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inferno

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prodotto del numero nove per il numero dieci. Quest’ultimo numero (il dieci)<br />

il poeta lo considerava perfetto, perché tale era ritenuto nel Medioevo.<br />

Sempre nel suddetto capitolo della Vita Nuova il poeta evidenzia che<br />

secondo la dottrina tolemaica ci sono nove cieli che ruotano, e che il numero<br />

nove è collegato a Beatrice per fare intendere che al momento della sua<br />

generazione tutti e nove i cieli erano perfettamente accordati tra loro. Inoltre<br />

il numero nove è uguale a tre moltiplicato per sé stesso; e siccome il numero<br />

tre è il simbolo della Santissima Trinità, quella donna fu associata al numero<br />

nove per far capire che ella era un “miracolo” (così lui la definisce), la cui<br />

radice non è altro che la mirabile Trinità (infatti la radice quadrata di nove è<br />

tre). Occorre aggiungere che nel Medioevo, oltre che il dieci, anche il tre era<br />

considerato un numero perfetto.<br />

Gli studiosi identificano Beatrice con Bice, figlia di Folco Portinari e moglie di<br />

Simone de’ Bardi, morta di parto nel giugno del 1290 all’età di soli<br />

ventiquattro anni.<br />

Dante, invece, si sposò, presumibilmente nel 1285, con Gemma Donati. Da<br />

tale matrimonio nacquero, con certezza, tre figli; nell’ordine: Pietro, Jacopo e<br />

Antonia (che si fece monaca col nome di Beatrice); oltre a questi, ebbe, forse,<br />

come primogenito, un altro figlio, di nome Giovanni; ma probabilmente si<br />

tratta del figlio di un omonimo del poeta.<br />

Tra il 1295 e il 1300 Dante ricoprì a Firenze ruoli politici di prestigio. Nel<br />

bimestre compreso tra il 15 giugno e il 15 agosto 1300 ricoprì la carica di<br />

Priore; i Priori erano in numero di sei, e riuniti in collegio costituivano il<br />

massimo organo di governo del comune di Firenze. A tale elezione Dante fece<br />

risalire tutte le proprie sventure d’esule; in un’epistola egli scrisse: «Tutti li<br />

mali e l’inconvenienti miei dalli infausti comizi del mio priorato ebbono cagione e<br />

principio». Alla divisione dei Guelfi fiorentini nelle due fazioni dei Bianchi e<br />

dei Neri, lui si schierò dalla parte dei più moderati, ossia i Bianchi, capeggiati<br />

dal banchiere Vieri dei Cerchi. Questi ultimi, temporaneamente, ebbero il<br />

sopravvento e Corso Donati, capoparte dei Neri, dovette lasciare Firenze. Ma<br />

papa Bonifacio VIII, interessato ad espandere i domini della Chiesa anche in<br />

Toscana, nel mese di novembre del 1301 inviò a Firenze un proprio legato,<br />

Carlo di Valois, il quale favorì il ritorno dei Neri esuli e la loro presa del<br />

potere. Nei processi sommari che ne seguirono ai danni dei Bianchi, Dante,<br />

che si trovava fuori Firenze, fu giudicato colpevole di baratteria e<br />

appropriazione indebita di fondi pubblici, e venne condannato, tra l’altro, a<br />

due anni di confino. Egli non si presentò, e una seconda sentenza lo<br />

condannò alla pena di morte. Così il poeta fu costretto a vivere in esilio fuori<br />

da Firenze per il resto della sua vita.<br />

Nell’ultimo capitolo della Vita Nuova Dante scrive che ebbe una visione<br />

soprannaturale, nella quale vide cose che lo indussero a non dire più di questa<br />

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