BresciaUp Gennaio 2021
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Nel libro affronta temi molto complessi, a
partire da come viene percepita nella nostra
società la bellezza. Quasi tutto sembra
essere basato su di essa. Non crede
di aver corso il rischio di risultare impopolare?
Non ho avuto nessun timore in merito, anzi.
Sono stata felicissima di andare a buttare
un sasso nello stagno di questa visione.
Conosco tante ragazze, troppe, che hanno
sofferto perché non si ritenevano all’altezza
dei modelli stereotipati che televisione e
riviste ci hanno sempre propinato. Io stessa,
quando sono andata a ricordare la mia
giovinezza, quando avevo 14-15 anni avevo
il complesso di essere cicciottella e di avere
le gambe storte. Poi crescendo ho capito
che non era vero, ma non posso dimenticare
la sofferenza di quegli anni in cui tutto
sembrava concentrato su un presunto difetto
fisico e ho risentito tutta la sofferenza
autentica di quei momenti, dell’adolescenza
e di tutta la fatica che si fa per crescere e
accettarsi.
È da sempre impegnata nell’educazione
e nella valorizzazione dei ragazzi meno
fortunati. È presidente della Onlus Robur
“La forza che aiuta”. Perché crede così
fermamente nei valori della conoscenza?
Questo credo che sia un punto fermo della
mia vita: la formazione. Ho avuto dei maestri
di vita straordinari e quindi ho scoperto
come la conoscenza è un bene così prezioso
e un tesoro così grande da coltivare nella
vita che poi diventa un faro in tutte le esperienze,
anche in quelle più difficili che la vita
ci pone. E perché non voglio imbrogliare i
giovani, mi sono impegnata sempre a far
sì che loro potessero vivere la gioia che ho
vissuto io quando ho incontrato dei maestri
che mi hanno aperto la mente verso la conoscenza.
Ma non solo. Spesso e volentieri,
quei ragazzi meno fortunati quando ricevono
una carezza metaforica o un pensiero di
accoglienza, uno sguardo che non li allontana
ma che li accoglie sono capaci di fare
miracoli.
È mamma di 5 figli e nonna di 9 nipoti.
Quali sono i valori che ha cercato di trasmettere?
Fa maggior fatica con le nuove
generazioni?
Credo di non aver fatto fatica a trasmettere
i miei valori perché non li ho trasmessi a
parole, li ho trasmessi con la testimonianza.
Io sono testimone di quello che dico e poiché
ho una grande ammirazione per Gandhi
che diceva che non bisogna proporre
nulla se prima non si è provato, nella mia
forma educativa ho sempre prima guardato
a me stessa, alla concretezza vissuta e poi,
da lì, ho fatto in modo che i miei figli e poi
i miei nipoti potessero riconoscere la loro
mamma e la loro nonna come coerente nei
valori universali.
Con le nuove generazioni non faccio fatica
perché la conoscenza non è marchiata
di una forma. La conoscenza è neutra ed è
basata su valori profondi che tutti possiedono
all’interno di loro stessi e l’atto educativo
passa e risuona attraverso l’interiorità di
ognuno.
Se le dessero la possibilità di realizzare
un sogno, cosa farebbe?
Ho sempre sperato in vita mia di poter costruire
una scuola. Infatti nel libro ho immaginato
una scuola e la scuola che ho nel
cuore e nella mente è straordinaria. Entrare
in quella scuola significa vivere su tutti i piani
della propria esistenza, gioire, non essere
costretti ma avere e rispettare i tempi della
propria crescita. Questo che dico l’ho vissuto
in modo straordinario nell’ambito della
mia professione, nell’ambito del mio esser
stata per tanti anni direttore del personale
e delle valorizzazioni delle risorse umane
di un’azienda. Questo mi ha fatto scoprire
la bellezza dell’umanità e quanto abbiamo
bisogno di acqua buona per poter fiorire.
Quindi fondare una scuola straordinaria
dove essere a contatto con tutto ciò che si
deve imparare per me sarebbe una gioia.
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BRESCIAUP