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LA 194, LAICA E CIVILE LA PALESTINA PACIFISTA

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CHIARA COPPETO<br />

C ala<br />

2<br />

il potere d’acquisto dei<br />

salari e la questione torna al<br />

centro del dibattito politico<br />

con il governo alla ricerca di proposte<br />

per ridurre la pressione fiscale<br />

ed i sindacati che minacciano lo<br />

sciopero generale.<br />

Per Gianni Pagliarini, presidente<br />

della Commissione lavoro<br />

della Camera, la questione salariale<br />

è «esplosa in modo ancora più significativo<br />

negli ultimi periodi, ma<br />

è una questione che parte da lontano».<br />

Da dove?<br />

Con l’accordo<br />

del 23<br />

luglio nel ‘93,<br />

con l’abolizione<br />

della scala mobile<br />

e con un<br />

meccanismo<br />

contrattuale<br />

che continuava<br />

a richiedere aumenticontrattualirincorrendo<br />

l’inflazione<br />

programmata e<br />

non l’inflazione reale.<br />

Si è in sostanza ridotto il potere<br />

di acquisto dei lavoratori<br />

e la questione<br />

è da ricondurre al<br />

tema della non equa<br />

redistribuzione della<br />

ricchezza.<br />

In merito ai salari<br />

italiani si parla<br />

dei più bassi d’Europa.<br />

Sì, serve un aumento<br />

dei salari ma<br />

serve anche un meccanismo<br />

che garantisca<br />

l’aggancio del valore dei<br />

salari con l’andamento<br />

dei prezzi, una nuova scala mobile.<br />

Negli anni 70 e 80 il rapporto<br />

fra salari e Pil era del 50% quindi il<br />

50% del Pil nazionale era fatto da<br />

reddito da lavoro dipendente. Oggi,<br />

se si va a verificare, quella percentuale<br />

è scesa al 40%. Quindi c’è un<br />

10% che i salari e i redditi da lavoro<br />

dipendente hanno perso a favore<br />

della rendita finanziaria e dei profitti<br />

delle imprese.<br />

Imprese che non rinnovano i<br />

Giovedì 10 Gennaio 2008<br />

STIPENDI<br />

LIGHT<br />

L'intervista Gianni Pagliarini<br />

NON SI VIVE<br />

DI SOLE TASSE<br />

La questione salariale parte da lontano<br />

GLI IMPRENDITORI<br />

DEVONO<br />

RISPETTARE<br />

LE SCADENZE<br />

CONTRATTUALI<br />

contratti, sono circa sei milioni i<br />

lavoratori ancora in attesa.<br />

Rinnovare i contratti non è più<br />

vissuto come un dovere del datore<br />

di lavoro ed un diritto del lavoratore<br />

ma è quasi un optional. Il<br />

meccanismo che porta a far slittare<br />

il rinnovo dei contratti è un meccanismo<br />

che favorisce il sistema delle<br />

imprese perché più in là rinnovano<br />

i contratti e più questi risparmiano.<br />

Andrebbe rivisto il modello contrattuale<br />

da un lato con un meccanismo<br />

che agganci andamento dei prezzi e<br />

retribuzioni ma dall’altro anche con<br />

obblighi precisi dei datori di lavoro<br />

rispetto alle scadenze.<br />

I sindacati<br />

sulla questione<br />

dei salari han-<br />

no minacciato<br />

lo sciopero generale.<br />

I sindacati<br />

fanno bene<br />

a porre con<br />

forza il tema<br />

salariale però<br />

vorrei segnalare<br />

una cosa: non<br />

si può risolvere<br />

il problema<br />

dei salari solo<br />

intervenendo sulla<br />

fiscalità perché<br />

il rischio è quello<br />

che da un lato do<br />

qualche euro in<br />

più per effetto<br />

di una modifica<br />

della fiscalità sul<br />

reddito da lavoro<br />

dipendente, ma<br />

alla fine ho meno<br />

entrate per<br />

garantire servizi.<br />

Rischia di essere<br />

alla fine una beffa,<br />

perché meno entrate ci sono per<br />

lo stato e meno servizi quest’ultimo<br />

può garantire. Quindi meno soldi<br />

per la sanità, per la scuola pubblica,<br />

per le pensioni e il lavoratore avrebbe<br />

meno stato sociale.<br />

Invece Cgil Cisl e Uil stanno<br />

impostando tutto sulla leva fiscale?<br />

Sì e io su questo francamente<br />

qualche dubbio ce lo avrei. Penso<br />

che sia innanzitutto un problema<br />

di redistribuzione della ricchezza<br />

QUANDO SI TRATTA di aumenti salariali, la<br />

frase più gettonata risulta essere “ognuno deve<br />

fare la sua parte”. Affermazione legittima,<br />

se non fosse che ognuno tende a scaricare<br />

sull’altra parte le responsabilità di un immobilismo<br />

che alla lunga sta avendo effetti devastanti<br />

sul bilancio delle famiglie italiane, in<br />

particolare quelle che vivono di retribuzioni<br />

da lavoro dipendente e che effettivamente<br />

la loro parte la fanno da sempre. Un passo<br />

avanti tuttavia va registrato: anche il mondo<br />

dell’impresa ha preso atto della situazione di<br />

difficoltà in cui versano le famiglie, salvo poi<br />

puntare il dito contro la politica e i famigerati<br />

“lacci e lacciuoli” che impediscono alle imprese<br />

di decollare. La posizione di Confindustria<br />

è fin troppo nota anche se in questo primissimo<br />

scorcio del 2008 di fronte alla gigantesca<br />

questione salariale e alla possibilità (prospettata<br />

da Prodi) di agire concretamente, l’associazione<br />

degli industriali non è stata prodiga<br />

di commenti probabilmente concentrata<br />

nella corsa alla successione al vertice di viale<br />

dell’Astronomia. Fa eccezione Alessandro<br />

Riello, attualmente nel Consiglio Direttivo<br />

di Confindustria Verona e nel Consiglio regionale<br />

dell’associazione industriali in Vene-<br />

primopiano<br />

che si lega al tema delle imprese<br />

che devono fare la loro parte. Poi si<br />

può anche ragionare sulla questione<br />

della fiscalità ma intrecciando il<br />

tema del peso del fisco sul reddito<br />

da lavoro dipendente col peso del<br />

fisco sulla speculazione finanziaria.<br />

Allora, se si crea un meccanismo<br />

per cui proporzionalmente all’innalzamento<br />

dell’aliquota fiscale<br />

sulla rendita finanziaria c’è anche<br />

un abbassamento su quella del lavoro<br />

dipendente a invarianza di<br />

gettito per lo Stato, si può anche<br />

ragionare.<br />

L’imprenditore<br />

<strong>LA</strong> POLITICA È LONTANA<br />

DAL MONDO REALE<br />

L’opinione di Alessandro Riello: «Stato assente. Il<br />

nord-est si sente dimenticato e non rappresentato»<br />

to, che oltre a guidare un’azienda di successo<br />

(Aermec) fa parte di una nota famiglia di<br />

industriali. Attualmente suo cugino Andrea<br />

Riello è presidente di Confindustria Veneto<br />

che in verità ha risposto con diffidenza all’appello<br />

di Prodi riguardo al patto su tasse, salari<br />

competitività: «Mi auguro che un progetto<br />

del genere riguardi un altro governo, non<br />

quello in carica», ha detto.<br />

Alessandro Riello non nega che sia un<br />

«momento difficile» anche se quando si parla<br />

di “famiglie in bancarotta” per l’imprenditore<br />

si tende a «drammatizzare». Tuttavia,<br />

dice, «ci si può rendere conto che il rapporto<br />

del costo della vita rispetto agli introiti<br />

che le famiglie hanno, indubbiamente,<br />

deve far riflettere tutti». Ma poi mette subito<br />

in chiaro: «Per ogni euro che il nostro<br />

dipendente percepisce l’azienda deve caricare<br />

un altro euro e ventitré come minimo<br />

di contributi, allora i conti non tornano».<br />

Ammette che ci siano state misure a favore<br />

delle imprese, anche dal governo di centro-sinistra<br />

(una per tutte, la riduzione del<br />

cuneo fiscale), tuttavia si dice insoddisfatto<br />

e accusa la politica di essere lontana «dal<br />

mondo reale, della produzione». «C’è molta<br />

L’AZIENDA<br />

Alessandro Riello,<br />

past president<br />

di Confindustria<br />

Verona, è nato<br />

nel 1954, sposato,<br />

tre figli. Suo<br />

padre Giordano<br />

ha fondato<br />

l’azienda Aermec<br />

Spa, suo nonno<br />

Raffaello fu tra i<br />

fondatori della<br />

Riello Bruciatori

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