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Donne e Concilio .pdf - DIOCESI di Padova

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ELISA KIDANé<br />

corso di tanti piccoli fatti che arrivano a svelare appieno la<br />

loro portata storica solo sulla lunga distanza.<br />

Come ogni simbolo, come ogni icona, quel piccolo gruppo<br />

di donne ha detto qualcosa di chiaro a chi, guardando, è<br />

stato in grado di vedere e, udendo, ha saputo ascoltare. Non<br />

era una presenza che veniva dal nulla. Arrivava dalle Chiese,<br />

da una pluralità di ambiti ecclesiali dove alcune di quelle<br />

sorores – per dirla con il termine con cui si rivolgevano loro in<br />

aula i vescovi più disponibili a lasciarsi alle spalle una secolare<br />

misoginia ecclesiastica –, religiose e laiche, esercitavano<br />

ruoli importanti e altre erano riconosciute come figure rappresentative<br />

di situazioni sociali di cui l’azione pastorale della<br />

Chiesa non poteva più ormai non farsi carico.<br />

La storia successiva ha cancellato molti tratti di quella<br />

Chiesa convinta di essere e, soprattutto, di dover apparire<br />

sempre uguale a sé stessa e ha invece confermato, giorno dopo<br />

giorno, che la partecipazione delle donne al Vaticano II non<br />

poteva essere ridotta a folclore conciliare né valutata come<br />

un superficiale ammodernamento dei costumi ecclesiali. Essa<br />

aveva una virtualità ecclesiologica, oltre che ecclesiale, forte.<br />

Come la partecipazione ai lavori conciliari di quattrocento<br />

teologi, che vescovi illuminati avevano chiamato come consulenti,<br />

attestava che doveva considerarsi chiusa la cupa e dolente<br />

stagione del modernismo, con la sua ossessiva opposizione<br />

a ogni forma di ricerca teologica, anche la presenza di un<br />

drappello di laici testimoniava l’irruzione nell’aula conciliare<br />

delle Chiese locali, con le loro specificità e i loro dinamismi.<br />

Ancor di più, attestava che cominciava a farsi strada una<br />

nuova consapevolezza della rappresentanza ecclesiale. Essa<br />

dava visibilità a uno dei tratti a partire dai quali, come mostrerà<br />

l’insieme dei documenti conciliari, si andava chiarendo<br />

il volto con cui la Chiesa voleva presentarsi al mondo<br />

all’inizio del terzo millennio.<br />

Oltre il malcelato sessismo<br />

D’altra parte, l’intervento dell’arcivescovo di Bruxelles che, durante<br />

la congregazione generale LIII, segnò un terminus a quo<br />

per il superamento di un’ecclesiologia di genere discriminante,<br />

non ha rappresentato soltanto un momento forte dell’episodica<br />

conciliare. Con il suo votum di invitare al Concilio, oltre<br />

a uditori maschi, anche l’altra parte dell’umanità, il cardinale<br />

Leo-Joseph Suenens concludeva un rapido ma incisivo discorso<br />

teologico con cui chiedeva che si intervenisse sul capitolo<br />

sul popolo di Dio per migliorarlo, affiancando alla struttura<br />

ministeriale della Chiesa il riferimento a una sua “struttura”<br />

carismatica, e che i pastori considerassero in modo più positivo<br />

e costruttivo i carismi di cui lo Spirito fa dono ai fedeli.<br />

Si tratta di un intervento teologicamente impegnativo, che<br />

riprende una delle linee forza dell’ecclesiologia di Lumen gentium<br />

e colloca la partecipazione dei laici al Concilio nella lunga<br />

tradizione biblica che, da Mosè a Paolo, da Gioele a Pietro,<br />

insiste sulla qualità profetica di tutto il popolo di Dio. Emerge<br />

così la trama di una teologia conciliare di specie e di genere<br />

che, lentamente, abbandonava le discriminazioni tra clero e<br />

laici e tra uomini e donne, per aprirsi all’inclusività.<br />

D’altra parte, lunga è ancora la strada per lasciarsi dietro<br />

le spalle un malcelato sessismo. Basti pensare che nella teologia<br />

di questi ultimi decenni abbiamo registrato tentativi,<br />

spesso maldestri, di declinare la duplice struttura ecclesiale,<br />

quella gerarchica e quella carismatica, in termini di complementarità<br />

o di reciprocità tra maschile e femminile che, sotto<br />

mentite spoglie, continuano a riprodurre inesorabilmente<br />

modelli del passato.<br />

Al Concilio, invece, una Chiesa troppo spesso estranea alle<br />

donne, quando non addirittura ostile, ha cercato di ascoltare<br />

quello che lo Spirito andava dicendo alle Chiese in un<br />

tempo di grandi mutazioni e veloci cambiamenti, in cui il<br />

protagonismo femminile si annunciava come uno degli elementi<br />

di novità che attraversava le culture e le religioni non<br />

meno degli assetti politici ed economici.<br />

Sia pure timidamente, il Concilio ha capito<br />

che senza laici e senza donne nessuna<br />

ecumene, nessuna katolikè era<br />

possibile.<br />

Le donne ci sono sempre state,<br />

lo sappiamo bene, nella storia<br />

del mondo come in quella<br />

delle Chiese. Ci sono state e<br />

l’hanno costruita con la<br />

loro intelligenza e tenacia,<br />

con le loro parole<br />

e silenzi. Il Concilio<br />

non ha “inventato”<br />

la storia delle donne,<br />

neppure la storia delle<br />

donne credenti. Ha cercato<br />

soltanto di cominciare<br />

a riconoscerla e,<br />

soprattutto, a integrar-<br />

<strong>dossier</strong><br />

CTi

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