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DALLA TRAGICOMMEDIA A RACINE

La produzione teatrale Seicentesca è molto cospicua, data anche l’elevata domanda di opere

drammatiche.

Il teatro tragico tende ad indirizzarsi ad un’élite più colta, dove gli autori utilizzano la tecnica

del teatro nel teatro per prendere posizione senza essere accusati. Il teatro comico invece

mantiene viva la sua tradizione popolare, influenzato dai comici italiani.

Il genere più popolare in questo periodo è la tragicommedia, non vincolata alle costrizioni

delle unità aristoteliche. Un grande autore di tragicommedie è Rotrou, il cui modello prefe-

rito è lo spagnolo Lope de Vega.

Nei drammi di Rotrou le finzioni e gli artifici del teatro sono

portati al massimo grado di inverosimiglianza, ma talvolta,

in quest’atmosfera di schematica ripetitività, filtra la

luce della poesia.

Uno dei più grandi tragediografi francesi fu Racine, studiò

tra i giansenisti di Port-Royal.

Trasferitosi a Parigi nel 1658 Racine iniziò la carriera letteraria

come poeta, riscuotendo il favore della corte. Il suo

primo dramma, La Tebaide o i fratelli nemici, venne rappresentato

al Palais Royal dalla compagnia di Molière nel 1664 e

l’anno successivo andò in scena Alessandro il Grande. Nei dieci

anni che seguirono l’allestimento dell’Alessandro, Racine scrisse tutti i suoi capolavori, sette

grandi tragedie, di cui sei su temi legati al mondo classico. Divenne addirittura lo storiografo

di corte di Luigi XIV. Già dalle prime prove poetiche del giovane Racine è possibile intravedere

gli sviluppi letterari e i segni di un destino illuminato dalla poesia, che approderà nel

1694 alla forza innografica dei Cantici spirituali, e dalla fascinazione del teatro.

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