You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
In alto, la carenatura della <strong>RT</strong> <strong>66</strong> presenta i<br />
tipici rigonfiamenti per fare posto ai carburatori,<br />
montati lateralmente. Le espansioni,<br />
uscenti dalla parte posteriore dei cilindri<br />
hanno due grandi protezioni in lamiera di<br />
alluminio per evitare scottature alle gambe<br />
del pilota.<br />
In basso, il telaio a doppia culla aperta,<br />
verniciato in blu metallizzato, è integrato<br />
dal motore, che ne è parte strutturale. Notare<br />
il lungo serbatoio e le proporzioni generali.<br />
La moto è piccola e adatta a corridori<br />
di ridotta statura.<br />
successiva <strong>RT</strong> 64 (30 CV a 13000<br />
giri/min) fu surclassata, nel l964, dalle<br />
Honda quattro cilindri di Taveri e Redman,<br />
ma l’anno successivo, con la ulteriormente<br />
migliorata <strong>RT</strong> 65 il titolo<br />
tornò in casa Suzuki, grazie ancora a<br />
Hugh Anderson. Quell’anno, in un bagnato<br />
Gran Premio d’Italia a Monza,<br />
Anderson ottenne una vittoria tanto<br />
netta che, dopo soli 13 dei 18 giri della<br />
corsa, doppiò tutti gli avversari. La sua<br />
media generale fu poi tale che gli avrebbe<br />
permesso di arrivare secondo nella<br />
classe 250 (vinta da Tarquinio Provini<br />
con la Benelli quattro cilindri) e addirittura<br />
terzo nella 500 dietro Hailwood<br />
e Agostini !<br />
La <strong>RT</strong> <strong>66</strong>, oggetto del servizio, ebbe invece<br />
la sfortuna di trovarsi di fronte le<br />
Honda cinque cilindri di Taveri e Ralph<br />
Bryans e le Yamaha bicilindriche di<br />
Read e Ivy, e per questo mancò il successo<br />
assoluto. Anderson e Perris poi, si<br />
ritirarono alla fine di quella stagione e<br />
il loro posto fu preso da Stuart Graham<br />
(figlio del leggendario Leslie), dal tedesco<br />
Hans Georg Anscheidt e dal giapponese<br />
Yoshimi Katayama.<br />
La <strong>RT</strong> <strong>66</strong> aveva la pompa dell’acqua e<br />
un radiatore più piccolo al posto del sistema<br />
a termosifone dei modelli precedenti,<br />
mentre il cambio divenne a nove<br />
rapporti. Quest’ultimo passò a dieci<br />
marce l’anno successivo e, per questa<br />
versione ulteriormente evoluta, la potenza<br />
raggiunse il valore di 35 CV a<br />
14000 giri/min con una velocità massima<br />
di 208 km/h.<br />
Era ormai ovvio che l’ulteriore sviluppo<br />
del motore bicilindrico fosse giunto al<br />
termine e che l’avvento della Yamaha<br />
quattro cilindri a V ponesse i tecnici<br />
della Suzuki di fronte alla necessità di<br />
creare qualcosa di totalmente nuovo.<br />
La nuova macchina, una quattro cilindri<br />
siglata RS 67 (vedi Moto storiche &<br />
d’Epoca n. 41) fece il debutto a sorpresa<br />
al Gran Premio del Giappone del 1967.<br />
Nel 1968, dopo il ritiro della Honda, anche<br />
la Suzuki non presentò una squadra<br />
ufficiale e con questa decisione<br />
fermò anche lo sviluppo della RS 67.<br />
La <strong>RT</strong> <strong>66</strong> scese però ancora in pista nelle<br />
mani di Anscheidt e Graham, cui furono<br />
affidate un paio di macchine ciascuno<br />
e una buona scorta di ricambi.<br />
Dopo le note limitazioni nel numero di<br />
cilindri e di rapporti del cambio, una<br />
<strong>RT</strong> <strong>66</strong>, nelle mani del corpulento (per la<br />
classe 125) pilota tedesco Dieter Braun<br />
riuscì a vincere un titolo mondiale nel<br />
1970, davanti a una Derbi, una Maico,<br />
una Kawasaki e una MZ, in rappresentanza<br />
di una nutrita e eterogenea schiera<br />
di avversari.<br />
L’anno successivo, Barry Sheene, con la<br />
<strong>RT</strong> <strong>66</strong> acquistata dal connazionale<br />
Stuart Graham giunse secondo nel<br />
mondiale alle spalle di Angel Nieto con<br />
la Derbi ufficiale. Va ricordato che quell’anno,<br />
la moto di Barry aveva compiuto<br />
5 anni dalla prima uscita in pista !<br />
La Suzuki, come molte altre Case, aveva<br />
l’abitudine di distruggere le proprie<br />
macchine alla fine della stagione. Questo<br />
“rito” veniva consumato presso la<br />
In alto, il cavalletto di sostegno è senza<br />
dubbio sovradimensionato per una moto di<br />
soli 89 kg di peso !<br />
In basso, la fotografia mostra uno dei dischi<br />
rotanti di ammissione. Vi si accede<br />
smontando il coperchio laterale che funge<br />
anche da supporto per il carburatore e fissato<br />
al carter motore con una serie di viti.<br />
Il principale vantaggio di questo tipo di<br />
ammissione, rispetto a quella tradizionale<br />
comandata dal pistone, è quello di consentire<br />
una fasatura asimmetrica, con miglioramento<br />
del riempimento e del travaso.<br />
Anche il regime termico del pistone è più<br />
omogeneo, non essendoci più contatto diretto<br />
con la carica fresca.<br />
fabbrica, nelle vicinanze del reparto<br />
corse di Hamamatsu (questa usanza potrà<br />
oggi sembrare barbara, ma all’epoca<br />
era in uso per mantenere tali i segreti<br />
tecnici e precluderli alla concorrenza).<br />
Alcune delle <strong>RT</strong> trovarono invece la loro<br />
destinazione finale in Olanda, e questo<br />
ebbe evidentemente a che fare con il<br />
fatto che il quartier generale della squadra<br />
corse Suzuki in Europa negli anni<br />
’60, era ubicato nel piccolo villaggio di<br />
Badhoervedorp. Le motociclette, i furgoni<br />
di trasporto, i meccanici e spesso<br />
anche i piloti erano ospitati in un hotel<br />
e in una serie di garage nelle vicinanze<br />
di Schipol (l’aeroporto di Amsterdam).<br />
Il che rendeva i contatti con il Giappone<br />
e in particolare l’invio dei ricambi, assai<br />
semplice e veloce.