La vita immortale di Henrietta Lacks - SICP
La vita immortale di Henrietta Lacks - SICP
La vita immortale di Henrietta Lacks - SICP
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
LA RIVISTA ITALIANA DI CURE PALLIATIVE Sul como<strong>di</strong>no<br />
<strong>La</strong> <strong>vita</strong> <strong>immortale</strong> <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong> <strong>La</strong>cks<br />
Rebecca Skloot. <strong>La</strong> <strong>vita</strong> <strong>immortale</strong> <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong> <strong>La</strong>cks. Ed. Adelphi, traduzione <strong>di</strong> Luigi Civalleri, 2011, 26,00 euro<br />
Tra i best seller negli Stati Uniti, vincitore<br />
<strong>di</strong> molti premi e tradotto in<br />
più <strong>di</strong> venticinque lingue troviamo<br />
<strong>La</strong> <strong>vita</strong> <strong>immortale</strong> <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong><br />
<strong>La</strong>cks, un libro <strong>di</strong>fficile da definire.<br />
Il libro, pubblicato oltreoceano nel<br />
2010, parla <strong>di</strong> scienza e <strong>di</strong> bioetica<br />
ma non è un saggio e si legge come<br />
un romanzo appassionante. E’ il frutto<br />
del meticoloso e decennale lavoro<br />
giornalistico <strong>di</strong> Rebecca Skloot,<br />
scrittrice scientifica americana che<br />
Ilaria Piccinini, infermiera attualmente<br />
residente a Chicago che ha<br />
collaborato con l’associazione Luce<br />
per la <strong>vita</strong> e che con<strong>di</strong>vide con me<br />
questo scritto, ha conosciuto personalmente.<br />
Lo spunto per il libro nacque circa 15<br />
anni fa durante una lezione <strong>di</strong> biologia,<br />
quando Rebecca era agli ultimi<br />
anni delle superiori. Il docente finì<br />
la sua lezione con un breve accenno<br />
alle cellule tumorali <strong>Henrietta</strong> <strong>La</strong>cks:<br />
le prime cellule umane immortali mai<br />
cresciute in laboratorio. “Tutto qui?”<br />
fu il pensiero della Skloot. “Di dov’era?<br />
Ha saputo quanto fossero<br />
importanti le sue cellule?”. Andò a<br />
parlare all’insegnante il quale le <strong>di</strong>sse<br />
che non si sapeva nulla <strong>di</strong> lei se non<br />
che era una donna <strong>di</strong> colore e le propose<br />
<strong>di</strong> fare qualche approfon<strong>di</strong>mento<br />
per un cre<strong>di</strong>to extra. L’autrice<br />
in quel periodo era concentrata su<br />
altro e lasciò perdere; la storia <strong>di</strong><br />
<strong>Henrietta</strong> tuttavia l’aveva folgorata e<br />
non l’avrebbe mai più abbandonata.<br />
Quando intraprese la strada della<br />
scrittura e iniziò ad affermarsi come<br />
giornalista scientifica pensò che fosse<br />
maturato il suo momento.<br />
<strong>La</strong> <strong>vita</strong> <strong>immortale</strong> <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong> <strong>La</strong>cks<br />
racconta alcune pagine fondamentali<br />
dell’evoluzione della scienza me<strong>di</strong>ca,<br />
partendo dalle storie <strong>di</strong> <strong>vita</strong> quoti<strong>di</strong>ana<br />
delle persone facendone trasparire<br />
tutta l’umanità e la complessità,<br />
gli intrecci e le implicazioni.<br />
Parla della giovane <strong>Henrietta</strong> <strong>La</strong>cks,<br />
afroamericana <strong>di</strong> famiglia povera,<br />
che nel 1951 coltivava tabacco e<br />
aveva cinque figli. Narra della sua <strong>vita</strong>,<br />
della sua famiglia, della sua malattia<br />
– un cancro della cervice uterina – dei<br />
tentativi <strong>di</strong> trattamento e del loro fallimento;<br />
parla soprattutto del prelievo<br />
<strong>di</strong> un piccolo pezzo <strong>di</strong> tumore a<br />
fini <strong>di</strong> ricerca scientifica effettuato a<br />
sua insaputa, com’era prassi fare allora,<br />
e <strong>di</strong> come quel prelievo stesso abbia<br />
cambiato la storia della me<strong>di</strong>cina. Da<br />
molto tempo infatti gli scienziati<br />
tentavano <strong>di</strong> coltivare cellule umane<br />
in vitro senza riuscirci. Fu così fino al<br />
prelievo <strong>di</strong> tessuto <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong>. Le<br />
cellule tumorali <strong>di</strong> quel tessuto, chiamate<br />
“He<strong>La</strong>” dalle iniziali del suo<br />
nome, hanno cominciato a duplicarsi<br />
e riduplicarsi senza fermarsi <strong>di</strong>ventando<br />
così “immortali”. Le cellule <strong>di</strong><br />
<strong>Henrietta</strong> sono ancora oggi tra le più<br />
Rebecca Skloot, autrice <strong>di</strong> <strong>La</strong> <strong>vita</strong> <strong>immortale</strong> <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong> <strong>La</strong>cks.<br />
stu<strong>di</strong>ate e vendute. Negli anni hanno<br />
permesso <strong>di</strong> raggiungere innumerevoli<br />
successi in ambito me<strong>di</strong>co-scientifico<br />
tra cui il vaccino per la poliomielite,<br />
la fertilizzazione in vitro, lo<br />
stu<strong>di</strong>o su numerosi farmaci (per il cancro,<br />
il Parkinson, l’Alzheimer, l’herpes,<br />
la leucemia, l’influenza, l’emofilia,<br />
eccetera), la clonazione, il mapping<br />
genetico. Sono state anche spe<strong>di</strong>te<br />
nello spazio per valutare che cosa capitasse<br />
alle cellule umane a gravità<br />
zero. Fermandoci a questi esempi riusciamo<br />
a pensare a quante persone siano<br />
state <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente<br />
beneficiate dalle cellule He<strong>La</strong>?<br />
Una delle cose che l’ha più colpita durante<br />
il suo giro <strong>di</strong> conferenze <strong>di</strong> promozione<br />
del libro, spiega l’autrice, è<br />
sentire le testimonianze <strong>di</strong> persone che<br />
<strong>di</strong>cono: “Io sono nato grazie alle cellule<br />
He<strong>La</strong>”.<br />
Non stupisce che ne sia venuto fuo-<br />
51
Sul como<strong>di</strong>no<br />
Cellule He<strong>La</strong>, estratte originariamente dal cancro<br />
della cervice uterina <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong> <strong>La</strong>cks.<br />
52<br />
ri anche un mercato multimilionario<br />
per l’industria farmaceutica.<br />
<strong>Henrietta</strong>, che morì pochi mesi<br />
dopo la prima <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> cancro,<br />
non scoprì mai l’importanza delle sue<br />
cellule. Ma non la scoprì neanche la<br />
sua famiglia, almeno fino all’inizio<br />
degli anni settanta, quando ricevette<br />
una telefonata. Quello che il marito<br />
<strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong>, <strong>di</strong> umili origini e<br />
scarsa istruzione, capì <strong>di</strong> quella telefonata<br />
suona all’incirca così: “Abbiamo<br />
in laboratorio una parte viva<br />
<strong>di</strong> sua moglie che negli ultimi 25 anni<br />
abbiamo usato per la ricerca scientifica.<br />
Sua moglie aveva il cancro e dovremmo<br />
valutare anche i suoi figli per<br />
vedere se ce l’hanno anche loro”.<br />
L’obiettivo degli scienziati era fare ulteriori<br />
indagini sui figli <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong><br />
per capire qualcosa in più sulle cellule<br />
della madre. Fu così che, negli<br />
anni settanta, anche il resto della famiglia<br />
<strong>La</strong>cks fu coinvolto nella ricerca<br />
scientifica; ancora una volta senza<br />
consenso. Questo aspetto della storia<br />
assume una rilevanza particolare<br />
in un paese in cui l’accesso alle cure<br />
sanitarie non è scontato. Campioni<br />
<strong>di</strong> tessuti vengono prelevati dalle persone<br />
e utilizzati per scopi scientifici,<br />
in alcuni casi anche a loro insaputa.<br />
Da questi stu<strong>di</strong> nascono dei prodotti<br />
che vengono rivenduti alle persone<br />
ma alcune <strong>di</strong> queste non possono<br />
permetterseli. Tra queste è inclusa la<br />
famiglia <strong>La</strong>cks che non può permettersi<br />
un’assicurazione sanitaria<br />
che, negli Stati Uniti, significa la copertura<br />
per le cure sanitarie <strong>di</strong> base.<br />
Dal libro emergono aspetti che nell’ambito<br />
delle cure palliative si in-<br />
contrano quoti<strong>di</strong>anamente: la consapevolezza<br />
<strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong>, per esempio,<br />
che sa molto prima dei me<strong>di</strong>ci che la<br />
sua malattia non si è affatto fermata.<br />
Lei conosce il suo corpo e la fatica<br />
che urta ogni giorno <strong>di</strong> più contro la<br />
sua voglia <strong>di</strong> fare, con l’astenia e il dolore.<br />
Le cugine <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong> <strong>di</strong>cono<br />
che non si era spenta perché il viso<br />
e il corpo erano sempre gli stessi, senza<br />
la “brutta cera” che talvolta colpisce<br />
chi ha un cancro in fase avanzata<br />
anche se dagli occhi si percepiva<br />
che avrebbe avuto ancora poco da<br />
vivere. Guardare la morte negli occhi<br />
degli altri; anche questa è un’immagine<br />
che chi opera in cure palliative<br />
conosce e deco<strong>di</strong>fica ogni volta<br />
per l’altro, per i familiari e per sé.<br />
Non ci sono certezze sull’incontro<br />
che <strong>Henrietta</strong> ebbe con lo scopritore<br />
dell’immortalità delle sue cellule<br />
malate, George Gey; tuttavia una microbiologa<br />
dello staff dello scienziato<br />
afferma: “Non potrò mai <strong>di</strong>menticarlo.<br />
George mi raccontò che si era<br />
avvicinato al letto <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong> e le<br />
aveva sussurrato: ‘Le tue cellule ti<br />
renderanno <strong>immortale</strong>’”.<br />
Le spiegò che quel campione avrebbe<br />
salvato innumerevoli vite. Lei<br />
sorrise e <strong>di</strong>sse che era felice <strong>di</strong> sapere<br />
che tutto quel dolore sarebbe servito<br />
a qualcosa.<br />
Invenzione letteraria o reale ricerca<br />
e ritrovamento <strong>di</strong> senso, sulle orme<br />
<strong>di</strong> Viktor Frankl?<br />
<strong>La</strong>sciamo ai lettori una risposta o ulteriori<br />
dubbi.<br />
Scrupolosa e caparbia, come lei stessa<br />
si definisce, l’autrice racconta<br />
quin<strong>di</strong> l’esperienza <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong>.<br />
Dalle vicende della famiglia <strong>La</strong>cks<br />
emergono anche importanti capitoli<br />
della storia della me<strong>di</strong>cina, della<br />
bioetica, del welfare, delle questioni<br />
razziali. I racconti si intrecciano con<br />
una serie <strong>di</strong> curiosità e stravaganze<br />
della storia della ricerca, dai primi tentativi<br />
<strong>di</strong> spe<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> cellule con<br />
l’obiettivo <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre la scoperta<br />
con il resto della comunità scientifica<br />
fino ai primi esperimenti che<br />
LA RIVISTA ITALIANA DI CURE PALLIATIVE<br />
prevedevano, tra gli altri, l’iniezione<br />
delle cellule tumorali <strong>di</strong>rettamente<br />
nell’uomo a scopo <strong>di</strong> vaccinazione.<br />
Come spesso succede il libro parla<br />
anche dell’autrice e del rapporto<br />
che instaura con la famiglia <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong>,<br />
in particolare con la figlia<br />
Deborah. Questa storia nel tempo è<br />
<strong>di</strong>ventata ine<strong>vita</strong>bilmente parte <strong>di</strong> lei<br />
coinvolgendo non solo l’io professionale<br />
ma anche il suo io personale.<br />
Questo è un altro elemento <strong>di</strong><br />
contatto con chi lavora nel settore<br />
delle cure palliative e che nel tempo<br />
si apprende: mantenere in <strong>di</strong>alogo e<br />
in equilibrio le due parti <strong>di</strong> sé.<br />
Rebecca Skloot è l’unica che riesce,<br />
con onestà e delicatezza, a entrare in<br />
comunicazione con i <strong>La</strong>cks, una famiglia<br />
ferita dalla scienza e alle prese<br />
con un dolore che deriva dall’impossibilità<br />
<strong>di</strong> concludere l’elaborazione<br />
<strong>di</strong> un lutto a causa <strong>di</strong> tanti <strong>di</strong>fetti<br />
<strong>di</strong> comunicazione e della stessa<br />
“immortalità” delle cellule <strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong>.<br />
Lo stile giornalistico <strong>di</strong> tipo anglosassone<br />
dell’autrice, <strong>di</strong> obiettività<br />
narrativa che racconta senza prendere<br />
posizione, rispecchia in realtà<br />
quello che dovrebbe essere un atteggiamento<br />
fondamentale, anche se<br />
spesso <strong>di</strong>fficile, per chi lavora in<br />
ambito sanitario: la capacità <strong>di</strong> sospendere<br />
il giu<strong>di</strong>zio.<br />
Il libro ha avuto un grosso successo<br />
e sarà presto utilizzato per un film. <strong>La</strong><br />
Skloot ha inoltre deciso <strong>di</strong> iniziare a<br />
lavorare a una versione per ragazzi in<br />
modo che il testo possa essere utilizzato<br />
maggiormente nella scuola e<br />
ha istituito una fondazione per i familiari<br />
<strong>di</strong> <strong>Henrietta</strong> <strong>La</strong>cks e altre persone<br />
in situazioni simili per aiutarli<br />
con le spese scolastiche e sanitarie.<br />
Dopo l’uscita del libro Rebecca<br />
Skloot ha rintracciato il suo professore<br />
<strong>di</strong> biologia che nel frattempo si<br />
era totalmente <strong>di</strong>menticato <strong>di</strong> lei e<br />
della loro conversazione. Gli ha inviato<br />
una copia del libro con una<br />
nota: “Ecco il lavoro su <strong>Henrietta</strong><br />
<strong>La</strong>cks per il cre<strong>di</strong>to extra”.<br />
Eugenia Malinverni e Ilaria Piccinini<br />
vol. 14, n. 2-2012