Giornale dei Navigli n. 36 - 14 ottobre 2022
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Venerdì <strong>14</strong> Ottobre <strong>2022</strong> COVER STORY 3<br />
E D I TO R I A L E<br />
“Noi gli italiani li odiamo”: sintomo o denuncia?<br />
SUD MILANO (dad) Tutti noi vogliamo<br />
la pace, o la vorremmo. Tutti noi<br />
comuni mortali, lo dicevamo già la<br />
settimana scorsa. Perché la guerra<br />
invece fa comodo a molti protettorati<br />
economici, governanti e potenti di<br />
questa Terra, martoriata prima da<br />
una pandemia ed ora dalle bombe e<br />
dalla crisi economica che ne consegue.<br />
Si parla di possibilità di dialogo<br />
(non tra le due parti direttamente<br />
interessate) ma non ci dobbiamo<br />
troppo illudere: allo stato<br />
attuale non c’è alcuna volontà di<br />
voler risolvere diplomaticamente la<br />
situ azione.<br />
Nei nostri comuni, tornando<br />
al l’attualità strettamente locale, si<br />
prova ad adattarsi a questa ennesima<br />
condizione emergenziale.<br />
Tagli ai consumi energetici, sviluppo<br />
delle infrastrutture locali - anche<br />
grazie ai fondi del PNRR -, prove di<br />
sviluppo sostenibile. Non mancano<br />
le cattive notizie, come in ogni buon<br />
numero che si rispetti (ahinoi).<br />
Quattro minorenni sono stati arrestati<br />
presso la comunità che, con<br />
dispendio di fondi e fatiche, gli aveva<br />
dato casa a Trezzano. Avrebbero<br />
dichiarato, mentre minacciavano le<br />
vittime, prostitute e loro clienti: “No i<br />
gli italiani li odiamo”.<br />
Fa riflettere questa frase.<br />
Potremmo banalizzare la questione<br />
(come molti hanno fatto, e non<br />
avevamo dubbi in merito) con il<br />
solito refrain: “Ma che tornino a casa<br />
loro, che restino a casa loro; eccole<br />
qui le ‘r isorse’ che tanto ama la<br />
sinistra italiana (dove sia finita quest<br />
’ultima, tra l’altro, rimane un mistero<br />
al momento, ndr)”.<br />
Invece voglio sottolineare quello<br />
che a mio umile parere emerge da<br />
frasi del genere: il disagio, totale. E’<br />
quello che vediamo sulle strade, ogni<br />
giorno: percorsi umani fatti da vite<br />
parallele che mai si uniscono o<br />
sembrano poterlo fare, da un’integrazione<br />
spesso lasciata sulla carta<br />
<strong>dei</strong> comunicati altisonanti ma mai<br />
messa in atto nella pratica (con le<br />
dovute eccezioni).<br />
Sono tutte facce della stessa medaglia:<br />
la guerra, le differenze, il<br />
disagio sociale, l’o dio.<br />
Non mi stupisce molto, in questo<br />
senso, che stiamo vivendo in un’assuefazione<br />
alla guerra che in realtà si<br />
combatte a poche centinaia di chilometri<br />
di distanza, e che ha invece<br />
risvolti terribili su tutti noi, specie nei<br />
portafogli sempre più vuoti.<br />
Molti hanno ricordato quanto si<br />
fossero sollevati strali polemici incredibili<br />
per il costo di 2 centesimi<br />
per i sacchetti biodegradabili del<br />
sup ermercato.<br />
E oggi? Fare la spesa costa il 20%<br />
in più rispetto ad un anno fa, peccato<br />
che i nostri stipendi siano rimasti<br />
gli stessi. Cosa ci è successo, per<br />
accettare di buon grado tutto ciò?<br />
Cosa deve succedere per far succedere<br />
qualcosa? Non sto inneggiando<br />
a nessuna rivolta violenta, sia<br />
chiaro, ma di certo sarei felice per<br />
una “rivoluzione delle idee” che governano<br />
questo Mondo malato.<br />
Partirei da cercare la pace, a tutti<br />
i costi. Chiamando con il loro nome<br />
tutti coloro che sono direttamente<br />
coinvolti nel conflitto. Bisognerà pur<br />
iniziare da qualcosa...<br />
Andrea Demarchi<br />
A questo proposito, ho trovato<br />
molto interessante questa lettura di<br />
Antonio Polito pubblicata sulle pagine<br />
del Corriere della Sera. Perché le<br />
parole sono importanti, e volere la<br />
pace significa anche chiamare le<br />
cose, le persone, per quello che sono.<br />
E poi manifestare il proprio diss<br />
enso.<br />
Manifestazioni per l’Ucraina:<br />
tutti vogliono la pace,<br />
alcuni anche la verità<br />
Due frasi sulla guerra, due reazioni<br />
ai missili russi degli ultimi<br />
giorni. La prima: «Una violenza<br />
indiscriminata sta colpendo l’Uc ra i -<br />
na. Muoiono civili, bambini. È già<br />
tardi ma chiediamo a gran voce<br />
un’azione degli organismi internazionali<br />
per il cessate il fuoco e<br />
l’apertura di un negoziato». La seconda:<br />
«Una guerra sciagurata, che<br />
la Federazione Russa ha scatenato<br />
arrogandosi un inaccettabile diritto<br />
di aggressione, lascia ogni giorno<br />
una scia di morte e distruzione, di<br />
odio, che inquina anche ogni campo<br />
delle attività civili e delle relazioni.<br />
La pace è urgente e necessaria.<br />
La via per costruirla passa<br />
da un ristabilimento della verità, del<br />
diritto internazionale, della libertà<br />
del popolo ucraino». La prima frase<br />
è di Graziano Delrio, parlamentare<br />
del Pd, uomo mite e giusto, buon<br />
cattolico. Per lui ciò che sta colpendo<br />
l’Ucraina è «una violenza<br />
indiscriminata». La seconda è di<br />
Sergio Mattarella, presidente della<br />
Repubblica, personalità altrettanto<br />
mite, giusta e di fede cattolica. Per<br />
lui la «guerra sciagurata» è stata<br />
scatenata dalla Federazione Russa.<br />
Entrambi cercano sinceramente, come<br />
tanti, come tutti gli italiani, la pace.<br />
Ma la differenza sta nel come<br />
pensano di poterla raggiungere. La<br />
via per costruirla passa da un «ristabilimento<br />
della verità» per Mattarella.<br />
Per Delrio, invece, sta nel<br />
tacere il nome di chi ha scatenato la<br />
guerra; quasi come se fosse cominciata<br />
da sola, per caso. Ho trovato<br />
una spiegazione a questo apparente<br />
paradosso nelle parole di<br />
un altro fervente cattolico, un grande<br />
scrittore inglese, G. K. Chesterton<br />
(Rubbettino ha appena pubblicato<br />
un testo fortemente anti-tedesco<br />
da lui scritto nel 19<strong>14</strong>, La<br />
barbarie di Berlino, a proposito della<br />
Grande Guerra; oggi decisamente<br />
datato ma su questo punto ancora<br />
attuale). Eccola: «Vorrei indirizzare<br />
la mia protesta soprattutto contro<br />
quegli amanti e quei propugnatori<br />
della pace che, con straordinaria<br />
ristrettezza di vedute, hanno di tanto<br />
in tanto assecondato questa attitudine.<br />
Mi riferisco al fastidio per<br />
quei dettagli preliminari su chi abbia<br />
fatto questo o quello, e se ciò<br />
fosse o meno giusto. Essi paiono<br />
soddisfatti semplicemente affermando<br />
che una enorme calamità,<br />
chiamata guerra, è stata iniziata da<br />
qualcuno, o da tutti, e dovrebbe<br />
essere conclusa da qualcuno, o da<br />
tutti. Desidero dire a costoro che si<br />
sbagliano: che si sbagliano a proposito<br />
di tutti i principi della giustizia<br />
umana e della continuità stor<br />
ica».<br />
Al fine di imporre la pace, è insomma<br />
indispensabile individuare e denunciare<br />
la responsabilità della guerra.<br />
A meno di non intendere la pace<br />
come la vittoria dell’aggressore, di<br />
colui che ha rotto la legalità internazionale,<br />
autorizzandolo così a<br />
usare ancora in futuro le armi per<br />
risolvere con la forza le controversie.<br />
E questo i pacifisti veri e<br />
sinceri, come Graziano Delrio, non<br />
possono volerlo (i putiniani di complemento<br />
di casa nostra sì, lo vogliono,<br />
ma è un altro discorso). Il<br />
pacifista ha certamente grandi<br />
esempi storici dalla sua parte. Battaglie<br />
di libertà vinte senza dar<br />
guerra. Citerò una per tutte: l’indipendenza<br />
indiana. Gandhi la ottenne<br />
rifiutandosi di rispondere alla<br />
violenza armata <strong>dei</strong> colonialisti inglesi.<br />
Usò dunque un metodo ben<br />
diverso da quello di Zelensky, che<br />
ha deciso di difendersi in armi (con<br />
un certo successo, tra l’altro, a dispetto<br />
di chi prevedeva un rapido<br />
«sventramento» dell’Ucraina). Ma<br />
qualcuno può avere dubbi sul fatto<br />
che Gandhi avesse ragione nel pretendere<br />
la piena indipendenza<br />
d e l l’India? Ci sono anche molti<br />
esempi opposti. Prendiamo Ho Chi<br />
Min. Lui sfidò l’imperialismo americano<br />
combattendo. Vinse anche<br />
lui. Ma qualcuno può avere dubbi<br />
sul fatto che fosse nel pieno diritto<br />
di difendere la sua patria?<br />
Invece oggi, nel tacere il nome di Putin<br />
come autore <strong>dei</strong> massacri, nel mostrarsi<br />
comprensivi delle sue presunte<br />
ragioni, si introduce un dubbio sulla<br />
responsabilità di questa follia.<br />
E così la si allunga: perché si<br />
condiziona la pace al beneplacito di<br />
chi ha mosso guerra. Certo, le colpe<br />
non sono mai da una sola parte,<br />
nella storia. Ma, «a meno che non<br />
siamo tutti pazzi, anche dietro la<br />
faccenda più sconcertante c’è una<br />
storia», scrive ancora Chesterton:<br />
«Se incendio una casa, può essere<br />
che il padrone di casa sia bruciato<br />
perché era ubriaco; può darsi che la<br />
padrona di casa sia bruciata perché<br />
avara, e sia morta mentre litigava sul<br />
costo di una scala antincendio. Ciò<br />
nondimeno, resta ancora più vero<br />
che entrambi sono bruciati perché<br />
ho dato fuoco io alla loro casa».<br />
Questo è il punto. E i veri e sinceri<br />
pacifisti saranno tanto più forti e più<br />
convincenti quando andranno a<br />
protestare contro chi ha dato fuoco<br />
alla casa. Come farà giovedì Enrico<br />
Letta, segretario del partito di Delrio,<br />
sotto l’ambasciata russa: perché<br />
non c’è pace senza verità.<br />
Antonio Polito<br />
C o rri e re . i t<br />
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