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sommario 2/2011 - CAI Sezione di Padova

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17<br />

20<br />

60<br />

62<br />

63<br />

<strong>sommario</strong><br />

Club Alpino Italiano<br />

<strong>Sezione</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong><br />

Cronache<br />

Presidenza al cambio della guar<strong>di</strong>a • Chi è Angelo Soravia, il nuovo presidente<br />

• Armando Ragana e la sua "lunga" presidenza • Armando Ragana<br />

- Impressioni • Caro Armando • Alessandro Baù è Accademico del <strong>CAI</strong> •<br />

Consiglio Direttivo <strong>2011</strong> • Gita fra amici <strong>CAI</strong> <strong>Padova</strong> - DAV Friburgo • 59°<br />

Filmfestival <strong>di</strong> Trento • Un giorno coi "veci"<br />

Dialoghi<br />

Ritorniamo in forcella • Piazzetta Nievo<br />

Diario Alpino<br />

Racconti <strong>di</strong> quasi-alpinismo • La stra<strong>di</strong>na fantasma <strong>di</strong> Casera Bitti • Cengia<br />

degli Dei • Mount Kenya, 1981-2010 • Kenya - 30 anni dopo • Semplicemente<br />

Lagorai • Scialpinismo in Norvegia • Pelmo d'Oro • Tenerife: montagne in<br />

mezzo all'oceano • Trekking in Israele<br />

Recensioni<br />

I soci (si) raccontano<br />

In libreria<br />

Ricor<strong>di</strong>amo<br />

Cesare Bolzonella<br />

SEMESTRALE<br />

SEGRETERIA REDAZIONALE c/o <strong>Sezione</strong> <strong>CAI</strong><br />

35121 <strong>Padova</strong> - Gall. S. Bernar<strong>di</strong>no, 5/10<br />

Tel. 049 8750842 - www.caipadova.it - info@caipadova.it<br />

Poste Italiane Spa - Spe<strong>di</strong>zione in A.P. - D.L. 353/2003<br />

(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DR PD<br />

Autorizzazione del Tribunale <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> n. 401 del 5.5.06<br />

DIRETTORE RESPONSABILE: Giovanni Piva<br />

VICE-DIRETTORE: Lucio De Franceschi<br />

COORDINAMENTO: Francesco Cappellari<br />

COMITATO DI REDAZIONE: Renato Beriotto, Giuliano Bressan, Daniela Grigoletto,<br />

Vinicio Lorenzoni, Luigina Sartorati, Caterina Secco, Tonino Tognon, Leri Zilio,<br />

IMPAGINAZIONE GRAFICA e STAMPA: Officina Creativa<br />

1<br />

2/<strong>2011</strong>


Dopo 24 anni <strong>di</strong> presidenza, Armando Ragana<br />

ha passato il testimone e, dopo una<br />

votazione con verdetto sul filo <strong>di</strong> lana, il<br />

Consiglio Direttivo lo ha consegnato a me.<br />

Non è un'ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> poco conto quella che<br />

Armando lascia:<br />

- una sezione che da anni supera i 3000<br />

soci<br />

- un lavoro costante e continuativo <strong>di</strong> trecento/trecentocinquanta<br />

volontari impegnati<br />

come istruttori, accompagnatori,<br />

organizzatori <strong>di</strong> gite, serate culturali e<br />

altre iniziative, <strong>di</strong>stribuiti nella varie commissioni<br />

e che permettono una grande<br />

scelta <strong>di</strong> attività<br />

- due importanti rifugi che danno lustro<br />

(e ossigeno) alle attività della sezione e<br />

cronache<br />

un terzo che, ormai espropriato,<br />

stiamo <strong>di</strong>fendendo con i denti<br />

- una sede prestigiosa anche se<br />

ormai inizia a <strong>di</strong>mostrare qualche<br />

inadeguatezza rispetto alle attuali<br />

esigenze.<br />

Con questi presupposti il primo<br />

compito è quello <strong>di</strong> garantire la<br />

continuità, che però non deve essere<br />

immobilismo, ma potenziamento<br />

e aggiornamento dell’esistente<br />

alle nuove esigenze.<br />

L’impegno che cercherò <strong>di</strong> portare<br />

avanti assieme al Consiglio<br />

sarà perciò quello <strong>di</strong> creare nuove<br />

opportunità per gli iscritti e per<br />

cercare <strong>di</strong> farne <strong>di</strong> nuovi, senza<br />

intaccare il lavoro autonomo delle<br />

commissioni che già lavorano<br />

egregiamente.<br />

Ciò comporta però un allargamento<br />

del gruppo <strong>di</strong> soci <strong>di</strong>sposti<br />

ad attivarsi e <strong>di</strong> una soluzione logistica<br />

più adatta ad una maggiore<br />

fruibilità degli spazi sezionali.<br />

Perciò ringrazio fin da ora i soci<br />

che si metteranno a <strong>di</strong>sposizione<br />

per nuove iniziative e quelli che già si impegnano<br />

e continueranno a impegnarsi.<br />

Poi un ringraziamento a tutto il Consiglio<br />

ed in particolare a Luciano Carrari che ha<br />

accettato <strong>di</strong> sostituirmi nel ruolo <strong>di</strong> Tesoriere<br />

e Luigina Sartorati e Oddo Ferro,<br />

Segretaria e Vicepresidente che hanno<br />

accettato <strong>di</strong> continuare ad affiancarmi<br />

dando continuità operativa al precedente<br />

Consiglio.<br />

Augurandovi un’estate ricca <strong>di</strong> paesaggi<br />

belli e sereni, <strong>di</strong> salutare fatica e sod<strong>di</strong>sfazioni<br />

sulle nostre montagne<br />

Angelo Soravia<br />

Un breve profilo biografico del neoeletto<br />

presidente, in particolare per gli aspetti<br />

che riguardano la sua attività nel Cai, è<br />

d'obbligo. Nato a Gorizia nel 1948, Angelo<br />

Soravia è membro della Scuola <strong>di</strong> Alpinismo<br />

da trent'anni, essendovi entrato appena<br />

due stagioni dopo la sua iscrizione<br />

al Cai nel 1979. L'ambiente invernale e<br />

la neve sono fin dal principio la sua passione,<br />

<strong>di</strong>viene istruttore <strong>di</strong> scialpinismo<br />

e frequenta la scuola. Collabora ai corsi<br />

<strong>di</strong> scialpinismo, sci escursionismo e poi<br />

anche <strong>di</strong> alpinismo e ghiaccio. Con la sua<br />

passione ed il suo estroverso carattere<br />

<strong>di</strong> trascinatore dà vita nel 1995 alla formazione<br />

<strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> sci escursionisti.<br />

Nel frattempo accumula esperienze alpinistiche<br />

personali anche fuori dall'ar-<br />

cronache<br />

Presidenza al cambio della guar<strong>di</strong>a<br />

Chi è Angelo Soravia<br />

<strong>di</strong> Angelo Soravia il nostro nuovo presidente <strong>di</strong> Giovanni Piva<br />

2<br />

3<br />

co Alpino, partecipando a varie<br />

spe<strong>di</strong>zioni extraeuropee, che lo<br />

portano per quattro volte a superare<br />

i 5mila metri e a raggiungere<br />

la cima <strong>di</strong> cinque seimila. Infruttuosi,<br />

ma non certo sotto il profilo<br />

dell'esperienza, due tentativi<br />

all'Aconcagua. Tra le montagne<br />

extraeuropee salite, Angelo Soravia<br />

ha all'attivo Elbrus, Ararat, Illimani,<br />

Huaina Potosi, Kilimanjaro,<br />

Toubkal. Numerosi poi i viaggi<br />

e trekking effettuati in varie parti<br />

del mondo.<br />

Tornando all'alpinismo <strong>di</strong> casa<br />

nostra, Angelo Soravia mette a<br />

frutto anche per l'associazione le<br />

sue competenze nel settore e<strong>di</strong>toriale,<br />

che lo vedono impegnato<br />

professionalmente come e<strong>di</strong>tore<br />

<strong>di</strong> montagna, con una spiccata<br />

passione anche per il trekking e<br />

la mountain bike escursionistica,<br />

<strong>di</strong> cui è personalmente autore<br />

<strong>di</strong> guide. Nel 2002 partecipa alla<br />

stesura <strong>di</strong> un quaderno <strong>di</strong>dattico<br />

presentato dal <strong>CAI</strong> <strong>Padova</strong> con il<br />

contributo della Regione Veneto.<br />

Pochi anni più tar<strong>di</strong>, quando la<br />

sezione padovana prepara i festeggiamenti<br />

per celebrare il suo primo<br />

centenario, gli affida il coor<strong>di</strong>namento e<br />

la realizzazione del volume storico sul<br />

Cai <strong>Padova</strong> che racchiude l'intera e ricchissima<br />

panoramica sull'attività sezionale<br />

dalla sua nascita al 2008. In consiglio<br />

<strong>di</strong>rettivo sezionale Soravia è stato per<br />

due perio<strong>di</strong>, prima nel 2001, poi dal 2007<br />

con l'incarico <strong>di</strong> tesoriere, che affianca a<br />

quello <strong>di</strong> bibliotecario, un'altra sua passione<br />

che sicuramente si tradurrà in iniziative<br />

<strong>di</strong> rilancio nell'ambito della sua<br />

presidenza del Cai padovano.<br />

Giovanni Piva


Armando l’ho conosciuto da allievo frequentando<br />

il Corso <strong>di</strong> Roccia nel 1974 e<br />

con lui ho fatto la mia prima salita sulle<br />

Pale <strong>di</strong> S. Martino. Da allora <strong>di</strong> tempo ne<br />

è passato ma la sua presenza all’interno<br />

del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> è sempre stata una costante<br />

che mi e ci ha accompagnato fino<br />

ad oggi.<br />

Istruttore Regionale all’interno della<br />

Scuola <strong>di</strong> Alpinismo <strong>di</strong> cui ne è stato poi<br />

il Direttore per due mandati dal 1981 al<br />

1987 e contemporaneamente membro del<br />

Consiglio Direttivo della <strong>Sezione</strong> <strong>di</strong> cui poi<br />

<strong>di</strong>verrà Presidente nel 1987.<br />

A conti fatti quin<strong>di</strong> ha fatto ben 23 anni <strong>di</strong><br />

presidenza, un record e visto che alla sua<br />

elezione ero presente anch’io in qualità <strong>di</strong><br />

Consigliere, sono 23 anni che con<strong>di</strong>vido<br />

con lui gioie e dolori della <strong>Sezione</strong>.<br />

Certo, molte cose sono cambiate dal<br />

1987 e se penso a come funzionava il <strong>CAI</strong><br />

all’inizio della sua presidenza, mi meraviglio<br />

e mi complimento con lui per come<br />

sia riuscito a gestire svariate vicissitu<strong>di</strong>ni<br />

rimanendo al passo con i tempi.<br />

Basti pensare a tutti i problemi legati al<br />

riconoscimento del <strong>CAI</strong> come Associazione<br />

e <strong>di</strong> conseguenza alla ristrutturazione<br />

della gestione economica, ai problemi legati<br />

ai lavori dei rifugi, alla gestione delle<br />

varie commissioni che nel corso degli<br />

anni sono andate aumentando, ai rapporti<br />

non sempre semplici con la Sede Legale,<br />

fino ai giorni nostri quando nel 2008 sono<br />

stati festeggiati i 100 anni della <strong>Sezione</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Padova</strong> con una serie <strong>di</strong> iniziative delle<br />

quali Armando fu entusiasta propositore.<br />

Assieme abbiamo visto nascere il Parco<br />

dei Colli Euganei e assieme abbiamo partecipato<br />

a numerose riunioni che hanno<br />

portato nel 2009 all’acquisto da parte del<br />

Parco della storica palestra <strong>di</strong> arrampicata<br />

<strong>di</strong> Rocca Pen<strong>di</strong>ce, questione questa<br />

che ad Armando stava particolarmente a<br />

cuore visto i suoi passati all’interno della<br />

Scuola <strong>di</strong> Alpinismo, un successo questo<br />

dettato dalla sua tenacia nel <strong>di</strong>fendere la<br />

cronache<br />

Armando Ragana e la sua “lunga” presidenza<br />

4<br />

storia e le tra<strong>di</strong>zioni legate a questo sito.<br />

Sicuramente Armando non ha mai avuto<br />

un carattere facile e lo ha <strong>di</strong>mostrato nel<br />

corso <strong>di</strong> tutti questi anni nei quali durante<br />

le varie riunioni del Consiglio Direttivo<br />

non sono mancate accese e vivaci <strong>di</strong>scussioni;<br />

bisogna riconoscere però che il suo<br />

comportamento è sempre stato improntato<br />

sulla democraticità tenendo fermo<br />

il principio che “il Consiglio è sovrano” e<br />

bisogna dargli atto che non ha mai cercato<br />

<strong>di</strong> scavalcare o aggirare il Consiglio<br />

su questioni che a volte si sono rilevate<br />

particolarmente delicate.<br />

Secondo me uno dei suoi meriti maggiori<br />

sta nel fatto <strong>di</strong> essere riuscito a traghettare<br />

il <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> da un sistema<br />

<strong>di</strong>lettantistico <strong>di</strong> gestire la sezione a un<br />

modo più moderno e attuale <strong>di</strong> svolgere<br />

le numerose attività coinvolgendo tutte<br />

le persone che volontariamente prestano<br />

la loro opera, basti pensare alle ultime<br />

commissioni nate quali quelle dell’Alpinismo<br />

Giovanile <strong>di</strong> cui Armando capì subito<br />

l’enorme potenzialità e quella dei Veterani<br />

che a tutt’oggi è una palese e numerosa<br />

realtà.<br />

Adesso Armando ha passato il testimone<br />

e con ciò si chiude un’epoca, assieme a<br />

lui se ne vanno molti ricor<strong>di</strong> connessi con<br />

la vita sezionale, alcuni <strong>di</strong> questi rimarranno<br />

in<strong>di</strong>ssolubilmente legati alla sua<br />

persona, altri resteranno a <strong>di</strong>sposizione<br />

<strong>di</strong> chi assumerà il “timone” dopo <strong>di</strong> lui<br />

per tutti noi. Al nuovo Presidente auguro<br />

<strong>di</strong> guardare avanti senza però ogni tanto<br />

volgersi in<strong>di</strong>etro tenendo presente un<br />

vecchio proverbio arabo che <strong>di</strong>ce :” se non<br />

sai dove stai andando, girati per vedere da<br />

dove vieni”.<br />

Lucio De Franceschi<br />

<strong>di</strong> Lucio de Franceschi<br />

Presidente della sezione <strong>CAI</strong> <strong>Padova</strong> per<br />

oltre 20 anni.<br />

Sono iscritta al <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> da pochi<br />

anni, perciò la mia esperienza è breve e<br />

non posso quin<strong>di</strong> esprimere molto sul nostro<br />

Presidente Armando Ragana. È certo<br />

però che la sua figura piuttosto singolare<br />

non può che avermi colpito. Vi spiego subito<br />

perché.<br />

Persona <strong>di</strong> bell’aspetto e sempre curata,<br />

<strong>di</strong>mostra ancora un’energia tutta giovanile;<br />

spesso sorridente, dai mo<strong>di</strong> molto<br />

gentili, dalla personalità positiva e, come<br />

scoprirò poi, animata dalla forte convinzione<br />

<strong>di</strong> quello che <strong>di</strong>ce e che propone.<br />

In seguito, ho avuto modo <strong>di</strong> conoscere<br />

l’ambiente e seguire un po’ <strong>di</strong> più il Presidente<br />

nella vita sezionale,in cui si è rivelato<br />

essere un personaggio autentico,<br />

non solo ‘<strong>di</strong> forma’ come tanti se ne vedono<br />

in giro al giorno d’oggi; frequentandolo<br />

poi si scopre presto una caratteristica<br />

<strong>di</strong>stintiva: la sua proverbiale loquacità!!<br />

Quanti i <strong>di</strong>scorsi iniziati con la fati<strong>di</strong>ca<br />

frase: “ Dirò solo due parole” e .. va avanti<br />

qualche decina <strong>di</strong> minuti …! Memorabile !<br />

Se lo ascolti, però, avverti la sua straor<strong>di</strong>naria<br />

volontà <strong>di</strong> comunicare e con<strong>di</strong>videre<br />

la propria passione, più che un vuoto desiderio<br />

<strong>di</strong> apparire.<br />

Forse però “l’effetto collaterale” <strong>di</strong> questa<br />

sua forte passione e <strong>di</strong>sponibilità è<br />

stato a volte l’essere un po’ troppo idealista,<br />

e ogni tanto bisogna richiamarlo sulla<br />

terra o fargli presente che certe cose<br />

vanno adeguate ai tempi <strong>di</strong> oggi, che corrono,<br />

fuggono, sempre più veloci.. .<br />

La sua esperienza alpinistica è stata<br />

lunghissima ed anche a livelli <strong>di</strong> tutto rispetto:<br />

innumerevoli escursioni, scalate,<br />

arrampicate in Dolomiti e non solo, sono<br />

famose alcune spe<strong>di</strong>zioni extraeuropee.<br />

Non c’è dubbio che Armando ami la montagna;<br />

crede molto nell’amicizia come valore,<br />

cercando il più possibile <strong>di</strong> passare<br />

oltre le inevitabili tensioni e <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong><br />

carattere… perché si sa, tra frequenta-<br />

cronache<br />

Armando Ragana - Impressioni<br />

5<br />

<strong>di</strong> Valeria Baratella<br />

tori della montagna si ha tutti chi più chi<br />

meno un certo carattere.<br />

Armando fino all’ultimo, seppur sia lui<br />

stesso a <strong>di</strong>re che 20 e più anni ininterrotti<br />

<strong>di</strong> presidenza siano troppi, <strong>di</strong>mostra ancora<br />

<strong>di</strong> portare avanti la sua attività con<br />

convinzione; accanto alle inevitabili faccende<br />

burocratiche, a volte fonte <strong>di</strong> pensieri<br />

e problemi <strong>di</strong> lunga ed incerta soluzione,<br />

vi è sempre l’intento <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong><br />

mantenere viva la passione verso la montagna,<br />

e trasmetterla a tutti coloro che<br />

vogliono raccoglierla.<br />

Queste sono solo brevi, sicuramente parziali,<br />

semplici impressioni che mi sono<br />

sentita <strong>di</strong> raccontare sul nostro Presidente;<br />

ma resta il fatto che, in questa carica<br />

impegnativa e non banale, Armando sia<br />

stato un eccellente presidente per la nostra<br />

<strong>Sezione</strong> del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong>. Ha cercato<br />

sempre <strong>di</strong> mantenere alto e vivo lo spirito<br />

della <strong>Sezione</strong>, senza cadere in banali<br />

e improduttive celebrazioni <strong>di</strong> se stesso.<br />

E adesso che si può godere la montagna...<br />

finalmente in tutta tranquillità, non ci resta<br />

che esprimere un caloroso saluto ed<br />

un sentito ringraziamento al nostro Armando<br />

Ragana.<br />

Valeria Baratella<br />

(al secondo anno <strong>di</strong> consiglio <strong>di</strong>rettivo)


Caro Armando,<br />

in questi ultimi mesi, da quando la tua lunghissima presidenza del <strong>CAI</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Padova</strong> è giunta al termine, sempre più spesso ti ve<strong>di</strong>amo partecipare alle nostre<br />

escursioni del Gruppo Veterani.<br />

Ti ve<strong>di</strong>amo con grande gioia. E tu senti sicuramente tutto il nostro affetto;<br />

tu che non hai mai perso occasione per sottolineare con orgoglio che <strong>di</strong> questo Gruppo<br />

Veterani sei stato, oltre una ventina <strong>di</strong> anni fa, uno dei fondatori; tu che ci hai sempre<br />

aiutati a crescere nell’ambito della <strong>Sezione</strong> con i tuoi consigli, con il tuo appoggio, con<br />

la tua autorevolezza.<br />

Ora noi ti sentiamo più che mai come uno <strong>di</strong> noi, anzi come il più veterano<br />

dei veterani. E ti ve<strong>di</strong>amo (nonostante gli anni, caro Armando!) così pieno <strong>di</strong><br />

entusiasmo, così curioso <strong>di</strong> conoscere cose nuove, così innamorato della vita e <strong>di</strong> ciò<br />

che la vita può ancora darci, da rappresentare per tutti noi un esempio che non sarà<br />

facile imitare. Davanti alla tua semplicità ed alla tua cor<strong>di</strong>alità noi <strong>di</strong>mentichiamo il tuo<br />

prestigioso passato da Presidente per darti con altrettanta semplicità tutta la nostra<br />

amicizia.<br />

Faremo ancora insieme molte escursioni, se Dio vorrà. E ci auguriamo<br />

che il cuore <strong>di</strong> noi tutti possa conservarsi sempre giovane come il tuo.<br />

Un abbraccio.<br />

PRESIDENZA<br />

SORAVIA ANGELO Presidente<br />

FERRO ODDO Vice presidente<br />

SARTORATI LUIGINA Segretario<br />

CARRARI LUCIANO Tesoriere<br />

DELEGATI<br />

SORAVIA ANGELO (Presidente <strong>Sezione</strong>)<br />

BARATELLA VALERIA<br />

CARRARI LUCIANO<br />

MASTELLARO ANTONIO<br />

SARTORATI LUIGINA<br />

TOSATO ANTONIO<br />

ZECCHINI GIORGIO<br />

cronache cronache<br />

Caro Armando Alessandro Baù è Accademico del <strong>CAI</strong><br />

CONSIGLIO DIRETTIVO ANNO <strong>2011</strong><br />

6<br />

Il Consiglio Direttivo del<br />

GRUPPO VETERANI<br />

CONSIGLIERI<br />

BARATELLA VALERIA<br />

BASSANESE PAOLO<br />

BERIOTTO RENATO<br />

BERNARDIN FEDERICO<br />

CAPPELLARI FRANCESCO<br />

DE FRANCESCHI LUCIO<br />

EDIFIZI STEFANO<br />

GOBBIN CRISTIANO<br />

MAGRO PAOLO<br />

MARRONE MICHELE<br />

MONTECCHIO GIANNI<br />

PAURO LUIGI<br />

TOGNON TONINO<br />

ZECCHINI GIORGIO<br />

Lo scorso mese <strong>di</strong> aprile Alessandro Baù, istruttore <strong>di</strong><br />

arrampicata libera della Scuola F. Piovan, è stato nominato<br />

membro del Club Alpino Accademico Italiano.<br />

Il CAAI è una sezione costituita in seno al Club Alpino<br />

Italiano e ne fanno parte alpinisti con particolare attività,<br />

sia per quantità che per qualità. Nell'intera penisola<br />

si contano solamente poco più <strong>di</strong> 300 unità.<br />

Ora anche Alessandro è entrato a far parte <strong>di</strong> questo<br />

sodalizio. Nota la sua attività <strong>di</strong> notevole rilievo. In primo<br />

piano naturalmente le salite e gli exploits compiuti sulla<br />

parete nord ovest della Civetta. Le prime ripetizioni <strong>di</strong><br />

"W Mejico Cabrones", <strong>di</strong> “Eliana”, <strong>di</strong> “Terapia d’urto al<br />

guanaco” e <strong>di</strong> "Nuvole Barocche", la mitica via sul cuore<br />

della parete, gli hanno dato il via per <strong>di</strong>venire protagonista<br />

assoluto con le successive aperture <strong>di</strong> nuove vie.<br />

"Chimera Verticale" è sicuramente una <strong>di</strong> queste. La via, compresa tra la "Andrich" e<br />

la "Aste" a Punta Civetta, supera <strong>di</strong>fficoltà fino all'VIII ed è stata scalata con assicurazioni<br />

classiche.<br />

È seguita la prima ripetizione solitaria <strong>di</strong> “Capitan Sky-Hook” e poi la sua prima invernale<br />

effettuata nell'inverno del 2010 con Nicola Ton<strong>di</strong>ni.<br />

Un'in<strong>di</strong>scutibile qualità, quin<strong>di</strong>, che coniuga l'amore per l'arrampicata classica con le<br />

possibilità moderne derivanti da preparazione, allenamento e coraggio.<br />

Nel 2007 ha fondato, con alcuni amici, il gruppo alpinistico “Le Chimere” <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> <strong>di</strong><br />

cui è il coor<strong>di</strong>natore.<br />

Francesco Cappellari<br />

AVVISO DALLA SEGRETERIA<br />

LA SEDE RIMARRÀ CHIUSA DALL’8 AL 31 AGOSTO <strong>2011</strong><br />

Importante<br />

La scadenza per la presentazione degli articoli da inserire nel prossimo<br />

Notiziario è il 20 settembre <strong>2011</strong>.<br />

Onde evitare spiacevoli equivoci il materiale deve essere depositato<br />

presso la sezione nell’apposita cartellina preferibilmente su CD accompagnato<br />

da una stampa.<br />

Si prega <strong>di</strong> fornire testi in “word” e foto a parte.<br />

Si può anche spe<strong>di</strong>re via mail all’in<strong>di</strong>rizzo:<br />

redazione@caipadova.it<br />

7


Nel 2010, come ogni anno ci siamo incontrati<br />

con i nostri amici del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong>.<br />

L’appuntamento era a Bagni <strong>di</strong> Masino sul<br />

versante sud della Val Bregaglia. Insieme<br />

abbiamo superato i 900 metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello<br />

fino al Rifugio Omio. Durante la marcia<br />

abbiamo incrociato il bestiame che, terminato<br />

l’alpeggio estivo, scendeva pacificamente<br />

a valle. I pastori poi ci hanno fatto<br />

dare un’occhiata ai ripostigli pieni dei<br />

formaggi prodotti.<br />

Al mattino seguente, lungo il sentiero<br />

Roma, attraversato un ripido versante<br />

roccioso, abbiamo raggiunto la Val<br />

Porcellizzo. Dopo un’iniziale moderata<br />

ascesa, siamo incappati in una <strong>di</strong>scesa<br />

alquanto esposta, assicurata con lunghe<br />

catene <strong>di</strong> ferro. Fantastica la vista delle<br />

pareti meri<strong>di</strong>onali del Piz Ba<strong>di</strong>le e del<br />

Cengalo. Ai pie<strong>di</strong> del Ba<strong>di</strong>le potemmo vedere<br />

il rosso tetto del Rifugio Gianetti.<br />

Nel primo pomeriggio arriviamo al rifugio.<br />

Alcuni instancabili decidono, dopo<br />

aver sentito il parere del competente gestore<br />

del rifugio, <strong>di</strong> scalare il Pizzo Porcellizzo<br />

(3025). Un ghiaione nella ascesa,<br />

una scabrosa traversata su delle placche,<br />

accompagnati dai ripi<strong>di</strong> blocchi che formano<br />

la cima ci costano molta fatica e<br />

sudore. Però il panorama ci ripaga delle<br />

fatiche. Le Alpi Bergamasche e il Lago <strong>di</strong><br />

Como verso sud, il Monte Rosa e il Vallese<br />

ad ovest, a nord si intravedono al <strong>di</strong> là<br />

dei monti della Val Bregaglia le cime delle<br />

Alpi Urane, mentre ad est splende la cima<br />

innevata <strong>di</strong> fresco del Monte Disgrazia.<br />

Al crepuscolo raggiungiamo l’accogliente<br />

Rifugio Gianetti del Cai <strong>di</strong> Milano, dove<br />

con una cena a tre portate conclu<strong>di</strong>amo<br />

la giornata. Davanti a un bicchiere <strong>di</strong> vino<br />

rosso ci mettiamo a progettare con i nostri<br />

amici italiani per il prossimo anno.<br />

Come traguardo per il <strong>2011</strong> abbiamo scelto<br />

la parte sudest del Monte Rosa. Pino<br />

Dall’Olmo del Cai <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> stu<strong>di</strong>erá,<br />

come sempre con la solita cura, l’itinerario<br />

da seguire.<br />

cronache<br />

Gita fra amici <strong>CAI</strong> <strong>Padova</strong> - DAV Friburgo<br />

8<br />

Alle luci dell’alba scen<strong>di</strong>amo i 1400 metri<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello per Bagni <strong>di</strong> Masino. Versanti<br />

e pen<strong>di</strong>i sono ancora in ombra e solo a<br />

tarda mattinata il sole riesce ad entrare<br />

nella stretta valle. Nel Kurhotel <strong>di</strong> Bagni<br />

<strong>di</strong> Masino ha luogo il commiato <strong>di</strong> rito.<br />

Durante il viaggio <strong>di</strong> ritorno si fanno sentire<br />

i dolori muscolari – a chi nel gruppo<br />

che sale nell’Enga<strong>di</strong>na soleggiata, e a chi<br />

nell’altro gruppo che scende verso il Lago<br />

<strong>di</strong> Como e <strong>di</strong> Lugano. Però, che piacevoli<br />

dolori.<br />

Jupp Sartorius (Trad. Luciano Broseghini)<br />

Quest'anno la tra<strong>di</strong>zionale Gita fra amici<br />

del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> e del DAV <strong>di</strong> Friburgo<br />

si svolge ai pie<strong>di</strong> del Monte Rosa, fino a<br />

lambire il ghiacciaio del versante <strong>di</strong> Gressoney.<br />

L'incontro si terrà fra il 31 agosto e il 4<br />

settembre con partenza da <strong>Padova</strong> con<br />

mezzi propri. La partecipazione è limitata<br />

a <strong>di</strong>eci persone. I partecipanti devono<br />

avere un buon allenamento ed essere in<br />

grado <strong>di</strong> trascorrere la notte ai 3.500 metri<br />

del rifugio Mantova. Il massimo <strong>di</strong>slivello<br />

in salita è <strong>di</strong> 1.143 metri, mentre in<br />

<strong>di</strong>scesa è <strong>di</strong> 1.041 metri (1.925 se si scende<br />

a pie<strong>di</strong> dal Mantova al Pastore).<br />

L'incontro a Staffal (dopo Gressoney la<br />

Trinitè) è previsto per le ore 16:00 del 31<br />

agosto.<br />

Primo giorno: 31 agosto<br />

Partenza alle 16:30 da Staffal per il rifugio<br />

Gabiet con 534 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello in salita<br />

Pernottamento e ½ pensione € 45,00<br />

Secondo giorno: 1 settembre<br />

Partenza alle 8:00 per il rifugio Mantova<br />

con 1,143 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello in salita.<br />

Itinerario da definire al momento in base<br />

alle con<strong>di</strong>zioni atmosferiche.<br />

Pernottamento e ½ pensione € 55,00<br />

Terzo giorno: 2 settembre<br />

Partenza alle 8:00 per il rifugio Pastore<br />

in Valsesia con 1925 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello in <strong>di</strong>scesa.<br />

In alternativa sarà possibile usare la cabinovia<br />

da Punta Indren (240 metri in <strong>di</strong>scesa<br />

dal rifugio Mantova) ad Alagna e <strong>di</strong><br />

qui al rifugio.<br />

Pernottamento e ½ pensione € 35,00<br />

cronache<br />

9<br />

Quarto giorno: 3 settembre<br />

Partenza ore 9:00 per il rifugio Città <strong>di</strong> Vigevano<br />

utilizzando la cabinovia da Alagna<br />

Valsesia. La giornata sarà de<strong>di</strong>cata alla<br />

visita del museo Walser e della graziosa<br />

citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> Alagna.<br />

Pernottamento e ½ pensione € 45,00<br />

Quinto giorno: 4 settembre<br />

Partenza alle 8:00 per Staffal dove avremo<br />

lasciato le macchine. Dislivello <strong>di</strong><br />

1.041 metri in <strong>di</strong>scesa.<br />

Bicchierata finale e rientro a casa.<br />

La partenza da <strong>Padova</strong> è prevista per il 31<br />

agosto alle ore 08.00 con arrivo a Gressoney<br />

S. Jean dopo circa cinque ore <strong>di</strong> viaggio.<br />

Sosta per il pranzo e visita al paese<br />

Walser, da cui raggiungeremo alle 16.00<br />

Staffal e qui incontreremo gli amici del<br />

DAV <strong>di</strong> Friburgo.<br />

La gita offre la possibilità <strong>di</strong> un incontro<br />

ravvicinato con il Monte Rosa che saliremo<br />

dal versante sud fino a lambire il<br />

ghiacciaio. Sarà l'occasione anche per<br />

chi lo conosce <strong>di</strong> vedere con i propri occhi<br />

<strong>di</strong> quanto il ghiacciaio si sia ritirato.<br />

La <strong>di</strong>scesa verso il rifugio Pastore per il<br />

Vallone delle Pisse (per le numerosissime<br />

cascate) necessita <strong>di</strong> una buona preparazione<br />

atletica e la fatica accumulata<br />

sarà smaltita il giorno seguente, <strong>di</strong> tutto<br />

riposo.<br />

Per tutta la <strong>di</strong>scesa lungo il Vallone incombe,<br />

alta sulla cima, la Capanna Margherita.<br />

La sosta successiva al Col d'Olen ci porta<br />

nei pressi dell'Istituto Mosso per gli stu<strong>di</strong><br />

sulla fisiologia umana in alta quota, costruito<br />

nel 1905.<br />

Per contatti scrivere a pdallomo@gmail.com, telefonare al numero 0424-281073 o<br />

chiedere informazioni in segreteria.


L'alpinismo non è solo muscoli<br />

e tecnica, le sue emozioni<br />

si trasformano anche<br />

in cultura. Il 59° Festival<br />

<strong>di</strong> Trento l’ha sottolineato<br />

benissimo con i film, i libri,<br />

gli incontri e gli eventi.<br />

Reinhold Messner e Simone<br />

Moro sono stati indubbiamente<br />

i gran<strong>di</strong> protagonisti<br />

<strong>di</strong> questo festival,<br />

con tre serate, veramente<br />

speciali, svoltesi in un<br />

esauritissimo au<strong>di</strong>torio S.<br />

Chiara.<br />

Il re degli ottomila ha condotto<br />

magistralmente la<br />

prima serata alpinistica<br />

“100 anni <strong>di</strong> free solo”.<br />

Partendo dalla celebrazione<br />

dei cento anni dalla celebre<br />

salita in solitaria <strong>di</strong><br />

Paul Preuss sulla parete<br />

est del Campanile Basso<br />

nelle Dolomiti <strong>di</strong> Brenta,<br />

Messner ha ripercorso<br />

la storia dell'esperienza<br />

più estrema dell'alpinismo,<br />

il "free solo ", la sfida<br />

dell'uomo alla parete con<br />

le proprie sole forze senza<br />

nessuno ausilio <strong>di</strong> alcun<br />

mezzo artificiale.<br />

L’exploit in salita e <strong>di</strong>scesa<br />

<strong>di</strong> Paul Preuss (28 luglio<br />

1911), vera pietra miliare<br />

nella storia dell'alpinismo,<br />

è stato rivissuto con l'aiuto<br />

delle immagini tratte<br />

dal film <strong>di</strong> Severino Casara<br />

“Gioventù sul Brenta”.<br />

Grazie anche all’intervento<br />

dell’accademico Diego<br />

Baratieri, che interpretò<br />

l'alpinista austriaco nella<br />

rievocazione della sua<br />

cronache<br />

59° Filmfestival <strong>di</strong> Trento <strong>di</strong> Giuliano Bressan<br />

ascensione, Messner ha<br />

spiegato il valore della filosofia<br />

che guidò quell’uomo<br />

a osare quella salita in<br />

anticipo sui tempi, senza<br />

chio<strong>di</strong> e senza corda:<br />

“Preuss aveva un'idea<br />

chiara, molto <strong>di</strong>versa da<br />

quella corrente: salire<br />

una parete <strong>di</strong> roccia ha<br />

senso solo senza il ricorso<br />

a mezzi artificiali.<br />

E anche da sopra a sotto.<br />

Per lui bisognava anche,<br />

o forse soprattutto,<br />

saper ri<strong>di</strong>scendere”.<br />

“La filosofia dell'arrampicata<br />

libera consiste nella<br />

sicurezza dell'arrampicatore,<br />

fondata solo sulla capacità<br />

<strong>di</strong> salire e dominare<br />

la paura. Entrando nel nostro<br />

inconscio”.<br />

L’evoluzione dell’alpinismo<br />

nei decenni successivi si<br />

è spesso <strong>di</strong>menticata <strong>di</strong><br />

Preuss ma la sua filoso-<br />

10<br />

fia è a più riprese risorta,<br />

perché nuovi protagonisti<br />

l’hanno messa in pratica<br />

sfuggendo ai con<strong>di</strong>zionamenti<br />

e alle semplificazioni<br />

dell’evoluzione tecnologica,<br />

tanto che oggi essa è<br />

più viva che mai. Con l’aiuto<br />

<strong>di</strong> un ricchissimo materiale<br />

fotografico Messner<br />

ha quin<strong>di</strong> proposto una<br />

rapida carrellata dei nomi<br />

<strong>di</strong> coloro che in qualche<br />

modo hanno saputo richiamarsi,<br />

nelle con<strong>di</strong>zioni più<br />

<strong>di</strong>verse, all’insegnamento<br />

<strong>di</strong> Preuss. Le immagini<br />

storiche delle imprese <strong>di</strong><br />

Emilio Comici, Claud Barbier,<br />

Hermann Bull, Walter<br />

Bonatti e altri, hanno<br />

narrato veri e propri brani<br />

<strong>di</strong> storia dell’arrampicata<br />

libera.<br />

Anche ai nostri giorni alcuni<br />

gran<strong>di</strong> climber mettono<br />

però in pratica quest'etica<br />

rigi<strong>di</strong>ssima. Fra loro c'è lo<br />

strepitoso Alex Honnold,<br />

protagonista nel 2008, a<br />

soli ventitré anni, della<br />

salita in solitaria, in meno<br />

<strong>di</strong> tre ore, della Regular<br />

Route sulla parete nordovest<br />

dell’Half Dome, in<br />

Yosemite e le immagini del<br />

film "Alone in the wall" che<br />

racconta l'impresa (vincitore<br />

nel 2010 della categoria<br />

alpinismo a Trento),<br />

hanno impressionato<br />

emotivamente la platea.<br />

Messner ha infine presentato<br />

Alexander Huber;<br />

originario <strong>di</strong> Trotsberg<br />

(Baviera), classe 1968,<br />

Alex guida alpina e arrampicatoreprofessionista,<br />

sta segnando la storia<br />

dell’alpinismo con eccezionale<br />

creatività e gran<strong>di</strong><br />

capacità atletiche. Le<br />

spettacolari immagini <strong>di</strong><br />

quattro vertiginosi filmati<br />

delle sue imprese in solitaria,<br />

tra i quali la via Hasse<br />

- Brandler sulla Cima<br />

Grande <strong>di</strong> Lavaredo e la<br />

via degli Svizzeri sul Grand<br />

Capucin, hanno introdotto<br />

un’interessante e vivace<br />

<strong>di</strong>scussione con Huber.<br />

Le riprese “da far accapponare<br />

la pelle”, parole <strong>di</strong><br />

Reinhold, hanno evidenziato<br />

oltre alle gran<strong>di</strong> potenzialità<br />

fisiche e tecniche<br />

la concentrazione assoluta<br />

<strong>di</strong> questo signore del free<br />

solo.<br />

Com'era facile prevedere,<br />

au<strong>di</strong>torio esaurito anche<br />

per la serata “Simone<br />

cronache<br />

Moro insieme a Garmin<br />

sul Gasherbrum II”, che ha<br />

fatto rivivere all’attentissimo<br />

pubblico i vari momenti<br />

<strong>di</strong> questa eccezionale<br />

sfida agli ottomila nelle<br />

con<strong>di</strong>zioni ambientali più<br />

estreme.<br />

Lo scorso 2 febbraio Moro,<br />

assieme al kazako Denis<br />

Urubko e all'americano<br />

Cory Richards è stato protagonista<br />

<strong>di</strong> una storica<br />

impresa, la prima salita<br />

invernale del Gasherbrum<br />

II, 8035 metri, la 13ma<br />

montagna più alta della<br />

terra nel cuore del Karakorum.<br />

Con il Makàlu<br />

raggiunto il 9 febbraio del<br />

2009 e il Gasherbrum II,<br />

Moro e Urubko hanno collezionato<br />

una doppietta<br />

<strong>di</strong> prime invernali senza<br />

precedenti e per Moro si è<br />

trattato del terzo ottomila<br />

in prima invernale, avendo<br />

salito anche lo Shisha<br />

Pangma. Prima <strong>di</strong> lui solo<br />

alpinisti fortissimi del calibro<br />

<strong>di</strong> Jerzy Kukuczka<br />

e Krzysztof Wielicki, entrambi<br />

polacchi, erano riusciti<br />

a fare tanto negli anni<br />

’80 e ‘90.<br />

L’introduzione <strong>di</strong> Marco<br />

Albino Ferrari, <strong>di</strong>rettore<br />

<strong>di</strong> Meri<strong>di</strong>ani Montagne, ha<br />

ben evidenziato, presentando<br />

Moro e il suo alpinismo<br />

"ipertecnologico", le<br />

caratteristiche <strong>di</strong> quest’alpinista<br />

bergamasco, tanto<br />

determinato quanto modesto:<br />

«Un giorno <strong>di</strong> lui <strong>di</strong>ranno<br />

che è stato un pionie-<br />

11<br />

Simone Moro e Alex Huber<br />

re del nuovo alpinismo<br />

esattamente come noi<br />

oggi, pensando al secolo<br />

scorso, guar<strong>di</strong>amo a eroi<br />

come Bonatti e Messner<br />

a loro volta pionieri che<br />

hanno cambiato la pratica<br />

dell'arrampicata».<br />

Simone Moro, quarantatré<br />

anni, 44 spe<strong>di</strong>zioni alle<br />

spalle con 11 ottomila saliti,<br />

si è quin<strong>di</strong> presentato<br />

sul palco <strong>di</strong>cendo <strong>di</strong> voler<br />

<strong>di</strong>mostrare che, in fondo,<br />

lui usa solo mezzi e strumenti<br />

<strong>di</strong>versi per comunicare<br />

le stesse emozioni <strong>di</strong><br />

chi l’ha preceduto. Diretto<br />

e abile nello strappare il


sorriso, Simone non si è<br />

limitato a raccontare la<br />

straor<strong>di</strong>naria impresa del<br />

Gasherbrum II ma ha voluto<br />

spiegare e mostrare<br />

l'intera evoluzione della<br />

sua carriera, dalle prime<br />

spe<strong>di</strong>zioni fino all'ultima<br />

impresa; al centro <strong>di</strong> tutto,<br />

il tema della narrazione<br />

dell'alpinismo e del suo<br />

sviluppo, dalle foto in bianco<br />

e nero <strong>di</strong> Bonatti sul<br />

Cervino, all'uso o<strong>di</strong>erno <strong>di</strong><br />

Gps e satellitare.<br />

Dopo aver raccontato le<br />

salite invernali allo Shisha<br />

Pangma e al Makalu (8462<br />

metri), Simone ha infine<br />

fatto vedere le immagini<br />

sulla sua ultima salita invernale<br />

al Gasherbrum II,<br />

la prima a un 8000 del Karakorum,<br />

spiegando i mille<br />

perché <strong>di</strong> una salita dura,<br />

al limite dell'impossibile,<br />

affrontata a 50° sottozero,<br />

che ha visto lui e i suoi<br />

compagni sfuggire a una<br />

cronache<br />

Sul palco del Filmfestival<br />

Reinhold Messner, Walter Bonatti e Pierre Mazeaud<br />

valanga che li ha trascinati,<br />

indenni, per 150 metri.<br />

Dal racconto dell’eccezionale<br />

salita, risalta in modo<br />

inequivocabile come il<br />

team dall'arrivo al campo<br />

base alla vetta non abbia<br />

sbagliato nulla. Preparazione,<br />

acclimatamento,<br />

allestimento dei campi e,<br />

infine, la scelta <strong>di</strong> tentare,<br />

dopo soli ventidue giorni,<br />

la cima nella prima, forse<br />

anche unica, finestra <strong>di</strong> bel<br />

tempo a <strong>di</strong>sposizione. Tre<br />

giorni per salire da quota<br />

5100 fino all’ultimo campo<br />

da cui spiccare nel cuore<br />

della notte l'ultimo balzo<br />

<strong>di</strong> 1100 metri in stile alpino<br />

e senza ossigeno.<br />

La velocità con cui è stata<br />

portata a termine l’impresa,<br />

dunque la preparazione<br />

fisica dei tre e le<br />

corrette informazioni ricevute<br />

dal consulente meteo,<br />

l'austriaco Karl Gabl,<br />

“quarto uomo” del team,<br />

12<br />

sono state determinanti<br />

per riuscire dove altre 16<br />

spe<strong>di</strong>zioni sul Karakorum<br />

avevano fallito.<br />

L’ultima serata “Montagna,<br />

pericolo ed esposizione",<br />

condotta ancora da<br />

Reinhold Messner in modo<br />

impeccabile, è stata senza<br />

dubbio la manifestazione<br />

clou <strong>di</strong> questo Festival.<br />

Sul palco <strong>di</strong> un più che mai<br />

affollatissimo Santa Chiara<br />

sono saliti, ospiti d'eccezione,<br />

Walter Bonatti e<br />

Pierre Mazeaud. Le due<br />

icone dell’alpinismo sono<br />

state invitate a raccontare<br />

l'amicizia <strong>di</strong> una vita, nata<br />

dopo una trage<strong>di</strong>a terribile:<br />

la morte <strong>di</strong> quattro loro<br />

compagni nella bufera del<br />

luglio '61 sul Pilone del<br />

Freney, l'ultimo problema<br />

irrisolto all'epoca, sul<br />

Monte Bianco.<br />

Messner ha inizialmente<br />

affrontato il tema<br />

dell'esposizione al pericolo.<br />

“La virtù <strong>di</strong> un alpinista”,<br />

ha affermato, “è<br />

non superare mai i propri<br />

limiti, ma al tempo stesso<br />

conquistare un gra<strong>di</strong>no<br />

in più. Oltre alla <strong>di</strong>fficoltà<br />

che bisogna saper superare<br />

e al pericolo sempre<br />

in agguato, la chiave dell'<br />

alpinismo è l'esposizione”.<br />

Il confronto leale e il porsi,<br />

pur sicuri dei propri mezzi,<br />

in situazioni al limite<br />

con la montagna, sono<br />

ragioni fondanti per gli alpinisti,<br />

anche se capacità<br />

ed esperienza non sono<br />

spesso sufficienti a evitarne<br />

i drammi. La vicenda<br />

del Pilone del Freney si<br />

presta in modo esemplare<br />

per documentare che cosa<br />

significhi "esposizione".<br />

Per spiegarlo è seguita<br />

una particolareggiata<br />

ricostruzione dei tragici<br />

eventi del 1961, tramite la<br />

proiezione <strong>di</strong> un bellissimo<br />

montaggio <strong>di</strong> video spagnoli,<br />

tedeschi, francesi e<br />

<strong>di</strong> alcuni spezzoni del film<br />

"Der blitz" <strong>di</strong> Lothar Brandler,<br />

accompagnati dal<br />

preciso commento tecnico<br />

<strong>di</strong> un Messner visibilmente<br />

emozionato.<br />

Per mostrare come oggi<br />

sia cambiata l'esposizione<br />

al pericolo, è salito sul palco<br />

il meteorologo austriaco<br />

Karl Gabl. Il consulente<br />

<strong>di</strong> Simone Moro ha illustrato<br />

come si eseguono in<br />

tempo reale previsioni dettagliate<br />

e ha ricostruito, in<br />

<strong>di</strong>retta, anche l'evoluzione<br />

meteorologica del giorno<br />

della trage<strong>di</strong>a dell’estate<br />

<strong>di</strong> cinquant’anni fa, evento<br />

sicuramente evitabile con<br />

i mezzi tecnologici <strong>di</strong> oggi.<br />

Una perturbazione inaspettata<br />

e senza tregua<br />

che sferzò in quota i due<br />

gruppi francese e italiano<br />

(sette alpinisti) che si erano<br />

uniti nella scalata per<br />

evitare un'inutile corsa<br />

alla prima ascensione. Lo<br />

jet stream avanzò dall'Inghilterra<br />

a 300 km orari<br />

e le temperature precipitarono;<br />

con<strong>di</strong>zioni terribili<br />

che durarono cinque<br />

cronache<br />

giorni. Quattro alpinisti<br />

morirono, dopo quattro<br />

notti <strong>di</strong> bivacco in con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong>sperate: Andrea<br />

Oggioni, Pierre Kohlman,<br />

Robert Guillaume e Antoine<br />

Vieille.<br />

La parola è quin<strong>di</strong> passata<br />

agli unici sopravvissuti<br />

ancora in vita, che con parole<br />

commosse ma chiare<br />

hanno quin<strong>di</strong> raccontato la<br />

loro esperienza. Bonatti ha<br />

ben illustrato l'evoluzione<br />

psicologica dei membri<br />

della cordata e ha sottolineato<br />

le <strong>di</strong>fficoltà date<br />

dal suo ruolo <strong>di</strong> leader del<br />

gruppo, in quanto alpinista<br />

più esperto e conoscitore<br />

del Monte Bianco; ha fatto<br />

inoltre rivivere la lotta fra<br />

la sua forza <strong>di</strong> volontà e il<br />

suo corpo, ammettendo<br />

anche <strong>di</strong> non aver compreso<br />

da subito l'eccezionalità<br />

del fenomeno meteorologico,<br />

ritardando così la <strong>di</strong>-<br />

13<br />

scesa. Mazeaud si è invece<br />

concentrato sulle emozioni<br />

<strong>di</strong> allora esprimendo<br />

infine un commento all'alpinismo<br />

<strong>di</strong> allora e <strong>di</strong> oggi:<br />

“In un mondo dove viviamo<br />

nella paura, non si può vivere<br />

senza passioni”.<br />

Sono seguite <strong>di</strong>verse domande<br />

da parte del pubblico<br />

prima della conclusione<br />

<strong>di</strong> Messner: “Non<br />

commuove solo la trage<strong>di</strong>a<br />

ma anche quello che è<br />

rimasto: uno straor<strong>di</strong>nario<br />

esempio <strong>di</strong> solidarietà.<br />

Mazeaud e Bonatti testimoniano<br />

i valori essenziali<br />

dell'alpinismo: purezza,<br />

estetica, etica”.<br />

Un lunghissimo applauso<br />

finale ha concluso questo<br />

incontro unico; più che<br />

una commemorazione, un<br />

omaggio a quell'alpinismo<br />

e a quegli uomini.<br />

Giuliano Bressan


Non è un giorno come un<br />

altro. Oggi c'è l'annuale<br />

inaugurazione dei corsi a<br />

Rocca Pen<strong>di</strong>ce. Ma non è<br />

un'inaugurazione come<br />

un'altra. Oggi arrampichiamo<br />

con i "veci" della<br />

Scuola Franco Piovan, i<br />

cosiddetti "emeriti".<br />

Sergio Carpesio, trait<br />

d'union tra gli istruttori<br />

in attività e gli ex, chiama<br />

a rapporto. L'idea è quella<br />

<strong>di</strong> far provare a questi<br />

eterni giovanotti ancora<br />

l'ebbrezza del vuoto e l'armonia<br />

del movimento in<br />

parete.<br />

Ci si trova sotto le rocce<br />

del Pirio con Lino Borto-<br />

cronache<br />

UN GIORNO COI "VECI" <strong>di</strong> Francesco Cappellari<br />

lami, Alfredo Dal Santo,<br />

Clau<strong>di</strong>o Ghiotto, Massimo<br />

Ragana e Francesco Veronese.<br />

Non tanti per la verità,<br />

speravamo in un gruppetto<br />

un po' più nutrito, ma<br />

chi per un impegno con la<br />

moglie, chi per la cresima<br />

del nipote, chi per la sciatica,<br />

fatto sta che ci contiamo<br />

su poche <strong>di</strong>ta.<br />

Nutro da anni un desiderio,<br />

tramandatomi da mio<br />

padre, è stato lui a portarmi<br />

in montagna. Era un<br />

profondo appassionato <strong>di</strong><br />

montagna e annoverava<br />

qualche importante scalata.<br />

Aveva fatto il Rosa, il<br />

14<br />

Cervino e il Bianco. Ricordo,<br />

quando andò proprio<br />

sul Monte Bianco ed io ero<br />

ancora bambino. Mi raccontò<br />

<strong>di</strong> ghiacciai immensi,<br />

<strong>di</strong> partenza a mezzanotte,<br />

<strong>di</strong> una lunga colonna <strong>di</strong> pile<br />

frontali e poi la cresta e la<br />

cima, meravigliosa. "Ero<br />

al sicuro, sai, perché sono<br />

salito con un istruttore<br />

della Scuola <strong>di</strong> Alpinismo,<br />

un vero "sestogra<strong>di</strong>sta"<br />

che si chiama Lino Bortolami".<br />

E così Lino <strong>di</strong>ventò<br />

fin da allora il mio mito.<br />

È proprio con Lino che ora<br />

mi sto legando per scalare<br />

queste ripide pareti <strong>di</strong><br />

trachite. Nutro per lui una<br />

cronache<br />

15


sincera simpatia, probabilmente<br />

per il comune<br />

ricordo <strong>di</strong> mio padre, ma<br />

sicuramente anche per la<br />

verace e grintosa <strong>di</strong>sposizione<br />

d'animo, unita ad<br />

una forza muscolare che<br />

si esprime a volte in contatti<br />

fisici da veri "machi",<br />

dove io ho sempre la peggio.<br />

Saliamo la "Grande", con il<br />

sole che illumina il sorriso<br />

<strong>di</strong> Lino. Trent'anni a sopire<br />

la voglia <strong>di</strong> salire in verticale.<br />

E questo momento è<br />

avvenuto assieme a me.<br />

Sulla parete a fianco salgono<br />

gli altri, il sole in<br />

controluce fa risplendere<br />

i loro capelli argentei ma<br />

fa ancor più apprezzare<br />

la vicinanza anche con Alfredo,<br />

Clau<strong>di</strong>o, Massimo,<br />

Francesco e tutti gli altri,<br />

anche quelli che oggi non<br />

ci son più, legati ad un'unica<br />

lunga corda che da più<br />

<strong>di</strong> settant'anni sale per le<br />

pareti del mondo.<br />

Tutti da autentici capicordata.<br />

Francesco Cappellari<br />

Pag. 14 - Il gruppo <strong>di</strong> istruttori<br />

in attività ed emeriti.<br />

Pag. 15 - Foto in alto: Lino<br />

Bortolami in azione.<br />

Foto in basso: Alfredo Dal<br />

Santo sullo spigolo della<br />

Grande.<br />

In questa pagina - Massimo<br />

Ragana attacca la Grande<br />

e un ritratto <strong>di</strong> Alfredo Dal<br />

Santo.<br />

cronache<br />

16<br />

Sono credente, ma senza nessuna fretta<br />

<strong>di</strong> verificare se esista o no il para<strong>di</strong>so.<br />

Vado a Messa quando ne sento la voglia e<br />

questo non mi succede spessissimo.<br />

Quando lo faccio però provo un intimo<br />

sollievo e cerco <strong>di</strong> seguire con attenzione<br />

i riti della cerimonia e ascoltare le parole<br />

del celebrante.<br />

Possibilmente senza essere <strong>di</strong>sturbato.<br />

Da quando frequento la Scuola <strong>di</strong> Alpinismo,<br />

quin<strong>di</strong> dal ’72, penso <strong>di</strong> non esser<br />

mai mancato ad una cerimonia <strong>di</strong> inaugurazione<br />

dei Corsi, come quella che si<br />

è svolta a Rocca Pen<strong>di</strong>ce l’otto maggio<br />

scorso.<br />

Nell’era oramai preistorica la Messa si<br />

celebrava sotto l’attacco della “Direttissima”,<br />

dove c’era una lapide a ricordo <strong>di</strong><br />

Emilio Comici e che ora non c’è più.<br />

L’altare era costituito da alcune grosse<br />

pietre <strong>di</strong> trachite sovrapposte l’una<br />

sull’altra e che in tempi non sospetti servivano<br />

agli “sfigati” come il sottoscritto<br />

a guadagnare quei pochi centimetri per<br />

poter superare il primo passaggio della<br />

“Comici”.<br />

Punto.<br />

Poi altare e prete vennero trasferiti in<br />

forcella, nel punto esatto in cui il sentiero,<br />

ora <strong>di</strong>ventato una “autostrada” grazie<br />

al contributo dell’”Ente Parco Colli”, si<br />

biforca in due <strong>di</strong>rezioni: una in <strong>di</strong>scesa<br />

verso la base della parete est e l’altra in<br />

salita verso le numerate.<br />

Un tavolino da campeggio e qualche fiore<br />

fresco raccolto nei pressi servivano per<br />

la circostanza.<br />

I pochi “climbers” che passavano <strong>di</strong> là e<br />

che non centravano nulla con la cerimonia,<br />

si guardavano attorno un po’ sorpresi<br />

e i più audaci, togliendosi il cappello, si<br />

facevano financo il segno <strong>di</strong> croce.<br />

Qualche anno più avanti ci misi del mio.<br />

All’inizio degli anni ’90, approfittando del<br />

fatto che ero <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> un corso <strong>di</strong> alpinismo,<br />

spostai la cerimonia sul prato<br />

della Regione, pensando che ci sarebbe<br />

<strong>di</strong>aloghi<br />

RITORNIAMO IN FORCELLA<br />

17<br />

stato più spazio a <strong>di</strong>sposizione per i devoti<br />

e numerosi “fedeli” che non in forcella.<br />

La storia andò avanti per un po’ <strong>di</strong> anni,<br />

sino a quando, in tempi più recenti, trovò<br />

collocazione sullo sterrato del parcheggio,<br />

fronte area da pic-nic, generosamente<br />

offerta sempre dall’onnipresente<br />

’’Ente Parco Colli”.<br />

E sino a qui niente <strong>di</strong> male, se non fosse<br />

per il fatto che, visti i risultati ottenuti, il<br />

luogo si presterebbe poco a quella esigenza<br />

<strong>di</strong> raccoglimento e rispetto che la<br />

celebrazione <strong>di</strong> una S. Messa richiede.<br />

Che uno ci creda o no.<br />

Però, inten<strong>di</strong>amoci, ascoltare la Messa<br />

non è obbligatorio.<br />

Uno può farne anche a meno o nella fattispecie<br />

venire un pò più tar<strong>di</strong>, giusto per<br />

l’appello.<br />

Obbligatorio dovrebbe essere semmai il<br />

rispetto per chi la Messa la vuole davvero<br />

ascoltare, demandando ad altro momento<br />

le proprie euforie chiassose.<br />

Allora invito chi <strong>di</strong> dovere a riconsiderare<br />

il posto dove portare il prete con l’altare<br />

e che per me potrebbe essere il titolo <strong>di</strong><br />

questo mio racconto.<br />

Se non altro potremmo stare certi che<br />

due passi fatti in più segnerebbero quel<br />

confine immaginario, che è il rispetto per<br />

gli altri, molto più efficace <strong>di</strong> quel povero<br />

nastro che un illuso del Coro pose domenica<br />

nel piazzale dove veniva celebrata la<br />

Messa, tirato fra due paletti in ferro su<br />

uno dei quali era appeso un cartello in cui<br />

era scritto pressappoco cosi:<br />

“La Messa è iniziata, per favore fate silenzio!”.<br />

Amen.<br />

Sergio Carpesio<br />

<strong>di</strong> Sergio Carpesio


Arrivavi dalla pianura e passate le strettoie e<br />

le gallerie del lago artificiale <strong>di</strong> Val Schener,<br />

all’improvviso, dopo una curva, compariva<br />

la vallata <strong>di</strong> Primiero.<br />

Era come uscire dall’acqua dopo un’immersione<br />

e respirare finalmente a pieni polmoni.<br />

La valle si apriva generosa, con i pen<strong>di</strong>i <strong>di</strong> boschi<br />

<strong>di</strong> abeti e larici ver<strong>di</strong>ssimi ed in fondo le<br />

cime rocciose gialle e grigie del gruppo delle<br />

Pale <strong>di</strong> San Martino. Nel piano prati coltivati<br />

e il torrente Cismon che scorreva impetuoso<br />

nella parte sinistra della vallata. I borghi <strong>di</strong><br />

Imer e Mezzano erano adagiati sulla destra<br />

orografica, più esposta al sole anche d’inverno,<br />

perché i monti intorno erano alti e quando<br />

la stagione volgeva al freddo, il sole non<br />

riusciva a scaldare tutta la vallata, ma solo<br />

i pen<strong>di</strong>i rivolti a sud, dove appunto c’erano i<br />

paesi. Dopo qualche chilometro entravi a<br />

Imer e Mezzano, dove la strada serpeggiava<br />

stretta tra le case e poi usciva dritta dritta<br />

fino a Fiera <strong>di</strong> Primiero. Arrivavi così, dopo<br />

un lungo rettifilo, nel centro abitato e nella<br />

piazzetta Nievo, che poi non era una piazza,<br />

semmai uno slargo o forse nemmeno questo:<br />

era un incrocio, dove confluivano varie<br />

strade, quella che proveniva dalla pianura,<br />

la via della Chiesa Parrocchiale, e<strong>di</strong>ficata più<br />

su, nel borgo vecchio, quella che portava a<br />

Transacqua, verso Tona<strong>di</strong>co e la val Canali,<br />

e quella che proseguiva per San Martino e il<br />

Passo Rolle.<br />

Lì, nella piazzetta, eri arrivato in montagna,<br />

alla fine del viaggio dalla pianura. Trovavi il<br />

bar Roma per una cioccolata calda e lo strudel<br />

<strong>di</strong> mele, il panificio con il profumo delle<br />

pagnotte appena sfornate che ti catturava<br />

dalla strada, la macelleria per lo speck <strong>di</strong><br />

montagna e i canederli da portare a casa<br />

al ritorno, il salumiere per le provviste per<br />

l’imminente escursione. Il fruttivendolo<br />

c’era, ma noi andavamo a quello più su, a<br />

Tona<strong>di</strong>co, dalla Piera. Nel nostro girovagare<br />

per il paese non poteva mancare una puntata<br />

al negozio <strong>di</strong> articoli sportivi, là, dopo<br />

il bar Roma, per le ultime novità in fatto <strong>di</strong><br />

attrezzi, giacche e scarpe da roccia. Giù in<br />

<strong>di</strong>aloghi<br />

PIAZZETTA NIEVO<br />

18<br />

<strong>di</strong> Sergio Sattin<br />

piazzetta passeggiavi tranquillo, facendo<br />

magari una visita all’amico Lallo Gadenz,<br />

alpinista e fotografo, che aveva il suo laboratorio<br />

proprio lì, a destra. Con lui parlavi<br />

dei rifugi, dei nuovi gestori, delle nuove vie<br />

aperte sulle pareti lassù, degli amici comuni<br />

e ti mostrava le sue foto delle Pale <strong>di</strong> San<br />

Martino e delle valli intorno, foto che ormai<br />

avevano fatto il giro del mondo. Anch’io ne<br />

avevo una mezza dozzina appese alle pareti<br />

nella mia stanza: parlavano <strong>di</strong> fiori, <strong>di</strong> crode,<br />

<strong>di</strong> torrenti, <strong>di</strong> pascoli e <strong>di</strong>rupi e <strong>di</strong> giovani<br />

valligiani. Allora Lallo chiudeva il laboratorio<br />

e assieme andavamo all’osteria a bere<br />

un “rosso” con le vecchie guide alpine, con<br />

i giovani finanzieri che avevano la caserma<br />

proprio lì, in via Roma e i paesani che non<br />

mancavamo <strong>di</strong> rifornirci <strong>di</strong> una buona bottiglia<br />

<strong>di</strong> vino trentino.<br />

Eravamo <strong>di</strong> casa nella piazzetta Nievo, e<br />

giravamo tranquilli con i nostri calzoni da<br />

roccia rattoppati e tutti ci conoscevano e<br />

amavano intrattenersi con noi, anche se<br />

sorridevano un po’ increduli per la nostra<br />

passione per le crode.<br />

Tra una casa e l’altra, nella stretta via centrale,<br />

ammiravi le bellissime cime, alte<br />

sopra la fascia dei boschi, così lontane per i<br />

valligiani e per chi non le frequentava e così<br />

vicine per noi che ne eravamo innamorati e ci<br />

apprestavamo a salirle. Lassù, sopra i Pra’<br />

Piereni, svettava il Cimerlo e più in alto il<br />

Sass Maòr accanto alla cima della Madonna:<br />

una visione meravigliosa.<br />

Poi lasciavamo Fiera e c’inoltravamo per<br />

la Val Canali, con una sosta a Tona<strong>di</strong>co al<br />

negozio <strong>di</strong> frutta, gestito dalle due giovani<br />

Betta e Piera e dalla madre, ma fin dalle<br />

prime volte la mia attenzione era andata a<br />

Piera. Lei aveva <strong>di</strong>ciott’anni ed io venti. Era<br />

bella, la Piera. Aveva gli occhi chiari e i capelli<br />

lisci color castano, raccolti attorno alla<br />

nuca, come si usa da quelle parti. Come<br />

<strong>di</strong>ce la canzone? “La gà i oci ciari come<br />

l’aqua e i cavei xe driti e sensa gropi. Cosa<br />

importa se gò le scarpe rote, mi te vardo<br />

nei oci e son contento.” E parlava bene ed<br />

era intelligente e aveva un comportamento<br />

<strong>di</strong>stinto dalle altre ragazze del luogo: lei<br />

aveva frequentato la Scuola <strong>di</strong> ragioneria a<br />

Feltre. Il suo sorriso era largo e simpatico e<br />

tra noi era nata subito una grande amicizia,<br />

fatta all’inizio <strong>di</strong> battute sul nostro andar<br />

per crode, a lei incomprensibile e poi, un po’<br />

alla volta, <strong>di</strong> scambi <strong>di</strong> sorrisi, <strong>di</strong> confidenze<br />

sulla nostra vita, sui nostri programmi, <strong>di</strong><br />

foto scattate una accanto all’altro. Eravamo<br />

giovani ed era bello parlare, guardarsi<br />

e sorridere dolcemente, ma i nostri mon<strong>di</strong><br />

allora erano molto <strong>di</strong>versi e <strong>di</strong>stanti… o forse<br />

io dovevo fermarmi <strong>di</strong> più a Tona<strong>di</strong>co! Ma<br />

si sa, quando si parte con gli amici, come<br />

si fa a staccarsi dal gruppo? Poi, nel tempo,<br />

io mi allontanai per il servizio militare<br />

e lei sposò un valligiano. Betta, la sorella<br />

più giovane, mi <strong>di</strong>sse che si era trasferita a<br />

Milano ed io non la rivi<strong>di</strong> più.<br />

Passato il borgo <strong>di</strong> Tona<strong>di</strong>co, la strada <strong>di</strong>ventava<br />

stretta e ripida e subito trovavi i ruderi<br />

del vecchio castello, <strong>di</strong> Castelpietra, posto<br />

a guar<strong>di</strong>a della val Canali nel punto dove<br />

scende anche la strada del Passo Cereda. Il<br />

Maniero era stato e<strong>di</strong>ficato sopra dei massi<br />

rotolati giù dalle montagne in epoche passate,<br />

che in parte avevano ostruito lo sbocco<br />

della valle. Passato il castello, questa si allargava<br />

un po’ e poco avanti, nel laghetto <strong>di</strong><br />

villa Welsperg ammiravi una corona <strong>di</strong> cime<br />

specchiate nell’acqua: le mie amate crode,<br />

chiare e luminose nel tramonto, sopra i prati<br />

e i boschi ver<strong>di</strong>.<br />

Era il mio mondo. Le conoscevo tutte e in<br />

ciascuna <strong>di</strong> esse c’era un’avventura da ricordare,<br />

qualcosa da serbare sempre nel<br />

cuore. Sulla cime del Coro ero salito con<br />

Toni, Annamaria, Laura e Gianni, come sulla<br />

Pala del Rifugio e sul Campanile d’Ostio,<br />

con Franco ero stato sul Sass d’Ortiga, sul<br />

Sass Maòr, sulla Canali e in molte altre ancora,<br />

sui Vani Alti e sulla Cima Manstorna<br />

avevo portato degli allievi, come sul Dente<br />

della Pala e sulla Punta della Disperazione.<br />

Ogni volta che arrivavo in quella valle, provavo<br />

un’emozione e guardavo estasiato lo<br />

<strong>di</strong>aloghi<br />

19<br />

spettacolo delle vette intorno e mano a mano<br />

che mi inoltravo, assaporavo come in trance<br />

il profumo dei prati e dei boschi e ascoltavo il<br />

gorgogliare del torrente, dove sempre, al ritorno<br />

dalle nostre ascensioni, ci fermavamo<br />

per una bella rinfrescata.<br />

Non è facile <strong>di</strong>re quanto io fossi innamorato<br />

<strong>di</strong> quei luoghi: la prima volta che mi inoltrai<br />

avevo meno <strong>di</strong> vent’anni, e ancor oggi mi fermo<br />

sempre a contemplare le cime, i boschi<br />

e le radure.<br />

Ora Fiera <strong>di</strong> Primiero è cambiata, non è più<br />

il mio borgo, non riconosco più la piazzetta<br />

Nievo. Gli amici, Lallo Gadenz, il Bepi, il Bruno,<br />

il Micel, la Piera e gli altri non ci sono più,<br />

come i compagni <strong>di</strong> cordata <strong>di</strong> allora. Alcuni<br />

mi hanno preceduto nei ver<strong>di</strong> pascoli del<br />

cielo, altri si son persi nelle nebbiose pianure.<br />

In paese ora ci sono le circonvallazioni<br />

e i sensi unici e i turisti hanno invaso ogni<br />

angolo con il loro chiasso, gli scarponi luci<strong>di</strong><br />

e le giacche a vento rosse e se ti fermi<br />

in mezzo alla strada per ammirare il Sass<br />

Maòr, il vigile ti fischia per farti spostare.<br />

Hanno aperto negozi con fasti<strong>di</strong>ose luci al<br />

neon in ogni dove, alterando senza pietà il<br />

<strong>di</strong>segno delle modeste facciate delle vecchie<br />

case lungo la via principale. È <strong>di</strong>ventato tutto<br />

un mercato senz’anima e se cerchi le foto<br />

<strong>di</strong> Lallo Gadenz, l’artista che ha raccontato<br />

la storia delle vallate, ti guardano male e ti<br />

allungano un CD: “Queste son foto a colori,<br />

sono più belle!” E non sanno quanto amore,<br />

quanta bellezza e poesia c’erano nei paesaggi<br />

<strong>di</strong> Lallo, quanto erano suggestive le foto<br />

del Coro visto dai Pra’ Piereni fioriti <strong>di</strong> genziane<br />

in autunno, o quelle del Sass Maòr visto<br />

dai prati <strong>di</strong> Malga Canali ricoperti <strong>di</strong> crocus a<br />

primavera! Non sanno più niente, non sentono<br />

niente, non conoscono nemmeno i nomi<br />

delle meravigliose cime che li circondano…<br />

Quanta amarezza!<br />

Ma quelle son là, e basta uscire dal paese<br />

per ritrovarle, belle, alte, stagliate nel cielo…<br />

le mie montagne, la mia giovinezza!<br />

Sergio Sattin


14 Aprile <strong>2011</strong>: sono in giro<br />

per il mondo quando mi<br />

arriva un sms con l’invito<br />

a partecipare alla prima<br />

<strong>di</strong> una delle uscite arrampicatorie<br />

pensate per celebrare<br />

i primi 10 anni <strong>di</strong><br />

esistenza <strong>di</strong> questo gruppo<br />

<strong>di</strong> amici che si chiama(no)<br />

Mongoi. Dopo richiesta <strong>di</strong><br />

permesso a chi <strong>di</strong> dovere,<br />

mi aggrego alla compagnia<br />

che, domenica 17<br />

aprile <strong>2011</strong>, ha come obiettivo<br />

la ripetizione della via<br />

Boomerang al M.te Brento<br />

in Valle del Sarca.<br />

La via è una super classica,<br />

aperta nel 1979 da Furlani<br />

e company, e segue i<br />

punti deboli per superare<br />

le placconate del M.te<br />

Brento, a sinistra delle<br />

famose Placche Zebrate.<br />

Caratteristiche della via:<br />

sviluppo <strong>di</strong> 800 m, 22 tiri,<br />

<strong>di</strong>fficoltà IV-/V+, 8h il tempo<br />

previsto per l’arrampicata,<br />

1h per l’accesso e 1h<br />

per la <strong>di</strong>scesa.<br />

Ero già stato su questa li-<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

Racconti <strong>di</strong> quasi-alpinismo <strong>di</strong> Matteo Mason<br />

10° anno dei Mongoi - Via Boomerang M. Brento - Valle del Sarca - 17.04.11<br />

nea <strong>di</strong> salita nel 1997 ma,<br />

al tempo, era stata fatta<br />

una variante in uscita (perché<br />

persa la via!) e, come<br />

a volte può succedere, è<br />

proprio giunto il momento<br />

<strong>di</strong> ritornarci per trovare la<br />

corretta uscita. Vezzi degli<br />

alpinisti della domenica.<br />

Ma chi sono questi Mongoi?<br />

Molti <strong>di</strong> voi senz’altro<br />

li hanno incontrati a Rocca<br />

Pen<strong>di</strong>ce o a Lumignano o<br />

presso le strutture <strong>di</strong> arrampicata<br />

artificiale a <strong>Padova</strong><br />

e oltre.<br />

La leggenda vuole che un<br />

illustre alpinista padovano<br />

un giorno <strong>di</strong> molti anni fa<br />

(2001) vedendoli armeggiare<br />

in parete con soste,<br />

no<strong>di</strong> e altro gli sia venuto<br />

da <strong>di</strong>re, dal profondo del<br />

cuore ma con fraterna<br />

amicizia, “ma si proprio<br />

dei mongoi!” che, per il<br />

<strong>di</strong>aletto veneto, è simile a<br />

te xi proprio un monassa<br />

e che può anche raggiungere<br />

punte poetiche <strong>di</strong><br />

comunicazione quando si<br />

20<br />

trasforma in mago (te xi<br />

proprio un mago), da non<br />

confondersi con quella<br />

volta che tale nomignolo fu<br />

dato a Manolo.<br />

Poi nei successivi anni<br />

questi ragazzi si sono evoluti<br />

e, pur imparando ad<br />

armeggiare soste, no<strong>di</strong> e<br />

quant’altro, hanno saputo<br />

mantenere lo spirito iniziale<br />

e continuano imperterriti<br />

ad essere mongoi,<br />

sia in parete che in altre<br />

occasioni. Si può <strong>di</strong>re che<br />

sono un gruppo <strong>di</strong> Amici,<br />

con la A maiuscola, che<br />

amano arrampicare e in<br />

questo ambiente si muovono<br />

in modo leggero, con<br />

molta tranquillità, spirito<br />

<strong>di</strong> compagnia, <strong>di</strong> gioco e<br />

gogliar<strong>di</strong>a.<br />

Giusto per darvi un’idea,<br />

che solo un po’ vi può far<br />

capire come siano i mongoi…<br />

dovete sapere che<br />

tutto l’inverno si allenano<br />

su pannelli strapiombanti<br />

e poi? E poi vanno a fare<br />

vie in placca!<br />

Chi sono questi mongoi?<br />

Eccoli:<br />

- Massimo, capo mongoeo,<br />

l’uomo della pasta e dei<br />

materiali, pianificatore <strong>di</strong><br />

eventi<br />

- Flash Petit, addetto ai<br />

muscoli e ai legamenti del<br />

gruppo, la sua forza è la<br />

velocità (non è francese!)<br />

- Minga, el professore, attento<br />

al fisico (<strong>di</strong> tutte….)<br />

- Gatto (assente a questa<br />

uscita), il vuoto come il colore<br />

rosso lo porta a stati<br />

<strong>di</strong> alterazione percettiva,<br />

ma è in terapia (per il colore<br />

rosso!)<br />

- Sergio (assente a questa<br />

uscita), detto il nonno, non<br />

per l’età ma per senso <strong>di</strong><br />

responsabilità<br />

- Il presidente onorario<br />

e benemerito (assente a<br />

questa uscita), il nome<br />

<strong>di</strong>ce tutto.<br />

Veniamo ora ai fatti del<br />

17.04.<strong>2011</strong>.<br />

I mongoi sono sul posto<br />

dalla sera prima assieme<br />

ad altri due simpatizzanti;<br />

hanno perlustrato la zona<br />

per in<strong>di</strong>viduare attacco e<br />

<strong>di</strong>scesa e hanno in<strong>di</strong>cato<br />

con dei rami i sentieri,<br />

quelli sbagliati, cosìcche<br />

eventuali altre cordate non<br />

<strong>di</strong>ano fasti<strong>di</strong>o nel giorno<br />

della celebrazione.<br />

Io, Enrico e Ceci partiamo<br />

la mattina presto da <strong>Padova</strong>…<br />

ma così presto che<br />

arriviamo al luogo dell’appuntamento<br />

prima che si<br />

sveglino!<br />

Facciamo quin<strong>di</strong> le corda-<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

te e partiamo per l’attacco<br />

<strong>di</strong> questa entusiasmante<br />

classica. Essendo noi<br />

tre già ben svegli (anche<br />

perché alla sosta all’auto<br />

grill abbiamo incontrato<br />

un pullman <strong>di</strong> donzelle che<br />

rientravano dalla <strong>di</strong>sco<br />

e gli ormoni <strong>di</strong> Enrico si<br />

21<br />

sono agitati) an<strong>di</strong>amo subito<br />

all’attacco della via. Ci<br />

segue la cordata composta<br />

dal Mongoeo Massimo e<br />

dall’ing. Cassuttel (esperto<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>edri..) e, a chiusura<br />

del gruppo, c’è LA cordata<br />

che, come i gran<strong>di</strong> sportivi<br />

professionisti, ha con sé


un esperto <strong>di</strong> brain stimulation<br />

(stimolazione<br />

del cervello) per ottenere<br />

il massimo ren<strong>di</strong>mento<br />

psico-fisico e per raggiungere<br />

il massimo livello<br />

<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione. LA<br />

cordata è composta da:<br />

Mongoeo Minga, Mongoeo<br />

Super Flash Petit e<br />

Mourice Psyco.<br />

Perfetto l’orario <strong>di</strong> partenza.<br />

Ceci, vista la lunghezza<br />

della salita, si è messo un<br />

paio <strong>di</strong> samoche (scarpe<br />

comode) che solo lui poteva<br />

portare senza problemi<br />

su quelle <strong>di</strong>fficoltà.<br />

Perfetto il meteo: qualche<br />

nuvola, infatti, fa si che il<br />

sole non ci cucini sul levigato<br />

calcare argenteo.<br />

Proce<strong>di</strong>amo regolari, tiro<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

dopo tiro, fino alla base<br />

delle famose placche, sotto<br />

il tetto a forma <strong>di</strong> boomerang<br />

che dà il nome<br />

alla via e qui Enrico le risale<br />

passo dopo passo con<br />

estrema eleganza, <strong>di</strong>menticandosi<br />

finalmente del<br />

pullman!<br />

Usciti dalla zona del tetto<br />

ci portiamo verso la zona<br />

alta dove 2 tiri in traverso<br />

su roccia mista a sassi (o<br />

viceversa) ci fanno arrivare<br />

sulla verticale del tratto<br />

finale. Spe<strong>di</strong>ti raggiungiamo<br />

il bosco e gli ultimi<br />

metri vengono “risolti” con<br />

movimento arrampicatorio<br />

stile Tarzan sulle liane<br />

degli alberi, stile non ancora<br />

contemplato nel manuale<br />

Caruso.<br />

22<br />

La piacevole <strong>di</strong>scesa ci<br />

porta in breve alla zona<br />

<strong>di</strong> partenza, dove, dopo<br />

numerose pacche sulle<br />

spalle e calorose strette<br />

<strong>di</strong> mano, una birra fresca<br />

rende onore alla remunerativa<br />

(per lo spirito)<br />

salita.<br />

Anche questa è fatta ed in<br />

attesa del prossimo racconto<br />

(o altro avvenimento,<br />

tipo i primi 20 anni…)<br />

mi rimane da esprimere<br />

un consiglio: non smettete<br />

mai <strong>di</strong> essere MONGOI!<br />

Matteo Mason<br />

Il fascino <strong>di</strong> camminare<br />

tra le montagne bellunesi<br />

spazia a 360° tra le<br />

<strong>di</strong>versità <strong>di</strong> cui sono formate.<br />

Si rimane ammaliati<br />

nell’ammirare guglie e<br />

pareti rocciose alle luci del<br />

tramonto, vedere famiglie<br />

<strong>di</strong> camosci che corrono a<br />

per<strong>di</strong>fiato con i loro piccoli<br />

lungo ghiaioni e ripide<br />

cenge oppure nel rimanere<br />

incantati <strong>di</strong> fronte a fiori<br />

coloratissimi nascere tra<br />

le nude rocce battute dalle<br />

intemperie della natura.<br />

Poi volgiamo lo sguardo<br />

verso strade, ponti e viadotti,<br />

e storciamo il naso<br />

chiedendoci se le opere<br />

dell’uomo potranno <strong>di</strong>ventare<br />

un giorno a zero<br />

impatto ambientale. Sarà<br />

una bella sfida conciliare<br />

la morfologia <strong>di</strong> montagna<br />

con quella <strong>di</strong> tracciati<br />

sempre più lineari per<br />

correre ancora più veloci<br />

(saremmo ipocriti se noi<br />

citta<strong>di</strong>ni non desiderassimo<br />

<strong>di</strong>mezzare i tempi <strong>di</strong><br />

accesso in auto).<br />

Più <strong>di</strong> settant’anni fa i ritmi<br />

erano indubbiamente<br />

<strong>di</strong>versi e anziché <strong>di</strong> strade<br />

si parlava spesso <strong>di</strong> carrarecce<br />

e mulattiere che<br />

si <strong>di</strong>stricavano tra le montagne<br />

in modo quasi invisibile.<br />

Molte <strong>di</strong> queste con<br />

il tempo furono riadattate<br />

e ampliate, mentre altre<br />

furono abbandonate o più<br />

semplicemente <strong>di</strong>menticate;<br />

una <strong>di</strong> queste è quella<br />

che sale a Casera Bitti nei<br />

Monti del Sole.<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

La stra<strong>di</strong>na fantasma <strong>di</strong> Casera Bitti<br />

<strong>di</strong> Marco Di Tommaso<br />

Questo gruppo mi aveva da<br />

sempre incuriosito, sia per<br />

i suoi versanti selvaggi e<br />

sia per la carenza <strong>di</strong> sentieri,<br />

e, non appena venni a<br />

sapere che nei pressi della<br />

casera era stato avvistato<br />

l’orso, decisi <strong>di</strong> organizzare<br />

un giro in quella zona.<br />

Aperta la cartina topografica<br />

non vi<strong>di</strong> nessun sentiero<br />

<strong>CAI</strong> e dovetti rime<strong>di</strong>are<br />

cercando <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare<br />

l’itinerario più semplice<br />

tra quelli segnati <strong>di</strong> nero<br />

(itinerari secondari non<br />

manutentati) e quello che<br />

mi sembrò essere il più<br />

logico fu quello che saliva<br />

dalla Val del Mis.<br />

Giunto alle porte della valle,<br />

superai le ultime case<br />

a Gena Bassa e mi adden-<br />

23<br />

La mulattiera scavata nella roccia<br />

trai in un territorio che da<br />

subito colpisce per la sua<br />

asprezza. Con la cartina<br />

topografica sulle ginocchia<br />

guidavo l’auto con lo<br />

sguardo che scrutava a<br />

destra e a sinistra in cerca<br />

<strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> riferimento<br />

per capire dove mi trovavo<br />

e dove poteva essere<br />

l’inizio del mio itinerario.<br />

Non avrei <strong>di</strong> certo preteso<br />

<strong>di</strong> trovare un cartello con<br />

scritto “su per <strong>di</strong> qua”, ma<br />

almeno un’evidenza <strong>di</strong> un<br />

sentiero quella si. Percorsi<br />

due o tre volte la valle e<br />

l’unica traccia che mi destò<br />

curiosità fu quella <strong>di</strong><br />

un esile bollo rosso su un<br />

albero.<br />

Sceso dall’auto mi chiesi:<br />

“ma il sentiero dove si


trova?” Oltre che in basso,<br />

il mio sguardo andava anche<br />

in alto in cerca, tra le<br />

pareti a picco, <strong>di</strong> un bosco<br />

che permetteva al sentiero<br />

<strong>di</strong> salire, ma niente da<br />

fare. Muraglie <strong>di</strong> roccia mi<br />

scoraggiavano anche se il<br />

mio istinto <strong>di</strong>ceva che mi<br />

trovavo sul posto giusto.<br />

Guardai nei pressi dell’albero<br />

con il bollo rosso in<br />

cerca <strong>di</strong> qualche traccia e<br />

scorsi tra l’erba un’esile<br />

sentierino che conduceva<br />

a sinistra. Dubbioso lasciai<br />

lo zaino in auto e decisi <strong>di</strong><br />

percorrerlo per un breve<br />

tratto per vedere se fosse<br />

stato quello giusto. “Si,<br />

quello giusto per le zecche,<br />

forse …” mi <strong>di</strong>ssi togliendone<br />

un paio dai pantaloni.<br />

Giunto al primo tornan-<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

I segni misteriosi sugli alberi<br />

te, quasi per magia l’esile<br />

traccia <strong>di</strong>venne una comoda<br />

e larga mulattiera. Preso<br />

dall’entusiasmo tornai<br />

all’auto a prendermi lo<br />

zaino e i bastoncini.<br />

Seguii la stra<strong>di</strong>na che mi<br />

condusse ad un torrente<br />

dove si trovava un antico<br />

muretto, forse un vecchio<br />

riparo per pastori.<br />

Oltrepassato, raggiunsi<br />

più avanti la parte alta<br />

del torrente e qui sembrò<br />

avere termine il mio percorso.<br />

Spinto dalla curiosità<br />

provai a risalire per<br />

qualche metro il suo alveo<br />

e con gran felicità ritrovai<br />

la stra<strong>di</strong>na sulla sinistra.<br />

Da qui in poi sarebbe stata<br />

una continua scoperta.<br />

La mulattiera saliva su a<br />

tornanti scavati spesso<br />

24<br />

sulla roccia con la forza<br />

delle braccia degli uomini<br />

e la potenza della <strong>di</strong>namite.<br />

Gli alberi posti sul<br />

bordo esterno facevano<br />

da parapetto e nascondevano<br />

allo stesso tempo il<br />

percorso dallo sguardo <strong>di</strong><br />

quei pochi che avevano la<br />

fortuna <strong>di</strong> percorrere la<br />

valle con gli occhi in su.<br />

Mentre salivo mi ripetevo<br />

<strong>di</strong> continuo che non aveva<br />

senso lì una stra<strong>di</strong>na così<br />

volutamente modellata<br />

dall’uomo e pensavo che<br />

potesse terminare da un<br />

momento all’altro o perlomeno<br />

<strong>di</strong>venire una normale<br />

mulattiera. Invece continuava<br />

a salire su decisa<br />

tra le coste rocciose che<br />

dal basso sembravano impenetrabili.<br />

Finalmente uscii dalle verticalità<br />

delle pareti e raggiunsi<br />

i ruderi della Casera<br />

Bitti.<br />

La mia attenzione cadde<br />

subito sugli alberi che<br />

la circondavano. Su gran<br />

parte <strong>di</strong> questi ad altezza<br />

uomo vi erano incisi strani<br />

segni come se qualcuno o<br />

qualcosa si fosse messo a<br />

raschiare con le unghie le<br />

cortecce <strong>di</strong> quei poveri alberi.<br />

Avevo sentito parlare<br />

dell’orso che era stato avvistato<br />

dalla forestale in<br />

quella zona e tra il silenzio,<br />

la solitu<strong>di</strong>ne e i colori<br />

un po’ scuri che mi circondavano<br />

feci presto a sentire<br />

un brivido percorrere il<br />

mio corpo e a schizzare in<br />

me l’immaginazione.<br />

Mi guardavo tutt’intorno e<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

cominciai a sentire l’impressione<br />

<strong>di</strong> essere osservato,<br />

mi sembrava <strong>di</strong> essere<br />

Biancaneve nel tetro<br />

bosco mentre scappava<br />

dal sicario della strega. Il<br />

cuore cominciò a battermi<br />

più forte e una sensazione<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio mi prese completamente.<br />

Salendo speravo <strong>di</strong> trovare<br />

la casera ancora accessibile<br />

in modo da aggiungerla<br />

ad un mio progetto<br />

e<strong>di</strong>toriale che stavo realizzando,<br />

ma siccome questa<br />

risultò essere purtroppo<br />

un rudere decisi <strong>di</strong> togliere<br />

il <strong>di</strong>sturbo e <strong>di</strong> fare ritorno.<br />

Come se inseguito<br />

da qualcosa, cominciai<br />

ad incamminarmi velocemente<br />

verso il basso<br />

tranquillizzandomi solo<br />

La selvaggia Valle del Mis<br />

25<br />

dopo essermi allontanato<br />

a sufficienza.<br />

Scendendo il mio pensiero<br />

continuò ad andare a quei<br />

segni sugli alberi e a chi li<br />

avesse potuti fare; scoprii<br />

qualche giorno dopo dalla<br />

forestale che si trattavano<br />

solamente <strong>di</strong> “morsi” <strong>di</strong><br />

cervo e non <strong>di</strong> zampate <strong>di</strong><br />

orso come forse un po’ ci<br />

speravo.<br />

La <strong>di</strong>scesa fu veloce e<br />

quando feci ritorno all’auto<br />

la mia sod<strong>di</strong>sfazione era<br />

al massimo. Credo che le<br />

nostre montagne siano<br />

una fonte <strong>di</strong> infinite scoperte<br />

e meraviglie sia nelle<br />

località più blasonate e<br />

sia forse tra quelle meno<br />

conosciute.<br />

Marco Di Tommaso


Una bella esperienza che merita <strong>di</strong> essere<br />

ricordata! Come hanno riba<strong>di</strong>to a più<br />

riprese i miei compagni <strong>di</strong> avventura.<br />

Regista dell'opera il nostro Galeazzo, che<br />

comincia a pensarci un anno prima ..ispirato<br />

dal "sogno romantico <strong>di</strong> Julius Kugy"<br />

poi realizzato nel 1930 ad opera <strong>di</strong> Emilio<br />

Comici.<br />

Complici il fascino delle Alpi Giulie e la<br />

corrispondenza con Luca Vuerich che gli<br />

invia parte della relazione dopo averla ripetuta<br />

in invernale con Meroi-Benet.<br />

S'ha da andare!!!<br />

Un soleggiato week end <strong>di</strong> fine estate fa<br />

da cornice a questa Meraviglia: il percorso<br />

è in molti tratti orizzontale, un avanzare<br />

che ci regala minor tensione rispetto<br />

ad una salita esclusivamente verticale<br />

..oltre a perfetta visibilità e panorami favolosi<br />

che si aprono ad ogni istante: quassù<br />

risulta più facile sentirsi parte della<br />

Terra!<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

CENGIA DEGLI DEI <strong>di</strong> Deborah Chillin<br />

e Carlo Nicoletti<br />

Il passaggio del Sasso Incastrato<br />

26<br />

Non mancano gli episo<strong>di</strong> <strong>di</strong>vertenti, come<br />

quando siamo costretti a scivolare attraverso<br />

lo stretto "passaggio del gatto"<br />

..che alcuni <strong>di</strong> noi prendono alla lettera<br />

e superano "gattonando" ..o quando Riccardo<br />

quasi paventa <strong>di</strong> andare a riprendersi<br />

la relazione firmata da Luca Vuerich<br />

appena scivolata nel canalone sotto!<br />

Ne risulta un'esperienza intensa, una<br />

Giornata veramente vissuta, <strong>di</strong> quelle capaci<br />

<strong>di</strong> ricaricare le batterie per giorni e<br />

giorni!<br />

Il percorso va continuamente ricercato,<br />

quando non si arrampica si cammina<br />

ma bisogna pur star attenti al friabile, e<br />

a tratti bisogna saper superare qualche<br />

<strong>di</strong>fficoltà più tecnica, come ben descritto<br />

da Carlo e Marco: Grazie agli Alpinisti <strong>di</strong><br />

ieri e <strong>di</strong> oggi che hanno reso percorribile<br />

questa Via Eterna!<br />

Deborah Chilin<br />

Il fine settimana del 21 e 22 agosto del<br />

2010 si decide, su proposta <strong>di</strong> Riccardo, <strong>di</strong><br />

percorrere la Cengia degli Dei che io conoscevo<br />

solo per fama. Il 21 agosto partiamo<br />

in <strong>di</strong>rezione Tarvisio e dopo il consueto<br />

traffico autostradale <strong>di</strong> piena estate<br />

arriviamo alle pen<strong>di</strong>ci del Jof Fuart. Ci<br />

incamminiamo lungo la strada sterrata<br />

verso il Rifugio Corsi e si <strong>di</strong>scute su chi<br />

c’è, chi altro poteva esserci e sulle altre<br />

salite fatte nelle domeniche precedenti.<br />

Intanto arriviamo alla teleferica che il<br />

rifugista gentilmente ci concede <strong>di</strong> usare<br />

per trasportare il materiale necessario.<br />

La teleferica è al limite (8 zaini, 4 corde<br />

e altro) ma per fortuna non c’è niente <strong>di</strong><br />

delicato. Cerchiamo <strong>di</strong> posizionare il materiale<br />

non troppo esposto sul carrellino<br />

per evitare che il vento o gli alberi ci scarichino<br />

il materiale nel bosco sottostante,<br />

obbligandoci ad una camminata esplorativa<br />

per poterlo recuperare. Ripartiamo,<br />

il bosco tende a <strong>di</strong>radare e si vede il rifugio<br />

che raggiungiamo dopo circa 1 ora.<br />

Qui incontriamo il rifugista che alcuni <strong>di</strong><br />

noi conoscevano per l’uscita del XII corso<br />

<strong>di</strong> escursionismo avanzato. Recuperiamo<br />

il materiale dalla teleferica, che per fortuna<br />

non ci ha fatto scherzi, ma è ancora<br />

troppo presto per la cena. Deci<strong>di</strong>amo<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> arrampicare sulla falesia a 200<br />

m dal rifugio. Evitiamo i tiri più <strong>di</strong>fficili e<br />

saliamo sul IV / V, e così ci prepariamo<br />

alla giornata <strong>di</strong> domani, maneggiando la<br />

corda e soprattutto toccando la roccia<br />

che certi tratti non è proprio solida… ma<br />

d’altronde siamo in montagna. Dopo 2 tiri<br />

a testa circa è ora <strong>di</strong> cena e torniamo alla<br />

Rifugio, ma il cuoco dov’è? Anche lui ha<br />

avuto la nostra stessa idea e dal rifugio<br />

lo ve<strong>di</strong>amo che arrampica da solo su un<br />

tiro della falesia (che a vederlo sembrava<br />

duro), incurante dell’ora. Dopo le imprecazioni<br />

del rifugista per farlo scendere,<br />

arriva, e anche a lui tocca lavorare. Alla<br />

cena, leggendo le relazioni, si <strong>di</strong>scute sul<br />

percorso del giorno dopo, per evitare <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

27<br />

perdersi. Io conosco solo il sentiero Anita<br />

Goitan fatto col corso <strong>di</strong> escursionismo a<br />

luglio, e quin<strong>di</strong> non entro in <strong>di</strong>scussioni.<br />

Dopo la cena an<strong>di</strong>amo a dormire e la notte<br />

passa tranquilla, anche perché abbiamo<br />

una stanza tutta per noi. Ci svegliamo<br />

all’ora stabilita e dopo la colazione partiamo<br />

assieme al sole che da poco si è fatto<br />

vedere. La giornata è serena e saliamo<br />

verso la forcella. Arriviamo all’inizio del<br />

sentiero Anita Goitan e ricordandomi la<br />

sua bellezza, sono fiducioso per la giornata.<br />

Lo percorriamo fino a dove comincia<br />

effettivamente la cengia, a sud, ma a noi<br />

aspetta il versante Nord. Qui comincia finalmente<br />

la nostra avventura. Dobbiamo<br />

salite un canalino <strong>di</strong> III e un segno rosso<br />

molto sbia<strong>di</strong>to ci in<strong>di</strong>ca che abbiamo imbroccato<br />

l’attacco. Arrivati su una spalla<br />

rocciosa scen<strong>di</strong>amo con una prima doppia<br />

<strong>di</strong> 25 m. Qui la vista <strong>di</strong> uno spit più in basso<br />

ci svia un po’, ma in realtà dobbiamo risalire<br />

ancora per roccette a destra (ometto)<br />

fino a un terrazzino per la doppia successiva.<br />

Per rinforzare la sosta della doppia<br />

Cristiano pianta un chiodo per maggiore<br />

sicurezza ma, per piantarlo troppo bene<br />

non si riuscirà più a toglierlo, ma almeno<br />

siamo sicuri che terrà… Qui scen<strong>di</strong>amo<br />

con una lunga doppia <strong>di</strong> 50 m e arriviamo<br />

effettivamente sulla cengia. Siamo in<br />

punto critico del percorso (<strong>di</strong> quasi non<br />

ritorno) poiché risalire la doppia appena<br />

fatta, anche se fattibile, non è del tutto banale.<br />

Da qui in poi il percorso è pressoché<br />

orizzontale, inizialmente la cengia è larga<br />

e si cammina senza problemi. Progre<strong>di</strong>amo<br />

mettendo nei tratti più esposti corde<br />

(non sempre del tutto fisse) per maggior<br />

sicurezza. Il sentiero è alpinistico e i detriti<br />

ci costringono a fare attenzione ai<br />

nostri passi, l’orientamento secondo me<br />

non è poi così <strong>di</strong>fficile (anche per la presenza<br />

<strong>di</strong> ometti) e poi il percorso è intuitivo.<br />

Il panorama è stupendo e spazia sulle<br />

Alpi Giulie, sul Lussari, sul Mangart. Il<br />

sole poi ci aiuta a gustare ancora meglio


il nostro cammino. Intanto arriviamo ad<br />

una zona dove la roccia è marcia e dove si<br />

procede su detriti sempre più numerosi,<br />

le protezioni sono <strong>di</strong>fficili da posizionare<br />

perché la roccia non è solida ma il percorso<br />

è ancora facile. Arriviamo in vista<br />

del famigerato Sasso Incastrato. Questo<br />

è il punto più “duro” e prima del masso<br />

il sentiero è mezzo franato, bisogna fare<br />

attenzione. Il passaggio <strong>di</strong>fficile consiste<br />

nel traversare questo Masso in grande<br />

esposizione e dove appoggi e appigli sono<br />

sporchi <strong>di</strong> ghiaino. Per fortuna il tratto<br />

ha un corta metallica ed è breve. Sorte<br />

ha voluto che Riccardo perdesse proprio<br />

qui la stampa della relazione, volando giù<br />

nel canalone sottostante. Anche le parole<br />

hanno il loro peso. Passato il masso non<br />

è finita, per avanzare bisogna gattonare<br />

perchè la cengia si abbassa. Si arriva su<br />

un’altra gola, il terreno è ancora instabile<br />

e le protezioni sono precarie come la roccia.<br />

Anche se presi dalla progressione,<br />

non si possono non ammirare le pareti<br />

che ci sovrastano con la loro maestosità;<br />

la cengia ha il nome adatto. Finito questo<br />

tratto si vede la Gola <strong>di</strong> Nord Est, ormai<br />

il <strong>di</strong>fficile l’abbiamo fatto e ammiriamo il<br />

paretone del Jof Fuart dove continua la<br />

seconda parte della cengia. Da qui il sentiero<br />

<strong>di</strong>venta meno pericoloso, solo un’altra<br />

corda metallica, secondo me inutile,<br />

ci aiuta a superare un piccolo saltino, e arriviamo<br />

alla partenza della Seconda parte<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

28<br />

della Cengia. Come da programma deci<strong>di</strong>amo<br />

<strong>di</strong> salire al Jof Fuart. Dobbiamo arrampicare<br />

sul III in un camino e senza <strong>di</strong>fficoltà<br />

lo superiamo, poi la salita <strong>di</strong>venta più facile<br />

ma comunque sempre ripida. Infatti, lungo<br />

il sentiero che si inerpica ve<strong>di</strong>amo degli<br />

spit, per assicurare chi non si sente sicuro,<br />

ma per la <strong>di</strong>fficoltà modesta non usiamo la<br />

corda. Ancora l’ultima fatica e prima della<br />

cima ci accolgono i padroni <strong>di</strong> casa, un<br />

branco <strong>di</strong> stambecchi. Avevamo già visto le<br />

loro tracce sulla cengia, ma adesso li ve<strong>di</strong>amo<br />

dal vero, e non sembrano spaventati.<br />

Arriviamo poco sotto <strong>di</strong> loro e se ne vanno<br />

in<strong>di</strong>fferenti e senza fretta. Da qui il sentiero<br />

traversa a sinistra per congiungerci alla via<br />

normale, e in 10 minuti siamo in vetta. Aver<br />

conquistato la cima attraverso la cengia<br />

mi riempie <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione. Il panorama e<br />

magnifico ma si sta guastando per le nubi.<br />

Dopo la foto <strong>di</strong> vetta an<strong>di</strong>amo in fretta verso<br />

la normale per evitare la pioggia, che per<br />

fortuna non arriverà. Lungo la <strong>di</strong>scesa incrociamo<br />

la fine del sentiero Anita Goitan,<br />

fatto il mese prima; adesso almeno questa<br />

parte <strong>di</strong> Jof Fuart posso <strong>di</strong>re <strong>di</strong> conoscerla.<br />

Arriviamo al Rifugio e dopo aver salutato il<br />

rifugista ci incamminiamo sul sentiero del<br />

rientro. Il tramonto sta cominciano e vedendo<br />

la luna che sta sorgendo a est mi<br />

torna in mente l’alba <strong>di</strong> stamattina. Una<br />

giornata piena in tutti i sensi. Un grazie<br />

ai compagni <strong>di</strong> cordata, Cristiano, Davide,<br />

Deborah, Fabio, Marco, Riccardo, Valeria<br />

per il giro fantastico.<br />

N.B. Da segnalare la bella e accurata relazione<br />

della cengia scritta da Marco sul<br />

sito www.vienormali.it e riportata qui <strong>di</strong><br />

seguito e un grazie particolare a Fabio<br />

per aver riunito e organizzato tutte le foto.<br />

Carlo Nicoletti<br />

Hanno partecipato: Valeria Baratella,<br />

Davide Beccaro, Deborah Chillin, Fabio<br />

Crivellaro, Riccardo Galeazzo, Cristiano<br />

Gobbin, Carlo Nicoletti, Marco Tonello.<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

RELAZIONE TECNICA<br />

Jof Fuart – Cengia degli Dei – 2666 m<br />

Regione: Friuli Ven. Giulia (U<strong>di</strong>ne) - Dolomiti – Alpi Giulie - Gruppo Montasio<br />

Provincia: U<strong>di</strong>ne<br />

Punto <strong>di</strong> partenza: Parcheggio Val Rio del Lago, pressi Sella Nevea (q. 1020 m)<br />

Versante <strong>di</strong> salita: N-NE<br />

Dislivello <strong>di</strong> salita: 1650 m<br />

Dislivello totale: 3300 m<br />

Tempo <strong>di</strong> salita: 9,30 h<br />

Tempo totale: 13,00 h<br />

Difficoltà: EEA - AR - III+ - AD-<br />

Periodo consigliato: estate - autunno<br />

Punti <strong>di</strong> appoggio: Rif. Corsi (q. 1874 m)<br />

Tipo <strong>di</strong> salita: Traccia e roccette, passaggi su roccia<br />

Introduzione:<br />

La relazione riguarda una parte della famosa Cengia degli Dei (precisamente la parte che percorre<br />

il versante N della Cengia dalla cima <strong>di</strong> Riofreddo fino alla gola NE dello Jof Fuart) e la salita alla<br />

cima dello Jof Fuart per la via della gola NE.<br />

La Cengia completa permette <strong>di</strong> compiere il periplo dello Jof Fuart e delle cime del suo sottogruppo<br />

(Riofreddo, Innominata, Torre e Alta Madre dei Camosci). L´itinerario è stato immaginato da Julius<br />

Kugy negli ultimi anni del XIX secolo e a lui si deve il nome. Il primo a percorrerla nel ´30 è stato<br />

Emilio Comici, che a quanto appreso dalla documentazione (scarna e non sempre chiarissima) che<br />

sono riuscito a reperire, ha compiuto il giro iniziando dalla gola NE, continuando per forc. Mosè<br />

(tratto più impegnativo della Cengia), poi fino sotto la parete S delle cime secondarie (forse ora sentiero<br />

A. Goitan?), svalicando oltre la Riofreddo e attraversando il versante N delle stesse fino alla<br />

gola NE nuovamente. Salita <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssima sod<strong>di</strong>sfazione, da ricercare,fuori da itinerari comuni<br />

e frequentati (rarissima la frequentazione senza guida). Necessaria esperienza, orientamento e<br />

meteo ottimo.<br />

Accesso:<br />

Da Tarvisio proseguire verso Sella Nevea, passando per Pre<strong>di</strong>l. Poco prima <strong>di</strong> Sella Nevea, prendere<br />

sulla destra una strada bianca (in<strong>di</strong>cazioni Rif. Corsi) che dopo circa 1 km si interrompe in un<br />

parcheggio capace <strong>di</strong> contenere circa 20 auto. Da qui proseguire a pie<strong>di</strong> (<strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> accesso) lungo<br />

la strada bianca che con numerosi tornanti sale in un bellissimo bosco. Finiti i tornanti si sale su<br />

un lungo tratto rettilineo cementato per la pendenza in faggeta (il sent. 628 che è da seguire fino<br />

al Corsi si ricongiunge poco sotto questo tratto). Poco dopo la fine del tratto cementato si entra nei<br />

pascoli d’alpeggio della malga Grantagar con splen<strong>di</strong>da vista sullo Jof Fuart e Canin (q. 1530 m, 1h<br />

30’ dal parcheggio).<br />

Poco sotto la malga si trova la stazione della teleferica del rifugio Corsi <strong>di</strong>etro alla quale c’è la<br />

possibilità <strong>di</strong> salire lungo il “Sentiero dei Tedeschi” che rimonta la ripida spalla imme<strong>di</strong>atamente<br />

sotto al Corsi, oppure si può continuare sulla strada bianca che dopo la malga <strong>di</strong>venta un agevole<br />

sentiero. Nel primo caso contare circa 45’-1h fino al Corsi (sentiero ripido, tratti con fune per aiutare<br />

alcuni passaggi, EE), nel secondo caso servirà circa 1h 15’.<br />

Salendo lungo il sentiero si rimonta lo stupendo anfiteatro compreso tra p.ta Plagnis e cima Castrein<br />

fino ad incontrare il sentiero che scende dalla Forc.degli Scalini che si tralascia sulla destra<br />

per continuare verso il Corsi su una larga cengia sotto pareti strapiombanti (resti <strong>di</strong> guerra). Da qui<br />

in comodo falso piano si passa sotto l’Ago e il Campanile <strong>di</strong> Villacco per poi scendere brevemente<br />

fino al rifugio (q. 1874 m).<br />

29


<strong>di</strong>ario alpino<br />

Descrizione della salita:<br />

Dal rifugio seguire le in<strong>di</strong>cazioni per il sent. attrezzato A. Goitan che fanno rimontare il pen<strong>di</strong>o erboso<br />

sotto le cime della Madre dei camosci e Riofreddo, tralasciando le in<strong>di</strong>cazioni per la normale e<br />

la forcella Mosè. Raggiunte le pareti si risale, sempre seguendo i bolli del sent. Goitan, per roccette<br />

e sentiero ripido fino ad incontrare una sella con targa, Madonnina e fune metallica che scende in<br />

una profonda gola verso destra che non deve essere <strong>di</strong>scesa (gran<strong>di</strong> scritte in vernice rossa “NO”).<br />

Seguendo i bolli ci si alza dalla selletta con un passaggio in cui prestare attenzione su una cengetta<br />

inclinata imme<strong>di</strong>atamente sopra la nicchia della Madonnina. Dopo questo passaggio si continua a<br />

salire fino a raggiungere un largo dosso erboso (circa 1h dal rif). E’ qui il punto critico per iniziare la<br />

Cengia, ci troviamo imme<strong>di</strong>atamente ad Est (destra salendo) della cima <strong>di</strong> Riofreddo che dobbiamo<br />

aggirare per portarci sul versante Nord.<br />

Risalito il dosso su sentiero ghiaioso, i segnavia in<strong>di</strong>cano <strong>di</strong> proseguire verso sinistra su una larga<br />

cengia erbosa che porta al sent. attrezzato vero e proprio, si nota invece una larga fessura che<br />

inizia dal livello del terreno ed obliqua verso l’alto e sinistra stando sopra la cengia del sent. Goitan<br />

(visibile già dal rifugio Corsi). Alla dx <strong>di</strong> dove inizia la fessura si nota un camino verticale che bisogna<br />

imboccare con un tratto iniziale <strong>di</strong> arrampicata verticale ed esposta, poi si entra in un comodo colatoio<br />

con molti massi smossi e poi successivo muretto (20 m, III-, attenzione a non smuovere sassi<br />

per i compagni sotto). Usciti dal camino si sale per roccette fino ad aggirare la costa che scende<br />

dalla cima <strong>di</strong> Riofreddo e poi in orizzontale per stretta cengia, subito a sinistra <strong>di</strong> un largo pulpito, si<br />

trova la sosta per la prima calata in doppia.<br />

Qui la Cengia si interrompe precipitando verso le ghiaie che si vedono in basso alle basi delle pareti<br />

Nord delle cime da attraversare. Si nota come ci siano due canali <strong>di</strong> scolo poco marcati, in uno si<br />

scende con la doppia obliquando verso sinistra (faccia a valle), il successivo è da attraversare in<br />

arrampicata per poter raggiungere la Cengia.<br />

Stu<strong>di</strong>are bene il percorso dal pulpito perché una volta scesi non si vede più la Cengia che continua<br />

dopo questa breve interruzione. Dalla sosta scendere per circa 15 m in doppia (l´arrampicata in<br />

<strong>di</strong>scesa riportata nella guida del Buscaini) fino ad un evidente camino attrezzando una comoda<br />

sosta sulla paretina dx del camino. Attenzione a non farsi fuorviare da uno spit che si trova dopo 35<br />

m <strong>di</strong> doppia alla base <strong>di</strong> una parete con evidenti lame grigio chiaro praticamente sulla spalla destra<br />

(faccia a valle) del secondo canale <strong>di</strong> scolo (se si arriva allo spit la possibilità <strong>di</strong> sosta è più sicura,<br />

ma il tratto <strong>di</strong> arrampicata è più lungo e sembra leggermente più <strong>di</strong>fficile). Una volta raggiunta la<br />

base del camino (dopo doppia <strong>di</strong> 15 m) si deve risalirlo con arrampicata <strong>di</strong>vertente (6m, III), uscire<br />

verso destra (salendo, faccia a monte), attraversare obliquando in salita il secondo canale <strong>di</strong> scolo<br />

per percorso non obbligato e rimontare la Cengia (ometto). Continuare sulla Cengia per poco fino ad<br />

incontrare la sosta per la seconda doppia (2 ch <strong>di</strong> cui uno poco affidabile, cordone, lasciato un terzo<br />

chiodo). Raggiunta la sosta si nota la Cengia ora ghiaiosa, ora erbosa, che continua molto in basso<br />

sulla sinistra (faccia a valle).<br />

Calarsi per 55 m con doppia non como<strong>di</strong>ssima perché bisogna obliquare verso sinistra per portarsi<br />

alla base <strong>di</strong> un pilastrino con ometto che si nota da metà doppia in poi. Dalla base della doppia la<br />

Cengia continua ben larga anche se su ghiaie a picco sulle pareti sottostanti. Sempre camminando<br />

si finisce il periplo della Cima <strong>di</strong> Riofreddo e ci si porta sotto ad una ripi<strong>di</strong>ssima parete (sulla<br />

sinistra). Qui prestare attenzione alla traversata in leggera <strong>di</strong>scesa <strong>di</strong> un largo imbuto ghiaioso<br />

che sfida la gravità restando sospeso sopra le pareti che strapiombano sulle ghiaie a monte del<br />

rif. Pellarini, visibile in lontananza. Da questo punto si può notare il passaggio più delicato della<br />

Cengia: dopo il tratto ghiaioso sparisce all’interno <strong>di</strong> un budello verticale per riemergere stretta<br />

a tagliare la parete opposta fino ad un masso incastrato che la interrompe nel punto <strong>di</strong> massima<br />

esposizione; dopo la Cengia continua aggirando un secondo spigolo, per poi farsi rivedere dopo<br />

quello che si indovina essere un secondo stretto intaglio verticale. Proseguire sulla Cengia che si fa<br />

31


<strong>di</strong>ario alpino<br />

molto stretta e a picco, aggirare il primo spigolo dopo la traversata sul ghiaione e continuare verso<br />

lo stretto camino. Poco prima del camino si trova un fittone. Oltrepassare il camino molto bagnato e<br />

sempre in leggera <strong>di</strong>scesa su sabbia chiara, avvicinare il masso incastrato. È presente una fune in<br />

metallo molto vecchia con fittoni prima e dopo il masso incastrato. Passare il masso incastrato con<br />

espostissimo traverso. Prestare attenzione alla roccia bagnata e marcia.<br />

Proseguire su sabbia all’interno dell’intaglio alto circa un metro della Cengia fino ad aggirare il<br />

secondo spigolo. Ora le cengia si fa più larga e comoda, ma per poco. Circa 30 m prima del secondo<br />

intaglio verticale da attraversare si trova un passaggio da effettuare carponi perché la Cengia <strong>di</strong>venta<br />

un pertugio alto 50 cm su all’interno della parete che scende sempre fra<strong>di</strong>cia. Poco prima del<br />

passaggio carponi si trova uno spit.<br />

Passare carponi i primi metri e poi continuare sulla Cengia fino al canale verticale strapiombante<br />

e bagnato che si oltrepassa continuando con un traverso sempre esposto per altri 40-50 m (1 ch),<br />

fino a riprendere la Cengia che torna ad essere larga e camminabile. Proseguire fino ad aggirare un<br />

nuovo spigolo che permette <strong>di</strong> fare il periplo dell’Alta Madre, potendo ammirare la profon<strong>di</strong>ssima<br />

gola NE, oltre la quale si vede la Cengia continuare attraverso un grande prato verde. Al <strong>di</strong> sopra<br />

del prato si notano delle ripide zolle erbose intramezzate da salti rocciosi che si dovranno risalire<br />

per puntare alla cima dello Jof Fuart.<br />

Continuare a camminare fino a scendere nella gola NE e rimontarla dal lato opposto incontrando<br />

tratti <strong>di</strong> fune e bolli del sent. attrezzato che sale lo Jof Fuart dal Pellarini. Attraversare il prato e<br />

rimontarlo su sentiero con svolte (si passa davanti ad un rifugio <strong>di</strong> fortuna in pietre) fino alla base <strong>di</strong><br />

un camino in<strong>di</strong>cato con frecce e bolli. La Cengia continua verso destra rimontando una banconata<br />

stretta sopra chiazze d’erba fino ad un pulpito da cui non si riesce più a seguire. Noi puntiamo ad<br />

uscire sulla cima dello Jof Fuart percui si risale lungo la via della gola NE (descritta nella guida del<br />

Buscaini, itin. 83m) fino ad incrociare la normale nell’ultimo tratto (dall’attacco fino alla gola NE,<br />

circa 6-7 h procedendo in sicurezza per buona parte della Cengia).<br />

Il camino sale ripido per 25 m (III), poi la via <strong>di</strong>venta più articolata ma sempre <strong>di</strong> facile in<strong>di</strong>viduazione<br />

per i numerosi bolli e spit che si incontrano nella salita (attenzione a non muovere massi, salita<br />

esposta e sempre sulla verticale dei compagni). Si alternano tratti <strong>di</strong> arrampicata facile (II) a tratti<br />

<strong>di</strong> sentiero. Una volta salite le zolle che si vedevano dalla Cengia, la via <strong>di</strong>venta un ripido sentiero<br />

con tratti <strong>di</strong> I.<br />

Si sale puntando ad una sella a dx del torrione sommatale dello Jof Fuart, lasciando la gola NE<br />

abbondantemente sulla sinistra.<br />

Si risale un risalto <strong>di</strong> una decina <strong>di</strong> metri aiutati da una fune metallica, fino alla sella da cui si traversa<br />

verso sinistra in orizzontale. Sempre seguendo i bolli si continua verso sinistra (si passa una<br />

targa), fino al bivio <strong>di</strong> incrocio con la normale (piccola tabella in ottone che in<strong>di</strong>ca la via della gola<br />

NE) (dalla gola NE all’incrocio con la normale circa 2 - 2.30h). Si sale verso destra per la normale e<br />

in circa 10 minuti si è sulla cima dello Jof Fuart.<br />

Discesa:<br />

Via normale Jof Fuart<br />

Note:<br />

Il percorso può essere notevolmente più breve se non si procede legati nei punti meno impegnativi,<br />

a <strong>di</strong>screzione e secondo esperienza <strong>di</strong> ciascuno. Attenzione ai numerosi ometti che spesso portano<br />

fuori via, il percorso va intuito (considerare <strong>di</strong> avere abbastanza tempo per eventuali errori <strong>di</strong><br />

percorso: tornare in<strong>di</strong>etro ripercorrendo in salita la seconda doppia richiede un´arrampicata non<br />

banale).<br />

Libro <strong>di</strong> vetta: si<br />

Cartografia: TABACCO N. 019 - Alpi Giulie Occidentali Tarvisiano 1:25.000<br />

Autore: Marco Tonello<br />

32<br />

Il Mount Kenya, seconda cima dell’Africa<br />

dopo i 5895 m del Kilimanjaro, è un imponente<br />

massiccio <strong>di</strong> origine vulcanica,<br />

avvolto fino a 3500 m <strong>di</strong> quota da lussureggianti<br />

foreste. Formatosi tre milioni <strong>di</strong><br />

anni fa, il piramidale complesso che domina<br />

l’altopiano a settentrione <strong>di</strong> Nairobi<br />

è senza dubbio la montagna più spettacolare<br />

del continente africano.<br />

Parte della foresta e il massiccio sono<br />

compresi nel Mount Kenya National Park:<br />

un’area protetta che si estende su una<br />

superficie <strong>di</strong> 770 km quadrati. Nella zona<br />

sommitale, dalle caratteristiche tipicamente<br />

alpine, l’originale cratere è stato<br />

cancellato dalla millenaria erosione,<br />

lasciando una serie <strong>di</strong> picchi d’interesse<br />

alpinistico ed escursionistico, come la facile<br />

e panoramica Punta Lenana (4985 m),<br />

che fanno corona alle due cime più eleva-<br />

<strong>di</strong>ario <strong>di</strong>ario alpino<br />

alpino<br />

MOUNT KENYA, 1981 - 2010<br />

<strong>di</strong> Giuliano Bressan<br />

33<br />

te il Batian (5199 m) e il Nelion (5188 m).<br />

La via <strong>di</strong> accesso più frequentata per avvicinarsi<br />

alle cime è la Naro Moru Route<br />

che parte dall’omonimo villaggio. Una pista<br />

sterrata <strong>di</strong> 18 km conduce all’ingresso<br />

del parco (2400 m) dove è necessario,<br />

registrasi e pagare la tassa d’ingresso;<br />

con il fuoristrada si può proseguire attraverso<br />

la foresta sino al Met Station (3050<br />

m) dove è consigliabile pernottare per favorire<br />

l’acclimatazione. Dal Met si supera<br />

il bosco e si prosegue, con cammino assai<br />

scomodo, lungo il paludoso Vertical Bog<br />

sino ad un ampio crinale che porta nella<br />

valle <strong>di</strong> Teleki, ricca <strong>di</strong> senecii e lobelie,<br />

piante caratteristiche del paesaggio d’alta<br />

quota africano. Si raggiunge così, in<br />

cinque ore circa <strong>di</strong> cammino, il Mackinder’s<br />

Camp (4150 m), posto <strong>di</strong> fronte al più<br />

classico panorama sul Mount Kenya. Da


qui il sentiero prosegue dapprima a mezza<br />

costa e poi risale lungo faticose ghiaie<br />

sino all’Austrian Hut (4780 m) ai pie<strong>di</strong> della<br />

Punta Lenana e del versante orientale della<br />

montagna (tre ore circa).<br />

Austrian Hut (4790 m), ore 6.00 del 19 novembre<br />

2010. A trent’anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza esco<br />

da questo spartano ma ospitale rifugio con<br />

meta la classica via normale alla Punta<br />

Nelion. Il pensiero mi riporta, in un rapido<br />

flash, al febbraio del 1981 quando con un<br />

bel gruppo <strong>di</strong> amici avevo dovuto rinunciare<br />

alla salita a causa <strong>di</strong> una forte nevicata:<br />

questa volta la giornata è ra<strong>di</strong>osa e<br />

le con<strong>di</strong>zioni della parete sono perfette.<br />

Sono assieme ad Almo, Sergio, Marika e<br />

a Padre Gabriele, un sacerdote padovano<br />

che ho conosciuto, grazie a Giancarlo,<br />

nell’estate del 2009. Osserviamo il levar<br />

del sole sulla Punta Lenana mentre la nostra<br />

parete comincia a illuminarsi: è uno<br />

spettacolo magico! Scen<strong>di</strong>amo velocemente<br />

al sottostante laghetto e dopo aver<br />

attraversato il piccolo ma ripido ghiacciaio<br />

Lewis battuto precauzionalmente il giorno<br />

prima, risaliamo un ripido e faticoso ghia-<br />

In arrampicata sul Mount Kenya<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

34<br />

ione giungendo così all’attacco della via.<br />

L’itinerario aperto da Eric Shipton e Percy<br />

Wyn Harris il 6 gennaio 1929 si snoda sul<br />

versante sud est e con circa 15 tiri <strong>di</strong> corda,<br />

su <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> III, IV e tratti <strong>di</strong> IV+, raggiunge<br />

<strong>di</strong>rettamente la cima del Nelion. Il sole<br />

ci riscalda e ci fa <strong>di</strong>menticare la pioggia<br />

e il freddo sofferto due giorni prima nel<br />

percorso dalla Met Station al Mackinder’s<br />

Camp. Deci<strong>di</strong>amo, visto che purtroppo Ivan<br />

non può essere della partita, che Gabriele<br />

farà cordata con me e Marika, mentre<br />

Almo si legherà con Sergio. Saliamo rapidamente<br />

le prime lunghezze su facili rocce<br />

e poi in obliquo verso destra raggiungiamo<br />

la base del camino Mackinder; con un po’<br />

<strong>di</strong> emozione osservo vari brandelli <strong>di</strong> corda<br />

ancora dei primi tentativi (la parte bassa<br />

era già stata percorsa da Halford Mackinder<br />

con le guide César Ollier e Joseph Brocherel<br />

nel giugno del 1899). Proseguiamo<br />

a buon ritmo lungo una breve ma faticosa<br />

fessura (One ‘O Cklock Gully), poi per un<br />

bel <strong>di</strong>edro e facile rocce raggiungiamo i<br />

resti del piccolo bivacco Baillie (5000 m).<br />

Dopo aver risalito una corta parete, dobbiamo<br />

scendere sul versante ovest dove,<br />

oltre all’ombra e alla temperatura non<br />

più gradevole, troviamo <strong>di</strong>versa neve. Ripren<strong>di</strong>amo<br />

quin<strong>di</strong> a salire superando brevi<br />

gradoni e fessure con il fondo ghiacciato,<br />

tratti certamente poco attraenti e simpatici<br />

per l’aderenza delle nostre scarpette, sino<br />

a raggiungere un ampio intaglio a sinistra<br />

del gendarme Mackinder. Man mano che<br />

ci innalziamo il panorama sui vari versanti<br />

<strong>di</strong>venta sempre più incantevole; verso valle<br />

risplendono al sole con varie sfumature<br />

d’azzurro romantici laghi circondati da<br />

ver<strong>di</strong> senecii, mentre il colpo d’occhio sulle<br />

varie torri rocciose e sui ghiacciai sospesi<br />

del versante ovest del Batian è allo stesso<br />

tempo severo e gran<strong>di</strong>oso. Torniamo<br />

nuovamente ad arrampicare al sole e con<br />

rinnovata energia saliamo lungo l’elegante<br />

<strong>di</strong>edro De Graaf (forse il tratto più bello<br />

della salita); poi, lungo un ampio spigo-<br />

lo, superando un altro non banale <strong>di</strong>edro,<br />

proce<strong>di</strong>amo in obliquo verso destra in <strong>di</strong>rezione<br />

della cuspide sommitale. La fatica<br />

comincia a farsi sentire ma ormai presi<br />

dall’euforia della vetta superiamo l’ultima<br />

<strong>di</strong>fficoltà costituita da un’ostica fessura<br />

sino a raggiungere le facili rocce finali.<br />

Alle 12.35 giungiamo in vetta; siamo un po’<br />

stanchi ma, con qualche lacrima <strong>di</strong> gioia<br />

negli occhi, orgogliosi per la bella salita.<br />

Davanti a noi si erge poco <strong>di</strong>stante la Punta<br />

Batian mentre poco sotto la cima scorgiamo<br />

il piccolo bivacco Howell. Il panorama<br />

a 360° sui sottostanti versanti è semplicemente<br />

meraviglioso anche se la sua visione<br />

c’è concessa solo per una quin<strong>di</strong>cina<br />

<strong>di</strong> minuti. Com’è normale, infatti, poco<br />

dopo le cime cominciano a venire avvolte<br />

da una fitta nebbia ed è quasi un invito: è<br />

ora <strong>di</strong> scendere. Il tempo <strong>di</strong> scattare qualche<br />

foto, <strong>di</strong> mangiare e bere qualcosa e poi<br />

via, iniziamo la <strong>di</strong>scesa. Trovati facilmente<br />

i primi due resinati con anello per le corde<br />

doppie, comincia una nuova avventura; siamo<br />

spesso avvolti dalle nebbie e non è così<br />

facile proseguire lungo la <strong>di</strong>scesa corretta.<br />

Con un po' <strong>di</strong> fortuna riusciamo comunque<br />

a trovare quasi tutti gli ancoraggi e a raggiungere,<br />

arrampicando per un breve tratto,<br />

il gendarme Mackinder; ormai siamo<br />

certi che con le successive calate raggiungeremo<br />

la base della parete e il materiale<br />

lasciato all’attacco. Alle 16.50 recuperiamo<br />

per l’ultima volta le corde; un’altra semplice,<br />

significativa stretta <strong>di</strong> mano suggella<br />

questa breve ma intensa avventura.<br />

È il gruppo, il rapporto umano, uno degli<br />

aspetti più importanti <strong>di</strong> un’esperienza; con<br />

questa motivazione si è svolto dal 13 al 27<br />

novembre 2010 il nostro soggiorno in terra<br />

kenyota. Vi hanno partecipato: Fiorenza<br />

Dantone, Almo Giambisi e Sergio Martini<br />

(SAT), Marika Freschi e Ivan Da Rios (<strong>CAI</strong><br />

S. Polo <strong>di</strong> Piave), Anna Maria Terruzzin,<br />

Giuliano Bressan e Giancarlo Zella (<strong>CAI</strong><br />

<strong>Padova</strong>).<br />

Giuliano Bressan<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

35<br />

Gabriele Pipinato è nato a <strong>Padova</strong> il<br />

14 aprile del 1965; dopo gli stu<strong>di</strong> (ragioneria)<br />

entra in seminario nel 1984<br />

e viene consacrato prete nel 1990.<br />

Parte per la missione in Kenya nel<br />

1993 e dopo aver stu<strong>di</strong>ato le lingue<br />

locali <strong>di</strong>venta cappellano della parrocchia<br />

<strong>di</strong> Nyahururu.<br />

Qui, da circa quarant’anni, operano<br />

i missionari della Diocesi <strong>di</strong> <strong>Padova</strong><br />

per la promozione umana delle<br />

comunità locali Kikuyu, Turkana e<br />

Samburu. Nel febbraio del 1997 Father<br />

Gabriel fonda il Saint Martin,<br />

un’associazione che ha come obiettivo<br />

la promozione della solidarietà<br />

nella comunità costruendo una forte<br />

capacità nei volontari, in modo che si<br />

possano prendere cura dei bisognosi<br />

che vivono tra <strong>di</strong> loro.<br />

Con il coinvolgimento <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong><br />

volontari e <strong>di</strong> molti sostenitori, il St.<br />

Martin è <strong>di</strong>ventato più <strong>di</strong> un movimento<br />

all'interno <strong>di</strong> una comune organizzazione;<br />

un movimento, parte<br />

integrante della comunità, capace<br />

<strong>di</strong> coinvolgere e smuovere più persone<br />

possibili promuovendo i valori<br />

dell'amore e della solidarietà. Per<br />

saperne <strong>di</strong> più:<br />

http://www.saintmartin-kenya.org


A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> qualche anno, coor<strong>di</strong>nati<br />

dall’amico Giancarlo, partiamo con destinazione<br />

Nyhaururu, una citta<strong>di</strong>na che<br />

<strong>di</strong>sta 250 chilometri circa da Nairobi.<br />

Il gruppo è formato da Fiorenza, Almo,<br />

Sergio, Marika, Ivan, Giuliano ed io. Da<br />

<strong>di</strong>verso tempo Giancarlo ci aveva invitati<br />

nella sua Flora farm, una struttura tipo<br />

rifugio, che oltre ad ospitare gruppi per<br />

meeting, convegni e incontri stu<strong>di</strong>o, fa da<br />

supporto e d’aiuto alla comunità del centro<br />

missionario Saint Martin. Flora farm è<br />

situata a do<strong>di</strong>ci chilometri dal centro abitato<br />

<strong>di</strong> Nyhaururu tra il verde della campagna<br />

e il colore intenso dei cespugli <strong>di</strong><br />

Bougainville.<br />

“Karibuni sana!” è il saluto accogliente<br />

<strong>di</strong> una signora locale: Lea, la colf della<br />

struttura, con la quale simpatizziamo<br />

subito. Che meraviglia! Che silenzio! Abituati<br />

ai rumori delle nostre città, non ci<br />

crea <strong>di</strong>fficoltà l’integrazione in questa<br />

quiete, <strong>di</strong>sturbata solo dal canto dei galli<br />

e dal raglio degli asini. Le buone con<strong>di</strong>zioni<br />

meteo, accompagnate da temperature<br />

gradevoli somiglianti alla nostra primavera<br />

inoltrata, ci accompagneranno durante<br />

il soggiorno in terra africana, tanto<br />

da permettere agli amici <strong>di</strong> organizzare<br />

la salita al Mount Kenya. Scelgo <strong>di</strong> rimanere<br />

a Nyhaururu e visitare con Fiorenza<br />

e Giancarlo, che sarà il nostro driver,<br />

i progetti dei missionari e dei volontari.<br />

Conosciamo così <strong>di</strong>versi veneti soprattutto<br />

padovani e alcune suore <strong>di</strong> colore, evidentemente<br />

ben integrate, che ci salutano<br />

in perfetto <strong>di</strong>aletto padovano. La persona<br />

che più mi colpisce è Alessia, una volontaria<br />

ventiseienne <strong>di</strong> Mestre, laureata in<br />

arti visive e spettacolo che ha deciso <strong>di</strong><br />

lavorare in Kenia per tre anni occupandosi<br />

dei ragazzi <strong>di</strong> strada. Missionari e volontari<br />

vivono in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>sagevoli, le loro<br />

ore <strong>di</strong> lavoro non hanno numero, ma sono<br />

entusiasti e sod<strong>di</strong>sfatti della vita che conducono,<br />

integrati alla pari con le persone<br />

che assistono.<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

KENYA - 30 anni dopo <strong>di</strong> Anna Maria Terruzzin<br />

36<br />

Dopo qualche giorno, con il rientro degli<br />

amici dal Mount Kenia, il gruppo si riunisce<br />

e si festeggia la salita con calore ed entusiasmo;<br />

per metà <strong>di</strong> loro la giovinezza è superata<br />

da un po’, in tre fanno ben 195 anni!<br />

Il viaggio continua visitando i vari progetti<br />

della comunità Saint Martin fondata da<br />

Father Gabriel Pipinato<br />

padre Gabriele un missionario padovano.<br />

Durante i suoi <strong>di</strong>ciassette anni <strong>di</strong> permanenza<br />

a Nyhaururu, ha creato e continua<br />

a far crescere varie strutture tra le<br />

quali Talitha Kum, un convitto che ospita<br />

minorenni sieropositivi e un collegio per<br />

adolescenti che hanno subito violenze<br />

nell’ambito famigliare. Oltre 200 persone<br />

sono amorevolmente assistite da operatori<br />

competenti che cercano, oltre al<br />

miglioramento della loro qualità <strong>di</strong> vita,<br />

<strong>di</strong> favorirne la reintegrazione sociale.<br />

L’ultima opera <strong>di</strong> padre Gabriele è l’assistenza,<br />

in una casa famiglia chiamata Effathà,<br />

a ragazzi cerebrolesi abbandonati<br />

dai genitori perché portatori <strong>di</strong> han<strong>di</strong>cap;<br />

oltre a ricevere cura e sostegno sono aiutati<br />

e seguiti nel creare e comporre vari<br />

oggetti artigianali in un laboratorio con<br />

annesso piccolo negozio. Lo scopo prioritario<br />

<strong>di</strong> Saint Martin è <strong>di</strong> educare e <strong>di</strong> far<br />

crescere la gente locale; tutti i progetti<br />

partono dalla comunità e sono gestiti da<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

Talitha Kum<br />

37<br />

comitati affinché sia la comunità stessa a<br />

farsi carico dei bisogni dei suoi membri,<br />

in maniera autonoma, attraverso i mezzi<br />

<strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone. A San Martin i problemi<br />

<strong>di</strong> uno sono quelli <strong>di</strong> tutti, le sod<strong>di</strong>sfazioni<br />

raggiunte sono con<strong>di</strong>vise da tutti, si respirano<br />

serenità, altruismo e <strong>di</strong>sponibilità.<br />

E’ ora <strong>di</strong> tornare in Italia entusiasti e arricchiti<br />

per questa esperienza. A <strong>di</strong>stanza<br />

<strong>di</strong> qualche mese rivedo col pensiero<br />

gli sguar<strong>di</strong> veri e genuini <strong>di</strong> quella gente,<br />

soprattutto dei bambini. Quante emozioni<br />

vissute tra quelle persone semplici ma<br />

ricche <strong>di</strong> valori che sanno trasmettere<br />

anche attraverso la loro povertà. Dal mal<br />

d’Africa non si guarisce.<br />

Anna Maria Terruzzin


<strong>di</strong>ario alpino<br />

SEMPLICEMENTE LAGORAI<br />

Ci son vari mo<strong>di</strong> per ricercare e trovare<br />

un’avventura vera, l’importante è sempre<br />

prendere la <strong>di</strong>rezione giusta. Arrivati<br />

nei pressi del Passo Rolle la scelta era o<br />

cominciare a risalire verso le luminose e<br />

rinomate Pale <strong>di</strong> San Martino o inoltrarci<br />

verso il più cupo e meno attraente gruppo<br />

del Lagorai. Ovviamente la scelta era ben<br />

chiara nella nostra mente, ma il luccichio<br />

delle Dolomiti mette sempre il tarlo del<br />

dubbio, una tentazione quasi irrefrenabile.<br />

Lasciata la macchina a Malga Rolle, la<br />

nostra spe<strong>di</strong>ta marcia ci condusse a<br />

calpestare le scure rocce porfiriche del<br />

sentiero che porta ai Laghi del Colbricon.<br />

I <strong>di</strong>scorsi erano quelli <strong>di</strong> sempre e<br />

ovviamente la deformazione professionale<br />

del Naturalista mi portava già a sfinire<br />

il mio compagno <strong>di</strong> mille avventure<br />

Laghi del Colbricon e Marmolada<br />

38<br />

<strong>di</strong> Denis Perilli<br />

Roberto (Bob) … deve essere proprio un<br />

santo uomo per riuscire a reggere ancora<br />

le mie mille <strong>di</strong>vagazioni su rocce, fiori<br />

e soprattutto animali! Forse il cognome<br />

Beato è un segno e in tanti ce ne stiamo<br />

accorgendo. Fra una chiacchiera e l’altra<br />

in brevissimo tempo ci trovammo al cospetto<br />

dei laghetti e lo stupore fu imme<strong>di</strong>ato.<br />

Quel luogo, già visitato parecchie<br />

volte, oggi aveva un’aura <strong>di</strong> magia del tutto<br />

particolare. La giornata si proponeva<br />

con una luminosità fuori dal comune e i<br />

colori dell’acqua e delle montagne in lontananza<br />

assumevano dei toni e delle profon<strong>di</strong>tà<br />

ine<strong>di</strong>ti. La dorsale <strong>di</strong> Cima Bocche<br />

riflessa nello specchio d’acqua mi ricordava<br />

quelle immagini del Nord Europa o<br />

del Canada visti e sognati solo attraverso<br />

la tv.<br />

Cominciamo a salire e la mia loquacità<br />

comincia ad “assottigliarsi” sempre più<br />

lasciando spazio al fiatone! Non ricordavo<br />

che la salita ai fianchi del Colbricon fosse<br />

così ripida! In compenso l’allegra comitiva<br />

appena sotto <strong>di</strong> noi continuava ad essere<br />

alquanto rumorosa e a provocare in noi<br />

quel senso <strong>di</strong> invi<strong>di</strong>a per questa energia<br />

che sembrava sprizzare da tutti i pori.<br />

Con una bella sudata raggiungiamo l’inizio<br />

del lungo (e largo!) “nastro inclinato”<br />

<strong>di</strong> sassi che ci dovrebbe condurre verso<br />

Forcella Colbricon. Alla nostra sinistra<br />

l’enorme mole scura del Colbricon, a destra<br />

l’allungata cresta del Colbricon Piccolo.<br />

All’improvviso, l’adrenalina sale a<br />

mille! I fischi assordanti delle marmotte<br />

ci inducono a guardarci attorno ed ecco<br />

sopra le nostre teste la sagoma inconfon<strong>di</strong>bile<br />

<strong>di</strong> ben 2 aquile reali! La mia “pressione”<br />

comincia a salire, memore anche<br />

dell’incontro ravvicinato con un gran numero<br />

<strong>di</strong> camosci avvenuto qualche anno<br />

fa proprio in questa zona. I 2 enormi rapaci<br />

vanno ad appollaiarsi in chissà quali<br />

anfratti nascosti del Colbricon Piccolo e<br />

il silenzio torna sovrano. Anche i nostri<br />

“compagni <strong>di</strong> viaggio” han finito la voce!<br />

Non male come inizio!<br />

Pazientemente riusciamo a raggiungere<br />

l’agognata Forcella Colbricon, del tutto<br />

ignari <strong>di</strong> quello che deve ancora venire.<br />

Il panorama è da sballo! Dietro <strong>di</strong> noi<br />

l’enorme muraglia della Marmolada, il<br />

Piz Boè che si intravede <strong>di</strong>etro le quinte e<br />

ovviamente le Pale <strong>di</strong> San Martino in primissimo<br />

piano. Alla nostra destra il Catinaccio<br />

e il Latemar che oggi sembrano a 2<br />

passi da noi. Ma è davanti che si presenta<br />

la meraviglia. La sterminata catena del<br />

Lagorai si perde all’orizzonte, tutta inclinata<br />

a scendere verso destra. Un mare <strong>di</strong><br />

sassi così esteso non l’avevo mai visto.<br />

Dal fondovalle non sembra così. Anche<br />

Bob si lascia andare ad esclamazioni <strong>di</strong><br />

gioia pura. La lunga cresta dentellata<br />

sembra la schiena <strong>di</strong> un gigantesco dra-<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

39<br />

go che dorme, le parole non bastano! Ma i<br />

colori qui fanno la <strong>di</strong>fferenza! Il contrasto<br />

fra le scure rocce violacee sotto i nostri<br />

pie<strong>di</strong> e le retrostanti “calde” Dolomiti è un<br />

qualcosa <strong>di</strong> assolutamente allucinante!<br />

Pensare <strong>di</strong> camminare su quel che resta<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong>struttiva nube ardente che centinaia<br />

<strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> anni fa si <strong>di</strong>vertiva a <strong>di</strong>struggere<br />

tutto mi mette i brivi<strong>di</strong>! Sto impazzendo,<br />

quel che resta del mio cervello,<br />

bruciato da sto sole cocente e accecante,<br />

viaggia a mille! Questa è avventura, anche<br />

senza andare in chissà quale remoto<br />

luogo sperduto! Scrutiamo il profilo del<br />

drago per tentare <strong>di</strong> capire qual è Cima<br />

Bragarolo, la nostra vera meta.<br />

Bene, è giunta l’ora <strong>di</strong> ripartire, a quanto<br />

pare la strada è ancora lunga e sembra<br />

proprio che ci siano molte <strong>di</strong>scese alternate<br />

a salite, il giusto mix per massacrarci<br />

i polpacci!<br />

Partenza in <strong>di</strong>scesa e poi risalita in questo<br />

immane sfasciume <strong>di</strong> rocce e in mezzora<br />

circa eccoci giunti ai 2428 m <strong>di</strong> Forcella<br />

Ceremana. Lo scorcio verso l’abitato<br />

<strong>di</strong> San Martino <strong>di</strong> Castrozza non è niente<br />

male! E anche il baratro che sta sotto<br />

le ricadenti pareti del “lato opposto” del<br />

Lagorai non scherza mica. I nuovissimi<br />

cartelli biancorossi in<strong>di</strong>cano che manca<br />

ancora poco più <strong>di</strong> un’ora al Bivacco Aldo<br />

Moro, ubicato poco sotto la “nostra” cima.<br />

Da qui in poi siamo assolutamente soli,<br />

sembra quasi impossibile che il famoso<br />

Passo Rolle sia solo a qualche ora <strong>di</strong><br />

cammino da noi. Questa è la vera magia<br />

avvolgente del Lagorai. Qui sembra che il<br />

tempo e le <strong>di</strong>stanze non abbiano più senso,<br />

si annulla tutto … tranne l’acido lattico<br />

sulle gambe!<br />

Sopra le nostre teste, a sinistra sfilano in<br />

sequenza le varie Cime <strong>di</strong> Ceremana! Mai<br />

e poi mai avrei pensato che con guida e<br />

cartina in mano fosse quasi impossibile<br />

riconoscere le varie vette, ma il Lagorai è<br />

pure questo! Ti <strong>di</strong>sorienta. Ma non c’è da<br />

lasciar spazio alle esitazioni, bisogna pro-


seguire spe<strong>di</strong>ti, anche se in certi momenti<br />

verrebbe da abbandonare il sentiero (o<br />

quella cosa informe che dovrebbe essere<br />

una traccia per i viandanti) e puntare dritti<br />

verso questa o quella sommità!<br />

Ad un certo punto mi blocco <strong>di</strong> colpo!!!!<br />

Mille metri sotto ai miei pie<strong>di</strong> comincia a<br />

far capolino il Lago <strong>di</strong> Paneveggio, tutto<br />

ammantato dal “verde assoluto” della<br />

leggendaria Foresta <strong>di</strong> Paneveggio, quella<br />

dei violini <strong>di</strong> Stra<strong>di</strong>vari. Quanti ricor<strong>di</strong><br />

affiorano in un istante, 2 anni <strong>di</strong> ricerche<br />

per la tesi <strong>di</strong> laurea non si <strong>di</strong>menticano<br />

facilmente! 2 anni <strong>di</strong> incontri, <strong>di</strong> alberi<br />

che toccano il cielo, <strong>di</strong> freddo pungente, <strong>di</strong><br />

simbiosi col bosco stesso, pure <strong>di</strong> dolorose<br />

punture <strong>di</strong> vespe.<br />

Intanto la <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> massi non ha intenzione<br />

<strong>di</strong> mostrare punti <strong>di</strong> debolezza<br />

mentre la nostra grande forza <strong>di</strong> volontà<br />

comincia ad evidenziare delle crepe. Torniamo<br />

in<strong>di</strong>etro? Sta cima sembra quasi<br />

non esistere! Ma all’improvviso ecco una<br />

“bella ciliegia colorata” davanti a noi, l’in-<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

Rocce scure del Lagorai e colorata dolomia delle Pale <strong>di</strong> San Martino<br />

40<br />

confon<strong>di</strong>bile lamiera rossa del Bivacco<br />

Aldo Moro. Quasi quasi ci stavamo convincendo<br />

non esistesse!<br />

Poche esitazioni e via, a risalire quell’ultimo<br />

faticosissimo centinaio <strong>di</strong> metri che<br />

mancano alla Cima <strong>di</strong> Bragarolo. Ultime<br />

roccette ed eccoci finalmente ai 2692 m<br />

della sommità decorata da una inconsueta<br />

croce <strong>di</strong> vetta allestita in modo ru<strong>di</strong>mentale<br />

con 2 pezzi <strong>di</strong> legno mezzi marci.<br />

Chissà, probabilmente non sono altro che<br />

2 “schegge” <strong>di</strong> qualche baraccamento <strong>di</strong><br />

guerra, se solo potessero parlare! Forse<br />

è meglio che stiano zitte.<br />

Credo che il panino sia schizzato fuori da<br />

solo dallo zaino vista la fame che girava in<br />

zona! Un morso <strong>di</strong>etro l’altro osservando<br />

a quanto oggi sembrano stranamente vicine<br />

le bianche vette dell’Ortles, del Gran<br />

Zebrù, del Cevedale e del Vioz. Sembra <strong>di</strong><br />

poterle toccare.<br />

Questo non è un panorama <strong>di</strong> vetta come<br />

gli altri, è un panorama che sa stranamente<br />

<strong>di</strong> lunghi silenzi, <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong><br />

luoghi remoti. È un panorama da Lagorai!!!<br />

Questo ho esclamato in quel momento.<br />

Bob che <strong>di</strong>ci, scen<strong>di</strong>amo? Alla fin dei conti<br />

siamo solo a metà percorso, non <strong>di</strong>mentichiamocelo.<br />

I nostri passi ci portano a scendere per<br />

un <strong>di</strong>vertente fuoripista e la mia testolina<br />

bacata inevitabilmente torna a pensare ai<br />

camosci. Possibile, non ne abbiamo incontrato<br />

manco uno, questo era il regno<br />

<strong>di</strong> tali ungulati. Evidentemente è proprio<br />

vero, la temuta rogna sarcotica ha provveduto<br />

a sterminare la cospicua popolazione<br />

<strong>di</strong> questi animali. Triste da ammettere,<br />

ma sono cicli naturali, non ci si può<br />

fare niente.<br />

Intanto, i pensieri non hanno rallentato<br />

la marcia e pian pianino le forcelle superate<br />

anche all’andata restano <strong>di</strong>etro i<br />

nostri passi svelti. Ringrazio gli scarponi<br />

per non avermi fatto le vesciche. Ora si va<br />

quasi col pilota automatico e l’unica sosta<br />

ristoratrice ce la conce<strong>di</strong>amo al simpatico<br />

Rifugio Colbricon a farci coccolare da<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

41<br />

una dose <strong>di</strong> zuccheri travestita da torta!<br />

Orizzonti, pensieri, considerazioni, ci vuol<br />

tutto, ma anche la gioia del palato va sod<strong>di</strong>sfatta!<br />

Ci fa strano entrare in rifugio,<br />

un’ora prima credevamo <strong>di</strong> essere a mille<br />

miglia da qualsiasi forma <strong>di</strong> vita umana.<br />

Ci rimettiamo nei nostri passi e in un battibaleno<br />

anche questa domenica luminosa<br />

<strong>di</strong> metà settembre giunge all’epilogo,<br />

dopo oltre 9 ore <strong>di</strong> fatiche.<br />

Questa non è una domenica come le altre.<br />

Le emozioni che posso estrarre dal mio<br />

zaino delle escursioni ormai non son<br />

più quantificabili, ma questa gita mi ha<br />

lasciato “un qualcosa dentro” che non<br />

riesco a descrivere! Non è la vetta più alta,<br />

non è l’itinerario più lungo, il compagno<br />

<strong>di</strong> avventura è sempre il fidatissimo e<br />

saggissimo Bob, cos’è successo oggi?<br />

Non lo so, non voglio neanche cercare<br />

spiegazioni, voglio solo portarmi a casa<br />

questo ennesimo regalo che ha voluto<br />

donarmi la montagna. Grazie!<br />

Denis Perilli<br />

Cime <strong>di</strong> Ceremana da Cima Bragarolo


Probabilmente più <strong>di</strong> qualcuno<br />

potrebbe chiedersi<br />

perché andare sino in Norvegia<br />

per praticare lo scialpinismo<br />

Per chi ama questo sport,<br />

abitare in una qualsiasi<br />

delle regioni del nord Italia,<br />

è certamente una fortuna.<br />

Le Alpi, sia nel versante<br />

meri<strong>di</strong>onale che in quello<br />

settentrionale, dell’Austria<br />

e della Svizzera, offrono<br />

una quantità tale <strong>di</strong> salite<br />

che non è <strong>di</strong>fficile ipotizzare<br />

<strong>di</strong> poter svolgere un’intera<br />

carriera alpinistica <strong>di</strong><br />

ascensioni senza mai ripetere<br />

una cima due volte.<br />

Naturalmente tutto ciò è<br />

vero solo in teoria poiché<br />

nella realtà della pratica<br />

sci alpinistica spesso ac-<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

SCIALPINISMO IN NORVEGIA <strong>di</strong> Flavia Fodde<br />

Tra mare e monti<br />

cade <strong>di</strong> dare delle belle ripassate<br />

a cime e montagne<br />

già esplorate, <strong>di</strong> ritrovarsi<br />

su percorsi già noti e questo<br />

per ragioni <strong>di</strong> como<strong>di</strong>tà,<br />

per mancanza <strong>di</strong> tempo o <strong>di</strong><br />

opportunità, per esigenze<br />

<strong>di</strong> sicurezza e perché effettivamente<br />

ci sono itinerari<br />

più belli <strong>di</strong> altri. Solo <strong>di</strong><br />

tanto in tanto ci si concede<br />

qualche incursione in territori<br />

sconosciuti, magari<br />

un po’ più lontani, che però<br />

oppongono al piacere della<br />

scoperta, lunghi spostamenti<br />

ed esiti incerti<br />

Ogni salita scialpinistica è<br />

una storia a sé: le <strong>di</strong>fficoltà<br />

del percorso, la qualità<br />

della neve, le con<strong>di</strong>zioni<br />

atletiche ed emotive <strong>di</strong> chi<br />

le realizza determinano<br />

42<br />

la sod<strong>di</strong>sfazione che se ne<br />

può ricavare. Se poi si ha la<br />

fortuna <strong>di</strong> arrivare in cima<br />

in una giornata soleggiata<br />

e tersa, il go<strong>di</strong>mento del<br />

panorama completerà la<br />

gioia della vetta raggiunta.<br />

Guglie, massici, plateau<br />

<strong>di</strong> ghiacciai, orri<strong>di</strong> canali,<br />

valli, qualche volta laghi, si<br />

offrono allo sguardo ma ciò<br />

che <strong>di</strong>fficilmente si vedrà<br />

da una qualsiasi delle cime<br />

delle Alpi, se non come una<br />

brillante striscia evanescente<br />

all’orizzonte, sarà il<br />

mare.<br />

È pur vero che la catena<br />

alpina ai suoi estremi<br />

sembra sorgere proprio<br />

dal mare e probabilmente<br />

qualche triestino appassionato<br />

sia <strong>di</strong> mare che <strong>di</strong><br />

montagna non sarà <strong>di</strong>fficile<br />

da trovare. Tra marinai e<br />

scialpinisti, può sembrare<br />

strano, la <strong>di</strong>fferenza sta<br />

solo nella <strong>di</strong>mensione orizzontale<br />

o verticale dentro<br />

cui inseguono le proprie<br />

avventure ma l’elemento<br />

che li accomuna, che li<br />

può amare o punire, e che<br />

domina i loro spazi è lo<br />

stesso: l’acqua. Acqua che<br />

<strong>di</strong>venta mare e che <strong>di</strong>venta<br />

neve. In entrambi i casi si<br />

tratta <strong>di</strong> passioni forti che<br />

<strong>di</strong>fficilmente si potranno<br />

ignorare e che, secondo le<br />

capacità e le abilità <strong>di</strong> ciascuno,<br />

bisognerà assecondare.<br />

Proprio uno scrittore<br />

triestino Paolo Rumiz,nel<br />

suo “La leggenda dei monti<br />

naviganti” dà inizio alla<br />

narrazione del suo viaggio<br />

attraverso le Alpi e gli Appennini<br />

partendo da una<br />

barca ancorata nel Mar<br />

Adriatico dalla quale si vedono<br />

i monti. Partire da<br />

una barca per un’avventura<br />

alpinistica non è certo<br />

consueto ma in certi luoghi<br />

della terra e quasi necessario<br />

e uno <strong>di</strong> questi luoghi<br />

è la Norvegia.<br />

Agli inizi <strong>di</strong> aprile io e la mia<br />

amica Elena siamo partite<br />

per un insolito viaggio in<br />

Norvegia: si trattava <strong>di</strong> una<br />

settimana <strong>di</strong> scialpinismo<br />

durate la quale gli spostamenti<br />

sarebbero avvenuti<br />

via mare, in sintesi una<br />

settimana <strong>di</strong> barca a vela e<br />

sci, un connubio inconsueto,<br />

affascinate e stridente a<br />

partire dal fatto che richia-<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

mava alla mente l’idea <strong>di</strong><br />

mare d’inverno che come<br />

cantava la Bertè “è un concetto<br />

che il pensiero non<br />

considera”, ma qui in Norvegia<br />

l’oceano assume un<br />

aspetto <strong>di</strong> scura pece molto<br />

lontano dal nostro caldo<br />

e azzurro me<strong>di</strong>terraneo<br />

per cui anche la presenza<br />

<strong>di</strong> montagne innevate non<br />

sembra così assurda.<br />

Ma partiamo dall’inizio. La<br />

partenza è fissata per i primi<br />

giorni <strong>di</strong> aprile, in Italia<br />

<strong>di</strong>vampa una primavera<br />

precoce e sembra strano<br />

dover ripiombare in pieno<br />

inverno. Le web cam e<br />

le previsioni consultate da<br />

casa quasi giornalmente<br />

non rassicurano: neve,<br />

freddo, pioggia. Scopriremo<br />

solo dopo che le previsioni<br />

del tempo in Norvegia<br />

sono un’inutile esercizio,<br />

poiché le giornate cambiano<br />

in continuazione e si potrebbe<br />

<strong>di</strong>re, parafrasando<br />

ciò che la Mannoia <strong>di</strong>ce per<br />

l’Irlanda “il cielo <strong>di</strong> Norvegia<br />

è come Dio che suona la<br />

fisarmonica”, unica costante<br />

è il vento ora teso, ora <strong>di</strong><br />

brezza che accumula o <strong>di</strong>sperde<br />

nuvole come fa un<br />

cane con le greggi.<br />

Un po’ preoccupate partiamo.<br />

Del gruppo <strong>di</strong> sei<br />

partecipanti conosciamo<br />

solo Paola che con noi raggiunge<br />

l’aeroporto <strong>di</strong> Milano<br />

dove troviamo la guida<br />

Martino Moretti con la sua<br />

compagna Bianca e Chiara,<br />

una milanese trapiantata<br />

sulle Alpi, scesa da Ortisei<br />

43<br />

per l’occasione. Cominciamo<br />

a capire che il gruppo<br />

avrà una forte connotazione<br />

femminile. Allo scalo <strong>di</strong><br />

Oslo troviamo Paola una<br />

specie rara <strong>di</strong> romana sci<br />

alpinista che sarà poi l’unica<br />

velista con cognizione <strong>di</strong><br />

causa e, a <strong>di</strong>fendere i colori<br />

del genere maschile,<br />

a Tromsø, nostro punto <strong>di</strong><br />

arrivo, si aggrega Andrea,<br />

ossolano che vive e lavora<br />

in Germania, un autentico<br />

cervello in fuga. Al porto <strong>di</strong><br />

Tromsø ci aspetta lo skipper<br />

Torbjörn uno Svedese<br />

ruvido e misogino come<br />

tutti i marinai: d’altra parte<br />

la donna in barca porta<br />

sciagura e lì ne aveva ben<br />

sei!<br />

Una volta formato il gruppo<br />

non restava altro che dare<br />

il via all’avventura e senza<br />

nemmeno aspettare <strong>di</strong><br />

aver riempito la cambusa,<br />

che nella prima serata in<br />

barca aveva potuto offrire<br />

solo gamberetti cru<strong>di</strong> e salame,<br />

il giorno dopo siamo<br />

subito partiti per la prima<br />

uscita. L’area nella quale si<br />

sono concentrate le cinque<br />

sci alpinistiche è quella<br />

che chiamano Lyngsalpene,<br />

una penisola montuosa<br />

all’estremo Nord della<br />

Norvegia. Quest’area, molto<br />

battuta d’estate sia perché<br />

<strong>di</strong> qui passano le rotte<br />

che portano al Polo Nord<br />

sia perché meta del turismo<br />

legato all’esplorazione<br />

dei fior<strong>di</strong>, solo da qualche<br />

anno è interessata dalla<br />

pratica dello scialpinismo


che i Norvegesi stanno cominciando<br />

ad apprezzare<br />

a scapito del più popolare<br />

sci nor<strong>di</strong>co. Gli appro<strong>di</strong> ai<br />

fior<strong>di</strong> sono spesso facilitati<br />

dalla presenza <strong>di</strong> un pontile<br />

intorno al quale si forma<br />

un piccolo aggregato <strong>di</strong><br />

case colorate e tra queste<br />

trovano spazio qualche volta<br />

un piccolo emporio e un<br />

magazzino <strong>di</strong> lavorazione<br />

del pesce, che forse rappresenta<br />

la giustificazione<br />

alla presenza del pontile.<br />

Infatti, le case, a <strong>di</strong>spetto<br />

della vivacità dei colori,<br />

rimandavano un aspetto<br />

inquietante <strong>di</strong> abbandono,<br />

rarissimamente abbiamo<br />

incrociato lo sguardo <strong>di</strong> un<br />

autoctono. In una sola occasione<br />

l’approdo alla costa<br />

è avvenuto con il tender<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

il quale, a remi e <strong>di</strong> ridotte<br />

proporzioni ha costretto ad<br />

un an<strong>di</strong>rivieni costa-barca,<br />

prima sci poi sciatori, faticoso<br />

quanto <strong>di</strong>vertente.<br />

L’imprudenza <strong>di</strong> calzare<br />

scarponi e zaino in un mezzo<br />

traballante e facilmente<br />

capovolgibile come quello<br />

è apparsa evidente dopo<br />

lo sbarco: una caduta in<br />

acqua, così agghindati non<br />

avrebbe lasciato scampo a<br />

nessuno. Insolito poi aver<br />

legato il gommoncino a<br />

venti metri dalla riva in un<br />

bosco <strong>di</strong> betulle e ritrovarlo<br />

praticamente in acqua al<br />

nostro ritorno: lì la marea<br />

non scherza.<br />

Descrivere nel dettaglio<br />

le singole uscite sarebbe<br />

solo un esercizio <strong>di</strong> stile<br />

sia perché presumo che<br />

44<br />

nessun dei lettori possa<br />

conoscere la zona, sia perché<br />

non è poi l’obiettivo <strong>di</strong><br />

questa racconto <strong>di</strong> viaggio.<br />

Quel che vorrei far percepire<br />

a chi legge è solo la<br />

bellezza del paesaggio così<br />

inconsueto. Le montagne<br />

galleggiano letteralmente<br />

e se ti giri mentre stai salendo<br />

sul pen<strong>di</strong>o puoi veder<br />

passare una nave da pesca<br />

solo qualche centinaio <strong>di</strong><br />

metri più in basso. Il mare<br />

circonda le montagne, ma<br />

non se ne sente l’odore.<br />

Ricordo che al terzo giorno<br />

<strong>di</strong> navigazione ho voluto<br />

assaggiare l’acqua perché<br />

non percependo il salso,<br />

sembrava quasi <strong>di</strong> navigare<br />

su acqua dolce. Di vette ce<br />

n’è per tutti i gusti: da cime<br />

severe a rassicuranti “pa-<br />

nettoni” passando per tutte<br />

le gradazioni delle <strong>di</strong>fficoltà<br />

alpinistiche. Unico scotto<br />

da pagare è forse lo sviluppo<br />

dei percorsi che spesso<br />

prevede l’attraversamento<br />

<strong>di</strong> plateau più o meno<br />

estesi. D’altra parte non ci<br />

sono strade che si inoltrino<br />

nelle valli e quin<strong>di</strong> per<br />

raggiungere le montagne<br />

all’interno bisogna scavalcare<br />

forcelle e anticime.<br />

Per questo lo snowboard<br />

non sembra l’attrezzo più<br />

adatto, ne sa qualcosa la<br />

povera Chiara venuta in<br />

Norvegia con la tavola, o<br />

quanto meno è necessario<br />

stu<strong>di</strong>are i percorsi in modo<br />

che siano più <strong>di</strong>retti possibili.<br />

Un aspetto positivo<br />

è viceversa rappresentato<br />

dalla quota <strong>di</strong> partenza:<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

poiché si parte dal mare<br />

e chi come me patisce gli<br />

effetti dell’altitu<strong>di</strong>ne trova<br />

qui un vero para<strong>di</strong>so poiché<br />

i <strong>di</strong>slivelli si coprono partendo<br />

da quota zero. Altri<br />

aspetti positivi sono sia la<br />

temperatura che le ore <strong>di</strong><br />

luce. A causa della navigazione<br />

ci è spesso capitato<br />

<strong>di</strong> iniziare le salite ad ore<br />

impensabili per le nostre<br />

latitu<strong>di</strong>ni cioè verso le <strong>di</strong>eci<br />

o le un<strong>di</strong>ci, ma le tempera-<br />

Visione sul Ullsfjorden L'autrice verso lo Stortuva<br />

ture sufficientemente fredde<br />

e le lunghe ore <strong>di</strong> luce<br />

rendevano fattibile tutto ciò<br />

anche se sembrava strano<br />

iniziare a camminare<br />

a quell’ora e rientrare in<br />

barca verso il pomeriggio.<br />

Fin qui i dati tecnici che<br />

chiunque può sperimentare<br />

andando in Norvegia,<br />

45<br />

da qui in poi vi dovrei raccontare<br />

<strong>di</strong> nove persone, la<br />

maggior parte delle quali<br />

tra <strong>di</strong> loro sconosciute che<br />

hanno con<strong>di</strong>viso con civiltà<br />

ed allegria gli angusti spazi<br />

<strong>di</strong> una barca a vela e si sono<br />

miscelate dando il meglio<br />

<strong>di</strong> sé. Ognuno <strong>di</strong> noi, sono<br />

convinta, ricorderà sempre<br />

con intensità ed emozione<br />

questa che ho qualche <strong>di</strong>fficoltà<br />

a definire vacanza<br />

e che con più convinzione<br />

chiamerei esperienza <strong>di</strong><br />

vita. Ma questa è solo irripetibile<br />

magia, come l’inquietante<br />

aurora boreale<br />

che ha danzato per noi ben<br />

due notti, e la magia non è<br />

compresa nel biglietto.<br />

Flavia Fodde


FRANCESCO…<br />

Non voglio parlarvi della famosa rassegna,<br />

nemmeno del premio prestigioso che viene<br />

consegnato durante la kermesse bellunese.<br />

Voglio parlare <strong>di</strong> un'idea, un'idea nata<br />

quattro anni fa.<br />

Scendevamo dal rifugio Galassi, avevamo<br />

appena salito e sceso l'Antelao, con gli sci<br />

ai pie<strong>di</strong>.<br />

Alfredo, perentorio, mi <strong>di</strong>sse: "E adesso<br />

dobbiamo puntare al Pelmo!"<br />

Trangugiai un po' <strong>di</strong> saliva, sapevo dell'im-<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

PELMO D'ORO<br />

46<br />

pegno, ma era bello quell'invito. Di solito,<br />

prima <strong>di</strong> programmare un'altra salita, devo<br />

andare a casa, godermi quella appena fatta,<br />

riposarmi, e poi, <strong>di</strong> sottecchi, subdolamente,<br />

inizia ad inserirsi nella mente la<br />

voglia <strong>di</strong> qualcos'altro, quel certo non so<br />

che…<br />

Il Pelmo è alto 3168 m e, pur non avendo<br />

una via normale particolarmente impegnativa,<br />

è alquanto temuto nei mesi invernali e<br />

primaverili in quanto la porta per accedervi<br />

è costituita da una lunga ed esile cengia, la<br />

Cengia <strong>di</strong> Ball, che permette <strong>di</strong> raggiungere<br />

il grande catino dal quale il Pelmo ha<br />

preso anche l'appellativo <strong>di</strong> "Caregon del<br />

Padreterno".<br />

Fu proprio l'inglese John Ball, che nel 1857,<br />

accompagnato da una guida locale, intuì il<br />

misterioso passaggio e compì la salita alla<br />

prima vetta dolomitica. Egli scelse questa<br />

montagna non per il fatto che sembrasse<br />

più facile delle altre ma perché gli pareva<br />

la più bella ed estetica. Fu indubbiamente<br />

una salita che cambiò le sorti delle intere<br />

Dolomiti.<br />

Ma torniamo al tarlo che rode in testa. Diciamo<br />

che Alfredo non è più giovanissimo,<br />

quattro anni fa, al tempo dell'Antelao, aveva<br />

solamente 75 anni! E oggi solo quattro<br />

<strong>di</strong> più. Se siamo riusciti in un'impresa simile<br />

perché non si può riuscire a salire il<br />

Pelmo?<br />

Perché l'Antelao non ha la Cengia <strong>di</strong> Ball,<br />

non ha il salto del Pordon, non è esposto a<br />

sud, con possibili scariche <strong>di</strong> neve. Insomma<br />

l'Antelao, per quanto ripido, non possiede<br />

i problemi tecnici ed ambientali del<br />

Pelmo.<br />

Per quattro anni le stagioni passavano<br />

senza trovare mai il momento giusto, soprattutto<br />

quello legato alle con<strong>di</strong>zioni della<br />

montagna: la cengia dev'essere abbastanza<br />

scarica <strong>di</strong> neve e i pen<strong>di</strong>i superiori stabili,<br />

non deve far troppo caldo, dev'essere<br />

un bel pezzo che non nevica e, non ultimo,<br />

dobbiamo essere in forma. Per questo, con<br />

Alfredo, non è mai un gran problema.<br />

Ai primi <strong>di</strong> aprile mi chiama e mi mette in<br />

guar<strong>di</strong>a. Francesco, appena ci sono le giuste<br />

con<strong>di</strong>zioni an<strong>di</strong>amo.<br />

È il 16 aprile, è un bel pezzo che non nevica.<br />

La neve sul Pelmo è stabile, la temperatura<br />

è abbastanza bassa. È previsto un rialzo<br />

nei prossimi giorni. Non c'è da aspettare.<br />

Riman<strong>di</strong>amo ognuno i propri progetti ed<br />

impegni, complici le mogli, e la decisione è<br />

presa. Si deve andare.<br />

È il mezzogiorno del sabato. Con Nicola, il<br />

figlio <strong>di</strong> Alfredo, ci <strong>di</strong>amo un paio d'ore <strong>di</strong><br />

tempo per i preparativi. Alle due dobbiamo<br />

essere in viaggio. È necessario raggiungere<br />

il bivacco del rifugio Venezia prima del<br />

buio.<br />

Lo raggiungiamo dopo due ore <strong>di</strong> camminata,<br />

tra neve e terra. La cima è incombente<br />

e si fatica ad intuire la porta d'accesso.<br />

Facciamo festa, come quattro anni fa, in un<br />

bivacco. Cosa sarebbe la montagna senza<br />

questi momenti?<br />

È mattina, stentiamo un po' a partire, eppure<br />

sappiamo che oggi il sole scalderà<br />

non poco i pen<strong>di</strong>i superiori. Quando usciamo<br />

dalla tana è luce già da mezz'ora. Fatichiamo<br />

subito a raggiungere il ripido pen<strong>di</strong>o<br />

iniziale, quello che immette alla cengia.<br />

Questa si fa via via più stretta ed aerea. La<br />

neve è solida, ci sono buone tracce <strong>di</strong> passaggio,<br />

ma non si può e non si deve sbagliare.<br />

In un tratto particolarmente esposto<br />

ci leghiamo e raggiungiamo il salto del<br />

Pordon. La salita ci impegna non poco, soprattutto<br />

nel primo tiro <strong>di</strong> corda, con scarponi<br />

da sci, ramponi e sci in spalla. Alfredo<br />

tira fuori la sua proverbiale grinta e quando<br />

siamo al catino è visibilmente felice.<br />

Ma la salita, dopo i primi momenti, è penosa.<br />

In un tratto si fa particolarmente<br />

ripida e la neve è ormai abbastanza marcia.<br />

Ramponi ai pie<strong>di</strong> raggiungiamo il Vant<br />

Superiore, il catino sotto la vetta. Il sole è<br />

cocente, sono ormai le 13. Non manca più<br />

tanto ma quanto basta per fiaccare anche<br />

la più fervida volontà. Saliamo ancora. Un<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

47<br />

po' egoisticamente mi stacco da padre e<br />

figlio, vedo la vetta a portata <strong>di</strong> mano ed inseguendo<br />

un paio <strong>di</strong> sciatori la raggiungo,<br />

senza Alfredo, senza Nicola.<br />

Mi sporgo verso nord, verso il baratro dal<br />

quale vent'anni fa salii con Gianrino Gottardo,<br />

dopo un bivacco in piena parete nord.<br />

Da qui l'impressione è notevole da far rabbrivi<strong>di</strong>re.<br />

I miei due amici hanno raggiunto una roccia<br />

sotto la cresta finale e Alfredo, ormai esausto,<br />

decide <strong>di</strong> fermarsi. Una punta <strong>di</strong> rammarico<br />

mi assale. Forse se fossi rimasto


assieme a loro ce l'avremmo fatta, saremmo<br />

arrivati in vetta tutti e tre. A Nicola non<br />

resta che abbandonare il padre e fuggire in<br />

cima per scendere velocissimo ed iniziare<br />

insieme la <strong>di</strong>scesa. La sciata è favolosa, i<br />

pen<strong>di</strong>i del "Caregon" hanno la pendenza<br />

ideale e la neve, anche se ormai cotta, tiene<br />

ancora benissimo. Un canale poi le corde<br />

doppie e <strong>di</strong> nuovo la cengia, quell'esile<br />

cengia, filo d'Arianna per la strada <strong>di</strong> casa.<br />

Mentre il Pelmo si colora <strong>di</strong> oro.<br />

Francesco Cappellari<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

48<br />

NICOLA…<br />

17 aprile, 3.050 m ore 13.20 - Alfredo è<br />

“scoppiato”.<br />

Non mi è mai successo <strong>di</strong> dover aiutare<br />

mio papà in montagna.<br />

Forse l’orgoglio, l’esperienza, l’autorevolezza<br />

lo rendono “inaiutabile” e la sua<br />

decisione non è <strong>di</strong>scutibile, forse anche<br />

perché giusta.<br />

E così lui ritorna in<strong>di</strong>etro e io proseguo da<br />

solo con un po’ <strong>di</strong> malinconia; mio papà<br />

che non riesce ad arrivare in cima… possibile?<br />

Durante la <strong>di</strong>scesa, e i giorni successivi,<br />

cerco <strong>di</strong> mettermi nei suoi pensieri e cerco<br />

<strong>di</strong> convincermi che per lui la resa non<br />

è stata così dolorosa, che in fondo la forcella<br />

è quasi cima e che il saggio alpinista<br />

deve anche saper rinunciare.<br />

Ma qui il problema non è cima o no, il problema<br />

è il limite fisico, possibile sia stato<br />

raggiunto?<br />

Possibile che l’inevitabile parabola <strong>di</strong>scendente<br />

sia arrivata così in basso?<br />

Basta gite? È ora <strong>di</strong> immaginare il ritiro?<br />

Qualcosa dentro <strong>di</strong> me si ribella, forse<br />

il figlio che si rifiuta <strong>di</strong> crescere o forse<br />

semplicemente la convinzione che un altro<br />

finale era possibile.<br />

E allora mi <strong>di</strong>co che se sì, è importante<br />

saper rinunciare, forse bisogna anche saper<br />

riprovare.<br />

Bastano poche righe scritte un pomeriggio<br />

e vedo negli occhi dell’inossidabile<br />

Alfredo accendersi lo stesso pensiero:<br />

“perché no?”.<br />

La strategia viene rivista: orario <strong>di</strong> partenza<br />

anticipato, zaino più leggero, arrampicata<br />

senza sci (poi recuperati con<br />

una corda) e qualche liquido in più; le mogli<br />

non si oppongono, rassegnata mamma<br />

Vittoria, coinvolta e partecipe Michela.<br />

E così, 18 giorni dopo, ci ritroviamo soli in<br />

una giornata perfetta.<br />

Fa più caldo ma la leggera nevicata dei giorni<br />

scorsi preserva il fondo che resta duro.<br />

Cengia, rocce, neve, sci e ramponi; il Vant<br />

superiore faticando il giusto; la stessa<br />

forcella che ci accoglie sorridendo e poi<br />

su tra roccette e neve fresca a completare<br />

il capitolo mancante della nostra storia.<br />

La <strong>di</strong>scesa è leggera, la corda doppia bagnata,<br />

la cengia sempre esposta e severa<br />

ad esigere attenzione, poi ancora neve e i<br />

mughi finali come ogni gita che si rispetti.<br />

Al rifugio sono le 17, siamo stati lenti<br />

come è giusto che sia ma le 12 ore <strong>di</strong> fatica<br />

non hanno lasciato segni sulle gambe.<br />

Il rientro nel bosco è sereno: la parabola<br />

può attendere, non era l’ultima, non sarà<br />

l’ultima.<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

49<br />

Infine una denuncia:<br />

La riuscita <strong>di</strong> una gita è data da <strong>di</strong>versi<br />

fattori: la forma fisica, le con<strong>di</strong>zioni della<br />

neve, il meteo, la fortuna, il silenzio.<br />

La nostra gita è stata perfetta.<br />

Non sono stati altrettanto fortunati i nostri<br />

amici; pochi giorni dopo <strong>di</strong> noi la loro salita<br />

è stata violata dai voli degli elicotteri<br />

(il profitto!) che ripetutamente hanno scaricato<br />

e poi recuperato sciatori ignoranti in<br />

cerca <strong>di</strong> emozioni facili. Siamo certi che la<br />

loro sciata non lascerà alcuna traccia nei<br />

loro cuori, ma questo non ci deve bastare.<br />

Cerchiamo <strong>di</strong> lasciare noi una traccia indelebile<br />

con una voce coor<strong>di</strong>nata e ferma<br />

per evitare che questo si ripeta? Franco a<br />

te la parola.<br />

Nicola Bonaiti


ALFREDO…<br />

Non c’è uno… senza due.<br />

Cioè: non c’è Antelao… senza Pelmo.<br />

Quattro anni fa con Francesco e Nicola ero<br />

salito con gli sci sull’Antelao.<br />

Fui colpito dalla visione del Pelmo innevato<br />

davanti a noi e ci feci un pensierino; che<br />

poi <strong>di</strong>ventò una promessa con i due compagni<br />

<strong>di</strong> salita.<br />

Ma per due anni fui bloccato da un doppio<br />

intervento ad una spalla; un altro anno<br />

passò senza riuscire a trovare il giorno favorevole.<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

50<br />

Quest’anno il progetto era ancora lì ad<br />

aspettare.<br />

Un giorno <strong>di</strong> aprile salii solo soletto al rifugio<br />

Venezia a guardarmi la montagna: fantastica<br />

<strong>di</strong> neve, imponente vista da vicino.<br />

Ma “troppa” neve ancora.<br />

Il Pelmo è una montagna particolare: bisogna<br />

affrontarla al momento giusto: non<br />

con troppa neve per avere la famosa cengia<br />

percorribile; non con troppa poca neve<br />

per avere i pen<strong>di</strong>i superiori ben sciabili.<br />

Ma l’occasione si avvicinava.<br />

Un sabato alle 12,20 Nicola mi telefona:<br />

“se si vuole, bisogna andare; domani è il<br />

giorno buono. Francesco è a fare la spesa,<br />

ma quando torna a casa… Rossella è rassegnata:<br />

rinuncia al loro programma…”.<br />

Per farla breve alle sette <strong>di</strong> sera siamo<br />

al bivacco del rifugio Venezia e alle 6 e 20<br />

della domenica partiamo per la cima.<br />

Francesco una forza della natura, supportata<br />

da una perfetta tecnica affinata in mille<br />

imprese.<br />

Nicola, già con un rispettabile curriculum,<br />

sempre sicuro, positivo, con impensabili<br />

riserve <strong>di</strong> energia.<br />

Che coppia <strong>di</strong> amici! Successo assicurato!?<br />

Ma a 120 metri dalla vetta, sulla cresta finale,<br />

mi blocco. Niente da fare.<br />

Inutili gli incoraggiamenti <strong>di</strong> Nicola; inutili<br />

le ultime gocce <strong>di</strong> the.<br />

Saggiamente mi tengo le ultime forze per<br />

poter controllare la <strong>di</strong>scesa.<br />

Ma. Non c’è uno senza… due.<br />

Cioè: non c’è Pelmo uno… senza Pelmo<br />

due.<br />

Pochi giorni dopo il primo tentativo, in ufficio,<br />

Nicola mi passa senza una parola un<br />

foglio <strong>di</strong> carta. Penso sia uno dei tanti fogli<br />

<strong>di</strong> lavoro che ci incrociamo ogni giorno. Al<br />

momento, quasi non lo guardo, preso da<br />

altri pensieri. Ma vedo che non è come al<br />

solito: in sei righe scritte a matita ci sono<br />

elencati sei particolari che si possono migliorare:<br />

“ 1) partenza 6.20 - partenza 5<br />

2) arrampicata con sci in zaino - arrampi-<br />

cata scarichi (sci da recuperare con corda)<br />

3) …<br />

4) …<br />

5) …<br />

6) …<br />

riproviamo? rifletti…”<br />

Caro, splen<strong>di</strong>do Nicola; evidentemente<br />

era stato più male lui per la mia rinuncia,<br />

che non il suo papà che ormai con i capelli<br />

bianchi altre rinunce aveva sopportato.<br />

Rifletto e concordo: si può riprovare.<br />

Vittoria con la consueta razionalità scrive<br />

a Gabriele: “Il papà e Nicola tornano sul<br />

Pelmo. Sono pazzi”.<br />

Diciotto giorni dopo la prima salita siamo<br />

nuovamente al bivacco, questa volta solo<br />

noi due.<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

51<br />

È ancora buio quando mi preparo alla partenza.<br />

“Che tempo fa?”<br />

“Abbiamo il Gran Carro sopra la testa!”<br />

Tutto andrà perfettamente bene: senza<br />

troppa fatica, in completa sintonia con la<br />

montagna e fra <strong>di</strong> noi.<br />

… Partenza alle 5; recupero degli sci con<br />

corda sul famoso “salto del Pordon” …<br />

Non vi annoio con le sensazioni provate;<br />

ma dalla cima mi sono guardato attorno<br />

una, due, <strong>di</strong>eci volte; ho riflettuto sui miei<br />

79 anni compiuti; ho guardato Nicola che<br />

tranquillamente filmava… ed ho ringraziato<br />

il Signore per tutto ciò che in quel momento<br />

mi donava.<br />

Alfredo Bonaiti


Prima <strong>di</strong> recarci a Tenerife, la cartolina<br />

mentale che ci eravamo fatti era quella <strong>di</strong><br />

un’isola infestata da rumorosi bagnanti ed<br />

ecomostri e<strong>di</strong>lizi nati nel boom degli anni<br />

cinquanta-sessanta sotto il franchismo per<br />

dare agli spagnoli un’alternativa alle spiagge<br />

della Penisola Iberica e richiamare se<br />

possibile ulteriori visitatori dai fred<strong>di</strong> paesi<br />

nordeuropei.<br />

Situata all’altezza del Marocco, in pieno<br />

Oceano Atlantico, l’isola fa parte dell’Arcipelago<br />

delle Canarie, un insieme <strong>di</strong> 7 isole<br />

<strong>di</strong> cui Tenerife è la più estesa.<br />

Visto che ci era saltato un altro viaggio, la<br />

nostra idea era quella <strong>di</strong> fare una vacan-<br />

za – relax – attiva; qualche giro in bici ed<br />

escursioni nella zona del Teide, il vulcano<br />

che con i suoi 3718 m costituisce la vetta<br />

più alta della Spagna.<br />

Grande fu la nostra sorpresa quando arrivando<br />

in aereo l’isola ci si presentò davanti<br />

(e sotto) tutta corrugata e solcata da<br />

profonde incisioni (i famosi “barranchi”)<br />

che <strong>di</strong>videvano verdeggianti elevazioni<br />

dalle singolari e caratteristiche forme vulcaniche.<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

Tenerife: montagne in mezzo all’oceano<br />

Una piacevole sorpresa <strong>di</strong> una vacanza natalizia<br />

52<br />

In effetti Tenerife si rivelò come un<br />

suggestivo terreno sul quale svolgere<br />

un’attività escursionistica invernale<br />

riuscendo anche a schivare i rumorosi<br />

bagnanti e gli ecomostri senza<br />

comunque rinunciare a qualche bagno<br />

fuori stagione.<br />

Le Canarie giustamente vengono definite<br />

come le isole dall’eterna primavera; a<br />

<strong>di</strong>cembre e a gennaio che sono i mesi più<br />

fred<strong>di</strong> le temperature oscillano tra i 15 e<br />

i 20 gra<strong>di</strong>, rendendo così piacevole sia le<br />

camminate che le escursioni in bici lungo<br />

le numerose strade sterrate che caratterizzano<br />

l’isola.<br />

I Monti Anaga<br />

Questa catena <strong>di</strong> monti, situati all’estremità<br />

NE rappresentano dal punto <strong>di</strong> vista geologico<br />

la parte più antica dell’isola. Si tratta<br />

<strong>di</strong> montagne ricoperte da una fitta vegetazione<br />

tropicale che scoscendono a tratti<br />

verticalmente verso l’oceano. Sono <strong>di</strong>sseminate<br />

<strong>di</strong> borghi e piccoli paesi dove regna<br />

un’atmosfera ben lontana dalle chiassose<br />

località alla moda <strong>di</strong>slocate lungo la costa<br />

sud occidentale. Tutta la zona è percorsa<br />

da una rete <strong>di</strong> sentieri ben segnalati che<br />

consentono <strong>di</strong> effettuare sia dei percorsi<br />

circolari, sia delle puntate con partenze<br />

dai vari paesi verso <strong>di</strong>verse località ognuna<br />

con le proprie caratteristiche.<br />

In questa zona abbiamo effettuato 2 percorsi:<br />

il primo un bell’itinerario circolare<br />

che partendo dal paesino <strong>di</strong> Benijo proprio<br />

in riva al mare ci ha portato fino al paese<br />

<strong>di</strong> Chamorga e ritorno lungo un sentiero<br />

dapprima lungo delle terrazze in parte<br />

coltivate poste sopra l’oceano e quin<strong>di</strong> per<br />

un costone vulcanico ricco <strong>di</strong> cactus (<strong>di</strong>sl.<br />

1030 m; ore 4.45). Il secondo itinerario invece<br />

con partenza da Punta del Hidalgo ci<br />

ha offerto un’escursione molto contrastata<br />

che ha contrapposto una prima parte <strong>di</strong> salita<br />

in mezzo a un fitto bosco a una <strong>di</strong>scesa<br />

lungo un “barranco” sassoso incastrato<br />

tra pareti traboccanti <strong>di</strong> piante grasse ed<br />

arbusti spinosi fino a condurci in spiaggia<br />

sull’oceano (<strong>di</strong>sl. 810 m; ore 4).<br />

Teno<br />

Questa ventosa e remota località dal fascino<br />

selvaggio è il punto più a NW dell’isola<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

Il Teide Vegetazione dei Monti Anaga<br />

53<br />

ed è caratterizzata da nere spiagge vulcaniche<br />

e verticali scogliere sulle quali<br />

si infrangono incessanti onde oceaniche<br />

evidente risultato dei profon<strong>di</strong> respiri<br />

dell’oceano.<br />

Molti sono i percorsi escursionistici che<br />

si sviluppano in questo angolo <strong>di</strong> Tenerife,<br />

ma data la conformazione dei monti particolarmente<br />

impervia, ben pochi sentieri<br />

partono dal mare per arrivare verso i paesi<br />

posti sulle loro sommità; la maggior parte<br />

dei tracciati girovaga nelle parti più alte del<br />

piccolo altopiano collegando tra loro <strong>di</strong>versi<br />

borghi o località pastorizie. Tutta la zona<br />

<strong>di</strong> Teno che viene raggiunta da una spetta-<br />

colare strada tagliata nella roccia e a picco<br />

sul mare (attenzione in caso <strong>di</strong> piogge forti<br />

perché la strada viene chiusa per caduta<br />

<strong>di</strong> pietre !!!) è caratterizzata da coltivazioni<br />

agricole ricche <strong>di</strong> serre che sfruttano uno<br />

dei pochi siti pianeggianti dell’isola.<br />

Noi abbiamo effettuato un'andata e ritorno<br />

lungo un bellissimo sentiero che ha inizio<br />

da un’azienda agricola vicino all’oceano<br />

raggiungendo sulle orme <strong>di</strong> una vecchia<br />

mulattiera lastricata, la località <strong>di</strong> Teno


Alto tra cactus e gerani che nascono ai bor<strong>di</strong><br />

del tracciato (<strong>di</strong>sl. 730 m; ore 3.30).<br />

Alla fine dell’escursione vale senz’altro la<br />

pena <strong>di</strong> allungare brevemente il percorso<br />

automobilistico per raggiungere il Faro de<br />

Teno, girovagare tra curiose formazioni<br />

vulcaniche e vedere l’oceano eternamente<br />

arrabbiato che sputa le onde contro i neri<br />

scogli.<br />

Parlando con dei locali siamo venuti a conoscenza<br />

<strong>di</strong> un altro percorso meritevole <strong>di</strong><br />

essere percorso che partendo dal paese <strong>di</strong><br />

Masca (più o meno dalle parti <strong>di</strong> Teno Alto)<br />

tutto in <strong>di</strong>scesa percorre la Masca Valley<br />

che conduce <strong>di</strong>rettamente al mare dove<br />

utilizzando per un tratto un battello si può<br />

successivamente ritornare al punto <strong>di</strong> partenza.<br />

Parco del Teide<br />

Dal 1954 questo è il Parco nazionale più<br />

grande della Spagna dominato dalla mole<br />

conica del vulcano del Teide che con i suoi<br />

3718 m è la montagna più alta <strong>di</strong> tutto il<br />

paese iberico. Per i geologi-vulcanologi<br />

rappresenta una eccezionale scuola a cielo<br />

aperto e le sue aspre <strong>di</strong>stese laviche<br />

costellate <strong>di</strong> calanchi, profonde erosioni,<br />

ciottoli <strong>di</strong> lava, rocce attorcigliate dalle forme<br />

sofferte e contorte costituiscono anche<br />

per i non addetti ai lavori uno spettacolo<br />

naturale veramente unico.<br />

Purtroppo una funivia per attirare fin qui<br />

i rumorosi bagnanti costieri giunge fino a<br />

c. 150 m dalla cima, cosa questa che ci ha<br />

fatto desistere <strong>di</strong> calcare la vetta, anche<br />

perché vista l’enorme frequentazione, l’accesso<br />

è a numero chiuso e quin<strong>di</strong> bisogna<br />

con un certo anticipo, svolgere un iter burocratico<br />

attraverso l’Ufficio del Turismo<br />

per ottenere il permesso <strong>di</strong> salita.<br />

Ma basta allontanarsi solo <strong>di</strong> poco dalla<br />

strada e girovagare lungo le Canadas del<br />

Teide poste alla base del vulcano per scoprire<br />

una rete <strong>di</strong> sentieri ben segnalati in<br />

cui non si incontra anima viva; inoltre presso<br />

il punto più alto toccato dalla strada, si<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

54<br />

Salendo da Punta Teno<br />

trovano delle formazioni rocciose che sono<br />

state attrezzate per l’arrampicata.<br />

Anche qui abbiamo percorso due itinerari<br />

dalle caratteristiche <strong>di</strong>verse; il primo posto<br />

a SE del Teide percorre la lunghissima,<br />

solitaria e semidesertica Valle de Ucanca<br />

per tornare poi in<strong>di</strong>etro percorrendo un<br />

suggestivo costone formato da lapilli e cenere<br />

vulcanici. Prima <strong>di</strong> tornare al punto<br />

<strong>di</strong> partenza, molto bella è la facile salita al<br />

Monte Guajara <strong>di</strong> 2715 m da cui si gode l’intera<br />

visione del massiccio del Vulcano (<strong>di</strong>sl.<br />

1130 m; ore 6).<br />

Con il secondo itinerario invece siamo saliti<br />

in vetta al Pico Viejo del Teide <strong>di</strong> 3134 m, il<br />

cratere più vecchio posto a SW della vetta<br />

principale. La salita risulta abbastanza<br />

faticosa soprattutto nell’ultima parte dove<br />

si inerpica su un terreno “lapilloso” e quin<strong>di</strong><br />

a volte cedevole. Lungo il tracciato si<br />

passa anche nei pressi <strong>di</strong> quelle che sono<br />

chiamate “le narici del Teide” due caratteristiche<br />

doline circolari che ben ricordano<br />

le narici <strong>di</strong> un naso. Una volta giunti sulla<br />

prima cima il Pico Sur, molto suggestivo<br />

si rivela il percorso che sul filo del vecchio<br />

ed enorme cratere dal <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 900 m<br />

conduce alla vetta più alta contrad<strong>di</strong>stinta<br />

da un enorme ometto (<strong>di</strong>sl. 1200 m; ore 6<br />

andata e ritorno).<br />

Tutti questi, sono itinerari che noi abbiamo<br />

percorso seguendo delle cartine e un<br />

minimo <strong>di</strong> spiegazioni fornite da pubblicazioni<br />

locali; naturalmente vi sono numerose<br />

altre possibilità (per ciò che riguarda<br />

lunghezza, <strong>di</strong>slivello, zona prescelta) e<br />

quin<strong>di</strong> esiste un’ampia possibilità <strong>di</strong> scelta<br />

a seconda dei propri gusti e della propria<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

In salita verso il Pico Viejo<br />

55<br />

voglia <strong>di</strong> farsi coinvolgere in itinerari più<br />

o meno faticosi e impegnativi. Molto altro<br />

si potrebbe <strong>di</strong>re <strong>di</strong> quest’isola, per esempio<br />

l’eccellente scelta e qualità <strong>di</strong> vini, le<br />

piantagioni <strong>di</strong> banane, l’importantissimo<br />

osservatorio astronomico ecc. ma è bello<br />

che ognuno veda magari girovagando con<br />

una cartina in mano amene località, vecchi<br />

paesi, coltivazioni particolari illudendosi<br />

magari <strong>di</strong> essere il primo a scoprire qualcosa<br />

<strong>di</strong> nuovo e <strong>di</strong>verso.<br />

Nei maggiori centri turistici <strong>di</strong> massa sono<br />

reperibili numerose cartine alcune delle<br />

quali anche con tracciati <strong>di</strong> sentieri come<br />

per es. abbastanza buona quella del Dr.<br />

Molls “Walking map Tenerife” come peraltro<br />

è rintracciabile e anche abbastanza<br />

affidabile la cartina della Kompass in scala<br />

1:50.000 “Teneriffa” n° 233.<br />

Elena e Lucio De Franceschi


Su invito <strong>di</strong> alcune associazioni<br />

escursionistiche<br />

israeliane, in febbraio siamo<br />

partiti dall’Italia in 16<br />

soci del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> Pisa, Milano,<br />

Seattle e <strong>Padova</strong>.<br />

Il programma è stato accuratamente<br />

stu<strong>di</strong>ato dai<br />

nostri ospiti, in particolare<br />

da Susan Lamdan che ci ha<br />

accompagnato per tutte le<br />

due settimane <strong>di</strong> visite ed<br />

escursioni, spesso in compagnia<br />

<strong>di</strong> uno o più amici<br />

che ci raggiungevano e ci<br />

seguivano per uno o più<br />

giorni.<br />

Ogni giorno facevamo un’<br />

escursione, poi in pullman<br />

si raggiungeva un kibbutz<br />

o un ostello nei pressi della<br />

località <strong>di</strong> partenza per<br />

l’escursione seguente. Ciò<br />

ci ha permesso <strong>di</strong> visitare<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

TREKKING IN ISRAELE<br />

Tra le rovine <strong>di</strong> Cesarea<br />

e camminare in molte della<br />

località più interessanti<br />

<strong>di</strong> Israele, <strong>di</strong> capire meglio<br />

la geopolitica <strong>di</strong> quel luogo<br />

straor<strong>di</strong>nario sotto tutti i<br />

punti <strong>di</strong> vista: naturalistico,<br />

storico, religioso, etnografico<br />

e politico.<br />

Da Tel Aviv abbiamo raggiunto<br />

in pullman la mitica<br />

città <strong>di</strong> Cesarea per camminare<br />

a fianco<br />

del lunghissimo<br />

e curioso<br />

acquedotto romanoinsabbiato<br />

sulla spiaggia.<br />

Dopo una breve<br />

visita a Haifa e<br />

ai curatissimi<br />

giar<strong>di</strong>ni Baha’i<br />

(luogo sacro del<br />

Bahaismo una<br />

56<br />

delle più recenti religioni,<br />

nata nel XIX secolo) e alla<br />

città crociata fortificata <strong>di</strong><br />

Akko, abbiamo raggiunto il<br />

kibbutz Amiad, uno dei primi<br />

sorti in Galilea.<br />

La Galilea è stata la prima<br />

sorpresa: contrariamente<br />

alle aspettative è una regione<br />

ver<strong>di</strong>ssima, anche<br />

se coltivata solamente nei<br />

pressi dei kibbutz e, come<br />

abbiamo potuto constatare<br />

nei tre giorni successivi, è<br />

molto piovosa.<br />

La pioggia non ci ha però<br />

impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> fare una<br />

escursione (un po’ fangosa)<br />

lungo il Jesus Trail:<br />

dal Monte delle Beatitu<strong>di</strong>ni<br />

(dove Gesù ha pronunciato<br />

il Discorso della<br />

Montagna) al mare <strong>di</strong> Tiberiade<br />

(dove camminò<br />

sulle acque). Sulle rive del<br />

mare sono situate Tabgha<br />

(dove il Nostro ha moltiplicato<br />

i pani e i pesci), e<br />

Cafarnao dove Gesù curò<br />

<strong>di</strong>versi ammalati, pre<strong>di</strong>cò<br />

nel tempio e chiamò a<br />

se i primi apostoli, tra cui<br />

Il giar<strong>di</strong>no Baha'i <strong>di</strong> Haifa<br />

<strong>di</strong> Angelo Soravia<br />

Pietro, che lo ospitava in<br />

città.<br />

Dalla Galilea siamo passati<br />

sulle alture del Golan,<br />

occupate dagli Israeliani<br />

nel ’67 ma ancora contese<br />

dalla Siria. Gli unici a<br />

sembrare in<strong>di</strong>fferenti alle<br />

questioni politiche, sono i<br />

montanari dei villaggi dru-<br />

Tra le rovine <strong>di</strong> Cesarea<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

si, più interessati invece<br />

a vendere i loro prodotti<br />

(famose ed eccezionali le<br />

mele) lungo la strada per il<br />

monte Hermon al confine<br />

con la Siria. Questo monte,<br />

con i suoi 2224 m, è la cima<br />

più alta <strong>di</strong> Israele.<br />

Dalle alture del Golan al<br />

Giordano: un piccolo fiume<br />

L'inizio della salita nel parco En Ge<strong>di</strong>. Sullo sfondo il mar Morto<br />

57<br />

che scorre nella parte iniziale<br />

della Rift Valley e dà<br />

origine a uno dei più particolari<br />

ecosistemi della<br />

Terra. Il tutto sotto il livello<br />

del mare: dai -100 m circa<br />

delle sorgenti, ai -200 m<br />

del mare <strong>di</strong> Tiberiade, per<br />

finire ai – 413 m del mar<br />

Morto.<br />

Scendendo lungo il Giordano<br />

dal mare <strong>di</strong> Tiberiade<br />

verso sud, si passa in<br />

poche decine <strong>di</strong> chilometri<br />

dalle ver<strong>di</strong> colline della<br />

Galilea a zone semidesertiche<br />

fino al deserto della<br />

Giudea sulle rive del mar<br />

Morto.<br />

Dalle rive del mare partono<br />

molti sentieri per cime<br />

che raggiungono i 300/400<br />

m (si parte però da -400!).<br />

La prima escursione la<br />

facciamo al parco <strong>di</strong> Ein<br />

Ge<strong>di</strong>, un bel giro ad anello<br />

che ci porta dapprima su<br />

una spettacolare balconata<br />

sul mar Morto, e poi<br />

in un canyon in mezzo al<br />

deserto con ruscelli e cascatelle.<br />

Il giorno seguente, seguendo<br />

lo “snake trail”,<br />

saliamo a Masada, la città<br />

fortezza <strong>di</strong> Erode espugnata<br />

dai romani dopo un<br />

lungo asse<strong>di</strong>o. Al pomeriggio<br />

“galleggiamo” sulle<br />

salatissime acque del mar<br />

Morto e alla sera facciamo<br />

il bagno in quelle cristalline<br />

<strong>di</strong> Eilat, nel golfo <strong>di</strong><br />

Aquaba, sul mar Rosso.


<strong>di</strong>ario alpino<br />

Conformazioni geologiche nel deserto<br />

La mattina seguente ripartiamo<br />

per il Deserto<br />

del Neghev: vi rimarremo<br />

tre giorni camminando<br />

tra insolite ed affascinanti<br />

conformazioni geologiche,<br />

visitando il Red Canyon, la<br />

Ammonite Wall, risalendo<br />

il fiume nell’En Avedat<br />

National Park fino ai bellissimi<br />

e ben conservati<br />

resti della città Nabatea<br />

<strong>di</strong> Avdat, per chiudere alla<br />

fine con la salita al monte<br />

Ardon dal fondo dell’insolito<br />

cratere <strong>di</strong> Maktes Ramon.<br />

Gli ultimi tre giorni, a Ge-<br />

Passaggio nel Red Canyon<br />

58<br />

rusalemme, siamo stati<br />

ospitati dagli escursionisti<br />

israeliani, abbiamo vissuto<br />

nelle loro case, mangiato i<br />

loro cibi, <strong>di</strong>scusso dei problemi<br />

politici e dei rapporti<br />

con la Palestina e i palestinesi.<br />

Abbiamo percorso<br />

parte del Jerusalem Trail<br />

e abbiamo visitato la vivacissima<br />

e bellissima città,<br />

ricca <strong>di</strong> storia e <strong>di</strong> contrasti<br />

sociali, religiosi e politici.<br />

Ma devo confessare che<br />

alla fine, malgrado la<br />

grande competenza <strong>di</strong> chi<br />

ci guidava e ci raccontava<br />

della Città <strong>di</strong> David, del<br />

Tempio <strong>di</strong> Salomone, del<br />

Muro del Pianto e della<br />

<strong>di</strong>ario alpino<br />

Gerusalemme, la Cupola della Roccia, le mura e il cimitero visti dal Monte degli Ulivi<br />

Ulivi <strong>di</strong> 2500 anni nell'orto<br />

<strong>di</strong> Getsemani<br />

Cupola della Roccia e altre<br />

interessantissime bellezze,<br />

la curiosità maggiore<br />

per noi, cresciuti nella<br />

cultura cristiano cattolica,<br />

era rivolta ai luoghi evangelici:<br />

il Monte degli Ulivi,<br />

l’Orto <strong>di</strong> Getsemani le<br />

stazioni della Via Crucis,<br />

la Basilica del Santo Sepolcro;<br />

sia per la solennità<br />

dei luoghi che per la grande<br />

varietà <strong>di</strong> persone che li<br />

frequentano.<br />

Salutando i gentilissimi e<br />

<strong>di</strong>sponibili amici israeliani,<br />

li ho invitati a passare<br />

qualche giorno sulle nostre<br />

Dolomiti. Saranno con<br />

noi dall’11 al 18 settembre.<br />

Chi dei soci padovani vorrà<br />

farci compagnia sull’Averau<br />

e Nuvolau, sulle Tre<br />

Cime e sul Sella, sarà il<br />

benvenuto.<br />

Angelo Soravia<br />

59<br />

Strani personaggi si<br />

aggirano per Gerusalemme


La nostra sezione è ricca<br />

<strong>di</strong> autori che si sono impegnati<br />

a scrivere su questioni<br />

che riguardano la montagna;<br />

si tratta in genere <strong>di</strong><br />

autori <strong>di</strong> manuali alpinistici,<br />

<strong>di</strong> trattati che riguardano<br />

la sicurezza, <strong>di</strong> guide <strong>di</strong><br />

escursionismo, arrampicata,<br />

mountain bike, ghiaccio<br />

ecc., ma pochissimi si<br />

sono cimentati nel campo<br />

della letteratura.<br />

Ora, quasi contemporaneamente,<br />

ci hanno provato in<br />

tre:<br />

Giorgio Tosi, già istruttore<br />

e vicepresidente della<br />

recensioni<br />

I soci (si) raccontano<br />

sezione e che negli ultimi<br />

anni ha già pubblicato numerosi<br />

lavori, Sergio Sattin,<br />

istruttore e, per alcuni<br />

anni, <strong>di</strong>rettore della scuola<br />

“Piovan” ed infine Marco <strong>di</strong><br />

Tommaso, autore <strong>di</strong> guide<br />

e, in passato, bibliotecario<br />

della sezione.<br />

Li unisce l’adesione al nostro<br />

sodalizio e la passione<br />

per la montagna, ma<br />

li <strong>di</strong>vide un certo numero<br />

<strong>di</strong> anni. I primi due sono<br />

nell’età nella quale è un<br />

piacere (e qualche volta<br />

anche un dovere) raccontarsi;<br />

il terzo, giovane e<br />

60<br />

rigoroso ingegnere, sente<br />

invece il bisogno <strong>di</strong> volare<br />

con la fantasia.<br />

Le pubblicazioni possono<br />

essere acquistate in sede<br />

con lo sconto <strong>CAI</strong> del 25%<br />

ZERO8000 sport<br />

VICENZA | c/o ERCOLE - Via Tre Scalini, 1 - Dueville<br />

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TREVISO | c/o CENTO%SPORT - Via Ortigara, 84 - Signoressa <strong>di</strong> Trevignano (TV)<br />

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GLI SPECIALISTI<br />

DELLA MONTAGNA<br />

alpinismo - sci alpinismo<br />

<strong>di</strong>scesa - sci da fondo - trekking<br />

travel - fornitura per spe<strong>di</strong>zioni<br />

Giorgio Tosi<br />

Le Alpi non bastano più<br />

€ 9,50<br />

In un centinaio <strong>di</strong> pagine<br />

Giorgio raccoglie gli appunti<br />

dei primi viaggi alpinistici<br />

che, a partire dai<br />

primi anni settanta, ha<br />

effettuato insieme ad altri<br />

precursori del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong>,<br />

tra cui la moglie Liliana<br />

Fassetta alla quale<br />

ha de<strong>di</strong>cato il libro. Le loro<br />

esperienze hanno aperto<br />

la strada a numerosi<br />

padovani che negli anni<br />

seguenti hanno provato il<br />

piacere del viaggio alpinistico<br />

d’avventura: Kilimanjaro,<br />

Kenja, Toubkal,<br />

Ararat, Damavand ecc.<br />

non erano più luoghi lontani<br />

che si leggevano solo<br />

sui libri specializzati ma<br />

mete possibili e, con un po’<br />

<strong>di</strong> sacrificio e fatica, raggiungibili<br />

da molti.<br />

recensioni<br />

Sergio Sattin<br />

Racconti <strong>di</strong> guerra e <strong>di</strong><br />

gioventù - € 9,50<br />

Anche questo è un libro<br />

autobiografico, non <strong>di</strong><br />

montagna, ma, avendo<br />

passato gran parte della<br />

vita ad arrampicare ed a<br />

sciare, per forza <strong>di</strong> cose lo<br />

<strong>di</strong>venta.<br />

Sergio parte dai suoi ricor<strong>di</strong><br />

della guerra, degli<br />

allarmi aerei, degli spostamenti<br />

obbligati della<br />

vita grama ma anche<br />

spensierata <strong>di</strong> un ragazzino<br />

<strong>di</strong> quegli anni. Ma per<br />

fortuna la guerra finisce<br />

e iniziano i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> gioventù:<br />

paracadutismo, arrampicate<br />

e scialpinismo;<br />

con racconti <strong>di</strong> particolari<br />

che fanno sorridere confrontando<br />

le stesse attività<br />

svolte nel dopoguerra ed<br />

oggi.<br />

61<br />

Marco Di Tommaso<br />

Nel Regno <strong>di</strong> Marmolo<br />

€ 14,50<br />

Dal racconto <strong>di</strong> storie vere<br />

a quelle <strong>di</strong> pura fantasia.<br />

La vita dei monti, dei laghi,<br />

dei sassi,delle grotte,<br />

degli abitanti dei boschi,<br />

viene raccontata con 13<br />

storie, senza menzionare<br />

fossili, spinte tettoniche,<br />

venti e acque che erodono<br />

e modellano valli e cime;<br />

ma con “la fantasia scaturita<br />

dall’inconscio….libera<br />

<strong>di</strong> viaggiare oltre l’immaginazione”.<br />

E sono tutte storie nuove<br />

e originali, pur seguendo<br />

il filone classico delle leggende<br />

dolomitiche.


Emiliano Zorzi<br />

IV Grado<br />

Dolomiti Occidentali 1<br />

€ 23,50<br />

240 pagine<br />

Idea Montagna<br />

E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />

italiano<br />

inglese<br />

tedesco<br />

Emiliano Zorzi<br />

IV Grado<br />

Dolomiti Occidentali 2<br />

€ 23,50<br />

264 pagine<br />

Idea Montagna<br />

E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />

italiano<br />

inglese<br />

tedesco<br />

Emiliano Zorzi,<br />

Carlo Piovan,<br />

Saverio D'Ere<strong>di</strong>tà<br />

IV Grado e più<br />

Friuli Occidentale<br />

€ 24,50<br />

352 pagine<br />

Idea Montagna<br />

E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />

Emiliano Zorzi,<br />

Carlo Piovan,<br />

Saverio D'Ere<strong>di</strong>tà<br />

IV Grado e più<br />

Friuli Orientale<br />

€ 24,50<br />

328 pagine<br />

Idea Montagna<br />

E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />

in libreria ricor<strong>di</strong>amo<br />

62<br />

Stefano Santomaso<br />

Moiazza<br />

Roccia tra luce e mistero<br />

€ 25,50<br />

384 pagine<br />

Idea Montagna<br />

E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />

Francesco Cappellari<br />

Ferrate a Cortina<br />

€ 19,50<br />

232 pagine<br />

Idea Montagna<br />

E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />

italiano<br />

inglese<br />

tedesco<br />

Ermes Bergamaschi<br />

Valsugana e<br />

Canal del Brenta<br />

€ 23,00<br />

224 pagine<br />

Idea Montagna<br />

E<strong>di</strong>toria e Alpinismo<br />

Anche il nostro grande amico CESARE BOLZONELLA ci ha<br />

lasciati: è andato a raggiungere in cielo gli altri nostri amici<br />

del Coro del Cai, purtroppo numerosi.<br />

Ha fondato lo stesso insieme ai fratelli Livio e Giorgio in<br />

Piazza del Santo all’ombra della Basilica nel lontano Giugno<br />

1944, mentre imperversava la 2° guerra mon<strong>di</strong>ale. Ha ricoperto<br />

per oltre un sessantennio la carica <strong>di</strong> Presidente del<br />

Coro al quale de<strong>di</strong>cava tutto il suo amore e la sua passione,<br />

questa, anche per la montagna, per gli alpini e per il canto<br />

popolare Trentino. Qualche anno fa gli è stata consegnata<br />

l’aquila d’oro, riconoscimento che viene conferito ai soci del<br />

C.A.I. - sezione <strong>di</strong> <strong>Padova</strong> dopo 50 anni <strong>di</strong> appartenenza.<br />

Per anni insegnante all’Istituto Tecnico per geometri Belzoni <strong>di</strong> <strong>Padova</strong>, dotato anche<br />

<strong>di</strong> una spiccata vena artistica ci ha lasciato moltissimi ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> quadretti e vignette<br />

che faceva fintantochè aspettava i coristi per le due consuete prove settimanali alle<br />

quali era sempre il primo ad arrivare.<br />

Il suo è stato un gran<strong>di</strong>ssimo esempio <strong>di</strong> serietà, <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> compostezza, <strong>di</strong> gentilezza,<br />

<strong>di</strong> bontà personificata, dotato <strong>di</strong> un grande carisma che esprimeva anche nelle sue<br />

rarissime assenze.<br />

Grazie infinite amico Cesare.<br />

Il Presidente del Coro del <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Padova</strong><br />

Roberto Scanferla<br />

63

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