1704: NASCE IL COMUNE DI PENANGO
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ALESSANDRO ALLEMANO - STORIA <strong>DI</strong> <strong>PENANGO</strong> (2004)<br />
<strong>1704</strong>: <strong>NASCE</strong> <strong>IL</strong> <strong>COMUNE</strong> <strong>DI</strong> <strong>PENANGO</strong><br />
Durante il secolo XVII il Monferrato fu scosso di continuo da una serie impressionante di<br />
campagne militari che portarono con sé ogni sorta di funesta conseguenza: assedi, occupazioni<br />
militari, scorrerie di soldataglie, incursioni ai danni delle popolazioni civili, devastazioni<br />
generalizzate. Le imprese guerresche erano sovvenzionate dai contribuenti che si salassavano per la<br />
brama di potere dei potenti e ancora potevano dirsi fortunati, quei particolari del tempo, se il<br />
passaggio delle truppe d’occupazione non lasciava come triste ricordo un’epidemia di peste.<br />
A fare le spese di tutti questi maneggi era la gente semplice, che suo malgrado si trovava coinvolta<br />
in quella complicata vicenda politico-militare che va sotto il nome di “guerra per la successione nel<br />
Monferrato”. Solo per citare gli avvenimenti del ‘600, alla morte del duca Francesco Gonzaga<br />
(1613) Moncalvo viene assediata da Carlo Emanuele I di Savoia, ma poco dopo ritorna in possesso<br />
dei Gonzaga grazie ai buoni uffici degli Spagnoli. Nel 1627 però la successione passata dal duca<br />
Vincenzo II al genero Carlo di Rethel, appartenente al ramo francese della famiglia, non piace agli<br />
Spagnoli che si alleano con Carlo Emanuele contro i Francesi. Viene stretta d’assedio la fortezza di<br />
Moncalvo che resiste eroicamente attorno al proprio comandante Giorgio Tenaglia, ma il coraggio<br />
nulla vale contro la preponderanza numerica degli avversari, che irrompono in paese con intenti<br />
sanguinari: «Entrarono i Savoiardi nel castello con gravi perdite, ed appena resisi padroni con<br />
furibonde grida di: ammazza, ammazza, sangue, sangue! trucidarono chiunque loro si para dinanzi e<br />
si diedero al saccheggio». 1 Con la pace di Cherasco del 1631 Moncalvo è tolta ai Savoia e ridata ai<br />
Gonzaga: poco dopo, la reggente Maria Gonzaga, madre di Carlo II, si avvicina agli Austriaci,<br />
abbandonando i Francesi: ne seguono le solite scorrerie di militari attraverso le nostre terre. La<br />
fortezza moncalvese si arrende agli Spagnoli nel 1637. Dopo un’alternanza di occupazioni francesi<br />
e spagnole, nel 1691 tocca al principe Eugenio di Savoia, comandante dell’esercito austriaco,<br />
assediare e facilmente prendere Moncalvo, ormai fortezza indebolita, resa sguarnita dai troppi<br />
assalti. L’occupazione dura pochi mesi ma le conseguenze difficilmente si potranno dimenticare da<br />
parte degli abitanti della cittadina. 2<br />
La separazione di Penango e Patro<br />
A Carlo II succede frattanto il figlio Ferdinando Carlo, dissoluto e niente affatto premuroso per il<br />
governo dello Stato; non bastandogli mai i denari costui giunge a vendere titoli, terre e diritti a<br />
quanti gli avevano reso servigi. Tale sorte tocca a Moncalvo, che il 6 marzo <strong>1704</strong> si vede privata dei<br />
cantoni di Penango e Patro, ceduti in feudo al marchese Giovanni Gualberto di Campistron, intimo<br />
del re di Francia, «in premio di avergli fatto tenere una non esigua somma di danaro». 3<br />
Il decreto ufficiale del Gonzaga concede al francese «le ville o sieno cantoni di Penango et Patro<br />
con le cassine annesse, connesse et dipendenti, sì per l’aministratione della giustitia et regime della<br />
militia, come per le ragioni della Communità, pagamento delli carichi, territori et qualisivogliano<br />
altre cose, talmente che ambe le sopradette due ville di Penango et Patro giunte insieme con le<br />
cassine, insieme separandole da Moncalvo, constituiscano un territorio da per sé tra li limiti da<br />
designarsi». 4 In più al neo marchese viene riconosciuta «la ragione di esigersi dalla Communità di<br />
Frassinello5 il pagamento dell’ordinario annualmente dovuto alla Camera Ducale». 6<br />
1 G. MINOGLIO, Moncalvo brevi cenni storici, Bocca, Torino, 1877 (l’episodio è narrato alle pagine 53-57).<br />
2 Si veda in questo libro il capitolo Le occupazioni militari che tratta proprio le vicende vissute da Moncalvo e dai<br />
moncalvesi nei primi mesi del 1691.<br />
3 Ibid., p. 62.<br />
4 Cit. in G.G. SALETTA, Descrizione dei feudi del Monferrato, manoscritto conservato in ASTo.<br />
5 Tale ordinario ascendeva a 113 scudi annui; secondo il marchese Mossi, invece, sarebbe stato di soli 98 scudi, 18 soldi<br />
e 3 denari.<br />
6 Il Campistron non ebbe, a differenza di altri feudatari, possesso di terre nei due (poi tre) cantoni assegnatigli. Oltre a<br />
godere di una parte cospicua delle contribuzioni fiscali prelevate agli abitanti di Frassinello, gli fu comunque concesso
ALESSANDRO ALLEMANO - STORIA <strong>DI</strong> <strong>PENANGO</strong> (2004)<br />
Stessa sorte per Cioccaro<br />
Siccome il nuovo feudo risultava composto di due territori fisicamente discontinui (Penango non<br />
confinava con Patro), il 13 settembre dello stesso anno venne anche smembrato il cantone di<br />
Cioccaro con Santa Maria ed aggregato ai due già venduti al Campistron.<br />
Il decreto ducale di Ferdinando Carlo, dato da Parigi, 1 inizia con una lode al patrizio francese.<br />
«Divenendo ogni giorno più qualificate le benemerenze che presso di Noi va acquistando il signor<br />
Marchese di Campistron, è ben giusto che dal nostro canto ancora si dia qualche incremento alla<br />
nostra beneficenza verso di lui; e perciò inherendo alla concessione che mesi sono habbiamo fatta al<br />
detto signor Marchese in feudo di due cantoni di Moncalvo, detti Penango e Patro, e considerando<br />
assieme che per essere quelli disuniti, mentre vi resta in tal quale modo di mezzo l’altro cantone<br />
denominato Chioccaro, non porta detta concessione quel commodo e quel bene che habbiamo avuto<br />
in mira di constituirgli. Con le presenti di nostro moto spontaneo di certa arte, scienza et<br />
occorrendolo, col nostro sovrano potere, doniamo, diamo e concediamo il detto cantone di<br />
Chioccaro al medesimo signor Marchese di Campistron (…)». 2 Inoltre gli attribuiva il diritto di<br />
acquistare fino a 200 moggia di terra in Monferrato «immune da qualsivoglia carico in perpetuo».<br />
L’anno successivo, precisamente il 10 febbraio, anche il cantone di Castellino sarebbe stato<br />
infeudato al conte casalese Carlo Francesco Perrone dei consignori di Cella, senatore, uditore<br />
generale e consigliere di Stato del duca, nonché letterato di qualche fama.<br />
Moncalvo perse così una notevole parte di territorio e di popolazione: a parziale e amaro<br />
risarcimento le venne conferito (23 marzo 1705) il titolo di città.<br />
Il 25 agosto 1708, dichiarato Ferdinando Carlo decaduto per fellonia, le comunità monferrine<br />
giureranno fedeltà ai Savoia ed il trattato di Utrecht di cinque anni dopo giungerà a sancire<br />
definitivamente il possesso sabaudo del già glorioso Marchesato di Monferrato.<br />
La notizia della segregazione in Moncalvo<br />
Mercoledì 5 novembre <strong>1704</strong> il Consiglio comunale di Moncalvo si era riunito «per discutere un<br />
affare importantissimo», cioè proprio il distacco dei tre cantoni. La seduta si tenne nell’abitazione<br />
del podestà, barone Giorgio Rovere (o Roeri), «dottore di Legge», su instanza dei consoli Antonio<br />
Francesco Rafferi e Gaspare Bertana. Vi intervennero i consiglieri Attilio Giuseppe Bozzolo,<br />
Giuseppe Rivetta, Giovanni Battista Cissello e Carl’Antonio Forno, «trovandosi gli altri signori<br />
Consiglieri parte absenti e parte amalati». Mancavano anche Giovanni Rivalle di Penango e<br />
Antonio Cerruto di Cioccaro, che fino ad allora facevano parte dell’assise moncalvese.<br />
«In detto Conseglio espone detto signor Console Rafferi sicome questa mattina a hore dieciotto<br />
circa3 gli è pervenuta famigliare dell’illustrissimo signor Conte e Ducal Questore Alberto Picco<br />
Pastrone del tenore seguente. 4<br />
“Molto illustre Signore, mercordì s’è determinato d’esseguire gli comandi di Sua Altezza in dare il<br />
possesso al signor Marchese di Capistrone delli tre cantoni di Moncalvo, e perché si deve dividere il<br />
finaggio è necessario che diino notta sinciera del registro di detti cantoni e che la Comunità deputi<br />
due con authorità per assistere alla divisione. E perciò Vostra Signoria si contenti di far congregare<br />
il Consiglio e farli sapere questo mio sentimento, aciò Sua Altezza resti obedita ed io non habbi<br />
ocasione d’apportare alcuna spesa né agravio al Comune di Moncalvo”.<br />
di amministrare la giustizia tramite un suo podestà, armare e comandare la milizia locale, imporre bandi campestri,<br />
vietare la caccia e la pesca, commutare le pene, concedere e proibire il porto d’armi.<br />
1 Il duca si era recato a Parigi per chiedere protezione a Luigi XIV e per contrarre un secondo matrimonio con una<br />
principessa francese, così da stringere ulteriori vincoli – politici soprattutto – con la Francia.<br />
2 Cit. in G.G. SALETTA, Descrizione …<br />
3 Prima della Rivoluzione francese le ore incominciavano a contarsi dal tramonto del sole, all’incirca le attuali sei di<br />
sera; le diciotto “italiane” corrispondevano quindi al mezzogiorno “francese”.<br />
4 La lettera è datata da Casale il 2 novembre; il mercoledì di cui si parla sarebbe quindi il 29 ottobre.
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Qual espositione sentita et lettera veduta e letta da me infrascritto Secretaro 1 di parolla in parolla a<br />
piena e chiara inteligenza de’ signori Congregati, et havuto da’ medesimi sopra il tutto longo e<br />
matturo discorso, e finalmente fatto riflesso che si tratta d’un affare di non ordinaria conseguenza,<br />
hanno tutti unanimi e concordi ordinato farsi cittare tutti gl’infrascritti Adionti, 2 come de’ più idonei<br />
e principali registranti di questa terra, a fine che col luoro prudente parere si possi più maturamente<br />
rissolvere quello [che] si dovrà fare per uttile advantaggio di questo publico, comettendo a tal<br />
effetto alli predetti messi Cordara e Zuffo che cittini gl’infrascritti Adionti et indi rifferiscano».<br />
Questi consiglieri aggiunti erano in numero di ben 18 in rappresentanza dei più ragguardevoli casati<br />
della Moncalvo del tempo: Agostino Avedano, Ferdinando Pozzo, Lodovico Damiano, medico<br />
Guglielmo Beccaro, medico Marc’Aurelio Manacorda, Giovanni Battista Rivetta fu Silvio, medico<br />
Giuseppe Caffassi, conte Giovanni Stefano Quarteri, Francesco Mellana, Vincenzo Caldana,<br />
capitano 3 e notaio Francesco Antonio Manacorda, Fabio Francesco Carroello, Domenico Minotto,<br />
Tommaso Crivello, tenente colonnello Giovanni Alessio, tenente Diego Chiesa, notaio Pietro<br />
Giovanni Bozzolo.<br />
La convocazione straordinaria ed urgente del consiglio al gran completo non diede però una grande<br />
partecipazione di amministratori: ne giunsero tre soli, ai quali venne letta la solita famigliare del<br />
Picco Pastrone. Al termine hanno «tutti unanimi e concordi ordinato haversi racorso a Sua Altezza<br />
Serenissima et a chi farà di bisogno, pria d’aconsentire ad alcun atto col rapresentarle gli giusti<br />
motivi e ragioni di questa Comunità tanto in ordine all’interesse della medesima Altezza<br />
Serenissima che di questo Publico, deputando per tal racorso il predetto Console Rafferi (...)<br />
dichiarando e prottestando in oltre detti signori Congregati di nullità di qualsivoglia atto, si fatto che<br />
da farsi, avanti detto raccorso».<br />
I moncalvesi perciò non sono troppo contenti della preannunciata ma praticamente già avvenuta<br />
segregazione dei tre cantoni, tanto da ordinare un ricorso in grande stile all’autorità.<br />
Infatti i tre cantoni rappresentavano per loro una notevole fonte di reddito, destinata a ridursi<br />
ulteriormente per la progettata vendita di Castellino al conte Perroni. Risulta che la percentuale di<br />
reddito spettante a Penango, Cioccaro e Patro fosse il 43% del totale di Moncalvo prima della<br />
separazione, contro il 6% che apparteneva a Castellino.<br />
Intanto era giunta notizia della presenza in Penango del conte Picco Pastrone accompagnato dal<br />
conte abate Patrizio Giacinto Sannazzaro, dal vice patrimoniale Rogeri e dal prefetto delle fabbriche<br />
Scapitta per dare esecuzione pratica agli ordini del duca Ferdinando Carlo: si stava infatti per<br />
procedere alla ricognizione dei confini e al piantamento dei termini divisori tra il territorio di<br />
Moncalvo e quello dei tre cantoni.<br />
I moncalvesi quindi invitano Rafferi ed il consigliere Attilio Giuseppe Bozzolo a recarsi presso il<br />
Ducal Questore per rappresentargli le ragioni espresse in Consiglio «acciò si voglia compiacere di<br />
desistere e di non fare alcun atto pregiudiciale alle giuste ragioni di questa Comunità, almeno sin<br />
tanto che s’habbi havuto il preacenato et ordinato racorso alla clemenza di Sua Altezza<br />
Serenissima».<br />
Il giorno dopo, giovedì 6 novembre di quel fatidico <strong>1704</strong>, il Consiglio della Comunità di Moncalvo<br />
si riunisce nuovamente per prendere atto della missione compiuta a Penango da Rafferi.<br />
1<br />
Era in quegli anni segretario comunale il notaio Girolamo Fuoco, appartenente alla nobile famiglia poi denominata<br />
Testa Fochi.<br />
2<br />
Sono i consiglieri aggiunti, componenti il Consiglio raddoppiato che si riuniva solo in occasioni di particolare<br />
importanza amministrativa, quale appunto è la separazione dei tre cantoni.<br />
3<br />
Questi e gli altri gradi militari che compaiono nelle carte di questi anni corrispondono a quelli ricoperti dai vari<br />
personaggi nella milizia locale, posta agli ordini del feudatario se in terra infeudata, oppure dello stesso duca se in terre<br />
di diretto dominio, come era appunto il caso di Moncalvo.
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Il console comunica dunque di essersi portato «al cantone di Penango a riverire per parte di questa<br />
Comunità l’illustrissimo signor Conte Alberto Picco Pastrone, et haverlo con tal ocasione supplicato<br />
non solo della sua protetione a pro di questo Publico in ordine massime alla motivata e comandata<br />
divisione e separatione delli tre cantoni di Penango, Chiocaro e Patro da questo territorio, ma anche<br />
a volersi compiacere come Ministro di Sua Altezza Serenissima e Giudice in questa parte delegato<br />
di riflettere anche all’interesse della medesima Altezza Serenissima e nel sospendere per hora detta<br />
divisione, col concedere qualche dilatione di tempo a predetti Agenti di questa Comunità».<br />
Il conte, da parte sua, si è mostrato abbastanza comprensivo, perché dopo aver «graditi gli tratti<br />
d’urbanità seco usati per parte di questa Comunità», si è detto pronto «a giovare alla medesima in<br />
tutto quello [che] potrà»; purtroppo, per quanto riguarda il ricorso contro la separazione dei cantoni,<br />
non c’è niente da fare: Picco Pastrone «lo stima superfluo, per essere pienamente informato che Sua<br />
Altezza vole che la sua mente sii assolutamente e prontamente esseguita, e non potter di meno,<br />
come suo Ministro e Giudice in questa parte delegato, di farla speditamente esseguire, e per<br />
conseguenza non potter in alcun modo concedere la chiesta dilatione di tempo per l’acenato racorso;<br />
che però per vantaggio di questo Publico stimarebbe bene detto signor Conte che si deputassero due<br />
persone ch’assistessero a detta divisione».<br />
In piena assemblea Rafferi riceve poi una lettera del Sannazzaro che gli ordina, in sintesi, di<br />
consegnare a lui, rappresentante del marchese di Campistron, una copia separata del registro dei<br />
possessori di beni nei tre cantoni e di delegare una persona quale assistente alla divisione. 1<br />
Un manifesto del Ducal Maestrato di Casale<br />
Allegata alla missiva si trova anche un manifesto redatto dal Ducal Maestrato del Monferrato, il<br />
massimo organo esecutivo del Marchesato.<br />
Tale atto, datato 3 novembre <strong>1704</strong>, firmato dal presidente Giulio Porta con il visto del notaio<br />
Giovanni Giacomo Barbotti (che si firma alla latina: Barbottus), reca l’ordine ufficiale di procedere<br />
alla divisione del territorio e – ciò che più stava a cuore al nuovo feudatario – dei redditi. È un<br />
documento scritto in stile aulico, con poche frasi lunghe e contorte, ricchissime di formule<br />
riguardanti il diritto delle concessioni feudali.<br />
«Essendosi benignamente compiaciuta Sua Altezza Serenissima d’usare gli atti della sua innata<br />
munificenza verso del signor Marchese Gioanni Gualberto dell’antica e nobile famiglia de<br />
Campistron in retributione del merito che si è acquistato appresso l’Altezza Sua per gl’ufficii<br />
passati alla Maestà Cristianissima2 con essito favorevole d’egregia somma3 a solievo dell’Altezza<br />
Sua e suoi sudditi mantovani in ricompensa di parte delle disgrazie ch’apportano l’emergenze<br />
presenti di guerra in concederli a titolo di donatione remunerattoria per causa fra vivi per se e suoi<br />
discendenti, successori et heredi di qualsivoglia sorte maschii e femine et a chi da esso sarà datto la<br />
villa di Penango, Patro e Chiocaro con le luoro cassine annesse connesse e dependenti si per<br />
l’amministratione della giustitia, regolamento della Militia, registri della Communità, pagamento<br />
de’ carichi, che per qualsivoglia altra qualità, segregandoli dal territorio e soggetione di Moncalvo<br />
fra confini da dessignarsi, errigendole in feudo con titolo di Marchizato con tutte e ciascune<br />
prerrogative, privileggii, raggioni e facoltà concesse a qualsivoglia altro Vassallo, et specialmente<br />
con quelle delle quali sono sta’ condecorati il fu signor Marchese Rolando della Valle per il feudo<br />
di Lu et Conte Guido Avellani per gli feudi di Chuccaro e Terzo come ne appare dalli diploma<br />
debitamente spediti l’uno dato in Casale gli sei marzo, e l’altro in Pariggi li 13 settembre corrente<br />
anno da Noi veduti ed essendosi benignamente compiaciuta Sua Altezza Serenissima d’incaricarsi<br />
con sue clementissime in datta come sopra di fare segregare dette ville alla forma della donatione<br />
1<br />
In effetti, come si è letto, la comunità moncalvese ottenne di avere due delegati in qualità di testimoni e assistenti alle<br />
operazioni di terminazione, oltre ai due che chiameremmo “tecnici”, incaricati di separare il registro dei possessori.<br />
2<br />
Era questo l’appellativo con cui si designava il re di Francia; il re di Spagna era invece detto “S.M. Cattolicissima” e<br />
l’imperatore d’Austria “S.M. Cesarea”.<br />
3<br />
Si fa qui cenno alla notevole quantità di denaro ottenuta per il duca Ferdinando Carlo tramite i buoni uffici del<br />
Campistron, quella «non esigua somma di danaro» di cui dice appunto il Minoglio.
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fatta e contenuto ne’ precitati decreti et inmettere nel reale, attuale e corporale possesso d’esse detto<br />
signor Marchese di Campistron con tutte le prerogative di spesa espresse e massime de’ feudi di Lu,<br />
Chucaro e Terzo.<br />
Perciò in virtù delle presenti per adempimenti de’ comandi benignissimi dell’Altezza Sua<br />
delleghiamo il signor Conte Questore Alberto Picco Pastrone finchè transferendosi alle dette ville di<br />
Patro, Penango e Chioccaro, servate le dovute et opportune solennità, fattane la segregatione e<br />
separatione da Moncalvo con tutte le luoro cassine annessi, connessi e dipendenti per<br />
l’amministratione della giustizia, raggioni della Communità, pagamento de’ carichi et altro nelli<br />
decreti di concessione espresso, introduca detto signor Marchese di Campistron o suo legitimo<br />
procuratore nel reale, attuale e corporale possesso delle sudette ville di Patro, Penango e Chiocaro e<br />
luoro pertinenze ne’ confini da dessignarsi e con le prerogative, titoli, honori e dignità de’ quali<br />
sopra, facendolo riconoscere per Padrone e Signore uttile dalli huomini di detti luoghi e luoro<br />
dependenze da’ quali congregati per capi di casa gli farà prestare il giuramento di fedeltà nella<br />
consueta forma e sopra le premesse cose rogar atti publici dall’egregio nostro canceliere Gioanni<br />
Henrico Roggiero con la solita grida manutentiva et qual altra cosa più particolare richiedesse la<br />
buona essecutione de’ comandi di Sua Altezza Serenissima, dando Noi a detto signor Conte<br />
Questore Alberto Picco Pastrone per tal effetto l’autorità necessaria et opportuna, comandando a<br />
tutti gli sudditi di Sua Altezza Serenissima e massime alli Consoli, Consiglieri et huomini di<br />
Moncalvo suo finaggio e territorio e di esse ville, che in ciò li debbano credere et ubbedire sotto le<br />
pene che li parerà d’imporre, d’applicarsi alla Ducal Camera».<br />
Quasi un atto di forza: Moncalvo si appella al duca<br />
Al termine della lettura del manifesto, con relativa spiegazione in linguaggio più semplice e con<br />
termini certamente più scorrevoli di quelli della burocrazia del tempo, i congregati discutono e si<br />
trovano concordi nel rifiutare – almeno per ora – di rendere la copia del registro; essi quindi danno<br />
mandato «al detto signor esponente Console Rafferi di far sapere per parte di questa Comunità al<br />
predetto signor Conte Alberto Picco Pastrone essere impossibile ch’al presente si possi rendere<br />
servita della comandata copia distinta de’ registri de’ predetti cantoni di Penango, Patro e<br />
Chioccaro; che però per farle conoscere la stima che si fa de’ suoi comandi non si mancarà di farli<br />
tenere i libri de’ registri di tutto questo territorio, aciò possi a suo beneplacito farne estrahere la<br />
comandata copia da chi meglio le parerà e piacerà, e questo però senza pregiudicio di questa<br />
Comunità; e rispetto puoi alla comandata deputatione delle due persone per intervenire ed assistere<br />
alla divisione e separatione de’ predetti cantoni farle parimenti intendere che temendo gli Agenti di<br />
questa Communità di pregiudicarsi, non sono venuti per ciò a tal deputatione, non già con animo di<br />
rendersi disubedienti a’ sovrani comandi di Sua Altezza Serenissima, ma al solo fine d’havere dalla<br />
medesima l’opportuno racorso, e così di novo supplicarlo a volersi compiacere di sospendere<br />
qualsivoglia atto e specialmente della divisione e separatione de’ predetti cantoni e concedere<br />
qualche dilatione di tempo per l’acenato racorso da farsi all’innata clemenza e rettitudine di Sua<br />
Altezza Serenissima nostro Signore e Padrone, altrimente si protesta di nullità e di denegata<br />
giustizia».<br />
Un ultimo Consiglio<br />
Non passa un giorno ed ecco che il venerdì 7 novembre, un giorno prima dell’assemblea dei capi di<br />
casa, gli amministratori moncalvesi si riuniscono ancora una volta in casa del podestà Roeri.<br />
Si deve ascoltare la risposta data a Rafferi da parte del conte Picco Pastrone, ed in verità si tratta di<br />
una risposta poco gratificante.<br />
«In detto Conseglio espone detto signor Console Rafferi non havere mancato delle sue parti in<br />
essersi di novo portato al cantone di Penango a rapresentare come ha fatto all’illustrissimo signor<br />
Conte Alberto Picco Pastrone tutto ciò che gli è statto imposto et ordinato per parte di questo<br />
Conseglio (...) et haver havuto da detto signor Conte in risposta ch’elli non si cura che se gli
ALESSANDRO ALLEMANO - STORIA <strong>DI</strong> <strong>PENANGO</strong> (2004)<br />
mandino gli registri, né tampoco si deputino persone ch’intervenghino et assistano per parte di<br />
questa Comunità alla comandata divisione e separatione de’ cantoni di Penango, Patro e Chiocaro<br />
da questo territorio, poiché non tralasciarà d’esseguire in tutto e per tutto gli sovrani comandi di Sua<br />
Altezza Serenissima senza alcun intervento de’ signori Agenti di questa Comunità, non havendo<br />
voluto concedere alcuna sospensione né dilatione di tempo per l’acenatoli racorso da farsi alla<br />
medesima Altezza Sua; sogiongendo in oltre esso signor esponente Rafferi haverli di più fatto<br />
intendere detto signor Conte ch’una volta sia seguita detta divisione e piantati li termini sarà<br />
impossibile a potterli remediare».<br />
Il Consiglio non si vuole dare per vinto e nonostante che ormai creda ineluttabile doversi giungere<br />
alla fatidica opera di piantamento dei termini, tuttavia manda ancora una delegazione, stavolta più<br />
nutrita delle precedenti, a Penango presso il conte «per renderlo in parte informato delle ragioni di<br />
questa Communità et intendere dal medesimo gli luoghi et situationi dove s’intende fare la divisione<br />
e separatione de’ predetti tre cantoni di Penango, Patro e Chiocaro da questo territorio col vedere e<br />
visitare il tutto diligentemente».<br />
Per la verità l’archivio comunale di Moncalvo non riporta quale sia stata la relazione di questi<br />
delegati: ormai la segregazione era cosa fatta ed il giorno successivo a questo Consiglio avrebbe<br />
segnato l’inizio dell’amministrazione autonoma dei tre cantoni.