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Rosetta Nulli - Testimonianze dai lager

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di carne. Mio figlio si sedeva sullo sgabello al centro del tavolo e tutti lo guardavano<br />

mangiare le patate con sotto la fetta di carne. Mia sorella la sera gli raccontava la storiella<br />

del Nano Sabbiolino. Se tu non dormi viene un Nano Sabbiolino coi sacchetti di sabbia e ti<br />

butta la sabbia negli occhi così tu il giorno dopo non potrai più vedere niente. E poi gli<br />

faceva dei disegni. Quando mio figlio ha compiuto cinque anni, il comando tedesco del<br />

<strong>lager</strong> gli ha mandato un giochino, con gli animali da mettere nella giusta casella e le lucine<br />

che si accendevano.<br />

Siamo rimaste chiuse nelle celle fino al 29 aprile 1945. Una volta al mese radunavano tutti<br />

gli internati, uomini e donne, nel grande piazzale del campo che era molto vasto. Intorno<br />

c’erano capannoni da una parte e dall’altra, al centro c’era un fabbricato basso con le<br />

docce e l’infermeria, in fondo la cucina e di fronte un altro piccolo fabbricato con le celle di<br />

punizione. Dentro queste celle c’erano due muretti rivestiti di cemento e alti settanta<br />

centimetri circa, dove mettevano i prigionieri quando volevano punirli. Quando partivano i<br />

trasporti per i campi in Germania, facevano un’adunata, non quella solita che si faceva<br />

tutte le mattine alle cinque e trenta, mezz’ora dopo che era suonata la prima sirena. Era<br />

un’adunata particolare che si faceva verso sera dopo che tutti erano ritornati dal lavoro.<br />

C’era il maresciallo Haage, che era il vice comandante, e un altro maresciallo.<br />

Chiamavano numeri e nomi, questi uscivano dal gruppo e venivano chiusi tutti in un<br />

blocco, che era lasciato sempre libero. Erano quelli che erano stati scelti per andare nei<br />

campi di sterminio in Germania. Alla stazione venivano portati sui camion. Normalmente<br />

questo avveniva una volta al mese. Il campo poteva contenere dalle milleduecento alle<br />

millecinquecento persone, ma siamo sempre stati molti di più. Non ci hanno mai lasciato<br />

lavorare. La persona che si occupava di assegnare il lavoro alle donne era la prima moglie<br />

di Indro Montanelli, Margherita, una bella donna austriaca. E io e mia sorella le dicevamo<br />

“Cerca di fare in modo che anche noi si possa uscire a fare qualche cosa”, perché c’era un<br />

gruppo di donne che andavano a tenere pulite le stanze delle villette dei soldati e degli<br />

ufficiali tedeschi appena al di là dei reticolati. Ma non ce l’hanno mai concesso. Nel campo<br />

ho conosciuto dei religiosi, don Gaggero di Genova, che era dei Padri della Pace, e don<br />

Berselli, segretario del Vescovo di Cremona, che ogni due giorni veniva a farsi attaccare i<br />

bottoni delle mutande. Don Berselli l’ho rivisto anche dopo, mi ha invitato a pranzo al<br />

palazzo del vescovo di Cremona. Funaro era un famosissimo direttore d’orchestra, aveva<br />

un’orchestra di musica leggera ed era stato preposto ad organizzare i gruppi che

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