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vano esclusivamente nella parlata locale. Ora capita esattamente l’opposto di quanto<br />
avveniva qualche decina di anni fa. Più nessuno usa la parlata locale rivolgendosi ad<br />
uno sconosciuto mentre, in passato, se un frusté rivolgeva una domanda in italiano ad<br />
un locale riceveva una risposta in piemontese. Se a queste considerazioni si aggiunge<br />
il fatto che oggi, anche nelle Langhe, i giovani non usano più <strong>com</strong>unicare nella parlata<br />
ancestrale, si deve concludere che tra non molto pure il langarolo sarà s<strong>com</strong>parso.<br />
E molte volte, la s<strong>com</strong>parsa di una <strong>lingua</strong> che non ha documenti scritti significa pure<br />
la sparizione di ogni traccia relativa ad essa, <strong>com</strong>e è capitato per molte parlate di cui<br />
oggi si conosce appena il nome.<br />
Per fortuna, nel caso della parlata di Cravanzana e dell’Alta Langa, questo scenario<br />
sembra scongiurato, perché Gia<strong>com</strong>o Giamello ha pensato di scriverne la grammatica.<br />
Un progetto che all’inizio sembrava chimerico, ma che si realizza felicemente<br />
con un’opera preziosa e lungimirante che potrebbe costituire un esempio per altri<br />
studi di questo tipo.<br />
Per quanto Gia<strong>com</strong>o Giamello non sia un linguista di professione, nel campo<br />
della glottologia non lo si può affatto considerare un dilettante. Anzi! Il Dizionario<br />
botanico ed Il Dizionario zoologico, usciti in questi ultimissimi anni, sono due opere<br />
magistrali che lo collocano nel numero ristretto dei dizionaristi piemontesi. E l’importanza<br />
della sua opera è pure confermata dal successo che questi volumi hanno<br />
riscosso presso i cultori della <strong>lingua</strong> piemontese e anche al di là dei confini regionali.<br />
Molto significativo è anche il fatto che, essendo entrati a far parte delle collezioni di<br />
varie biblioteche pubbliche, questi due dizionari sono alla portata del grande pubblico.<br />
A proposito della parlata dell’Alta Langa, va detto che essa è la <strong>lingua</strong> madre di<br />
Gia<strong>com</strong>o Giamello il quale, tra l’altro, è uno dei pochi che la usi in pubblico oltre che<br />
in famiglia, con amici e conoscenti. Bisogna poi anche ricordare che, grazie alla sua<br />
vasta cerchia di conoscenze, egli ha potuto avvalersi della collaborazione di informatori<br />
anziani che hanno anch’essi questa parlata <strong>com</strong>e <strong>lingua</strong> madre e hanno trascorso<br />
quasi tutta la loro vita nella zona.<br />
Ma un’indagine linguistica spesso si estende agli altri aspetti del <strong>com</strong>portamento<br />
umano e quindi oltre a raccogliere notizie sulla <strong>lingua</strong>, l’autore di questo volume ha<br />
avuto modo di accumulare molte altre notizie interessanti sulla storia, sugli usi e sui<br />
costumi che forse sarebbero state sufficienti per un altro volume, ma che egli ha creduto<br />
opportuno allegare alla grammatica, perché in un certo qual modo la <strong>com</strong>pletano<br />
e la illuminano.<br />
Per quanto concerne la parlata dell’Alta Langa si può dire che, a causa dell’isolamento<br />
della zona in cui è usata, essa rappresenta uno stadio più arcaico rispetto ad<br />
altre varianti pedemontane. Se le si volesse trovare un corrispondente letterario, si<br />
dovrebbe addirittura pensare all’astigiano dell’Alione, vissuto tra il ’400 e il ’500.<br />
E detta corrispondenza la si può rilevare nel lessico, nella fonologia e pure nella morfologia.<br />
Però, dato che un esame approfondito di tutti questi fenomeni sarebbe qui<br />
inopportuno, per corroborare quanto detto mi limiterò a segnalare solo pochi esempi.<br />
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