stanziamento di un<br />

miliardo di euro da parte del governo,<br />

sono 19 su 35 le azioni già partite,<br />

pari al 60% di attuazione del piano: il<br />

Miur ha investito 350 milioni di euro.<br />

Tra i progetti avviati, da segnalare la<br />

"fibra a banda larga per ogni scuola",<br />

resa possibile dall’accordo Miur-Mise.<br />

Finora sono stati avviati interventi<br />

diretti in 700 comuni di Abruzzo,<br />

Lombardia, Sardegna, Toscana ,<br />

Lazio, Calabria, Marche e Puglia.<br />

Per il cablaggio interno degli istituti<br />

(Lan-Wlan) sono stati stanziati finora<br />

88 milioni.<br />

Per gli ambienti digitali per la<br />

didattica sono sul piatto 138 milioni<br />

per finanziare 5938 scuole mentre per<br />

i laboratori territoriali sono stati selezionati<br />

60 iniziative per un massimo<br />

di 750mila euro a progetto. 28 milioni<br />

sono stati destinati gli atelier creativi<br />

(finanziabili 1800 progetti).<br />

"Tra le luci più brillanti il piano per<br />

la creazione dei laboratori territoriali<br />

che serve non tanto a creare scuole<br />

di eccellenza - spiega Carlo Giovannella,<br />

Università Roma Tor Vergata<br />

- ma, piuttosto, poli basati su reti<br />

che dovrebbero essere in grado di<br />

sostenere lo sviluppo territoriale e<br />

fornire occasione per lo svolgimento<br />

delle attività di alternanza scuolalavoro".<br />

Proprio per questo, avverte<br />

l'esperto, "c’è da augurarsche le economie<br />

ricavate dal bando, stimabili<br />

in qualche milione di euro, possano<br />

essere utilizzate per dare il via libera<br />

allo sviluppo di ulteriori laboratori".<br />

Il rischio principale dell’operazione<br />

è da rintracciarsi nella limitata esperienza<br />

del personale scolastico nella<br />

gestione di progetti di tale portata.<br />

"La scarsa familiarità con la progettazione,<br />

riscontrata nella fase di<br />

scrittura delle proposte - evidenzia<br />

Giovannella - potrebbe estendersi<br />

alla gestione dell’attuazione dei<br />

progetti e condurre al ridimensionamento<br />

degli obiettivi".<br />

Per evitare questo rischio è stato<br />

attivazione un piano formativo per<br />

tutto il personale della scuola che<br />

consentirà a al corpo docente e amministrativo<br />

di essere formato sulle<br />

competenze necessarie per guidare e<br />

gestire la trasformazione digitale.<br />

Lo stanziamento totale per la formazione<br />

del personale è di più di 235<br />

milioni di euro per un piano orga-<br />

Il Miur ha spinto sulla<br />

fibra negli istituti in 700<br />

Comuni, su ambienti<br />

digitali e lab territoriali<br />

Ma c'è da superare<br />

lo scoglio formazione<br />

del personale<br />

nizzato in tre fasi: partito a marzo<br />

del <strong>20<strong>16</strong></strong> il programma terminerà<br />

con i moduli di approfondimento a<br />

giugno 2017. Finora è stata avviata la<br />

formazione per 157mila tra docenti,<br />

dirigenti e personale tecnicoamministrativo.<br />

Gli inseganti, nello<br />

specifico, sono 75mila.<br />

Tra le novità più interessanti c'è<br />

certamente la figura dell’animatore<br />

digitale che, insieme a un team di<br />

innovazione, supporterà l’attuazione<br />

dl Pnsd. Finora ne sono stati nominati<br />

8300 e per queste figure sono già<br />

partiti i corsi di formazione.<br />

Ma proprio sulla formazione e sulla<br />

nomina dell’animatore digitale il<br />

► Lo strumento<br />

La carica degli Schoolkit<br />

Facilitare l'applicazione dei progetti digitali. E' questo l'obiettivo<br />

degli Schoolkit, un modello di istruzioni per sostenere dirigenti,<br />

docenti e tutta la comunità scolastica nello sviluppo di pratiche<br />

innovative ovvero nella progettazione e nell’attuazione delle<br />

azioni del Piano Nazionale Scuola Digitale. "Lo Schoolkit vuole<br />

essere una guida, uno strumento flessibile, un modello esemplificativo<br />

per le scuole ovvero tra le scuole, i cui contenuti non<br />

sono naturalmente indicazioni prescrittive", spiega il ministero.<br />

Tre le tipologie di contributori. Il Miur, che si impegna ad<br />

accompagnare con un modello di istruzioni semplici e coerenti<br />

ogni bando e iniziativa che organizzerà sul Piano Scuola Digitale.<br />

La comunità scolastica, che può inviare proposte di Schoolkit<br />

su attività innovative che ha sviluppato con successo e i partner,<br />

istituzionali e privati, che il Miur coinvolge di volta in volta per<br />

aiutare ad accompagnare le scuole (Agid e Fondazione Mondo<br />

Digitale, ad esempio).<br />

piano trova il primo scoglio.<br />

Non sempre, infatti, la designazione<br />

da parte dei dirigenti è stata fatta<br />

con chiarezza e trasparenza. In una<br />

serie di regioni– laddove non si sono<br />

effettuate scelte a livello di ufficio<br />

scolastico regionale - si è percepita<br />

infatti una bassa qualità della formazione<br />

erogata e pochi i formatori<br />

adeguati. Quello che si teme è che<br />

si perda per strada personale già di<br />

base poco motivata all’innovazione a<br />

causa dell’età.<br />

Qualche peroccupazione la<br />

esprimono anche i sindacati. Per la<br />

Flc-Cgil , il Miur non si limita a dare<br />

indicazioni per formare il personale.<br />

"Dice ad esse anche quali figure individuare,<br />

di quante persone devono<br />

essere costituiti (tre docenti) i team<br />

per l’innovazione digitale e addirittura<br />

di costituire 'presidi di pronto soccorso<br />

tecnico' differenziati secondo<br />

che si tratti di una scuola del primo<br />

ciclo (1 Ata o docente) o del secondo<br />

ciclo (1 assistente tecnico) – fanno<br />

sapere dalla Flc - Siamo, con tutta<br />

evidenza, di fronte a un intervento<br />

centralistico e antiautonomistico.<br />

Siamo alle circolari di sempre che<br />

ti dicono cosa fare, come fare, che<br />

tempi seguire. Naturalmente non si<br />

contesta qui la necessità di seguire<br />

una tempistica legata alla necessità di<br />

una formazione”.<br />

“Quel che si eccepisce è che gli<br />

assetti organizzativi e le figure da<br />

costituire sono prerogative delle<br />

autonomie scolastiche. E le necessità<br />

del Piano digitale non consentono affatto<br />

al Miur di espropriare le scuole<br />

di tali facoltà”, conclude il sindacato.<br />

Ma il governo va vaanti spedito.<br />

“L’anno scolastico <strong>20<strong>16</strong></strong>-2017 sarà<br />

il banco di prova del piano”, fanno<br />

sapere a CorCom da Miur.<br />

“La creazione a settembre di un<br />

Osservatorio sulla Scuola digitale<br />

darà una marcia in più al cammino<br />

del piano nazionale”, concludono da<br />

Viale Trastevere. Il progetto è atteso<br />

per l'autunno a poche settimane<br />

dall'inizio dell'anno scolastico.


Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

www.corcom.it<br />

13<br />

Digital divide<br />

Iscrizioni online, l'Italia spaccata dal pc: il Sud arranca<br />

Un'Italia spaccata a metà: per una parte che finisce<br />

grosso modo ai confini meridionali del Lazio,<br />

ce n'è un'altra che inizia in Campania e comprende<br />

in modo pressoché omogeneo tutte le regioni<br />

del Mezzogiorno. A dividere - segnala Skuola.net<br />

- è la modalità con cui le famiglie hanno iscritto i<br />

loro figli a scuola, ma anche le scelte degli studenti<br />

lasciano intravedere una spaccatura.<br />

Il dato che stupisce di più è sicuramente quello<br />

delle modalità d'iscrizione alle Superiori, che attesta<br />

come il digital divide sia un fenomeno ancora<br />

molto presente, soprattutto in determinate aree<br />

geografiche.<br />

Si scopre che la Puglia e la Campania sono il fanalino<br />

di coda per cultura tecnologica: meno della<br />

metà delle famiglie di queste regioni, infatti, ha<br />

seguito la procedura online mentre la maggioranza<br />

ha preferito l'iscrizione "fisica", quella che si fa<br />

andando di persona nelle scuole.<br />

Numeri che, se messi a confronto con le percentuali<br />

di Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia<br />

(dove più dell'80% delle famiglie ha iscritto i figli<br />

servendosi di Internet), dovrebbero far riflettere:<br />

i genitori dei ragazzi in età scolastica dovrebbero<br />

appartenere a generazioni che hanno una certa<br />

confidenza con le nuove tecnologie, se non altro<br />

perché ormai la maggior parte dei lavori ruota<br />

attorno al web. Eppure non è così, anche perchè<br />

è l'intero meridione che arranca: le regioni con i<br />

tassi più alti di iscrizioni online sono tutte localizzate<br />

al Centro-Nord (Lazio, Piemonte, Toscana,<br />

Emilia-Romagna e Liguria superano tutte il 76%<br />

delle totali; Umbria, Marche, Abruzzo, Sardegna<br />

sono comunque sopra il 59%). Parallelamente, le<br />

percentuali più basse si registrano invece tutte al<br />

Sud (anche Calabria, Sicilia, Basilicata e Molise<br />

seguono la tendenza, tutte sotto quota 60%).<br />

Il liceo continua a essere la prima scelta dei teen<br />

italiani, tanto che lo predilige il 52% di loro. Su<br />

tutti, il preferito è lo Scientifico, anche se le iscrizioni<br />

al Classico sono in crescita diversamente da<br />

quanto accadeva un anno fa. Più o meno le stesse<br />

del 2015 rimangono le percentuali di chi opta per<br />

un istituto tecnico (1 ragazzo su 3) mentre continuano<br />

a scendere le iscrizioni ai professionali.<br />

L'intervista<br />

«Parola d'ordine: centralizzare»<br />

Federica Meta<br />

«Un piano con tante<br />

luci e poche ombre».<br />

Paolo Ferri, docente<br />

di Teoria e tecnica dei Nuovi Media<br />

Tecnologie didattiche all’Università<br />

Milano Bicocca, in buona<br />

sostanza promuove il Piano nazionale<br />

Scuola digitale (Pnsd), varato<br />

lo scorso anno dal governo.<br />

Facciamo un bilancio del primo<br />

anno di attuazione.<br />

Dopo 20 anni – l’ultimo tentativo<br />

risale al 1997 con Luigi Berlinguer<br />

ministro dell’Istruzione- l’Italia ha<br />

finalmente un programma organico<br />

di innovazione che punta a<br />

colmare il gap con il resto dell’Europa<br />

che sembra funzionare.<br />

Per quale motivo questo piano<br />

sta dando risultati rispetto a<br />

quelli avviati in passato?<br />

Perché ha delineato un nuovo<br />

indirizzo epistemologico e operativo<br />

per la digitalizzazione della<br />

scuola: meno hardware – attraverso<br />

il Bring your own device – e<br />

più investimenti sulla banda larga,<br />

sulle persone e sulla formazione.<br />

Si tratta di un’idea “disruptive”<br />

rispetto al passato.<br />

In che senso?<br />

Le tecnologie devono essere<br />

messe al servizio dell’apprendimento<br />

attivo degli studenti e delle<br />

pratiche innovative degli insegnati<br />

e non viceversa. L’innovazione<br />

educativa, infatti, non può prescindere<br />

da un’interazione intensiva<br />

Si è delineato finalmente un nuovo indirizzo<br />

epistemologico: le tecnologie devono essere<br />

messe al servizio dell'apprendimento attivo<br />

di studenti e insegnanti e non viceversa<br />

docente-alunno, anche se abilitata<br />

dalle tecnologie.<br />

Il governo ha stanziato un<br />

miliardo per il Pnsd. È sufficiente,<br />

a suo avviso?<br />

Ovviamente no, ma certamente<br />

si sono indirizzate le risorse<br />

laddove prioritariamente necessarie.<br />

Penso al finanziamento alla<br />

formazione digitale dei docenti e<br />

del personale oppure ai bandi che<br />

puntano a migliorare l’infrastruttura<br />

digitale della nostra scuola,<br />

come quelli sulla banda larga e il<br />

wifi. Oppure, ancora, a quelli per la<br />

creazione di laboratori territoriali<br />

per la scuola superiore e di altelier<br />

creativi per la primaria.<br />

Nella pratica si sono rilevati<br />

dei problemi nell’attuazione.<br />

La nomina degli animatori<br />

digitali, ad esempio, prosegue a<br />

singhiozzo mentre molti istituti<br />

non riescono a creare il “team di<br />

innovazione” ovvero quel gruppo<br />

di insegnanti che si dovrebbe<br />

occupare di didattica digitale.<br />

Non è tutto oro quello che luccica<br />

allora?<br />

Si tratta di problemi emersi in<br />

quelle Regioni che non hanno<br />

scelto una gestione centralizzata,<br />

a livello di Ufficio Scolastico<br />

Regionale, dell’attuazione dei<br />

vari provvedimenti. Laddove si è<br />

centralizzato - Emilia Romagna,<br />

Lazio e Basilicata, ad esempio - il<br />

La filosofia è quella<br />

giusta: meno hardware<br />

e più investimenti<br />

in banda larga<br />

e formazione<br />

programma sta funzionando. Dove<br />

non si è scelta questa strada– Lombardia<br />

e Veneto ne sono l’esempio<br />

lampante - si viaggia a scartamenti<br />

ridotto. È la burocrazia che rischia<br />

di far fallire tutta la strategia.<br />

Cosa accade se non ci centralizza?<br />

Spesso le nomine sono gestite in<br />

maniera puramente burocratica<br />

mentre i programmi di formazione<br />

erogati per animatori e team<br />

dell’innovazione sono di qualità<br />

discutibile e poveri nei contenuti.<br />

In alcune province, poi, i programmi<br />

di formazione non sono<br />

ancora partiti. Certo, va detto che<br />

i finanziamenti erogati dal Miur<br />

non sono elevati, ma limitazio-<br />

Paolo Ferri, docente di nuovi media<br />

e tecnologie didattica alla Bicocca<br />

ni di budget hanno condotto i<br />

responsabili dei Poli formativi a<br />

sottovalutare la portata e la rilevanza<br />

dell’azione di formazione.<br />

L’eccesso di burocrazia ha inoltre<br />

impedito la creazione di network<br />

tra le scuole e gli stakeholder<br />

territoriali. A mancare soprattutto<br />

la capacità di fare rete dei dirigenti<br />

titolari degli snodi formativi che<br />

non stati in grado né di coinvolgere<br />

gli enti ricerca e le Università nel<br />

processo per acquisire competenze<br />

né di relazionarsi con le imprese e<br />

le Fondazioni, e gli Enti del territorio<br />

per attrarre finanziamenti che<br />

permettono di rendere più ricca<br />

e qualitativamente più elevata la<br />

formazione offerta.<br />

Come si può superare l’ostacolo<br />

burocrazia?<br />

Un possibile consiglio da dare<br />

al Ministro è quello - molto poco<br />

usuale in tempi di “federalismo<br />

secessionista” - di “centralizzare”<br />

il più possibile in processo e di “disintermediare”<br />

il lavoro dei Poli e<br />

degli Snodi territoriali inefficienti,<br />

allocando più potere di decisione<br />

e di raccordo negli Uffici Scolasti<br />

regionali o al Ministero stesso per<br />

evitare che i particolarismi locali<br />

depotenzino e annacquino il grande<br />

impegno legislativo, normativo<br />

e di indirizzo profuso dal Miur in<br />

questo caso. A volte un po’ di “centralismo”<br />

può far bene. Bisogna<br />

trovare una soluzione nei prossimi<br />

Paolo Ferri,<br />

esperto di scuola<br />

digitale e docente<br />

alla Bicocca:<br />

«Il piano<br />

nazionale ha<br />

funzionato bene<br />

laddove i progetti<br />

sono stati presi<br />

in mano dagli<br />

Uffici Scolastici<br />

regionali, come in<br />

Emilia-Romagna<br />

e Lazio<br />

Dove non è stato<br />

fatto si viaggia<br />

a scartamento<br />

ridotto»<br />

mesi per evitare che l’impatto<br />

di questo provvedimento venga<br />

“limitato” e il suo poter innovativo<br />

“frustrato” dai particolarismi dei<br />

territori.


Marta, 31 anni,<br />

CRM Manager,<br />

lavora a Torino,<br />

prende 41.000 ¤/anno<br />

Marco, 39 anni,<br />

Digital Project Manager,<br />

lavora a Firenze,<br />

prende 43.000 ¤/anno<br />

Michele, 30 anni,<br />

Help Desk Coordinator,<br />

lavora a Roma,<br />

prende 30.000 ¤/anno<br />

Anna, 29 anni,<br />

DATA Manager,<br />

lavora a Milano,<br />

prende 33.000 ¤/anno<br />

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Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

www.corcom.it<br />

15<br />

FutureProof<br />

DI MAURIZIO DÈCINA<br />

Standard per la comunicazione IoT<br />

Ecco i protocolli di comunicazione per i 20 miliardi di oggetti connessi con l'Internet of Things<br />

I settori applicativi<br />

dello Iot<br />

possono essere<br />

classificati<br />

in due cluster:<br />

Massive IoT<br />

e Mission Critical<br />

Dal punto di vista<br />

delle architetture<br />

di rete<br />

vanno distinte<br />

le applicazioni<br />

radio short range<br />

dalle long range<br />

Con il termine “Internet delle<br />

cose” (Internet of Things -<br />

IoT) si indica l’evoluzione di<br />

Internet, da rete di comunicazione<br />

per le persone, a rete che connette gli<br />

“oggetti intelligenti” (smart objects)<br />

che popolano gli ambienti che ci<br />

circondano, dalla casa, alla città, fino<br />

a comprendere tutto il pianeta. Gli<br />

oggetti fisici (sensori/attuatori) o virtuali<br />

(file) sono indirizzabili in modo<br />

univoco, mente la IoT è basata su protocolli<br />

di comunicazione standard.<br />

Alla fine del 2015 c’erano circa 18<br />

miliardi di oggetti fisici intelligenti<br />

e connessi, mentre se ne prevedono<br />

circa 50 miliardi per il 2020. I settori<br />

applicativi della IoT sono innumerevoli<br />

e possono essere classificati in<br />

due grandi cluster applicativi.<br />

- Massive IoT: le applicazioni sono<br />

caratterizzate da basso costo, basso<br />

consumo, e bassa capacità di comunicazione,<br />

nonché da un grande numero<br />

di dispositivi connessi; trasporti e<br />

logistica, ambiente, casa intelligente,<br />

città intelligente, agricoltura, ecc.<br />

- Mission Critical IoT: le applicazioni<br />

sono caratterizzate da alta affidabilità,<br />

bassa latenza e alta capacità;<br />

automotive, energia (smart grid),<br />

medicina, sicurezza, realtà aumentata,<br />

automazione della fabbrica, ecc.<br />

Dal punto di vista delle architetture<br />

di rete vanno distinte le applicazioni<br />

radio “short range” (che comprendono<br />

le Pan, Personal Area Network,<br />

fino a 10 m, e le Lan, Local, fino a 100<br />

metri) da quelle “long range” (MAN,<br />

Metro, fino a 1km, e WAN, Wide,<br />

oltre 1 km). Nel caso delle applicazioni<br />

short range c’è un dispositivo detto<br />

gateway (piattaforma locale) che coordina<br />

il cluster di oggetti intelligenti<br />

e provvede alla comunicazione con la<br />

piattaforma IoT posta nel Cloud. Nelle<br />

applicazioni long range gli oggetti<br />

sono direttamente in comunicazione<br />

con la piattaforma cloud-IoT attraverso<br />

una infrastruttura di stazioni radio<br />

poste sul territorio (come nel caso<br />

delle reti cellulari).<br />

La figura allegata mostra lo scenario<br />

Maurizio<br />

Dècina<br />

Emeritus Professor,<br />

Politecnico di Milano<br />

dei protocolli di comunicazione per<br />

l’IoT. Nelle applicazioni short range<br />

stanno emergendo vari standard<br />

in competizione, quali: Bluetooth<br />

Low Energy (BLE), ZigBee, Z-Wave,<br />

WirelessMBus. Molto promettente<br />

è BLE per l’interazione con gli utenti<br />

perché supportato dagli smart phone<br />

in particolare per l’automazione<br />

della casa e della automobile, mentre<br />

ZigBee è stato uno dei primi standard<br />

con range fino a 250 metri.<br />

Per le WAN abbiamo assistito negli<br />

ultimi due anni al tentativo dei sistemi<br />

radiomobili cellulari di sviluppare<br />

standard protocollari che consentano<br />

bassi consumi dei dispositivi e<br />

batterie di lunga vita (perlomeno 10<br />

anni). Visti i ritardi nella emissione<br />

degli standard (da parte del 3GPP),<br />

sono nati nuovi protocolli proprietari<br />

e applicazioni Lpwa (Low Power<br />

Wide Area) che operano su bande<br />

spettrali non licenziate: LoRa, SigFox,<br />

Weigthless, ecc. I protocolli Lpwa<br />

(chiamati “cellular like radio” nella<br />

figura) garantiscono il basso consumo<br />

dei dispositivi, operano a bassa capacità<br />

(fino ad alcune decine di kbit/s), e<br />

permettono soluzioni a basso costo,<br />

grande copertura e pronta disponibilità.<br />

Per le applicazioni sulle MAN, in<br />

competizione con i protocolli Lpwa,<br />

si presentano in primo luogo due<br />

standard derivati da protocolli di<br />

successo delle LAN: il WirelessMBus<br />

(a <strong>16</strong>9 MHz) e il WiFi: quest’ultimo è<br />

stato sviluppato per l’IoT e si chiama<br />

WiFi HaLow.<br />

Per contrastare poi il successo dei<br />

protocolli Lpwa, recentemente il<br />

3GPP ha annunciato due nuovi standard<br />

cellulari per l’IoT: il più atteso<br />

è basato sull’Lte e si chiama Nb-iot<br />

(narrowband IoT) con canali da 180<br />

KHz e capacità fino a 250 kbit/s, mentre<br />

l’altro è basato sul Gsm e si chiama<br />

Ec-gsm (Extended Coverage Gsm).<br />

Per le applicazioni IoT a banda un<br />

po’ più larga si confermano, sia il protocollo<br />

Lte-M (ridenominato: eMtc,<br />

enhanced Machine Type Communication)<br />

con canali da 1,4 MHz e banda<br />

di 1 Mbit/s, sia il protocollo Lte-Cat1<br />

che abilita capacità superiori fino a 10<br />

Mbit/s.<br />

Per la fine<br />

del 2020<br />

si prevedono<br />

50 miliardi<br />

di oggetti fisici<br />

intelligenti<br />

e connessi<br />

Protocolli per l'Intenet delle cose: da piccole a grandi distanze. A. Capone, Politecnico di Milano, <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

LIBRI<br />

A cura di Antonello Salerno<br />

Questo libro è una guida pratica completa<br />

alla creazione di un'impresa digitale,<br />

dalla definizione dell'idea di business<br />

iniziale fino al momento della cessione<br />

dell'azienda, con una serie di strategie<br />

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fino alle ultime novità legislative e arricchita<br />

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puramente nazionale da Emil Abirascid.<br />

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Come sarà, da adulto, un bambino<br />

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condizione dell'individuo e dei rapporti<br />

interpersonali nel<br />

mondo digitale e interconnesso.<br />

“Questo<br />

libro non è contro<br />

qualcosa - afferma<br />

l’autore - Lo scopo è di<br />

continuare a discutere<br />

sulle conseguenze,<br />

volute o indesiderate,<br />

del grande cambiamento<br />

che le nuove tecnologie digitali<br />

stanno imprimendo alla nostra quotidianità.<br />

È il tentativo di sottolineare contraddizioni<br />

ed effetti collaterali di un nuovo<br />

mondo che si presenta non solo come<br />

l'ultima e più stupefacente rivoluzione<br />

industriale, quella digitale, ma, soprattutto,<br />

come una strabiliante e inattesa mutazione<br />

antropologica”.<br />

baciami senza rete<br />

di paolo crepet<br />

172 pagine, 18,50 euro<br />

mondadori<br />

La principale novità della decima edizione<br />

del codice è il recepimento del nuovo<br />

quadro normativo comunitario. L’opera è<br />

quindi aggiornata con il Regolamento UE<br />

<strong>20<strong>16</strong></strong>/679 del Parlamento europeo e del<br />

Consiglio, del 27 aprile <strong>20<strong>16</strong></strong>, sulla protezione<br />

delle persone<br />

fisiche con riguardo al<br />

trattamento dei dati<br />

personali, e con la Direttiva<br />

UE <strong>20<strong>16</strong></strong>/680<br />

del Parlamento europeo<br />

e del Consiglio,<br />

anch'essa del 27 aprile<br />

<strong>20<strong>16</strong></strong>, relativa alla protezione<br />

delle persone<br />

fisiche con riguardo al trattamento dei dati<br />

personali ai fini di prevenzione, indagine,<br />

accertamento e perseguimento di reati o<br />

esecuzione di sanzioni penali, nonché alla<br />

libera circolazione di tali dati.<br />

codice della privacy. tutela<br />

e sicurezza dei dati personali<br />

a cura di emilio tosi<br />

1344 pagine, 35 euro<br />

la tribuna<br />

La crisi economica degli ultimi anni ha<br />

rimesso in discussione i meccanismi finanziari<br />

internazionali. La sfida è proporre un<br />

modello di pagamenti sicuro, trasparente,<br />

sostenibile e flessibile.<br />

Il mondo IT ha risposto<br />

dando vita alla<br />

tecnologia Blockchain<br />

che consente la creazione<br />

di un sistema<br />

dove le transazioni avvengono<br />

direttamente<br />

tra due parti, senza<br />

la necessità di un<br />

controllo centrale, come quello di banche<br />

e governi. Da qui hanno avuto origine le<br />

valute bitcoin. Questo manuale ne insegna<br />

l'uso da un punto di vista sia finanziario<br />

sia informatico. Si comincia dalle basi<br />

mostrando come sia possibile comprare e<br />

vendere bitcoin in modo sicuro.<br />

bitcoin. Guida all'utilizzo<br />

delle criptovalute<br />

di Caetano richard<br />

185 pagine, 29 euro<br />

apogeo


<strong>16</strong><br />

www.corcom.it<br />

Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

IL PAGINONE<br />

Martina: «Il futuro è qui<br />

Ecco la nostra strategia 2.0»<br />

Il ministro delle Politiche agricole svela i piani del governo: «Da ottobre si parte»<br />

Entro i prossimi<br />

cinque anni<br />

vogliamo portare<br />

il Paese a essere<br />

leader in Europa,<br />

passando<br />

dall'1 al 10%<br />

della superficie<br />

agricola lavorata<br />

con mezzi<br />

di precisione<br />

A ottobre<br />

presenteremo<br />

le nostre azioni<br />

con investimenti<br />

e strumenti<br />

nazionali<br />

e regionali<br />

di supporto<br />

essenziali per far<br />

crescere questo<br />

comparto<br />

Andrea Frollà<br />

i prossimi 5 anni<br />

vogliamo portare il<br />

«Entro<br />

nostro Paese ad essere<br />

leader in Europa, passando dall'1%<br />

al 10% della superficie agricola<br />

lavorata con i mezzi di precisione.<br />

A ottobre presenteremo le azioni<br />

con investimenti e strumenti<br />

nazionali e regionali di supporto<br />

a far crescere questo comparto».<br />

A fissare gli obiettivi e la roadmap<br />

della strategia del Governo per<br />

lo sviluppo dell’agricoltura 2.0 è<br />

Maurizio Martina. Il ministro<br />

delle Politiche agricole, intervistato<br />

da CorCom, non nasconde le ambizioni<br />

dell’esecutivo (“Vogliamo<br />

creare un laboratorio permanente<br />

di innovazione per l’agroalimentare”)<br />

e sottolinea il ruolo del<br />

Meridione, potenziale protagonista<br />

della trasformazione digitale<br />

dell’agroalimentare italiano.<br />

Dai droni all’IoT, passando per il<br />

cloud e il mobile: quale futuro si<br />

prospetta per l’agricoltura hi-tech<br />

italiana?<br />

Il futuro è già qui. Sono tante le<br />

realtà che sviluppano soluzioni<br />

innovative per il modello agricolo<br />

italiano e che possono aiutare a<br />

coniugare competitività e sostenibilità.<br />

I sensori collegati alle stalle<br />

per gestire gli allevamenti, i sistemi<br />

di rilevamento dell’umidità dei<br />

terreni e i programmi di gestione<br />

irrigui via smartphone, solo per<br />

citarne alcuni, non rappresentano<br />

solo il nostro futuro ma il nostro<br />

presente.<br />

Entro i prossimi 5 anni vogliamo<br />

portare il nostro Paese ad essere<br />

leader in Europa, passando dall'1%<br />

al 10% della superficie lavorata con<br />

i mezzi di precisione.<br />

Quali sono i vostri progetti per<br />

favorire l’adozione e l’utilizzo di<br />

questi strumenti digitali?<br />

Abbiamo un piano per lo sviluppo<br />

dell’agricoltura di precisione che<br />

è partito con la stesura di linee<br />

L'intervista<br />

«E ora digitalizzare<br />

tutta la filiera»<br />

Renga (Polimi): «Banda larga e Pa efficiente<br />

Così nasceranno i nuovi modelli agricoli 2.0»<br />

guida, oggetto di una consultazione<br />

pubblica ancora online sul<br />

sito del Ministero. Ad ottobre,<br />

poi, presenteremo le azioni con<br />

investimenti e strumenti nazionali<br />

e regionali di supporto a far<br />

crescere questo comparto. Scelte<br />

concrete per rispondere anche alle<br />

richieste dei giovani e delle startup<br />

che hanno animato Agrogeneration,<br />

l’evento dedicato a queste<br />

tematiche organizzato lo scorso<br />

luglio a Catania che diventerà un<br />

appuntamento fisso. Vogliamo<br />

creare un vero e proprio laboratorio<br />

permanente di innovazione<br />

per l’agroalimentare.<br />

Quale apporto può fornire la<br />

tecnologia in materia di produttività<br />

ed eco-sostenibilità?<br />

Si possono ottimizzare gli interventi<br />

in campo, riducendo l’impatto<br />

ambientale, aumentando<br />

le produzioni e sprecando meno<br />

acqua e terra. Già oggi la nostra<br />

agricoltura è tra le più sostenibili<br />

in Europa. Più di 1 ettaro su 10 è<br />

coltivato a biologico, abbiamo il<br />

35% in meno di emissioni gas serra<br />

rispetto alla media UE. Possiamo<br />

agricoltori sono<br />

pragmatici: se intravedono<br />

un beneficio «Gli<br />

implementano». Filippo Renga,<br />

docente del Polimi e project<br />

manager degli Osservatori Digital<br />

Innovation, delinea a CorCom le<br />

sfide digitali che attendono l’agroalimentare<br />

italiano.<br />

Tra queste, spiega Renga, la più<br />

importante è “digitalizzare l’intera<br />

filiera”. Se infatti buona parte dei<br />

nostri agricoltori utilizza già sensori,<br />

droni, big data e applicazioni<br />

digitali, il problema è nel rapporto<br />

tra produttore e gdo, dove il digitale<br />

fatica a conquistare spazio.<br />

Renga, qual è lo scenario italiano<br />

dell’agricoltura hi-tech?<br />

L’agroalimentare Made in Italy<br />

mantiene ancora oggi un primato<br />

all’estero in termini di prestigio,<br />

Maurizio Martina,<br />

Ministro delle politiche agricole,<br />

agroalimentari e forestali<br />

fare ancora di più e meglio.<br />

L’agricoltura 2.0 può essere un<br />

volano per il Meridione e l’occupazione<br />

giovanile?<br />

Il Mezzogiorno può essere un<br />

protagonista assoluto e il nostro<br />

evento di Catania lo ha dimostrato.<br />

Abbiamo incontrato realtà<br />

giovani aperte in Sicilia da ragazzi<br />

under 30 che sviluppano tecnologie<br />

sofisticate. C’è un patrimonio<br />

enorme di energie e competenze<br />

che dobbiamo aiutare a svilupparsi.<br />

Sono loro la nostra Agrogeneration.<br />

ma c’è bisogno di un continuo<br />

investimento in innovazione per<br />

evitare che il fermento svanisca.<br />

Noi stiamo concentrando<br />

le nostre ricerche su cinque<br />

elementi. La dematerializzazione<br />

delle procedure, che può essere<br />

molto efficace. La tracciabilità,<br />

utile per garantire più sicurezza,<br />

meno sprechi e segmentazione<br />

dell’offerta. L’agricoltura di precisione,<br />

che riguarda sia l’utilizzo<br />

delle risorse sia l’allevamento e<br />

il monitoraggio degli interventi.<br />

L’Internet of Things, che significa:<br />

sensori che controllano produzione,<br />

trasporto e qualità; big data<br />

per valutare fattori come il meteo<br />

e la protezione ambientale; droni,<br />

che permettono fertilizzazione<br />

mirata e lotta alle infestazioni.<br />

Infine la qualità ambientale e


Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

www.corcom.it<br />

17<br />

IL PAGINONE<br />

Contadini, dal trattore al drone<br />

Tecnologia per le coltivazioni<br />

Ottimizzazione dei costi, efficienza produttiva: la nuova frontiera dell'agricoltura<br />

Si possono<br />

ottimizzare<br />

gli interventi<br />

riducendo<br />

l'impatto<br />

ambientale<br />

e aumentando<br />

le produzioni<br />

Alla fine un minor<br />

spreco<br />

di acqua e terra<br />

Andrea Frollà<br />

Droni per il monitoraggio e<br />

gli interventi di precisioni<br />

sulle coltivazioni. Sensori<br />

per il controllo dello stato di salute<br />

e la sicurezza delle colture. Applicazione<br />

mobile per smartphone e<br />

tablet a disposizione di agronomi e<br />

agricoltori per orientare al meglio<br />

la strategia produttiva. Wearable<br />

sviluppati per misurare la temperatura<br />

degli animali degli allevamenti<br />

e inviare alert in caso di anomalie.<br />

La lista degli esempi di applicazioni<br />

delle tecnologie digitali in ambito<br />

agricolo potrebbe continuare per<br />

molte righe. Ma citarne qualcuno<br />

è utile per sottolineare quanto<br />

l’immagine del contadino tutto<br />

trattore, zappa e cappello di paia<br />

non sia più rappresentativa del<br />

settore agroalimentare italiano. O<br />

almeno non della sua totalità.<br />

Tecnologia è sempre più sinonimo<br />

di competitività, anche per chi lavora<br />

nei campi. Ottimizzazione dei<br />

costi, efficienza produttiva, meno<br />

sprechi e più qualità sono solo alcuni<br />

dei benefici potenziali che nel<br />

corso degli anni hanno avvicinato<br />

agricoltura e digitale, tradizione<br />

e innovazione. Per l’Italia, che fa<br />

dell’agricoltura una delle colonne<br />

portanti dell’economia, salire sul<br />

treno 2.0 non è una scelta possibile,<br />

Filippo Renga, docente e project manager<br />

Osservatori Digital Innovation del Polimi<br />

alimentare, che queste soluzioni<br />

hi-tech possono innalzare.<br />

Gli investimenti iniziali sono il<br />

grande ostacolo alla creazione di<br />

modelli di agricoli 2.0?<br />

Lo scoglio è iniziale, ma una volta<br />

a regime i sistemi digitalizzati<br />

sono economicamente convenienti.<br />

Il mercato agricolo italiano<br />

usano già da 10 anni i wearable sui<br />

bovini da latte, verificando produzione<br />

e problemi sanitari. La maggior<br />

parte degli agricoltori utilizza<br />

già delle applicazioni digitali per<br />

gestire l’irrigazione. Anche i big<br />

data sono già diffusi, così come i<br />

sensori soprattutto nella vitivinicoltura.<br />

Molti dei contoterzisti<br />

che lavorano nei campi hanno<br />

sul tablet le mappe dell’area che<br />

lavorano e quantificano il conto<br />

dei metri arati tramite gps. La tecnologia<br />

è inoltre un alleato della<br />

difesa del Made in Italy: supporta<br />

il passaggio di differenziazione e<br />

riconoscibilità fino al produttore<br />

ma una necessità soprattutto per<br />

competere in un’economia globale<br />

e difendere storia e qualità di cibo<br />

e vino Made in Italy. In un paese<br />

che sconta una scarsa penetrazione<br />

del digitale (quart’ultimo posto<br />

fra i Paesi Ue, dati Commissione<br />

europea) la sfida non è certo delle<br />

più semplici.<br />

Eppure, come testimonia l’ultimo<br />

studio Nomisma sul rapporto tra<br />

agricoltura e tecnologia, il settore<br />

è piuttosto aperto alle nuove frontiere<br />

digitali e alle loro applicazioni<br />

concrete fra i campi e nelle stalle.<br />

Circa la metà dei nostri agricoltori<br />

guarda infatti con attenzione ad<br />

applicazioni mobile di supporto alla<br />

finale e aiutando la lotta anticontraffazione.<br />

Esiste il rischio di una filiera<br />

agricola 2.0 digitalmente incompleta?<br />

Gli agricoltori sono molto<br />

pragmatici: se intravedono un<br />

beneficio implementano. Ma in<br />

alcuni segmenti agricoli i margini<br />

sono così bassi che gli investimenti<br />

spaventano e la digitalizzazione<br />

si ferma poco prima<br />

della trasformazione, pecca nel<br />

rapporto tra produttore e gdo. La<br />

sfida è digitalizzare l’intera filiera.<br />

Sicuramente la banda larga sarà<br />

un abilitatore di digitalizzazione.<br />

Serve poi una Pa efficiente, che<br />

elimini gli ostacoli burocratici,<br />

favorisca un maggiore scambio di<br />

informazioni e segua le linee della<br />

Politica agricola comune.<br />

strategia aziendale, gps o strumenti<br />

per l’agricoltura di precisione,<br />

droni e sensori per il monitoraggio.<br />

Insomma, i produttori agricoli<br />

sono coscienti che oggi sfruttare la<br />

tecnologia non significa solo usare<br />

un pc per controllare le fatture, vendere<br />

tramite e-commerce o condividere<br />

sulla pagine social il raccolto.<br />

Ma ripensare i processi produttivi<br />

e utilizzare nuovi strumenti e soluzioni<br />

in un’ottica di trasformazione<br />

digitale a 360 gradi.<br />

L’approccio open di chi lavora<br />

nei campi non è però sufficiente a<br />

superare le barriere ad uno sblocco<br />

definitivo dell’ondata hi-tech nel<br />

settore. Tra gli ostacoli spicca<br />

innanzitutto il costo degli investimenti,<br />

che specialmente nei<br />

segmenti con margini bassi rappresenta<br />

il freno principale all’innovazione.<br />

C’è poi il tema della banda<br />

larga: senza connessione affidabile<br />

nessuno si sognerebbe di mettere<br />

in piedi un sistema IoT in aperta<br />

campagna. Sotto questo punto di<br />

vista, il piano del Governo per la<br />

rete ultra-veloce potrà aiutare a<br />

superare il divario digitale fra città e<br />

campagne. Infine, il problema della<br />

burocrazia che come in altri settori<br />

rischia di rendere tortuosa la strada<br />

dell’innovazione.<br />

In questo contesto un ruolo<br />

chiave spetta al Ministero delle<br />

politiche agricole, che si è posto<br />

come obiettivo la creazione di un sistema<br />

nazionale di agroalimentare<br />

intelligente. Sarà infatti fondamentale<br />

non lasciare indietro nessuno,<br />

per evitare una filiera digitalmente<br />

incompleta.<br />

Già oggi la nostra<br />

agricoltura è tra le<br />

più sostenibili<br />

Più di un ettaro su<br />

10 è coltivato<br />

a biologico<br />

e abbiamo il 35% in<br />

meno di emissioni<br />

di gas serra<br />

rispetto<br />

alla media Ue


18<br />

www.corcom.it<br />

Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

ALL DIGITAL-SMART BUILDING<br />

FIERA BOLOGNA 19-22 OTTOBRE <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

Smart Building: la parola d’ordine ora è integrazione<br />

Al SAIE di Bologna, nell’area All Digital - Smart Building va in scena il futuro dell’impiantistica come<br />

volano per la ripresa del settore edile. Il digitale al centro di un sistema complesso e sempre più integrato<br />

Intervista a Luca Baldin<br />

project manager di All Digital - Smart Building<br />

Il terzo anno è la prova di maturità per qualunque<br />

evento fieristico; cosa dobbiamo attenderci a<br />

Bologna quest’anno?<br />

«Un’area dedicata alle nuove tecnologie digitali e<br />

ai nuovi impianti d’edificio raddoppiata rispetto al<br />

2015, con presenze di aziende leader che offriranno<br />

una panoramica esaustiva<br />

di cosa si intenda oggi col<br />

termine “smart building”».<br />

Cosa significa, appunto,<br />

smart building?<br />

«Il luogo in cui si realizzerà<br />

l’IoT (internet of things)<br />

che, attraverso l’evoluzione<br />

dei servizi, cambierà le<br />

nostre vite. Convergenza e<br />

integrazione di impianto sono nella logica delle cose<br />

e rispondono alle sollecitazioni di un linguaggio comune,<br />

quello digitale. Tutto in un edificio moderno<br />

funzionerà grazie all’elettronica, dagli impianti tlc<br />

a quelli elettrici, dall’intrattenimento al risparmio<br />

energetico alla sicurezza. La rete sarà indispensabile<br />

e costituirà il minimo comun denominatore di edifici<br />

interattivi e dialoganti, in grado di offrire applicazioni<br />

innovative, frutto del dialogo “machine to machine”».<br />

Questo spiega la vostra presenza all’interno del<br />

SAIE.<br />

«Il SAIE cinquant’anni fa ha vinto la scommessa<br />

di presentare in un’unica grande fiera tutto ciò<br />

che poteva interessare il mondo delle costruzioni.<br />

Poi c’è stata la stagione della iperspecializzazione,<br />

con eventi di nicchia che hanno frammentato lo<br />

scenario. Noi crediamo invece che ci sia bisogno di<br />

un grande evento nazionale che sia anche la vetrina<br />

internazionale del made in Italy di qualità che<br />

si produce in questo settore. Un professionista, e<br />

ancor più un buyer straniero, non può spendere il<br />

proprio tempo girando da una piccola fiera all’altra<br />

per mettere assieme un panorama completo di ciò<br />

che gli interessa».<br />

In questa direzione sta andando anche la progettazione.<br />

«Certo, perché il concetto di impianto si sta trasformando<br />

grazie ai sistemi BIM (Building Information<br />

Modeling) e gli stessi principi di progettazione<br />

spingono fortemente all’integrazione, al concepire<br />

un edificio nuovo o una ristrutturazione come ad<br />

un organismo vivente che integra saperi diversi ma<br />

convergenti».<br />

Questo luogo secondo voi è Bologna.<br />

«È Bologna per mille ragioni, la prima delle quali è<br />

la tradizione di una fiera come il SAIE che ha fatto la<br />

storia di questo Paese. Quest’anno lo dimostreremo<br />

con un programma formativo eccellente rivolto agli<br />

“Smart Installer” così come ai progettisti e ai costruttori,<br />

ma anche agli amministratori di condominio,<br />

con collaborazioni prestigiose e con le mille novità<br />

di un settore in forte crescita grazie anche agli investimenti<br />

miliardari dei grandi player del mercato e<br />

dello Stato che, probabilmente, dopo il terremoto del<br />

Centro Italia, si sommeranno a quelli del “progetto<br />

casa” in una logica di rinnovamento generale del<br />

patrimonio edilizio nazionale».<br />

www.smartbuildingexpo.it<br />

L'iniziativa<br />

Nasce il premio alla committenza “smart”<br />

Mercoledì 19 ottobre verranno consegnati ad All Digital-Smart Building i premi SMART<br />

BUILDING <strong>20<strong>16</strong></strong>, un riconoscimento voluto dagli organizzatori dell’evento per premiare<br />

alcuni esempi di committenza “illuminata” di edifici smart particolarmente significativi.<br />

Premiare la committenza ha uno scopo ben preciso: l’innovazione è frutto del genio, ma<br />

non può prescindere da chi ha la lungimiranza di investire nel nuovo. La rivoluzione<br />

tecnologica del digitale che sta cambiando le nostre vite a grande velocità può costituire<br />

una nuova forma di Rinascimento, quindi è giusto premiare chi spinge in quella direzione<br />

investendo risorse importanti. I premi verranno assegnati da una giuria composta dai<br />

rappresentanti delle aziende aderenti al Comitato Smart Building.<br />

PROTAGONISTI DELLO SMART BUILDING<br />

GFO Europe<br />

«Il percorso intrapreso<br />

dal 2013, e suggellato al<br />

SAIE 2015, ha portato<br />

GFO Europe (Gruppo<br />

Fibre Ottiche), produttore<br />

di assemblati in fibra<br />

e distributore nazionale<br />

di cabling, networking e<br />

sicurezza IP, a spingere<br />

ancor di più sulla formazione.<br />

È nata quindi la divisione GFO University<br />

dedicata a preparare i nuovi Smart Installer. «La<br />

nostra azienda - commenta Luciano Bertinetti,<br />

direttore commerciale di GFO - si è affermata<br />

come punto di riferimento formativo con due<br />

programmi specifici per progettisti e impiantisti.<br />

Stiamo insegnando loro un nuovo lavoro affinché<br />

siano protagonisti del cambiamento tecnologico:<br />

li istruiamo su come progettare, connettorizzare,<br />

certificare gli impianti in fibra ottica». Ma se<br />

con l’edificio connesso a internet l’IoT diventa<br />

realtà, sorgono i rischi di essere esposti a virus,<br />

malware, hacker e pirati informatici sofisticati.<br />

«GFO University insieme a 4D Sistemi Informatici,<br />

società che ha un’esperienza ventennale<br />

nella sicurezza informatica, - spiega Bertinetti<br />

- ha sviluppato un programma con l’obiettivo di<br />

abilitare installatori alla vendita, configurazione,<br />

gestione e manutenzione di apparati di sicurezza<br />

IT». L’IP Security è un mercato crescente, quindi<br />

è una grande opportunità. «Uno Smart Installer<br />

formato da GFO anche in questo campo, - conclude<br />

Bertinetti - potrà proporsi come unico interlocutore,<br />

vero e proprio Tecnico di Edificio, e<br />

quindi veder aumentare i suoi profitti».<br />

www.gfoeurope.it<br />

Open Sky<br />

Open Sky amplia la sua offerta. Storico leader<br />

italiano nella connessione internet via satellite,<br />

Open Sky entra nel mercato della fibra e diventa<br />

di fatto il primo operatore integrato fibra, Adsl,<br />

satellite. «Si tratta di offrire sempre il meglio della<br />

connettività - spiega Walter Munarini, direttore<br />

di Open Sky - Conosciamo le tlc e sappiamo<br />

dove c’è la disponibilità di connessione con la<br />

fibra o l’Adsl e, soprattutto, il livello di qualità. In<br />

caso di mancanza o scarsa connessione terrestre<br />

arriviamo ovunque con il satellite. Un cliente con<br />

noi ha sempre il meglio di internet». Integrare<br />

permette a Open Sky di facilitare e velocizzare<br />

la migrazione da un sistema all’altro. «Alle utenze<br />

residenziali offriamo il monitoraggio delle<br />

prestazioni e proponiamo l’abbonamento più<br />

conveniente in base ai consumi - spiega Munarini<br />

- Così come siamo in grado di informare<br />

tempestivamente dell’arrivo della fibra in una<br />

determinata zona». Per le aziende l’integrazione<br />

fibra/Adsl/satellite di Open Sky significa avere<br />

sia la disponibilità della business continuity,<br />

ovvero la sicurezza del back up dati in qualsiasi<br />

momento sia la disponibilità della doppia connessione.<br />

«Offriamo la possibilità di dotarsi di<br />

un impianto aziendale multiservizio - spiega<br />

Munarini - un impianto in fibra locale collegato<br />

ad un impianto fibra+satellite di connessione,<br />

ridondato e potenziato per portare voce e dati.<br />

Questo tipo di architettura consente inoltre<br />

di aprirci a collaborazioni e partnership con<br />

aziende che producono<br />

soluzioni in fibra e cablatura<br />

di edifici». Open<br />

Sky introduce la novità<br />

in queste settimane e,<br />

attraverso il nuovo sito,<br />

ci si potrà abbonare alla<br />

fibra o richiedere anche<br />

una consulenza.<br />

www.opensky.it<br />

Siec<br />

Le ultime novità<br />

audio-video professionale,<br />

le soluzioni<br />

per integrarle in<br />

qualsiasi ambiente,<br />

le ultime tecnologie<br />

per controllare da smartphone o tablet le principali<br />

funzioni dell’edificio: ecco gli argomenti che<br />

interessano costruttori, progettisti e committenti<br />

e che verranno presentati nel SIEC Theatre,<br />

principale elemento d’attrazione di SIEC <strong>20<strong>16</strong></strong>, la<br />

mostra-convegno che si svolge all’interno di All<br />

Digital - Smart Building. Questo abbinamento<br />

permetterà all’associazione SIEC di sensibilizzare<br />

i professionisti su un aspetto cruciale della progettazione<br />

di un edificio troppo spesso sottovalutato.<br />

Ormai il progetto di qualsiasi ambiente o edifìcio<br />

non può infatti prescindere da una forte attenzione<br />

alle tecnologie audio-video-controlli e al<br />

loro corretto impiego. I visitatori potranno approfondire<br />

gli argomenti di loro interesse visitando<br />

gli stand delle aziende di SIEC <strong>20<strong>16</strong></strong>: produttori<br />

e distributori di apparecchiature audio-videocontrolli<br />

nonché integratori di questi sistemi.<br />

«L’integratore può dare preziosi input in fase di<br />

progetto e prendersi carico della realizzazione e<br />

installazione dell’impianto e della sua successiva<br />

manutenzione», spiega Carla Conca, presidente<br />

di SIEC. Al SAIE nell'area All Digital - Smart Building,<br />

verrà presentato il primo caso di azienda<br />

certificata specificamente per il servizio di integrazione<br />

secondo la prassi di riferimento UNI/<br />

PdR 4 (sviluppata da SIEC e pubblicata da UNI)<br />

e sarà offerto il corso HDBaseT gratuito in italiano.<br />

«Si tratta di una prima assoluta per il nostro<br />

Paese - spiega Carla Conca - Siamo in grado di<br />

farlo perché SIEC è l’unico erogatore autorizzato<br />

da HDBaseT Alliance». L’associazione SIEC - Systems<br />

Integration Experience Community - è nata<br />

per la volontà delle principali case produttrici di<br />

promuovere la qualità a e la completezza dell’offerta<br />

alla committenza: conta tra gli associati i<br />

principali costruttori e una ventina di aziende<br />

specializzate nell’integrazione dei sistemi.<br />

www.sieconline.it<br />

Percorsi,<br />

visioni e conoscenze<br />

per il futuro<br />

delle costruzioni.<br />

An event by<br />

Media partner<br />

BOLOGNA<br />

19-22 OTTOBRE <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

Solo a SAIE <strong>20<strong>16</strong></strong> scopri le nuove procedure relative<br />

al Codice Appalti, nuovi strumenti come il BIM,<br />

nuove tecnologie e materiali intelligenti, prodotti<br />

innovativi e macchine a basso impatto per essere<br />

protagonisti attivi del futuro delle costruzioni e dei<br />

nuovi mercati, tra rigenerazione urbana, riqualificazione<br />

sostenibile, protezione sismica, sicurezza del territorio<br />

e smart building.<br />

saie.bolognafiere.it<br />

#saiexperience


Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

www.corcom.it<br />

19<br />

POLIMI<br />

A CURA<br />

DELL'OSSERVATORIO<br />

BIG DATA ANALYTICS AND<br />

BUSINESS INTELLIGENCE<br />

della School of Management<br />

del Politecnico di Milano<br />

I Big data da soli non bastano<br />

Investire di più negli analytics<br />

Claudio Rorato<br />

money,<br />

money», così<br />

«Money,<br />

cantava Liza<br />

Minnelli. Oggi, parafrasando<br />

quel successo, potremmo dire<br />

“Data, data, data”. Sì, perché la<br />

nuova frontiera del differenziale<br />

competitivo sta proprio lì, tra i<br />

milioni di informazioni che ogni<br />

giorno vengono prodotti e che,<br />

solo in parte, transitano nei sistemi<br />

informativi aziendali. Quali<br />

relazioni invisibili esistono tra i<br />

diversi dati? Quali azioni possono<br />

derivare dalla capacità di interpretare<br />

i fenomeni, espressione di<br />

un’eterogeneità comportamentale?<br />

I dati proliferano, ma anche<br />

le fonti che li producono non<br />

scherzano. Non più solo informazioni<br />

strutturate derivanti dalle<br />

transazioni, ma anche dati che<br />

provengono da GPS, da sensori di<br />

varia natura – RFID, bluetooth,<br />

NFC, solo per citarne alcuni – e<br />

dal mondo degli open data. Ma<br />

non è tutto. Il mondo dei social<br />

è una miniera informativa dalla<br />

quale si sta attingendo ancora poco<br />

rispetto al potenziale che può<br />

esprimere il giacimento. ‘Al di là<br />

delle definizioni – spiega Alessandro<br />

Piva, direttore dell’Osservatorio<br />

Big Data Analytics and<br />

Business Intelligence del Politecnico<br />

di Milano – c’è sempre più<br />

consapevolezza, soprattutto nelle<br />

Nelle aziende<br />

c'è una sempre<br />

maggiore<br />

consapevolezza<br />

della necessità di<br />

elaborare un<br />

approccio integrato<br />

per utilizzare la<br />

grande massa di dati<br />

aziende di grandi dimensioni,<br />

della necessità di elaborare un<br />

approccio integrato per utilizzare<br />

le grandi masse di dati, acquisite<br />

rapidamente da fonti interne<br />

ed esterne all’azienda. Stiamo<br />

parlando, nella sostanza, dei big<br />

data, che vanno supportati da soluzioni<br />

tecnologiche, gli analytics,<br />

in grado di proporre dei modelli<br />

per interpretare le informazioni<br />

e fornire indicazioni di carattere<br />

strategico e tattico’. Proprio questi<br />

temi rappresentano le priorità di<br />

investimento per il 44% dei CIO<br />

intercettati dalla ricerca dell’Osservatorio<br />

(NdR: il campione ha<br />

coinvolto oltre 100 vendor del<br />

settore operativi in Italia). Nel<br />

2015 il mercato degli analytics,<br />

comprensivo delle componenti<br />

hardware, software e servizi sia<br />

per la business intelligence che<br />

per i big data, ha raggiunto i 790<br />

milioni di euro con una crescita<br />

del 14%. La parte relativa ai big<br />

data, che vale il <strong>16</strong>% del totale, ha<br />

registrato un incremento del 34%,<br />

tre volte quello della business<br />

intelligence. Banche, industria<br />

manifatturiera e telco-media<br />

coprono, oggi, oltre il 60% della<br />

domanda di analytics; il comparto<br />

assicurativo, fermo al 5%, segna<br />

però il più alto tasso di crescita<br />

(oltre il 25%). ‘Rispetto allo scenario<br />

internazionale – prosegue<br />

Alessandro Piva – l’Italia sfrutta<br />

ancora poco i dati provenienti<br />

dalla localizzazione, dai sensori e<br />

dai social. Nonostante il peso dei<br />

dati relativi alle transazioni sia de-<br />

stinato a ridursi a favore di quelli<br />

provenienti da sensori, open data,<br />

localizzazione e social, meno<br />

della metà di tutti i dati viene<br />

analizzato ricorrendo ai sistemi di<br />

analytics. Il terreno dei big data è<br />

ancora da coltivare: all’interno del<br />

campione analizzato l’87% o non<br />

dispone di alcuna progettualità<br />

su questo tema o si trova ancora<br />

in una fase pilota; solamente il<br />

17% dichiara un utilizzo dei big<br />

data, anche se limitato ad alcuni<br />

ambiti specifici (NdR: gestione<br />

frodi, analisi indicatori azionari e<br />

di comportamento della clientela,<br />

…)’. Il solco, comunque, è ormai<br />

tracciato. Lo si intuisce dalla<br />

ricerca di nuove competenze e<br />

di nuovi modelli di governance,<br />

che iniziano ad affacciarsi tra le<br />

aziende più sensibili. Se i CIO<br />

sono ancora i principali riferimenti<br />

per il controllo e la gestione<br />

dei sistemi di analytics, le nuove<br />

funzioni di chief data officer e di<br />

data scientist, iniziano ad affacciarsi<br />

nell’ambito delle strutture<br />

organizzative, forti di specifiche<br />

competenze, per esempio, nella<br />

gestione di team multifunzionali<br />

o nella modellazione di problemi<br />

complessi.<br />

Anche le startup innovative<br />

stanno facendo la loro parte in un<br />

mercato dalle grandi potenzialità<br />

di sviluppo. ‘Con l’Osservatorio –<br />

conclude Piva – abbiamo censito<br />

quasi 500 startup internazionali,<br />

operative sul fronte dei big data e<br />

della business intelligence; circa<br />

il 50% di queste propongono<br />

soluzioni in grado di analizzare<br />

sia i dati prodotti da fonti interne<br />

alle aziende, che quelli provenienti<br />

da fonti esterne’. Le aree<br />

presidiate riguardano la sfera<br />

delle infrastrutture (elaborazione,<br />

memorizzazione e analisi dei<br />

dati), delle tecnologie analitiche<br />

(piattaforme per l’estrazione e la<br />

visualizzazione grafica dei dati,<br />

strumenti per l’analisi dei social<br />

e delle informazioni relative alla<br />

geolocalizzazione degli utenti) e,<br />

infine, delle applicazioni (piattaforme<br />

di analisi dati per funzioni<br />

specifiche come il marketing, la<br />

sicurezza, la finanza, …).


ATTENZIONE!<br />

TRASFORMAZIONE<br />

DIGITALE IN ATTO.<br />

CONTENUTI EDITORIALI, SERVIZI DI COMUNICAZIONE, LEAD GENERATION ED EVENTI<br />

NETWORK<br />

ADVISORY, COACHING E ADVOCACY


Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

www.corcom.it<br />

21<br />

L'INTERVISTA<br />

Manlio Costantini<br />

«Italia centrale per Vodafone<br />

PROTAGONISTI<br />

DELL'ECONOMIA<br />

DIGITALE<br />

nello studio di soluzioni IoT»<br />

Aziende&Mercati<br />

Antonello Salerno<br />

«In Italia il mercato delle<br />

Tlc rivolto alle imprese<br />

è in piena evoluzione.<br />

Ne è una prova il fatto che, ad<br />

esempio, il Gruppo Vodafone,<br />

che opera in 26 paesi ed è presente<br />

con accordi di partnership in<br />

altri 56, abbia scelto proprio l’Italia<br />

come base di quello che oggi è<br />

il miglior centro di competenza<br />

a livello mondiale in ambito IoT.<br />

Una scelta dettata in parte dall’acquisizione<br />

di Cobra, eccellenza<br />

italiana nel campo della telematica<br />

e oggi Vodafone Automotive,<br />

e in parte dalla presenza locale di<br />

un contesto universitario, ingegneristico<br />

e aziendale in grande<br />

fermento. Gran parte delle<br />

soluzioni innovative nascono qui<br />

da noi per poi essere replicate in<br />

tutto il mondo”. Così Manlio Costantini,<br />

direttore della divisione<br />

Enterprise di Vodafone Italia,<br />

disegna con CorCom il quadro<br />

dello scenario italiano dell’innovazione<br />

in ambito tlc.<br />

Costantini, come cambia il<br />

ruolo delle telco?<br />

Oggi le aziende non cercano<br />

solo un prodotto, o la pura<br />

«Il ruolo delle telco<br />

sta cambiando<br />

I clienti hanno bisogno<br />

di un partner che offra<br />

soluzioni complete<br />

e garantisca risultati»<br />

connettività: cercano un partner<br />

in grado di semplificare i processi<br />

di digitalizzazione e di offrire<br />

consulenza, dal garantire la<br />

sicurezza dei dati, all’azzerare gli<br />

investimenti iniziali con soluzioni<br />

cloud. La connettività resta<br />

un aspetto centrale: grazie ai<br />

massicci investimenti nella banda<br />

ultralarga, oggi la fibra ottica e<br />

il 4G sono diventati lo standard<br />

per tutti i nuovi piani business di<br />

Vodafone. Ma piuttosto che rivolgersi<br />

a soggetti diversi, le aziende<br />

preferiscono affidarsi ad un unico<br />

soggetto, un operatore di telecomunicazioni<br />

capace di offrire<br />

soluzioni complete e farsi garante<br />

del risultato finale: è quello che<br />

chiamiamo Convergenza 4.0.<br />

E’ l’epoca delle digital transformation.<br />

Voi che ruolo pensate di<br />

svolgere, e che grado di sensibilità<br />

registrate tra i vostri clienti?<br />

La nostra ambizione è di essere<br />

il miglior partner nell’aiutare<br />

le aziende a fare meglio il loro<br />

business e a superare le barriere<br />

all’utilizzo delle nuove tecnologie.<br />

Questo significa lavorare insieme<br />

ai nostri clienti, in una logica<br />

di progettazione condivisa, per<br />

costruire le soluzioni più efficaci<br />

che, attraverso la digitalizzazione,<br />

incidono sull’efficienza dei<br />

processi e sull’innovazione di<br />

prodotto. Le imprese italiane<br />

stanno facendo passi avanti nella<br />

digitalizzazione, ma c’è ancora<br />

molto da fare, soprattutto nelle<br />

Pmi. In Italia, solo il 43% delle<br />

aziende più piccole ha un sito<br />

web, mentre solo l’8% utilizza il<br />

Cloud. In ambito IoT, ad esempio,<br />

sempre di più si sta comprendendo<br />

l’enorme potenzialità di questa<br />

tecnologia, grazie a un ritorno<br />

sull’investimento veloce e tangibile<br />

e all’applicazione in svariati<br />

settori. Se si vedono risultati, è<br />

più facile mettersi in gioco.<br />

Vi state ritagliando il ruolo di<br />

"digitalizzatori"?<br />

Questo è un terreno in cui un<br />

operatore come Vodafone può<br />

giocare un ruolo di primo piano.<br />

A Milano, ad esempio, nel nostro<br />

Vodafone Experience Center<br />

accogliamo i clienti, illustriamo le<br />

nostre soluzioni e sulla base delle<br />

«A Milano nel nostro<br />

experience center<br />

costruiamo proposte<br />

di trasformazione digitale<br />

ritagliate sulle esigenze<br />

dei singoli clienti»<br />

esigenze di ognuno costruiamo<br />

una proposta di trasformazione<br />

digitale “su misura”. Il ruolo di<br />

facilitatori nel processo di digitalizzazione<br />

lo abbiamo nel nostro<br />

Dna. Negli anni, abbiamo spesso<br />

cambiato pelle, ci siamo aperti<br />

all’esterno e coinvolto le eccellenze<br />

del territorio per rispondere<br />

alle domande del mercato e disegnare<br />

le migliori soluzioni per i<br />

nostri clienti. La cosa importante,<br />

ormai evidente, è che la trasfor-<br />

Manlio Costantini<br />

Direttore divisione Enterprise-Vodafone Italia<br />

mazione digitale porta risultati<br />

economici tangibili.<br />

Come si arriva a questo nuovo<br />

modello organizzativo?<br />

La tecnologia oggi più che mai<br />

consente di abbattere gran parte<br />

dei costi in tempi rapidi. Prendiamo<br />

l’esempio della forza vendita.<br />

Oggi non vediamo più i venditori<br />

girare con ingombranti cataloghi<br />

cartacei e sottoporsi a estenuanti<br />

viaggi in auto. Grazie a processi<br />

più digitalizzati, è possibile<br />

servirsi di una flotta di mezzi<br />

controllata dall’azienda, essere<br />

seguito e ricevere assistenza in<br />

tempo reale. Avere il catalogo sul<br />

proprio tablet e inviare gli ordini<br />

in real time. Così la produttività<br />

aumenta, e, di conseguenza,<br />

pure la qualità del lavoro e la<br />

soddisfazione personale. Anche<br />

lo smart working rientra tra i casi<br />

di successo di digital transformation<br />

di un’azienda: i collaboratori<br />

lavorano sempre più in mobilità<br />

e per farlo devono essere dotati<br />

di tutti gli strumenti necessari.<br />

Sull’IoT qual è il posizionamento<br />

di Vodafone e quali le<br />

soluzioni su cui puntare?<br />

Grazie alla capillarità della sua<br />

rete, Vodafone è leader globale<br />

nel mercato dell’Internet<br />

delle cose e gestisce una delle<br />

più importanti piattaforme IoT<br />

al mondo, con circa 5 milioni di<br />

oggetti connessi, offrendo un<br />

ecosistema di proposte dedicate<br />

ad aziende, PA e privati in<br />

svariati ambiti. Oggi il settore<br />

più sviluppato è senza dubbio<br />

quello dell’automotive, soprat-<br />

Il direttore<br />

della divisione<br />

Enterprise<br />

di Vodafone Italia:<br />

«Gran parte<br />

delle nostre idee<br />

innovative<br />

nell'Internet<br />

of things<br />

nasce qui per poi<br />

essere replicata<br />

in tutto il mondo<br />

Il contesto<br />

universitario<br />

ingegneristico<br />

e delle aziende<br />

vive un periodo<br />

di fermento»<br />

tutto nel campo assicurativo, su<br />

cui c’è già concorrenza sia tra le<br />

compagnie di assicurazione, sia<br />

tra gli operatori. All’avanguardia<br />

il mercato della casa, dove grazie<br />

alla sensoristica il beneficio per il<br />

cliente è tangibile in termini di risparmio<br />

dei consumi e in termini<br />

di polizze, grazie alla limitazione<br />

dei danni in caso di incidenti<br />

domestici. Il terzo è quello delle<br />

smart city, dove la pubblica amministrazione,<br />

grazie al digitale,<br />

può fare innovazione trasformando<br />

la città e coinvolgendo il<br />

cittadino, così come fanno già i<br />

privati con i propri clienti. Infine,<br />

c’è tutto il settore della sanità,<br />

dove c’è ancora molto spazio per<br />

innovare.<br />

Capitolo PA: Vodafone si è aggiudicata<br />

insieme a Tiscali e Bt<br />

Italia il lotto del bando Spc per<br />

la fornitura di connettività alla<br />

PA. Cosa significa per voi questa<br />

assegnazione?<br />

Vodafone vuole giocare in prima<br />

linea la partita della digitalizzazione<br />

del Paese, e riteniamo che,<br />

in questo, la Pubblica Amministrazione<br />

abbia un ruolo fondamentale.<br />

Da maggio, grazie alla<br />

firma del Contratto Quadro OPA<br />

tra Vodafone e Consip, anche la<br />

Pubblica Amministrazione, sia<br />

centrale che locale, può scegliere<br />

Vodafone come proprio partner<br />

per i servizi di connettività,<br />

usufruendo della qualità delle<br />

nostre reti e delle nostre soluzioni<br />

convergenti per favorire<br />

l’innovazione, la crescita economica<br />

e la competitività. Il tutto,<br />

in tempi rapidi e coerenti con<br />

le recenti normative in materia<br />

di appalti e contenimento della<br />

spesa pubblica.<br />

(@antsalerno)


22 Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

www.corcom.it<br />

Aziende&Mercati<br />

PROTAGONISTI DELL'ECONOMIA DIGITALE<br />

STRATEGIE<br />

L'intervista<br />

«Iot e Industry 4.0, sfida culturale»<br />

Shannon Paulin (Intel): noi protagonisti della nuova era tecnologica, ma senza abbandonare i chip<br />

Patrizia Licata<br />

Dai Pc ai droni, dallo smart manufacturing<br />

ai grandi data center,<br />

le piattaforme Intel si evolvono<br />

insieme alle tecnologie per servire un<br />

mondo iper-connesso. Poulin: "La sfida<br />

per i paesi non è tecnologica, ma regolatoria<br />

e culturale". Se la Internet of Things,<br />

e l'Industria 4.0, sono i trend che daranno<br />

nuova forma all'innovazione tecnologica<br />

e impulso alla crescita economica,<br />

Intel è intenzionata a prendervi parte da<br />

protagonista. Il colosso di Santa Clara,<br />

noto tradizionalmente come il produttore<br />

dei chip per computer, da diversi anni<br />

ormai ha trasformato le sue strategie per<br />

un mondo iper-connesso, con qualunque<br />

device. Ne abbiamo parlato con Shannon<br />

Poulin, vice president del Sales and Marketing<br />

Group e general manager dell'Influencer<br />

Sales Group di Intel Corporation.<br />

Intel è cambiata: in una scala di priorità<br />

ora i chip per computer sono finiti<br />

in fondo? Vi interessano di più i droni?<br />

No, i chip per computer non sono finiti<br />

in fondo. Ma sono diventati parte di un<br />

mix più complesso. Intel fornisce semiconduttori<br />

che alimentano una molteplicità<br />

di dispositivi. Per i Pc abbiamo la<br />

linea di prodotti dei processori Intel Core<br />

i7 Extreme Edition e serie X che offrono<br />

prestazioni potenziate; per i data center,<br />

la famiglia di processori Intel Xeon E7<br />

v4 permettono analisi dei dati in tempo<br />

reale, elaborazione aziendale business<br />

critical, capacità di estrarre informazioni<br />

dai big data. Per i droni, abbiamo la<br />

piattaforma Intel Aero: un kit di sviluppo<br />

potenziato dal più recente processore Intel<br />

Atom quad-core, con moduli Plug and<br />

Play, e abbiamo il drone Yuneec Typhoon<br />

H con tecnologia Intel RealSense.<br />

E poi c'è tutto il settore della IoT in<br />

cui vedete opportunità eccezionali.<br />

Edifici, termostati, decoder, router wifi,<br />

smart Tv, elettrodomestici, automobili,<br />

wearables, sensori: tutto avrà un indirizzo<br />

Ip. I dati fluiranno in quantità che misureremo<br />

almeno in Gigabyte.<br />

Shannon<br />

Poulin,<br />

vice president<br />

del Sales and<br />

Marketing<br />

Group<br />

e general<br />

manager<br />

dell'Influencer<br />

Sales Group<br />

di Intel<br />

Corporation<br />

Tutti questi oggetti connessi avranno<br />

bisogno di un chip. Il vostro motto<br />

Intel Inside acquista nuove estensioni.<br />

Non si tratta solo di chip. La piattaforma<br />

end-to-end Intel IoT connette i dispositivi<br />

non ancora connessi, consentendo raccolta,<br />

scambio, archiviazione e analisi di<br />

dati provenienti da miliardi di dispositivi,<br />

sensori e database, in sicurezza e attraverso<br />

più settori.<br />

In Italia sicuramente starete seguendo<br />

da vicino i progetti per i contatori<br />

intelligenti e la banda ultra-larga.<br />

Anche l'Industria 4.0 vi interessa?<br />

Nell'industria vediamo grandi opportunità<br />

per la manutenzione, per l'automazione<br />

e per l'affermazione dei nuovi<br />

modelli pay per use, ovvero di affitto del<br />

macchinario e pagamento solo in base<br />

all'effettivo utilizzo. Si guadagna in efficienza<br />

e si abbattono i costi. Ma non trascuriamo<br />

le evoluzioni del digital farming,<br />

droni e sensori saranno molto utili.<br />

Quali altri settori beneficiano al<br />

massimo della rivoluzione IoT?<br />

Da un punto di vista delle opportunità<br />

di business direi i trasporti, anche nel<br />

settore commerciale, quindi includendo<br />

navi e logistica, con la possibilità di tracciare<br />

le merci con i sensori. Aggiungerei<br />

le connected cars, la gestione dell'energia<br />

e l'automazione domestica. Da un punto<br />

di vista dell'utilità pubblica, citerei la<br />

sanità: i device wearable, sia negli ospedali<br />

che nell'assistenza remota, aiuterebbero<br />

molto a seguire e monitorare i pazienti e a<br />

raccogliere una serie di dati che permettono<br />

al medico di prendere decisioni e effettuare<br />

diagnosi basate su elementi certi.<br />

Però si pongono questioni di ordine<br />

regolatorio. Come andrebbe affrontato<br />

questo aspetto?<br />

Il quadro regolatorio attuale è sufficiente,<br />

ma la futura esplosione di dati generati<br />

dalle comunicazioni M2M e l'emergere di<br />

nuovi modelli di business richiederà un<br />

ambiente normativo nuovo e capace di<br />

dare sostegno, e non ostacolare, il cambiamento,<br />

favorendo i sistemi aperti rispetto<br />

a quelli chiusi. Bisognerà trovare il<br />

compromesso tra sicurezza e privacy: per<br />

avere un servizio occorrerà cedere almeno<br />

parte dei propri dati. Spetterà all'utente<br />

decidere che cosa è conveniente.<br />

Dal punto di vista tecnologico e culturale,<br />

a che punto siamo nella IoT?<br />

Siamo solo all'inizio! Ma non dal punto<br />

di vista tecnologico. Ovviamente, lo<br />

sviluppo della IoT andrà sostenuto con<br />

una serie di elementi chiave, che sono<br />

la connettività, a partire dal 5G, il cloud<br />

e l'analytics. Ma queste tecnologie già ci<br />

sono. Ora dobbiamo prepararci anche dal<br />

punto di vista regolatorio e culturale. Nessun<br />

paese ha la ricetta magica per aprire le<br />

porte a queste evoluzioni: siamo nella fase<br />

del cosiddetto trial and error, facciamo<br />

tutti dei tentativi, studiamo e sperimentiamo.<br />

L'importante è che i portatori di<br />

interesse si parlino e decidano insieme,<br />

perché i cambiamenti impatteranno i<br />

processi produttivi e l'intera società.<br />

La risposta di BT all’evoluzione del Cybercrime<br />

Come le aziende italiane possono difendersi dall’offensiva globale<br />

La sempre maggiore pervasività, nella<br />

vita quotidiana e nel business, delle tecnologie<br />

digitali va di pari passo con le<br />

crescenti minacce che generano significativi<br />

problemi di governance, obbligando i responsabili<br />

IT e della sicurezza a trovare un giusto<br />

compromesso tra costi, rischi e resilienza.<br />

La sicurezza digitale è un tema caldissimo,<br />

in quanto la trasformazione digitale ha creato<br />

nuove vulnerabilità che i criminali sono pronti<br />

a sfruttare e monetizzare.<br />

“Passare all’offensiva - Lavorare insieme per<br />

bloccare il crimine digitale”, è il report realizzato<br />

da BT e KPMG (basato su una survey<br />

globale) che evidenzia le sfide che i CEO e i<br />

direttori IT si trovano ad affrontare a causa del<br />

cambio di passo del crimine informatico e le<br />

crescenti difficoltà per le aziende digitali.<br />

Il cyber-criminale del ventunesimo secolo è<br />

sempre più un ‘imprenditore’ spietato ed efficiente,<br />

supportato da un mercato nero molto<br />

sviluppato e in rapida evoluzione.<br />

Abbandonato il concetto di hacker, va riconosciuto<br />

che le imprese del crimine hanno un loro<br />

business plan e ampie risorse per portare avanti<br />

un insieme articolato di attività criminali - attacchi<br />

mirati di fascia alta al sistema finanziario<br />

o ad imprese ed individui ad alto reddito, ma<br />

anche attacchi massivi che possono interessare<br />

tutti noi, per perpetrare frodi, estorsioni o furti<br />

di proprietà intellettuale.<br />

Dal report emerge ad esempio che solo un<br />

quinto dei responsabili IT delle multinazionali<br />

sono convinti che la loro organizzazione<br />

sia pienamente preparata contro il cybercrime.<br />

La stragrande maggioranza delle aziende, nel<br />

rispondere agli attacchi, si sente limitata dalle<br />

regolamentazioni, dalle risorse disponibili e dal<br />

fatto di dipendere da terze parti.<br />

I Chief Digital Risk Officer (CDRO) sono ora<br />

chiamati a ruoli strategici che combinano expertise<br />

digitale con capacità di management.<br />

Il 26 per cento degli intervistati conferma<br />

che nella sua azienda è già stato nominato un<br />

CDRO e che la sicurezza e le relative responsabilità<br />

sono al momento in fase di revisione.<br />

La metà dei decisori ritiene opportuno avere<br />

un budget di sicurezza separato dal budget IT<br />

centrale.<br />

BT, player globale (attivo in 180 Paesi) con<br />

una significativa presenza in Italia, con le sue<br />

infrastrutture ha un osservatorio privilegiato<br />

sugli attacchi alla sicurezza delle reti, malware<br />

e violazioni ai danni delle organizzazioni.<br />

Attraverso BT Security offre alle aziende e alle<br />

pubbliche amministrazioni il portfolio BT<br />

Assure, una gamma sia di soluzioni puntuali e<br />

servizi di sicurezza gestita end-to-end networkcentrici,<br />

sia di servizi di consulenza e cyber<br />

intelligence, così da consentire una miglior<br />

comprensione dei rischi di sicurezza e la conseguente<br />

implementazione delle giuste misure<br />

con cui affrontarli. BT Security è uno dei membri<br />

fondatori del Cybersecurity Information<br />

Sharing Partnership (CiSP) in Gran Bretagna<br />

e di numerosi progetti internazionali sul tema.<br />

Con il servizio Cyber Roadmap Consulting,<br />

BT Security può creare per ciascun cliente un<br />

piano personalizzato di difesa e mitigation delle<br />

minacce e fornire una guida dettagliata che<br />

li aiuti a migliorare la sicurezza di tutta l’organizzazione,<br />

dalle persone ai processi e alla<br />

tecnologia, con raccomandazioni allineate alle<br />

priorità di business dei clienti e al loro specifico<br />

contesto ICT, offrendo una visione olistica<br />

dell’ambiente di sicurezza dell’azienda.<br />

Per il monitoraggio attivo ed il supporto agli<br />

incidenti attraverso i suoi 14 Security Operation<br />

Center, di cui uno in Italia, BT eroga servizi<br />

di Cyber Security in ottica “follow the sun”<br />

garantendo un servizio completo ed una risposta<br />

efficiente in caso di incident.<br />

L’approccio di BT punta a valorizzare gli investimenti<br />

tecnologici dei clienti, accompagnandoli<br />

parallelamente all’adozione di motori efficienti<br />

che fanno leva sul concetto di Big Data<br />

Analytics (Assure Cyber Platform) per ridurre<br />

drasticamente l’esposizione al rischio ed aumentare<br />

l’efficienza complessiva.<br />

In qualità di Cloud Services Integrator, BT può<br />

garantire il giusto livello di sicurezza ai progetti<br />

cloud, come ad esempio fornire efficaci<br />

soluzioni di anti Denial Of Service (Assure<br />

DDOS) con elevata customizzazione per il<br />

cliente e protezione sino a livello applicativo,<br />

così come garantire un approccio alla sicurezza<br />

di tipo cloud-based (Assure Managed Cloud)<br />

per sfruttare le possibilità di protezione e correlazione<br />

offerte dal cloud e fermare le minacce<br />

ancor prima che raggiungano l’infrastruttura<br />

aziendale.<br />

Con oltre 2.500 esperti e un team italiano dedicato,<br />

BT Security è il partner ideale per ripensare<br />

al rischio delle organizzazioni del nostro<br />

Paese.


Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

www.corcom.it<br />

23<br />

Aziende&Mercati<br />

PROTAGONISTI DELL'ECONOMIA DIGITALE<br />

L'INTERVISTA<br />

ALEX LI<br />

Microsoft, la sfida dell'accessibilità<br />

«Si tratta di fare prodotti migliori per tutti, che aiutino a superare le disabilità fisiche»<br />

Patrizia Licata<br />

Secondo l’Organizzazione Mondiale<br />

della Sanità, il 15% della popolazione<br />

globale soffre di qualche forma<br />

di disabilità. Nell'Unione Europea, sono<br />

circa 80 milioni i soggetti con disabilità,<br />

più del 15% della popolazione; solo il 48%<br />

è occupato. Per garantire pari opportunità<br />

a tutti, sia l'Ue che l’Italia si stanno<br />

concentrando sulle possibili aree di intervento<br />

per migliorare l’accessibilità:<br />

ci sono le politiche della Commissione<br />

sull'inclusione, enti di normazione e<br />

standardizzazione, e aziende impegnate<br />

a garantire a tutti l’accesso al mercato<br />

del lavoro con prodotti accessibili, come<br />

Microsoft. Ne abbiamo parlato con Alex<br />

Li, Strategic Standards Analyst del colosso<br />

americano.<br />

Windows, a volte bersagliato dagli<br />

utenti per aggiornamenti che complicano<br />

anziché semplificare le versioni<br />

precedenti, sta diventando davvero più<br />

user-friendly?<br />

Ci siamo resi conto di non aver concentrato<br />

quanto dovevamo le nostre energie<br />

sul nostro sistema operativo, mentre la<br />

concorrenza diventava più agguerrita.<br />

Da un paio d'anni abbiamo corretto il<br />

tiro. Il nostro sistema operativo e i nostri<br />

prodotti hanno lo specifico obiettivo di<br />

semplificare la vita di chi li usa e di essere<br />

utili, per gli utenti consumer come per<br />

quelli in azienda. Puntiamo a migliorare<br />

sempre e oggi l'accessibilità nei prodotti<br />

Microsoft è una feature essenziale come<br />

la sicurezza.<br />

Che cosa vuol dire per Microsoft accessibilità?<br />

Volete conquistare nuovi mercati,<br />

per esempio vendere di più in una Pubblica<br />

Amministrazione maggiormente<br />

Alex Li,<br />

Strategic<br />

Standards<br />

Analyst<br />

di Microsoft<br />

Siamo un colosso informatico,<br />

possiamo fare la differenza con i<br />

nostri prodotti e promuovere<br />

questi standard nel mondo<br />

sensibile ai temi dell'inclusione?<br />

Per noi non si tratta di fare prodotti per<br />

persone speciali. Si tratta di fare prodotti<br />

migliori per tutti. Perché se la luce del sole<br />

batte sullo schermo del suo smartphone o<br />

del suo Pc lei non riesce a leggere niente,<br />

esattamente come un non vedente. L'obiettivo<br />

di Microsoft è dunque un prodotto<br />

più efficiente, funzionale, semplice e<br />

che aiuta la produttività, per tutti, perché<br />

la tecnologia è un enabler. Ovviamente<br />

aiuta a superare le disabilità fisiche e favorisce<br />

l'accesso allo studio e al lavoro,<br />

questa è la grande sfida da vincere oggi.<br />

Ma in generale una tecnologia migliore<br />

aiuta le persone a realizzare le loro potenzialità,<br />

comunque e ovunque siano.<br />

Il nostro scopo non è vendere di più: se<br />

proponiamo a un ente pubblico un prodotto<br />

con caratteristiche di accessibilità,<br />

L'Italia è l'unico Paese<br />

al mondo, dopo gli Usa,<br />

che garantisce<br />

l'accessibilità dei<br />

servizi e dei prodotti Ict<br />

nel settore pubblico<br />

non vuol dire che verranno acquistati più<br />

computer, sistemi operativi o altri prodotti<br />

o servizi.<br />

Da dove nasce il vostro forte impegno?<br />

Microsoft è uno dei più grandi provider<br />

del mondo. Siamo un colosso informatico,<br />

possiamo fare la differenza con i nostri<br />

prodotti e promuovendo gli standard nel<br />

mondo. Ora stiamo studiando anche le<br />

disabilità cognitive e di apprendimento,<br />

per capire come la tecnologia può aiutare<br />

in questi casi. La nostra funzionalità TellMe,<br />

per esempio, guida l'utente fornendo<br />

istruzioni: è frutto degli avanzamenti di<br />

Microsoft nell'intelligenza artificiale, che<br />

vanno oltre gli standard di settore.<br />

Gli standard però sono molto importanti<br />

e voi vi battete perché siano omogenei<br />

su scala globale.<br />

Avere standard uguali per i provider che<br />

vendono alle PA e alle aziende prodotti<br />

software con caratteristiche di accessibilità<br />

vuol dire abbattere i costi e semplificare<br />

la vita per tutti, anche agli utenti. L'Europa<br />

sta accelerando in questo ambito e,<br />

dopo un iniziale ritardo rispetto agli Stati<br />

Uniti, sta recuperando. Anzi, gli standard<br />

Ue sono presi a modello da altri paesi, come<br />

India e Australia anche gli Stati Uniti,<br />

che pure si erano mossi per primi, si sono<br />

messi a studiare le norme europee.<br />

E l'Italia? Stiamo facendo bene?<br />

L'Italia è l'unico paese al mondo, dopo<br />

gli Stati Uniti, ad aver approvato, all'interno<br />

del nuovo Codice Appalti per la Pubblica<br />

Amministrazione, una disposizione<br />

volta a garantire l’accessibilità dei servizi<br />

e dei prodotti Ict nel settore pubblico.<br />

Sulle regole l'Italia è pioniere e sugli<br />

standard perfettamente allineata all'Ue.<br />

Ora serve un ulteriore passo in avanti:<br />

vigilare su una solida implementazione<br />

che sia capillare su tutti i livelli della Pubblica<br />

Amministrazione.<br />

Magari con un sistema di multe e sanzioni?<br />

Condivido poco il criterio del "promosso<br />

o bocciato". Trovo più efficace un sistema<br />

di misurazione dettagliato, con dei voti<br />

che indichino chi fa meglio e chi deve<br />

impegnarsi di più, così da spronare la<br />

competizione.<br />

Certo, se un'amministrazione compra<br />

zero prodotti accessibili una forma di penalità<br />

deve essere prevista. Per il resto,<br />

trovo efficace diffondere le best pratice<br />

e premiare i migliori.<br />

E i meno bravi?<br />

Negli Usa chi non fa bene finisce sotto la<br />

lente del Congresso e alla gogna dei media.<br />

Anche senza multe, non si scappa.<br />

Uno studio inglese<br />

individua<br />

la dislocazione<br />

del sistema<br />

di «super-armadi»<br />

dell'Over the top<br />

AUDIOVIDEO<br />

La via della seta dei video Netflix<br />

Ecco la mappa «segreta» dei server<br />

Roberta Chiti<br />

Sono Fastweb e Linkem a “ospitare”<br />

in Italia i super-armadi<br />

Netflix. Risulta ai 5 ricercatori della<br />

facoltà di Ingegneria elettronica ed<br />

Informatica della Queen Mary University<br />

of London autori dello studio<br />

sul sistema di distribuzione video<br />

della piattaforma di streaming. Il<br />

team, guidato Steve Uhlig, professor<br />

e senior supervisor della ricerca,<br />

ha elaborato una mappa che svela<br />

uno dei “segreti industriali” custoditi<br />

dall’azienda: la dislocazione dei<br />

server nelle varie aree del pianeta.<br />

Un tema che tocca fronti particolarmente<br />

delicati come la net neutrality<br />

e le dinamiche fra operatori Tlc e i<br />

giganti Over the top che trasportano<br />

enormi carichi di byte all’interno<br />

delle reti. E che permette un passo in<br />

più nel mondo in turbolenta ascesa<br />

dei video online.<br />

Entro il 2018 i bit che attraverseranno<br />

l’Internet consumer saranno<br />

costituiti per il 79% da video (MarketsandMarkets),<br />

una crescita destinata<br />

a far nascere un ecosistema<br />

in cui piattaforme distributive e reti<br />

troveranno modelli convergenti di<br />

business.<br />

Per individuare la geolocalizzazione<br />

dei server i ricercatori hanno<br />

caricato i video Netflix sui loro<br />

La dinamica della<br />

content delivery<br />

network dell'azienda<br />

coinvolge il rapporto<br />

con telco e/o IxP<br />

computer e indirizzato le richieste<br />

a diverse zone servite dal servizio.<br />

Per distribuire video, a differenza<br />

del passato in cui si serviva di server<br />

terzi, Netflix utilizza esclusivamente<br />

il proprio sistema Open Connect<br />

di Cdn.<br />

Risulta che sono 233 i server proprietari<br />

disseminati su sei continenti.<br />

La mappa inoltre mostra sia<br />

quando Netflix si serve di server<br />

presso Internet eXchange Points<br />

(i “nodi” di interscambio alla pari)<br />

sia quando utilizza i propri transparent<br />

cache all’interno delle reti<br />

degli Internet service providers. In<br />

realtà, fa osservare Francesco Vatalaro<br />

professore ordinario di Tlc<br />

all'Università di Roma Tor Vergata,<br />

la mappa esclude i server all’interno<br />

delle reti d’accesso, di proprietà delle<br />

stesse telco.<br />

“A partire da maggio <strong>20<strong>16</strong></strong> i server<br />

che individuiamo su Roma sono<br />

soltanto server Isp” dice a CorCom<br />

Timm Boettger, uno dei ricercatori.<br />

In particolare si tratta di server<br />

cache “sviluppati dentro le reti di<br />

Linkem e Fastweb”. A Milano ci<br />

sono sempre Fastweb and Linkem,<br />

“ma in questo caso rileviamo anche<br />

server presso l’Ixp, sviluppati direttamente<br />

da Netflix”.<br />

Il riconoscimento di un Isp o di un<br />

Ixp funziona così: “Netflix – spiega<br />

Boettger – indica con la stringa<br />

ix.nflxvideo.net un server situato<br />

in un Internet change, mentre .isp.<br />

nflxvideo.net indica un server situato<br />

in un Isp. “Va comunque sottolineato<br />

che il nostro studio è puntato<br />

unicamente sulla distribuzione<br />

fisica – dice Boettger -, non sulla<br />

sua qualità. Lo studio dunque non<br />

permette di trarre conclusioni sulla<br />

qualità che un utente percepisce”.<br />

Il supervisore Steve Uhlig ha presentato<br />

lo studio in un workshop<br />

a Berlino (Future Internet), cui ha<br />

partecipato anche Netflix, ma nessun<br />

commento è stato rilasciato<br />

dall’azienda.


24 Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

www.corcom.it<br />

Aziende&Mercati<br />

PROTAGONISTI DELL'ECONOMIA DIGITALE<br />

L'INTERVISTA<br />

Jeff Spaeth<br />

«Sprint Lte per la pubblica sicurezza»<br />

L'executive vp di Motorola Solutions: «Più video e dati nel futuro delle tlc mission-critical»<br />

Andrea Frollà<br />

«Il pubblico e il privato sono interessati<br />

alle nuove opportunità<br />

offerta dal mix ibrido Pmr-Lte:<br />

la sfida sarà costruire modelli in linea con<br />

le esigenze operative e le capacità economiche<br />

di governi e aziende». Jeff Spaeth,<br />

corporate vice president di Motorola Solutions,<br />

spiega così a CorCom i piani della<br />

compagnia statunitense, specializzata in<br />

comunicazioni mission-critical. L’obiettivo<br />

è sviluppare nuovi servizi push-to-talk<br />

voce e data facendo leva sulla tecnologia<br />

broadband. Senza abbandonare però il<br />

paradigma del Private mobile radio (Pmr),<br />

su cui si basano grande parte dei sistemi<br />

comunicativi di pubblica sicurezza e<br />

network privati. “C’è bisogno di feature<br />

aggiuntive, come l’invio di messaggi o<br />

l’accesso video real time alle attività dei<br />

colleghi”, sottolinea Spaeth, che preannuncia<br />

anni ricchi di novità in termini di<br />

ricerca e sviluppo.<br />

Perché avete deciso di puntare sulla<br />

tecnologia Lte?<br />

Parliamo di una tecnologia matura con<br />

ampie capacità, che abbiamo dovuto necessariamente<br />

sposare per aiutare le compagnie<br />

a comunicare meglio e condividere<br />

le informazioni. La migrazione integrale<br />

da Lmr a Lte non è la soluzione: i nostri<br />

clienti possono trarre maggiori benefici<br />

dall’utilizzo combinato di entrambe le<br />

tecnologie.<br />

Ad esempio?<br />

Jeff<br />

Spaeth<br />

corporate<br />

vice president<br />

Motorola<br />

Solutions<br />

«Realtà virtuale, cloud e IoT<br />

saranno i driver dei nuovi<br />

modelli ibridi Pmr-broadband»<br />

La tecnologia Lte consente di lavorare<br />

con i video e le immagini, dalla condivisione<br />

alla lettura dei file, oltre ad avere<br />

più capacità anche per le comunicazioni<br />

push-to-talk. La tecnologia Pmr è invece<br />

perfetta per i network su misura, che<br />

possono essere customizzati e controllati<br />

nella loro interezza senza dover condividere<br />

informazioni. Vogliamo combinare<br />

questi elementi, creando un modello<br />

ibrido. Sappiamo già che ci sono aspetti,<br />

come la comunicazione vocale, che molti<br />

dei nostri clienti del settore pubblica sicurezza<br />

vogliono continuare ad effettuare<br />

tramite i sistemi Lmr. Ma sappiamo anche<br />

che per la componente video e dati sono<br />

aperti al broadband.<br />

I vostri clienti appartengono al pubblico<br />

e al privato. Quali sono le diverse<br />

esigenze?<br />

La sicurezza pubblica ha sempre chiesto<br />

«Pronti per il 5G:<br />

analytics e big data<br />

saranno i nuovi alleati<br />

di governi e imprese»<br />

innanzitutto affidabilità e sicurezza dei<br />

sistemi e dei dispositivi. Ora poliziotti e<br />

vigili del fuoco chiedono anche feature<br />

aggiuntive alla comunicazione vocale,<br />

come l’invio di messaggi o l’accesso real<br />

time alle attività dei colleghi. Vogliono<br />

semplicemente avere più mezzi a disposizione<br />

e la tecnologia broadband aiutare<br />

ad aumentare il ventaglio di possibilità<br />

per salvaguardare la vita delle persone. La<br />

priorità delle aziende private è difendere<br />

le attività produttive. Pubblico e privato<br />

sono interessati alle nuove opportunità<br />

offerta dal mix ibrido Pmr-Lte: dovremo<br />

costruire modelli in linea con le esigenze<br />

operative e le capacità economiche di<br />

governi e aziende.<br />

Gli attacchi terroristici in Europa hanno<br />

modificato la vostra strategia?<br />

Quando avviene il disastro affidabilità<br />

e tempestività fanno la differenza: sono<br />

quelli i momenti che contano e che abbiamo<br />

messo al centro della nostra strategia.<br />

A Bruxelles come a Parigi senza network<br />

privati sarebbe stato impossibile gestire le<br />

emergenze. Se le forze dell’ordine avessero<br />

avuto anche sistemi Lte sarebbe stato<br />

ancor meno complicato.<br />

Quali sono i vostri focus in termini di<br />

R&S?<br />

Stiamo studiando le nuove frontiere della<br />

realtà virtuale, dei droni, dell’IoT e del<br />

cloud per integrarle nella nostra offerta<br />

per la sicurezza. Tuttavia non si tratta di<br />

offrire ai clienti degli strumenti, ma di crearli<br />

assieme a loro interpretando le esigenze<br />

del mercato. Dobbiamo sviluppare un<br />

ecosistema innovativo, testando i nostri<br />

prodotti sul campo per perfezionarli.<br />

Come affronterete l’avvento del 5G?<br />

Il grande cambiamento riguarderà i<br />

dati. Non come ottenerli che resterà un<br />

processo relativamente semplici, ma<br />

come catalogarli e renderli fruibili per i<br />

clienti. Le nuove connessioni e l’aumento<br />

dei device connessi ci permetteranno di<br />

ottenere sempre più informazioni, che<br />

dobbiamo riuscire a integrare all’interno<br />

delle attività operative fornendo anche<br />

strumenti di analytics. Bisognerà però<br />

valutare le esigenze di forze dell’ordine e<br />

imprese. Dovremo considerare anche il<br />

livello delle competenze digitali e quindi<br />

investiremo molto sulla semplicità di<br />

utilizzo.<br />

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Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

L'ITALIA CHE VUOLE CRESCERE<br />

La svolta d'autunno (governo permettendo)<br />

Giovanni Iozzia<br />

Se è ancora troppo presto per i bilanci,<br />

certamente si può anticipare<br />

che il <strong>20<strong>16</strong></strong> si candida a essere<br />

un anno di svolta per l’ecosistema delle<br />

imprese innovative. Nel primo semestre<br />

è stata superata la cifra investita<br />

in startup in tutto il 2015. A fine luglio<br />

il numero delle startup innovative era<br />

già il doppio rispetto al 2014. Gli incubatori<br />

d’impresa si espandono, mentre<br />

cresce l’attenzione delle aziende<br />

tradizionali, anche se a investire è più<br />

spesso l’imprenditore e non l’impresa.<br />

L'Italia delle startup si sta<br />

irrobustendo, ma cambi<br />

la politica economica<br />

L’Italia delle startup si sta irrobustendo<br />

ma va ancora sostenuta con<br />

convinzione, anche perché sul mercato<br />

dell’innovazione si affacciano nuovi<br />

competitor. Ecco, la politica economica.<br />

Su questo fronte i segnali non sono<br />

sempre rassicuranti. Le semplificazioni<br />

vanno avanti a singhiozzo, come dimostra<br />

la telenovela della costituzione<br />

di una società on line, senza il notaio.<br />

Così come le liberalizzazioni, visto che<br />

la discussione in Parlamento del ddl<br />

sulla concorrenza è stata ancora una<br />

volta rinviata dopo la pausa estiva.<br />

Per settembre il ministro dello Sviluppo<br />

Economico Carlo Calenda ha<br />

promesso un riordino degli incentivi<br />

e dei finanziamenti per le startup.<br />

Ci aspettiamo quindi un autunno<br />

di decisione sagge e lungimiranti.<br />

► commercio online<br />

La startup che ti fa la spesa<br />

e che fa gola perfino a Amazon<br />

Fabrizio Marino<br />

Ordini la spesa online e ti<br />

arriva a casa in un’ora.<br />

Supermercato24 è la<br />

startup che mette in contatto chi<br />

vuole acquistare prodotti online<br />

dai supermercati e i “personal<br />

shopper”, persone che fanno la<br />

spesa per conto del cliente e la<br />

consegnano a domicilio. Fondata<br />

da Enrico Pandian, Supermercato24<br />

punta alla leadership del<br />

mercato italiano del grocery<br />

online con una strategia precisa:<br />

«Ci consideriamo gli abilitatori<br />

della vendita online della grande<br />

distribuzione. Noi non vendiamo<br />

niente, ma convinciamo i supermercati<br />

a farlo tramite la nostra<br />

piattaforma» spiega lo stesso Pandian.<br />

Strategia che ha convinto<br />

due tra i maggiori fondi di venture<br />

capital in Italia, Innogest Sgr e<br />

360 Capital Partner, a investire 3<br />

milioni di euro sulla società.<br />

L’idea nasce nel 2014. «All’epoca<br />

viaggiavo molto tra Verona e<br />

Londra – racconta Pandian – e<br />

non avevo tempo per andare al<br />

supermercato. Preferivo ordinare<br />

la spesa da casa, la consegna però<br />

avveniva quasi sempre il giorno<br />

successivo alla mia ordinazione,<br />

quando mi trovavo già in un’altra<br />

città. Decisi allora di provare a<br />

creare un modello con consegna<br />

della spesa a domicilio in giornata.<br />

Iniziai da un’analisi del mercato<br />

italiano, per il resto bastava<br />

replicare una realtà già esistente<br />

e di successo negli Stati Uniti:<br />

Instacart, startup che oggi ha una<br />

valutazione di oltre due miliardi<br />

di euro». L’esordio è di quelli che<br />

non ti aspetti: «pensavamo a un<br />

target per lo più formato da ragazzi<br />

– continua Pandian – invece<br />

i primi clienti sono state nonne<br />

giovani e impiegati, a dimostrazione<br />

del fatto che andavamo<br />

a coprire un bisogno di tutti».<br />

La vera svolta arriva a gennaio<br />

2015, con la vittoria del contest<br />

360by360, realizzato dal fondo<br />

di venture 360 Capital Parnters,<br />

che mette in palio 360mila dollari<br />

di finanziamento per la startup<br />

vincitrice.<br />

«Non è stato utile solo per i<br />

soldi, mi ha aperto a un mondo,<br />

quello degli investitori, che fino<br />

ad allora non conoscevo. È lì che è<br />

cambiato tutto». Sempre nel 2015<br />

Supermercato 24 è stata<br />

fondata da Enrico Pandian<br />

nel 2014 e ora punta<br />

alla leadership del mercato<br />

italiano del grocery online<br />

► la novità<br />

Per prenotare i biglietti di una vacanza si consultano<br />

in media 22 siti. Troppi, per chi non ha tempo da<br />

perdere. Ecco perché Matteo Colò (27 anni), Luca<br />

Rossi (27) e il cinese Disheng Qiu (30) hanno pensato<br />

a un sistema per trovare le offerte più convenienti<br />

relative ad aerei, treni e altri mezzi in una sola app. Si<br />

tratta di Wanderio, una piattaforma di travel booking<br />

multimodale in cui si possono confrontare voli, tratte<br />

ferroviarie, bus e navette e comprare i biglietti senza<br />

passare da un sito all’altro. Il progetto nasce nel 2011,<br />

quando i tre founder si conoscono al programma per<br />

startup Innovaction Lab. Dopo aver perfezionato<br />

l’idea, nel 2013 i ragazzi costituiscono la società, in cui<br />

Colò è il Ceo, Rossi il Cto e Disheng il lead developer,<br />

e partecipano a Working Capital di Tim. All’epoca,<br />

la formula di Wanderio, che ha sede nel Pi Campus<br />

a Roma, prevedeva che il portale aiutasse gli utenti a<br />

trovare le soluzioni migliori e poi li reindirizzasse, per<br />

l’acquisto, ai siti delle società partner. Ma nel 2014,<br />

mercato24 è piuttosto semplice,<br />

basta inserire il proprio codice<br />

di avviamento postale sul sito.<br />

A quel punto il portale elenca<br />

Enrico Pandian<br />

il primo a destra, fondatore<br />

di Supermercato24<br />

arriva anche finanziamento di circa<br />

1,5 milioni da diversi business<br />

angel.<br />

Utilizzare il servizio di Superi<br />

supermercati convenzionati<br />

più vicini. Una volta selezionati<br />

i prodotti e inviato l’ordine, un<br />

fattorino che lavora con Super-<br />

La startup veronese è ormai<br />

attiva in <strong>16</strong> province<br />

e 300 comuni, esegue circa 500<br />

consegne al giorno<br />

e serve oltre 40mila clienti<br />

Wanderio, ti basta un solo clic<br />

per organizzare tutti i tuoi viaggi<br />

dopo aver raccolto il primo finanziamento (200mila<br />

euro), i tre cambiano business model. “Abbiamo deciso<br />

di diventare – racconta Colò – la prima agenzia di<br />

viaggi online multimodale sul mercato: chi consulta<br />

le nostre app web e mobile può comprare, in un solo<br />

biglietto, diversi titoli di viaggio senza andare sui portali<br />

di compagnie aeree, ferroviarie e di bus". Probabilmente<br />

è anche questa intuizione ad aver convinto,<br />

nel luglio <strong>20<strong>16</strong></strong>, il gruppo di autonoleggio Europcar a<br />

investire su di loro. L’importo del round non è noto,<br />

ma dovrebbe oscillare tra 1 e 3 milioni di euro. La<br />

startup, che finora ha organizzato oltre 1 milione di<br />

viaggi e copre 700 aeroporti e più di 4.000 stazioni<br />

ferroviarie e di bus, utilizzerà le risorse per crescere<br />

in Europa. E ha in programma un allargamento del<br />

team (ora circa 15 persone), e un ampliamento dell’offerta.<br />

“Valutiamo – conclude il Ceo - l’integrazione di<br />

nuove modalità come il car rental e il carpooling”.<br />

Maurizio Di Lucchio<br />

mercato24 fa la spesa al posto del<br />

cliente e la consegna entro un’ora.<br />

Il modello di business si basa<br />

su tre fattori: costo di consegna<br />

della spesa (4,90€ che può variare<br />

di poco a seconda della vicinanza<br />

del supermercato), accordi con<br />

le grandi marche e sovrapprezzo<br />

sul prodotto acquistato (che però,<br />

assicura Pandian, a partire da settembre<br />

<strong>20<strong>16</strong></strong> dovrebbe azzerarsi,<br />

equiparando il costo dei prodotti<br />

acquistati su Supermercato24<br />

a quello presente sullo scaffale<br />

del supermercato in questione).<br />

La dimensione del mercato del<br />

grocery in Italia vale circa 180<br />

miliardi, ma è attivo per lo più offline,<br />

con una incidenza potenziale<br />

legata all’e-commerce dell’1%.<br />

Una fetta da oltre un miliardo e<br />

mezzo di euro, che potrebbe far<br />

gola a tanti.<br />

A cominciare da Amazon, che<br />

per potenzialità di investimento<br />

e forza della struttura logistica,<br />

non avrebbe nessuna difficoltà<br />

a spuntarla sulla concorrenza.<br />

«Ritengo Amazon un potenziale<br />

concorrente – afferma Pandian<br />

– ma non mi fa paura. Il nostro<br />

modello è molto diverso: la loro<br />

forza, la logistica, rappresenta<br />

anche un grande limite che noi<br />

non abbiamo: essendo abilitatori<br />

della grande distribuzione non<br />

necessitiamo di magazzini dove<br />

depositare la merce, tutto avviene<br />

online». Oggi sono i numeri a<br />

testimoniare il consolidamento<br />

della startup veronese. Supermercato<br />

24 è attiva in <strong>16</strong> province<br />

e 300 comuni, esegue circa<br />

500 consegne al giorno e serve,<br />

tramite i suoi “shopper” oltre<br />

40mila clienti, facendo leva su più<br />

di 30 insegne. In catalogo ha circa<br />

40mila articoli, il tasso di crescita<br />

mese su mese è del 15% (a giugno<br />

le consegne hanno toccato quota<br />

300mila) ha attualmente 250mila<br />

utenti e prevede di chiudere il<br />

<strong>20<strong>16</strong></strong> con un fatturato di circa 5<br />

milioni di euro, a fronte dei 750<br />

mila del 2015. A guidare l’azienda<br />

ora è Federico Sargenti, che Pandian<br />

ha definito “uomo del fare”,<br />

un ingegnere elettronico con<br />

oltre dieci anni di esperienza in<br />

ambito e-commerce e un passato<br />

da capo del settore vendite in<br />

Amazon. Con lui Supermercato24<br />

punta alla leadership nel mercato<br />

del grocery online.


Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

www.corcom.it<br />

27<br />

L'ITALIA CHE VUOLE CRESCERE<br />

► lo scenario<br />

Sono in grado<br />

di fornire<br />

informazioni sul<br />

conto corrente<br />

acquistare un<br />

biglietto, ricevere<br />

informazioni<br />

meteo. Non sono<br />

una novità, ma<br />

sono diventati un<br />

hype da quando<br />

Mark Zuckerberg<br />

in una conferenza<br />

dedicata agli<br />

sviluppatori<br />

ha presentato i<br />

chatbot per<br />

Messenger<br />

E ora arrivano<br />

anche in Italia<br />

Ecco il fenomeno Chatbot<br />

il robot che interagisce in chat<br />

Luciana Maci<br />

Sta cominciando l’era<br />

dei chatbot, un nuovo<br />

fenomeno tecnologico che<br />

contribuirà a generare un nuovo<br />

mercato e di conseguenza a creare<br />

imprese nel mondo e in Italia.<br />

I chatbot sono “bot”, cioè robot,<br />

che interagiscono con gli utenti<br />

tramite una chat e sono in grado<br />

di assisterli eseguendo compiti<br />

estremamente circoscritti:<br />

fornire informazioni su un conto<br />

corrente, acquistare un biglietto,<br />

ricevere notizie sul tempo. Non<br />

sono una novità nel mondo della<br />

tecnologia, ma sono diventati un<br />

hype all’indomani del 12 aprile,<br />

quando Mark Zuckerberg, a una<br />

conferenza dedicata agli sviluppatori<br />

a San Francisco, ha presentato<br />

i chatbot per Messenger,<br />

ovvero i programmi software che<br />

utilizzano il servizio di messaggistica<br />

di Facebook quale interfaccia<br />

attraverso la quale eseguire un<br />

numero determinato e limitato<br />

di attività. Per l’occasione sono<br />

stati mostrati alcuni bot di Cnn,<br />

che inviano in automatico notizie<br />

e aggiornamenti, e altri della<br />

società 1-800-Flowers, che consentono<br />

di ordinare fiori. La chat<br />

di Messenger non è la prima in<br />

ordine di tempo ad aver introdotto<br />

l’utilizzo di bot. Lo aveva già<br />

fatto Telegram a giugno 2015.<br />

Ma Messenger è una delle principali<br />

piattaforme di messaggistica<br />

con oltre 900 milioni di utenti<br />

nel mondo. Perciò, dopo l’annuncio<br />

di Zuckerberg, si è immediatamente<br />

aperta la discussione su<br />

cosa sono e a cosa servono i bot<br />

e i chatbot. Ma soprattutto si è<br />

aperto il mercato. La “bot revolution”<br />

è ancora nella fase iniziale,<br />

scrive Business Insider, ma sono<br />

in molti a ritenere che il <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

sarà l’anno nel quale si affermerà<br />

pienamente.<br />

Attualmente sono circa una<br />

ventina le grandi società che hanno<br />

intenzione di usare – o stanno<br />

già usando – la piattaforma di<br />

Messenger per interagire con i<br />

clienti attraverso chatbot. Tra<br />

queste ci sono HP, eBay, Burger<br />

King e la già citata Cnn. Ma la<br />

vera sorpresa è stata la Bank of<br />

America, antichissima istituzione<br />

finanziaria che ha annunciato<br />

l’intenzione di adottare l’innovativa<br />

tecnologia per aiutare i<br />

clienti “a restare connessi con<br />

le loro finanze ogni volta che<br />

vogliono e da dove vogliono”.<br />

Secondo gli esperti le aziende che<br />

potrebbero avere maggiore inte-<br />

resse all’utilizzo di questi piccoli<br />

“segretari robot personalizzati”<br />

sono le società con un reparto di<br />

customer care e in particolare le<br />

banche aperte al fin-tech, l’utilizzo<br />

della tecnologia nella finanza.<br />

Negli Usa una delle startup che<br />

sta facendo affari con i chatbot<br />

è Kasisto. Nata nei laboratori di<br />

ricerca della Silicon Valley che<br />

hanno contribuito a creare Siri,<br />

l’assistente personale dell’iPhone,<br />

questa giovane società ha dato<br />

vita a MyKay, un’app già molto<br />

diffusa (anche in Asia) per tenersi<br />

sempre aggiornati sulle proprie<br />

finanze attraverso qualsiasi<br />

piattaforma di messaggistica,<br />

Facebook Messenger compreso.<br />

La si può interrogare su quanto si<br />

è speso per il caffè e potrà fornire<br />

la risposta grazie al collegamento<br />

con il conto corrente dell’utente<br />

(My Kay è collegata con oltre<br />

20mila banche). Anche in Italia<br />

aziende e startup del fin-tech<br />

si stanno dedicando ai chatbot.<br />

Stamplay, startup fondata da<br />

Nicola Mattina e Giuliano Iacobelli<br />

per aiutare gli sviluppatori a<br />

sviluppare applicazioni integrando<br />

servizi esistenti, ha vinto la<br />

seconda edizione di “Everywhere<br />

Initiative”, competizione organizzata<br />

da Visa, il colosso delle<br />

carte di credito e di debito. Ora<br />

lavorerà con Visa integrando le<br />

Api di pagamento nella piattaforma<br />

e costruendo un chatbot che<br />

sia di supporto alla fruizione della<br />

carta di credito. Tra i vincitori<br />

dell’edizione <strong>20<strong>16</strong></strong> di Appathon,<br />

competizione internazionale di<br />

UniCredit aperta a sviluppatori,<br />

pmi del fintech e startup, c’è<br />

una società che fa chatbot per il<br />

fintech, All Industries, con sede<br />

a Roma. Si è aggiudicata il terzo<br />

posto con l’app Talk Force, per<br />

l'appunto un risponditore automatico<br />

via chat.<br />

Ma non è solo il mondo del<br />

fintech a interessarsi ai chatbot.<br />

Indoona, applicazione di instant<br />

messaging e VoIP realizzata in<br />

Italia nei laboratori di Ricerca e<br />

Sviluppo di Tiscali, ha inaugurato<br />

a novembre 2015 Indoona Open<br />

Platform: una piattaforma aperta<br />

di comunicazione in grado di far<br />

dialogare tra loro persone, servizi,<br />

oggetti e web direttamente in<br />

chat. E tra le startup che si stanno<br />

lanciando in questo business<br />

c’è Responsa, con sede all’interno<br />

dell’acceleratore H-Farm:<br />

fornisce un chatbot italiano per<br />

Facebook Messenger con funzionalità<br />

di automazione del servizio<br />

clienti.<br />

L'evoluzione tecnologica<br />

sta rivoluzionando<br />

il business delle assicurazioni<br />

che ora provano a cambiare<br />

► open innovation<br />

Cardif, la call che innova le assicurazioni<br />

Secondo il World Insurance Report<br />

<strong>20<strong>16</strong></strong> un cliente su due dichiara di non<br />

essere soddisfatto dal rapporto con la propria<br />

compagnia di assicurazione. L’insoddisfazione<br />

aumenta significativamente tra<br />

i Millennial (66%) ovvero la generazione<br />

tra i 18 e i 34 anni, la più social e digitale. La<br />

Customer Experience è un tema sempre<br />

più centrale nel business assicurativo e un<br />

tassello decisivo nelle attività di innovazione.<br />

Non a caso è il tema scelto da BNP<br />

Paribas Cardif per la Open-F@b Call4Ideas<br />

<strong>20<strong>16</strong></strong> lanciata in collaborazione con<br />

InsuranceUp, il portale dedicato all’innovazione<br />

nel settore assicurativo realizzato<br />

da EconomyUp, e dal Polihub, l’incubatore<br />

del Politecnico di Milano.<br />

Alla terza edizione il contest si apre al<br />

panorama europeo di startup, sviluppatori<br />

e professionisti freelance, studenti e<br />

technology provider che abbiano un’idea<br />

o un progetto per ridefinire, grazie<br />

alle tecnologie digitali, tutto il ciclo della<br />

esperienza del cliente con una compagnia<br />

assicurativa. Potranno candidarsi fino al 17<br />

ottobre registrandosi nell’area di InsuranceUp<br />

dedicata alla call.<br />

Open-F@b Call4Ideas <strong>20<strong>16</strong></strong> è stata<br />

annunciata in anteprima al Viva Technologies<br />

di Parigi da Thibault Schlaeppi, Head<br />

of Startups di BNP Paribas Cardif Corporate:<br />

è, infatti, un pezzo delle strategie di<br />

open innovation del gruppo, che ha anche<br />

lanciato una piattaforma e un’app, OpenUp,<br />

che permette alle startup di entrare<br />

in contatto con i manager del gruppo BNP<br />

che si occupano di innovazione e trasformazione<br />

digitale.<br />

L’evoluzione tecnologica (dai wearable<br />

device alle driverless car, dai Big Data<br />

all’Internet of Things) sta producendo un<br />

effetto dirompente sul business assicurativo:<br />

cambiano i rischi e cambia il modo in<br />

cui il cliente si relaziona con le compagnie.<br />

Finora le risposte migliori sono arrivate<br />

dalle startup. Negli Stati, che resta il mercato<br />

più grande e più dinamico dell’insurancetech,<br />

sono stati fatti investimenti<br />

importanti su tech company che, utilizzando<br />

sofisticate tecnologie di analytics<br />

e innovativi algoritmi, rivoluzionano il<br />

customer journey.<br />

Per questo le compagnie le guardano con<br />

sempre maggiore interesse: per cercare<br />

innovazione veloce ed efficace. Da parte<br />

loro le startup hanno interesse a interagire<br />

con chi è già massicciamente presente<br />

sul mercato. I vincitori dell’Open-F@b<br />

Call4Ideas <strong>20<strong>16</strong></strong>, che si conosceranno a fine<br />

novembre, potranno contare sul supporto<br />

manageriale e di R&D di BNP Paribas Cardif<br />

per testare la propria idea e avviare la<br />

commercializzazione. Un aiuto che a volte<br />

vale più di un finanziamento.


INSIEME.<br />

PER DARE PIÙ<br />

FORZA AL DIGITALE


Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

www.corcom.it<br />

29<br />

PUNTI di<br />

VISTA<br />

Net-lex<br />

Di GUIDO SCORZA<br />

Avvocato esperto<br />

di Diritto Internet<br />

Spending review<br />

per tutti<br />

anche<br />

per l'Agcom<br />

La disciplina europea non osta<br />

“a una normativa nazionale<br />

che assoggetta un’autorità<br />

nazionale di regolamentazione, ai<br />

sensi della direttiva 2002/21, come<br />

modificata dalla direttiva 20<strong>09</strong>/140,<br />

a disposizioni nazionali applicabili<br />

in materia di finanza pubblica e, in<br />

particolare, a disposizioni sul contenimento<br />

e la razionalizzazione delle<br />

spese delle amministrazioni pubbliche,<br />

quali quelle di cui al procedimento<br />

principale.” Ha risposto così la<br />

Corte di Giustizia Ue al Consiglio di<br />

Stato italiano che, su istanza dell’Autorità<br />

per le Garanzie delle Comunicazioni,<br />

nell’ambito del giudizio che<br />

vede contrapposta quest’ultima al<br />

Governo e all’Istat, le aveva chiesto<br />

di verificare se fosse conforme alle<br />

regole Ue una disposizione nazionale<br />

che assoggetti anche un’Autorità<br />

amministrativa indipendente di<br />

regolamentazione agli obblighi di<br />

contenimento della spesa pubblica<br />

previsti per tutte le amministrazioni<br />

dello Stato. La ragione del contendere<br />

che, nel nostro Paese, ormai da anni<br />

vede da una parte l’Agcom e dall’altra,<br />

sullo stesso fronte, Palazzo Chigi e<br />

l’Istituto nazionale di statistica è rappresentata<br />

dall’inserimento dell’Authority<br />

presieduta da Angelo Marcello<br />

Cardani nel c.d. “elenco Istat” e, per<br />

questa via, nell’elenco degli enti e<br />

delle amministrazioni soggette – tra<br />

gli altri – a tutti gli obblighi di contenimento<br />

della spesa pubblica. Una<br />

decisione che l’Autorità Garante per<br />

le comunicazioni ha, sin dall’inizio,<br />

contestato ritenendola lesiva della<br />

propria indipendenza e della propria<br />

concreta possibilità di adempiere agli<br />

obblighi di regolamentazione e vigilanza.<br />

La tesi sulla cui base l’Authotity<br />

ha impugnato il provvedimento è che<br />

il proprio assoggettamento alle regole<br />

della spending review minaccerebbe<br />

la propria indipendenza e, soprattutto,<br />

la concreta possibilità di far bene<br />

il proprio dovere. Tale impostazione,<br />

già respinta dal Tar Lazio, non ha<br />

fatto breccia neppure nei giudici del<br />

Lussemburgo secondo i quali non<br />

sussisterebbe, in linea di principio,<br />

nessuna ragione per la quale<br />

un’Autorità di regolamentazione del<br />

settore Tlc dovrebbe essere sottratta<br />

a disposizioni nazionali in materia di<br />

contenimento della spesa pubblica,<br />

trattandosi, al limite, di verificare<br />

– valutazione che competerebbe ai<br />

giudizi nazionali – se, in concreto, le<br />

risorse finanziarie a disposizione di<br />

un’Authority siano o meno idonee<br />

a consentirle di adempiere efficacemente<br />

ai propri compiti istituzionali.<br />

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Aleph<br />

Di EDOARDO NARDUZZI<br />

I<br />

prezzi al consumo non<br />

accennano alcun rialzo.<br />

Nonostante la massa<br />

monetaria aggiuntiva stampata<br />

dalle banche centrali con<br />

i tanti quantitative easing,<br />

l'inflazione non solo non<br />

cresce ma decresce. Siamo in<br />

deflazione, non ovunque ma<br />

i molti mercati avanzati tra<br />

i quali l'Italia. Per chi pensa<br />

che la deflazione possa essere<br />

un fenomeno transitorio del<br />

capitalismo contemporaneo<br />

forse è bene sottolineare<br />

qualche aspetto originale del<br />

mondo nel quale viviamo.<br />

Oggi il principale driver<br />

della deflazione non è tanto<br />

l'innovazione tecnologica<br />

legata all'hardware, quanto<br />

l'emersione dei big data. La<br />

legge di Moore, dal nome<br />

dell'ingegnere co-fondatore<br />

di Intel, parlava di un raddoppio<br />

della capacità processiva<br />

ogni diciotto mesi innescata<br />

dai processori di silicio. Una<br />

legge che ha retto empiricamente<br />

per anni prima di<br />

essere scavalcata dall'avvento<br />

degli smartphone e dei tablet.<br />

Tecnologia e deflazione<br />

vincono i consumatori<br />

Il principale driver della deflazione è<br />

oggi l'emersione dei big data, ovvero<br />

la possibilità di utilizzare a basso costo<br />

un numero sterminato di informazioni<br />

Ma sono i big data il<br />

fenomeno emergente più<br />

importante da analizzare<br />

per provare a capire la logica<br />

del mondo deflattivo col<br />

quale dobbiamo prepararci<br />

a convivere. I big data, cioe'<br />

la possibilità di poter gestire<br />

ed utilizzare a basso costo un<br />

numero sterminato di dati,<br />

offrono ad imprese e consumatori<br />

una occasione forse<br />

attesa da sempre: poter avere<br />

quasi gratis o comunque low<br />

svod, la crescita<br />

divisa in tre mercati<br />

Negli Usa il Video on demand ha superato la pay tv<br />

In Europa è invece frenato dalla frammentazione<br />

Come ricordato più<br />

volte in questa rubrica,<br />

la diffusione del<br />

broadband e la crisi del modello<br />

classico (premium) della<br />

pay TV porta con sé profondi<br />

cambiamenti nel modo di<br />

accedere ai contenuti audiovisivi<br />

da parte dei consumatori.<br />

Negli Usa ormai, secondo<br />

l’ultimo rapporto di ITMedia<br />

Consulting The future is<br />

(also) mobile, il mercato dello<br />

SVOD ha superato la pay TV,<br />

con circa 61 milioni di abbonati,<br />

cambiando radicalmente<br />

il modo attraverso cui film<br />

e serie vengono oggi consumati.<br />

In Europa (occidentale)<br />

la situazione è diversa<br />

perché c’è un’evidente e forte<br />

frammentazione nei diversi<br />

mercati nazionali: le connessioni<br />

a banda larga, le barriere<br />

linguistiche e culturali, le<br />

differenze tecnologiche e lo<br />

sviluppo ritardato, la maggiore<br />

o minore maturità di alcuni<br />

mercati costituiscono barriere<br />

o comunque differenziazioni<br />

molto marcate rispetto alla<br />

possibilità di un mercato comune<br />

per i contenuti audiovisivi.<br />

Il numero di abbonati e la<br />

penetrazione nel Regno Unito<br />

e nel Nord Europa ad esempio<br />

non sono equiparabili al resto<br />

d’Europa: in generale c’è un<br />

alto livello di soddisfazione e<br />

i consumatori sono molto più<br />

connessi e fruiscono ampiamente<br />

dei servizi SVOD. Il<br />

Regno Unito è il leader di un<br />

primo gruppo di Paesi come<br />

la Svezia, la Danimarca, la<br />

Finlandia e l’Olanda, che sono<br />

caratterizzati da un rapido<br />

tasso di adozione, con una<br />

conseguente precoce entrata<br />

di Netflix e una reazione da<br />

parte degli operatori nazionali<br />

molto forte. In alcuni di questi<br />

paesi Netflix è già il principale<br />

operatore a pagamento.<br />

I mercati della seconda fascia,<br />

tipicamente Francia e Germania,<br />

sono ancora relativamente<br />

nuovi, e riflettono una<br />

crescente consapevolezza del<br />

consumatori per queste nuove<br />

forme di intrattenimento:<br />

il numero degli abbonati è<br />

cresciuto rapidamente, anche<br />

se in misura minore come<br />

take-up iniziale rispetto ai<br />

Paesi della prima fascia, e<br />

crescerà ulteriormente negli<br />

anni a venire. Inoltre, anche<br />

se meno sviluppata rispetto al<br />

Regno Unito, l’offerta SVOD<br />

è molto dinamica e include<br />

tutti i tipi di programmazione<br />

su tutti i media esistenti,<br />

grazie ad un’ampia gamma di<br />

offerta e a un elevato numero<br />

di attori. Ogni operatore ha<br />

le proprie peculiarità, che<br />

cost qualsiasi tipo di informazione<br />

desiderino. Ogni<br />

correlazione, ogni analisi o<br />

statistica diventa a portata di<br />

portafoglio. La materia prima<br />

più preziosa dell'economia<br />

di mercato, l'informazione,<br />

è così producibile senza<br />

praticamente alcun costo.<br />

E' la deflazione che entra in<br />

maniera stabile e permanente<br />

nel motore della produzione<br />

e lascia capire perché la<br />

stagione dei tassi di interesse<br />

negativi è destinata ad andare<br />

avanti a lungo.<br />

Per le banche commerciali<br />

la stagione dei big data non<br />

significa soltanto che potranno<br />

utilizzarli per profilare<br />

meglio i clienti, ma, soprattutto,<br />

vuole dire che devono<br />

imparare a convivere con un<br />

contesto strutturalmente<br />

deflattivo nel quale i margini<br />

di interesse sono minori. Con<br />

la tecnologia hanno vinto i<br />

consumatori e perso gli intermediari<br />

e un capitalismo con<br />

meno o senza intermediari<br />

è, per definizione, low cost e<br />

deflattivo.<br />

il OLTRE giardino<br />

Di AUGUSTO PRETA<br />

Consulente strategico<br />

CEO di ITMedia<br />

Consulting<br />

si riferiscono ad audience<br />

specifiche sia in termini di<br />

offerta che per la modalità<br />

di consumo. In questa fascia<br />

rientrano Austria, Belgio e<br />

Lussemburgo. A una terza<br />

Evoluzione dei ricavi VOD nei Big 3: Francia, Germania e Regno Unito (¤ mln)<br />

Fonte © <strong>20<strong>16</strong></strong> ITMedia Consulting<br />

fascia appartengono Italia,<br />

Spagna, Portogallo e Grecia. I<br />

nuovi servizi SVOD non sono<br />

ancora in diretta competizione<br />

con i broadcaster tradizionali<br />

e spesso il consumatore<br />

manca dell’accessibilità<br />

(connessione), della cultura e<br />

dell’interesse necessari a fruire<br />

di questi servizi innovativi.<br />

In più, le barriere linguistiche<br />

permangono in fasce molto<br />

ampie della popolazione.


30<br />

www.corcom.it<br />

Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

PUNTI di<br />

VISTA<br />

BEYONDInternet<br />

la cultura<br />

della privacy<br />

Che Internet assieme alle sue<br />

straordinarie potenzialità<br />

di conoscenza, informazione,<br />

socializzazione e comunicazione,<br />

porti con<br />

sé anche taluni rischi,<br />

è fatto assodato e non<br />

contestato da nessuno.<br />

Quale sia invece la reale<br />

portata e profondità di<br />

tali rischi è cosa nota a<br />

pochi addetti ai lavori<br />

e comunque la sua misura resta<br />

sfuggente. Tra i rischi che contano il<br />

maggior numero di descrizioni nella<br />

narrativa dell’ambiente Internet,<br />

risiedono senza dubbio i problemi<br />

legati all’hate speech, declinato<br />

generalmente come sintesi di ogni<br />

forma di aggressività in rete, cosi come<br />

quelli connessi al proselitismo<br />

terroristico e a ogni altra forma di<br />

discriminazione e prevaricazione<br />

attraverso il mezzo Internet.<br />

Di altrettanto significativo impatto<br />

mediatico sono quei rischi connessi<br />

alla sicurezza dei sistemi informatici<br />

in senso stretto, e che vanno<br />

dall’hackeraggio diretto o indiretto<br />

di piattaforme istituzionali o di singoli<br />

siti web, con annessi account di<br />

posta elettronica, sino alle tecniche<br />

mirate di captazione di credenziali<br />

di accesso (user id e password) di<br />

conti correnti, clonazione e violazione<br />

di carte di credito e debito,<br />

acquisti on-line non autorizzati e<br />

via discorrendo. In tali casi, qualora<br />

oggetto della violazione sia una<br />

piattaforma istituzionale – si pensi<br />

all’hackeraggio del sito Internet del<br />

Pentagono e delle relative banche<br />

dati ad esso connesse – ovvero se<br />

vengano messi in piedi meccanismi<br />

di phishing volti a penetrare<br />

virtuali forzieri bancari, allora la<br />

notizia desta l’attenzione che merita<br />

e la coscienza di noi internauti<br />

viene toccata e scossa; nel caso in<br />

cui, invece, ad essere violate siano,<br />

ad esempio, “solo” le credenziali di<br />

accesso a piattaforme web di un<br />

social network, l’indifferenza è la<br />

principale reazione. Invece qualcosa<br />

di prezioso è stato violato. Nel<br />

rendere disponibile a chi non ne abbia<br />

titolo nostri dati personali anche<br />

di base, perdiamo pezzi via via più<br />

significativi di libertà fondamentali.<br />

Giuridicamente il fenomeno è già<br />

disciplinato e contrastato in Europa<br />

ed in Italia dall’istituto del data<br />

breach, tradotto in italiano come<br />

violazione di dati personali.<br />

Recentemente, dopo Linkedin,<br />

anche Dropbox ha subito il destino<br />

di una massiccia violazione di dati<br />

personali, che ha prudentemente<br />

indotto la società ha sollecitare un<br />

immediato ed indiscriminato cambio<br />

di credenziali di accesso. La riforma<br />

della normativa sulla privacy,<br />

Di ROCCO PANETTA<br />

Avvocato, esperto di Internet e privacy<br />

c.d. GDPR o Regolamento europeo<br />

sulla protezione dei dati personali,<br />

che diventerà pienamente operativa<br />

a fine maggio 2018, ha di<br />

molto irrigidito le norme<br />

sul data breach e più in<br />

generale sulla c.d. cybersecurity,<br />

introducendo<br />

obblighi di notificazione<br />

all’autorità Garante<br />

per la privacy e a tutti i<br />

soggetti interessati entro<br />

un termine piuttosto ristretto di 72<br />

ore e intensificando fortemente la<br />

pressione che il sistema sanzionatorio<br />

previgente già faceva sentire<br />

sui titolari del trattamento dei dati.<br />

Si passerà dall’attuale massimo<br />

cumulato di sanzioni fino a 2 milioni<br />

di euro – in verità finora mai<br />

irrogata in tale misura – ad un massimo<br />

calcolabile fino al 4% del fatturato<br />

annuo globale della società<br />

responsabile del trattamento. Credo<br />

sia evidente in primis alle aziende e<br />

alle P.A. come non possano essere<br />

rimandate azioni volte a mappare<br />

e perimetrare adeguatamente i rischi<br />

connessi al trattamento dei dati<br />

online, ma anche offline, quantomeno<br />

in ragione dei mutati obblighi<br />

Il nuovo Regolamento europeo (Gdpr)<br />

sui dati personali deve contribuire a far<br />

crescere la consapevolezza degli utenti<br />

e delle nuove e significative sanzioni<br />

che potranno essere irrogate dal Garante<br />

privacy. In tal senso, tuttavia,<br />

unitamente a un incremento delle<br />

misure di sicurezza informatica e<br />

magari anche alla nascita di un’adeguata<br />

offerta assicurativa – cosa<br />

che, ad esempio in Gran Bretagna,<br />

è stato già posto in essere – ciò che<br />

deve fortemente crescere è la cultura<br />

e la consapevolezza dei rischi,<br />

assieme alle opportunità, della circolazione<br />

dei dati personali in rete.<br />

Solo incrementando la cultura degli<br />

internauti e l’awarness rispetto a cosa<br />

significhi esporre informazioni<br />

personali su Internet, si potrà sperare<br />

in uno sviluppo della rete forte<br />

e veloce, mantenendo integre le<br />

libertà di tutti e contrastando adeguatamente<br />

i reati informatici e le<br />

discriminazioni online.<br />

IL GIORNALE DELL’ ECONOMIA DIGITALE E DELL’ INNOVAZIONE<br />

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Francesco Molica,<br />

Maurizio Riccardi (fotografo),<br />

Michelangelo Pace (illustratore)<br />

Camere di commercio<br />

l'innovazione non basta<br />

Il Governo sta per emanare un decreto<br />

legislativo con l’obiettivo di avviare un<br />

processo di riorganizzazione che riduca e<br />

razionalizzi, in funzione delle nuove esigenze<br />

del mercato, l’articolazione degli enti, aziende,<br />

unioni, e società partecipate del sistema camerale,<br />

a partire dalla riduzione da 105 a 60 del<br />

numero delle camere di commercio con conseguenti<br />

immediati risparmi derivanti dalla corrispondente<br />

riduzione del numero delle posizioni<br />

di vertice e della relativa spesa per retribuzioni,<br />

nonché dalla ridefinizione organizzativa e delle<br />

relative competenze. È inoltre prevista una standardizzazione<br />

dei livelli di qualità dei servizi ed<br />

una maggiore aderenza alle proposte e alle esigenze<br />

delle imprese. Fra gli altri effetti immediati<br />

delle innovazioni normative previste hanno<br />

particolare importanza l’individuazione di criteri<br />

per lo svolgimento delle attività che le camere<br />

possono svolgere in regime di concorrenza e ciò<br />

consentirà di ampliare le attività che potranno<br />

così essere svolte da soggetti privati..L’obiettivo<br />

comunque è quello di pervenire ad un accrescimento<br />

del ruolo del sistema camerale e ad una<br />

maggiore fiducia delle stesse imprese. Il decreto<br />

include tra i rinnovati ambiti di intervento<br />

alcune delle aree più critiche per la crescita,<br />

sulle quali finora l'azione delle istituzioni è stata<br />

debole e inefficace: la digitalizzazione delle imprese,<br />

la qualificazione aziendale e dei prodotti<br />

(certificazione, tracciabilità, valorizzazione delle<br />

produzioni), i servizi di mediazione, arbitrato<br />

commerciale e supporto al credito. Tuttavia non<br />

sembra, pur nel meritevole sforzo intrapreso,<br />

Contributors<br />

Mario Dal Co, Nicola D’Angelo<br />

Piero Laporta, Edoardo Narduzzi<br />

Rocco Panetta, Augusto Preta<br />

Claudio Rorato, Guido Scorza<br />

Segreteria di redazione<br />

Ludovica Ricciardi<br />

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Di NICOLA D'ANGELO<br />

che i temi dell’innovazione, piuttosto che quelli<br />

di mera razionalizzazione organizzativa e dei<br />

costi, si siano adeguatamente sviluppati. In<br />

particolare, per ciò che riguarda: il registro imprese<br />

come piattaforma informativa e di servizi<br />

a valore aggiunto per la ridefinizione dell'intero<br />

tessuto aziendale italiano; la digitalizzazione<br />

dei processi di arbitrato, mediazione, accesso<br />

al credito, ma anche di certificazione e tracciabilità<br />

dei prodotti. In questo contesto l'asset<br />

più importante, peraltro riconosciuto a livello<br />

internazionale dai sistemi camerali degli altri<br />

Paesi, è il registro imprese. La realtà tecnologica<br />

di Infocamere, ampiamente indicata come<br />

best practice europea del settore non è tuttavia<br />

interessata da processi di standardizzazione<br />

delle procedure digitali e di interoperabilità con<br />

le altre banche dati pubbliche. Se è pur vero che<br />

nelle intenzioni del Governo il Registro delle<br />

imprese dovrà diventare dorsale di dati nazionali,<br />

entro l'Agenda Digitale, e che dovrà essere<br />

riallineato con i tribunali delle imprese, con un<br />

Conservatore (nominato dal MISE) a svolgere<br />

funzioni di coordinamento, è altrettanto vero<br />

che l’ampia digitalizzazione dei processi deve<br />

essere supporta da un contesto unitario tra<br />

tutte le altre attività informatiche della pubblica<br />

amministrazione. Grazie anche alla progressiva<br />

convergenza di altri filoni di riforma normativa,<br />

dalla tracciabilità dei prodotti al credito alle<br />

imprese, le Camere potranno diventare "hub" di<br />

servizi a valore aggiunto,all'incrocio con gli altri<br />

stakeholders istituzionali: banche, magistratura<br />

ordinaria e tributaria, fisco e previdenza.<br />

Editore<br />

ICT AND STRATEGY SRL*<br />

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della Trasformazione Digitale<br />

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Già Corriere delle Comunicazioni


Anno XII n.12 - settembre <strong>20<strong>16</strong></strong><br />

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31<br />

L'intervento<br />

Manager consapevoli<br />

per fare Industria 4.0<br />

TRIPwire<br />

binario unico<br />

sicurezza<br />

e scarsa<br />

tecnologia<br />

Di PIERO LAPORTA<br />

www.pierolaporta.it<br />

Comando, coordinamento, controllo.<br />

Tre parole da ricordare. Morti e feriti<br />

sul binario della Barinord lasciarono<br />

le cronache. Rimane lo sconcerto. Smart<br />

city, piattaforme intelligenti? Il “via libera”<br />

al treno dalla stazione distante 17 chilometri,<br />

fu comandato da un telefono - vien<br />

da pensare - a manovella, di bachelite,<br />

trillo insostenibile. No, era un moderno<br />

smarphone. Il risultato<br />

non muta rispetto al 1825,<br />

avviandosi la prima ferrovia,<br />

su binario unico, ovvio.<br />

L’errore è inevitabile, si sa.<br />

La tecnologia serve tuttavia<br />

ad abbassarne la soglia. Non<br />

è questione di binario unico,<br />

la gamma tecnologica può infatti regolare<br />

in sicurezza il va e vieni parossistico. D’altronde,<br />

riflettiamo, in qualunque stazione<br />

il tratto finale è “unico”, avvicendandovisi<br />

più treni, evidentemente coordinati, grazie<br />

alla tecnologia. Andiamo con ordine<br />

e vediamo il “comando”. Il capostazione<br />

comanda il “via libera” al treno in arrivo<br />

col “dispaccio telefonico”. Si chiedono<br />

“se” e “a che ora” il dispaccio sia stato<br />

inviato. Non ci pare il fatto principale.<br />

Si pensi al coordinamento, per esempio.<br />

Lecito chiedersi se non vi fosse un ufficio<br />

di coordinamento, il quale, ricevendo<br />

in parallelo tutti i medesimi dispacci di<br />

“via libera”, fosse in grado di appurare un<br />

“via libera” di troppo. Il coordinamento<br />

richiede che i treni siano almeno dotati<br />

d’un GPS. Oggi parleremmo di altro. La<br />

spesa? Poche migliaia di euro. La funzione<br />

principale di management resta tuttavia<br />

il “controllo”. Tutto accade - potendo<br />

accadere ancora – senza controllo sulla<br />

congruità di quantità, qualità e modalità<br />

di impiego delle risorse. Chi ha dato il<br />

comando sbagliato è quindi al livello più<br />

basso delle responsabilità.<br />

Seguici su Facebook - Twitter www.corcom.it<br />

La positiva attenzione del governo<br />

sulla partita di industria 4.0 è<br />

importante e va aiutata a concretizzarsi<br />

per il meglio. Il nostro tessuto<br />

produttivo è diverso dagli altri paesi europei.<br />

Un recente articolo della voce.info<br />

di Della Valle e Di Lorenzo riporta come<br />

le imprese italiane soffrono di una presenza<br />

eccessiva di management familiare<br />

rispetto agli altre. Citando due studi (“Diagnosing<br />

the italian disease” di Zingales e<br />

Pellegrino e uno studio di Banca Italia ) gli<br />

autori arrivano alla conclusione che questo<br />

provoca perdita di produttività e bassa<br />

innovazione, fino a giungere ad affermare<br />

che “un sistema in cui la conservazione del<br />

controllo rappresenta l’obiettivo primario<br />

a scapito dell’innovazione organizzativa e<br />

tecnologica non può certo raggiungere i<br />

risultati migliori”. Questa evidenza si ha<br />

anche dall’obsolescenza dei macchinari<br />

che per il 27% ha più di venti anni. L’età<br />

media del parco macchine nel 2005 era di<br />

10 anni e 5 mesi, nel 2014 è arrivata a 12 anni<br />

e 8 mesi. Gli impianti produttivi senza<br />

alcuna integrazione ICT sono il 79% del<br />

totale in forte calo. Il numero di laureati<br />

nel nostro paese è il minore di tutto l’OC-<br />

SE e il loro utilizzo nelle imprese è basso.<br />

Una indagine di confimpreseitalia del<br />

2011 disegna la figura del “microimprenditore”,<br />

per il 25% ha una laurea e per il<br />

50% un diploma, solo l’8% si forma per<br />

20 o più ore l’anno, il 33% non ha alcuna<br />

esperienza di lavoro precedente.<br />

Imprese con un management carente<br />

non sono in grado di rinnovarsi, di comprendere<br />

come e dove cambiare. La governance<br />

e la managerialità rappresentano il<br />

fulcro sul quale costruire il nostro modello<br />

di industria 4.0. Il mercato attuale è molto<br />

diverso da quello di qualche anno fa e in<br />

futuro sarà ancora più diverso da ora, è<br />

strategico dare agli imprenditori gli strumenti<br />

cambiare le imprese, soprattutto è<br />

importante che il modello adottato non sia<br />

paolino madotto<br />

Nolan, Norton Italia KPMG Advisory Group<br />

un copia e incolla da modelli esteri ma sappia<br />

inserirsi nella originale realtà italiana.<br />

La politica dovrebbe concentrare i suoi<br />

sforzi in un recupero di managerialità, è<br />

necessario da una parte costruire percorsi<br />

di formazione certificati e dall’altra incentivare<br />

le imprese ad utilizzare competenze<br />

esterne e di consulenza di qualità riconosciuta.<br />

Diffondere l’utilizzo delle competenze<br />

professionali elevate nel sistema<br />

delle imprese è la più grande rivoluzione<br />

che si può fare per portare le tecnologie<br />

e i loro benefici.<br />

La tecnologia non basta, è indispensabile<br />

management e conoscenze che diano un<br />

impulso nuovo. Questo può essere fatto<br />

sia attraverso incentivi, sia attraverso obblighi<br />

di legge che spingano a formazione<br />

Il FOTOcommento<br />

Trenitalia, ticket online<br />

contro l'evasione<br />

Fa discutere la soppressione dei biglietti chilometrici<br />

ma l'azienda potenzi la connessione nelle stazioni<br />

periodica, utilizzo di consulenze e “tutoraggi”.<br />

Un modo anche per utilizzare la<br />

grande disoccupazione dei laureati.<br />

Industria 4.0 può diventare l’occasione<br />

per trasformare il nostro sistema industriale<br />

e aiutarlo a diventare competitivo<br />

nei prossimi 20 anni, è necessario evitare<br />

che gli incentivi e gli sgravi si materializzino<br />

con un massiccio acquisto di tecnologia<br />

inutilizzata, con un aumento della<br />

produttività verso la produzione di prodotti<br />

obsoleti o con modelli di marketing<br />

e vendita incapaci di confrontarsi con le<br />

sfide della globalizzazione.<br />

Molti credono che gli esperti di industria<br />

4.0 siano le persone che hanno più<br />

competenze tecnologiche, nerd prestati al<br />

management ma questo purtroppo non è<br />

vero. La forza non è nello strumento ma<br />

nella capacità di chi sa utilizzarlo al meglio<br />

tenendo conto dei suoi obiettivi e della<br />

sua situazione di partenza.<br />

«Non stiamo cercando<br />

di trasformare la<br />

Commissione Ue in<br />

un'autorità fiscale.<br />

Vogliamo solo<br />

essere sicuri che il<br />

trattamento fiscale<br />

che una società<br />

ottiene non sia<br />

completamente fuori<br />

linea dalla realtà<br />

economica». Lo ha<br />

detto il commissario<br />

alla Concorrezza<br />

Margrethe Vestager<br />

sul «caso» Apple<br />

SMARTties<br />

Di MARIO DAL CO<br />

Economista<br />

Fanno discutere i provvedimenti di Trenitalia che<br />

hanno soppresso i biglietti chilometrici e ridotto la<br />

durata della validità dei biglietti regionali alla giornata di<br />

emissione e a sole quattro ore se il biglietto viene acquistato<br />

on line. Si tratta di una stretta per ridurre l'elusione<br />

del pagamento del biglietto, ma scarica anche un costo<br />

sull'utenza.<br />

L'obiettivo è di evitare che i biglietti non vidimati, con la<br />

giustificazione delle validatrici rotte, vengano utilizzati più<br />

volte. Naturalmente, spesso le validatrici vengono rotte<br />

appositamente.<br />

La scelta è quindi di passare alla bigliettazione elettronica,<br />

come avviene in tutta Europa. Il risparmio potenziale<br />

dovuto all'eliminazione delle validatrici è di 2000 euro per<br />

ogni macchina, più i costi di manutenzione.<br />

In Italia non dovrebbero essere meno di 10.000, quindi se<br />

hanno una durata non superiore a 5 anni, il risparmio solo<br />

per l'hardware dovrebbe aggirarsi sui 4 milioni l'anno più la<br />

manutenzione. A questo risparmio si aggiunge la potenziale<br />

riduzione dell'evasione, che sui treni regionali non<br />

dovrebbe essere inferiore all'8%, pari a oltre 200 milioni di<br />

margini di recupero.<br />

Ricordiamo, tuttavia, che al di sopra dei 55 anni circa la<br />

metà delle persone non usano internet e per questi utenti<br />

l'acquisto dei biglietti dei treni regionali crea un oggettivo<br />

disagio. Sorge un quesito: perché dare trattamento sfavorevole<br />

in termini di durata della validità ai biglietti elettronici?<br />

Bisognerebbe incentivare questo canale, renderlo<br />

più conveniente in termini di prezzo creare, meccanismi<br />

di fidelizzazione: la sua adozione, come abbiamo visto,<br />

comporta risparmi ingenti per Trenitalia.<br />

Inoltre, dal momento che il sistema ferroviario ha avuto<br />

ed ha ancora una funzione centrale nel progresso sociale e<br />

perfino nella diffusione di indispensabili modelli educativi,<br />

Trenitalia dovrebbe potenziare, nelle maggiori stazioni,<br />

l'infrastruttura della rete mobile per assicurare migliori<br />

connessioni ai suoi clienti che, come abbiamo visto, sta<br />

spingendo alla scelta del biglietto digitale.<br />

Non lo deve fare con proprie risorse, ma concordando un<br />

programma di investimenti dei Tower Operator, rispetto ai<br />

quali il Gruppo FS potrebbe svolgere un ruolo di stimolo e<br />

di facilitatore attivando, oltre a Trenitalia, Grandi Stazioni<br />

e 100 Stazioni.<br />

Starà a questi farsi ripagare l'investimento da parte degli<br />

operatori. Il potenziamento dell'infrastruttura mobile non<br />

solo renderebbe meno oneroso il passaggio al biglietto<br />

digitale, ma contribuirebbe allo sviluppo degli investimenti<br />

in sicurezza, questi sì che sarebbero a carico del gruppo<br />

FS. Un tema dove l'arretratezza della situazione nel nostro<br />

paese è particolarmente evidente e dove occorre agire<br />

subito: con determinazione il Gruppo FS dovrebbe farsene<br />

promotore.

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