sommario 2/2011 - CAI Sezione di Padova

un esperto di brain stimulation
(stimolazione
del cervello) per ottenere
il massimo rendimento
psico-fisico e per raggiungere
il massimo livello
di soddisfazione. LA
cordata è composta da:
Mongoeo Minga, Mongoeo
Super Flash Petit e
Mourice Psyco.
Perfetto l’orario di partenza.
Ceci, vista la lunghezza
della salita, si è messo un
paio di samoche (scarpe
comode) che solo lui poteva
portare senza problemi
su quelle difficoltà.
Perfetto il meteo: qualche
nuvola, infatti, fa si che il
sole non ci cucini sul levigato
calcare argenteo.
Procediamo regolari, tiro
diario alpino
dopo tiro, fino alla base
delle famose placche, sotto
il tetto a forma di boomerang
che dà il nome
alla via e qui Enrico le risale
passo dopo passo con
estrema eleganza, dimenticandosi
finalmente del
pullman!
Usciti dalla zona del tetto
ci portiamo verso la zona
alta dove 2 tiri in traverso
su roccia mista a sassi (o
viceversa) ci fanno arrivare
sulla verticale del tratto
finale. Spediti raggiungiamo
il bosco e gli ultimi
metri vengono “risolti” con
movimento arrampicatorio
stile Tarzan sulle liane
degli alberi, stile non ancora
contemplato nel manuale
Caruso.
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La piacevole discesa ci
porta in breve alla zona
di partenza, dove, dopo
numerose pacche sulle
spalle e calorose strette
di mano, una birra fresca
rende onore alla remunerativa
(per lo spirito)
salita.
Anche questa è fatta ed in
attesa del prossimo racconto
(o altro avvenimento,
tipo i primi 20 anni…)
mi rimane da esprimere
un consiglio: non smettete
mai di essere MONGOI!
Matteo Mason
Il fascino di camminare
tra le montagne bellunesi
spazia a 360° tra le
diversità di cui sono formate.
Si rimane ammaliati
nell’ammirare guglie e
pareti rocciose alle luci del
tramonto, vedere famiglie
di camosci che corrono a
perdifiato con i loro piccoli
lungo ghiaioni e ripide
cenge oppure nel rimanere
incantati di fronte a fiori
coloratissimi nascere tra
le nude rocce battute dalle
intemperie della natura.
Poi volgiamo lo sguardo
verso strade, ponti e viadotti,
e storciamo il naso
chiedendoci se le opere
dell’uomo potranno diventare
un giorno a zero
impatto ambientale. Sarà
una bella sfida conciliare
la morfologia di montagna
con quella di tracciati
sempre più lineari per
correre ancora più veloci
(saremmo ipocriti se noi
cittadini non desiderassimo
dimezzare i tempi di
accesso in auto).
Più di settant’anni fa i ritmi
erano indubbiamente
diversi e anziché di strade
si parlava spesso di carrarecce
e mulattiere che
si districavano tra le montagne
in modo quasi invisibile.
Molte di queste con
il tempo furono riadattate
e ampliate, mentre altre
furono abbandonate o più
semplicemente dimenticate;
una di queste è quella
che sale a Casera Bitti nei
Monti del Sole.
diario alpino
La stradina fantasma di Casera Bitti
di Marco Di Tommaso
Questo gruppo mi aveva da
sempre incuriosito, sia per
i suoi versanti selvaggi e
sia per la carenza di sentieri,
e, non appena venni a
sapere che nei pressi della
casera era stato avvistato
l’orso, decisi di organizzare
un giro in quella zona.
Aperta la cartina topografica
non vidi nessun sentiero
CAI e dovetti rimediare
cercando di individuare
l’itinerario più semplice
tra quelli segnati di nero
(itinerari secondari non
manutentati) e quello che
mi sembrò essere il più
logico fu quello che saliva
dalla Val del Mis.
Giunto alle porte della valle,
superai le ultime case
a Gena Bassa e mi adden-
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La mulattiera scavata nella roccia
trai in un territorio che da
subito colpisce per la sua
asprezza. Con la cartina
topografica sulle ginocchia
guidavo l’auto con lo
sguardo che scrutava a
destra e a sinistra in cerca
di un punto di riferimento
per capire dove mi trovavo
e dove poteva essere
l’inizio del mio itinerario.
Non avrei di certo preteso
di trovare un cartello con
scritto “su per di qua”, ma
almeno un’evidenza di un
sentiero quella si. Percorsi
due o tre volte la valle e
l’unica traccia che mi destò
curiosità fu quella di
un esile bollo rosso su un
albero.
Sceso dall’auto mi chiesi:
“ma il sentiero dove si