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Fig. 7 J. Tintoretto, L’Estate, o
l’elemento Acqua: Bacco sposa
Arianna, mentre Venere le toglie la
corona astrale, 1578 c., Seconda tela
della sala dell’Anticollegio, Venezia,
Palazzo Ducale
come lo fa Filostrato nella tavola di Ariadna quando lo dipinge che vada a lei con
bella veste, porpora, lunga e grande, e coronato di rose”. E come possiamo riscontrare
in questa mostra nella versione rigorosamente “filologica “di Carpioni
(cat. 62).
Quanto segue tocca il cuore delle rappresentazioni bacchiche che sempre
privilegiarono, ben prima di Vincenzo, l’incontro con Arianna, piantata in Nasso 40
da Teseo, con il conseguente “atto amoroso” che fu occasione prima, secondo il
nostro autore, della formazione dei “misteri e delle cerimonie che usarono nelle
sue feste, le quali da principio furono celebrate con pompa tale: era portata innanzi
un’anfora di vino con rami di vite e la seguiva chi si traeva dietro un capro, poi veniva
chi si portava una cesta di noci, et in ultimo era il fallo, che fu la imagine del
membro virile” 41 .
Ci addentreremmo in un oceano senza fine se uscissimo dal binario – o, ribadisco,
dalla scorciatoia – del trattato di Cartari, per affrontare la casistica delle fonti
– letterarie e archeologiche – dell’incontro a Nasso e del trionfo di Dioniso su carro
con affollato corteo (figg. 9-10) di “quelli tutti che quasi sempre erano con lui,
come femine ardite e feroci, diverse e vaghe Ninfe, Sileni, Satiri, Silvani et altri simili
(li quali, come scrive Strabone, erano ministri e seguaci di Bacco e chiamavasi
il coro e la compagnia di Ariadna), lo seguitavano gridando con voci liete” – come
compendiariamente illustra la tavola 68 di accompagnamento. Questi due specifici
soggetti dionisiaci, infatti, – incontro e trionfo – sono senza paragoni i più frequentati
in ogni tempo, e tra i prediletti dell’arte cinque-settecentesca, per quanto
attiene all’ambito di nostro riferimento. Limitiamoci al dettato, per quanto assai
riduttivo – e limitativo (ma anche sufficientemente esaustivo) – di Vincenzo stesso
che non manca di arricchire il testo con citazioni dirette, da Catullo ad esempio:
“Andavano scuotendo i verdi tirsi/ Alcuni, alcuni le squarciate membra 42 / Del vitello
portavano 43 , una parte/ Con ritorti serpenti si cingeva 44 / Et una parte ne le cave
ceste/ Portando celebrava i bei misteri,/ I misteri da gli empi indarno cerchi 45 ”. Le
fonti di derivazione di questi ‘baccanali’ sono Plutarco e Ateneo con una fuggevole
citazione (“il riferirla or a me non servirebbe altro che di perdere tempo” 46 ) della
sua descrizione della memorabile “pompa baccanale ambiziosissima” allestita dal
discendente del Macedone Tolomeo Filadelfo in Alessandria, sul modello del trionfo
Fig. 8 Tiziano, Bacco e Arianna in
Nasso. Trasformazione della corona
in costellazione, 1520-23, Londra,
National Gallery
di Dioniso in India, già ricelebrato da Alessandro il Grande nel solenne ingresso in
Babilonia, al ritorno dalla campagna contro re Poro.
L’episodio dell’incontro con Arianna (figg. 7-8, cat. 62) e il rilievo dato alla sua
figura nel trattato del Reggiano sono comunque impari, come nel caso della nascita
del dio, a una tradizione e a un’eredità iconografiche di ben altre proporzioni.
Stupisce infatti che, ad esempio, non ci sia traccia della corona di Arianna che
fu tolta – non imposta, come troppi esegeti hanno creduto e scrivono ancora! – da
Bacco innamorato dal capo dell’amata, per liberarla da un impegno sponsale contratto
con Teseo che gliela aveva donata 47 prima di abbandonarla sull’isola e disimpegnare
così la sventurata fanciulla in vista di nuove nozze, e per di più divine!,
mentre la corona, proiettata in cielo, godeva del celebre catasterismo di trasformazione
in costellazione boreale 48 .
Altro passaggio che conferma una metodologia anticipatrice della scienza
moderna e dei suoi risultati – che vengono solo sfiorati dal Nostro per carenza di
strumentazione di ‘vera’ ricerca – è il successivo quando viene spiegata la funzione
e la sacralità del “cribro”, identificabile con il ventilabro 49 che, “come dice Servio,
credeano gli antichi che giovasse molto i sacramenti di Bacco, alla purgazione
degli animi […] purgati come si purga il grano” (fig. 12, cat. 61). Al cui impiego e al
cui significato già Boccaccio aveva riservato attenzione riferendo come lo strumento
servisse per smaltire l’ubriachezza, considerata tuttavia “sacramento di Bacco”,
passata la quale – commenta il Cartari – “e rassettatosi il cervello pare che l’animo
si abbia scordato ogni travaglio e spogliatosi tutti i noiosi pensieri rimanghi lieto e
tranquillo, come dice Seneca ancora ove scrive della tranquillità dell’animo”.
5. Il capoverso seguente, pur non recando indicazione ‘a esponente’ di paragrafo,
segna una svolta nel tono della trattazione in direzione che potremmo definire più
marcatamente ‘lenticolare’ o focalizzante. Si esordisce meglio specificando la ragione
dell’adozione dell’appellativo di “Libero Padre perché beendo largamente
l’uomo si libera da’ pensieri fastidiosi e parla liberamente assai che quando è sobrio”.
Ma anche perché il dio,come dice Plutarco, “combatté già assai” per la li-
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