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LA GRANDE GUERRA - Comune di Penango

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ALESSANDRO ALLEMANO - STORIA DI PENANGO (2004)<br />

<strong>LA</strong> <strong>GRANDE</strong> <strong>GUERRA</strong><br />

Preceduto dalle “ra<strong>di</strong>ose giornate <strong>di</strong> maggio”, quando gli interventisti più accesi organizzavano<br />

cortei al grido <strong>di</strong> «Viva Roma ven<strong>di</strong>catrice!», 1 il nuovo conflitto scoppiò il 24 maggio 1915. Per la<br />

verità la guerra era <strong>di</strong>vampata già da alcuni mesi, ma l’Italia era riuscita sino ad allora a restare in<br />

una posizione <strong>di</strong> neutralità, attendendo offerte migliori dai suoi possibili alleati.<br />

Ora invece era chiaro che si doveva entrare in lizza a fianco delle potenze occidentali e della Russia.<br />

La mobilitazione era iniziata subito dopo l’inizio della guerra, nel ’14, e fu alquanto graduale.<br />

La mobilitazione<br />

Anche molti penanghesi vennero trattenuti o richiamati alle armi e molti lasciarono il paese in<br />

seguito alla pubblicazione del manifesto <strong>di</strong> mobilitazione generale, il 22 maggio 1915. «La nostra<br />

partecipazione alla guerra da molti fu considerata come una bestialità, da pochi con in<strong>di</strong>fferenza<br />

perché non si prevedevano le conseguenze» annotava in quei giorni don Torriano, e aggiungeva:<br />

«Chi si <strong>di</strong>mostra bollente patriota è il maestro Manacorda, che però per ora si frega le mani tra le<br />

domestiche pareti mentre molti del paese contro loro volontà partono per il fronte». 2 Com’è ovvio, il<br />

nuovo conflitto suscitò dolorosa apprensione nelle famiglie dei soldati, sia per la desolazione degli<br />

affetti cari che per la conseguente mancanza <strong>di</strong> manodopera per i lavori <strong>di</strong> campagna. «Il soldato<br />

italiano era nel suo complesso molto buono, non inferiore a quello <strong>di</strong> altri eserciti. Disciplinato,<br />

frugale, moralmente sano. Proveniva prevalentemente dalla classe conta<strong>di</strong>na e poi da quella operaia.<br />

Si amalgamava facilmente nel reparto e seguiva il suo superiore con fedeltà. (…) I soldati<br />

richiamati arrivavano ai reggimenti senza un grande spirito battagliero. La maggioranza veniva da<br />

ambienti ignari della politica e delle superiori esigenze del Paese». 3 Verso fine anno erano in armi<br />

984.000 italiani e a tutto il mese <strong>di</strong> novembre si contavano già 232.000 tra morti e feriti; a<br />

novembre affluirono ai <strong>di</strong>stretti i giovani della classe 1896, «in numero esuberante (228.000)<br />

rispetto ai soli 116 mila fucili allora <strong>di</strong>sponibili», 4 poi si richiamarono anche aliquote in congedo<br />

della Milizia Mobile e della Territoriale.<br />

Proprio in novembre <strong>Penango</strong> contava la sua prima vittima <strong>di</strong> quella guerra che per il grande<br />

numero <strong>di</strong> Stati coinvolti veniva definita “europea”: era Pietro Carpignano, macellaio, alpino del 3°<br />

Reggimento. 5 «In paese si incomincia a tremare per la sorte degli altri» scrisse don Torriano.<br />

Si creò fin dal primo anno <strong>di</strong> guerra un fronte interno <strong>di</strong> supporto ai combattenti. A <strong>Penango</strong> si<br />

costituì un Comitato <strong>di</strong> Assistenza civile che molto si <strong>di</strong>ede da fare per inviare indumenti <strong>di</strong> lana e<br />

pacchi viveri ai soldati del paese che erano al fronte. 6 Fu aperta una sottoscrizione che ai primi <strong>di</strong><br />

agosto del 1915 fruttò 120 lire: quasi tutte le famiglie contribuirono, seppure in misura molto<br />

ridotta. Tra i più generosi don Torriano, Luigi Allemano, Carlo Cabiale e Michele Zanello, tutti con<br />

un’offerta <strong>di</strong> 5 lire. Quando si piantò il ballo con la comparsa ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> un piano noleggiato per<br />

20 lire, i proventi – 56 lire – furono devoluti al Comitato; i ferrovieri della locale stazione<br />

contribuirono anch’essi più volte con offerte spontanee. Analoghe forme <strong>di</strong> mobilitazione civile<br />

1 Parole pronunciate da Gabriele D’Annunzio a Roma il 13 maggio 1915. Il poeta abruzzese era tra i più cal<strong>di</strong> fautori<br />

del conflitto contro l’Austria, che fino a qualche anno prima era nostra alleata insieme con la Prussia del kaiser<br />

Guglielmo. Il fronte interventista comprendeva i nazionalisti, i liberali <strong>di</strong> destra, la parte dei socialisti che faceva capo a<br />

Mussolini, i sindacalisti rivoluzionari, i ra<strong>di</strong>cali e i repubblicani <strong>di</strong> ispirazione risorgimentale; neutralisti erano invece i<br />

liberali facenti capo a Giolitti, i socialisti, i cattolici.<br />

2 APP, Liber chronicus.<br />

3 T. ARGIO<strong>LA</strong>S, La prima guerra mon<strong>di</strong>ale, Ciarrapico, Roma, 1984, pp. 74-75.<br />

4 V. I<strong>LA</strong>RI, Storia del servizio militare in Italia (1506-1870), v. II, CeMiSS Rivista militare, Roma, 1990, p. 429.<br />

5 Nato a Castelletto Merli nel 1877, era un richiamato anziano. Morì nell’Ospedale chirurgico contumaciale <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne il<br />

1° novembre 1915 «in seguito a ferite riportate combattendo valorosamente» nel settore dell’alto Isonzo.<br />

6 Giovanni Corzino, uno dei responsabili del Comitato, passò casa per casa anche a raccogliere lana e pelli <strong>di</strong> coniglio.<br />

L’azione dei Comitati fu sostenuta anche dal governo, che costituì ad<strong>di</strong>rittura un ministero per l’Assistenza civile, retto<br />

da Ubaldo Coman<strong>di</strong>ni.


ALESSANDRO ALLEMANO - STORIA DI PENANGO (2004)<br />

ebbero luogo negli altri tre anni <strong>di</strong> guerra. Ai soldati giunsero così indumenti <strong>di</strong> lana grezza<br />

probabilmente più cal<strong>di</strong> <strong>di</strong> quelli forniti dall’amministrazione militare, sicuramente più gra<strong>di</strong>ti<br />

perché sapevano <strong>di</strong> casa, e arrivavano anche piccole somme <strong>di</strong> denaro mandate per vaglia postale:<br />

erano solo 2 lire per invio, ma avevano anch’esse la loro importanza.<br />

Altri sussi<strong>di</strong> venivano concessi alle famiglie dei militari alle armi che versassero in critiche<br />

con<strong>di</strong>zioni economiche: a Luigi Allara, padre dei soldati Camillo e Secondo, 20 lire nel giugno<br />

1918, a Pio Guasco 10 lire, a Ermelinda Caviglia, ammalata, 10 lire.<br />

Nel 1916 il cavalier Ignazio Borsarelli <strong>di</strong> Rifreddo, figlio del marchese Luigi, inviò 60 panciotti <strong>di</strong><br />

lana e 40 pantaloni <strong>di</strong> panno da <strong>di</strong>stribuire in paese tramite il segretario Antoniotti e a Cioccaro per<br />

mezzo <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando Dallaglio. Per i combattenti lo stesso Borsarelli aveva mandato 50 paia <strong>di</strong><br />

mutande e 10 giubbe <strong>di</strong> panno grigioverde. Ma non si pensava solo ai penanghesi: nell’ottobre 1915<br />

il sindaco <strong>di</strong> <strong>Penango</strong> mandava infatti al Segretariato dell’Emigrazione, organismo della<br />

Deputazione Provinciale, 35 berretti <strong>di</strong> lana che furono spe<strong>di</strong>ti al fronte «ad un reparto <strong>di</strong> valorosi<br />

soldati <strong>di</strong>staccato in alta montagna». 1<br />

Notizie dal fronte<br />

Allo scoppio della guerra per favorire i contatti tra i soldati e le loro famiglie si costituirono appositi<br />

Uffici Notizie ai quali fare riferimento per ogni genere <strong>di</strong> comunicazioni. Lo stesso <strong>Comune</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Penango</strong> funzionò da tramite e l’archivio ne contiene qualche traccia. 2 Il geniere Pietro Cerruti<br />

scriveva dalla zona <strong>di</strong> guerra il 9 gennaio 1917 rivolgendosi al segretario Antoniotti: «Vi invio i più<br />

affetuosi saluti e vi ringrazio del vostro ricordo, e scusami della mal imprudenza che vi ò usato <strong>di</strong><br />

non scrivervi prima. Ormai è due giorni che qui comincia far freddo, ma bastasse il freddo è niente,<br />

la cosa più dura è che non c’è rime<strong>di</strong>o ripararla, ma speriamo che verrà anche quel giorno <strong>di</strong> riparar<br />

tutto. Io vi saluto, Secondo! Voi e tutta la vostra brava famiglia e vi auguro una ottima fortuna e<br />

felicità. Spero fra pochi giorni <strong>di</strong> rivederci».<br />

Nello stesso periodo era anche il territoriale Giuseppe Sassone ad assicurare <strong>di</strong> aver ricevuto il<br />

vaglia <strong>di</strong> 2 lire «a titolo <strong>di</strong> ricordo», e così anche facevano l’alpino Camillo Allara e il fante del<br />

112° Attilio Cabiale al quale faceva piacere «sapere che benché lontani dal paese natio, si è<br />

ricordati». «Sebbene mi trovi sull’alta montagna fra la neve» comunicava Cabiale «la mia salute è<br />

ottima, così spero continuare fino al termine della guerra» e concludeva «attendendosi con ansia il<br />

giorno della pace». Nel gennaio 1917 anche Domenico Imarisio, alpino del 3° Reggimento,<br />

Battaglione Pinerolo, scriveva per ringraziare «le autorità del paese e tutte le persone che<br />

cooperarono in una sì gentil idea», riferendosi evidentemente al vaglia: «al mio ringraziamento<br />

aggiungo un augurio, ed è che presto si abbia a ritornare tutti i soldati penanghesi nel caro ed amato<br />

paese natio, onde formare la felicità delle lor famiglie e rigodere la pace e tranquillità primitiva».<br />

Tre “sbandati”<br />

La crudezza delle operazioni <strong>di</strong> guerra e le estenuanti con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita al fronte causarono anche<br />

una lunga serie <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> che la giustizia militare sbrigativamente classificò come “sbandamento <strong>di</strong><br />

fronte al nemico” quando non ad<strong>di</strong>rittura “<strong>di</strong>serzione”. Anche tre penanghesi furono protagonisti <strong>di</strong><br />

simili episo<strong>di</strong>, incorrendo nelle pesanti pene che il co<strong>di</strong>ce penale <strong>di</strong> guerra prevedeva in casi simili.<br />

Il caporale maggiore A.V. del 3° Reggimento Alpini con sentenza del Tribunale straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong><br />

guerra <strong>di</strong> Torino in data 26 agosto 1915 fu condannato a 15 anni <strong>di</strong> lavori forzati «pel reato <strong>di</strong><br />

sbandamento <strong>di</strong> fronte al nemico». Al termine del conflitto il V. poté comunque godere <strong>di</strong> una<br />

riduzione della pena a soli cinque anni con la con<strong>di</strong>zionale; riabilitato, <strong>di</strong>venne uno dei notabili del<br />

1 A proposito <strong>di</strong> assistenza civile, il sindaco Firato, quando si prospettava l’eventualità <strong>di</strong> applicare una sovrimposta<br />

sulla ricchezza mobile, non vi volle aderire, spiegando che non intendeva gravare ancor più sui contribuenti e che la<br />

beneficenza veniva fatta tramite il Comitato «me<strong>di</strong>ante elargizioni spontanee ed altri mezzi». Tutta la documentazione<br />

in merito si trova in ACP, UA 1284, Comitato <strong>di</strong> assistenza civile in favore dei combattenti e delle loro famiglie.<br />

2 ACP, UA 1281, Notizie alle famiglie dei soldati ...


ALESSANDRO ALLEMANO - STORIA DI PENANGO (2004)<br />

paese negli anni ’30. Altri due militari non risposero alla chiamata straor<strong>di</strong>naria alle armi, uno nel<br />

febbraio 1917 e l’altro nell’aprile del ’18: E.P., classe 1887, e V.R., anzianissimo della classe 1876.<br />

I loro reati furono accertati solo nel 1926 e non si conosce il seguito della vicenda, ma è molto<br />

probabile che le imputazioni si fossero estinte per amnistia. 1<br />

Il sindaco Firato<br />

Negli anni della prima guerra mon<strong>di</strong>ale l’amministrazione comunale <strong>di</strong> <strong>Penango</strong> era retta da una<br />

Giunta socialista capeggiata dal cioccarese Pietro Firato. Il sindaco, alquanto pragmatico e<br />

interessato al bene materiale dei suoi amministrati, si <strong>di</strong>stinse per varie azioni promosse nei<br />

confronti <strong>di</strong> autorità ed enti superiori a favore dei suoi concitta<strong>di</strong>ni, già tanto provati da un conflitto<br />

che sembrava interminabile. 2<br />

Nell’aprile 1916, ad esempio, chiese una licenza per Fer<strong>di</strong>nando Beccaris che si doveva sposare;<br />

quando il comandante del 37° Fanteria non prestò fede alle sue parole, Firato ribadì la richiesta,<br />

<strong>di</strong>chiarando sotto la sua responsabilità personale che la futura sposa si chiamava Alfonsina Imarisio<br />

e che le pubblicazioni erano già state eseguite. Nello stesso periodo richiese una breve licenza a<br />

favore <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando Firato, territoriale a Milano, per assistere il figlio Gilio, gravemente ammalato.<br />

Siccome l’artigliere Giuseppe Pasotti – 6° da campagna, IV Corpo d’armata – da tempo non dava<br />

più notizie ai famigliari, il sindaco scrisse al suo colonnello, pregandolo <strong>di</strong> farsi vivo.<br />

Ancora al comandante del 37° Fanteria scrisse sollecitando l’invio del sussi<strong>di</strong>o a favore <strong>di</strong> Luigi<br />

Volta, in convalescenza a casa «per ferite riportate sul campo dell’onore»; così anche,<br />

nell’imminenza della mietitura, avallò la richiesta <strong>di</strong> una licenza <strong>di</strong> 13 giorni per 31 soldati al fronte.<br />

In merito al soldato Albino Firato scriveva al comandante del 3° Alpini: «Le tristissime con<strong>di</strong>zioni<br />

in cui si trova la famiglia del controscritto militare renderebbero in<strong>di</strong>spensabile la sua presenza in<br />

famiglia specialmente per l’epoca dell’imminente vendemmia. La madre è ammalata e nessun altro<br />

sarebbe capace <strong>di</strong> provvedere per quanto è necessario in tale epoca».<br />

Nel febbraio 1917 Pietro Firato scrisse niente meno che al Comando Supremo per sollecitare un<br />

avvicinamento a casa del soldato Raimondo Cabiale, «padre <strong>di</strong> sette figli e tutti in tenera età». Il<br />

soldato Lorenzo Bonvicino invece era necessario a casa per comperare un toro, «essendo inesperto<br />

in tale commercio» suo padre. Quanto all’economia <strong>di</strong> guerra, nell’agosto 1917 il sindaco<br />

lamentava che in paese non c’era più «un solo grammo <strong>di</strong> lardo» e gli esercenti non sapevano come<br />

approvvigionarsene; era anche stato imposto il razionamento dei generi alimentari: pane, grano e<br />

farina si vendevano solo tramite tessera. Il Corpo d’armata <strong>di</strong> Alessandria procedeva anche alla<br />

requisizione dei cavalli da destinare alle truppe combattenti: a Pietro Zanello era stato imposto <strong>di</strong><br />

consegnare la sua bestia, ma egli fece notare che il cavallo lo aveva dovuto destinare alla<br />

macellazione essendosi fratturato una zampa. Pietro Firato confermò le sue <strong>di</strong>chiarazioni,<br />

richiedendo che non fosse elevata contravvenzione contro lo Zanello, «evitando così il <strong>di</strong>sgustoso<br />

caso <strong>di</strong> vedere che una grave <strong>di</strong>sgrazia fu la causa <strong>di</strong> un’altra».<br />

Il primo citta<strong>di</strong>no si <strong>di</strong>mostrava anche deciso nel riven<strong>di</strong>care i <strong>di</strong>ritti del suo Municipio, come<br />

quando, all’avvicinarsi dell’inverno 1917, un certo penanghese, che aveva <strong>di</strong>sponibili 20 quintali <strong>di</strong><br />

legna, non li voleva vendere al <strong>Comune</strong>.<br />

Dopo i fatti dell’ottobre 1917 Firato si <strong>di</strong>chiarò subito <strong>di</strong>sponibile a dare «l’ospitalità ai poveri<br />

sventurati che, per l’invasione del malvagio nemico, hanno dovuto abbandonare le loro case ed<br />

averi pur <strong>di</strong> poter sfuggire a possibili barbarie: «anche questo <strong>Comune</strong> potrebbe <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> qualche<br />

locale» scriveva al sottoprefetto il 15 novembre. Cosippure ebbe a cuore la sorte della famiglia<br />

Coiazzi, profuga da Roveredo in Piano (U<strong>di</strong>ne): il capofamiglia era alle armi come richiamato<br />

anziano e la moglie Elena Peratoner era rimasta con quattro figli da mantenere. Siccome il suo<br />

1 «La quasi totalità dei condannati usufruì dei benefici del decreto del 2 settembre 1919, per amnistia, condono totale o<br />

parziale, conversione della pena in con<strong>di</strong>zionale: soltanto meno <strong>di</strong> 20.000 furono esclusi (compresi ovviamente i<br />

giustiziati)» (E. FORCEL<strong>LA</strong> - A. MONTICONE, Plotone <strong>di</strong> esecuzione. I processi della prima guerra mon<strong>di</strong>ale, Laterza,<br />

Bari, 1998, p. LXXII).<br />

2 Il materiale è tratto da ACP, UA 589, Registro copialettere.


ALESSANDRO ALLEMANO - STORIA DI PENANGO (2004)<br />

<strong>Comune</strong> <strong>di</strong> residenza era «occupato dal barbaro nemico», il sindaco del paese ospitante chiedeva<br />

alla Sottoprefettura <strong>di</strong> Casale come fare per concedere i sussi<strong>di</strong> alla povera donna. 1 Non ebbe<br />

remore neppure a denunciare presso i superiori le intemperanze commesse da alcuni soldati del<br />

Presi<strong>di</strong>o inse<strong>di</strong>ato a Moncalvo (per lo più genieri del 2° Reggimento <strong>di</strong> Casale), che in libera uscita<br />

e nottetempo si introducevano nelle vigne e negli orti <strong>di</strong> Cioccaro, rubando frutta e uva e<br />

procurando gravi devastazioni.<br />

Il carattere del sindaco Firato appare tutto in una lettera <strong>di</strong> protesta inviata al Consorzio agrario <strong>di</strong><br />

Alessandria nel febbraio ’18. Era stato mandato dell’olio <strong>di</strong> oliva che evidentemente non risultò <strong>di</strong><br />

buona qualità e allora scrisse: «Si prega voler spe<strong>di</strong>re, se è possibile, una quantità <strong>di</strong> olio fino o<br />

finissimo corrispondente all’importo predetto. Per carità non mi si spe<strong>di</strong>sca più della qualità ora<br />

spe<strong>di</strong>taci. Ove ciò non fosse possibile mi permetto far calda preghiera <strong>di</strong> volermene spe<strong>di</strong>re magari<br />

una sola damigiana ma <strong>di</strong> quello finissimo che dovrà servire ad uso me<strong>di</strong>cinale stante che in questo<br />

paese non è più possibile avere una goccia d’olio d’olivo buono». L’olio tanto sospirato tardava<br />

però ad arrivare, ma in compenso era arrivata in paese la «grippe», la temibile epidemia <strong>di</strong> influenza<br />

nota poi come “spagnola”. «Gran parte <strong>di</strong> questa popolazione è tuttora inferma» scriveva il sindaco<br />

alla fine <strong>di</strong> settembre, lamentando <strong>di</strong> avere già scritto tre lettere» ma, «maledetta la cattiva sorte,<br />

non ebbe neppure risposta»: provvedesse dunque la Prefettura <strong>di</strong> Porto Maurizio, terra <strong>di</strong> olio<br />

sopraffino, a rispondere, «vuol <strong>di</strong>re che se la risposta sarà negativa (ciò che non credo) Domined<strong>di</strong>o<br />

ci in<strong>di</strong>cherà altra via per poterne avere». 2<br />

Caporetto<br />

La vita dei nostri soldati al fronte scorreva quanto mai <strong>di</strong>sagevole: la guerra, che si credeva rapida,<br />

stava ristagnando in un logorante conflitto <strong>di</strong> trincea e nei frequenti assalti, che spesso si<br />

conducevano all’arma bianca, molti rimanevano sul campo. In <strong>di</strong>verse occasioni poi il nemico, in<br />

onta a tutte le convenzioni umanitarie, fece uso <strong>di</strong> letali aggressivi chimici e <strong>di</strong> armi mici<strong>di</strong>ali, che<br />

più si ad<strong>di</strong>cevano agli scontri me<strong>di</strong>evali che non a una moderna condotta bellica. Racconterà un<br />

reduce: «Il 24 maggio 1916 ci siamo schierati per un’azione, tutto il reggimento. È venuto il prete,<br />

ci ha detto: “Ragazzi, vi do la bene<strong>di</strong>zione papale, fra qualche minuto qualcuno <strong>di</strong> voi non sarà più<br />

vivo”. Dieci minuti dopo scendevano già le barelle dei morti e dei feriti, e noi sempre avanti,<br />

sempre su contro i plotoni dei tedeschi affiancati. Siamo rimasti quarantotto ore nella neve fino al<br />

ginocchio, mezzi congelati, eh, chi non ha fatto la guerra non lo crede». 3<br />

Nell’ottobre 1917 un improvviso e massiccio attacco congiunto austro-tedesco sorprese le nostre<br />

truppe stanziate lungo l’Isonzo: gli Italiani furono costretti a una precipitosa e confusa ritirata prima<br />

lungo il Tagliamento, poi, per l’incalzare del nemico, oltre il Piave. Fu quella che i tanti libri <strong>di</strong><br />

memorialistica e <strong>di</strong> storia ricorderanno come la “ritirata <strong>di</strong> Caporetto”. Molti reparti, spesso privi <strong>di</strong><br />

ufficiali, si sbandarono, altri ripiegarono in fretta verso la Pianura Padana, altri ancora si <strong>di</strong>sciolsero<br />

ad<strong>di</strong>rittura.<br />

Per far fronte alla triste situazione <strong>di</strong> scoraggiamento morale, il nuovo Comando supremo<br />

capeggiato da Diaz con la collaborazione <strong>di</strong> due monferrini, Badoglio e Giar<strong>di</strong>no, cercò <strong>di</strong><br />

migliorare per quanto possibile le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita dei soldati al fronte: furono concesse licenze<br />

con maggiore generosità, si aumentarono i sussi<strong>di</strong> alle famiglie, si istituirono le polizze combattenti<br />

per garantire un piccolo capitale a conflitto terminato. Per sopperire alle carenze <strong>di</strong> organico<br />

1 In paese, oltre ad alcuni giovani ospitati presso il Collegio salesiano, era anche giunta Maddalena Lombardo, vedova,<br />

nativa <strong>di</strong> Pola ma residente a Roveredo. La donna aveva un figlio sacerdote, Enrico, che prestava opera <strong>di</strong> cappellano<br />

nell’Ospedale da campo n. 064 in zona <strong>di</strong> guerra.<br />

2 Ancora, nel 1920, a guerra ampiamente conclusa, lo stesso sindaco Firato si rivolgeva al Consorzio granario<br />

lamentando la cattiva qualità della farina assegnata al <strong>Comune</strong>: «Noi su<strong>di</strong>amo sangue, noi lavoriamo a morte per<br />

produrre grano e poi in compenso ci si fa mangiare della porcheria che neanche i maiali la mangiano. Non cerchiamo né<br />

polli né niente, ma reclamiamo pane, ma <strong>di</strong> quel pane che porta nutrimento, non <strong>di</strong> quello che oltre a non nutrire, logora<br />

ed indebolisce lo stomaco».<br />

3 N. REVELLI, Il mondo dei vinti, Einau<strong>di</strong>, Torino, 1977, v. II, p. 54.


ALESSANDRO ALLEMANO - STORIA DI PENANGO (2004)<br />

vennero indette sessioni speciali <strong>di</strong> leva, chiamando a nuova visita anche gli esonerati e i riformati.<br />

Furono chiamati alle armi anche i giovanissimi della classe 1899, i “ragazzi del ‘99”, che, dopo<br />

brevi perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> istruzione, passarono <strong>di</strong>rettamente ai reparti combattenti. Anche i penanghesi<br />

risposero alla chiamata, alcuni appena <strong>di</strong>ciottenni: Carlo Antoniotti, Pasqualino Berruti, Giovanni<br />

Besso, Secondo Biletta, Ercole Biletta, Edoardo Cabiale, Eugenio Cariola, Ettore Celoria, Agostino<br />

Cerruti, Natale Chiesa, Filippo Corrado, Pietro Fodella, Pietro Ganora, Emilio Pastrone.<br />

I nostri morti<br />

Una delle più tristi conseguenze dei fatti dell’ottobre 1917 fu l’alto numero <strong>di</strong> soldati fatti<br />

prigionieri dal nemico. Risulta che tra il 23 ottobre e il 26 novembre 1917 siano stati catturati circa<br />

293.000 uomini, quin<strong>di</strong> avviati ai campi <strong>di</strong> concentramento. «I prigionieri vengono avviati a pie<strong>di</strong><br />

verso i centri <strong>di</strong> raccolta. Da qui saranno poi convogliati all’interno dell’impero austro-ungarico o<br />

germanico, a seconda che a catturarli siano stati gli austriaci o i tedeschi. (…) Generalmente i<br />

prigionieri sono accompagnati da pochissime guar<strong>di</strong>e, che <strong>di</strong> fatto si limitano ad in<strong>di</strong>care la<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> marcia; territoriali, per lo più, soldati delle classi anziane oppure giovanissimi». 1<br />

Appariva subito chiaro che, seppure scampati alla morte sul campo, la loro non sarebbe stata una<br />

vita facile, già dall’inizio della loro nuova con<strong>di</strong>zione. «Fin che possono, visto che cibo non ne<br />

ricevono, i prigionieri italiani si sfamano raccattando qualche pannocchia sui campi, chiedendo<br />

l’elemosina <strong>di</strong> una fetta <strong>di</strong> polenta ai civili oppure, i più fortunati, completando l’opera <strong>di</strong><br />

saccheggio dove maggiore è (o è stata) la confusione, come a Codroipo e a U<strong>di</strong>ne. (…) Ma più i<br />

prigionieri si inoltrano nelle retrovie, più si aggrava la loro con<strong>di</strong>zione. E quando il rancio<br />

finalmente inizia ad arrivare con una certa regolarità, possono fare conoscenza – già dalla prima<br />

<strong>di</strong>stribuzione – con l’alimento <strong>di</strong> base che li accompagnerà fino al termine della prigionia (per chi ci<br />

arriverà): brodaglia <strong>di</strong> un colore indefinito i cui ingre<strong>di</strong>enti sono rape, cavoli, patate, orzo,<br />

fortemente <strong>di</strong>luiti, più una pagnotta <strong>di</strong> pane nero da <strong>di</strong>videre in tanti, troppi compagni». 2<br />

La vita nei campi era <strong>di</strong>fficile, sia per le con<strong>di</strong>zioni fisiche al limite della sopravvivenza, che per la<br />

mancanza <strong>di</strong> comunicazioni con le famiglie in ansia. Fu soprattutto la Croce Rossa a svolgere una<br />

meritoria e silenziosa opera <strong>di</strong> informazione, testimoniata dai tanti messaggi ancora conservati in<br />

archivio. 3 Da casa si apprendeva che i cari soldati erano almeno vivi e si trovavano sparsi per<br />

l’Europa, in paesi dal nome quasi impronunciabile: Sigmundsherberg (Vittorio Vacca, Mario<br />

Maiocco), Mauthausen (Giuseppe Bonvicino, Ernesto Mantelli, Giovanni Mortara), Milowitz<br />

(Pietro Fodella), Ostffyasszonyfa (Pietro Botto).<br />

Parecchi <strong>di</strong> quei prigionieri non fecero mai ritorno al loro paese, neppure da morti. Le con<strong>di</strong>zioni<br />

inumane dei campi e l’epidemia <strong>di</strong> spagnola li stroncarono, sebbene giovani e normalmente robusti.<br />

Ecco i loro nomi: Luigi Guasco, Giuseppe Mazzola, 4 Tarcisio Mombellardo, 5 Pietro Fodella, 6<br />

Massimo Groppo, 7 Pietro Botto, Raimondo Cabiale, 8 Eugenio Piovanotti. Altri soldati, scampati sia<br />

1 C. PAVAN, I prigionieri italiani dopo Caporetto, Treviso, 2001, p. 41.<br />

2 Ibid., p. 42. Il vitto passato ai prigionieri era tanto scarso che si giungeva ad<strong>di</strong>rittura a mangiare i topi arrostiti. Alcuni<br />

<strong>di</strong> loro, una volta tornati liberi, morirono a causa <strong>di</strong> colossali in<strong>di</strong>gestioni, dovute al desiderio <strong>di</strong> rifarsi degli stenti<br />

passati.<br />

3 ACP, UA 1281.<br />

4 Alpino del 3°, classe 1896, nato a Castelletto Merli, decedette nel campo <strong>di</strong> prigionia ungherese <strong>di</strong> Temepac il 21<br />

giugno 1918 per nefrite.<br />

5 Classe 1894, soldato del 3° Alpini, Battaglione Fenestrelle; morto in prigionia a Kaposdair (Ungheria) il 13 ottobre<br />

1918.<br />

6 Ragazzo del ’99, soldato del 20° Bersaglieri; morì il 15 maggio 1918 nel campo <strong>di</strong> prigionia <strong>di</strong> Milowitz in Boemia<br />

(oggi Milowice, nella Repubblica Ceca) per deperimento da fame, anche se i responsabili del campo pu<strong>di</strong>camente<br />

qualificavano questa causa <strong>di</strong> morte come “edema”. La sua tomba si trova nel cimitero militare della citta<strong>di</strong>na.<br />

7 Soldato nel 1° Reggimento artiglieria da montagna, fu preso prigioniero e morì nel campo <strong>di</strong> Talerhof il 6 marzo 1918<br />

per nefrite e fu colà sepolto.<br />

8 Anziano della classe 1878, già fante dell’89° Reggimento, poi nel 5° Minatori, morì in prigionia il 9 marzo 1918. Era<br />

padre dei gemelli Maria (futura maestra) e Giovanni (futuro sacerdote missionario salesiano).


ALESSANDRO ALLEMANO - STORIA DI PENANGO (2004)<br />

ai campi <strong>di</strong> battaglia che alla prigionia, morirono <strong>di</strong> spagnola: Gozzelino Mombellardo, 1 Edoardo<br />

Baralis, 2 Enrico Romagnolo, Pietro Ganora, Ercole Firato, Pietro Baracco; due alpini del 3°<br />

Reggimento persero la vita travolti da una valanga (Riccardo Baralis ed Emilio Bassignana).<br />

Altri caddero o si <strong>di</strong>spersero in combattimento: Pietro Carpignano, Primo Tosetti, 3 Carlo Arrobio,<br />

Orazio Montiglio, 4 Pietro Cerruti, 5 Mario Testa, 6 Stefano Cavallo, Alberto Cerruti, Emilio Pastrone,<br />

Alfredo Romagnolo. Uno, l’alpino Carlo Beltrame, nativo <strong>di</strong> Moncalvo, morì a Durazzo in seguito<br />

all’affondamento <strong>di</strong> un piroscafo.<br />

Il tributo che <strong>Penango</strong> pagò per quella guerra che da europea si era trasformata in mon<strong>di</strong>ale fu<br />

completato da altri soldati: Carlo Tassonio, 7 Pietro Ansal<strong>di</strong>, Enrico Mellana, 8 Antonio Quirino, 9<br />

Marco Pasquale Allemano, Romualdo Mazzola, Francesco Accomazzo, Alessandro Bonvicino,<br />

Costantino Imarisio.<br />

Al valore militare<br />

Tra i combattenti penanghesi della Grande Guerra, alcuni videro il loro attaccamento al dovere<br />

giustamente premiato dai segni <strong>di</strong>stintivi del valore militare.<br />

Risulta10 la concessione <strong>di</strong> quattro medaglie al valore, così assegnate.<br />

Sergente maggiore d’artiglieria STEFANO CAVALLO, caduto a Montecucco il 14 maggio 1917:<br />

medaglia d’argento alla memoria. «Costante esempio <strong>di</strong> zelo, <strong>di</strong> attività e coraggio per quasi due<br />

anni <strong>di</strong> campagna guidava ar<strong>di</strong>tamente il suo plotone all’assalto <strong>di</strong> una forte posizione, sotto il<br />

violento fuoco nemico, finché cadde mortalmente ferito».<br />

Tenente <strong>di</strong> complemento11 degli Alpini GIOVANNI ZANELLO: medaglia <strong>di</strong> bronzo sulla riva destra del<br />

torrente Maso il 23 maggio 1916. «Attaccato da forze nemiche superiori, lasciatele avvicinare, le<br />

accolse con violento fuoco e lanciò bombe a mano e muovendo all’attacco le ricacciò».<br />

1 Morto il 26 ottobre 1918 per broncopolmonite nell’Ospedale militare <strong>di</strong> Montegrotto (Padova). Apparteneva all’8°<br />

Fanteria.<br />

2 Automobilista nel 42° Autoreparto (11° Autoparco), morì a 24 anni il 13 ottobre 1918 nell’Ospedale da campo n. 149<br />

per broncopolmonite complicata da encefalite; la sua salma venne sepolta nel cimitero <strong>di</strong> Corbola (Rovigo).<br />

3 Classe 1890, soldato nel 37° Fanteria, risultò <strong>di</strong>sperso in combattimento dal 21 ottobre 1915.<br />

4 Bersagliere del 1° Reggimento, nato nel 1885 a Terruggia, abitò alla Cascina Saliceto; risultò <strong>di</strong>sperso sul Carso dopo<br />

il fatto d’armi del 28 ottobre 1915.<br />

5 Morto in zona <strong>di</strong> guerra (località Devetaki) in seguito allo scoppio <strong>di</strong> una granata il 3 aprile 1917. Era soldato del 2°<br />

Reggimento Genio zappatori.<br />

6 Non è un penanghese in senso stretto, ma la sua famiglia possedette una cascina alla Bolla a cavallo dei due secoli.<br />

Nato a Moncalvo nel 1896 dal granese avvocato Vincenzo e da Giacomina Badoglio, sorellastra del Maresciallo<br />

d’Italia, Mario Testa nella vita civile era impiegato presso la <strong>di</strong>tta De Gaudenzi <strong>di</strong> Torino. Chiamato alle armi, fu<br />

arruolato nel 6° Alpini, dove si <strong>di</strong>stinse in varie occasioni; morì per ferite nel settembre del 1918, fu decorato al valore e<br />

al suo nome fu intitolata la scuola elementare <strong>di</strong> Cioccaro. Il fratello <strong>di</strong> Mario, Giovanni, fu anch’egli ufficiale <strong>di</strong><br />

complemento in guerra, mentre la sorella Edvige era andata sposa al tenente Mario Nar<strong>di</strong>. La famiglia Testa viene<br />

definita (ACP, UA 1270) «assai <strong>di</strong>stinta, <strong>di</strong> nobile <strong>di</strong>scendenza».<br />

7 Sergente nel 55° Fanteria, morto per enterite all’ospedale <strong>di</strong> Longaris (Treviso) il 14 novembre 1915. Sepolto nel<br />

cimitero da campo <strong>di</strong> Cormons.<br />

8 Nato a Piazzo (Torino) nel 1881, richiamato anziano nella 1ª Centuria Lavoratori, poi passato al 78° Fanteria Toscana,<br />

i famosi Lupi <strong>di</strong> Toscana; morto in zona <strong>di</strong> guerra a Selo Dolina Buona il 22 ottobre 1917 (Ospedale someggiato n. 074)<br />

per ferita al capo.<br />

9 Classe 1884, mitragliere del Riparto Fiat, cadde nel combattimento del 5 <strong>di</strong>cembre 1917 in località Giara Modon.<br />

10 Cfr. A. DI RICALDONE, Monferrato tra Po e Tanaro, Gribaudo-SeDiCo, 1999-2000, vol. I, p. 845 e vol. II, p. 600.<br />

11 Nel primo conflitto mon<strong>di</strong>ale un ruolo particolarmente significativo per la condotta delle truppe giocarono gli ufficiali<br />

<strong>di</strong> complemento, nominati o richiamati per integrare i ruoli degli ufficiali <strong>di</strong> carriera («fior fiore della nuova classe<br />

<strong>di</strong>rigente» li definì Piero Pieri). Tra i penanghesi si segnalò l’alpino Giovanni Zanello, futuro sindaco e podestà, che<br />

pervenne al grado <strong>di</strong> tenente colonnello in congedo; vanno però anche ricordati il tenente del genio Luigi Bargero e i<br />

quasi penanghesi tenente Mario Testa e tenente cappellano don Giovanni Luparia. In precedenza si ha notizia <strong>di</strong> tre soli<br />

ufficiali nativi <strong>di</strong> <strong>Penango</strong>: il tenente Giovanni Battista Patelli, aiutante maggiore del 5° Reggimento <strong>di</strong> fanteria della<br />

Brigata Aosta, morto in servizio nel 1876, il tenente me<strong>di</strong>co Vincenzo Rosmino e l’ufficiale <strong>di</strong> carriera Edoardo Fassini<br />

Camossi.


ALESSANDRO ALLEMANO - STORIA DI PENANGO (2004)<br />

Lo stesso: medaglia <strong>di</strong> bronzo a Cauriol il 25 agosto 1916. «Comandante <strong>di</strong> una pattuglia, <strong>di</strong>ede<br />

esempio <strong>di</strong> grande fermezza e <strong>di</strong> coraggio occupando e mantenendo saldamente una posizione<br />

accanitamente <strong>di</strong>fesa e contrastata dal nemico». 1<br />

Tenente <strong>di</strong> complemento degli Alpini MARIO TESTA, morto per ferite riportate sulla Bainsizza nel<br />

fatto d’arme del 30 agosto 1917, medaglia d’argento alla memoria. «Comandante <strong>di</strong> un reparto<br />

d’assalto costituente la prima andata, si slanciò avanti per primo trascinando entusiasmati i propri<br />

uomini fino al reticolato avversario, sotto il violento e vicino fuoco nemico. Gravemente ferito, non<br />

abbandonò il comando del reparto, continuando ad incitarlo nella lotta. Moriva pochi giorni dopo<br />

per la ferita riportata».<br />

Il monumento ai Caduti<br />

Come Dio volle, la guerra terminò ai primi <strong>di</strong> novembre del 1918: Trento e Trieste erano<br />

conquistate, ma l’Italia si ritrovò a contare 650.000 morti, 947.000 feriti, 600.000 prigionieri o<br />

<strong>di</strong>spersi. 2<br />

Il sentimento <strong>di</strong> riconoscenza verso i caduti e i reduci da parte delle comunità civili si espresse in<br />

tante forme: una <strong>di</strong> queste, destinata a perpetuare il ricordo <strong>di</strong> chi sacrificò la propria vita nel nome<br />

della Patria, è l’erezione dei monumenti che ornano la piazza principale <strong>di</strong> tutti i Comuni, anche i<br />

più piccoli.<br />

Anche a <strong>Penango</strong> si costituì un apposito comitato, presieduto dal reduce Vittorio Vacca, che aprì<br />

una sottoscrizione tra la citta<strong>di</strong>nanza. Il monumento, a forma <strong>di</strong> obelisco, fu consegnato da Vacca al<br />

<strong>Comune</strong> il 4 settembre 1921, giorno dell’inaugurazione. Così ne riferisce laconicamente don<br />

Torriano sulla cronaca parrocchiale: «Intervenne il municipio, consiglieri <strong>di</strong> <strong>Penango</strong> con ban<strong>di</strong>era,<br />

tutto il comitato, un picchetto armato. La funzione riuscì commovente per l’unione <strong>di</strong> tutte le<br />

autorità. Parlò il parroco in chiesa. Il sindaco e il maestro cav. Manacorda <strong>di</strong>ssero belle parole<br />

quando fu benedetto il monumento».<br />

Sul monumento compare anche il nome del bersagliere Orazio Montiglio, a stretto rigore<br />

penanghese solo <strong>di</strong> adozione, poiché era nato altrove e si era trasferito a Moncalvo pochi<br />

mesi prima del richiamo in guerra. I suoi congiunti però si rivolsero al <strong>Comune</strong><br />

specificando essere stato «questo <strong>Penango</strong> la patria sua» ed esprimendo il desiderio <strong>di</strong><br />

«eternare con gli altri eroi anche la memoria <strong>di</strong> lui, sì che il suo sacrifizio sia <strong>di</strong> esempio ai<br />

posteri, come le sue virtù lo furono durante la sua breve esistenza». Il Municipio non ebbe<br />

nulla da eccepire e il nome del bersagliere <strong>di</strong>sperso fu inciso sull’obelisco.<br />

Molti anni più tar<strong>di</strong>, nel 1951, quando anche un’altra guerra, se possibile ancor più cruda, era<br />

terminata, anche Cioccaro ebbe una lapide affissa al muro esterno del cimitero e riportante l’elenco<br />

dei Caduti <strong>di</strong> quella frazione. Il piccolo monumento fu benedetto da don Zeglio il 4 novembre 1951.<br />

1<br />

Altre memoria contenute in archivio affermano che il tenente Zanello fu decorato da una Medaglia d’argento e una <strong>di</strong><br />

bronzo.<br />

2<br />

Fonte: G. PIEROPAN, 1914-1918. Storia della Grande Guerra sul fronte italiano, Mursia, Milano, 1988. La situazione<br />

interna alla fine del conflitto era a <strong>di</strong>r poco drammatica. Il debito pubblico era aumentato dai 15 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> lire del 1915<br />

ai 69 del 1918. L’inflazione era cresciuta <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci o do<strong>di</strong>ci volte rispetto al periodo prebellico. Cinque milioni e 600.000<br />

soldati dovevano essere riportati a una vita civile che non era in grado <strong>di</strong> riassorbirli nella piena occupazione. Il loro<br />

posto in fabbrica era stato preso da lavoratrici che costavano me<strong>di</strong>amente il 30% meno degli uomini e l’industria bellica<br />

aveva avuto uno sviluppo che non poteva essere sostenuto in tempo <strong>di</strong> pace, tanto che i licenziamenti non si fecero<br />

attendere. I conta<strong>di</strong>ni non ricevettero le terre promesse e in <strong>di</strong>versi casi si trovarono senza l’occupazione avuta prima<br />

della guerra.

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