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sommario 2/2011 - CAI Sezione di Padova

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sorriso, Simone non si è<br />

limitato a raccontare la<br />

straor<strong>di</strong>naria impresa del<br />

Gasherbrum II ma ha voluto<br />

spiegare e mostrare<br />

l'intera evoluzione della<br />

sua carriera, dalle prime<br />

spe<strong>di</strong>zioni fino all'ultima<br />

impresa; al centro <strong>di</strong> tutto,<br />

il tema della narrazione<br />

dell'alpinismo e del suo<br />

sviluppo, dalle foto in bianco<br />

e nero <strong>di</strong> Bonatti sul<br />

Cervino, all'uso o<strong>di</strong>erno <strong>di</strong><br />

Gps e satellitare.<br />

Dopo aver raccontato le<br />

salite invernali allo Shisha<br />

Pangma e al Makalu (8462<br />

metri), Simone ha infine<br />

fatto vedere le immagini<br />

sulla sua ultima salita invernale<br />

al Gasherbrum II,<br />

la prima a un 8000 del Karakorum,<br />

spiegando i mille<br />

perché <strong>di</strong> una salita dura,<br />

al limite dell'impossibile,<br />

affrontata a 50° sottozero,<br />

che ha visto lui e i suoi<br />

compagni sfuggire a una<br />

cronache<br />

Sul palco del Filmfestival<br />

Reinhold Messner, Walter Bonatti e Pierre Mazeaud<br />

valanga che li ha trascinati,<br />

indenni, per 150 metri.<br />

Dal racconto dell’eccezionale<br />

salita, risalta in modo<br />

inequivocabile come il<br />

team dall'arrivo al campo<br />

base alla vetta non abbia<br />

sbagliato nulla. Preparazione,<br />

acclimatamento,<br />

allestimento dei campi e,<br />

infine, la scelta <strong>di</strong> tentare,<br />

dopo soli ventidue giorni,<br />

la cima nella prima, forse<br />

anche unica, finestra <strong>di</strong> bel<br />

tempo a <strong>di</strong>sposizione. Tre<br />

giorni per salire da quota<br />

5100 fino all’ultimo campo<br />

da cui spiccare nel cuore<br />

della notte l'ultimo balzo<br />

<strong>di</strong> 1100 metri in stile alpino<br />

e senza ossigeno.<br />

La velocità con cui è stata<br />

portata a termine l’impresa,<br />

dunque la preparazione<br />

fisica dei tre e le<br />

corrette informazioni ricevute<br />

dal consulente meteo,<br />

l'austriaco Karl Gabl,<br />

“quarto uomo” del team,<br />

12<br />

sono state determinanti<br />

per riuscire dove altre 16<br />

spe<strong>di</strong>zioni sul Karakorum<br />

avevano fallito.<br />

L’ultima serata “Montagna,<br />

pericolo ed esposizione",<br />

condotta ancora da<br />

Reinhold Messner in modo<br />

impeccabile, è stata senza<br />

dubbio la manifestazione<br />

clou <strong>di</strong> questo Festival.<br />

Sul palco <strong>di</strong> un più che mai<br />

affollatissimo Santa Chiara<br />

sono saliti, ospiti d'eccezione,<br />

Walter Bonatti e<br />

Pierre Mazeaud. Le due<br />

icone dell’alpinismo sono<br />

state invitate a raccontare<br />

l'amicizia <strong>di</strong> una vita, nata<br />

dopo una trage<strong>di</strong>a terribile:<br />

la morte <strong>di</strong> quattro loro<br />

compagni nella bufera del<br />

luglio '61 sul Pilone del<br />

Freney, l'ultimo problema<br />

irrisolto all'epoca, sul<br />

Monte Bianco.<br />

Messner ha inizialmente<br />

affrontato il tema<br />

dell'esposizione al pericolo.<br />

“La virtù <strong>di</strong> un alpinista”,<br />

ha affermato, “è<br />

non superare mai i propri<br />

limiti, ma al tempo stesso<br />

conquistare un gra<strong>di</strong>no<br />

in più. Oltre alla <strong>di</strong>fficoltà<br />

che bisogna saper superare<br />

e al pericolo sempre<br />

in agguato, la chiave dell'<br />

alpinismo è l'esposizione”.<br />

Il confronto leale e il porsi,<br />

pur sicuri dei propri mezzi,<br />

in situazioni al limite<br />

con la montagna, sono<br />

ragioni fondanti per gli alpinisti,<br />

anche se capacità<br />

ed esperienza non sono<br />

spesso sufficienti a evitarne<br />

i drammi. La vicenda<br />

del Pilone del Freney si<br />

presta in modo esemplare<br />

per documentare che cosa<br />

significhi "esposizione".<br />

Per spiegarlo è seguita<br />

una particolareggiata<br />

ricostruzione dei tragici<br />

eventi del 1961, tramite la<br />

proiezione <strong>di</strong> un bellissimo<br />

montaggio <strong>di</strong> video spagnoli,<br />

tedeschi, francesi e<br />

<strong>di</strong> alcuni spezzoni del film<br />

"Der blitz" <strong>di</strong> Lothar Brandler,<br />

accompagnati dal<br />

preciso commento tecnico<br />

<strong>di</strong> un Messner visibilmente<br />

emozionato.<br />

Per mostrare come oggi<br />

sia cambiata l'esposizione<br />

al pericolo, è salito sul palco<br />

il meteorologo austriaco<br />

Karl Gabl. Il consulente<br />

<strong>di</strong> Simone Moro ha illustrato<br />

come si eseguono in<br />

tempo reale previsioni dettagliate<br />

e ha ricostruito, in<br />

<strong>di</strong>retta, anche l'evoluzione<br />

meteorologica del giorno<br />

della trage<strong>di</strong>a dell’estate<br />

<strong>di</strong> cinquant’anni fa, evento<br />

sicuramente evitabile con<br />

i mezzi tecnologici <strong>di</strong> oggi.<br />

Una perturbazione inaspettata<br />

e senza tregua<br />

che sferzò in quota i due<br />

gruppi francese e italiano<br />

(sette alpinisti) che si erano<br />

uniti nella scalata per<br />

evitare un'inutile corsa<br />

alla prima ascensione. Lo<br />

jet stream avanzò dall'Inghilterra<br />

a 300 km orari<br />

e le temperature precipitarono;<br />

con<strong>di</strong>zioni terribili<br />

che durarono cinque<br />

cronache<br />

giorni. Quattro alpinisti<br />

morirono, dopo quattro<br />

notti <strong>di</strong> bivacco in con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong>sperate: Andrea<br />

Oggioni, Pierre Kohlman,<br />

Robert Guillaume e Antoine<br />

Vieille.<br />

La parola è quin<strong>di</strong> passata<br />

agli unici sopravvissuti<br />

ancora in vita, che con parole<br />

commosse ma chiare<br />

hanno quin<strong>di</strong> raccontato la<br />

loro esperienza. Bonatti ha<br />

ben illustrato l'evoluzione<br />

psicologica dei membri<br />

della cordata e ha sottolineato<br />

le <strong>di</strong>fficoltà date<br />

dal suo ruolo <strong>di</strong> leader del<br />

gruppo, in quanto alpinista<br />

più esperto e conoscitore<br />

del Monte Bianco; ha fatto<br />

inoltre rivivere la lotta fra<br />

la sua forza <strong>di</strong> volontà e il<br />

suo corpo, ammettendo<br />

anche <strong>di</strong> non aver compreso<br />

da subito l'eccezionalità<br />

del fenomeno meteorologico,<br />

ritardando così la <strong>di</strong>-<br />

13<br />

scesa. Mazeaud si è invece<br />

concentrato sulle emozioni<br />

<strong>di</strong> allora esprimendo<br />

infine un commento all'alpinismo<br />

<strong>di</strong> allora e <strong>di</strong> oggi:<br />

“In un mondo dove viviamo<br />

nella paura, non si può vivere<br />

senza passioni”.<br />

Sono seguite <strong>di</strong>verse domande<br />

da parte del pubblico<br />

prima della conclusione<br />

<strong>di</strong> Messner: “Non<br />

commuove solo la trage<strong>di</strong>a<br />

ma anche quello che è<br />

rimasto: uno straor<strong>di</strong>nario<br />

esempio <strong>di</strong> solidarietà.<br />

Mazeaud e Bonatti testimoniano<br />

i valori essenziali<br />

dell'alpinismo: purezza,<br />

estetica, etica”.<br />

Un lunghissimo applauso<br />

finale ha concluso questo<br />

incontro unico; più che<br />

una commemorazione, un<br />

omaggio a quell'alpinismo<br />

e a quegli uomini.<br />

Giuliano Bressan

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