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DIRCE CINTI
GIUSEPPA CINTI
Quella sera nel salotto buono di nonna Dirce.
Un’ampia ottomana di panno verde vellutato e
sulla stessa parete due grandi dipinti a tempera
di circa cm 120 x 100. Pennellata sapiente e
buon colore. Paesaggi alla maniera dei pittori
inglesi del settecento, che si spingevano sino a
Roma per riprenderne la campagna e i ruderi
antichi. Su altra parete e a sinistra del divano,
una vetrina in legno di cigliegio di fine fattura
con nella parte superiore a vetri i servizi buoni
di porcellana che, proprio perché buoni,
non si usavano mai; subito dopo, un’ampia
apertura arcata provvista di pesante tenda che
conduceva al vano pranzo e sulla destra di
questa, altro mobile dello stesso legno ma
non a vetri, la parte inferiore a due sportelli
e sul ripiano una mensola sorretta da quattro
colonnine in legno tornito e fissata sul retro
su testata dello stesso legno. Li si chiamava
buffet e contro-buffet.
Sulla parete a fronte del divano una finestra
con tendaggi, alla sua sinistra un orologio a
pendolo stile liberty che ancora conservo e a
destra un grande e alto mobile grammofono
retto da quattro brevi gambe arcuate, con al
piano inferiore due portelli con all’interno
divisori verticali in legno per riporre dischi, al
disopra il piatto girevole azionato a molla con
manovella, il braccio pieghevole con la puntina
e una grande enorme tromba acustica.
Ricordo di avere ascoltato brani della
“Cavalleria rusticana e della Tosca”.
Sulla parete opposta a quella dei due mobili,
appesi sulla sinistra, due quadri con eguale
cornice, uno con l’effige di Garibaldi e l’altro
di Mazzini. Sulla destra una porta-finestra
comunicante con l’esterno e sul terrazzo.
Al centro del vano un tavolo rotondo in noce e
a intarsi con sopra un antico lume ad olio a tre
becchi e una tabacchiera, al centro e su un
bianco centrino ricamato un’anfora delle ceramiche
Molaroni con due anse a serpentelli
attorciliati e figure su fondo nero. Sei seggiole
800 di bella fattura di cui ne conservo ancora
due. Era sera e stava imbrunendo, il tavolo
leggermente spostato per meglio sistemare il
mobile radio a fronte del divano, una radio
Marelli di quelle a valvola sistemata entro un
apposito mobile in legno a due sportelli e
retto da quattro gambe (vedi foto sotto).
Si attendevano ospiti: Il medico a nome
Spartaco Gradi, un raffinato falegname restauratore
a nome Diotamo Urbinati, l’ufficiale
postale, un maestro elementare, un commerciante
di stoffe e il titolare di una cassa rurale.
Giunsero tutti puntuali e ben vestiti.
Ricordo il falegname con un completo chiaro
e un cappello a larghe tese.
Nonna, sistematili ai loro posti chiuse le
imposte e accese la radio, corse a spegnere la
luce centrale del lampadario a soffitto non
smentendo così la sua assodata parsimonia.
Gli ospiti, tutti silenziosi e il cappello sulle
ginocchia, fissavano attenti la piccola lucina
spia di colore verde della radio, ormai unico
riferimento luminoso nella stanza buia.
Dopo alcune scariche la voce arrivò improvvisa
e tutti ebbero un piccolo sussulto.
...”Abbiamo pazientato quarant’anni, ora
basta!” Si era nel 1935 e avevo 9 anni, mi
rallegrai per avere dovuto pazientare per molto
meno, senza però capire perché proprio ora
dovessi spazientirmi.
Giuseppa o Giuseppina Cinti, di Filippo e
Cippitelli Zenaide, nasce a Corinaldo (AN)
in data 24 Febbraio 1866.
All’età di anni diciotto si sposa con un
funzionario di stato e si trasferisce a Roma
il 19 giugno 1885, muore nello stesso
anno, per malattia infettiva, in data 8
Novembre.
• Vedi memoria scritta di Graziella Salucci.
• Vedi stato di famiglia al 31 Dicembre
1870 comune di Pesaro.
Pochi giorni fa, oggi è il 4 Aprile anno
2004, mi sono recato al vecchio cimitero
di S. Pietro in Calibano e con grande
sorpresa e commozione ho scoperto
ancora esistente la tomba di Giuseppa,
posta sulle mura di cinta del camposanto.
Sulla lapide vi è la sua foto con sotto
scolpito: “Giuseppina Cinti in Nicolini,
M. 8 Novembre 1885 di anni 18 e mesi 8”.
Sulla sinistra, della stessa lapide, foto di un
maturo signore con sotto scolpito:
“Giuseppe Nicolini, M. 26 Gennaio 1923
di anni 64”.
Evidentemente il marito, deceduto 38 anni
dopo, aveva espresso il desiderio di essere
posto accanto alla sua giovanissima sposa.
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