Catalogo download - Matthias Brandes
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E il giocattolo diventò poesia.<br />
Intervista a <strong>Matthias</strong> <strong>Brandes</strong><br />
di Alessandra Redaelli<br />
In che modo ti sei formato come pittore?<br />
Mi sono iscritto all’Accademia di Amburgo nel<br />
1969. Dopo il sessantotto, o facevi politica,<br />
video, manifesti oppure eri un reazionario che<br />
faceva arte borghese. Per noi che amavamo<br />
la pittura, il realismo politico e sociale offriva<br />
una via di mezzo. E poi c’era la DDR, con una<br />
tradizione pittorica molto apprezzabile.<br />
Il mio maestro è stato Gotthard Graubner, un<br />
astrattista che si era formato a Dresda. Da lui<br />
ho appreso il mistero del colore e l’importanza<br />
di Cézanne per la pittura moderna. Ma in<br />
fondo dipingevo poco. Studiavo per diventare<br />
professore di liceo, quindi dovevo occuparmi<br />
anche di pedagogia e didattica<br />
A 29 anni, con il comprensibile ritardo di una vita<br />
studentesca politicamente ed emotivamente<br />
movimentata, avevo finalmente l’abilitazione<br />
per l’insegnamento ginnasiale in tasca. Ma<br />
invece di insediarmi in qualche ginnasio con<br />
un sicuro stipendio statale mi sono ritirato<br />
qui nelle campagne del Veneto, che allora era<br />
ancora una terra povera. Riconoscevo di non<br />
sapere ancora dipingere e così ho cominciato da<br />
capo, da autodidatta. Qudri molto piccoli. Tre<br />
pere, qualche paesaggio, ritratti. Da studente<br />
ammiravo Guttuso, ma ora cominciavo a<br />
perdere la testa per Morandi. Un po’ alla volta<br />
10<br />
ho cercato di assorbire tutta la pittura figurativa<br />
italiana del Novecento, Carrà, Sironi ecc.<br />
Ma la folgorazione è arrivata dopo qualche<br />
anno, a Venezia, a una mostra di Balthus.<br />
Autodidatta come me e anacronista, Balthus,<br />
in pieno espressionismo astratto, dipingeva le<br />
sue fanciulle in uno stile ispirato a Piero della<br />
Francesca. Che coraggio!<br />
Come nascono i tuoi dipinti? Da dove viene<br />
l’idea che poi si trasforma in quadro?<br />
Se lo sapessi! Non c’è un motivo razionale. Le<br />
Navi, per esempio, sono nate così: a otto anni<br />
mio figlio andava matto per la storia del Titanic.<br />
Era appena uscito il film e la vicenda lo aveva<br />
colpito moltissimo. Così, come giocattolo, decisi<br />
di costruirgli una semplice nave di cartone. Un<br />
giorno l’ho vista lì, abbandonata su un tavolo,<br />
e improvvisamente mi sono reso conto della<br />
magia che sprigionava in quella posizione: un<br />
oggetto imponente come una nave appoggiato<br />
su un tavolo! Così ho cominciato a sviluppare<br />
questo soggetto ed è nata la serie delle Navi.<br />
Mi incuriosiscono le simbologie della tua<br />
pittura. Perché una casa – che per antonomasia<br />
si considera qualcosa di solido e protettivo<br />
– è in equilibrio instabile o, addirittura,<br />
qualche volta vola?<br />
Credo che le mie case, in fondo, siano esseri<br />
viventi, personalità singolari o strani animali. Lo<br />
diventano perché sono strappate al loro contesto