sommario 2/2011 - CAI Sezione di Padova
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63<br />
<strong>sommario</strong><br />
Club Alpino Italiano<br />
<strong>Sezione</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong><br />
Cronache<br />
Presidenza al cambio della guar<strong>di</strong>a • Chi è Angelo Soravia, il nuovo presidente<br />
• Armando Ragana e la sua "lunga" presidenza • Armando Ragana<br />
- Impressioni • Caro Armando • Alessandro Baù è Accademico del <strong>CAI</strong> •<br />
Consiglio Direttivo <strong>2011</strong> • Gita fra amici <strong>CAI</strong> <strong>Padova</strong> - DAV Friburgo • 59°<br />
Filmfestival <strong>di</strong> Trento • Un giorno coi "veci"<br />
Dialoghi<br />
Ritorniamo in forcella • Piazzetta Nievo<br />
Diario Alpino<br />
Racconti <strong>di</strong> quasi-alpinismo • La stra<strong>di</strong>na fantasma <strong>di</strong> Casera Bitti • Cengia<br />
degli Dei • Mount Kenya, 1981-2010 • Kenya - 30 anni dopo • Semplicemente<br />
Lagorai • Scialpinismo in Norvegia • Pelmo d'Oro • Tenerife: montagne in<br />
mezzo all'oceano • Trekking in Israele<br />
Recensioni<br />
I soci (si) raccontano<br />
In libreria<br />
Ricor<strong>di</strong>amo<br />
Cesare Bolzonella<br />
SEMESTRALE<br />
SEGRETERIA REDAZIONALE c/o <strong>Sezione</strong> <strong>CAI</strong><br />
35121 <strong>Padova</strong> - Gall. S. Bernar<strong>di</strong>no, 5/10<br />
Tel. 049 8750842 - www.caipadova.it - info@caipadova.it<br />
Poste Italiane Spa - Spe<strong>di</strong>zione in A.P. - D.L. 353/2003<br />
(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DR PD<br />
Autorizzazione del Tribunale <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> n. 401 del 5.5.06<br />
DIRETTORE RESPONSABILE: Giovanni Piva<br />
VICE-DIRETTORE: Lucio De Franceschi<br />
COORDINAMENTO: Francesco Cappellari<br />
COMITATO DI REDAZIONE: Renato Beriotto, Giuliano Bressan, Daniela Grigoletto,<br />
Vinicio Lorenzoni, Luigina Sartorati, Caterina Secco, Tonino Tognon, Leri Zilio,<br />
IMPAGINAZIONE GRAFICA e STAMPA: Officina Creativa<br />
1<br />
2/<strong>2011</strong>
Dopo 24 anni <strong>di</strong> presidenza, Armando Ragana<br />
ha passato il testimone e, dopo una<br />
votazione con verdetto sul filo <strong>di</strong> lana, il<br />
Consiglio Direttivo lo ha consegnato a me.<br />
Non è un'ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> poco conto quella che<br />
Armando lascia:<br />
- una sezione che da anni supera i 3000<br />
soci<br />
- un lavoro costante e continuativo <strong>di</strong> trecento/trecentocinquanta<br />
volontari impegnati<br />
come istruttori, accompagnatori,<br />
organizzatori <strong>di</strong> gite, serate culturali e<br />
altre iniziative, <strong>di</strong>stribuiti nella varie commissioni<br />
e che permettono una grande<br />
scelta <strong>di</strong> attività<br />
- due importanti rifugi che danno lustro<br />
(e ossigeno) alle attività della sezione e<br />
cronache<br />
un terzo che, ormai espropriato,<br />
stiamo <strong>di</strong>fendendo con i denti<br />
- una sede prestigiosa anche se<br />
ormai inizia a <strong>di</strong>mostrare qualche<br />
inadeguatezza rispetto alle attuali<br />
esigenze.<br />
Con questi presupposti il primo<br />
compito è quello <strong>di</strong> garantire la<br />
continuità, che però non deve essere<br />
immobilismo, ma potenziamento<br />
e aggiornamento dell’esistente<br />
alle nuove esigenze.<br />
L’impegno che cercherò <strong>di</strong> portare<br />
avanti assieme al Consiglio<br />
sarà perciò quello <strong>di</strong> creare nuove<br />
opportunità per gli iscritti e per<br />
cercare <strong>di</strong> farne <strong>di</strong> nuovi, senza<br />
intaccare il lavoro autonomo delle<br />
commissioni che già lavorano<br />
egregiamente.<br />
Ciò comporta però un allargamento<br />
del gruppo <strong>di</strong> soci <strong>di</strong>sposti<br />
ad attivarsi e <strong>di</strong> una soluzione logistica<br />
più adatta ad una maggiore<br />
fruibilità degli spazi sezionali.<br />
Perciò ringrazio fin da ora i soci<br />
che si metteranno a <strong>di</strong>sposizione<br />
per nuove iniziative e quelli che già si impegnano<br />
e continueranno a impegnarsi.<br />
Poi un ringraziamento a tutto il Consiglio<br />
ed in particolare a Luciano Carrari che ha<br />
accettato <strong>di</strong> sostituirmi nel ruolo <strong>di</strong> Tesoriere<br />
e Luigina Sartorati e Oddo Ferro,<br />
Segretaria e Vicepresidente che hanno<br />
accettato <strong>di</strong> continuare ad affiancarmi<br />
dando continuità operativa al precedente<br />
Consiglio.<br />
Augurandovi un’estate ricca <strong>di</strong> paesaggi<br />
belli e sereni, <strong>di</strong> salutare fatica e sod<strong>di</strong>sfazioni<br />
sulle nostre montagne<br />
Angelo Soravia<br />
Un breve profilo biografico del neoeletto<br />
presidente, in particolare per gli aspetti<br />
che riguardano la sua attività nel Cai, è<br />
d'obbligo. Nato a Gorizia nel 1948, Angelo<br />
Soravia è membro della Scuola <strong>di</strong> Alpinismo<br />
da trent'anni, essendovi entrato appena<br />
due stagioni dopo la sua iscrizione<br />
al Cai nel 1979. L'ambiente invernale e<br />
la neve sono fin dal principio la sua passione,<br />
<strong>di</strong>viene istruttore <strong>di</strong> scialpinismo<br />
e frequenta la scuola. Collabora ai corsi<br />
<strong>di</strong> scialpinismo, sci escursionismo e poi<br />
anche <strong>di</strong> alpinismo e ghiaccio. Con la sua<br />
passione ed il suo estroverso carattere<br />
<strong>di</strong> trascinatore dà vita nel 1995 alla formazione<br />
<strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> sci escursionisti.<br />
Nel frattempo accumula esperienze alpinistiche<br />
personali anche fuori dall'ar-<br />
cronache<br />
Presidenza al cambio della guar<strong>di</strong>a<br />
Chi è Angelo Soravia<br />
<strong>di</strong> Angelo Soravia il nostro nuovo presidente <strong>di</strong> Giovanni Piva<br />
2<br />
3<br />
co Alpino, partecipando a varie<br />
spe<strong>di</strong>zioni extraeuropee, che lo<br />
portano per quattro volte a superare<br />
i 5mila metri e a raggiungere<br />
la cima <strong>di</strong> cinque seimila. Infruttuosi,<br />
ma non certo sotto il profilo<br />
dell'esperienza, due tentativi<br />
all'Aconcagua. Tra le montagne<br />
extraeuropee salite, Angelo Soravia<br />
ha all'attivo Elbrus, Ararat, Illimani,<br />
Huaina Potosi, Kilimanjaro,<br />
Toubkal. Numerosi poi i viaggi<br />
e trekking effettuati in varie parti<br />
del mondo.<br />
Tornando all'alpinismo <strong>di</strong> casa<br />
nostra, Angelo Soravia mette a<br />
frutto anche per l'associazione le<br />
sue competenze nel settore e<strong>di</strong>toriale,<br />
che lo vedono impegnato<br />
professionalmente come e<strong>di</strong>tore<br />
<strong>di</strong> montagna, con una spiccata<br />
passione anche per il trekking e<br />
la mountain bike escursionistica,<br />
<strong>di</strong> cui è personalmente autore<br />
<strong>di</strong> guide. Nel 2002 partecipa alla<br />
stesura <strong>di</strong> un quaderno <strong>di</strong>dattico<br />
presentato dal <strong>CAI</strong> <strong>Padova</strong> con il<br />
contributo della Regione Veneto.<br />
Pochi anni più tar<strong>di</strong>, quando la<br />
sezione padovana prepara i festeggiamenti<br />
per celebrare il suo primo<br />
centenario, gli affida il coor<strong>di</strong>namento e<br />
la realizzazione del volume storico sul<br />
Cai <strong>Padova</strong> che racchiude l'intera e ricchissima<br />
panoramica sull'attività sezionale<br />
dalla sua nascita al 2008. In consiglio<br />
<strong>di</strong>rettivo sezionale Soravia è stato per<br />
due perio<strong>di</strong>, prima nel 2001, poi dal 2007<br />
con l'incarico <strong>di</strong> tesoriere, che affianca a<br />
quello <strong>di</strong> bibliotecario, un'altra sua passione<br />
che sicuramente si tradurrà in iniziative<br />
<strong>di</strong> rilancio nell'ambito della sua<br />
presidenza del Cai padovano.<br />
Giovanni Piva
Armando l’ho conosciuto da allievo frequentando<br />
il Corso <strong>di</strong> Roccia nel 1974 e<br />
con lui ho fatto la mia prima salita sulle<br />
Pale <strong>di</strong> S. Martino. Da allora <strong>di</strong> tempo ne<br />
è passato ma la sua presenza all’interno<br />
del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> è sempre stata una costante<br />
che mi e ci ha accompagnato fino<br />
ad oggi.<br />
Istruttore Regionale all’interno della<br />
Scuola <strong>di</strong> Alpinismo <strong>di</strong> cui ne è stato poi<br />
il Direttore per due mandati dal 1981 al<br />
1987 e contemporaneamente membro del<br />
Consiglio Direttivo della <strong>Sezione</strong> <strong>di</strong> cui poi<br />
<strong>di</strong>verrà Presidente nel 1987.<br />
A conti fatti quin<strong>di</strong> ha fatto ben 23 anni <strong>di</strong><br />
presidenza, un record e visto che alla sua<br />
elezione ero presente anch’io in qualità <strong>di</strong><br />
Consigliere, sono 23 anni che con<strong>di</strong>vido<br />
con lui gioie e dolori della <strong>Sezione</strong>.<br />
Certo, molte cose sono cambiate dal<br />
1987 e se penso a come funzionava il <strong>CAI</strong><br />
all’inizio della sua presidenza, mi meraviglio<br />
e mi complimento con lui per come<br />
sia riuscito a gestire svariate vicissitu<strong>di</strong>ni<br />
rimanendo al passo con i tempi.<br />
Basti pensare a tutti i problemi legati al<br />
riconoscimento del <strong>CAI</strong> come Associazione<br />
e <strong>di</strong> conseguenza alla ristrutturazione<br />
della gestione economica, ai problemi legati<br />
ai lavori dei rifugi, alla gestione delle<br />
varie commissioni che nel corso degli<br />
anni sono andate aumentando, ai rapporti<br />
non sempre semplici con la Sede Legale,<br />
fino ai giorni nostri quando nel 2008 sono<br />
stati festeggiati i 100 anni della <strong>Sezione</strong><br />
<strong>di</strong> <strong>Padova</strong> con una serie <strong>di</strong> iniziative delle<br />
quali Armando fu entusiasta propositore.<br />
Assieme abbiamo visto nascere il Parco<br />
dei Colli Euganei e assieme abbiamo partecipato<br />
a numerose riunioni che hanno<br />
portato nel 2009 all’acquisto da parte del<br />
Parco della storica palestra <strong>di</strong> arrampicata<br />
<strong>di</strong> Rocca Pen<strong>di</strong>ce, questione questa<br />
che ad Armando stava particolarmente a<br />
cuore visto i suoi passati all’interno della<br />
Scuola <strong>di</strong> Alpinismo, un successo questo<br />
dettato dalla sua tenacia nel <strong>di</strong>fendere la<br />
cronache<br />
Armando Ragana e la sua “lunga” presidenza<br />
4<br />
storia e le tra<strong>di</strong>zioni legate a questo sito.<br />
Sicuramente Armando non ha mai avuto<br />
un carattere facile e lo ha <strong>di</strong>mostrato nel<br />
corso <strong>di</strong> tutti questi anni nei quali durante<br />
le varie riunioni del Consiglio Direttivo<br />
non sono mancate accese e vivaci <strong>di</strong>scussioni;<br />
bisogna riconoscere però che il suo<br />
comportamento è sempre stato improntato<br />
sulla democraticità tenendo fermo<br />
il principio che “il Consiglio è sovrano” e<br />
bisogna dargli atto che non ha mai cercato<br />
<strong>di</strong> scavalcare o aggirare il Consiglio<br />
su questioni che a volte si sono rilevate<br />
particolarmente delicate.<br />
Secondo me uno dei suoi meriti maggiori<br />
sta nel fatto <strong>di</strong> essere riuscito a traghettare<br />
il <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> da un sistema<br />
<strong>di</strong>lettantistico <strong>di</strong> gestire la sezione a un<br />
modo più moderno e attuale <strong>di</strong> svolgere<br />
le numerose attività coinvolgendo tutte<br />
le persone che volontariamente prestano<br />
la loro opera, basti pensare alle ultime<br />
commissioni nate quali quelle dell’Alpinismo<br />
Giovanile <strong>di</strong> cui Armando capì subito<br />
l’enorme potenzialità e quella dei Veterani<br />
che a tutt’oggi è una palese e numerosa<br />
realtà.<br />
Adesso Armando ha passato il testimone<br />
e con ciò si chiude un’epoca, assieme a<br />
lui se ne vanno molti ricor<strong>di</strong> connessi con<br />
la vita sezionale, alcuni <strong>di</strong> questi rimarranno<br />
in<strong>di</strong>ssolubilmente legati alla sua<br />
persona, altri resteranno a <strong>di</strong>sposizione<br />
<strong>di</strong> chi assumerà il “timone” dopo <strong>di</strong> lui<br />
per tutti noi. Al nuovo Presidente auguro<br />
<strong>di</strong> guardare avanti senza però ogni tanto<br />
volgersi in<strong>di</strong>etro tenendo presente un<br />
vecchio proverbio arabo che <strong>di</strong>ce :” se non<br />
sai dove stai andando, girati per vedere da<br />
dove vieni”.<br />
Lucio De Franceschi<br />
<strong>di</strong> Lucio de Franceschi<br />
Presidente della sezione <strong>CAI</strong> <strong>Padova</strong> per<br />
oltre 20 anni.<br />
Sono iscritta al <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> da pochi<br />
anni, perciò la mia esperienza è breve e<br />
non posso quin<strong>di</strong> esprimere molto sul nostro<br />
Presidente Armando Ragana. È certo<br />
però che la sua figura piuttosto singolare<br />
non può che avermi colpito. Vi spiego subito<br />
perché.<br />
Persona <strong>di</strong> bell’aspetto e sempre curata,<br />
<strong>di</strong>mostra ancora un’energia tutta giovanile;<br />
spesso sorridente, dai mo<strong>di</strong> molto<br />
gentili, dalla personalità positiva e, come<br />
scoprirò poi, animata dalla forte convinzione<br />
<strong>di</strong> quello che <strong>di</strong>ce e che propone.<br />
In seguito, ho avuto modo <strong>di</strong> conoscere<br />
l’ambiente e seguire un po’ <strong>di</strong> più il Presidente<br />
nella vita sezionale,in cui si è rivelato<br />
essere un personaggio autentico,<br />
non solo ‘<strong>di</strong> forma’ come tanti se ne vedono<br />
in giro al giorno d’oggi; frequentandolo<br />
poi si scopre presto una caratteristica<br />
<strong>di</strong>stintiva: la sua proverbiale loquacità!!<br />
Quanti i <strong>di</strong>scorsi iniziati con la fati<strong>di</strong>ca<br />
frase: “ Dirò solo due parole” e .. va avanti<br />
qualche decina <strong>di</strong> minuti …! Memorabile !<br />
Se lo ascolti, però, avverti la sua straor<strong>di</strong>naria<br />
volontà <strong>di</strong> comunicare e con<strong>di</strong>videre<br />
la propria passione, più che un vuoto desiderio<br />
<strong>di</strong> apparire.<br />
Forse però “l’effetto collaterale” <strong>di</strong> questa<br />
sua forte passione e <strong>di</strong>sponibilità è<br />
stato a volte l’essere un po’ troppo idealista,<br />
e ogni tanto bisogna richiamarlo sulla<br />
terra o fargli presente che certe cose<br />
vanno adeguate ai tempi <strong>di</strong> oggi, che corrono,<br />
fuggono, sempre più veloci.. .<br />
La sua esperienza alpinistica è stata<br />
lunghissima ed anche a livelli <strong>di</strong> tutto rispetto:<br />
innumerevoli escursioni, scalate,<br />
arrampicate in Dolomiti e non solo, sono<br />
famose alcune spe<strong>di</strong>zioni extraeuropee.<br />
Non c’è dubbio che Armando ami la montagna;<br />
crede molto nell’amicizia come valore,<br />
cercando il più possibile <strong>di</strong> passare<br />
oltre le inevitabili tensioni e <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong><br />
carattere… perché si sa, tra frequenta-<br />
cronache<br />
Armando Ragana - Impressioni<br />
5<br />
<strong>di</strong> Valeria Baratella<br />
tori della montagna si ha tutti chi più chi<br />
meno un certo carattere.<br />
Armando fino all’ultimo, seppur sia lui<br />
stesso a <strong>di</strong>re che 20 e più anni ininterrotti<br />
<strong>di</strong> presidenza siano troppi, <strong>di</strong>mostra ancora<br />
<strong>di</strong> portare avanti la sua attività con<br />
convinzione; accanto alle inevitabili faccende<br />
burocratiche, a volte fonte <strong>di</strong> pensieri<br />
e problemi <strong>di</strong> lunga ed incerta soluzione,<br />
vi è sempre l’intento <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong><br />
mantenere viva la passione verso la montagna,<br />
e trasmetterla a tutti coloro che<br />
vogliono raccoglierla.<br />
Queste sono solo brevi, sicuramente parziali,<br />
semplici impressioni che mi sono<br />
sentita <strong>di</strong> raccontare sul nostro Presidente;<br />
ma resta il fatto che, in questa carica<br />
impegnativa e non banale, Armando sia<br />
stato un eccellente presidente per la nostra<br />
<strong>Sezione</strong> del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong>. Ha cercato<br />
sempre <strong>di</strong> mantenere alto e vivo lo spirito<br />
della <strong>Sezione</strong>, senza cadere in banali<br />
e improduttive celebrazioni <strong>di</strong> se stesso.<br />
E adesso che si può godere la montagna...<br />
finalmente in tutta tranquillità, non ci resta<br />
che esprimere un caloroso saluto ed<br />
un sentito ringraziamento al nostro Armando<br />
Ragana.<br />
Valeria Baratella<br />
(al secondo anno <strong>di</strong> consiglio <strong>di</strong>rettivo)
Caro Armando,<br />
in questi ultimi mesi, da quando la tua lunghissima presidenza del <strong>CAI</strong><br />
<strong>di</strong> <strong>Padova</strong> è giunta al termine, sempre più spesso ti ve<strong>di</strong>amo partecipare alle nostre<br />
escursioni del Gruppo Veterani.<br />
Ti ve<strong>di</strong>amo con grande gioia. E tu senti sicuramente tutto il nostro affetto;<br />
tu che non hai mai perso occasione per sottolineare con orgoglio che <strong>di</strong> questo Gruppo<br />
Veterani sei stato, oltre una ventina <strong>di</strong> anni fa, uno dei fondatori; tu che ci hai sempre<br />
aiutati a crescere nell’ambito della <strong>Sezione</strong> con i tuoi consigli, con il tuo appoggio, con<br />
la tua autorevolezza.<br />
Ora noi ti sentiamo più che mai come uno <strong>di</strong> noi, anzi come il più veterano<br />
dei veterani. E ti ve<strong>di</strong>amo (nonostante gli anni, caro Armando!) così pieno <strong>di</strong><br />
entusiasmo, così curioso <strong>di</strong> conoscere cose nuove, così innamorato della vita e <strong>di</strong> ciò<br />
che la vita può ancora darci, da rappresentare per tutti noi un esempio che non sarà<br />
facile imitare. Davanti alla tua semplicità ed alla tua cor<strong>di</strong>alità noi <strong>di</strong>mentichiamo il tuo<br />
prestigioso passato da Presidente per darti con altrettanta semplicità tutta la nostra<br />
amicizia.<br />
Faremo ancora insieme molte escursioni, se Dio vorrà. E ci auguriamo<br />
che il cuore <strong>di</strong> noi tutti possa conservarsi sempre giovane come il tuo.<br />
Un abbraccio.<br />
PRESIDENZA<br />
SORAVIA ANGELO Presidente<br />
FERRO ODDO Vice presidente<br />
SARTORATI LUIGINA Segretario<br />
CARRARI LUCIANO Tesoriere<br />
DELEGATI<br />
SORAVIA ANGELO (Presidente <strong>Sezione</strong>)<br />
BARATELLA VALERIA<br />
CARRARI LUCIANO<br />
MASTELLARO ANTONIO<br />
SARTORATI LUIGINA<br />
TOSATO ANTONIO<br />
ZECCHINI GIORGIO<br />
cronache cronache<br />
Caro Armando Alessandro Baù è Accademico del <strong>CAI</strong><br />
CONSIGLIO DIRETTIVO ANNO <strong>2011</strong><br />
6<br />
Il Consiglio Direttivo del<br />
GRUPPO VETERANI<br />
CONSIGLIERI<br />
BARATELLA VALERIA<br />
BASSANESE PAOLO<br />
BERIOTTO RENATO<br />
BERNARDIN FEDERICO<br />
CAPPELLARI FRANCESCO<br />
DE FRANCESCHI LUCIO<br />
EDIFIZI STEFANO<br />
GOBBIN CRISTIANO<br />
MAGRO PAOLO<br />
MARRONE MICHELE<br />
MONTECCHIO GIANNI<br />
PAURO LUIGI<br />
TOGNON TONINO<br />
ZECCHINI GIORGIO<br />
Lo scorso mese <strong>di</strong> aprile Alessandro Baù, istruttore <strong>di</strong><br />
arrampicata libera della Scuola F. Piovan, è stato nominato<br />
membro del Club Alpino Accademico Italiano.<br />
Il CAAI è una sezione costituita in seno al Club Alpino<br />
Italiano e ne fanno parte alpinisti con particolare attività,<br />
sia per quantità che per qualità. Nell'intera penisola<br />
si contano solamente poco più <strong>di</strong> 300 unità.<br />
Ora anche Alessandro è entrato a far parte <strong>di</strong> questo<br />
sodalizio. Nota la sua attività <strong>di</strong> notevole rilievo. In primo<br />
piano naturalmente le salite e gli exploits compiuti sulla<br />
parete nord ovest della Civetta. Le prime ripetizioni <strong>di</strong><br />
"W Mejico Cabrones", <strong>di</strong> “Eliana”, <strong>di</strong> “Terapia d’urto al<br />
guanaco” e <strong>di</strong> "Nuvole Barocche", la mitica via sul cuore<br />
della parete, gli hanno dato il via per <strong>di</strong>venire protagonista<br />
assoluto con le successive aperture <strong>di</strong> nuove vie.<br />
"Chimera Verticale" è sicuramente una <strong>di</strong> queste. La via, compresa tra la "Andrich" e<br />
la "Aste" a Punta Civetta, supera <strong>di</strong>fficoltà fino all'VIII ed è stata scalata con assicurazioni<br />
classiche.<br />
È seguita la prima ripetizione solitaria <strong>di</strong> “Capitan Sky-Hook” e poi la sua prima invernale<br />
effettuata nell'inverno del 2010 con Nicola Ton<strong>di</strong>ni.<br />
Un'in<strong>di</strong>scutibile qualità, quin<strong>di</strong>, che coniuga l'amore per l'arrampicata classica con le<br />
possibilità moderne derivanti da preparazione, allenamento e coraggio.<br />
Nel 2007 ha fondato, con alcuni amici, il gruppo alpinistico “Le Chimere” <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> <strong>di</strong><br />
cui è il coor<strong>di</strong>natore.<br />
Francesco Cappellari<br />
AVVISO DALLA SEGRETERIA<br />
LA SEDE RIMARRÀ CHIUSA DALL’8 AL 31 AGOSTO <strong>2011</strong><br />
Importante<br />
La scadenza per la presentazione degli articoli da inserire nel prossimo<br />
Notiziario è il 20 settembre <strong>2011</strong>.<br />
Onde evitare spiacevoli equivoci il materiale deve essere depositato<br />
presso la sezione nell’apposita cartellina preferibilmente su CD accompagnato<br />
da una stampa.<br />
Si prega <strong>di</strong> fornire testi in “word” e foto a parte.<br />
Si può anche spe<strong>di</strong>re via mail all’in<strong>di</strong>rizzo:<br />
redazione@caipadova.it<br />
7
Nel 2010, come ogni anno ci siamo incontrati<br />
con i nostri amici del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong>.<br />
L’appuntamento era a Bagni <strong>di</strong> Masino sul<br />
versante sud della Val Bregaglia. Insieme<br />
abbiamo superato i 900 metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello<br />
fino al Rifugio Omio. Durante la marcia<br />
abbiamo incrociato il bestiame che, terminato<br />
l’alpeggio estivo, scendeva pacificamente<br />
a valle. I pastori poi ci hanno fatto<br />
dare un’occhiata ai ripostigli pieni dei<br />
formaggi prodotti.<br />
Al mattino seguente, lungo il sentiero<br />
Roma, attraversato un ripido versante<br />
roccioso, abbiamo raggiunto la Val<br />
Porcellizzo. Dopo un’iniziale moderata<br />
ascesa, siamo incappati in una <strong>di</strong>scesa<br />
alquanto esposta, assicurata con lunghe<br />
catene <strong>di</strong> ferro. Fantastica la vista delle<br />
pareti meri<strong>di</strong>onali del Piz Ba<strong>di</strong>le e del<br />
Cengalo. Ai pie<strong>di</strong> del Ba<strong>di</strong>le potemmo vedere<br />
il rosso tetto del Rifugio Gianetti.<br />
Nel primo pomeriggio arriviamo al rifugio.<br />
Alcuni instancabili decidono, dopo<br />
aver sentito il parere del competente gestore<br />
del rifugio, <strong>di</strong> scalare il Pizzo Porcellizzo<br />
(3025). Un ghiaione nella ascesa,<br />
una scabrosa traversata su delle placche,<br />
accompagnati dai ripi<strong>di</strong> blocchi che formano<br />
la cima ci costano molta fatica e<br />
sudore. Però il panorama ci ripaga delle<br />
fatiche. Le Alpi Bergamasche e il Lago <strong>di</strong><br />
Como verso sud, il Monte Rosa e il Vallese<br />
ad ovest, a nord si intravedono al <strong>di</strong> là<br />
dei monti della Val Bregaglia le cime delle<br />
Alpi Urane, mentre ad est splende la cima<br />
innevata <strong>di</strong> fresco del Monte Disgrazia.<br />
Al crepuscolo raggiungiamo l’accogliente<br />
Rifugio Gianetti del Cai <strong>di</strong> Milano, dove<br />
con una cena a tre portate conclu<strong>di</strong>amo<br />
la giornata. Davanti a un bicchiere <strong>di</strong> vino<br />
rosso ci mettiamo a progettare con i nostri<br />
amici italiani per il prossimo anno.<br />
Come traguardo per il <strong>2011</strong> abbiamo scelto<br />
la parte sudest del Monte Rosa. Pino<br />
Dall’Olmo del Cai <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> stu<strong>di</strong>erá,<br />
come sempre con la solita cura, l’itinerario<br />
da seguire.<br />
cronache<br />
Gita fra amici <strong>CAI</strong> <strong>Padova</strong> - DAV Friburgo<br />
8<br />
Alle luci dell’alba scen<strong>di</strong>amo i 1400 metri<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello per Bagni <strong>di</strong> Masino. Versanti<br />
e pen<strong>di</strong>i sono ancora in ombra e solo a<br />
tarda mattinata il sole riesce ad entrare<br />
nella stretta valle. Nel Kurhotel <strong>di</strong> Bagni<br />
<strong>di</strong> Masino ha luogo il commiato <strong>di</strong> rito.<br />
Durante il viaggio <strong>di</strong> ritorno si fanno sentire<br />
i dolori muscolari – a chi nel gruppo<br />
che sale nell’Enga<strong>di</strong>na soleggiata, e a chi<br />
nell’altro gruppo che scende verso il Lago<br />
<strong>di</strong> Como e <strong>di</strong> Lugano. Però, che piacevoli<br />
dolori.<br />
Jupp Sartorius (Trad. Luciano Broseghini)<br />
Quest'anno la tra<strong>di</strong>zionale Gita fra amici<br />
del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> e del DAV <strong>di</strong> Friburgo<br />
si svolge ai pie<strong>di</strong> del Monte Rosa, fino a<br />
lambire il ghiacciaio del versante <strong>di</strong> Gressoney.<br />
L'incontro si terrà fra il 31 agosto e il 4<br />
settembre con partenza da <strong>Padova</strong> con<br />
mezzi propri. La partecipazione è limitata<br />
a <strong>di</strong>eci persone. I partecipanti devono<br />
avere un buon allenamento ed essere in<br />
grado <strong>di</strong> trascorrere la notte ai 3.500 metri<br />
del rifugio Mantova. Il massimo <strong>di</strong>slivello<br />
in salita è <strong>di</strong> 1.143 metri, mentre in<br />
<strong>di</strong>scesa è <strong>di</strong> 1.041 metri (1.925 se si scende<br />
a pie<strong>di</strong> dal Mantova al Pastore).<br />
L'incontro a Staffal (dopo Gressoney la<br />
Trinitè) è previsto per le ore 16:00 del 31<br />
agosto.<br />
Primo giorno: 31 agosto<br />
Partenza alle 16:30 da Staffal per il rifugio<br />
Gabiet con 534 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello in salita<br />
Pernottamento e ½ pensione € 45,00<br />
Secondo giorno: 1 settembre<br />
Partenza alle 8:00 per il rifugio Mantova<br />
con 1,143 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello in salita.<br />
Itinerario da definire al momento in base<br />
alle con<strong>di</strong>zioni atmosferiche.<br />
Pernottamento e ½ pensione € 55,00<br />
Terzo giorno: 2 settembre<br />
Partenza alle 8:00 per il rifugio Pastore<br />
in Valsesia con 1925 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello in <strong>di</strong>scesa.<br />
In alternativa sarà possibile usare la cabinovia<br />
da Punta Indren (240 metri in <strong>di</strong>scesa<br />
dal rifugio Mantova) ad Alagna e <strong>di</strong><br />
qui al rifugio.<br />
Pernottamento e ½ pensione € 35,00<br />
cronache<br />
9<br />
Quarto giorno: 3 settembre<br />
Partenza ore 9:00 per il rifugio Città <strong>di</strong> Vigevano<br />
utilizzando la cabinovia da Alagna<br />
Valsesia. La giornata sarà de<strong>di</strong>cata alla<br />
visita del museo Walser e della graziosa<br />
citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Alagna.<br />
Pernottamento e ½ pensione € 45,00<br />
Quinto giorno: 4 settembre<br />
Partenza alle 8:00 per Staffal dove avremo<br />
lasciato le macchine. Dislivello <strong>di</strong><br />
1.041 metri in <strong>di</strong>scesa.<br />
Bicchierata finale e rientro a casa.<br />
La partenza da <strong>Padova</strong> è prevista per il 31<br />
agosto alle ore 08.00 con arrivo a Gressoney<br />
S. Jean dopo circa cinque ore <strong>di</strong> viaggio.<br />
Sosta per il pranzo e visita al paese<br />
Walser, da cui raggiungeremo alle 16.00<br />
Staffal e qui incontreremo gli amici del<br />
DAV <strong>di</strong> Friburgo.<br />
La gita offre la possibilità <strong>di</strong> un incontro<br />
ravvicinato con il Monte Rosa che saliremo<br />
dal versante sud fino a lambire il<br />
ghiacciaio. Sarà l'occasione anche per<br />
chi lo conosce <strong>di</strong> vedere con i propri occhi<br />
<strong>di</strong> quanto il ghiacciaio si sia ritirato.<br />
La <strong>di</strong>scesa verso il rifugio Pastore per il<br />
Vallone delle Pisse (per le numerosissime<br />
cascate) necessita <strong>di</strong> una buona preparazione<br />
atletica e la fatica accumulata<br />
sarà smaltita il giorno seguente, <strong>di</strong> tutto<br />
riposo.<br />
Per tutta la <strong>di</strong>scesa lungo il Vallone incombe,<br />
alta sulla cima, la Capanna Margherita.<br />
La sosta successiva al Col d'Olen ci porta<br />
nei pressi dell'Istituto Mosso per gli stu<strong>di</strong><br />
sulla fisiologia umana in alta quota, costruito<br />
nel 1905.<br />
Per contatti scrivere a pdallomo@gmail.com, telefonare al numero 0424-281073 o<br />
chiedere informazioni in segreteria.
L'alpinismo non è solo muscoli<br />
e tecnica, le sue emozioni<br />
si trasformano anche<br />
in cultura. Il 59° Festival<br />
<strong>di</strong> Trento l’ha sottolineato<br />
benissimo con i film, i libri,<br />
gli incontri e gli eventi.<br />
Reinhold Messner e Simone<br />
Moro sono stati indubbiamente<br />
i gran<strong>di</strong> protagonisti<br />
<strong>di</strong> questo festival,<br />
con tre serate, veramente<br />
speciali, svoltesi in un<br />
esauritissimo au<strong>di</strong>torio S.<br />
Chiara.<br />
Il re degli ottomila ha condotto<br />
magistralmente la<br />
prima serata alpinistica<br />
“100 anni <strong>di</strong> free solo”.<br />
Partendo dalla celebrazione<br />
dei cento anni dalla celebre<br />
salita in solitaria <strong>di</strong><br />
Paul Preuss sulla parete<br />
est del Campanile Basso<br />
nelle Dolomiti <strong>di</strong> Brenta,<br />
Messner ha ripercorso<br />
la storia dell'esperienza<br />
più estrema dell'alpinismo,<br />
il "free solo ", la sfida<br />
dell'uomo alla parete con<br />
le proprie sole forze senza<br />
nessuno ausilio <strong>di</strong> alcun<br />
mezzo artificiale.<br />
L’exploit in salita e <strong>di</strong>scesa<br />
<strong>di</strong> Paul Preuss (28 luglio<br />
1911), vera pietra miliare<br />
nella storia dell'alpinismo,<br />
è stato rivissuto con l'aiuto<br />
delle immagini tratte<br />
dal film <strong>di</strong> Severino Casara<br />
“Gioventù sul Brenta”.<br />
Grazie anche all’intervento<br />
dell’accademico Diego<br />
Baratieri, che interpretò<br />
l'alpinista austriaco nella<br />
rievocazione della sua<br />
cronache<br />
59° Filmfestival <strong>di</strong> Trento <strong>di</strong> Giuliano Bressan<br />
ascensione, Messner ha<br />
spiegato il valore della filosofia<br />
che guidò quell’uomo<br />
a osare quella salita in<br />
anticipo sui tempi, senza<br />
chio<strong>di</strong> e senza corda:<br />
“Preuss aveva un'idea<br />
chiara, molto <strong>di</strong>versa da<br />
quella corrente: salire<br />
una parete <strong>di</strong> roccia ha<br />
senso solo senza il ricorso<br />
a mezzi artificiali.<br />
E anche da sopra a sotto.<br />
Per lui bisognava anche,<br />
o forse soprattutto,<br />
saper ri<strong>di</strong>scendere”.<br />
“La filosofia dell'arrampicata<br />
libera consiste nella<br />
sicurezza dell'arrampicatore,<br />
fondata solo sulla capacità<br />
<strong>di</strong> salire e dominare<br />
la paura. Entrando nel nostro<br />
inconscio”.<br />
L’evoluzione dell’alpinismo<br />
nei decenni successivi si<br />
è spesso <strong>di</strong>menticata <strong>di</strong><br />
Preuss ma la sua filoso-<br />
10<br />
fia è a più riprese risorta,<br />
perché nuovi protagonisti<br />
l’hanno messa in pratica<br />
sfuggendo ai con<strong>di</strong>zionamenti<br />
e alle semplificazioni<br />
dell’evoluzione tecnologica,<br />
tanto che oggi essa è<br />
più viva che mai. Con l’aiuto<br />
<strong>di</strong> un ricchissimo materiale<br />
fotografico Messner<br />
ha quin<strong>di</strong> proposto una<br />
rapida carrellata dei nomi<br />
<strong>di</strong> coloro che in qualche<br />
modo hanno saputo richiamarsi,<br />
nelle con<strong>di</strong>zioni più<br />
<strong>di</strong>verse, all’insegnamento<br />
<strong>di</strong> Preuss. Le immagini<br />
storiche delle imprese <strong>di</strong><br />
Emilio Comici, Claud Barbier,<br />
Hermann Bull, Walter<br />
Bonatti e altri, hanno<br />
narrato veri e propri brani<br />
<strong>di</strong> storia dell’arrampicata<br />
libera.<br />
Anche ai nostri giorni alcuni<br />
gran<strong>di</strong> climber mettono<br />
però in pratica quest'etica<br />
rigi<strong>di</strong>ssima. Fra loro c'è lo<br />
strepitoso Alex Honnold,<br />
protagonista nel 2008, a<br />
soli ventitré anni, della<br />
salita in solitaria, in meno<br />
<strong>di</strong> tre ore, della Regular<br />
Route sulla parete nordovest<br />
dell’Half Dome, in<br />
Yosemite e le immagini del<br />
film "Alone in the wall" che<br />
racconta l'impresa (vincitore<br />
nel 2010 della categoria<br />
alpinismo a Trento),<br />
hanno impressionato<br />
emotivamente la platea.<br />
Messner ha infine presentato<br />
Alexander Huber;<br />
originario <strong>di</strong> Trotsberg<br />
(Baviera), classe 1968,<br />
Alex guida alpina e arrampicatoreprofessionista,<br />
sta segnando la storia<br />
dell’alpinismo con eccezionale<br />
creatività e gran<strong>di</strong><br />
capacità atletiche. Le<br />
spettacolari immagini <strong>di</strong><br />
quattro vertiginosi filmati<br />
delle sue imprese in solitaria,<br />
tra i quali la via Hasse<br />
- Brandler sulla Cima<br />
Grande <strong>di</strong> Lavaredo e la<br />
via degli Svizzeri sul Grand<br />
Capucin, hanno introdotto<br />
un’interessante e vivace<br />
<strong>di</strong>scussione con Huber.<br />
Le riprese “da far accapponare<br />
la pelle”, parole <strong>di</strong><br />
Reinhold, hanno evidenziato<br />
oltre alle gran<strong>di</strong> potenzialità<br />
fisiche e tecniche<br />
la concentrazione assoluta<br />
<strong>di</strong> questo signore del free<br />
solo.<br />
Com'era facile prevedere,<br />
au<strong>di</strong>torio esaurito anche<br />
per la serata “Simone<br />
cronache<br />
Moro insieme a Garmin<br />
sul Gasherbrum II”, che ha<br />
fatto rivivere all’attentissimo<br />
pubblico i vari momenti<br />
<strong>di</strong> questa eccezionale<br />
sfida agli ottomila nelle<br />
con<strong>di</strong>zioni ambientali più<br />
estreme.<br />
Lo scorso 2 febbraio Moro,<br />
assieme al kazako Denis<br />
Urubko e all'americano<br />
Cory Richards è stato protagonista<br />
<strong>di</strong> una storica<br />
impresa, la prima salita<br />
invernale del Gasherbrum<br />
II, 8035 metri, la 13ma<br />
montagna più alta della<br />
terra nel cuore del Karakorum.<br />
Con il Makàlu<br />
raggiunto il 9 febbraio del<br />
2009 e il Gasherbrum II,<br />
Moro e Urubko hanno collezionato<br />
una doppietta<br />
<strong>di</strong> prime invernali senza<br />
precedenti e per Moro si è<br />
trattato del terzo ottomila<br />
in prima invernale, avendo<br />
salito anche lo Shisha<br />
Pangma. Prima <strong>di</strong> lui solo<br />
alpinisti fortissimi del calibro<br />
<strong>di</strong> Jerzy Kukuczka<br />
e Krzysztof Wielicki, entrambi<br />
polacchi, erano riusciti<br />
a fare tanto negli anni<br />
’80 e ‘90.<br />
L’introduzione <strong>di</strong> Marco<br />
Albino Ferrari, <strong>di</strong>rettore<br />
<strong>di</strong> Meri<strong>di</strong>ani Montagne, ha<br />
ben evidenziato, presentando<br />
Moro e il suo alpinismo<br />
"ipertecnologico", le<br />
caratteristiche <strong>di</strong> quest’alpinista<br />
bergamasco, tanto<br />
determinato quanto modesto:<br />
«Un giorno <strong>di</strong> lui <strong>di</strong>ranno<br />
che è stato un pionie-<br />
11<br />
Simone Moro e Alex Huber<br />
re del nuovo alpinismo<br />
esattamente come noi<br />
oggi, pensando al secolo<br />
scorso, guar<strong>di</strong>amo a eroi<br />
come Bonatti e Messner<br />
a loro volta pionieri che<br />
hanno cambiato la pratica<br />
dell'arrampicata».<br />
Simone Moro, quarantatré<br />
anni, 44 spe<strong>di</strong>zioni alle<br />
spalle con 11 ottomila saliti,<br />
si è quin<strong>di</strong> presentato<br />
sul palco <strong>di</strong>cendo <strong>di</strong> voler<br />
<strong>di</strong>mostrare che, in fondo,<br />
lui usa solo mezzi e strumenti<br />
<strong>di</strong>versi per comunicare<br />
le stesse emozioni <strong>di</strong><br />
chi l’ha preceduto. Diretto<br />
e abile nello strappare il
sorriso, Simone non si è<br />
limitato a raccontare la<br />
straor<strong>di</strong>naria impresa del<br />
Gasherbrum II ma ha voluto<br />
spiegare e mostrare<br />
l'intera evoluzione della<br />
sua carriera, dalle prime<br />
spe<strong>di</strong>zioni fino all'ultima<br />
impresa; al centro <strong>di</strong> tutto,<br />
il tema della narrazione<br />
dell'alpinismo e del suo<br />
sviluppo, dalle foto in bianco<br />
e nero <strong>di</strong> Bonatti sul<br />
Cervino, all'uso o<strong>di</strong>erno <strong>di</strong><br />
Gps e satellitare.<br />
Dopo aver raccontato le<br />
salite invernali allo Shisha<br />
Pangma e al Makalu (8462<br />
metri), Simone ha infine<br />
fatto vedere le immagini<br />
sulla sua ultima salita invernale<br />
al Gasherbrum II,<br />
la prima a un 8000 del Karakorum,<br />
spiegando i mille<br />
perché <strong>di</strong> una salita dura,<br />
al limite dell'impossibile,<br />
affrontata a 50° sottozero,<br />
che ha visto lui e i suoi<br />
compagni sfuggire a una<br />
cronache<br />
Sul palco del Filmfestival<br />
Reinhold Messner, Walter Bonatti e Pierre Mazeaud<br />
valanga che li ha trascinati,<br />
indenni, per 150 metri.<br />
Dal racconto dell’eccezionale<br />
salita, risalta in modo<br />
inequivocabile come il<br />
team dall'arrivo al campo<br />
base alla vetta non abbia<br />
sbagliato nulla. Preparazione,<br />
acclimatamento,<br />
allestimento dei campi e,<br />
infine, la scelta <strong>di</strong> tentare,<br />
dopo soli ventidue giorni,<br />
la cima nella prima, forse<br />
anche unica, finestra <strong>di</strong> bel<br />
tempo a <strong>di</strong>sposizione. Tre<br />
giorni per salire da quota<br />
5100 fino all’ultimo campo<br />
da cui spiccare nel cuore<br />
della notte l'ultimo balzo<br />
<strong>di</strong> 1100 metri in stile alpino<br />
e senza ossigeno.<br />
La velocità con cui è stata<br />
portata a termine l’impresa,<br />
dunque la preparazione<br />
fisica dei tre e le<br />
corrette informazioni ricevute<br />
dal consulente meteo,<br />
l'austriaco Karl Gabl,<br />
“quarto uomo” del team,<br />
12<br />
sono state determinanti<br />
per riuscire dove altre 16<br />
spe<strong>di</strong>zioni sul Karakorum<br />
avevano fallito.<br />
L’ultima serata “Montagna,<br />
pericolo ed esposizione",<br />
condotta ancora da<br />
Reinhold Messner in modo<br />
impeccabile, è stata senza<br />
dubbio la manifestazione<br />
clou <strong>di</strong> questo Festival.<br />
Sul palco <strong>di</strong> un più che mai<br />
affollatissimo Santa Chiara<br />
sono saliti, ospiti d'eccezione,<br />
Walter Bonatti e<br />
Pierre Mazeaud. Le due<br />
icone dell’alpinismo sono<br />
state invitate a raccontare<br />
l'amicizia <strong>di</strong> una vita, nata<br />
dopo una trage<strong>di</strong>a terribile:<br />
la morte <strong>di</strong> quattro loro<br />
compagni nella bufera del<br />
luglio '61 sul Pilone del<br />
Freney, l'ultimo problema<br />
irrisolto all'epoca, sul<br />
Monte Bianco.<br />
Messner ha inizialmente<br />
affrontato il tema<br />
dell'esposizione al pericolo.<br />
“La virtù <strong>di</strong> un alpinista”,<br />
ha affermato, “è<br />
non superare mai i propri<br />
limiti, ma al tempo stesso<br />
conquistare un gra<strong>di</strong>no<br />
in più. Oltre alla <strong>di</strong>fficoltà<br />
che bisogna saper superare<br />
e al pericolo sempre<br />
in agguato, la chiave dell'<br />
alpinismo è l'esposizione”.<br />
Il confronto leale e il porsi,<br />
pur sicuri dei propri mezzi,<br />
in situazioni al limite<br />
con la montagna, sono<br />
ragioni fondanti per gli alpinisti,<br />
anche se capacità<br />
ed esperienza non sono<br />
spesso sufficienti a evitarne<br />
i drammi. La vicenda<br />
del Pilone del Freney si<br />
presta in modo esemplare<br />
per documentare che cosa<br />
significhi "esposizione".<br />
Per spiegarlo è seguita<br />
una particolareggiata<br />
ricostruzione dei tragici<br />
eventi del 1961, tramite la<br />
proiezione <strong>di</strong> un bellissimo<br />
montaggio <strong>di</strong> video spagnoli,<br />
tedeschi, francesi e<br />
<strong>di</strong> alcuni spezzoni del film<br />
"Der blitz" <strong>di</strong> Lothar Brandler,<br />
accompagnati dal<br />
preciso commento tecnico<br />
<strong>di</strong> un Messner visibilmente<br />
emozionato.<br />
Per mostrare come oggi<br />
sia cambiata l'esposizione<br />
al pericolo, è salito sul palco<br />
il meteorologo austriaco<br />
Karl Gabl. Il consulente<br />
<strong>di</strong> Simone Moro ha illustrato<br />
come si eseguono in<br />
tempo reale previsioni dettagliate<br />
e ha ricostruito, in<br />
<strong>di</strong>retta, anche l'evoluzione<br />
meteorologica del giorno<br />
della trage<strong>di</strong>a dell’estate<br />
<strong>di</strong> cinquant’anni fa, evento<br />
sicuramente evitabile con<br />
i mezzi tecnologici <strong>di</strong> oggi.<br />
Una perturbazione inaspettata<br />
e senza tregua<br />
che sferzò in quota i due<br />
gruppi francese e italiano<br />
(sette alpinisti) che si erano<br />
uniti nella scalata per<br />
evitare un'inutile corsa<br />
alla prima ascensione. Lo<br />
jet stream avanzò dall'Inghilterra<br />
a 300 km orari<br />
e le temperature precipitarono;<br />
con<strong>di</strong>zioni terribili<br />
che durarono cinque<br />
cronache<br />
giorni. Quattro alpinisti<br />
morirono, dopo quattro<br />
notti <strong>di</strong> bivacco in con<strong>di</strong>zioni<br />
<strong>di</strong>sperate: Andrea<br />
Oggioni, Pierre Kohlman,<br />
Robert Guillaume e Antoine<br />
Vieille.<br />
La parola è quin<strong>di</strong> passata<br />
agli unici sopravvissuti<br />
ancora in vita, che con parole<br />
commosse ma chiare<br />
hanno quin<strong>di</strong> raccontato la<br />
loro esperienza. Bonatti ha<br />
ben illustrato l'evoluzione<br />
psicologica dei membri<br />
della cordata e ha sottolineato<br />
le <strong>di</strong>fficoltà date<br />
dal suo ruolo <strong>di</strong> leader del<br />
gruppo, in quanto alpinista<br />
più esperto e conoscitore<br />
del Monte Bianco; ha fatto<br />
inoltre rivivere la lotta fra<br />
la sua forza <strong>di</strong> volontà e il<br />
suo corpo, ammettendo<br />
anche <strong>di</strong> non aver compreso<br />
da subito l'eccezionalità<br />
del fenomeno meteorologico,<br />
ritardando così la <strong>di</strong>-<br />
13<br />
scesa. Mazeaud si è invece<br />
concentrato sulle emozioni<br />
<strong>di</strong> allora esprimendo<br />
infine un commento all'alpinismo<br />
<strong>di</strong> allora e <strong>di</strong> oggi:<br />
“In un mondo dove viviamo<br />
nella paura, non si può vivere<br />
senza passioni”.<br />
Sono seguite <strong>di</strong>verse domande<br />
da parte del pubblico<br />
prima della conclusione<br />
<strong>di</strong> Messner: “Non<br />
commuove solo la trage<strong>di</strong>a<br />
ma anche quello che è<br />
rimasto: uno straor<strong>di</strong>nario<br />
esempio <strong>di</strong> solidarietà.<br />
Mazeaud e Bonatti testimoniano<br />
i valori essenziali<br />
dell'alpinismo: purezza,<br />
estetica, etica”.<br />
Un lunghissimo applauso<br />
finale ha concluso questo<br />
incontro unico; più che<br />
una commemorazione, un<br />
omaggio a quell'alpinismo<br />
e a quegli uomini.<br />
Giuliano Bressan
Non è un giorno come un<br />
altro. Oggi c'è l'annuale<br />
inaugurazione dei corsi a<br />
Rocca Pen<strong>di</strong>ce. Ma non è<br />
un'inaugurazione come<br />
un'altra. Oggi arrampichiamo<br />
con i "veci" della<br />
Scuola Franco Piovan, i<br />
cosiddetti "emeriti".<br />
Sergio Carpesio, trait<br />
d'union tra gli istruttori<br />
in attività e gli ex, chiama<br />
a rapporto. L'idea è quella<br />
<strong>di</strong> far provare a questi<br />
eterni giovanotti ancora<br />
l'ebbrezza del vuoto e l'armonia<br />
del movimento in<br />
parete.<br />
Ci si trova sotto le rocce<br />
del Pirio con Lino Borto-<br />
cronache<br />
UN GIORNO COI "VECI" <strong>di</strong> Francesco Cappellari<br />
lami, Alfredo Dal Santo,<br />
Clau<strong>di</strong>o Ghiotto, Massimo<br />
Ragana e Francesco Veronese.<br />
Non tanti per la verità,<br />
speravamo in un gruppetto<br />
un po' più nutrito, ma<br />
chi per un impegno con la<br />
moglie, chi per la cresima<br />
del nipote, chi per la sciatica,<br />
fatto sta che ci contiamo<br />
su poche <strong>di</strong>ta.<br />
Nutro da anni un desiderio,<br />
tramandatomi da mio<br />
padre, è stato lui a portarmi<br />
in montagna. Era un<br />
profondo appassionato <strong>di</strong><br />
montagna e annoverava<br />
qualche importante scalata.<br />
Aveva fatto il Rosa, il<br />
14<br />
Cervino e il Bianco. Ricordo,<br />
quando andò proprio<br />
sul Monte Bianco ed io ero<br />
ancora bambino. Mi raccontò<br />
<strong>di</strong> ghiacciai immensi,<br />
<strong>di</strong> partenza a mezzanotte,<br />
<strong>di</strong> una lunga colonna <strong>di</strong> pile<br />
frontali e poi la cresta e la<br />
cima, meravigliosa. "Ero<br />
al sicuro, sai, perché sono<br />
salito con un istruttore<br />
della Scuola <strong>di</strong> Alpinismo,<br />
un vero "sestogra<strong>di</strong>sta"<br />
che si chiama Lino Bortolami".<br />
E così Lino <strong>di</strong>ventò<br />
fin da allora il mio mito.<br />
È proprio con Lino che ora<br />
mi sto legando per scalare<br />
queste ripide pareti <strong>di</strong><br />
trachite. Nutro per lui una<br />
cronache<br />
15
sincera simpatia, probabilmente<br />
per il comune<br />
ricordo <strong>di</strong> mio padre, ma<br />
sicuramente anche per la<br />
verace e grintosa <strong>di</strong>sposizione<br />
d'animo, unita ad<br />
una forza muscolare che<br />
si esprime a volte in contatti<br />
fisici da veri "machi",<br />
dove io ho sempre la peggio.<br />
Saliamo la "Grande", con il<br />
sole che illumina il sorriso<br />
<strong>di</strong> Lino. Trent'anni a sopire<br />
la voglia <strong>di</strong> salire in verticale.<br />
E questo momento è<br />
avvenuto assieme a me.<br />
Sulla parete a fianco salgono<br />
gli altri, il sole in<br />
controluce fa risplendere<br />
i loro capelli argentei ma<br />
fa ancor più apprezzare<br />
la vicinanza anche con Alfredo,<br />
Clau<strong>di</strong>o, Massimo,<br />
Francesco e tutti gli altri,<br />
anche quelli che oggi non<br />
ci son più, legati ad un'unica<br />
lunga corda che da più<br />
<strong>di</strong> settant'anni sale per le<br />
pareti del mondo.<br />
Tutti da autentici capicordata.<br />
Francesco Cappellari<br />
Pag. 14 - Il gruppo <strong>di</strong> istruttori<br />
in attività ed emeriti.<br />
Pag. 15 - Foto in alto: Lino<br />
Bortolami in azione.<br />
Foto in basso: Alfredo Dal<br />
Santo sullo spigolo della<br />
Grande.<br />
In questa pagina - Massimo<br />
Ragana attacca la Grande<br />
e un ritratto <strong>di</strong> Alfredo Dal<br />
Santo.<br />
cronache<br />
16<br />
Sono credente, ma senza nessuna fretta<br />
<strong>di</strong> verificare se esista o no il para<strong>di</strong>so.<br />
Vado a Messa quando ne sento la voglia e<br />
questo non mi succede spessissimo.<br />
Quando lo faccio però provo un intimo<br />
sollievo e cerco <strong>di</strong> seguire con attenzione<br />
i riti della cerimonia e ascoltare le parole<br />
del celebrante.<br />
Possibilmente senza essere <strong>di</strong>sturbato.<br />
Da quando frequento la Scuola <strong>di</strong> Alpinismo,<br />
quin<strong>di</strong> dal ’72, penso <strong>di</strong> non esser<br />
mai mancato ad una cerimonia <strong>di</strong> inaugurazione<br />
dei Corsi, come quella che si<br />
è svolta a Rocca Pen<strong>di</strong>ce l’otto maggio<br />
scorso.<br />
Nell’era oramai preistorica la Messa si<br />
celebrava sotto l’attacco della “Direttissima”,<br />
dove c’era una lapide a ricordo <strong>di</strong><br />
Emilio Comici e che ora non c’è più.<br />
L’altare era costituito da alcune grosse<br />
pietre <strong>di</strong> trachite sovrapposte l’una<br />
sull’altra e che in tempi non sospetti servivano<br />
agli “sfigati” come il sottoscritto<br />
a guadagnare quei pochi centimetri per<br />
poter superare il primo passaggio della<br />
“Comici”.<br />
Punto.<br />
Poi altare e prete vennero trasferiti in<br />
forcella, nel punto esatto in cui il sentiero,<br />
ora <strong>di</strong>ventato una “autostrada” grazie<br />
al contributo dell’”Ente Parco Colli”, si<br />
biforca in due <strong>di</strong>rezioni: una in <strong>di</strong>scesa<br />
verso la base della parete est e l’altra in<br />
salita verso le numerate.<br />
Un tavolino da campeggio e qualche fiore<br />
fresco raccolto nei pressi servivano per<br />
la circostanza.<br />
I pochi “climbers” che passavano <strong>di</strong> là e<br />
che non centravano nulla con la cerimonia,<br />
si guardavano attorno un po’ sorpresi<br />
e i più audaci, togliendosi il cappello, si<br />
facevano financo il segno <strong>di</strong> croce.<br />
Qualche anno più avanti ci misi del mio.<br />
All’inizio degli anni ’90, approfittando del<br />
fatto che ero <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> un corso <strong>di</strong> alpinismo,<br />
spostai la cerimonia sul prato<br />
della Regione, pensando che ci sarebbe<br />
<strong>di</strong>aloghi<br />
RITORNIAMO IN FORCELLA<br />
17<br />
stato più spazio a <strong>di</strong>sposizione per i devoti<br />
e numerosi “fedeli” che non in forcella.<br />
La storia andò avanti per un po’ <strong>di</strong> anni,<br />
sino a quando, in tempi più recenti, trovò<br />
collocazione sullo sterrato del parcheggio,<br />
fronte area da pic-nic, generosamente<br />
offerta sempre dall’onnipresente<br />
’’Ente Parco Colli”.<br />
E sino a qui niente <strong>di</strong> male, se non fosse<br />
per il fatto che, visti i risultati ottenuti, il<br />
luogo si presterebbe poco a quella esigenza<br />
<strong>di</strong> raccoglimento e rispetto che la<br />
celebrazione <strong>di</strong> una S. Messa richiede.<br />
Che uno ci creda o no.<br />
Però, inten<strong>di</strong>amoci, ascoltare la Messa<br />
non è obbligatorio.<br />
Uno può farne anche a meno o nella fattispecie<br />
venire un pò più tar<strong>di</strong>, giusto per<br />
l’appello.<br />
Obbligatorio dovrebbe essere semmai il<br />
rispetto per chi la Messa la vuole davvero<br />
ascoltare, demandando ad altro momento<br />
le proprie euforie chiassose.<br />
Allora invito chi <strong>di</strong> dovere a riconsiderare<br />
il posto dove portare il prete con l’altare<br />
e che per me potrebbe essere il titolo <strong>di</strong><br />
questo mio racconto.<br />
Se non altro potremmo stare certi che<br />
due passi fatti in più segnerebbero quel<br />
confine immaginario, che è il rispetto per<br />
gli altri, molto più efficace <strong>di</strong> quel povero<br />
nastro che un illuso del Coro pose domenica<br />
nel piazzale dove veniva celebrata la<br />
Messa, tirato fra due paletti in ferro su<br />
uno dei quali era appeso un cartello in cui<br />
era scritto pressappoco cosi:<br />
“La Messa è iniziata, per favore fate silenzio!”.<br />
Amen.<br />
Sergio Carpesio<br />
<strong>di</strong> Sergio Carpesio
Arrivavi dalla pianura e passate le strettoie e<br />
le gallerie del lago artificiale <strong>di</strong> Val Schener,<br />
all’improvviso, dopo una curva, compariva<br />
la vallata <strong>di</strong> Primiero.<br />
Era come uscire dall’acqua dopo un’immersione<br />
e respirare finalmente a pieni polmoni.<br />
La valle si apriva generosa, con i pen<strong>di</strong>i <strong>di</strong> boschi<br />
<strong>di</strong> abeti e larici ver<strong>di</strong>ssimi ed in fondo le<br />
cime rocciose gialle e grigie del gruppo delle<br />
Pale <strong>di</strong> San Martino. Nel piano prati coltivati<br />
e il torrente Cismon che scorreva impetuoso<br />
nella parte sinistra della vallata. I borghi <strong>di</strong><br />
Imer e Mezzano erano adagiati sulla destra<br />
orografica, più esposta al sole anche d’inverno,<br />
perché i monti intorno erano alti e quando<br />
la stagione volgeva al freddo, il sole non<br />
riusciva a scaldare tutta la vallata, ma solo<br />
i pen<strong>di</strong>i rivolti a sud, dove appunto c’erano i<br />
paesi. Dopo qualche chilometro entravi a<br />
Imer e Mezzano, dove la strada serpeggiava<br />
stretta tra le case e poi usciva dritta dritta<br />
fino a Fiera <strong>di</strong> Primiero. Arrivavi così, dopo<br />
un lungo rettifilo, nel centro abitato e nella<br />
piazzetta Nievo, che poi non era una piazza,<br />
semmai uno slargo o forse nemmeno questo:<br />
era un incrocio, dove confluivano varie<br />
strade, quella che proveniva dalla pianura,<br />
la via della Chiesa Parrocchiale, e<strong>di</strong>ficata più<br />
su, nel borgo vecchio, quella che portava a<br />
Transacqua, verso Tona<strong>di</strong>co e la val Canali,<br />
e quella che proseguiva per San Martino e il<br />
Passo Rolle.<br />
Lì, nella piazzetta, eri arrivato in montagna,<br />
alla fine del viaggio dalla pianura. Trovavi il<br />
bar Roma per una cioccolata calda e lo strudel<br />
<strong>di</strong> mele, il panificio con il profumo delle<br />
pagnotte appena sfornate che ti catturava<br />
dalla strada, la macelleria per lo speck <strong>di</strong><br />
montagna e i canederli da portare a casa<br />
al ritorno, il salumiere per le provviste per<br />
l’imminente escursione. Il fruttivendolo<br />
c’era, ma noi andavamo a quello più su, a<br />
Tona<strong>di</strong>co, dalla Piera. Nel nostro girovagare<br />
per il paese non poteva mancare una puntata<br />
al negozio <strong>di</strong> articoli sportivi, là, dopo<br />
il bar Roma, per le ultime novità in fatto <strong>di</strong><br />
attrezzi, giacche e scarpe da roccia. Giù in<br />
<strong>di</strong>aloghi<br />
PIAZZETTA NIEVO<br />
18<br />
<strong>di</strong> Sergio Sattin<br />
piazzetta passeggiavi tranquillo, facendo<br />
magari una visita all’amico Lallo Gadenz,<br />
alpinista e fotografo, che aveva il suo laboratorio<br />
proprio lì, a destra. Con lui parlavi<br />
dei rifugi, dei nuovi gestori, delle nuove vie<br />
aperte sulle pareti lassù, degli amici comuni<br />
e ti mostrava le sue foto delle Pale <strong>di</strong> San<br />
Martino e delle valli intorno, foto che ormai<br />
avevano fatto il giro del mondo. Anch’io ne<br />
avevo una mezza dozzina appese alle pareti<br />
nella mia stanza: parlavano <strong>di</strong> fiori, <strong>di</strong> crode,<br />
<strong>di</strong> torrenti, <strong>di</strong> pascoli e <strong>di</strong>rupi e <strong>di</strong> giovani<br />
valligiani. Allora Lallo chiudeva il laboratorio<br />
e assieme andavamo all’osteria a bere<br />
un “rosso” con le vecchie guide alpine, con<br />
i giovani finanzieri che avevano la caserma<br />
proprio lì, in via Roma e i paesani che non<br />
mancavamo <strong>di</strong> rifornirci <strong>di</strong> una buona bottiglia<br />
<strong>di</strong> vino trentino.<br />
Eravamo <strong>di</strong> casa nella piazzetta Nievo, e<br />
giravamo tranquilli con i nostri calzoni da<br />
roccia rattoppati e tutti ci conoscevano e<br />
amavano intrattenersi con noi, anche se<br />
sorridevano un po’ increduli per la nostra<br />
passione per le crode.<br />
Tra una casa e l’altra, nella stretta via centrale,<br />
ammiravi le bellissime cime, alte<br />
sopra la fascia dei boschi, così lontane per i<br />
valligiani e per chi non le frequentava e così<br />
vicine per noi che ne eravamo innamorati e ci<br />
apprestavamo a salirle. Lassù, sopra i Pra’<br />
Piereni, svettava il Cimerlo e più in alto il<br />
Sass Maòr accanto alla cima della Madonna:<br />
una visione meravigliosa.<br />
Poi lasciavamo Fiera e c’inoltravamo per<br />
la Val Canali, con una sosta a Tona<strong>di</strong>co al<br />
negozio <strong>di</strong> frutta, gestito dalle due giovani<br />
Betta e Piera e dalla madre, ma fin dalle<br />
prime volte la mia attenzione era andata a<br />
Piera. Lei aveva <strong>di</strong>ciott’anni ed io venti. Era<br />
bella, la Piera. Aveva gli occhi chiari e i capelli<br />
lisci color castano, raccolti attorno alla<br />
nuca, come si usa da quelle parti. Come<br />
<strong>di</strong>ce la canzone? “La gà i oci ciari come<br />
l’aqua e i cavei xe driti e sensa gropi. Cosa<br />
importa se gò le scarpe rote, mi te vardo<br />
nei oci e son contento.” E parlava bene ed<br />
era intelligente e aveva un comportamento<br />
<strong>di</strong>stinto dalle altre ragazze del luogo: lei<br />
aveva frequentato la Scuola <strong>di</strong> ragioneria a<br />
Feltre. Il suo sorriso era largo e simpatico e<br />
tra noi era nata subito una grande amicizia,<br />
fatta all’inizio <strong>di</strong> battute sul nostro andar<br />
per crode, a lei incomprensibile e poi, un po’<br />
alla volta, <strong>di</strong> scambi <strong>di</strong> sorrisi, <strong>di</strong> confidenze<br />
sulla nostra vita, sui nostri programmi, <strong>di</strong><br />
foto scattate una accanto all’altro. Eravamo<br />
giovani ed era bello parlare, guardarsi<br />
e sorridere dolcemente, ma i nostri mon<strong>di</strong><br />
allora erano molto <strong>di</strong>versi e <strong>di</strong>stanti… o forse<br />
io dovevo fermarmi <strong>di</strong> più a Tona<strong>di</strong>co! Ma<br />
si sa, quando si parte con gli amici, come<br />
si fa a staccarsi dal gruppo? Poi, nel tempo,<br />
io mi allontanai per il servizio militare<br />
e lei sposò un valligiano. Betta, la sorella<br />
più giovane, mi <strong>di</strong>sse che si era trasferita a<br />
Milano ed io non la rivi<strong>di</strong> più.<br />
Passato il borgo <strong>di</strong> Tona<strong>di</strong>co, la strada <strong>di</strong>ventava<br />
stretta e ripida e subito trovavi i ruderi<br />
del vecchio castello, <strong>di</strong> Castelpietra, posto<br />
a guar<strong>di</strong>a della val Canali nel punto dove<br />
scende anche la strada del Passo Cereda. Il<br />
Maniero era stato e<strong>di</strong>ficato sopra dei massi<br />
rotolati giù dalle montagne in epoche passate,<br />
che in parte avevano ostruito lo sbocco<br />
della valle. Passato il castello, questa si allargava<br />
un po’ e poco avanti, nel laghetto <strong>di</strong><br />
villa Welsperg ammiravi una corona <strong>di</strong> cime<br />
specchiate nell’acqua: le mie amate crode,<br />
chiare e luminose nel tramonto, sopra i prati<br />
e i boschi ver<strong>di</strong>.<br />
Era il mio mondo. Le conoscevo tutte e in<br />
ciascuna <strong>di</strong> esse c’era un’avventura da ricordare,<br />
qualcosa da serbare sempre nel<br />
cuore. Sulla cime del Coro ero salito con<br />
Toni, Annamaria, Laura e Gianni, come sulla<br />
Pala del Rifugio e sul Campanile d’Ostio,<br />
con Franco ero stato sul Sass d’Ortiga, sul<br />
Sass Maòr, sulla Canali e in molte altre ancora,<br />
sui Vani Alti e sulla Cima Manstorna<br />
avevo portato degli allievi, come sul Dente<br />
della Pala e sulla Punta della Disperazione.<br />
Ogni volta che arrivavo in quella valle, provavo<br />
un’emozione e guardavo estasiato lo<br />
<strong>di</strong>aloghi<br />
19<br />
spettacolo delle vette intorno e mano a mano<br />
che mi inoltravo, assaporavo come in trance<br />
il profumo dei prati e dei boschi e ascoltavo il<br />
gorgogliare del torrente, dove sempre, al ritorno<br />
dalle nostre ascensioni, ci fermavamo<br />
per una bella rinfrescata.<br />
Non è facile <strong>di</strong>re quanto io fossi innamorato<br />
<strong>di</strong> quei luoghi: la prima volta che mi inoltrai<br />
avevo meno <strong>di</strong> vent’anni, e ancor oggi mi fermo<br />
sempre a contemplare le cime, i boschi<br />
e le radure.<br />
Ora Fiera <strong>di</strong> Primiero è cambiata, non è più<br />
il mio borgo, non riconosco più la piazzetta<br />
Nievo. Gli amici, Lallo Gadenz, il Bepi, il Bruno,<br />
il Micel, la Piera e gli altri non ci sono più,<br />
come i compagni <strong>di</strong> cordata <strong>di</strong> allora. Alcuni<br />
mi hanno preceduto nei ver<strong>di</strong> pascoli del<br />
cielo, altri si son persi nelle nebbiose pianure.<br />
In paese ora ci sono le circonvallazioni<br />
e i sensi unici e i turisti hanno invaso ogni<br />
angolo con il loro chiasso, gli scarponi luci<strong>di</strong><br />
e le giacche a vento rosse e se ti fermi<br />
in mezzo alla strada per ammirare il Sass<br />
Maòr, il vigile ti fischia per farti spostare.<br />
Hanno aperto negozi con fasti<strong>di</strong>ose luci al<br />
neon in ogni dove, alterando senza pietà il<br />
<strong>di</strong>segno delle modeste facciate delle vecchie<br />
case lungo la via principale. È <strong>di</strong>ventato tutto<br />
un mercato senz’anima e se cerchi le foto<br />
<strong>di</strong> Lallo Gadenz, l’artista che ha raccontato<br />
la storia delle vallate, ti guardano male e ti<br />
allungano un CD: “Queste son foto a colori,<br />
sono più belle!” E non sanno quanto amore,<br />
quanta bellezza e poesia c’erano nei paesaggi<br />
<strong>di</strong> Lallo, quanto erano suggestive le foto<br />
del Coro visto dai Pra’ Piereni fioriti <strong>di</strong> genziane<br />
in autunno, o quelle del Sass Maòr visto<br />
dai prati <strong>di</strong> Malga Canali ricoperti <strong>di</strong> crocus a<br />
primavera! Non sanno più niente, non sentono<br />
niente, non conoscono nemmeno i nomi<br />
delle meravigliose cime che li circondano…<br />
Quanta amarezza!<br />
Ma quelle son là, e basta uscire dal paese<br />
per ritrovarle, belle, alte, stagliate nel cielo…<br />
le mie montagne, la mia giovinezza!<br />
Sergio Sattin
14 Aprile <strong>2011</strong>: sono in giro<br />
per il mondo quando mi<br />
arriva un sms con l’invito<br />
a partecipare alla prima<br />
<strong>di</strong> una delle uscite arrampicatorie<br />
pensate per celebrare<br />
i primi 10 anni <strong>di</strong><br />
esistenza <strong>di</strong> questo gruppo<br />
<strong>di</strong> amici che si chiama(no)<br />
Mongoi. Dopo richiesta <strong>di</strong><br />
permesso a chi <strong>di</strong> dovere,<br />
mi aggrego alla compagnia<br />
che, domenica 17<br />
aprile <strong>2011</strong>, ha come obiettivo<br />
la ripetizione della via<br />
Boomerang al M.te Brento<br />
in Valle del Sarca.<br />
La via è una super classica,<br />
aperta nel 1979 da Furlani<br />
e company, e segue i<br />
punti deboli per superare<br />
le placconate del M.te<br />
Brento, a sinistra delle<br />
famose Placche Zebrate.<br />
Caratteristiche della via:<br />
sviluppo <strong>di</strong> 800 m, 22 tiri,<br />
<strong>di</strong>fficoltà IV-/V+, 8h il tempo<br />
previsto per l’arrampicata,<br />
1h per l’accesso e 1h<br />
per la <strong>di</strong>scesa.<br />
Ero già stato su questa li-<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
Racconti <strong>di</strong> quasi-alpinismo <strong>di</strong> Matteo Mason<br />
10° anno dei Mongoi - Via Boomerang M. Brento - Valle del Sarca - 17.04.11<br />
nea <strong>di</strong> salita nel 1997 ma,<br />
al tempo, era stata fatta<br />
una variante in uscita (perché<br />
persa la via!) e, come<br />
a volte può succedere, è<br />
proprio giunto il momento<br />
<strong>di</strong> ritornarci per trovare la<br />
corretta uscita. Vezzi degli<br />
alpinisti della domenica.<br />
Ma chi sono questi Mongoi?<br />
Molti <strong>di</strong> voi senz’altro<br />
li hanno incontrati a Rocca<br />
Pen<strong>di</strong>ce o a Lumignano o<br />
presso le strutture <strong>di</strong> arrampicata<br />
artificiale a <strong>Padova</strong><br />
e oltre.<br />
La leggenda vuole che un<br />
illustre alpinista padovano<br />
un giorno <strong>di</strong> molti anni fa<br />
(2001) vedendoli armeggiare<br />
in parete con soste,<br />
no<strong>di</strong> e altro gli sia venuto<br />
da <strong>di</strong>re, dal profondo del<br />
cuore ma con fraterna<br />
amicizia, “ma si proprio<br />
dei mongoi!” che, per il<br />
<strong>di</strong>aletto veneto, è simile a<br />
te xi proprio un monassa<br />
e che può anche raggiungere<br />
punte poetiche <strong>di</strong><br />
comunicazione quando si<br />
20<br />
trasforma in mago (te xi<br />
proprio un mago), da non<br />
confondersi con quella<br />
volta che tale nomignolo fu<br />
dato a Manolo.<br />
Poi nei successivi anni<br />
questi ragazzi si sono evoluti<br />
e, pur imparando ad<br />
armeggiare soste, no<strong>di</strong> e<br />
quant’altro, hanno saputo<br />
mantenere lo spirito iniziale<br />
e continuano imperterriti<br />
ad essere mongoi,<br />
sia in parete che in altre<br />
occasioni. Si può <strong>di</strong>re che<br />
sono un gruppo <strong>di</strong> Amici,<br />
con la A maiuscola, che<br />
amano arrampicare e in<br />
questo ambiente si muovono<br />
in modo leggero, con<br />
molta tranquillità, spirito<br />
<strong>di</strong> compagnia, <strong>di</strong> gioco e<br />
gogliar<strong>di</strong>a.<br />
Giusto per darvi un’idea,<br />
che solo un po’ vi può far<br />
capire come siano i mongoi…<br />
dovete sapere che<br />
tutto l’inverno si allenano<br />
su pannelli strapiombanti<br />
e poi? E poi vanno a fare<br />
vie in placca!<br />
Chi sono questi mongoi?<br />
Eccoli:<br />
- Massimo, capo mongoeo,<br />
l’uomo della pasta e dei<br />
materiali, pianificatore <strong>di</strong><br />
eventi<br />
- Flash Petit, addetto ai<br />
muscoli e ai legamenti del<br />
gruppo, la sua forza è la<br />
velocità (non è francese!)<br />
- Minga, el professore, attento<br />
al fisico (<strong>di</strong> tutte….)<br />
- Gatto (assente a questa<br />
uscita), il vuoto come il colore<br />
rosso lo porta a stati<br />
<strong>di</strong> alterazione percettiva,<br />
ma è in terapia (per il colore<br />
rosso!)<br />
- Sergio (assente a questa<br />
uscita), detto il nonno, non<br />
per l’età ma per senso <strong>di</strong><br />
responsabilità<br />
- Il presidente onorario<br />
e benemerito (assente a<br />
questa uscita), il nome<br />
<strong>di</strong>ce tutto.<br />
Veniamo ora ai fatti del<br />
17.04.<strong>2011</strong>.<br />
I mongoi sono sul posto<br />
dalla sera prima assieme<br />
ad altri due simpatizzanti;<br />
hanno perlustrato la zona<br />
per in<strong>di</strong>viduare attacco e<br />
<strong>di</strong>scesa e hanno in<strong>di</strong>cato<br />
con dei rami i sentieri,<br />
quelli sbagliati, cosìcche<br />
eventuali altre cordate non<br />
<strong>di</strong>ano fasti<strong>di</strong>o nel giorno<br />
della celebrazione.<br />
Io, Enrico e Ceci partiamo<br />
la mattina presto da <strong>Padova</strong>…<br />
ma così presto che<br />
arriviamo al luogo dell’appuntamento<br />
prima che si<br />
sveglino!<br />
Facciamo quin<strong>di</strong> le corda-<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
te e partiamo per l’attacco<br />
<strong>di</strong> questa entusiasmante<br />
classica. Essendo noi<br />
tre già ben svegli (anche<br />
perché alla sosta all’auto<br />
grill abbiamo incontrato<br />
un pullman <strong>di</strong> donzelle che<br />
rientravano dalla <strong>di</strong>sco<br />
e gli ormoni <strong>di</strong> Enrico si<br />
21<br />
sono agitati) an<strong>di</strong>amo subito<br />
all’attacco della via. Ci<br />
segue la cordata composta<br />
dal Mongoeo Massimo e<br />
dall’ing. Cassuttel (esperto<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>edri..) e, a chiusura<br />
del gruppo, c’è LA cordata<br />
che, come i gran<strong>di</strong> sportivi<br />
professionisti, ha con sé
un esperto <strong>di</strong> brain stimulation<br />
(stimolazione<br />
del cervello) per ottenere<br />
il massimo ren<strong>di</strong>mento<br />
psico-fisico e per raggiungere<br />
il massimo livello<br />
<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione. LA<br />
cordata è composta da:<br />
Mongoeo Minga, Mongoeo<br />
Super Flash Petit e<br />
Mourice Psyco.<br />
Perfetto l’orario <strong>di</strong> partenza.<br />
Ceci, vista la lunghezza<br />
della salita, si è messo un<br />
paio <strong>di</strong> samoche (scarpe<br />
comode) che solo lui poteva<br />
portare senza problemi<br />
su quelle <strong>di</strong>fficoltà.<br />
Perfetto il meteo: qualche<br />
nuvola, infatti, fa si che il<br />
sole non ci cucini sul levigato<br />
calcare argenteo.<br />
Proce<strong>di</strong>amo regolari, tiro<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
dopo tiro, fino alla base<br />
delle famose placche, sotto<br />
il tetto a forma <strong>di</strong> boomerang<br />
che dà il nome<br />
alla via e qui Enrico le risale<br />
passo dopo passo con<br />
estrema eleganza, <strong>di</strong>menticandosi<br />
finalmente del<br />
pullman!<br />
Usciti dalla zona del tetto<br />
ci portiamo verso la zona<br />
alta dove 2 tiri in traverso<br />
su roccia mista a sassi (o<br />
viceversa) ci fanno arrivare<br />
sulla verticale del tratto<br />
finale. Spe<strong>di</strong>ti raggiungiamo<br />
il bosco e gli ultimi<br />
metri vengono “risolti” con<br />
movimento arrampicatorio<br />
stile Tarzan sulle liane<br />
degli alberi, stile non ancora<br />
contemplato nel manuale<br />
Caruso.<br />
22<br />
La piacevole <strong>di</strong>scesa ci<br />
porta in breve alla zona<br />
<strong>di</strong> partenza, dove, dopo<br />
numerose pacche sulle<br />
spalle e calorose strette<br />
<strong>di</strong> mano, una birra fresca<br />
rende onore alla remunerativa<br />
(per lo spirito)<br />
salita.<br />
Anche questa è fatta ed in<br />
attesa del prossimo racconto<br />
(o altro avvenimento,<br />
tipo i primi 20 anni…)<br />
mi rimane da esprimere<br />
un consiglio: non smettete<br />
mai <strong>di</strong> essere MONGOI!<br />
Matteo Mason<br />
Il fascino <strong>di</strong> camminare<br />
tra le montagne bellunesi<br />
spazia a 360° tra le<br />
<strong>di</strong>versità <strong>di</strong> cui sono formate.<br />
Si rimane ammaliati<br />
nell’ammirare guglie e<br />
pareti rocciose alle luci del<br />
tramonto, vedere famiglie<br />
<strong>di</strong> camosci che corrono a<br />
per<strong>di</strong>fiato con i loro piccoli<br />
lungo ghiaioni e ripide<br />
cenge oppure nel rimanere<br />
incantati <strong>di</strong> fronte a fiori<br />
coloratissimi nascere tra<br />
le nude rocce battute dalle<br />
intemperie della natura.<br />
Poi volgiamo lo sguardo<br />
verso strade, ponti e viadotti,<br />
e storciamo il naso<br />
chiedendoci se le opere<br />
dell’uomo potranno <strong>di</strong>ventare<br />
un giorno a zero<br />
impatto ambientale. Sarà<br />
una bella sfida conciliare<br />
la morfologia <strong>di</strong> montagna<br />
con quella <strong>di</strong> tracciati<br />
sempre più lineari per<br />
correre ancora più veloci<br />
(saremmo ipocriti se noi<br />
citta<strong>di</strong>ni non desiderassimo<br />
<strong>di</strong>mezzare i tempi <strong>di</strong><br />
accesso in auto).<br />
Più <strong>di</strong> settant’anni fa i ritmi<br />
erano indubbiamente<br />
<strong>di</strong>versi e anziché <strong>di</strong> strade<br />
si parlava spesso <strong>di</strong> carrarecce<br />
e mulattiere che<br />
si <strong>di</strong>stricavano tra le montagne<br />
in modo quasi invisibile.<br />
Molte <strong>di</strong> queste con<br />
il tempo furono riadattate<br />
e ampliate, mentre altre<br />
furono abbandonate o più<br />
semplicemente <strong>di</strong>menticate;<br />
una <strong>di</strong> queste è quella<br />
che sale a Casera Bitti nei<br />
Monti del Sole.<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
La stra<strong>di</strong>na fantasma <strong>di</strong> Casera Bitti<br />
<strong>di</strong> Marco Di Tommaso<br />
Questo gruppo mi aveva da<br />
sempre incuriosito, sia per<br />
i suoi versanti selvaggi e<br />
sia per la carenza <strong>di</strong> sentieri,<br />
e, non appena venni a<br />
sapere che nei pressi della<br />
casera era stato avvistato<br />
l’orso, decisi <strong>di</strong> organizzare<br />
un giro in quella zona.<br />
Aperta la cartina topografica<br />
non vi<strong>di</strong> nessun sentiero<br />
<strong>CAI</strong> e dovetti rime<strong>di</strong>are<br />
cercando <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare<br />
l’itinerario più semplice<br />
tra quelli segnati <strong>di</strong> nero<br />
(itinerari secondari non<br />
manutentati) e quello che<br />
mi sembrò essere il più<br />
logico fu quello che saliva<br />
dalla Val del Mis.<br />
Giunto alle porte della valle,<br />
superai le ultime case<br />
a Gena Bassa e mi adden-<br />
23<br />
La mulattiera scavata nella roccia<br />
trai in un territorio che da<br />
subito colpisce per la sua<br />
asprezza. Con la cartina<br />
topografica sulle ginocchia<br />
guidavo l’auto con lo<br />
sguardo che scrutava a<br />
destra e a sinistra in cerca<br />
<strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> riferimento<br />
per capire dove mi trovavo<br />
e dove poteva essere<br />
l’inizio del mio itinerario.<br />
Non avrei <strong>di</strong> certo preteso<br />
<strong>di</strong> trovare un cartello con<br />
scritto “su per <strong>di</strong> qua”, ma<br />
almeno un’evidenza <strong>di</strong> un<br />
sentiero quella si. Percorsi<br />
due o tre volte la valle e<br />
l’unica traccia che mi destò<br />
curiosità fu quella <strong>di</strong><br />
un esile bollo rosso su un<br />
albero.<br />
Sceso dall’auto mi chiesi:<br />
“ma il sentiero dove si
trova?” Oltre che in basso,<br />
il mio sguardo andava anche<br />
in alto in cerca, tra le<br />
pareti a picco, <strong>di</strong> un bosco<br />
che permetteva al sentiero<br />
<strong>di</strong> salire, ma niente da<br />
fare. Muraglie <strong>di</strong> roccia mi<br />
scoraggiavano anche se il<br />
mio istinto <strong>di</strong>ceva che mi<br />
trovavo sul posto giusto.<br />
Guardai nei pressi dell’albero<br />
con il bollo rosso in<br />
cerca <strong>di</strong> qualche traccia e<br />
scorsi tra l’erba un’esile<br />
sentierino che conduceva<br />
a sinistra. Dubbioso lasciai<br />
lo zaino in auto e decisi <strong>di</strong><br />
percorrerlo per un breve<br />
tratto per vedere se fosse<br />
stato quello giusto. “Si,<br />
quello giusto per le zecche,<br />
forse …” mi <strong>di</strong>ssi togliendone<br />
un paio dai pantaloni.<br />
Giunto al primo tornan-<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
I segni misteriosi sugli alberi<br />
te, quasi per magia l’esile<br />
traccia <strong>di</strong>venne una comoda<br />
e larga mulattiera. Preso<br />
dall’entusiasmo tornai<br />
all’auto a prendermi lo<br />
zaino e i bastoncini.<br />
Seguii la stra<strong>di</strong>na che mi<br />
condusse ad un torrente<br />
dove si trovava un antico<br />
muretto, forse un vecchio<br />
riparo per pastori.<br />
Oltrepassato, raggiunsi<br />
più avanti la parte alta<br />
del torrente e qui sembrò<br />
avere termine il mio percorso.<br />
Spinto dalla curiosità<br />
provai a risalire per<br />
qualche metro il suo alveo<br />
e con gran felicità ritrovai<br />
la stra<strong>di</strong>na sulla sinistra.<br />
Da qui in poi sarebbe stata<br />
una continua scoperta.<br />
La mulattiera saliva su a<br />
tornanti scavati spesso<br />
24<br />
sulla roccia con la forza<br />
delle braccia degli uomini<br />
e la potenza della <strong>di</strong>namite.<br />
Gli alberi posti sul<br />
bordo esterno facevano<br />
da parapetto e nascondevano<br />
allo stesso tempo il<br />
percorso dallo sguardo <strong>di</strong><br />
quei pochi che avevano la<br />
fortuna <strong>di</strong> percorrere la<br />
valle con gli occhi in su.<br />
Mentre salivo mi ripetevo<br />
<strong>di</strong> continuo che non aveva<br />
senso lì una stra<strong>di</strong>na così<br />
volutamente modellata<br />
dall’uomo e pensavo che<br />
potesse terminare da un<br />
momento all’altro o perlomeno<br />
<strong>di</strong>venire una normale<br />
mulattiera. Invece continuava<br />
a salire su decisa<br />
tra le coste rocciose che<br />
dal basso sembravano impenetrabili.<br />
Finalmente uscii dalle verticalità<br />
delle pareti e raggiunsi<br />
i ruderi della Casera<br />
Bitti.<br />
La mia attenzione cadde<br />
subito sugli alberi che<br />
la circondavano. Su gran<br />
parte <strong>di</strong> questi ad altezza<br />
uomo vi erano incisi strani<br />
segni come se qualcuno o<br />
qualcosa si fosse messo a<br />
raschiare con le unghie le<br />
cortecce <strong>di</strong> quei poveri alberi.<br />
Avevo sentito parlare<br />
dell’orso che era stato avvistato<br />
dalla forestale in<br />
quella zona e tra il silenzio,<br />
la solitu<strong>di</strong>ne e i colori<br />
un po’ scuri che mi circondavano<br />
feci presto a sentire<br />
un brivido percorrere il<br />
mio corpo e a schizzare in<br />
me l’immaginazione.<br />
Mi guardavo tutt’intorno e<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
cominciai a sentire l’impressione<br />
<strong>di</strong> essere osservato,<br />
mi sembrava <strong>di</strong> essere<br />
Biancaneve nel tetro<br />
bosco mentre scappava<br />
dal sicario della strega. Il<br />
cuore cominciò a battermi<br />
più forte e una sensazione<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio mi prese completamente.<br />
Salendo speravo <strong>di</strong> trovare<br />
la casera ancora accessibile<br />
in modo da aggiungerla<br />
ad un mio progetto<br />
e<strong>di</strong>toriale che stavo realizzando,<br />
ma siccome questa<br />
risultò essere purtroppo<br />
un rudere decisi <strong>di</strong> togliere<br />
il <strong>di</strong>sturbo e <strong>di</strong> fare ritorno.<br />
Come se inseguito<br />
da qualcosa, cominciai<br />
ad incamminarmi velocemente<br />
verso il basso<br />
tranquillizzandomi solo<br />
La selvaggia Valle del Mis<br />
25<br />
dopo essermi allontanato<br />
a sufficienza.<br />
Scendendo il mio pensiero<br />
continuò ad andare a quei<br />
segni sugli alberi e a chi li<br />
avesse potuti fare; scoprii<br />
qualche giorno dopo dalla<br />
forestale che si trattavano<br />
solamente <strong>di</strong> “morsi” <strong>di</strong><br />
cervo e non <strong>di</strong> zampate <strong>di</strong><br />
orso come forse un po’ ci<br />
speravo.<br />
La <strong>di</strong>scesa fu veloce e<br />
quando feci ritorno all’auto<br />
la mia sod<strong>di</strong>sfazione era<br />
al massimo. Credo che le<br />
nostre montagne siano<br />
una fonte <strong>di</strong> infinite scoperte<br />
e meraviglie sia nelle<br />
località più blasonate e<br />
sia forse tra quelle meno<br />
conosciute.<br />
Marco Di Tommaso
Una bella esperienza che merita <strong>di</strong> essere<br />
ricordata! Come hanno riba<strong>di</strong>to a più<br />
riprese i miei compagni <strong>di</strong> avventura.<br />
Regista dell'opera il nostro Galeazzo, che<br />
comincia a pensarci un anno prima ..ispirato<br />
dal "sogno romantico <strong>di</strong> Julius Kugy"<br />
poi realizzato nel 1930 ad opera <strong>di</strong> Emilio<br />
Comici.<br />
Complici il fascino delle Alpi Giulie e la<br />
corrispondenza con Luca Vuerich che gli<br />
invia parte della relazione dopo averla ripetuta<br />
in invernale con Meroi-Benet.<br />
S'ha da andare!!!<br />
Un soleggiato week end <strong>di</strong> fine estate fa<br />
da cornice a questa Meraviglia: il percorso<br />
è in molti tratti orizzontale, un avanzare<br />
che ci regala minor tensione rispetto<br />
ad una salita esclusivamente verticale<br />
..oltre a perfetta visibilità e panorami favolosi<br />
che si aprono ad ogni istante: quassù<br />
risulta più facile sentirsi parte della<br />
Terra!<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
CENGIA DEGLI DEI <strong>di</strong> Deborah Chillin<br />
e Carlo Nicoletti<br />
Il passaggio del Sasso Incastrato<br />
26<br />
Non mancano gli episo<strong>di</strong> <strong>di</strong>vertenti, come<br />
quando siamo costretti a scivolare attraverso<br />
lo stretto "passaggio del gatto"<br />
..che alcuni <strong>di</strong> noi prendono alla lettera<br />
e superano "gattonando" ..o quando Riccardo<br />
quasi paventa <strong>di</strong> andare a riprendersi<br />
la relazione firmata da Luca Vuerich<br />
appena scivolata nel canalone sotto!<br />
Ne risulta un'esperienza intensa, una<br />
Giornata veramente vissuta, <strong>di</strong> quelle capaci<br />
<strong>di</strong> ricaricare le batterie per giorni e<br />
giorni!<br />
Il percorso va continuamente ricercato,<br />
quando non si arrampica si cammina<br />
ma bisogna pur star attenti al friabile, e<br />
a tratti bisogna saper superare qualche<br />
<strong>di</strong>fficoltà più tecnica, come ben descritto<br />
da Carlo e Marco: Grazie agli Alpinisti <strong>di</strong><br />
ieri e <strong>di</strong> oggi che hanno reso percorribile<br />
questa Via Eterna!<br />
Deborah Chilin<br />
Il fine settimana del 21 e 22 agosto del<br />
2010 si decide, su proposta <strong>di</strong> Riccardo, <strong>di</strong><br />
percorrere la Cengia degli Dei che io conoscevo<br />
solo per fama. Il 21 agosto partiamo<br />
in <strong>di</strong>rezione Tarvisio e dopo il consueto<br />
traffico autostradale <strong>di</strong> piena estate<br />
arriviamo alle pen<strong>di</strong>ci del Jof Fuart. Ci<br />
incamminiamo lungo la strada sterrata<br />
verso il Rifugio Corsi e si <strong>di</strong>scute su chi<br />
c’è, chi altro poteva esserci e sulle altre<br />
salite fatte nelle domeniche precedenti.<br />
Intanto arriviamo alla teleferica che il<br />
rifugista gentilmente ci concede <strong>di</strong> usare<br />
per trasportare il materiale necessario.<br />
La teleferica è al limite (8 zaini, 4 corde<br />
e altro) ma per fortuna non c’è niente <strong>di</strong><br />
delicato. Cerchiamo <strong>di</strong> posizionare il materiale<br />
non troppo esposto sul carrellino<br />
per evitare che il vento o gli alberi ci scarichino<br />
il materiale nel bosco sottostante,<br />
obbligandoci ad una camminata esplorativa<br />
per poterlo recuperare. Ripartiamo,<br />
il bosco tende a <strong>di</strong>radare e si vede il rifugio<br />
che raggiungiamo dopo circa 1 ora.<br />
Qui incontriamo il rifugista che alcuni <strong>di</strong><br />
noi conoscevano per l’uscita del XII corso<br />
<strong>di</strong> escursionismo avanzato. Recuperiamo<br />
il materiale dalla teleferica, che per fortuna<br />
non ci ha fatto scherzi, ma è ancora<br />
troppo presto per la cena. Deci<strong>di</strong>amo<br />
quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> arrampicare sulla falesia a 200<br />
m dal rifugio. Evitiamo i tiri più <strong>di</strong>fficili e<br />
saliamo sul IV / V, e così ci prepariamo<br />
alla giornata <strong>di</strong> domani, maneggiando la<br />
corda e soprattutto toccando la roccia<br />
che certi tratti non è proprio solida… ma<br />
d’altronde siamo in montagna. Dopo 2 tiri<br />
a testa circa è ora <strong>di</strong> cena e torniamo alla<br />
Rifugio, ma il cuoco dov’è? Anche lui ha<br />
avuto la nostra stessa idea e dal rifugio<br />
lo ve<strong>di</strong>amo che arrampica da solo su un<br />
tiro della falesia (che a vederlo sembrava<br />
duro), incurante dell’ora. Dopo le imprecazioni<br />
del rifugista per farlo scendere,<br />
arriva, e anche a lui tocca lavorare. Alla<br />
cena, leggendo le relazioni, si <strong>di</strong>scute sul<br />
percorso del giorno dopo, per evitare <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
27<br />
perdersi. Io conosco solo il sentiero Anita<br />
Goitan fatto col corso <strong>di</strong> escursionismo a<br />
luglio, e quin<strong>di</strong> non entro in <strong>di</strong>scussioni.<br />
Dopo la cena an<strong>di</strong>amo a dormire e la notte<br />
passa tranquilla, anche perché abbiamo<br />
una stanza tutta per noi. Ci svegliamo<br />
all’ora stabilita e dopo la colazione partiamo<br />
assieme al sole che da poco si è fatto<br />
vedere. La giornata è serena e saliamo<br />
verso la forcella. Arriviamo all’inizio del<br />
sentiero Anita Goitan e ricordandomi la<br />
sua bellezza, sono fiducioso per la giornata.<br />
Lo percorriamo fino a dove comincia<br />
effettivamente la cengia, a sud, ma a noi<br />
aspetta il versante Nord. Qui comincia finalmente<br />
la nostra avventura. Dobbiamo<br />
salite un canalino <strong>di</strong> III e un segno rosso<br />
molto sbia<strong>di</strong>to ci in<strong>di</strong>ca che abbiamo imbroccato<br />
l’attacco. Arrivati su una spalla<br />
rocciosa scen<strong>di</strong>amo con una prima doppia<br />
<strong>di</strong> 25 m. Qui la vista <strong>di</strong> uno spit più in basso<br />
ci svia un po’, ma in realtà dobbiamo risalire<br />
ancora per roccette a destra (ometto)<br />
fino a un terrazzino per la doppia successiva.<br />
Per rinforzare la sosta della doppia<br />
Cristiano pianta un chiodo per maggiore<br />
sicurezza ma, per piantarlo troppo bene<br />
non si riuscirà più a toglierlo, ma almeno<br />
siamo sicuri che terrà… Qui scen<strong>di</strong>amo<br />
con una lunga doppia <strong>di</strong> 50 m e arriviamo<br />
effettivamente sulla cengia. Siamo in<br />
punto critico del percorso (<strong>di</strong> quasi non<br />
ritorno) poiché risalire la doppia appena<br />
fatta, anche se fattibile, non è del tutto banale.<br />
Da qui in poi il percorso è pressoché<br />
orizzontale, inizialmente la cengia è larga<br />
e si cammina senza problemi. Progre<strong>di</strong>amo<br />
mettendo nei tratti più esposti corde<br />
(non sempre del tutto fisse) per maggior<br />
sicurezza. Il sentiero è alpinistico e i detriti<br />
ci costringono a fare attenzione ai<br />
nostri passi, l’orientamento secondo me<br />
non è poi così <strong>di</strong>fficile (anche per la presenza<br />
<strong>di</strong> ometti) e poi il percorso è intuitivo.<br />
Il panorama è stupendo e spazia sulle<br />
Alpi Giulie, sul Lussari, sul Mangart. Il<br />
sole poi ci aiuta a gustare ancora meglio
il nostro cammino. Intanto arriviamo ad<br />
una zona dove la roccia è marcia e dove si<br />
procede su detriti sempre più numerosi,<br />
le protezioni sono <strong>di</strong>fficili da posizionare<br />
perché la roccia non è solida ma il percorso<br />
è ancora facile. Arriviamo in vista<br />
del famigerato Sasso Incastrato. Questo<br />
è il punto più “duro” e prima del masso<br />
il sentiero è mezzo franato, bisogna fare<br />
attenzione. Il passaggio <strong>di</strong>fficile consiste<br />
nel traversare questo Masso in grande<br />
esposizione e dove appoggi e appigli sono<br />
sporchi <strong>di</strong> ghiaino. Per fortuna il tratto<br />
ha un corta metallica ed è breve. Sorte<br />
ha voluto che Riccardo perdesse proprio<br />
qui la stampa della relazione, volando giù<br />
nel canalone sottostante. Anche le parole<br />
hanno il loro peso. Passato il masso non<br />
è finita, per avanzare bisogna gattonare<br />
perchè la cengia si abbassa. Si arriva su<br />
un’altra gola, il terreno è ancora instabile<br />
e le protezioni sono precarie come la roccia.<br />
Anche se presi dalla progressione,<br />
non si possono non ammirare le pareti<br />
che ci sovrastano con la loro maestosità;<br />
la cengia ha il nome adatto. Finito questo<br />
tratto si vede la Gola <strong>di</strong> Nord Est, ormai<br />
il <strong>di</strong>fficile l’abbiamo fatto e ammiriamo il<br />
paretone del Jof Fuart dove continua la<br />
seconda parte della cengia. Da qui il sentiero<br />
<strong>di</strong>venta meno pericoloso, solo un’altra<br />
corda metallica, secondo me inutile,<br />
ci aiuta a superare un piccolo saltino, e arriviamo<br />
alla partenza della Seconda parte<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
28<br />
della Cengia. Come da programma deci<strong>di</strong>amo<br />
<strong>di</strong> salire al Jof Fuart. Dobbiamo arrampicare<br />
sul III in un camino e senza <strong>di</strong>fficoltà<br />
lo superiamo, poi la salita <strong>di</strong>venta più facile<br />
ma comunque sempre ripida. Infatti, lungo<br />
il sentiero che si inerpica ve<strong>di</strong>amo degli<br />
spit, per assicurare chi non si sente sicuro,<br />
ma per la <strong>di</strong>fficoltà modesta non usiamo la<br />
corda. Ancora l’ultima fatica e prima della<br />
cima ci accolgono i padroni <strong>di</strong> casa, un<br />
branco <strong>di</strong> stambecchi. Avevamo già visto le<br />
loro tracce sulla cengia, ma adesso li ve<strong>di</strong>amo<br />
dal vero, e non sembrano spaventati.<br />
Arriviamo poco sotto <strong>di</strong> loro e se ne vanno<br />
in<strong>di</strong>fferenti e senza fretta. Da qui il sentiero<br />
traversa a sinistra per congiungerci alla via<br />
normale, e in 10 minuti siamo in vetta. Aver<br />
conquistato la cima attraverso la cengia<br />
mi riempie <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione. Il panorama e<br />
magnifico ma si sta guastando per le nubi.<br />
Dopo la foto <strong>di</strong> vetta an<strong>di</strong>amo in fretta verso<br />
la normale per evitare la pioggia, che per<br />
fortuna non arriverà. Lungo la <strong>di</strong>scesa incrociamo<br />
la fine del sentiero Anita Goitan,<br />
fatto il mese prima; adesso almeno questa<br />
parte <strong>di</strong> Jof Fuart posso <strong>di</strong>re <strong>di</strong> conoscerla.<br />
Arriviamo al Rifugio e dopo aver salutato il<br />
rifugista ci incamminiamo sul sentiero del<br />
rientro. Il tramonto sta cominciano e vedendo<br />
la luna che sta sorgendo a est mi<br />
torna in mente l’alba <strong>di</strong> stamattina. Una<br />
giornata piena in tutti i sensi. Un grazie<br />
ai compagni <strong>di</strong> cordata, Cristiano, Davide,<br />
Deborah, Fabio, Marco, Riccardo, Valeria<br />
per il giro fantastico.<br />
N.B. Da segnalare la bella e accurata relazione<br />
della cengia scritta da Marco sul<br />
sito www.vienormali.it e riportata qui <strong>di</strong><br />
seguito e un grazie particolare a Fabio<br />
per aver riunito e organizzato tutte le foto.<br />
Carlo Nicoletti<br />
Hanno partecipato: Valeria Baratella,<br />
Davide Beccaro, Deborah Chillin, Fabio<br />
Crivellaro, Riccardo Galeazzo, Cristiano<br />
Gobbin, Carlo Nicoletti, Marco Tonello.<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
RELAZIONE TECNICA<br />
Jof Fuart – Cengia degli Dei – 2666 m<br />
Regione: Friuli Ven. Giulia (U<strong>di</strong>ne) - Dolomiti – Alpi Giulie - Gruppo Montasio<br />
Provincia: U<strong>di</strong>ne<br />
Punto <strong>di</strong> partenza: Parcheggio Val Rio del Lago, pressi Sella Nevea (q. 1020 m)<br />
Versante <strong>di</strong> salita: N-NE<br />
Dislivello <strong>di</strong> salita: 1650 m<br />
Dislivello totale: 3300 m<br />
Tempo <strong>di</strong> salita: 9,30 h<br />
Tempo totale: 13,00 h<br />
Difficoltà: EEA - AR - III+ - AD-<br />
Periodo consigliato: estate - autunno<br />
Punti <strong>di</strong> appoggio: Rif. Corsi (q. 1874 m)<br />
Tipo <strong>di</strong> salita: Traccia e roccette, passaggi su roccia<br />
Introduzione:<br />
La relazione riguarda una parte della famosa Cengia degli Dei (precisamente la parte che percorre<br />
il versante N della Cengia dalla cima <strong>di</strong> Riofreddo fino alla gola NE dello Jof Fuart) e la salita alla<br />
cima dello Jof Fuart per la via della gola NE.<br />
La Cengia completa permette <strong>di</strong> compiere il periplo dello Jof Fuart e delle cime del suo sottogruppo<br />
(Riofreddo, Innominata, Torre e Alta Madre dei Camosci). L´itinerario è stato immaginato da Julius<br />
Kugy negli ultimi anni del XIX secolo e a lui si deve il nome. Il primo a percorrerla nel ´30 è stato<br />
Emilio Comici, che a quanto appreso dalla documentazione (scarna e non sempre chiarissima) che<br />
sono riuscito a reperire, ha compiuto il giro iniziando dalla gola NE, continuando per forc. Mosè<br />
(tratto più impegnativo della Cengia), poi fino sotto la parete S delle cime secondarie (forse ora sentiero<br />
A. Goitan?), svalicando oltre la Riofreddo e attraversando il versante N delle stesse fino alla<br />
gola NE nuovamente. Salita <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssima sod<strong>di</strong>sfazione, da ricercare,fuori da itinerari comuni<br />
e frequentati (rarissima la frequentazione senza guida). Necessaria esperienza, orientamento e<br />
meteo ottimo.<br />
Accesso:<br />
Da Tarvisio proseguire verso Sella Nevea, passando per Pre<strong>di</strong>l. Poco prima <strong>di</strong> Sella Nevea, prendere<br />
sulla destra una strada bianca (in<strong>di</strong>cazioni Rif. Corsi) che dopo circa 1 km si interrompe in un<br />
parcheggio capace <strong>di</strong> contenere circa 20 auto. Da qui proseguire a pie<strong>di</strong> (<strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> accesso) lungo<br />
la strada bianca che con numerosi tornanti sale in un bellissimo bosco. Finiti i tornanti si sale su<br />
un lungo tratto rettilineo cementato per la pendenza in faggeta (il sent. 628 che è da seguire fino<br />
al Corsi si ricongiunge poco sotto questo tratto). Poco dopo la fine del tratto cementato si entra nei<br />
pascoli d’alpeggio della malga Grantagar con splen<strong>di</strong>da vista sullo Jof Fuart e Canin (q. 1530 m, 1h<br />
30’ dal parcheggio).<br />
Poco sotto la malga si trova la stazione della teleferica del rifugio Corsi <strong>di</strong>etro alla quale c’è la<br />
possibilità <strong>di</strong> salire lungo il “Sentiero dei Tedeschi” che rimonta la ripida spalla imme<strong>di</strong>atamente<br />
sotto al Corsi, oppure si può continuare sulla strada bianca che dopo la malga <strong>di</strong>venta un agevole<br />
sentiero. Nel primo caso contare circa 45’-1h fino al Corsi (sentiero ripido, tratti con fune per aiutare<br />
alcuni passaggi, EE), nel secondo caso servirà circa 1h 15’.<br />
Salendo lungo il sentiero si rimonta lo stupendo anfiteatro compreso tra p.ta Plagnis e cima Castrein<br />
fino ad incontrare il sentiero che scende dalla Forc.degli Scalini che si tralascia sulla destra<br />
per continuare verso il Corsi su una larga cengia sotto pareti strapiombanti (resti <strong>di</strong> guerra). Da qui<br />
in comodo falso piano si passa sotto l’Ago e il Campanile <strong>di</strong> Villacco per poi scendere brevemente<br />
fino al rifugio (q. 1874 m).<br />
29
<strong>di</strong>ario alpino<br />
Descrizione della salita:<br />
Dal rifugio seguire le in<strong>di</strong>cazioni per il sent. attrezzato A. Goitan che fanno rimontare il pen<strong>di</strong>o erboso<br />
sotto le cime della Madre dei camosci e Riofreddo, tralasciando le in<strong>di</strong>cazioni per la normale e<br />
la forcella Mosè. Raggiunte le pareti si risale, sempre seguendo i bolli del sent. Goitan, per roccette<br />
e sentiero ripido fino ad incontrare una sella con targa, Madonnina e fune metallica che scende in<br />
una profonda gola verso destra che non deve essere <strong>di</strong>scesa (gran<strong>di</strong> scritte in vernice rossa “NO”).<br />
Seguendo i bolli ci si alza dalla selletta con un passaggio in cui prestare attenzione su una cengetta<br />
inclinata imme<strong>di</strong>atamente sopra la nicchia della Madonnina. Dopo questo passaggio si continua a<br />
salire fino a raggiungere un largo dosso erboso (circa 1h dal rif). E’ qui il punto critico per iniziare la<br />
Cengia, ci troviamo imme<strong>di</strong>atamente ad Est (destra salendo) della cima <strong>di</strong> Riofreddo che dobbiamo<br />
aggirare per portarci sul versante Nord.<br />
Risalito il dosso su sentiero ghiaioso, i segnavia in<strong>di</strong>cano <strong>di</strong> proseguire verso sinistra su una larga<br />
cengia erbosa che porta al sent. attrezzato vero e proprio, si nota invece una larga fessura che<br />
inizia dal livello del terreno ed obliqua verso l’alto e sinistra stando sopra la cengia del sent. Goitan<br />
(visibile già dal rifugio Corsi). Alla dx <strong>di</strong> dove inizia la fessura si nota un camino verticale che bisogna<br />
imboccare con un tratto iniziale <strong>di</strong> arrampicata verticale ed esposta, poi si entra in un comodo colatoio<br />
con molti massi smossi e poi successivo muretto (20 m, III-, attenzione a non smuovere sassi<br />
per i compagni sotto). Usciti dal camino si sale per roccette fino ad aggirare la costa che scende<br />
dalla cima <strong>di</strong> Riofreddo e poi in orizzontale per stretta cengia, subito a sinistra <strong>di</strong> un largo pulpito, si<br />
trova la sosta per la prima calata in doppia.<br />
Qui la Cengia si interrompe precipitando verso le ghiaie che si vedono in basso alle basi delle pareti<br />
Nord delle cime da attraversare. Si nota come ci siano due canali <strong>di</strong> scolo poco marcati, in uno si<br />
scende con la doppia obliquando verso sinistra (faccia a valle), il successivo è da attraversare in<br />
arrampicata per poter raggiungere la Cengia.<br />
Stu<strong>di</strong>are bene il percorso dal pulpito perché una volta scesi non si vede più la Cengia che continua<br />
dopo questa breve interruzione. Dalla sosta scendere per circa 15 m in doppia (l´arrampicata in<br />
<strong>di</strong>scesa riportata nella guida del Buscaini) fino ad un evidente camino attrezzando una comoda<br />
sosta sulla paretina dx del camino. Attenzione a non farsi fuorviare da uno spit che si trova dopo 35<br />
m <strong>di</strong> doppia alla base <strong>di</strong> una parete con evidenti lame grigio chiaro praticamente sulla spalla destra<br />
(faccia a valle) del secondo canale <strong>di</strong> scolo (se si arriva allo spit la possibilità <strong>di</strong> sosta è più sicura,<br />
ma il tratto <strong>di</strong> arrampicata è più lungo e sembra leggermente più <strong>di</strong>fficile). Una volta raggiunta la<br />
base del camino (dopo doppia <strong>di</strong> 15 m) si deve risalirlo con arrampicata <strong>di</strong>vertente (6m, III), uscire<br />
verso destra (salendo, faccia a monte), attraversare obliquando in salita il secondo canale <strong>di</strong> scolo<br />
per percorso non obbligato e rimontare la Cengia (ometto). Continuare sulla Cengia per poco fino ad<br />
incontrare la sosta per la seconda doppia (2 ch <strong>di</strong> cui uno poco affidabile, cordone, lasciato un terzo<br />
chiodo). Raggiunta la sosta si nota la Cengia ora ghiaiosa, ora erbosa, che continua molto in basso<br />
sulla sinistra (faccia a valle).<br />
Calarsi per 55 m con doppia non como<strong>di</strong>ssima perché bisogna obliquare verso sinistra per portarsi<br />
alla base <strong>di</strong> un pilastrino con ometto che si nota da metà doppia in poi. Dalla base della doppia la<br />
Cengia continua ben larga anche se su ghiaie a picco sulle pareti sottostanti. Sempre camminando<br />
si finisce il periplo della Cima <strong>di</strong> Riofreddo e ci si porta sotto ad una ripi<strong>di</strong>ssima parete (sulla<br />
sinistra). Qui prestare attenzione alla traversata in leggera <strong>di</strong>scesa <strong>di</strong> un largo imbuto ghiaioso<br />
che sfida la gravità restando sospeso sopra le pareti che strapiombano sulle ghiaie a monte del<br />
rif. Pellarini, visibile in lontananza. Da questo punto si può notare il passaggio più delicato della<br />
Cengia: dopo il tratto ghiaioso sparisce all’interno <strong>di</strong> un budello verticale per riemergere stretta<br />
a tagliare la parete opposta fino ad un masso incastrato che la interrompe nel punto <strong>di</strong> massima<br />
esposizione; dopo la Cengia continua aggirando un secondo spigolo, per poi farsi rivedere dopo<br />
quello che si indovina essere un secondo stretto intaglio verticale. Proseguire sulla Cengia che si fa<br />
31
<strong>di</strong>ario alpino<br />
molto stretta e a picco, aggirare il primo spigolo dopo la traversata sul ghiaione e continuare verso<br />
lo stretto camino. Poco prima del camino si trova un fittone. Oltrepassare il camino molto bagnato e<br />
sempre in leggera <strong>di</strong>scesa su sabbia chiara, avvicinare il masso incastrato. È presente una fune in<br />
metallo molto vecchia con fittoni prima e dopo il masso incastrato. Passare il masso incastrato con<br />
espostissimo traverso. Prestare attenzione alla roccia bagnata e marcia.<br />
Proseguire su sabbia all’interno dell’intaglio alto circa un metro della Cengia fino ad aggirare il<br />
secondo spigolo. Ora le cengia si fa più larga e comoda, ma per poco. Circa 30 m prima del secondo<br />
intaglio verticale da attraversare si trova un passaggio da effettuare carponi perché la Cengia <strong>di</strong>venta<br />
un pertugio alto 50 cm su all’interno della parete che scende sempre fra<strong>di</strong>cia. Poco prima del<br />
passaggio carponi si trova uno spit.<br />
Passare carponi i primi metri e poi continuare sulla Cengia fino al canale verticale strapiombante<br />
e bagnato che si oltrepassa continuando con un traverso sempre esposto per altri 40-50 m (1 ch),<br />
fino a riprendere la Cengia che torna ad essere larga e camminabile. Proseguire fino ad aggirare un<br />
nuovo spigolo che permette <strong>di</strong> fare il periplo dell’Alta Madre, potendo ammirare la profon<strong>di</strong>ssima<br />
gola NE, oltre la quale si vede la Cengia continuare attraverso un grande prato verde. Al <strong>di</strong> sopra<br />
del prato si notano delle ripide zolle erbose intramezzate da salti rocciosi che si dovranno risalire<br />
per puntare alla cima dello Jof Fuart.<br />
Continuare a camminare fino a scendere nella gola NE e rimontarla dal lato opposto incontrando<br />
tratti <strong>di</strong> fune e bolli del sent. attrezzato che sale lo Jof Fuart dal Pellarini. Attraversare il prato e<br />
rimontarlo su sentiero con svolte (si passa davanti ad un rifugio <strong>di</strong> fortuna in pietre) fino alla base <strong>di</strong><br />
un camino in<strong>di</strong>cato con frecce e bolli. La Cengia continua verso destra rimontando una banconata<br />
stretta sopra chiazze d’erba fino ad un pulpito da cui non si riesce più a seguire. Noi puntiamo ad<br />
uscire sulla cima dello Jof Fuart percui si risale lungo la via della gola NE (descritta nella guida del<br />
Buscaini, itin. 83m) fino ad incrociare la normale nell’ultimo tratto (dall’attacco fino alla gola NE,<br />
circa 6-7 h procedendo in sicurezza per buona parte della Cengia).<br />
Il camino sale ripido per 25 m (III), poi la via <strong>di</strong>venta più articolata ma sempre <strong>di</strong> facile in<strong>di</strong>viduazione<br />
per i numerosi bolli e spit che si incontrano nella salita (attenzione a non muovere massi, salita<br />
esposta e sempre sulla verticale dei compagni). Si alternano tratti <strong>di</strong> arrampicata facile (II) a tratti<br />
<strong>di</strong> sentiero. Una volta salite le zolle che si vedevano dalla Cengia, la via <strong>di</strong>venta un ripido sentiero<br />
con tratti <strong>di</strong> I.<br />
Si sale puntando ad una sella a dx del torrione sommatale dello Jof Fuart, lasciando la gola NE<br />
abbondantemente sulla sinistra.<br />
Si risale un risalto <strong>di</strong> una decina <strong>di</strong> metri aiutati da una fune metallica, fino alla sella da cui si traversa<br />
verso sinistra in orizzontale. Sempre seguendo i bolli si continua verso sinistra (si passa una<br />
targa), fino al bivio <strong>di</strong> incrocio con la normale (piccola tabella in ottone che in<strong>di</strong>ca la via della gola<br />
NE) (dalla gola NE all’incrocio con la normale circa 2 - 2.30h). Si sale verso destra per la normale e<br />
in circa 10 minuti si è sulla cima dello Jof Fuart.<br />
Discesa:<br />
Via normale Jof Fuart<br />
Note:<br />
Il percorso può essere notevolmente più breve se non si procede legati nei punti meno impegnativi,<br />
a <strong>di</strong>screzione e secondo esperienza <strong>di</strong> ciascuno. Attenzione ai numerosi ometti che spesso portano<br />
fuori via, il percorso va intuito (considerare <strong>di</strong> avere abbastanza tempo per eventuali errori <strong>di</strong><br />
percorso: tornare in<strong>di</strong>etro ripercorrendo in salita la seconda doppia richiede un´arrampicata non<br />
banale).<br />
Libro <strong>di</strong> vetta: si<br />
Cartografia: TABACCO N. 019 - Alpi Giulie Occidentali Tarvisiano 1:25.000<br />
Autore: Marco Tonello<br />
32<br />
Il Mount Kenya, seconda cima dell’Africa<br />
dopo i 5895 m del Kilimanjaro, è un imponente<br />
massiccio <strong>di</strong> origine vulcanica,<br />
avvolto fino a 3500 m <strong>di</strong> quota da lussureggianti<br />
foreste. Formatosi tre milioni <strong>di</strong><br />
anni fa, il piramidale complesso che domina<br />
l’altopiano a settentrione <strong>di</strong> Nairobi<br />
è senza dubbio la montagna più spettacolare<br />
del continente africano.<br />
Parte della foresta e il massiccio sono<br />
compresi nel Mount Kenya National Park:<br />
un’area protetta che si estende su una<br />
superficie <strong>di</strong> 770 km quadrati. Nella zona<br />
sommitale, dalle caratteristiche tipicamente<br />
alpine, l’originale cratere è stato<br />
cancellato dalla millenaria erosione,<br />
lasciando una serie <strong>di</strong> picchi d’interesse<br />
alpinistico ed escursionistico, come la facile<br />
e panoramica Punta Lenana (4985 m),<br />
che fanno corona alle due cime più eleva-<br />
<strong>di</strong>ario <strong>di</strong>ario alpino<br />
alpino<br />
MOUNT KENYA, 1981 - 2010<br />
<strong>di</strong> Giuliano Bressan<br />
33<br />
te il Batian (5199 m) e il Nelion (5188 m).<br />
La via <strong>di</strong> accesso più frequentata per avvicinarsi<br />
alle cime è la Naro Moru Route<br />
che parte dall’omonimo villaggio. Una pista<br />
sterrata <strong>di</strong> 18 km conduce all’ingresso<br />
del parco (2400 m) dove è necessario,<br />
registrasi e pagare la tassa d’ingresso;<br />
con il fuoristrada si può proseguire attraverso<br />
la foresta sino al Met Station (3050<br />
m) dove è consigliabile pernottare per favorire<br />
l’acclimatazione. Dal Met si supera<br />
il bosco e si prosegue, con cammino assai<br />
scomodo, lungo il paludoso Vertical Bog<br />
sino ad un ampio crinale che porta nella<br />
valle <strong>di</strong> Teleki, ricca <strong>di</strong> senecii e lobelie,<br />
piante caratteristiche del paesaggio d’alta<br />
quota africano. Si raggiunge così, in<br />
cinque ore circa <strong>di</strong> cammino, il Mackinder’s<br />
Camp (4150 m), posto <strong>di</strong> fronte al più<br />
classico panorama sul Mount Kenya. Da
qui il sentiero prosegue dapprima a mezza<br />
costa e poi risale lungo faticose ghiaie<br />
sino all’Austrian Hut (4780 m) ai pie<strong>di</strong> della<br />
Punta Lenana e del versante orientale della<br />
montagna (tre ore circa).<br />
Austrian Hut (4790 m), ore 6.00 del 19 novembre<br />
2010. A trent’anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza esco<br />
da questo spartano ma ospitale rifugio con<br />
meta la classica via normale alla Punta<br />
Nelion. Il pensiero mi riporta, in un rapido<br />
flash, al febbraio del 1981 quando con un<br />
bel gruppo <strong>di</strong> amici avevo dovuto rinunciare<br />
alla salita a causa <strong>di</strong> una forte nevicata:<br />
questa volta la giornata è ra<strong>di</strong>osa e<br />
le con<strong>di</strong>zioni della parete sono perfette.<br />
Sono assieme ad Almo, Sergio, Marika e<br />
a Padre Gabriele, un sacerdote padovano<br />
che ho conosciuto, grazie a Giancarlo,<br />
nell’estate del 2009. Osserviamo il levar<br />
del sole sulla Punta Lenana mentre la nostra<br />
parete comincia a illuminarsi: è uno<br />
spettacolo magico! Scen<strong>di</strong>amo velocemente<br />
al sottostante laghetto e dopo aver<br />
attraversato il piccolo ma ripido ghiacciaio<br />
Lewis battuto precauzionalmente il giorno<br />
prima, risaliamo un ripido e faticoso ghia-<br />
In arrampicata sul Mount Kenya<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
34<br />
ione giungendo così all’attacco della via.<br />
L’itinerario aperto da Eric Shipton e Percy<br />
Wyn Harris il 6 gennaio 1929 si snoda sul<br />
versante sud est e con circa 15 tiri <strong>di</strong> corda,<br />
su <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> III, IV e tratti <strong>di</strong> IV+, raggiunge<br />
<strong>di</strong>rettamente la cima del Nelion. Il sole<br />
ci riscalda e ci fa <strong>di</strong>menticare la pioggia<br />
e il freddo sofferto due giorni prima nel<br />
percorso dalla Met Station al Mackinder’s<br />
Camp. Deci<strong>di</strong>amo, visto che purtroppo Ivan<br />
non può essere della partita, che Gabriele<br />
farà cordata con me e Marika, mentre<br />
Almo si legherà con Sergio. Saliamo rapidamente<br />
le prime lunghezze su facili rocce<br />
e poi in obliquo verso destra raggiungiamo<br />
la base del camino Mackinder; con un po’<br />
<strong>di</strong> emozione osservo vari brandelli <strong>di</strong> corda<br />
ancora dei primi tentativi (la parte bassa<br />
era già stata percorsa da Halford Mackinder<br />
con le guide César Ollier e Joseph Brocherel<br />
nel giugno del 1899). Proseguiamo<br />
a buon ritmo lungo una breve ma faticosa<br />
fessura (One ‘O Cklock Gully), poi per un<br />
bel <strong>di</strong>edro e facile rocce raggiungiamo i<br />
resti del piccolo bivacco Baillie (5000 m).<br />
Dopo aver risalito una corta parete, dobbiamo<br />
scendere sul versante ovest dove,<br />
oltre all’ombra e alla temperatura non<br />
più gradevole, troviamo <strong>di</strong>versa neve. Ripren<strong>di</strong>amo<br />
quin<strong>di</strong> a salire superando brevi<br />
gradoni e fessure con il fondo ghiacciato,<br />
tratti certamente poco attraenti e simpatici<br />
per l’aderenza delle nostre scarpette, sino<br />
a raggiungere un ampio intaglio a sinistra<br />
del gendarme Mackinder. Man mano che<br />
ci innalziamo il panorama sui vari versanti<br />
<strong>di</strong>venta sempre più incantevole; verso valle<br />
risplendono al sole con varie sfumature<br />
d’azzurro romantici laghi circondati da<br />
ver<strong>di</strong> senecii, mentre il colpo d’occhio sulle<br />
varie torri rocciose e sui ghiacciai sospesi<br />
del versante ovest del Batian è allo stesso<br />
tempo severo e gran<strong>di</strong>oso. Torniamo<br />
nuovamente ad arrampicare al sole e con<br />
rinnovata energia saliamo lungo l’elegante<br />
<strong>di</strong>edro De Graaf (forse il tratto più bello<br />
della salita); poi, lungo un ampio spigo-<br />
lo, superando un altro non banale <strong>di</strong>edro,<br />
proce<strong>di</strong>amo in obliquo verso destra in <strong>di</strong>rezione<br />
della cuspide sommitale. La fatica<br />
comincia a farsi sentire ma ormai presi<br />
dall’euforia della vetta superiamo l’ultima<br />
<strong>di</strong>fficoltà costituita da un’ostica fessura<br />
sino a raggiungere le facili rocce finali.<br />
Alle 12.35 giungiamo in vetta; siamo un po’<br />
stanchi ma, con qualche lacrima <strong>di</strong> gioia<br />
negli occhi, orgogliosi per la bella salita.<br />
Davanti a noi si erge poco <strong>di</strong>stante la Punta<br />
Batian mentre poco sotto la cima scorgiamo<br />
il piccolo bivacco Howell. Il panorama<br />
a 360° sui sottostanti versanti è semplicemente<br />
meraviglioso anche se la sua visione<br />
c’è concessa solo per una quin<strong>di</strong>cina<br />
<strong>di</strong> minuti. Com’è normale, infatti, poco<br />
dopo le cime cominciano a venire avvolte<br />
da una fitta nebbia ed è quasi un invito: è<br />
ora <strong>di</strong> scendere. Il tempo <strong>di</strong> scattare qualche<br />
foto, <strong>di</strong> mangiare e bere qualcosa e poi<br />
via, iniziamo la <strong>di</strong>scesa. Trovati facilmente<br />
i primi due resinati con anello per le corde<br />
doppie, comincia una nuova avventura; siamo<br />
spesso avvolti dalle nebbie e non è così<br />
facile proseguire lungo la <strong>di</strong>scesa corretta.<br />
Con un po' <strong>di</strong> fortuna riusciamo comunque<br />
a trovare quasi tutti gli ancoraggi e a raggiungere,<br />
arrampicando per un breve tratto,<br />
il gendarme Mackinder; ormai siamo<br />
certi che con le successive calate raggiungeremo<br />
la base della parete e il materiale<br />
lasciato all’attacco. Alle 16.50 recuperiamo<br />
per l’ultima volta le corde; un’altra semplice,<br />
significativa stretta <strong>di</strong> mano suggella<br />
questa breve ma intensa avventura.<br />
È il gruppo, il rapporto umano, uno degli<br />
aspetti più importanti <strong>di</strong> un’esperienza; con<br />
questa motivazione si è svolto dal 13 al 27<br />
novembre 2010 il nostro soggiorno in terra<br />
kenyota. Vi hanno partecipato: Fiorenza<br />
Dantone, Almo Giambisi e Sergio Martini<br />
(SAT), Marika Freschi e Ivan Da Rios (<strong>CAI</strong><br />
S. Polo <strong>di</strong> Piave), Anna Maria Terruzzin,<br />
Giuliano Bressan e Giancarlo Zella (<strong>CAI</strong><br />
<strong>Padova</strong>).<br />
Giuliano Bressan<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
35<br />
Gabriele Pipinato è nato a <strong>Padova</strong> il<br />
14 aprile del 1965; dopo gli stu<strong>di</strong> (ragioneria)<br />
entra in seminario nel 1984<br />
e viene consacrato prete nel 1990.<br />
Parte per la missione in Kenya nel<br />
1993 e dopo aver stu<strong>di</strong>ato le lingue<br />
locali <strong>di</strong>venta cappellano della parrocchia<br />
<strong>di</strong> Nyahururu.<br />
Qui, da circa quarant’anni, operano<br />
i missionari della Diocesi <strong>di</strong> <strong>Padova</strong><br />
per la promozione umana delle<br />
comunità locali Kikuyu, Turkana e<br />
Samburu. Nel febbraio del 1997 Father<br />
Gabriel fonda il Saint Martin,<br />
un’associazione che ha come obiettivo<br />
la promozione della solidarietà<br />
nella comunità costruendo una forte<br />
capacità nei volontari, in modo che si<br />
possano prendere cura dei bisognosi<br />
che vivono tra <strong>di</strong> loro.<br />
Con il coinvolgimento <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong><br />
volontari e <strong>di</strong> molti sostenitori, il St.<br />
Martin è <strong>di</strong>ventato più <strong>di</strong> un movimento<br />
all'interno <strong>di</strong> una comune organizzazione;<br />
un movimento, parte<br />
integrante della comunità, capace<br />
<strong>di</strong> coinvolgere e smuovere più persone<br />
possibili promuovendo i valori<br />
dell'amore e della solidarietà. Per<br />
saperne <strong>di</strong> più:<br />
http://www.saintmartin-kenya.org
A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> qualche anno, coor<strong>di</strong>nati<br />
dall’amico Giancarlo, partiamo con destinazione<br />
Nyhaururu, una citta<strong>di</strong>na che<br />
<strong>di</strong>sta 250 chilometri circa da Nairobi.<br />
Il gruppo è formato da Fiorenza, Almo,<br />
Sergio, Marika, Ivan, Giuliano ed io. Da<br />
<strong>di</strong>verso tempo Giancarlo ci aveva invitati<br />
nella sua Flora farm, una struttura tipo<br />
rifugio, che oltre ad ospitare gruppi per<br />
meeting, convegni e incontri stu<strong>di</strong>o, fa da<br />
supporto e d’aiuto alla comunità del centro<br />
missionario Saint Martin. Flora farm è<br />
situata a do<strong>di</strong>ci chilometri dal centro abitato<br />
<strong>di</strong> Nyhaururu tra il verde della campagna<br />
e il colore intenso dei cespugli <strong>di</strong><br />
Bougainville.<br />
“Karibuni sana!” è il saluto accogliente<br />
<strong>di</strong> una signora locale: Lea, la colf della<br />
struttura, con la quale simpatizziamo<br />
subito. Che meraviglia! Che silenzio! Abituati<br />
ai rumori delle nostre città, non ci<br />
crea <strong>di</strong>fficoltà l’integrazione in questa<br />
quiete, <strong>di</strong>sturbata solo dal canto dei galli<br />
e dal raglio degli asini. Le buone con<strong>di</strong>zioni<br />
meteo, accompagnate da temperature<br />
gradevoli somiglianti alla nostra primavera<br />
inoltrata, ci accompagneranno durante<br />
il soggiorno in terra africana, tanto<br />
da permettere agli amici <strong>di</strong> organizzare<br />
la salita al Mount Kenya. Scelgo <strong>di</strong> rimanere<br />
a Nyhaururu e visitare con Fiorenza<br />
e Giancarlo, che sarà il nostro driver,<br />
i progetti dei missionari e dei volontari.<br />
Conosciamo così <strong>di</strong>versi veneti soprattutto<br />
padovani e alcune suore <strong>di</strong> colore, evidentemente<br />
ben integrate, che ci salutano<br />
in perfetto <strong>di</strong>aletto padovano. La persona<br />
che più mi colpisce è Alessia, una volontaria<br />
ventiseienne <strong>di</strong> Mestre, laureata in<br />
arti visive e spettacolo che ha deciso <strong>di</strong><br />
lavorare in Kenia per tre anni occupandosi<br />
dei ragazzi <strong>di</strong> strada. Missionari e volontari<br />
vivono in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>sagevoli, le loro<br />
ore <strong>di</strong> lavoro non hanno numero, ma sono<br />
entusiasti e sod<strong>di</strong>sfatti della vita che conducono,<br />
integrati alla pari con le persone<br />
che assistono.<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
KENYA - 30 anni dopo <strong>di</strong> Anna Maria Terruzzin<br />
36<br />
Dopo qualche giorno, con il rientro degli<br />
amici dal Mount Kenia, il gruppo si riunisce<br />
e si festeggia la salita con calore ed entusiasmo;<br />
per metà <strong>di</strong> loro la giovinezza è superata<br />
da un po’, in tre fanno ben 195 anni!<br />
Il viaggio continua visitando i vari progetti<br />
della comunità Saint Martin fondata da<br />
Father Gabriel Pipinato<br />
padre Gabriele un missionario padovano.<br />
Durante i suoi <strong>di</strong>ciassette anni <strong>di</strong> permanenza<br />
a Nyhaururu, ha creato e continua<br />
a far crescere varie strutture tra le<br />
quali Talitha Kum, un convitto che ospita<br />
minorenni sieropositivi e un collegio per<br />
adolescenti che hanno subito violenze<br />
nell’ambito famigliare. Oltre 200 persone<br />
sono amorevolmente assistite da operatori<br />
competenti che cercano, oltre al<br />
miglioramento della loro qualità <strong>di</strong> vita,<br />
<strong>di</strong> favorirne la reintegrazione sociale.<br />
L’ultima opera <strong>di</strong> padre Gabriele è l’assistenza,<br />
in una casa famiglia chiamata Effathà,<br />
a ragazzi cerebrolesi abbandonati<br />
dai genitori perché portatori <strong>di</strong> han<strong>di</strong>cap;<br />
oltre a ricevere cura e sostegno sono aiutati<br />
e seguiti nel creare e comporre vari<br />
oggetti artigianali in un laboratorio con<br />
annesso piccolo negozio. Lo scopo prioritario<br />
<strong>di</strong> Saint Martin è <strong>di</strong> educare e <strong>di</strong> far<br />
crescere la gente locale; tutti i progetti<br />
partono dalla comunità e sono gestiti da<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
Talitha Kum<br />
37<br />
comitati affinché sia la comunità stessa a<br />
farsi carico dei bisogni dei suoi membri,<br />
in maniera autonoma, attraverso i mezzi<br />
<strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone. A San Martin i problemi<br />
<strong>di</strong> uno sono quelli <strong>di</strong> tutti, le sod<strong>di</strong>sfazioni<br />
raggiunte sono con<strong>di</strong>vise da tutti, si respirano<br />
serenità, altruismo e <strong>di</strong>sponibilità.<br />
E’ ora <strong>di</strong> tornare in Italia entusiasti e arricchiti<br />
per questa esperienza. A <strong>di</strong>stanza<br />
<strong>di</strong> qualche mese rivedo col pensiero<br />
gli sguar<strong>di</strong> veri e genuini <strong>di</strong> quella gente,<br />
soprattutto dei bambini. Quante emozioni<br />
vissute tra quelle persone semplici ma<br />
ricche <strong>di</strong> valori che sanno trasmettere<br />
anche attraverso la loro povertà. Dal mal<br />
d’Africa non si guarisce.<br />
Anna Maria Terruzzin
<strong>di</strong>ario alpino<br />
SEMPLICEMENTE LAGORAI<br />
Ci son vari mo<strong>di</strong> per ricercare e trovare<br />
un’avventura vera, l’importante è sempre<br />
prendere la <strong>di</strong>rezione giusta. Arrivati<br />
nei pressi del Passo Rolle la scelta era o<br />
cominciare a risalire verso le luminose e<br />
rinomate Pale <strong>di</strong> San Martino o inoltrarci<br />
verso il più cupo e meno attraente gruppo<br />
del Lagorai. Ovviamente la scelta era ben<br />
chiara nella nostra mente, ma il luccichio<br />
delle Dolomiti mette sempre il tarlo del<br />
dubbio, una tentazione quasi irrefrenabile.<br />
Lasciata la macchina a Malga Rolle, la<br />
nostra spe<strong>di</strong>ta marcia ci condusse a<br />
calpestare le scure rocce porfiriche del<br />
sentiero che porta ai Laghi del Colbricon.<br />
I <strong>di</strong>scorsi erano quelli <strong>di</strong> sempre e<br />
ovviamente la deformazione professionale<br />
del Naturalista mi portava già a sfinire<br />
il mio compagno <strong>di</strong> mille avventure<br />
Laghi del Colbricon e Marmolada<br />
38<br />
<strong>di</strong> Denis Perilli<br />
Roberto (Bob) … deve essere proprio un<br />
santo uomo per riuscire a reggere ancora<br />
le mie mille <strong>di</strong>vagazioni su rocce, fiori<br />
e soprattutto animali! Forse il cognome<br />
Beato è un segno e in tanti ce ne stiamo<br />
accorgendo. Fra una chiacchiera e l’altra<br />
in brevissimo tempo ci trovammo al cospetto<br />
dei laghetti e lo stupore fu imme<strong>di</strong>ato.<br />
Quel luogo, già visitato parecchie<br />
volte, oggi aveva un’aura <strong>di</strong> magia del tutto<br />
particolare. La giornata si proponeva<br />
con una luminosità fuori dal comune e i<br />
colori dell’acqua e delle montagne in lontananza<br />
assumevano dei toni e delle profon<strong>di</strong>tà<br />
ine<strong>di</strong>ti. La dorsale <strong>di</strong> Cima Bocche<br />
riflessa nello specchio d’acqua mi ricordava<br />
quelle immagini del Nord Europa o<br />
del Canada visti e sognati solo attraverso<br />
la tv.<br />
Cominciamo a salire e la mia loquacità<br />
comincia ad “assottigliarsi” sempre più<br />
lasciando spazio al fiatone! Non ricordavo<br />
che la salita ai fianchi del Colbricon fosse<br />
così ripida! In compenso l’allegra comitiva<br />
appena sotto <strong>di</strong> noi continuava ad essere<br />
alquanto rumorosa e a provocare in noi<br />
quel senso <strong>di</strong> invi<strong>di</strong>a per questa energia<br />
che sembrava sprizzare da tutti i pori.<br />
Con una bella sudata raggiungiamo l’inizio<br />
del lungo (e largo!) “nastro inclinato”<br />
<strong>di</strong> sassi che ci dovrebbe condurre verso<br />
Forcella Colbricon. Alla nostra sinistra<br />
l’enorme mole scura del Colbricon, a destra<br />
l’allungata cresta del Colbricon Piccolo.<br />
All’improvviso, l’adrenalina sale a<br />
mille! I fischi assordanti delle marmotte<br />
ci inducono a guardarci attorno ed ecco<br />
sopra le nostre teste la sagoma inconfon<strong>di</strong>bile<br />
<strong>di</strong> ben 2 aquile reali! La mia “pressione”<br />
comincia a salire, memore anche<br />
dell’incontro ravvicinato con un gran numero<br />
<strong>di</strong> camosci avvenuto qualche anno<br />
fa proprio in questa zona. I 2 enormi rapaci<br />
vanno ad appollaiarsi in chissà quali<br />
anfratti nascosti del Colbricon Piccolo e<br />
il silenzio torna sovrano. Anche i nostri<br />
“compagni <strong>di</strong> viaggio” han finito la voce!<br />
Non male come inizio!<br />
Pazientemente riusciamo a raggiungere<br />
l’agognata Forcella Colbricon, del tutto<br />
ignari <strong>di</strong> quello che deve ancora venire.<br />
Il panorama è da sballo! Dietro <strong>di</strong> noi<br />
l’enorme muraglia della Marmolada, il<br />
Piz Boè che si intravede <strong>di</strong>etro le quinte e<br />
ovviamente le Pale <strong>di</strong> San Martino in primissimo<br />
piano. Alla nostra destra il Catinaccio<br />
e il Latemar che oggi sembrano a 2<br />
passi da noi. Ma è davanti che si presenta<br />
la meraviglia. La sterminata catena del<br />
Lagorai si perde all’orizzonte, tutta inclinata<br />
a scendere verso destra. Un mare <strong>di</strong><br />
sassi così esteso non l’avevo mai visto.<br />
Dal fondovalle non sembra così. Anche<br />
Bob si lascia andare ad esclamazioni <strong>di</strong><br />
gioia pura. La lunga cresta dentellata<br />
sembra la schiena <strong>di</strong> un gigantesco dra-<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
39<br />
go che dorme, le parole non bastano! Ma i<br />
colori qui fanno la <strong>di</strong>fferenza! Il contrasto<br />
fra le scure rocce violacee sotto i nostri<br />
pie<strong>di</strong> e le retrostanti “calde” Dolomiti è un<br />
qualcosa <strong>di</strong> assolutamente allucinante!<br />
Pensare <strong>di</strong> camminare su quel che resta<br />
<strong>di</strong> una <strong>di</strong>struttiva nube ardente che centinaia<br />
<strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> anni fa si <strong>di</strong>vertiva a <strong>di</strong>struggere<br />
tutto mi mette i brivi<strong>di</strong>! Sto impazzendo,<br />
quel che resta del mio cervello,<br />
bruciato da sto sole cocente e accecante,<br />
viaggia a mille! Questa è avventura, anche<br />
senza andare in chissà quale remoto<br />
luogo sperduto! Scrutiamo il profilo del<br />
drago per tentare <strong>di</strong> capire qual è Cima<br />
Bragarolo, la nostra vera meta.<br />
Bene, è giunta l’ora <strong>di</strong> ripartire, a quanto<br />
pare la strada è ancora lunga e sembra<br />
proprio che ci siano molte <strong>di</strong>scese alternate<br />
a salite, il giusto mix per massacrarci<br />
i polpacci!<br />
Partenza in <strong>di</strong>scesa e poi risalita in questo<br />
immane sfasciume <strong>di</strong> rocce e in mezzora<br />
circa eccoci giunti ai 2428 m <strong>di</strong> Forcella<br />
Ceremana. Lo scorcio verso l’abitato<br />
<strong>di</strong> San Martino <strong>di</strong> Castrozza non è niente<br />
male! E anche il baratro che sta sotto<br />
le ricadenti pareti del “lato opposto” del<br />
Lagorai non scherza mica. I nuovissimi<br />
cartelli biancorossi in<strong>di</strong>cano che manca<br />
ancora poco più <strong>di</strong> un’ora al Bivacco Aldo<br />
Moro, ubicato poco sotto la “nostra” cima.<br />
Da qui in poi siamo assolutamente soli,<br />
sembra quasi impossibile che il famoso<br />
Passo Rolle sia solo a qualche ora <strong>di</strong><br />
cammino da noi. Questa è la vera magia<br />
avvolgente del Lagorai. Qui sembra che il<br />
tempo e le <strong>di</strong>stanze non abbiano più senso,<br />
si annulla tutto … tranne l’acido lattico<br />
sulle gambe!<br />
Sopra le nostre teste, a sinistra sfilano in<br />
sequenza le varie Cime <strong>di</strong> Ceremana! Mai<br />
e poi mai avrei pensato che con guida e<br />
cartina in mano fosse quasi impossibile<br />
riconoscere le varie vette, ma il Lagorai è<br />
pure questo! Ti <strong>di</strong>sorienta. Ma non c’è da<br />
lasciar spazio alle esitazioni, bisogna pro-
seguire spe<strong>di</strong>ti, anche se in certi momenti<br />
verrebbe da abbandonare il sentiero (o<br />
quella cosa informe che dovrebbe essere<br />
una traccia per i viandanti) e puntare dritti<br />
verso questa o quella sommità!<br />
Ad un certo punto mi blocco <strong>di</strong> colpo!!!!<br />
Mille metri sotto ai miei pie<strong>di</strong> comincia a<br />
far capolino il Lago <strong>di</strong> Paneveggio, tutto<br />
ammantato dal “verde assoluto” della<br />
leggendaria Foresta <strong>di</strong> Paneveggio, quella<br />
dei violini <strong>di</strong> Stra<strong>di</strong>vari. Quanti ricor<strong>di</strong><br />
affiorano in un istante, 2 anni <strong>di</strong> ricerche<br />
per la tesi <strong>di</strong> laurea non si <strong>di</strong>menticano<br />
facilmente! 2 anni <strong>di</strong> incontri, <strong>di</strong> alberi<br />
che toccano il cielo, <strong>di</strong> freddo pungente, <strong>di</strong><br />
simbiosi col bosco stesso, pure <strong>di</strong> dolorose<br />
punture <strong>di</strong> vespe.<br />
Intanto la <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> massi non ha intenzione<br />
<strong>di</strong> mostrare punti <strong>di</strong> debolezza<br />
mentre la nostra grande forza <strong>di</strong> volontà<br />
comincia ad evidenziare delle crepe. Torniamo<br />
in<strong>di</strong>etro? Sta cima sembra quasi<br />
non esistere! Ma all’improvviso ecco una<br />
“bella ciliegia colorata” davanti a noi, l’in-<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
Rocce scure del Lagorai e colorata dolomia delle Pale <strong>di</strong> San Martino<br />
40<br />
confon<strong>di</strong>bile lamiera rossa del Bivacco<br />
Aldo Moro. Quasi quasi ci stavamo convincendo<br />
non esistesse!<br />
Poche esitazioni e via, a risalire quell’ultimo<br />
faticosissimo centinaio <strong>di</strong> metri che<br />
mancano alla Cima <strong>di</strong> Bragarolo. Ultime<br />
roccette ed eccoci finalmente ai 2692 m<br />
della sommità decorata da una inconsueta<br />
croce <strong>di</strong> vetta allestita in modo ru<strong>di</strong>mentale<br />
con 2 pezzi <strong>di</strong> legno mezzi marci.<br />
Chissà, probabilmente non sono altro che<br />
2 “schegge” <strong>di</strong> qualche baraccamento <strong>di</strong><br />
guerra, se solo potessero parlare! Forse<br />
è meglio che stiano zitte.<br />
Credo che il panino sia schizzato fuori da<br />
solo dallo zaino vista la fame che girava in<br />
zona! Un morso <strong>di</strong>etro l’altro osservando<br />
a quanto oggi sembrano stranamente vicine<br />
le bianche vette dell’Ortles, del Gran<br />
Zebrù, del Cevedale e del Vioz. Sembra <strong>di</strong><br />
poterle toccare.<br />
Questo non è un panorama <strong>di</strong> vetta come<br />
gli altri, è un panorama che sa stranamente<br />
<strong>di</strong> lunghi silenzi, <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong><br />
luoghi remoti. È un panorama da Lagorai!!!<br />
Questo ho esclamato in quel momento.<br />
Bob che <strong>di</strong>ci, scen<strong>di</strong>amo? Alla fin dei conti<br />
siamo solo a metà percorso, non <strong>di</strong>mentichiamocelo.<br />
I nostri passi ci portano a scendere per<br />
un <strong>di</strong>vertente fuoripista e la mia testolina<br />
bacata inevitabilmente torna a pensare ai<br />
camosci. Possibile, non ne abbiamo incontrato<br />
manco uno, questo era il regno<br />
<strong>di</strong> tali ungulati. Evidentemente è proprio<br />
vero, la temuta rogna sarcotica ha provveduto<br />
a sterminare la cospicua popolazione<br />
<strong>di</strong> questi animali. Triste da ammettere,<br />
ma sono cicli naturali, non ci si può<br />
fare niente.<br />
Intanto, i pensieri non hanno rallentato<br />
la marcia e pian pianino le forcelle superate<br />
anche all’andata restano <strong>di</strong>etro i<br />
nostri passi svelti. Ringrazio gli scarponi<br />
per non avermi fatto le vesciche. Ora si va<br />
quasi col pilota automatico e l’unica sosta<br />
ristoratrice ce la conce<strong>di</strong>amo al simpatico<br />
Rifugio Colbricon a farci coccolare da<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
41<br />
una dose <strong>di</strong> zuccheri travestita da torta!<br />
Orizzonti, pensieri, considerazioni, ci vuol<br />
tutto, ma anche la gioia del palato va sod<strong>di</strong>sfatta!<br />
Ci fa strano entrare in rifugio,<br />
un’ora prima credevamo <strong>di</strong> essere a mille<br />
miglia da qualsiasi forma <strong>di</strong> vita umana.<br />
Ci rimettiamo nei nostri passi e in un battibaleno<br />
anche questa domenica luminosa<br />
<strong>di</strong> metà settembre giunge all’epilogo,<br />
dopo oltre 9 ore <strong>di</strong> fatiche.<br />
Questa non è una domenica come le altre.<br />
Le emozioni che posso estrarre dal mio<br />
zaino delle escursioni ormai non son<br />
più quantificabili, ma questa gita mi ha<br />
lasciato “un qualcosa dentro” che non<br />
riesco a descrivere! Non è la vetta più alta,<br />
non è l’itinerario più lungo, il compagno<br />
<strong>di</strong> avventura è sempre il fidatissimo e<br />
saggissimo Bob, cos’è successo oggi?<br />
Non lo so, non voglio neanche cercare<br />
spiegazioni, voglio solo portarmi a casa<br />
questo ennesimo regalo che ha voluto<br />
donarmi la montagna. Grazie!<br />
Denis Perilli<br />
Cime <strong>di</strong> Ceremana da Cima Bragarolo
Probabilmente più <strong>di</strong> qualcuno<br />
potrebbe chiedersi<br />
perché andare sino in Norvegia<br />
per praticare lo scialpinismo<br />
Per chi ama questo sport,<br />
abitare in una qualsiasi<br />
delle regioni del nord Italia,<br />
è certamente una fortuna.<br />
Le Alpi, sia nel versante<br />
meri<strong>di</strong>onale che in quello<br />
settentrionale, dell’Austria<br />
e della Svizzera, offrono<br />
una quantità tale <strong>di</strong> salite<br />
che non è <strong>di</strong>fficile ipotizzare<br />
<strong>di</strong> poter svolgere un’intera<br />
carriera alpinistica <strong>di</strong><br />
ascensioni senza mai ripetere<br />
una cima due volte.<br />
Naturalmente tutto ciò è<br />
vero solo in teoria poiché<br />
nella realtà della pratica<br />
sci alpinistica spesso ac-<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
SCIALPINISMO IN NORVEGIA <strong>di</strong> Flavia Fodde<br />
Tra mare e monti<br />
cade <strong>di</strong> dare delle belle ripassate<br />
a cime e montagne<br />
già esplorate, <strong>di</strong> ritrovarsi<br />
su percorsi già noti e questo<br />
per ragioni <strong>di</strong> como<strong>di</strong>tà,<br />
per mancanza <strong>di</strong> tempo o <strong>di</strong><br />
opportunità, per esigenze<br />
<strong>di</strong> sicurezza e perché effettivamente<br />
ci sono itinerari<br />
più belli <strong>di</strong> altri. Solo <strong>di</strong><br />
tanto in tanto ci si concede<br />
qualche incursione in territori<br />
sconosciuti, magari<br />
un po’ più lontani, che però<br />
oppongono al piacere della<br />
scoperta, lunghi spostamenti<br />
ed esiti incerti<br />
Ogni salita scialpinistica è<br />
una storia a sé: le <strong>di</strong>fficoltà<br />
del percorso, la qualità<br />
della neve, le con<strong>di</strong>zioni<br />
atletiche ed emotive <strong>di</strong> chi<br />
le realizza determinano<br />
42<br />
la sod<strong>di</strong>sfazione che se ne<br />
può ricavare. Se poi si ha la<br />
fortuna <strong>di</strong> arrivare in cima<br />
in una giornata soleggiata<br />
e tersa, il go<strong>di</strong>mento del<br />
panorama completerà la<br />
gioia della vetta raggiunta.<br />
Guglie, massici, plateau<br />
<strong>di</strong> ghiacciai, orri<strong>di</strong> canali,<br />
valli, qualche volta laghi, si<br />
offrono allo sguardo ma ciò<br />
che <strong>di</strong>fficilmente si vedrà<br />
da una qualsiasi delle cime<br />
delle Alpi, se non come una<br />
brillante striscia evanescente<br />
all’orizzonte, sarà il<br />
mare.<br />
È pur vero che la catena<br />
alpina ai suoi estremi<br />
sembra sorgere proprio<br />
dal mare e probabilmente<br />
qualche triestino appassionato<br />
sia <strong>di</strong> mare che <strong>di</strong><br />
montagna non sarà <strong>di</strong>fficile<br />
da trovare. Tra marinai e<br />
scialpinisti, può sembrare<br />
strano, la <strong>di</strong>fferenza sta<br />
solo nella <strong>di</strong>mensione orizzontale<br />
o verticale dentro<br />
cui inseguono le proprie<br />
avventure ma l’elemento<br />
che li accomuna, che li<br />
può amare o punire, e che<br />
domina i loro spazi è lo<br />
stesso: l’acqua. Acqua che<br />
<strong>di</strong>venta mare e che <strong>di</strong>venta<br />
neve. In entrambi i casi si<br />
tratta <strong>di</strong> passioni forti che<br />
<strong>di</strong>fficilmente si potranno<br />
ignorare e che, secondo le<br />
capacità e le abilità <strong>di</strong> ciascuno,<br />
bisognerà assecondare.<br />
Proprio uno scrittore<br />
triestino Paolo Rumiz,nel<br />
suo “La leggenda dei monti<br />
naviganti” dà inizio alla<br />
narrazione del suo viaggio<br />
attraverso le Alpi e gli Appennini<br />
partendo da una<br />
barca ancorata nel Mar<br />
Adriatico dalla quale si vedono<br />
i monti. Partire da<br />
una barca per un’avventura<br />
alpinistica non è certo<br />
consueto ma in certi luoghi<br />
della terra e quasi necessario<br />
e uno <strong>di</strong> questi luoghi<br />
è la Norvegia.<br />
Agli inizi <strong>di</strong> aprile io e la mia<br />
amica Elena siamo partite<br />
per un insolito viaggio in<br />
Norvegia: si trattava <strong>di</strong> una<br />
settimana <strong>di</strong> scialpinismo<br />
durate la quale gli spostamenti<br />
sarebbero avvenuti<br />
via mare, in sintesi una<br />
settimana <strong>di</strong> barca a vela e<br />
sci, un connubio inconsueto,<br />
affascinate e stridente a<br />
partire dal fatto che richia-<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
mava alla mente l’idea <strong>di</strong><br />
mare d’inverno che come<br />
cantava la Bertè “è un concetto<br />
che il pensiero non<br />
considera”, ma qui in Norvegia<br />
l’oceano assume un<br />
aspetto <strong>di</strong> scura pece molto<br />
lontano dal nostro caldo<br />
e azzurro me<strong>di</strong>terraneo<br />
per cui anche la presenza<br />
<strong>di</strong> montagne innevate non<br />
sembra così assurda.<br />
Ma partiamo dall’inizio. La<br />
partenza è fissata per i primi<br />
giorni <strong>di</strong> aprile, in Italia<br />
<strong>di</strong>vampa una primavera<br />
precoce e sembra strano<br />
dover ripiombare in pieno<br />
inverno. Le web cam e<br />
le previsioni consultate da<br />
casa quasi giornalmente<br />
non rassicurano: neve,<br />
freddo, pioggia. Scopriremo<br />
solo dopo che le previsioni<br />
del tempo in Norvegia<br />
sono un’inutile esercizio,<br />
poiché le giornate cambiano<br />
in continuazione e si potrebbe<br />
<strong>di</strong>re, parafrasando<br />
ciò che la Mannoia <strong>di</strong>ce per<br />
l’Irlanda “il cielo <strong>di</strong> Norvegia<br />
è come Dio che suona la<br />
fisarmonica”, unica costante<br />
è il vento ora teso, ora <strong>di</strong><br />
brezza che accumula o <strong>di</strong>sperde<br />
nuvole come fa un<br />
cane con le greggi.<br />
Un po’ preoccupate partiamo.<br />
Del gruppo <strong>di</strong> sei<br />
partecipanti conosciamo<br />
solo Paola che con noi raggiunge<br />
l’aeroporto <strong>di</strong> Milano<br />
dove troviamo la guida<br />
Martino Moretti con la sua<br />
compagna Bianca e Chiara,<br />
una milanese trapiantata<br />
sulle Alpi, scesa da Ortisei<br />
43<br />
per l’occasione. Cominciamo<br />
a capire che il gruppo<br />
avrà una forte connotazione<br />
femminile. Allo scalo <strong>di</strong><br />
Oslo troviamo Paola una<br />
specie rara <strong>di</strong> romana sci<br />
alpinista che sarà poi l’unica<br />
velista con cognizione <strong>di</strong><br />
causa e, a <strong>di</strong>fendere i colori<br />
del genere maschile,<br />
a Tromsø, nostro punto <strong>di</strong><br />
arrivo, si aggrega Andrea,<br />
ossolano che vive e lavora<br />
in Germania, un autentico<br />
cervello in fuga. Al porto <strong>di</strong><br />
Tromsø ci aspetta lo skipper<br />
Torbjörn uno Svedese<br />
ruvido e misogino come<br />
tutti i marinai: d’altra parte<br />
la donna in barca porta<br />
sciagura e lì ne aveva ben<br />
sei!<br />
Una volta formato il gruppo<br />
non restava altro che dare<br />
il via all’avventura e senza<br />
nemmeno aspettare <strong>di</strong><br />
aver riempito la cambusa,<br />
che nella prima serata in<br />
barca aveva potuto offrire<br />
solo gamberetti cru<strong>di</strong> e salame,<br />
il giorno dopo siamo<br />
subito partiti per la prima<br />
uscita. L’area nella quale si<br />
sono concentrate le cinque<br />
sci alpinistiche è quella<br />
che chiamano Lyngsalpene,<br />
una penisola montuosa<br />
all’estremo Nord della<br />
Norvegia. Quest’area, molto<br />
battuta d’estate sia perché<br />
<strong>di</strong> qui passano le rotte<br />
che portano al Polo Nord<br />
sia perché meta del turismo<br />
legato all’esplorazione<br />
dei fior<strong>di</strong>, solo da qualche<br />
anno è interessata dalla<br />
pratica dello scialpinismo
che i Norvegesi stanno cominciando<br />
ad apprezzare<br />
a scapito del più popolare<br />
sci nor<strong>di</strong>co. Gli appro<strong>di</strong> ai<br />
fior<strong>di</strong> sono spesso facilitati<br />
dalla presenza <strong>di</strong> un pontile<br />
intorno al quale si forma<br />
un piccolo aggregato <strong>di</strong><br />
case colorate e tra queste<br />
trovano spazio qualche volta<br />
un piccolo emporio e un<br />
magazzino <strong>di</strong> lavorazione<br />
del pesce, che forse rappresenta<br />
la giustificazione<br />
alla presenza del pontile.<br />
Infatti, le case, a <strong>di</strong>spetto<br />
della vivacità dei colori,<br />
rimandavano un aspetto<br />
inquietante <strong>di</strong> abbandono,<br />
rarissimamente abbiamo<br />
incrociato lo sguardo <strong>di</strong> un<br />
autoctono. In una sola occasione<br />
l’approdo alla costa<br />
è avvenuto con il tender<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
il quale, a remi e <strong>di</strong> ridotte<br />
proporzioni ha costretto ad<br />
un an<strong>di</strong>rivieni costa-barca,<br />
prima sci poi sciatori, faticoso<br />
quanto <strong>di</strong>vertente.<br />
L’imprudenza <strong>di</strong> calzare<br />
scarponi e zaino in un mezzo<br />
traballante e facilmente<br />
capovolgibile come quello<br />
è apparsa evidente dopo<br />
lo sbarco: una caduta in<br />
acqua, così agghindati non<br />
avrebbe lasciato scampo a<br />
nessuno. Insolito poi aver<br />
legato il gommoncino a<br />
venti metri dalla riva in un<br />
bosco <strong>di</strong> betulle e ritrovarlo<br />
praticamente in acqua al<br />
nostro ritorno: lì la marea<br />
non scherza.<br />
Descrivere nel dettaglio<br />
le singole uscite sarebbe<br />
solo un esercizio <strong>di</strong> stile<br />
sia perché presumo che<br />
44<br />
nessun dei lettori possa<br />
conoscere la zona, sia perché<br />
non è poi l’obiettivo <strong>di</strong><br />
questa racconto <strong>di</strong> viaggio.<br />
Quel che vorrei far percepire<br />
a chi legge è solo la<br />
bellezza del paesaggio così<br />
inconsueto. Le montagne<br />
galleggiano letteralmente<br />
e se ti giri mentre stai salendo<br />
sul pen<strong>di</strong>o puoi veder<br />
passare una nave da pesca<br />
solo qualche centinaio <strong>di</strong><br />
metri più in basso. Il mare<br />
circonda le montagne, ma<br />
non se ne sente l’odore.<br />
Ricordo che al terzo giorno<br />
<strong>di</strong> navigazione ho voluto<br />
assaggiare l’acqua perché<br />
non percependo il salso,<br />
sembrava quasi <strong>di</strong> navigare<br />
su acqua dolce. Di vette ce<br />
n’è per tutti i gusti: da cime<br />
severe a rassicuranti “pa-<br />
nettoni” passando per tutte<br />
le gradazioni delle <strong>di</strong>fficoltà<br />
alpinistiche. Unico scotto<br />
da pagare è forse lo sviluppo<br />
dei percorsi che spesso<br />
prevede l’attraversamento<br />
<strong>di</strong> plateau più o meno<br />
estesi. D’altra parte non ci<br />
sono strade che si inoltrino<br />
nelle valli e quin<strong>di</strong> per<br />
raggiungere le montagne<br />
all’interno bisogna scavalcare<br />
forcelle e anticime.<br />
Per questo lo snowboard<br />
non sembra l’attrezzo più<br />
adatto, ne sa qualcosa la<br />
povera Chiara venuta in<br />
Norvegia con la tavola, o<br />
quanto meno è necessario<br />
stu<strong>di</strong>are i percorsi in modo<br />
che siano più <strong>di</strong>retti possibili.<br />
Un aspetto positivo<br />
è viceversa rappresentato<br />
dalla quota <strong>di</strong> partenza:<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
poiché si parte dal mare<br />
e chi come me patisce gli<br />
effetti dell’altitu<strong>di</strong>ne trova<br />
qui un vero para<strong>di</strong>so poiché<br />
i <strong>di</strong>slivelli si coprono partendo<br />
da quota zero. Altri<br />
aspetti positivi sono sia la<br />
temperatura che le ore <strong>di</strong><br />
luce. A causa della navigazione<br />
ci è spesso capitato<br />
<strong>di</strong> iniziare le salite ad ore<br />
impensabili per le nostre<br />
latitu<strong>di</strong>ni cioè verso le <strong>di</strong>eci<br />
o le un<strong>di</strong>ci, ma le tempera-<br />
Visione sul Ullsfjorden L'autrice verso lo Stortuva<br />
ture sufficientemente fredde<br />
e le lunghe ore <strong>di</strong> luce<br />
rendevano fattibile tutto ciò<br />
anche se sembrava strano<br />
iniziare a camminare<br />
a quell’ora e rientrare in<br />
barca verso il pomeriggio.<br />
Fin qui i dati tecnici che<br />
chiunque può sperimentare<br />
andando in Norvegia,<br />
45<br />
da qui in poi vi dovrei raccontare<br />
<strong>di</strong> nove persone, la<br />
maggior parte delle quali<br />
tra <strong>di</strong> loro sconosciute che<br />
hanno con<strong>di</strong>viso con civiltà<br />
ed allegria gli angusti spazi<br />
<strong>di</strong> una barca a vela e si sono<br />
miscelate dando il meglio<br />
<strong>di</strong> sé. Ognuno <strong>di</strong> noi, sono<br />
convinta, ricorderà sempre<br />
con intensità ed emozione<br />
questa che ho qualche <strong>di</strong>fficoltà<br />
a definire vacanza<br />
e che con più convinzione<br />
chiamerei esperienza <strong>di</strong><br />
vita. Ma questa è solo irripetibile<br />
magia, come l’inquietante<br />
aurora boreale<br />
che ha danzato per noi ben<br />
due notti, e la magia non è<br />
compresa nel biglietto.<br />
Flavia Fodde
FRANCESCO…<br />
Non voglio parlarvi della famosa rassegna,<br />
nemmeno del premio prestigioso che viene<br />
consegnato durante la kermesse bellunese.<br />
Voglio parlare <strong>di</strong> un'idea, un'idea nata<br />
quattro anni fa.<br />
Scendevamo dal rifugio Galassi, avevamo<br />
appena salito e sceso l'Antelao, con gli sci<br />
ai pie<strong>di</strong>.<br />
Alfredo, perentorio, mi <strong>di</strong>sse: "E adesso<br />
dobbiamo puntare al Pelmo!"<br />
Trangugiai un po' <strong>di</strong> saliva, sapevo dell'im-<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
PELMO D'ORO<br />
46<br />
pegno, ma era bello quell'invito. Di solito,<br />
prima <strong>di</strong> programmare un'altra salita, devo<br />
andare a casa, godermi quella appena fatta,<br />
riposarmi, e poi, <strong>di</strong> sottecchi, subdolamente,<br />
inizia ad inserirsi nella mente la<br />
voglia <strong>di</strong> qualcos'altro, quel certo non so<br />
che…<br />
Il Pelmo è alto 3168 m e, pur non avendo<br />
una via normale particolarmente impegnativa,<br />
è alquanto temuto nei mesi invernali e<br />
primaverili in quanto la porta per accedervi<br />
è costituita da una lunga ed esile cengia, la<br />
Cengia <strong>di</strong> Ball, che permette <strong>di</strong> raggiungere<br />
il grande catino dal quale il Pelmo ha<br />
preso anche l'appellativo <strong>di</strong> "Caregon del<br />
Padreterno".<br />
Fu proprio l'inglese John Ball, che nel 1857,<br />
accompagnato da una guida locale, intuì il<br />
misterioso passaggio e compì la salita alla<br />
prima vetta dolomitica. Egli scelse questa<br />
montagna non per il fatto che sembrasse<br />
più facile delle altre ma perché gli pareva<br />
la più bella ed estetica. Fu indubbiamente<br />
una salita che cambiò le sorti delle intere<br />
Dolomiti.<br />
Ma torniamo al tarlo che rode in testa. Diciamo<br />
che Alfredo non è più giovanissimo,<br />
quattro anni fa, al tempo dell'Antelao, aveva<br />
solamente 75 anni! E oggi solo quattro<br />
<strong>di</strong> più. Se siamo riusciti in un'impresa simile<br />
perché non si può riuscire a salire il<br />
Pelmo?<br />
Perché l'Antelao non ha la Cengia <strong>di</strong> Ball,<br />
non ha il salto del Pordon, non è esposto a<br />
sud, con possibili scariche <strong>di</strong> neve. Insomma<br />
l'Antelao, per quanto ripido, non possiede<br />
i problemi tecnici ed ambientali del<br />
Pelmo.<br />
Per quattro anni le stagioni passavano<br />
senza trovare mai il momento giusto, soprattutto<br />
quello legato alle con<strong>di</strong>zioni della<br />
montagna: la cengia dev'essere abbastanza<br />
scarica <strong>di</strong> neve e i pen<strong>di</strong>i superiori stabili,<br />
non deve far troppo caldo, dev'essere<br />
un bel pezzo che non nevica e, non ultimo,<br />
dobbiamo essere in forma. Per questo, con<br />
Alfredo, non è mai un gran problema.<br />
Ai primi <strong>di</strong> aprile mi chiama e mi mette in<br />
guar<strong>di</strong>a. Francesco, appena ci sono le giuste<br />
con<strong>di</strong>zioni an<strong>di</strong>amo.<br />
È il 16 aprile, è un bel pezzo che non nevica.<br />
La neve sul Pelmo è stabile, la temperatura<br />
è abbastanza bassa. È previsto un rialzo<br />
nei prossimi giorni. Non c'è da aspettare.<br />
Riman<strong>di</strong>amo ognuno i propri progetti ed<br />
impegni, complici le mogli, e la decisione è<br />
presa. Si deve andare.<br />
È il mezzogiorno del sabato. Con Nicola, il<br />
figlio <strong>di</strong> Alfredo, ci <strong>di</strong>amo un paio d'ore <strong>di</strong><br />
tempo per i preparativi. Alle due dobbiamo<br />
essere in viaggio. È necessario raggiungere<br />
il bivacco del rifugio Venezia prima del<br />
buio.<br />
Lo raggiungiamo dopo due ore <strong>di</strong> camminata,<br />
tra neve e terra. La cima è incombente<br />
e si fatica ad intuire la porta d'accesso.<br />
Facciamo festa, come quattro anni fa, in un<br />
bivacco. Cosa sarebbe la montagna senza<br />
questi momenti?<br />
È mattina, stentiamo un po' a partire, eppure<br />
sappiamo che oggi il sole scalderà<br />
non poco i pen<strong>di</strong>i superiori. Quando usciamo<br />
dalla tana è luce già da mezz'ora. Fatichiamo<br />
subito a raggiungere il ripido pen<strong>di</strong>o<br />
iniziale, quello che immette alla cengia.<br />
Questa si fa via via più stretta ed aerea. La<br />
neve è solida, ci sono buone tracce <strong>di</strong> passaggio,<br />
ma non si può e non si deve sbagliare.<br />
In un tratto particolarmente esposto<br />
ci leghiamo e raggiungiamo il salto del<br />
Pordon. La salita ci impegna non poco, soprattutto<br />
nel primo tiro <strong>di</strong> corda, con scarponi<br />
da sci, ramponi e sci in spalla. Alfredo<br />
tira fuori la sua proverbiale grinta e quando<br />
siamo al catino è visibilmente felice.<br />
Ma la salita, dopo i primi momenti, è penosa.<br />
In un tratto si fa particolarmente<br />
ripida e la neve è ormai abbastanza marcia.<br />
Ramponi ai pie<strong>di</strong> raggiungiamo il Vant<br />
Superiore, il catino sotto la vetta. Il sole è<br />
cocente, sono ormai le 13. Non manca più<br />
tanto ma quanto basta per fiaccare anche<br />
la più fervida volontà. Saliamo ancora. Un<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
47<br />
po' egoisticamente mi stacco da padre e<br />
figlio, vedo la vetta a portata <strong>di</strong> mano ed inseguendo<br />
un paio <strong>di</strong> sciatori la raggiungo,<br />
senza Alfredo, senza Nicola.<br />
Mi sporgo verso nord, verso il baratro dal<br />
quale vent'anni fa salii con Gianrino Gottardo,<br />
dopo un bivacco in piena parete nord.<br />
Da qui l'impressione è notevole da far rabbrivi<strong>di</strong>re.<br />
I miei due amici hanno raggiunto una roccia<br />
sotto la cresta finale e Alfredo, ormai esausto,<br />
decide <strong>di</strong> fermarsi. Una punta <strong>di</strong> rammarico<br />
mi assale. Forse se fossi rimasto
assieme a loro ce l'avremmo fatta, saremmo<br />
arrivati in vetta tutti e tre. A Nicola non<br />
resta che abbandonare il padre e fuggire in<br />
cima per scendere velocissimo ed iniziare<br />
insieme la <strong>di</strong>scesa. La sciata è favolosa, i<br />
pen<strong>di</strong>i del "Caregon" hanno la pendenza<br />
ideale e la neve, anche se ormai cotta, tiene<br />
ancora benissimo. Un canale poi le corde<br />
doppie e <strong>di</strong> nuovo la cengia, quell'esile<br />
cengia, filo d'Arianna per la strada <strong>di</strong> casa.<br />
Mentre il Pelmo si colora <strong>di</strong> oro.<br />
Francesco Cappellari<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
48<br />
NICOLA…<br />
17 aprile, 3.050 m ore 13.20 - Alfredo è<br />
“scoppiato”.<br />
Non mi è mai successo <strong>di</strong> dover aiutare<br />
mio papà in montagna.<br />
Forse l’orgoglio, l’esperienza, l’autorevolezza<br />
lo rendono “inaiutabile” e la sua<br />
decisione non è <strong>di</strong>scutibile, forse anche<br />
perché giusta.<br />
E così lui ritorna in<strong>di</strong>etro e io proseguo da<br />
solo con un po’ <strong>di</strong> malinconia; mio papà<br />
che non riesce ad arrivare in cima… possibile?<br />
Durante la <strong>di</strong>scesa, e i giorni successivi,<br />
cerco <strong>di</strong> mettermi nei suoi pensieri e cerco<br />
<strong>di</strong> convincermi che per lui la resa non<br />
è stata così dolorosa, che in fondo la forcella<br />
è quasi cima e che il saggio alpinista<br />
deve anche saper rinunciare.<br />
Ma qui il problema non è cima o no, il problema<br />
è il limite fisico, possibile sia stato<br />
raggiunto?<br />
Possibile che l’inevitabile parabola <strong>di</strong>scendente<br />
sia arrivata così in basso?<br />
Basta gite? È ora <strong>di</strong> immaginare il ritiro?<br />
Qualcosa dentro <strong>di</strong> me si ribella, forse<br />
il figlio che si rifiuta <strong>di</strong> crescere o forse<br />
semplicemente la convinzione che un altro<br />
finale era possibile.<br />
E allora mi <strong>di</strong>co che se sì, è importante<br />
saper rinunciare, forse bisogna anche saper<br />
riprovare.<br />
Bastano poche righe scritte un pomeriggio<br />
e vedo negli occhi dell’inossidabile<br />
Alfredo accendersi lo stesso pensiero:<br />
“perché no?”.<br />
La strategia viene rivista: orario <strong>di</strong> partenza<br />
anticipato, zaino più leggero, arrampicata<br />
senza sci (poi recuperati con<br />
una corda) e qualche liquido in più; le mogli<br />
non si oppongono, rassegnata mamma<br />
Vittoria, coinvolta e partecipe Michela.<br />
E così, 18 giorni dopo, ci ritroviamo soli in<br />
una giornata perfetta.<br />
Fa più caldo ma la leggera nevicata dei giorni<br />
scorsi preserva il fondo che resta duro.<br />
Cengia, rocce, neve, sci e ramponi; il Vant<br />
superiore faticando il giusto; la stessa<br />
forcella che ci accoglie sorridendo e poi<br />
su tra roccette e neve fresca a completare<br />
il capitolo mancante della nostra storia.<br />
La <strong>di</strong>scesa è leggera, la corda doppia bagnata,<br />
la cengia sempre esposta e severa<br />
ad esigere attenzione, poi ancora neve e i<br />
mughi finali come ogni gita che si rispetti.<br />
Al rifugio sono le 17, siamo stati lenti<br />
come è giusto che sia ma le 12 ore <strong>di</strong> fatica<br />
non hanno lasciato segni sulle gambe.<br />
Il rientro nel bosco è sereno: la parabola<br />
può attendere, non era l’ultima, non sarà<br />
l’ultima.<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
49<br />
Infine una denuncia:<br />
La riuscita <strong>di</strong> una gita è data da <strong>di</strong>versi<br />
fattori: la forma fisica, le con<strong>di</strong>zioni della<br />
neve, il meteo, la fortuna, il silenzio.<br />
La nostra gita è stata perfetta.<br />
Non sono stati altrettanto fortunati i nostri<br />
amici; pochi giorni dopo <strong>di</strong> noi la loro salita<br />
è stata violata dai voli degli elicotteri<br />
(il profitto!) che ripetutamente hanno scaricato<br />
e poi recuperato sciatori ignoranti in<br />
cerca <strong>di</strong> emozioni facili. Siamo certi che la<br />
loro sciata non lascerà alcuna traccia nei<br />
loro cuori, ma questo non ci deve bastare.<br />
Cerchiamo <strong>di</strong> lasciare noi una traccia indelebile<br />
con una voce coor<strong>di</strong>nata e ferma<br />
per evitare che questo si ripeta? Franco a<br />
te la parola.<br />
Nicola Bonaiti
ALFREDO…<br />
Non c’è uno… senza due.<br />
Cioè: non c’è Antelao… senza Pelmo.<br />
Quattro anni fa con Francesco e Nicola ero<br />
salito con gli sci sull’Antelao.<br />
Fui colpito dalla visione del Pelmo innevato<br />
davanti a noi e ci feci un pensierino; che<br />
poi <strong>di</strong>ventò una promessa con i due compagni<br />
<strong>di</strong> salita.<br />
Ma per due anni fui bloccato da un doppio<br />
intervento ad una spalla; un altro anno<br />
passò senza riuscire a trovare il giorno favorevole.<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
50<br />
Quest’anno il progetto era ancora lì ad<br />
aspettare.<br />
Un giorno <strong>di</strong> aprile salii solo soletto al rifugio<br />
Venezia a guardarmi la montagna: fantastica<br />
<strong>di</strong> neve, imponente vista da vicino.<br />
Ma “troppa” neve ancora.<br />
Il Pelmo è una montagna particolare: bisogna<br />
affrontarla al momento giusto: non<br />
con troppa neve per avere la famosa cengia<br />
percorribile; non con troppa poca neve<br />
per avere i pen<strong>di</strong>i superiori ben sciabili.<br />
Ma l’occasione si avvicinava.<br />
Un sabato alle 12,20 Nicola mi telefona:<br />
“se si vuole, bisogna andare; domani è il<br />
giorno buono. Francesco è a fare la spesa,<br />
ma quando torna a casa… Rossella è rassegnata:<br />
rinuncia al loro programma…”.<br />
Per farla breve alle sette <strong>di</strong> sera siamo<br />
al bivacco del rifugio Venezia e alle 6 e 20<br />
della domenica partiamo per la cima.<br />
Francesco una forza della natura, supportata<br />
da una perfetta tecnica affinata in mille<br />
imprese.<br />
Nicola, già con un rispettabile curriculum,<br />
sempre sicuro, positivo, con impensabili<br />
riserve <strong>di</strong> energia.<br />
Che coppia <strong>di</strong> amici! Successo assicurato!?<br />
Ma a 120 metri dalla vetta, sulla cresta finale,<br />
mi blocco. Niente da fare.<br />
Inutili gli incoraggiamenti <strong>di</strong> Nicola; inutili<br />
le ultime gocce <strong>di</strong> the.<br />
Saggiamente mi tengo le ultime forze per<br />
poter controllare la <strong>di</strong>scesa.<br />
Ma. Non c’è uno senza… due.<br />
Cioè: non c’è Pelmo uno… senza Pelmo<br />
due.<br />
Pochi giorni dopo il primo tentativo, in ufficio,<br />
Nicola mi passa senza una parola un<br />
foglio <strong>di</strong> carta. Penso sia uno dei tanti fogli<br />
<strong>di</strong> lavoro che ci incrociamo ogni giorno. Al<br />
momento, quasi non lo guardo, preso da<br />
altri pensieri. Ma vedo che non è come al<br />
solito: in sei righe scritte a matita ci sono<br />
elencati sei particolari che si possono migliorare:<br />
“ 1) partenza 6.20 - partenza 5<br />
2) arrampicata con sci in zaino - arrampi-<br />
cata scarichi (sci da recuperare con corda)<br />
3) …<br />
4) …<br />
5) …<br />
6) …<br />
riproviamo? rifletti…”<br />
Caro, splen<strong>di</strong>do Nicola; evidentemente<br />
era stato più male lui per la mia rinuncia,<br />
che non il suo papà che ormai con i capelli<br />
bianchi altre rinunce aveva sopportato.<br />
Rifletto e concordo: si può riprovare.<br />
Vittoria con la consueta razionalità scrive<br />
a Gabriele: “Il papà e Nicola tornano sul<br />
Pelmo. Sono pazzi”.<br />
Diciotto giorni dopo la prima salita siamo<br />
nuovamente al bivacco, questa volta solo<br />
noi due.<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
51<br />
È ancora buio quando mi preparo alla partenza.<br />
“Che tempo fa?”<br />
“Abbiamo il Gran Carro sopra la testa!”<br />
Tutto andrà perfettamente bene: senza<br />
troppa fatica, in completa sintonia con la<br />
montagna e fra <strong>di</strong> noi.<br />
… Partenza alle 5; recupero degli sci con<br />
corda sul famoso “salto del Pordon” …<br />
Non vi annoio con le sensazioni provate;<br />
ma dalla cima mi sono guardato attorno<br />
una, due, <strong>di</strong>eci volte; ho riflettuto sui miei<br />
79 anni compiuti; ho guardato Nicola che<br />
tranquillamente filmava… ed ho ringraziato<br />
il Signore per tutto ciò che in quel momento<br />
mi donava.<br />
Alfredo Bonaiti
Prima <strong>di</strong> recarci a Tenerife, la cartolina<br />
mentale che ci eravamo fatti era quella <strong>di</strong><br />
un’isola infestata da rumorosi bagnanti ed<br />
ecomostri e<strong>di</strong>lizi nati nel boom degli anni<br />
cinquanta-sessanta sotto il franchismo per<br />
dare agli spagnoli un’alternativa alle spiagge<br />
della Penisola Iberica e richiamare se<br />
possibile ulteriori visitatori dai fred<strong>di</strong> paesi<br />
nordeuropei.<br />
Situata all’altezza del Marocco, in pieno<br />
Oceano Atlantico, l’isola fa parte dell’Arcipelago<br />
delle Canarie, un insieme <strong>di</strong> 7 isole<br />
<strong>di</strong> cui Tenerife è la più estesa.<br />
Visto che ci era saltato un altro viaggio, la<br />
nostra idea era quella <strong>di</strong> fare una vacan-<br />
za – relax – attiva; qualche giro in bici ed<br />
escursioni nella zona del Teide, il vulcano<br />
che con i suoi 3718 m costituisce la vetta<br />
più alta della Spagna.<br />
Grande fu la nostra sorpresa quando arrivando<br />
in aereo l’isola ci si presentò davanti<br />
(e sotto) tutta corrugata e solcata da<br />
profonde incisioni (i famosi “barranchi”)<br />
che <strong>di</strong>videvano verdeggianti elevazioni<br />
dalle singolari e caratteristiche forme vulcaniche.<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
Tenerife: montagne in mezzo all’oceano<br />
Una piacevole sorpresa <strong>di</strong> una vacanza natalizia<br />
52<br />
In effetti Tenerife si rivelò come un<br />
suggestivo terreno sul quale svolgere<br />
un’attività escursionistica invernale<br />
riuscendo anche a schivare i rumorosi<br />
bagnanti e gli ecomostri senza<br />
comunque rinunciare a qualche bagno<br />
fuori stagione.<br />
Le Canarie giustamente vengono definite<br />
come le isole dall’eterna primavera; a<br />
<strong>di</strong>cembre e a gennaio che sono i mesi più<br />
fred<strong>di</strong> le temperature oscillano tra i 15 e<br />
i 20 gra<strong>di</strong>, rendendo così piacevole sia le<br />
camminate che le escursioni in bici lungo<br />
le numerose strade sterrate che caratterizzano<br />
l’isola.<br />
I Monti Anaga<br />
Questa catena <strong>di</strong> monti, situati all’estremità<br />
NE rappresentano dal punto <strong>di</strong> vista geologico<br />
la parte più antica dell’isola. Si tratta<br />
<strong>di</strong> montagne ricoperte da una fitta vegetazione<br />
tropicale che scoscendono a tratti<br />
verticalmente verso l’oceano. Sono <strong>di</strong>sseminate<br />
<strong>di</strong> borghi e piccoli paesi dove regna<br />
un’atmosfera ben lontana dalle chiassose<br />
località alla moda <strong>di</strong>slocate lungo la costa<br />
sud occidentale. Tutta la zona è percorsa<br />
da una rete <strong>di</strong> sentieri ben segnalati che<br />
consentono <strong>di</strong> effettuare sia dei percorsi<br />
circolari, sia delle puntate con partenze<br />
dai vari paesi verso <strong>di</strong>verse località ognuna<br />
con le proprie caratteristiche.<br />
In questa zona abbiamo effettuato 2 percorsi:<br />
il primo un bell’itinerario circolare<br />
che partendo dal paesino <strong>di</strong> Benijo proprio<br />
in riva al mare ci ha portato fino al paese<br />
<strong>di</strong> Chamorga e ritorno lungo un sentiero<br />
dapprima lungo delle terrazze in parte<br />
coltivate poste sopra l’oceano e quin<strong>di</strong> per<br />
un costone vulcanico ricco <strong>di</strong> cactus (<strong>di</strong>sl.<br />
1030 m; ore 4.45). Il secondo itinerario invece<br />
con partenza da Punta del Hidalgo ci<br />
ha offerto un’escursione molto contrastata<br />
che ha contrapposto una prima parte <strong>di</strong> salita<br />
in mezzo a un fitto bosco a una <strong>di</strong>scesa<br />
lungo un “barranco” sassoso incastrato<br />
tra pareti traboccanti <strong>di</strong> piante grasse ed<br />
arbusti spinosi fino a condurci in spiaggia<br />
sull’oceano (<strong>di</strong>sl. 810 m; ore 4).<br />
Teno<br />
Questa ventosa e remota località dal fascino<br />
selvaggio è il punto più a NW dell’isola<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
Il Teide Vegetazione dei Monti Anaga<br />
53<br />
ed è caratterizzata da nere spiagge vulcaniche<br />
e verticali scogliere sulle quali<br />
si infrangono incessanti onde oceaniche<br />
evidente risultato dei profon<strong>di</strong> respiri<br />
dell’oceano.<br />
Molti sono i percorsi escursionistici che<br />
si sviluppano in questo angolo <strong>di</strong> Tenerife,<br />
ma data la conformazione dei monti particolarmente<br />
impervia, ben pochi sentieri<br />
partono dal mare per arrivare verso i paesi<br />
posti sulle loro sommità; la maggior parte<br />
dei tracciati girovaga nelle parti più alte del<br />
piccolo altopiano collegando tra loro <strong>di</strong>versi<br />
borghi o località pastorizie. Tutta la zona<br />
<strong>di</strong> Teno che viene raggiunta da una spetta-<br />
colare strada tagliata nella roccia e a picco<br />
sul mare (attenzione in caso <strong>di</strong> piogge forti<br />
perché la strada viene chiusa per caduta<br />
<strong>di</strong> pietre !!!) è caratterizzata da coltivazioni<br />
agricole ricche <strong>di</strong> serre che sfruttano uno<br />
dei pochi siti pianeggianti dell’isola.<br />
Noi abbiamo effettuato un'andata e ritorno<br />
lungo un bellissimo sentiero che ha inizio<br />
da un’azienda agricola vicino all’oceano<br />
raggiungendo sulle orme <strong>di</strong> una vecchia<br />
mulattiera lastricata, la località <strong>di</strong> Teno
Alto tra cactus e gerani che nascono ai bor<strong>di</strong><br />
del tracciato (<strong>di</strong>sl. 730 m; ore 3.30).<br />
Alla fine dell’escursione vale senz’altro la<br />
pena <strong>di</strong> allungare brevemente il percorso<br />
automobilistico per raggiungere il Faro de<br />
Teno, girovagare tra curiose formazioni<br />
vulcaniche e vedere l’oceano eternamente<br />
arrabbiato che sputa le onde contro i neri<br />
scogli.<br />
Parlando con dei locali siamo venuti a conoscenza<br />
<strong>di</strong> un altro percorso meritevole <strong>di</strong><br />
essere percorso che partendo dal paese <strong>di</strong><br />
Masca (più o meno dalle parti <strong>di</strong> Teno Alto)<br />
tutto in <strong>di</strong>scesa percorre la Masca Valley<br />
che conduce <strong>di</strong>rettamente al mare dove<br />
utilizzando per un tratto un battello si può<br />
successivamente ritornare al punto <strong>di</strong> partenza.<br />
Parco del Teide<br />
Dal 1954 questo è il Parco nazionale più<br />
grande della Spagna dominato dalla mole<br />
conica del vulcano del Teide che con i suoi<br />
3718 m è la montagna più alta <strong>di</strong> tutto il<br />
paese iberico. Per i geologi-vulcanologi<br />
rappresenta una eccezionale scuola a cielo<br />
aperto e le sue aspre <strong>di</strong>stese laviche<br />
costellate <strong>di</strong> calanchi, profonde erosioni,<br />
ciottoli <strong>di</strong> lava, rocce attorcigliate dalle forme<br />
sofferte e contorte costituiscono anche<br />
per i non addetti ai lavori uno spettacolo<br />
naturale veramente unico.<br />
Purtroppo una funivia per attirare fin qui<br />
i rumorosi bagnanti costieri giunge fino a<br />
c. 150 m dalla cima, cosa questa che ci ha<br />
fatto desistere <strong>di</strong> calcare la vetta, anche<br />
perché vista l’enorme frequentazione, l’accesso<br />
è a numero chiuso e quin<strong>di</strong> bisogna<br />
con un certo anticipo, svolgere un iter burocratico<br />
attraverso l’Ufficio del Turismo<br />
per ottenere il permesso <strong>di</strong> salita.<br />
Ma basta allontanarsi solo <strong>di</strong> poco dalla<br />
strada e girovagare lungo le Canadas del<br />
Teide poste alla base del vulcano per scoprire<br />
una rete <strong>di</strong> sentieri ben segnalati in<br />
cui non si incontra anima viva; inoltre presso<br />
il punto più alto toccato dalla strada, si<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
54<br />
Salendo da Punta Teno<br />
trovano delle formazioni rocciose che sono<br />
state attrezzate per l’arrampicata.<br />
Anche qui abbiamo percorso due itinerari<br />
dalle caratteristiche <strong>di</strong>verse; il primo posto<br />
a SE del Teide percorre la lunghissima,<br />
solitaria e semidesertica Valle de Ucanca<br />
per tornare poi in<strong>di</strong>etro percorrendo un<br />
suggestivo costone formato da lapilli e cenere<br />
vulcanici. Prima <strong>di</strong> tornare al punto<br />
<strong>di</strong> partenza, molto bella è la facile salita al<br />
Monte Guajara <strong>di</strong> 2715 m da cui si gode l’intera<br />
visione del massiccio del Vulcano (<strong>di</strong>sl.<br />
1130 m; ore 6).<br />
Con il secondo itinerario invece siamo saliti<br />
in vetta al Pico Viejo del Teide <strong>di</strong> 3134 m, il<br />
cratere più vecchio posto a SW della vetta<br />
principale. La salita risulta abbastanza<br />
faticosa soprattutto nell’ultima parte dove<br />
si inerpica su un terreno “lapilloso” e quin<strong>di</strong><br />
a volte cedevole. Lungo il tracciato si<br />
passa anche nei pressi <strong>di</strong> quelle che sono<br />
chiamate “le narici del Teide” due caratteristiche<br />
doline circolari che ben ricordano<br />
le narici <strong>di</strong> un naso. Una volta giunti sulla<br />
prima cima il Pico Sur, molto suggestivo<br />
si rivela il percorso che sul filo del vecchio<br />
ed enorme cratere dal <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 900 m<br />
conduce alla vetta più alta contrad<strong>di</strong>stinta<br />
da un enorme ometto (<strong>di</strong>sl. 1200 m; ore 6<br />
andata e ritorno).<br />
Tutti questi, sono itinerari che noi abbiamo<br />
percorso seguendo delle cartine e un<br />
minimo <strong>di</strong> spiegazioni fornite da pubblicazioni<br />
locali; naturalmente vi sono numerose<br />
altre possibilità (per ciò che riguarda<br />
lunghezza, <strong>di</strong>slivello, zona prescelta) e<br />
quin<strong>di</strong> esiste un’ampia possibilità <strong>di</strong> scelta<br />
a seconda dei propri gusti e della propria<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
In salita verso il Pico Viejo<br />
55<br />
voglia <strong>di</strong> farsi coinvolgere in itinerari più<br />
o meno faticosi e impegnativi. Molto altro<br />
si potrebbe <strong>di</strong>re <strong>di</strong> quest’isola, per esempio<br />
l’eccellente scelta e qualità <strong>di</strong> vini, le<br />
piantagioni <strong>di</strong> banane, l’importantissimo<br />
osservatorio astronomico ecc. ma è bello<br />
che ognuno veda magari girovagando con<br />
una cartina in mano amene località, vecchi<br />
paesi, coltivazioni particolari illudendosi<br />
magari <strong>di</strong> essere il primo a scoprire qualcosa<br />
<strong>di</strong> nuovo e <strong>di</strong>verso.<br />
Nei maggiori centri turistici <strong>di</strong> massa sono<br />
reperibili numerose cartine alcune delle<br />
quali anche con tracciati <strong>di</strong> sentieri come<br />
per es. abbastanza buona quella del Dr.<br />
Molls “Walking map Tenerife” come peraltro<br />
è rintracciabile e anche abbastanza<br />
affidabile la cartina della Kompass in scala<br />
1:50.000 “Teneriffa” n° 233.<br />
Elena e Lucio De Franceschi
Su invito <strong>di</strong> alcune associazioni<br />
escursionistiche<br />
israeliane, in febbraio siamo<br />
partiti dall’Italia in 16<br />
soci del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> Pisa, Milano,<br />
Seattle e <strong>Padova</strong>.<br />
Il programma è stato accuratamente<br />
stu<strong>di</strong>ato dai<br />
nostri ospiti, in particolare<br />
da Susan Lamdan che ci ha<br />
accompagnato per tutte le<br />
due settimane <strong>di</strong> visite ed<br />
escursioni, spesso in compagnia<br />
<strong>di</strong> uno o più amici<br />
che ci raggiungevano e ci<br />
seguivano per uno o più<br />
giorni.<br />
Ogni giorno facevamo un’<br />
escursione, poi in pullman<br />
si raggiungeva un kibbutz<br />
o un ostello nei pressi della<br />
località <strong>di</strong> partenza per<br />
l’escursione seguente. Ciò<br />
ci ha permesso <strong>di</strong> visitare<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
TREKKING IN ISRAELE<br />
Tra le rovine <strong>di</strong> Cesarea<br />
e camminare in molte della<br />
località più interessanti<br />
<strong>di</strong> Israele, <strong>di</strong> capire meglio<br />
la geopolitica <strong>di</strong> quel luogo<br />
straor<strong>di</strong>nario sotto tutti i<br />
punti <strong>di</strong> vista: naturalistico,<br />
storico, religioso, etnografico<br />
e politico.<br />
Da Tel Aviv abbiamo raggiunto<br />
in pullman la mitica<br />
città <strong>di</strong> Cesarea per camminare<br />
a fianco<br />
del lunghissimo<br />
e curioso<br />
acquedotto romanoinsabbiato<br />
sulla spiaggia.<br />
Dopo una breve<br />
visita a Haifa e<br />
ai curatissimi<br />
giar<strong>di</strong>ni Baha’i<br />
(luogo sacro del<br />
Bahaismo una<br />
56<br />
delle più recenti religioni,<br />
nata nel XIX secolo) e alla<br />
città crociata fortificata <strong>di</strong><br />
Akko, abbiamo raggiunto il<br />
kibbutz Amiad, uno dei primi<br />
sorti in Galilea.<br />
La Galilea è stata la prima<br />
sorpresa: contrariamente<br />
alle aspettative è una regione<br />
ver<strong>di</strong>ssima, anche<br />
se coltivata solamente nei<br />
pressi dei kibbutz e, come<br />
abbiamo potuto constatare<br />
nei tre giorni successivi, è<br />
molto piovosa.<br />
La pioggia non ci ha però<br />
impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> fare una<br />
escursione (un po’ fangosa)<br />
lungo il Jesus Trail:<br />
dal Monte delle Beatitu<strong>di</strong>ni<br />
(dove Gesù ha pronunciato<br />
il Discorso della<br />
Montagna) al mare <strong>di</strong> Tiberiade<br />
(dove camminò<br />
sulle acque). Sulle rive del<br />
mare sono situate Tabgha<br />
(dove il Nostro ha moltiplicato<br />
i pani e i pesci), e<br />
Cafarnao dove Gesù curò<br />
<strong>di</strong>versi ammalati, pre<strong>di</strong>cò<br />
nel tempio e chiamò a<br />
se i primi apostoli, tra cui<br />
Il giar<strong>di</strong>no Baha'i <strong>di</strong> Haifa<br />
<strong>di</strong> Angelo Soravia<br />
Pietro, che lo ospitava in<br />
città.<br />
Dalla Galilea siamo passati<br />
sulle alture del Golan,<br />
occupate dagli Israeliani<br />
nel ’67 ma ancora contese<br />
dalla Siria. Gli unici a<br />
sembrare in<strong>di</strong>fferenti alle<br />
questioni politiche, sono i<br />
montanari dei villaggi dru-<br />
Tra le rovine <strong>di</strong> Cesarea<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
si, più interessati invece<br />
a vendere i loro prodotti<br />
(famose ed eccezionali le<br />
mele) lungo la strada per il<br />
monte Hermon al confine<br />
con la Siria. Questo monte,<br />
con i suoi 2224 m, è la cima<br />
più alta <strong>di</strong> Israele.<br />
Dalle alture del Golan al<br />
Giordano: un piccolo fiume<br />
L'inizio della salita nel parco En Ge<strong>di</strong>. Sullo sfondo il mar Morto<br />
57<br />
che scorre nella parte iniziale<br />
della Rift Valley e dà<br />
origine a uno dei più particolari<br />
ecosistemi della<br />
Terra. Il tutto sotto il livello<br />
del mare: dai -100 m circa<br />
delle sorgenti, ai -200 m<br />
del mare <strong>di</strong> Tiberiade, per<br />
finire ai – 413 m del mar<br />
Morto.<br />
Scendendo lungo il Giordano<br />
dal mare <strong>di</strong> Tiberiade<br />
verso sud, si passa in<br />
poche decine <strong>di</strong> chilometri<br />
dalle ver<strong>di</strong> colline della<br />
Galilea a zone semidesertiche<br />
fino al deserto della<br />
Giudea sulle rive del mar<br />
Morto.<br />
Dalle rive del mare partono<br />
molti sentieri per cime<br />
che raggiungono i 300/400<br />
m (si parte però da -400!).<br />
La prima escursione la<br />
facciamo al parco <strong>di</strong> Ein<br />
Ge<strong>di</strong>, un bel giro ad anello<br />
che ci porta dapprima su<br />
una spettacolare balconata<br />
sul mar Morto, e poi<br />
in un canyon in mezzo al<br />
deserto con ruscelli e cascatelle.<br />
Il giorno seguente, seguendo<br />
lo “snake trail”,<br />
saliamo a Masada, la città<br />
fortezza <strong>di</strong> Erode espugnata<br />
dai romani dopo un<br />
lungo asse<strong>di</strong>o. Al pomeriggio<br />
“galleggiamo” sulle<br />
salatissime acque del mar<br />
Morto e alla sera facciamo<br />
il bagno in quelle cristalline<br />
<strong>di</strong> Eilat, nel golfo <strong>di</strong><br />
Aquaba, sul mar Rosso.
<strong>di</strong>ario alpino<br />
Conformazioni geologiche nel deserto<br />
La mattina seguente ripartiamo<br />
per il Deserto<br />
del Neghev: vi rimarremo<br />
tre giorni camminando<br />
tra insolite ed affascinanti<br />
conformazioni geologiche,<br />
visitando il Red Canyon, la<br />
Ammonite Wall, risalendo<br />
il fiume nell’En Avedat<br />
National Park fino ai bellissimi<br />
e ben conservati<br />
resti della città Nabatea<br />
<strong>di</strong> Avdat, per chiudere alla<br />
fine con la salita al monte<br />
Ardon dal fondo dell’insolito<br />
cratere <strong>di</strong> Maktes Ramon.<br />
Gli ultimi tre giorni, a Ge-<br />
Passaggio nel Red Canyon<br />
58<br />
rusalemme, siamo stati<br />
ospitati dagli escursionisti<br />
israeliani, abbiamo vissuto<br />
nelle loro case, mangiato i<br />
loro cibi, <strong>di</strong>scusso dei problemi<br />
politici e dei rapporti<br />
con la Palestina e i palestinesi.<br />
Abbiamo percorso<br />
parte del Jerusalem Trail<br />
e abbiamo visitato la vivacissima<br />
e bellissima città,<br />
ricca <strong>di</strong> storia e <strong>di</strong> contrasti<br />
sociali, religiosi e politici.<br />
Ma devo confessare che<br />
alla fine, malgrado la<br />
grande competenza <strong>di</strong> chi<br />
ci guidava e ci raccontava<br />
della Città <strong>di</strong> David, del<br />
Tempio <strong>di</strong> Salomone, del<br />
Muro del Pianto e della<br />
<strong>di</strong>ario alpino<br />
Gerusalemme, la Cupola della Roccia, le mura e il cimitero visti dal Monte degli Ulivi<br />
Ulivi <strong>di</strong> 2500 anni nell'orto<br />
<strong>di</strong> Getsemani<br />
Cupola della Roccia e altre<br />
interessantissime bellezze,<br />
la curiosità maggiore<br />
per noi, cresciuti nella<br />
cultura cristiano cattolica,<br />
era rivolta ai luoghi evangelici:<br />
il Monte degli Ulivi,<br />
l’Orto <strong>di</strong> Getsemani le<br />
stazioni della Via Crucis,<br />
la Basilica del Santo Sepolcro;<br />
sia per la solennità<br />
dei luoghi che per la grande<br />
varietà <strong>di</strong> persone che li<br />
frequentano.<br />
Salutando i gentilissimi e<br />
<strong>di</strong>sponibili amici israeliani,<br />
li ho invitati a passare<br />
qualche giorno sulle nostre<br />
Dolomiti. Saranno con<br />
noi dall’11 al 18 settembre.<br />
Chi dei soci padovani vorrà<br />
farci compagnia sull’Averau<br />
e Nuvolau, sulle Tre<br />
Cime e sul Sella, sarà il<br />
benvenuto.<br />
Angelo Soravia<br />
59<br />
Strani personaggi si<br />
aggirano per Gerusalemme
La nostra sezione è ricca<br />
<strong>di</strong> autori che si sono impegnati<br />
a scrivere su questioni<br />
che riguardano la montagna;<br />
si tratta in genere <strong>di</strong><br />
autori <strong>di</strong> manuali alpinistici,<br />
<strong>di</strong> trattati che riguardano<br />
la sicurezza, <strong>di</strong> guide <strong>di</strong><br />
escursionismo, arrampicata,<br />
mountain bike, ghiaccio<br />
ecc., ma pochissimi si<br />
sono cimentati nel campo<br />
della letteratura.<br />
Ora, quasi contemporaneamente,<br />
ci hanno provato in<br />
tre:<br />
Giorgio Tosi, già istruttore<br />
e vicepresidente della<br />
recensioni<br />
I soci (si) raccontano<br />
sezione e che negli ultimi<br />
anni ha già pubblicato numerosi<br />
lavori, Sergio Sattin,<br />
istruttore e, per alcuni<br />
anni, <strong>di</strong>rettore della scuola<br />
“Piovan” ed infine Marco <strong>di</strong><br />
Tommaso, autore <strong>di</strong> guide<br />
e, in passato, bibliotecario<br />
della sezione.<br />
Li unisce l’adesione al nostro<br />
sodalizio e la passione<br />
per la montagna, ma<br />
li <strong>di</strong>vide un certo numero<br />
<strong>di</strong> anni. I primi due sono<br />
nell’età nella quale è un<br />
piacere (e qualche volta<br />
anche un dovere) raccontarsi;<br />
il terzo, giovane e<br />
60<br />
rigoroso ingegnere, sente<br />
invece il bisogno <strong>di</strong> volare<br />
con la fantasia.<br />
Le pubblicazioni possono<br />
essere acquistate in sede<br />
con lo sconto <strong>CAI</strong> del 25%<br />
ZERO8000 sport<br />
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GLI SPECIALISTI<br />
DELLA MONTAGNA<br />
alpinismo - sci alpinismo<br />
<strong>di</strong>scesa - sci da fondo - trekking<br />
travel - fornitura per spe<strong>di</strong>zioni<br />
Giorgio Tosi<br />
Le Alpi non bastano più<br />
€ 9,50<br />
In un centinaio <strong>di</strong> pagine<br />
Giorgio raccoglie gli appunti<br />
dei primi viaggi alpinistici<br />
che, a partire dai<br />
primi anni settanta, ha<br />
effettuato insieme ad altri<br />
precursori del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong>,<br />
tra cui la moglie Liliana<br />
Fassetta alla quale<br />
ha de<strong>di</strong>cato il libro. Le loro<br />
esperienze hanno aperto<br />
la strada a numerosi<br />
padovani che negli anni<br />
seguenti hanno provato il<br />
piacere del viaggio alpinistico<br />
d’avventura: Kilimanjaro,<br />
Kenja, Toubkal,<br />
Ararat, Damavand ecc.<br />
non erano più luoghi lontani<br />
che si leggevano solo<br />
sui libri specializzati ma<br />
mete possibili e, con un po’<br />
<strong>di</strong> sacrificio e fatica, raggiungibili<br />
da molti.<br />
recensioni<br />
Sergio Sattin<br />
Racconti <strong>di</strong> guerra e <strong>di</strong><br />
gioventù - € 9,50<br />
Anche questo è un libro<br />
autobiografico, non <strong>di</strong><br />
montagna, ma, avendo<br />
passato gran parte della<br />
vita ad arrampicare ed a<br />
sciare, per forza <strong>di</strong> cose lo<br />
<strong>di</strong>venta.<br />
Sergio parte dai suoi ricor<strong>di</strong><br />
della guerra, degli<br />
allarmi aerei, degli spostamenti<br />
obbligati della<br />
vita grama ma anche<br />
spensierata <strong>di</strong> un ragazzino<br />
<strong>di</strong> quegli anni. Ma per<br />
fortuna la guerra finisce<br />
e iniziano i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> gioventù:<br />
paracadutismo, arrampicate<br />
e scialpinismo;<br />
con racconti <strong>di</strong> particolari<br />
che fanno sorridere confrontando<br />
le stesse attività<br />
svolte nel dopoguerra ed<br />
oggi.<br />
61<br />
Marco Di Tommaso<br />
Nel Regno <strong>di</strong> Marmolo<br />
€ 14,50<br />
Dal racconto <strong>di</strong> storie vere<br />
a quelle <strong>di</strong> pura fantasia.<br />
La vita dei monti, dei laghi,<br />
dei sassi,delle grotte,<br />
degli abitanti dei boschi,<br />
viene raccontata con 13<br />
storie, senza menzionare<br />
fossili, spinte tettoniche,<br />
venti e acque che erodono<br />
e modellano valli e cime;<br />
ma con “la fantasia scaturita<br />
dall’inconscio….libera<br />
<strong>di</strong> viaggiare oltre l’immaginazione”.<br />
E sono tutte storie nuove<br />
e originali, pur seguendo<br />
il filone classico delle leggende<br />
dolomitiche.
Emiliano Zorzi<br />
IV Grado<br />
Dolomiti Occidentali 1<br />
€ 23,50<br />
240 pagine<br />
Idea Montagna<br />
E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />
italiano<br />
inglese<br />
tedesco<br />
Emiliano Zorzi<br />
IV Grado<br />
Dolomiti Occidentali 2<br />
€ 23,50<br />
264 pagine<br />
Idea Montagna<br />
E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />
italiano<br />
inglese<br />
tedesco<br />
Emiliano Zorzi,<br />
Carlo Piovan,<br />
Saverio D'Ere<strong>di</strong>tà<br />
IV Grado e più<br />
Friuli Occidentale<br />
€ 24,50<br />
352 pagine<br />
Idea Montagna<br />
E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />
Emiliano Zorzi,<br />
Carlo Piovan,<br />
Saverio D'Ere<strong>di</strong>tà<br />
IV Grado e più<br />
Friuli Orientale<br />
€ 24,50<br />
328 pagine<br />
Idea Montagna<br />
E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />
in libreria ricor<strong>di</strong>amo<br />
62<br />
Stefano Santomaso<br />
Moiazza<br />
Roccia tra luce e mistero<br />
€ 25,50<br />
384 pagine<br />
Idea Montagna<br />
E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />
Francesco Cappellari<br />
Ferrate a Cortina<br />
€ 19,50<br />
232 pagine<br />
Idea Montagna<br />
E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />
italiano<br />
inglese<br />
tedesco<br />
Ermes Bergamaschi<br />
Valsugana e<br />
Canal del Brenta<br />
€ 23,00<br />
224 pagine<br />
Idea Montagna<br />
E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />
Anche il nostro grande amico CESARE BOLZONELLA ci ha<br />
lasciati: è andato a raggiungere in cielo gli altri nostri amici<br />
del Coro del Cai, purtroppo numerosi.<br />
Ha fondato lo stesso insieme ai fratelli Livio e Giorgio in<br />
Piazza del Santo all’ombra della Basilica nel lontano Giugno<br />
1944, mentre imperversava la 2° guerra mon<strong>di</strong>ale. Ha ricoperto<br />
per oltre un sessantennio la carica <strong>di</strong> Presidente del<br />
Coro al quale de<strong>di</strong>cava tutto il suo amore e la sua passione,<br />
questa, anche per la montagna, per gli alpini e per il canto<br />
popolare Trentino. Qualche anno fa gli è stata consegnata<br />
l’aquila d’oro, riconoscimento che viene conferito ai soci del<br />
C.A.I. - sezione <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> dopo 50 anni <strong>di</strong> appartenenza.<br />
Per anni insegnante all’Istituto Tecnico per geometri Belzoni <strong>di</strong> <strong>Padova</strong>, dotato anche<br />
<strong>di</strong> una spiccata vena artistica ci ha lasciato moltissimi ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> quadretti e vignette<br />
che faceva fintantochè aspettava i coristi per le due consuete prove settimanali alle<br />
quali era sempre il primo ad arrivare.<br />
Il suo è stato un gran<strong>di</strong>ssimo esempio <strong>di</strong> serietà, <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> compostezza, <strong>di</strong> gentilezza,<br />
<strong>di</strong> bontà personificata, dotato <strong>di</strong> un grande carisma che esprimeva anche nelle sue<br />
rarissime assenze.<br />
Grazie infinite amico Cesare.<br />
Il Presidente del Coro del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong><br />
Roberto Scanferla<br />
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